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~ Sono su un letto di ospedale in una citta` che non e` quella dove sono nata e spero tanto che non

sia quella in cui moriro`. Le donne intorno a me mi guardano come se fossi un fantasma, un'ombra. Alcune sussurrano che sembro un mostro. Ma non e` colpa mia, bellissime. E` colpa dei vostri ex mariti, ex fidanzati, ex tutto. E purtroppo ho scelto io di lasciarglielo fare ma, credetemi, non pensavo di farmi trascinare cosi` in basso. Il mio attuale fidanzato, o dovrei dire il mio attuale angelo custode, e` fuori da quella porta che si torce le mani impaziente di vedere il medico e che si commuove un minuto si` e l'altro pure. Anche io mi commuovo spesso, in questi giorni, soprattutto pensando a lui. So che non state capendo niente di tutto questo, non sono mai stata una ragazza capace di fare discorsi, pero` voglio raccontarvi come sono finita qui e perche` queste donne mi guardano male. E, se ci sara` tempo, anche perche` fuori da qui un angelo senza ali sta aspettando che arrivi un medico. Lasciate che mi presenti, ora: mi chiamo Serena, ho ventiquattro anni, e ho passato la mia vita da maggiorenne a fare la prostituta. Sono cresciuta tra le braccia grassottelle e affettuose di mia madre e gli sguardi amorevoli di mio padre in un paese vicino a Vercelli. La mia vita era praticamente perfetta: i miei genitori provenivano entrambi da famiglie piuttosto abbienti, ed entrambi avevano trovato dei lavori che amavano e che fruttavano loro un patrimonio non indifferente. Mia madre era un'avvocato piuttosto ricercata, mio padre il proprietario di un ristorante di lusso. Lei era bassa e in carne, i capelli biondi che le arrivavano appena alle spalle, sempre strizzati in una coda di cavallo microscopica, il sorriso dipinto di rosso vermiglio e le camicie perfettamente abbinate con I pantaloni. Lui, invece, era un uomo alto, con la testa piu` pelata di una palla da bowling e gli occhi neri come l'inchiostro, che sembravano emanare calore non appena si posavano su mia madre o su di me. Ci volevamo tutti e tre davvero molto bene, e I primi sedici anni della mia vita passarono in un lampo, come se la felicita` fosse futile all'animo umano. Ebbene, all'eta` di sedici anni conobbi, incredibile a dirsi, il mio primo ragazzo. Non mi ero mai considerata attraente, devo dirlo, assomigliavo a mia madre sia di capelli che di stazza, ma mi sentivo lusingata da tutte le sue attenzioni e cedetti alle sue avances. Lui era un ragazzo normalissimo, e ho capito troppo tardi che meritavo di meglio. Pero`, nell'ignoranza, vissi dei momenti stupendi. O almeno cosi` credevo. I problemi iniziarono la prima volta che ci trovammo a letto insieme, quando, dopo aver consumato l'atto sessuale piu` come un obbligo che come un piacere, mi guardo` negli occhi e mi disse: Sei troppo grassa per me. Dimagrisci, o me ne trovero` un'altra. Il colpo fu brutale. Non mi ero mai sentita grassa, davvero. Pesavo settanta chili. Non capivo davvero cosa ci fosse di sbagliato in me. Eppure la sua voce, cosi` tagliente e critica, mi fece cadere in un baratro. Smisi di mangiare, smisi di uscire con le amiche per paura che andassimo al ristorante insieme o cose simili, iniziai a chiudermi in casa e ad uscire di notte. Avevo le occhiaie, ero stressata, e intanto il mio peso diminuiva. Iniziai a svenire a scuola, ma rifiutavo sempre ogni tipo di spuntino zuccherato per riprendermi, perche` non volevo che questo mi facesse di nuovo acquistare peso.

Si`, ormai avete capito: divenni anoressica. Anoressica e apatica. I miei genitori non sapevano piu` da che parte prendermi, davvero. Il mio ragazzo mi mollo` perche` diceva che ero diventata un fantasma biondo. Un fantasma, eh? Questa frase mi occupo` la testa per giorni interi, finche` un giorno non capitai per caso nel bagno dopo che mio padre aveva finito di farsi la barba. Avevo appena finito di piangere e mi era venuta un'idea malsana: avrei scritto una lettera al ragazzo, dicendogli che era uno stronzo, che l'avrei ucciso, un giorno. Il fato volle che mio padre avesse lasciato le lamette fuori dagli armadietti: perche`, dunque, non scrivere con il sangue? Ne portai due in camera, soddisfatta. Purtroppo non dosai la poca forza rimasta in me e per poco non mi strappai la mano dal braccio, e sul foglio che doveva contenere soltanto parole ora troneggiavano soltano macchie di sangue scuro. Il dolore era insopportabile, davvero, ma mi piaceva. Iniziai a ridere. Risi come non ridevo da quella sera a casa di quel cretino, risi perche` ora gli avrei spedito fogli inzuppati nel mio sangue e lui sarebbe morto di paura, risi perche` ero un fantasma biondo e immortale, risi perche` odiavo tutti, tutti, tutti quelli che avevano detto che eravamo una bella coppia e cazzate simili. Oh, se risi. E poi svenni. Mia madre e mio padre mi ritrovarono e mi portarono in ospedale, e poi mi mandarono dallo psicologo, che non curo` niente, ma estirpo` da me tutto quel barlume di speranza che avevo. L'unico modo per farlo riapparire era tagliarmi. I miei genitori iniziarono ad odiarmi e io mi tagliavo, e mentre lo facevo pensavo che avrei voluto riabbracciarli di nuovo e dire loro che non era successo niente, cosi` mi impegnai nella terapia e superai l'anoressia, ma rimasi comunque magra, scontenta e autolesionista. Poi, un giorno mio padre mi disse che era molto deluso da me. Che gli facevo schifo. Aveva iniziato a bere, da quando mi avevano trovato in camera con tutto quel sangue intorno. E come dargli torto? Io non lo ascoltai e continuai a guardare fuori dalla finestra del soggiorno, come ipnotizzata. Poi mia madre si avvicino` e mi diede uno schiaffo che mi fece ruzzolare a terra. Iniziai a piangere, mi alzai e pronunciai un discorso che non ricordo, dove dicevo che al posto di prendersela con me avrebbero dovuto aiutarmi e che, se a loro davo tanto fastidio, avrei potuto anche uccidermi davanti a loro, la sera stessa, e che avrebbero potuto fare finta che ero svenuta nel sonno o che avevo preso una dose di tranquillanti in piu`. Che non mi importava. Che, se quello era il loro modo di comportarsi, io non avevo piu` nessun motivo per volerli rendere felici. Un altro schiaffo, questa volta piu` forte. Crollai contro il muro e chiusi gli occhi. Loro se ne andarono con la macchina di mio padre cinque minuti dopo, cosi` decisi di scappare. Avevo quasi diciotto anni, a quel punto. Presi I documenti e qualche vestito e le chiavi della macchina di mia madre e corsi in giardino, aprii la portiera, salii e scappai di casa. Inutile dire che non li rividi mai piu` e che non tornai mai piu` indietro. Inutile dire anche che, dato che sapevo che sarei stata felice di nuovo, avevo lasciato a casa ogni oggetto che avrebbe potuto anche solo lasciarmi graffi superficiali e avevo portato con me tanta musica che mi metteva allegria e le bottiglie di birra che erano rimaste a mio padre in frigo, per dispetto. Inoltre, avevo rubato tutti I soldi della cassaforte: se c'era una cosa che sapevo fare meglio dei miei genitori, era frugare nelle cassaforti aperte. Dov'erano andati con I soldi e con la macchina? Probabilmente, a farsi fottere. --

Arrivai a Milano con diciassette anni sulle spalle, tanto sonno e nessuna idea. Volevo guadagnare dei soldi e volevo vivere decentemente, cosi`, dopo aver passato una settimana a cercare di dormire in macchina, mi cercai un alloggio ad un prezzo basso e scoprii che, in centro, due ragazze avevano posto per una terza inquilina e che, con I soldi che ero riuscita a portarmi dietro, avrei potuto pagare le prime due rate e che ancora me ne avanzavano. Cosi`, mi diressi verso il posto e suonai il campanello, le mani che tremavano dalla felicita`. Venne ad aprirmi una tizia alta due metri, con la pelle color ebano e I capelli lunghi fino a meta` schiena. Hai bisogno? Sono qui per l'appartamento. Ho letto che potevate ospitare una terza persona... Il suo viso si distese in un sorriso radioso. Entra, entra, allora. Portai dentro la mia pochissima roba e la mia anima in frantumi e chiusi dietro di me la porta, che ci separava non solo dal corridoio del condominio, ma anche da quella che era stata la mia vita. Dentro c'era una ragazza piu` bassa di me, con I capelli color del fuoco e le labbra piccole e dipinte di fucsia molto acceso che si aggirava in topless e perizoma come se fosse normale. Ma ciao, cara. E tu come ti chiami? Balbettai un nome falso. S-Serena. Non sui documenti pero`. Spiegai loro cosa mi era successo. La nera mi diede un colpetto sulla spalla. Ma bene, tesoro. Vuoi una vita nuova, allora. Annuii anche se non era una domanda. La rossa si alzo` in piedi e mi spalmo` il seno prosperoso ad un millimetro dal naso. Noi possiamo aiutarti, sai? Pero` devi starci. Mugolai. Risposi di si`, che ci stavo, qualsiasi cosa avrei dovuto fare. Hai fatto sesso una volta sola, tesoro. E` ora di rimediare. Non capivo e glielo dissi chiaramente. Lei sospiro`. Prostituzione, tesoro. Ben pagata, anche. In cambio, ti facciamo stare qui e non ti chiediamo di pagare l'affitto con I soldi che hai rubato ma detrarremo dallo stipendio quello che ci serve. Ci stai? Ero fregata, in trappola, e stranamente stavo amando quella sensazione. Ci stavo, si`, ci stavo alla grande. La rossa si alzo` e si palpo` il seno destro, evidentemente soddisfatta. Io sono Cassandra, tesoro. E lei e` Diletta. Benvenuta, dunque, in un posto dal quale uscirai quando sarai una vecchia decrepita. Scoppiammo a ridere tutte e tre, e io ingoiai tutta l'ansia che mi era salita. Mi trovarono dei documenti falsi, quando compii diciotto anni. Mi comprarono anche un seno al silicone, perche` il mio era inesistente. Mi tagliarono I capelli, che prima mi arrivavano al sedere, fin appena sotto le spalle e li tinsero per farli sembrare dorati, e non biondo stoppa. Mi resero irriconoscibile con quintali di trucco e una manicure perfetta. Iniziai anche a mangiare di piu` fino a diventare quasi normale e iniziai ad andare in palestra, perche` dicevano che finche` non sarei stata perfettamente in forma non avrei potuto neanche avere un cliente. Dopo tre mesi di allentamento intensivo e dieta specifica, decisero che era ora di farmi entrare nel mondo del sesso a pagamento. Era ormai settembre. Cassandra possedeva un altro appartamento in centro a Milano, che era enorme e di lusso e serviva per accogliere I clienti, dove ci recavamo tutte le sere. Oh, certo, il lavoro non si svolgeva solo di sera e di notte: pero`, di giorno era stato deciso che ognuna

avrebbe trovato il suo posto preferito da qualche altra parte. Cassandra era il capo, Diletta il vice, e io non ero l'unica a sottostare alle loro regole ma una delle ormai dieci puttanelle capitanate da quel duo insolito. Delle altre, quattro lavoravano nell'appartamento e cinque giravano per strada. Non ci davamo mai il cambio: decideva Diletta a che categoria appartenevamo, e si occupava lei stessa di portare fuori quelle che dovevano battere I marciapiedi. Io, per mia fortuna, fui giudicata troppo bella per la strada e venni portata nell'appartamento. Le mie compagne, in ordine sparso, erano Moira, Beatrice, Penelope e Vittoria. Tutti nomi falsi, ovviamente. Nessuna voleva essere riconosciuta. Tra tutte, io ero la piu` giovane e quindi mi riservavano un trattamento speciale, passandomi solo I clienti meno violenti, e Beatrice era la piu` vecchia: aveva ventotto anni quando la incontrai la prima volta, e sembrava a malapena una quindicenne. Mi accarezzo` I capelli, si avvicino` al mio orecchio e sussurro`: Avrei dato tutto per dei capelli del genere, tesoro. Ben presto anche io imparai a chiamare tutti tesoro o amore, perfino I clienti. Soprattutto I clienti. Tra di loro, solo il primo fu davvero traumatico. Era un uomo sulla quarantina, alto, con una capigliatura folta e castana e l'alito cattivo, che si presento` nella stanza e mi butto` sul letto senza tanti complimenti, prima di levarmi il poco che avevo addosso e di infilarmi la lingua in bocca. Com'era ovvio, il mio cuore prese a battere all'impazzata e la mia mano scatto` verso il comodino per afferrare un preservativo, che gli sventolai sotto al naso non appena mi lascio` respirare. Lui sorrise. Spiacente, non ho pagato per un rapporto completo, sono di fretta. La prima figura di merda. Il mio primo pompino. La prima volta in cui ingoiai qualcosa che non era acqua o bibite gassate o birra. E mi piacque anche. Ogni cosa che facevo in quel posto mi piaceva. Mi piaceva scopare, mi piaceva vedere I miei clienti soddisfatti e mi piacevano soprattutto I soldi. Ero esaltata: la mia cicatrice sembrava un tatuaggio, I lividi che mi lasciava qualcuno opere d'arte astratte, I morsi delle stigmati moderne. Mi sentivo serena. Serena, con la S maiuscola, perche` ero cosi`. Ma duro` solo un anno, perche` poi mi stancai perfino di quello: cinque cazzi se andava male, dieci se andava bene, soldi in piu`, soldi in meno, levati I vestiti, dolcezza, prendi quel cazzo, butta il preservativo e rivestiti in fretta. Cassandra e il suo vibratore a volte non mi facevano dormire, a casa. Diletta tornava sempre tardi e in compagnia di donne sempre diverse, con le quali consumava rapporti piu` o meno intensi sul tappeto in soggiorno e nessuno diceva loro niente. Ho qualche anno da dimenticare, ma alcuni clienti li voglio ricordare ed e` per questo che vi sto raccontando la mia storia, in realta`: per ricordare I momenti meno brutti. E per arrivare al mio incontro con l'angelo che mi salvo` da tutto questo. Ve lo dico ora per non ripeterlo mai piu`: tante volte ho sognato di scappare da tutto questo. Tante volte ho sognato di innamorarmi di qualcuno dei clienti e fuggire con lui, ma tutti da me volevano solo quello che avevo tra le gambe, e non quello che avevo in testa. Era giusto cosi`, del resto. Avevo scelto io quella vita, quando Cassandra me l'aveva offerta. E quindi, dovevo viverla appieno.

Uno degli eventi che mi segno` di piu` fu quando Penelope mori`, perche` fu anche il giorno in cui ebbi il mio primo rapporto lesbo. Era marzo, mi sembra. Io e Cassandra eravamo in casa da sole a guardare un film romantico. Ad un certo punto, lei appoggio` la testa sulle mie gambe e mi chiese che tipo mi sarebbe piaciuto sposare. Io non lo sapevo, e dissi che probabilmente, dopo l'odio che stavo sviluppando nei confronti del genere maschile facendo quel lavoro, avrei sposato una donna. Una donna con I capelli rossi e un seno enorme, scherzai. Lei sorrise. Io sposerei una bionda. Dicono che le bionde sono tanto romantiche. Stupide, non romantiche, Cassie. E le rosse... E le rosse sono golose di uccelli, lo so. Ma sono altrettanto stupide. E poi, se tutte fossero cosi` non potresti sposarne una. Le accarezzai le labbra con l'indice, sorridendo a mia volta. E poi la baciai, e finimmo sul pavimento, e ci spogliammo e poi potete immaginare cosa successe. Come ho detto, lei era un'esperta utilizzatrice di vibratori. Mentre eravamo occupate, squillo` il telefono. Una, due, tre volte. Lei si alzo` a rispondere con me attaccata ai capezzoli. Pronto..? Cazzo, Serena, l-levati...! C-COSA? COSA? QUANDO? Diletta, cazzo! Non lo so, non lo so. Dov'e` Serena...? E` qui, aspetta. Mi allontano` con una manata e mi piazzo` il telefono all'orecchio. Non dissi niente tranne pronto, perche` Diletta sbraitava come se non ci fosse un domani. Non capivo niente, sembrava tutto confuso, e poi ecco la bomba: Uno stronzo ha picchiato Penelope a sangue e ..morta.. Morta. Quella parola mi rimbombo` in testa. Ci vestimmo come meglio potemmo, Cassandra usci` senza reggiseno e io senza biancheria intima e con dei tacchi di due taglie piu` grossi e arrivammo a casa di Penelope piangendo in macchina. La trovammo distesa sul letto, con il naso ridotto in poltiglia e le braccia legate alla testiera in una posizione tutt'altro che naturale. Diletta era coricata per terra che prendeva a pugni il pavimento. La abbracciammo e ci sdraiammo con lei, cercando di tenerla ferma, poi arrivarono anche le protette di Diletta e portarono via il cadavere. Noi rimanemmo nell'alloggio per un po' e poi andammo a lavorare. Il tempo e` denaro, disse Cassie appena entrate nell'alloggio. Il tizio che arrivo` per me era vestito completamente di nero e aveva un collare di borchie e mentre scopavamo io scoppiai a piangere. Lui mi prese il viso tra le mani. Sei triste? Io sorrisi e dissi di no. Ti sto facendo male? Annuii. Lui mi accarezzo` i capelli con dolcezza, lentamente. Era troppo gentile, come se fosse un sogno. E infatti, le stesse mani che mi stavano consolando mi spinsero dopo cinque secondi verso un'erezione fin troppo modesta che mi fece venire improvvisamente voglia di ridergli in faccia, ma non lo feci. Troppo poco professionale, la comicita` sul lavoro. Dopo il trapasso di Penelope, Cassandra costrinse le ragazze a trovare dei posti dove vivere vicino al nostro appartamento personale. Chi si ribellava veniva cacciata.

Diletta era innamorata di Penelope e non lo sapeva nessuno, quindi vieto` che ci vedessimo e che stringessimo rapporti troppo intimi. Nonostante tutto, io e lei continuammo a fottere ogni tre o quattro giorni dove capitava, e ho ragione di credere che si fosse ormai innamorata? Invaghita, forse, di me. O forse che cercasse qualcuno con cui sfogarsi, dato che la nostra terza coinquilina passava sempre piu` tempo fuori, senza rientrare a volte anche per due o tre giorni. Ci sentivamo entrambe come rinchiuse in una bolla e l'unico modo per uscirne era lavorare piu` del dovuto, fare finta che tutto andasse bene anche quando Diletta non rispondeva al telefono o non si presentava all'appartamento piu` grande (cioe` quello dove lavoravamo, la base, il posto di comando, come diceva scherzosamente Beatrice). Intanto mi rendevo sempre piu` conto di quanto gli uomini fossero insensibili e marci dentro, e ogni ora che passavo su quel letto a fare da bambola gonfiabile al primo coglione senza palle mi sembrava eterna. Purtroppo la morte di Penelope ci aveva mandate in crisi: lei era quella prediletta dai clienti feticisti, folli e violenti, che vennero tutti addossati a Moira, un'altra gigantessa come Diletta, ma con la pelle color del latte e I capelli neri a riflessi blu. Inoltre, soffriva di analgesia congenita e questo le impediva di provare dolore fisico: insomma, eravamo state fortunate. E poi era una ragazza fantastica e facemmo conoscenza in quel periodo: lei aveva avuto un'infanzia difficile, in quanto entrambi I suoi genitori naturali erano cocainomani e lei aveva vissuto la vita in istituto finche` non era diventata maggiorenne, poi era scappata e aveva incontrato Diletta per strada e aveva iniziato a far parte della sua squadra. Grazie ai suoi capelli, al suo corpo o a chissa` che cosa, era diventata ben presto piu` ricercata di Diletta stessa. Cassandra sosteneva che aveva visto formarsi code chilometriche di macchine davanti a quella di Moira, mentre lei era dentro con un cliente. Qualcun altra sosteneva che Moira era semplicemente una rubaclienti, che si spostava di proposito dal suo territorio per battere voracemente quello delle altre, ma io ero abbastanza convinta che non fosse cosi`. Infatti, la ragazza era particolarmente gentile e colta per essere una puttana. Aveva un solo difetto ed era l'alcool. Quando si attaccava alla bottiglia, specie se di assenzio o vodka, era capace di scolarsela in un quarto d'ora senza la minima esitazione. Fortunatamente, non era mai finita in condizioni critiche, almeno fin dopo la morte di Penelope e la conseguente coda di feticisti che si formava fuori dalla porta della sua camera alla base a partire dalle undici di sera e che si diradava verso le quattro, quando anche I piu` nottambuli e pervertiti ne avevano abbastanza. Una notte, dopo essere uscita dalla stanza in completino in PVC e frusta in mano, mi cinse I fianchi e disse: Ragazze, stasera ho voglia di divertirmi. Venite da me, vero? Cassandra si sistemo` il reggiseno con evidente fastidio, e poi acconsenti`, nascondendo l'evidente ansia con un sorrisone piu` falso delle mie nuove scarpe di Prada. Arrivammo da Moira che erano le sei del mattino, perche` aveva la sfortuna di abitare fuori citta` e malauguratamente beccammo il traffico. Offri` da bere a tutte e poi iniziammo a parlare. A discutere di chi fosse stato il cliente piu` cretino, quello che ce l'aveva piu` piccolo e cose del genere, ridendo come matte, finche` non ci accorgemmo che la padrona di casa iniziava a non capire piu` dov'era e a barcollare visibilmente. E poi, eccola che si siede in braccio a Cassie e le stampa un bacio sulla bocca. Io e Beatrice ci guardammo, Vittoria le fisso` inorridita. Poi io presi la bottiglia di vodka alla fragola e la spaccai in testa a Moira, che nel frattempo si era presa

la briga di esplorare la trachea della mia rossa senza permesso, che intanto sembrava gradire. Cassandra grido` come se avessi colpito lei e non la sanguisuga che adesso giaceva a terra, poi mi guardo` negli occhi e inizio` a ridere come una matta. Era ubriaca anche lei. Le odiavo. Odiavo tutti. Odiavo quella stronza dai capelli rossi perche` aveva sottovalutato la situazione e odiavo quella gigante mora perche` si era approfittata di lei. Beatrice mi tolse la bottiglia di mano, mi porto` alla macchina, poi porto` Cassandra in braccio e mi disse di correre a casa prima che fosse troppo tardi. Quando arrivai all'appartamento, Diletta era addormentata davanti alla porta. La svegliai. Ehi...che cazzo ci fai qui a quest'ora...? Le chiavi, ho dimenticato le...le chiavi...che diamine ha Cassandra? Dove eravate? Cassie si era addormentata in macchina e l'avevo portata a spalle fino alla porta. Le spiegai tutto mentre cercavo le chiavi nelle tasche di quella donnaccia e poi aprii la porta. Diletta la porto` dentro. Siamo nella merda. Hai fatto una cazzata, Serena, una cazzata e basta. Adesso dimmi come pensi di rimediare nel caso Moira sia in ospedale, forza. Me ne vado. No, tu non te ne vai. Ti prendi tutti I suoi cazzo di clienti. Avrei preferito andarmene, davvero. Avevo paura di quello che mi sarebbe potuto accadere con quella banda di violenti. La mattina dopo venni svegliata da Cassandra che mi abbracciava. Scusa, tesoro, scusa. Scusa. Troppo facile chiedermi scusa. I clienti di Moira li presi lo stesso, in quanto lei fu costretta in ospedale per due settimane e poi si rifiuto` di fare scambio di nuovo, in quanto mi considerava meno che niente. Non ci misi poco ad abituarmi a gente che voleva legarmi, fustigarmi e cose simili, pero` mi accorsi che tutti dicevano che ero meglio di quella di prima, perche` ero magra e bionda e sembravo un fantasmino con I seni enormi. Un fantasma puttana, dunque. Pero`, ogni giorno tornavo a casa con un livido diverso o un taglio diverso e mi facevano sempre piu` male, ma Cassie e Diletta se ne fregavano, in quanto avevo obiettivamente combinato un casino. Il fatto era che, piu` mi facevo male, piu` trovavo le loro manie insopportabili. Cassandra aveva la mania dell'ordine e pensava che dovessimo sempre essere impeccabili. Mi presto` decine di vestiti e di scarpe per farmi essere perfetta, e quando iniziai a comprarne da sola, lei era sempre presente e limitava le mie scelte in maniera esponenziale. Diletta, dal canto suo, dalla morte di Penelope vedeva assassini ovunque tranne che tra I miei clienti. Pensandoci ora, sicuramente mi aveva presa in antipatia, ma alla fine questo suo comportamento si e` rivelato alquanto controproducente. Una sera decise che era ora di portarmi fuori, per farmi provare l'ebbrezza del marciapiede. Non era tra I miei piu` grandi desideri, in realta`, ma accettai di buon grado per non farla innervosire e ci trovammo in un lampo in una stradina affollata, con tacchi vertiginosi e gonne che sarebbero state piu` coprenti se lasciate nell'armadio. Qui la gente ci riconosce a vista, mi disse quindi tieniti pronta. Annuii, distratta, e poi mi lanciai tra la gente finche` un uomo alto e nerboruto non mi blocco` il polso e mi costrinse a fermarmi.

Mi scusi, signorina. Mi girai stizzita, e quello che vidi mi fece salire il cuore in gola: un poliziotto. Le altre, che erano a pochi metri da me, si allontanarono lasciandomi sola. Buonasera, signore. Mi dica. Lei non dovrebbe andare in giro vestita cosi` a quest'ora della notte. Mi sembra molto giovane, perfino minorenne. Non e` vero? Mi liberai della sua stretta e sfoggia un sorriso di scherno. Per chi mi ha presa, lei? Una prostituta? Ma la prego. Mi faccia vedere la carta di identita`, allora. Aprii la borsetta e gliela sventolai sotto il naso. E adesso? La osservo` interdetto. Serena Colombo, diciannove anni, studente. Sorrise. Colombo, eh? Perfetto. Mi scusi davvero. Posso chiederle dove va, vestita cosi`? Al mio ragazzo piacciono le ragazze poco vestite, agente. dissi, riponendo la carta d'identita` al suo posto. Capisco. Beh, mi dispiace per la mia irruenza. Sa, stiamo facendo dei controlli in queste vie, oggi. Il mercato della prostituzione e` sempre piu` su larga scala. Piegai leggermente la testa di lato. Si`, mi pare di aver sentito qualcosa a riguardo. Buon lavoro, agente. Girai I tacchi e me ne andai con gli occhi del poliziotto ancora fissi sulla schiena. Mi sentivo osservata e a disagio, quindi presi il cellulare con la chiara intenzione di chiamare Diletta, e poi la vidi a pochi passi da me, adescata da due quarantenni. Ridacchiai: forse non era il caso di avvertirla. Quelli non erano due semplici arrapati, bensi` poliziotti in borghese (vivere con mia madre mi aveva insegnato a riconoscerli, avendo lavorato anche con la polizia). Inoltre, sembrava che la ragazza avesse non pochi problemi, essendo abituata a girare senza documenti nonostante I continui rimproveri di Cassandra. Corsi alla macchina e chiamai le ragazze che erano con noi, delle quali non ricordo I nomi, e dissi loro che c'era una pattuglia di poliziotti in borghese e non che cercava di stanare le prostitute in servizio, e poi dissi loro che non sapevo dove fosse Diletta e che il telefono era spento. Stavo avendo la mia rivincita. Poliziotti in borghese? CHE COSA? E Diletta dove cazzo e`, adesso? Serena, accidenti che casino, accidenti, ci troveranno, distruggeranno quello che abbiamo creato, tutti I nostri soldi verrano portati via. Serena, ho paura. Cassandra piangeva come non l'avevo mai vista fare e non si staccava dal mio braccio mentre cercavo dei vestiti formali e il cellulare di scorta. Inizio` a graffiarmi con le unghie lunghe. Serena, non andare. Vuoi che ci scoprano? Voglio che non vai. Non me ne frega niente di quello che pensi tu. Volevo andare a recuperare Diletta perche` Cassandra mi dava su I nervi. Era insopportabile e dovevo farla smettere. Cassie, per favore. Succhiamelo, Serena. Non hai ancora capito chi comanda. Mi diede una pacca sul sedere. Le sue intenzioni erano altre. Era da un po' che la presenza della nera non ci permetteva di stare un po' insieme. Sei una puttana. Allora puoi pagarmi, quando abbiamo finito qui. Mi spinse sul letto, caso vuole che fosse quello di Diletta, poiche` tenevamo I vestiti normali nel suo armadio e mi sfilo` la gonna con un movimento solo.

Cassandra, ti prego... Ti prego cosa? Adesso stai zitta, o ti chiudo la bocca a forza di pugni. Inutile dire che, data la circostanza e l'allenamento fatto in quell'anno, finsi un orgasmo meglio di quanto sapesse fare lei. Ennesima prova che ero diventata piu` brava della mia stessa maestra. Dopo quell'episodio, iniziai a considerare definitamente tutti gli uomini come feccia ambulante, capaci solo di sputare sentenze e pagare le prostitute per fare quello che le loro fidanzate e mogli non volevano fare. Inoltre, nessuno di loro si fermava mai a pensare cosa sto facendo? Non sarebbe meglio farmi una bella sega e chiudermi in casa a guardare una partita di calcio, piuttosto che massacrare una povera bionda anoressica con un frustino? Ovviamente no! Fortunatamente, Cassandra decise di dividere I feticisti tra me e Vittoria, che non smise di lamentarsi un secondo chiedendone il motivo. La risposta fu secca e concisa: Le bionde piacciono ai feticisti. Quando Cassie se ne usci` con questa frase non potei evitare di ridere sotto I baffi: in realta` Vittoria aveva I capelli color castano scuro, o miele, o qualcosa del genere, rovinati dalle troppe tinte e quindi diventati ufficialmente biondi. Sapevo abbastanza sulla sua vita: era figlia di due ballerini russi, fuggita di casa dopo l'ennesima litigata col padre che non voleva farla uscire con il fidanzato italiano e che aveva incontrato ubriaca fradicia una Diletta al lavoro in giro per Milano. Ovviamente quest'ultima non si fece fuggire l'occasione di approfittarsi di una bella russa e poi cominciarono a tenersi in contanto finche` Vittoria non divento` una puttana di tutto punto. E adesso eccola a lamentarsi perche` non vuole I miei feticisti. D'altro canto, pero`, io ero ben contenta di prendermi un po' di clienti normali, che nonostante pagassero molto di meno erano piu` sopportabili e anche piu` veloci da servire. Tra di loro c'era una razza che avevo incontrato poche volte prima della morte di Penelope: I cosiddetti puttanieri pentiti. Questi ragazzi, o uomini, o bambini, o diciottenni verginelli, sono cosi` spaventati e pentiti di aver dovuto consumare un rapporto a pagamento che cercano di scusarsi, oppure ti fanno I complimenti, sperando che cosi` l'inferno non li raggiunga. Li odiavo, ovviamente. Preferivo di gran lunga gli uomini che mi gridavano insulti durante l'amplesso che pulcini bagnati che mi dicono che se voglio possono pagarmi di piu` o che gli ricordo la fidanzata che li ha lasciati. Eppure, una notte successe un mezzo miracolo. Si presento` davanti alla porta della mia stanza un uomo sulla trentina, alto, con I capelli rossi e gli occhioni verdi, con un sorriso da animatore da villaggio vacanze e I denti bianchissimi. Guardandolo in faccia credetti che fosse un gran porco, quindi lo portai dentro e lo spogliai di gran carriera, perche` ero stanca e volevo finire in fretta. Alla fine del fornicamento, mentre mi alzai dal letto per recuperare gli slip finiti chissa` dove per terra lui mi afferro` un polso. Hai sofferto di anoressia? Ma che ti frega, dai. Rispondimi, non ti voglio schernire. Hai sofferto di anoressia, non e` vero? Si`. Ho avuto lo stesso problema. Lo sai che sei bellissima?

Deglutii rumorosamente. Stai scherzando, spero. Nessuno mi aveva piu` fatto un complimento sincero. Nessuno. Nemmeno Cassandra. Non ci credevo neanche piu`. No, sei davvero bellissima. Scusami, non voglio farti perdere tempo, adesso me ne vado. Poi si alzo`, si rivesti` e se ne ando`, per lasciare il posto a Beatrice che veniva a dirmi che potevo tornare a casa. Serena, se vuoi puoi tornare a ca-...oddio, vestiti tesoro! Prenderai freddo! Sotto Natale accadde il miracolo vero e proprio, quello che mi cambio` completamente l'esistenza. La notte del ventiquattro dicembre mi portarono in camera un ragazzino. Aveva una chioma nera e liscia che gli copriva mezza faccia e un piercing al naso. Lo guardai male. Stai scherzando, vero? Torna a giocare con I soldatini, dai. Ero nervosa perche` avrei voluto starmene a casa a dormire e sinceramente non avevo l'intezione di accollarmi un sedicenne come ultimo cliente della serata. Lui mi fisso` spaventato con l'unico occhio nero che spuntava dai capelli. Ti prego, fammi entrare. Non ci posso credere. Entra, dai, facciamola finita in fretta. Dopo aver chiuso la porta alle spalle ridacchiai. Almeno l'hai gia` fatto? Oppure ti devo insegnare? Sono vergine. I miei amici hanno scommesso che non sarei riuscito a scopare nemmeno pagando, cosi` sono tutti sotto sul marciapiede che aspettano che scenda con la coda tra le gambe. Sentii un leggero tuffo al cuore: lo prendevano in giro per qualcosa che non significava nulla. La mia mente si riempi` di immagini del mio ex ragazzo e di me prima di finire dallo psichiatra. E quindi ti hanno fatto un regalo. Quanto ci guadagni se oggi io e te facciamo sesso? Piu` o meno duecento euro. Lo fissai. Era il doppio di quanto prendevo io per un rapporto completo, compreso anal. Certo, in monete di cioccolato. No, seriamente. Gli presi il viso tra le mani. Ora tu mi ascolti. So cosa vuol dire essere un adolescente preso in giro e quindi ti aiutero`, ma senti qui: devi promettermi che con quei soldi farai di tutto, quello che ti pare, davvero, ma non pagherai mai piu` una donna. Me lo prometti? Il ragazzo annui`. Promesso. Gli levai la maglia. Benissimo. Allora non ci sono problemi. Lui sorrise imbarazzato e cerco` di evitare il mio sguardo mentre gli sfilavo I pantaloni e le mutande con un gesto solo, e poi fui io a rimanere di stucco. Non capii subito cosa mi si parava davanti al naso, ma presto realizzai che avevo davanti un giovane superdotato in attesa che qualcuno gli spiegasse che cosa sono ventidue centimetri di verga in erezione. Mi venne da ridere di nuovo. Ah, ascolta... Alzai lo sguardo. Non farti ingannare. Io sono gay. Comunque, mi chiamo Ivan. Avevamo appena finito e lui era madido di sudore e rosso come un peperone. ...io sono Serena. Grazie, Serena. disse, sorridendo. Mi hai fatto un gran regalo.

Apri` la porta per uscire ma lo fermai e gli sventolai il profilattico usato davanti alla faccia. Senti, genio, non credi di aver bisogno di una qualche prova, prima di scendere e sfoderare il tuo pitone in giro per la strada? Lo prese tra le mani tremanti. Ah, ehm, grazie. Buona fortuna, allora. Questa volta risi di gusto. Certo, e tu cerca di non farti ammazzare, la` sotto. Poi lui usci` e io chiusi la porta e mi buttai sul letto, cercando di dimenticare quello che avevo appena fatto: mai socializzare con un cliente, diceva sempre Diletta. Nonostante cercassi di non ascoltare, sentivo I ragazzi che ridevano sotto la finestra e strillavano cose incomprensibili. Ne decifrai solo una: Allora non sei frocio! Il giorno dopo Ivan si presento` davanti alla porta dell'appartamento-base. Cassandra lo squadro`. Siamo ancora chiusi, amore, passa piu` tardi. Io non voglio una donna. Voglio un lavoro. La rossa scoppio` a ridere e mi guardo`. Io abbassai lo sguardo e poi lo presi per un braccio. Quando ti ho detto di non spendere soldi in donne, non intendevo dirti che potevi venire a fare il prostituto come se niente fosse! Lui mi guardo` negli occhi. Ma io ieri notte sono scappato di casa e non ho un posto dove andare. Purtroppo da mio fratello non c'e` posto. E poi, attirerei molti piu` clienti di quanti gia` non ne fate! Cassie mi spinse di lato e lo prese per le spalle non appena senti` parlare di clienti e denaro. Ah si`? E perche` mai? Chi non si scoperebbe un ragazzino gay? Le brillarono gli occhi. Sei minorenne. Chissene frega. E poi, chiedi a Serena cosa ha visto, ieri. La ragazza giro` lo sguardo verso di me. Allora? Il piccoletto qui e` messo molto bene. Potrebbe esserci utile. In effetti... Si aggiusto` il reggiseno. Sei anche carino. Entriamo e mi fai vedere cosa ti porti in giro, va bene? Ivan arrossi` e Cassie gli diede un buffetto sulla guancia. Ehi, mica posso assumerti cosi` a scatola chiusa! Devi farmi vedere la merce, tesoro, oppure qui non si va da nessuna parte. Esamini anche le donne? Un sorrisetto malizioso apparve sulle labbra dipinte di rosso scuro. Le ragazze me le scopo direttamente. Tu sei gay, non posso. Anche se mi hai detto che Serena ha avuto questo privilegio, diciamo che non ti costringero`. Ivan annui` e poi ci segui` dentro. Quando arrivarono anche Beatrice e Vittoria spiegammo loro la situazione. Poi, Cassandra fece un discorso inaspettato. Da oggi in poi, Serena e Ivan vivranno in un appartamento a parte. Non possiamo rischiare di essere beccate con un sedicenne, e dato che lei se l'e` scopato per prima ne ha la responsabilita`. Poi, Vittoria: tu passi con Diletta, quindi puoi tornare a casa perche` ti do una nottata per prepararti psicologicamente. Il ragazzo passa dentro con noi. Serena, tu ora vai a farti le valigie e ti fai accompagnare da questo bel ragazzotto, poi decideremo dove mandarvi. Tanto non abbiamo particolari clienti, oggi, possiamo farli io e Beatrice da sole. Adesso chiamo Diletta. Vittoria la prese per una spalla. Scusami, Cassie, come mai io devo andarmene? E me lo chiedi pure? Perche` non mi hai portato un ragazzino gay superdotato e pieno di libido fino alla punta dei capelli. Fattele, queste domande.

Io e Ivan arrivammo nell'appartamento che Cassandra aveva trovato pieni di valigie di varie dimensioni, trasudando stanchezza. Si trattava di un pidocchioso bilocale dove ci sistemammo a fatica, ringraziando il cielo che almeno l'affitto non era troppo alto. Bello, no? disse il ragazzo, tossicchiando. Scherzi, vero? E` un fottuto buco. L'unica cosa buona e` che e` vicino all'appartamento base, tutto qui. Lui annui`, assente. Gia`. Serena, tu riesci a farmi un favore? Dipende da che favore si tratta. No, non ti prestero` il mio vibratore. Ivan sorrise. Non si tratta di questo. Mio fratello si e` appena lasciato con la ragazza e...beh, volevo che uscissi con lui. Ne abbiamo parlato. Ha detto che ti pagherebbe il doppio rispetto a quanto ti pagano I tuoi clienti abituali. Uscire in che senso? A cena fuori. E poi andate a casa, come due fidanzatini. Ti prego! Ci pensai: avrei dovuto fingermi una fidanzatina smielosa per duecento euro tirati, e probabilmente avrebbe contrattato. Del resto, era comunque un prezzo ingente. Non mi pagherebbe mai il doppio. Digli che il prezzo normale va piu` che bene. Pero` sia chiaro: niente frasette da San Valentino o cose del genere. Ivan prese il telefono. Lo chiamo, va bene? Poi ti dico. E poi si chiuse in bagno di corsa, mentre io guardavo fuori dalla finestra e mi chiedevo che tipo fosse il fratello del mio compagno di stanza. Alto? Muscoloso? Mani curate? Oppure il primo scarto della societa`? Ivan usci` dopo una decina di minuti. Ha detto che va bene e chiede se puo` venirti a prendere stasera in macchina. Va bene, Ivan. Di' , come si chiama tuo fratello? Si chiama Morgan e vuole che ti fai carina. Forza, svegliati! Arriva tra un'oretta e tu sei ancora vestita come una baldracca di strada! Scoppiammo a ridere entrambi, e poi cercammo qualcosa di non troppo succinto da mettermi addosso, e cosi` mi accorsi di come era cambiato drasticamente il mio armadio da quando ero partita con I soldi dei miei per non tornare mai piu`: prima avevo solo pantaloni e magliette da uomo, ora il mio guardaroba si divideva in minigonne, completini intimi e vestiti da discoteca. Mi sali` la bile in bocca per un attimo pensando a come avrebbero reagito I miei genitori vedendo che scempio era diventata la loro figlioletta. Ma a loro facevo schifo, no? Ero scappata, appunto. E allora perche` questi pensieri? Mi guardai allo specchio: Ivan era riuscito a trovare un vestito nero lungo fino alle ginocchia, con un'ampia scollatura a cuore e I bordini in pizzo. Non sembro una frigidona al circolo di cucito? gli chiesi. No, se metti un paio di mocassini e una collana d'argento e sfoderi uno dei tuoi sorrisi da puttanona. Il cuore mi batteva come se fosse il primo uomo etero da soddisfare e non riuscii a spiegarmelo, almeno finche` non parcheggio la sua panda bianca davanti al portone e non citofono` con evidente nervosismo. Corri giu`, e` lui! Il mio collega era a dir poco entusiasta, cosi` mi prese per mano e mi porto` fin sotto con un sorrisone stampato in faccia per presentarmi il fratello. Mi trovai davanti ad un ragazzone alto quasi il doppio di me, con I capelli raccolti dietro la testa in una coda piuttosto malfatta e un paio di occhiali squadrati che scendevano pericolosamente lungo il naso a coprire un paio di occhi neri come la pece. Tu devi essere Serena. Quella voce. Ancora adesso, pensando a come mi era sembrato in quel momento, provo la stessa sensazione di mancamento.

Osservai il suo abbigliamento: una camicia a maniche corte nera, dal taglio non particolarmente elegante, e un paio di pantaloni stretti dello stesso colore, abbinati ad un paio di scarpe da ginnastica, anch'esse monocromatiche. Insomma, mi ero tirata a lucido per essere portata in un ristorante da un tizio vestito come se mi stesse accompagnando a fare la spesa. Nonostante avessi voglia di ridergli in faccia, annuii senza scompormi. E tu devi essere Morgan. Sorrise al fratello e poi mi prese per mano e mi condusse alla macchina. Lo fermai prima che potesse anche aprirmi la portiera, o peggio. Senti, chiariamo subito una cosa: io non sono la tua ragazza, nonostante tu voglia pagarmi affinche` io mi finga tale. Ma ho comunque una dignita`. Quindi, tutta questa gentilezza da primo appuntamento vedi di tenerla per una donna che potra` amarti davvero, e non per me. Lui abbasso` lo sguardo e il sorriso scompari` velocemente com'era venuto. Scusami, davvero. Voglio solo comportarmi come se non fosse successo niente con la mia ex. E allora sali in macchina, andiamo al ristorante e mi racconti, d'accordo? Ma non trattarmi come se non avessi neanche la forta di aprire una portiera. Annui`, evidentemente ferito dalle mie parole, e poi accese il motore. Beh, I miei dati personali li conosci. Ora parlami di te. Iniziai io la conversazione dopo aver ordinato un piatto di ravioli al vapore al ristorante cinese. Morgan inizio` a sorseggiare la sua birra. Il mio nome lo sai, ho ventiquattro anni, faccio il cameriere in una pizzeria e fino a poco tempo fa credevo di aver trovato l'amore della mia vita. Dai una grande importanza all'amore, vedo. Ehi, cosa saremmo senza amore, a parte un mucchio di ossa e carne? Sorrise. E sorrisi anche io, pur volendo buttarmi sotto ad un treno pensando a tutto il dolore che mi aveva causato l'essere minimamente innamorata di una persona. Raccontami della vostra storia. Beh, che cosa vuoi sapere? Risi interiormente. Come e` finita? Eravamo tanto uniti, io e lei. Ci amavamo alla follia, le avevo pure chiesto di sposarmi, ma lei non aveva risposto perche` non era sicura di potersi mantenere economicamente senza un lavoro. O almeno, cosi` aveva detto lei. Poi ho scoperto la verita`: era gia` sposata e divorziata e se la faceva con il mio migliore amico. Brutto colpo, eh? Terribile. Ho smesso di mangiare e di dormire. Scoppiai a ridere, cercando di trattenere le lacrime. Morgan mi guardo` interdetto. Ti fa ridere? No, tesoro, scusami. E` la versione soft di quello che e` successo a me. Racconta. Lo fissai. Scordatelo. Non la sa nessuno. Come vuoi, allora. Vuoi andare da qualche parte, dopo aver finito qui? No, dove pensavi di portarmi? Si levo` gli occhiali e mi guardo` con sguardo ammiccante. Lo vedrai. Mi leccai le labbra: sarebbe stata una serata interessante.

Alla fine della cena, contro tutte le aspettative, mi ero gia` invaghita di lui. Amava la letteratura, il cinema, il guardare le stelle e la musica. E soffriva. Anche io soffrivo, del resto. Perche` nasconderlo ancora, dopotutto? Ogni giorno di quella vita era diventato una sofferenza. Vedevo tanti uomini passare davanti ai miei occhi e dentro al mio corpo, venire dentro ad un preservativo, annodarlo, buttarlo nel cestino vicino alla porta e uscire chiudendosi la cintura per lasciare in fretta il posto al cliente successivo. Avevo male alle gambe, alla testa, ma soprattutto male al cuore. C'erano giorni in cui volevo stare a casa a dormire e fare finta di avere il ciclo, nonostante prendessi la pillola ormai da tempo come ulteriore precauzione. Sapevo che non avrebbe piu` potuto salvarmi niente, nemmeno l'amore. E poi era arrivato Morgan, e mi aveva portata di nuovo alla macchina, questa volta cingendomi la vita con un braccio, e io non avevo protestato in quanto sapevo che non avrebbe cambiato quello che stavamo facendo: giocando ad innamorarci, per vedere chi avrebbe perso e chi ne sarebbe uscito illeso. Fingere una relazione non era compreso nel mio prezzo, ma lo stavo facendo lo stesso e la cosa un pochino mi eccitava: quanto in la` avrei potuto spingermi senza innamorarmi davvero? Mentre guidava, Morgan mi accarezzava una coscia e mi parlava dei suoi scrittori preferiti, mentre io guardavo fuori dal finestrino e cercavo di memorizzare il piu` possibile, per compensare la mia infima cultura, piena di lacune dovute alla mancanza di tempo tra una scopata e l'altra per imparare qualcosa di utile nel mondo. Arrivammo davanti ad un condominio che sembrava disabitato e scendemmo dall'auto. Non ti spaventare, sono tutti vecchietti, per questo ora dormono gia`. Salimmo` le scale e poi entrammo in una stanza grossa il triplo del minuscolo appartamento che condividevo con Ivan. Il salotto era piuttosto lussuoso e c'era un lampadario di vetro che sembrava dovesse cadere da un momento all'altro. Ti piace vivere come un principe, vero? Questo posto sembra Versailles. Lui sorrise e mi diede un bacio sul collo. La nostra famiglia e` piuttosto abbiente, sai? Posso approfittarmente finche` mi pare. Sorrisi anche io. Ti ho detto di evitare le smancerie o sbaglio? Il ragazzo si irrigidi`, poi mi diede una pacca sul sedere. Preferisci ti tratti come un animale o come una persona? Queste non sono smancerie, Serena. Sei tu che non sei abituata all'educazione. Mi girai verso di lui. D'accordo, facciamo a modo tuo. Coccolami finche` ti pare. Ma voglio qualcosa da bere, oppure non se ne fa niente. Aggiudicato! disse, prendendo una bottiglia di spumante dal mobile del salotto e porgendomela dopo averla aperta. Mi appoggiai l'imboccatura alle labbra e diedi una sorsata. Ottimo. E adesso, possiamo dare il via alla festa. Non mi paghi per lamentarmi, giusto? Non ricordo quanto bevvi, ne` quanto bevve Morgan. Non ricordo neanche cosa successe dopo la mia prima sorsata di spumante. La mia mente inizia a ricostruire I fatti dalla mia entrata trionfale nella sua camera da letto, seguita da una caduta disastrosa per terra con la bottiglia vuota in mano e il mio accompagnatore che mi prende in braccio e mi mette sul letto ridendo. Abbiamo bevuto troppo, eh?

Non e` mai troppo! ridacchiai. Morgan mi accarezzo` il viso dolcemente. Non abbiamo ancora fatto quello che dovevamo fare, tesoro. Non ti pago neanche per ubriacarti, giusto? Mi leccai le labbra: tra tutte le cose che avremmo potuto fare, scopare era in assoluto quella che sapevo fare meglio. Gli misi una mano sotto la maglietta, accarezzandolo quanto piu` dolcemente fossi capace, nonostante l'effetto dell'alcool, ma lui mi fermo` quasi subito. Cosa ti arrapa, Serena? Deglutii la saliva e sfoderai uno sguardo innervosito: mi aveva rovinato l'atmosfera. Niente. E a te, cosa arrapa? Il sesso in doccia. Vuoi che andiamo in doccia, tesoro? Il suo sguardo si illumino` di colpo. Davvero lo faresti? Lo fulminai. Alza il culo, bello: sei tu che me l'hai chiesto, e adesso sei costretto a farlo. Dopodiche, mi alzai dal letto e mi levai il vestito da sopra la testa, sfoggiando un banale completino intimo da sedicenne alle prese con il primo ragazzo. Morgan rimase comunque esterrefatto: si vedeva che non era mai stato trattato cosi` bene. Gli tesi una mano e lo scortai fino al bagno: avevo appena deciso che non l'avrei lasciato insoddisfatto, anche a costo di andare oltre al suo budjet. Ci ritrovammo sdraiati sul pavimento del bagno a ridere come idioti dopo aver copulato come conigli. Lo guardai negli occhi. Tu sei completamente fuori di testa. Perche` mai? Sei ubriaco, testa di cazzo! gli diedi un buffetto sulla guancia, e lui mi rotolo` addosso, bloccandomi sul pavimento. Non si e` mai troppo ubriachi per una ragazza bella come te. Lo spostai di lato e mi alzai, cercando con gli occhi la mia biancheria in quella stanza piccola e allagata. Dove vai, Serena? Sorrisi. In camera, tesoro. E` evidente che oggi non posso tornare a dormire a casa, no? Morgan mi accarezzo` una gamba rimanendo sdraiato sul pavimento. Mi dispiace. Avrei dovuto darmi un contegno, giusto? Lo aiutai ad alzarsi e lo portai sul letto, senza rispondergli. Avevo amato ogni suo gesto, ogni cosa successa quella notte. Tranne lui, forse. O forse no. Non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo: possibile che fosse tenerezza quella che provavo guardandolo rannicchiarsi vicino a me sotto le coperte? Lo abbracciai, ma si era gia` addormentato. Chiusi gli occhi e cercai di ricordare la mia prima volta. Vedevo il letto che era stato quello della mia vecchia camera, con il lenzuolo verde menta. Due ragazzi sdraiati li` sopra. Lei che si accarezza il ventre sorridendo mentre lui la guarda negli occhi. E poi lui apre la bocca e dice parole di fuoco. Lei arrossisce. Lui le accarezza il viso e le da uno schiaffetto, senza farle male. Poi si alza e se ne va. Lei rimane sdraiata su quel lenzuolo verde menta per tre ore, piangendo, afferrandosi il ventre con entrambe le mani fino a forarlo con le unghie. Iniziai a piangere, ricordando quel dolore atroce, e pensando a tutto quello a cui mi aveva portata: una

vita quasi piu` schifosa di quella dalla quale partivo. E ora, un ragazzo qualunque mi faceva dormire a casa sua e mi teneva abbracciata sotto le coperte nonostante I miei fianchi ossuti e il mio seno rifatto. Gli accarezzai la testa, sorridendo nonostante le lacrime. Chissa` perche` aveva scelto me. Morgan mi diede un passaggio fino all'appartamento che condividevo con suo fratello, ringraziandomi ogni cinque secondi per non essermi arrabbiata e per aver avuto pazienza. Solitamente lo reggo meglio l'alcool. Mi accompagno` fino al portone. Hey, senti... disse, mentre stavo per entrare. Non ti preoccupare per I soldi, puoi darli a tuo fratello e me li portera`. Non c'e` bisogno di darmeli adesso, dai. Non volevo dirti questo. Mi prese per mano e mi bacio`. Ora, e` ovvio che, con il lavoro che ero abituata a fare, mi ero rassegnata ai baci a tradimento, sprecati con violenza e arroganza e senza un motivo valido. Quello che mi diede Morgan non era niente di tutto questo. Era la cosa piu` dolce che mi fosse mai successa nella vita e non volevo crederci. Cercai di allontanarlo, ma le mie mani si mossero come dotate di vita propria e iniziai ad accarezzargli I capelli. Lui sorrise e poi si allontano`, lasciandomi con I vestiti impregnati del suo profumo. Facciamo che ti chiamo io, va bene? Balbettai un si`, e poi corsi di sopra, dove c'era Ivan ad aspettarmi. Serena, che cazzo hai fatto? Lo guardai esterrefatta. Perche`? Sei rossa, accidenti! Tendente al fucsia, ti giuro. Cosa ti ha fatto mio fratello? Mi ha baciata e basta, cosa vuoi che abbia fatto! Il mio compagno sorrise e mi abbraccio` in silenzio: aveva capito tutto, anche cio` che avevo paura di raccontargli. Mi lasciai cullare dalle sue braccia finche` non squillo` il telefono. Pronto? Sono Serena. Siete licenziati. Tutti e due. In tronco, anche. Era Cassandra. Cosa? E perche`? Ti hanno vista uscire con un uomo, ieri, sai? Un amico di Ivan, a quanto abbiamo capito. Lo cosa hai fatto Serena, non mi mentire. Sospirai. Cosa avrei fatto, sentiamo. Lavoro extra, tesoro. Incassando il prezzo pieno senza prima consultarci e darci la nostra parte. Mi dispiace, tesoro, ma sei fuori. Cassie, lasciami spiegare... Basta, Serena. sentii la sua voce bloccarsi, come se stesse piangendo. ...mi dispiace, Cassie. Dimmi cosa devo fare. Non devi fare niente, stronza! Non devi fare piu` niente. Io...io mi ero innamorata di te. Forse. E tu mi hai rubato I soldi e la fiducia. E io ti sto rubando il lavoro. Non me ne frega niente di quello che vuoi, non ti perdonero`. E` inutile discuterne. Mi chiude il telefono in faccia prima che potessi ribatttere.

Ivan si avvicino` e mi tolse la cornetta dalle mani. Cosa ha detto? Che siamo licenziati. Mi hanno vista uscire, ieri. Probabilmente si erano appostate qua sotto, sai com'e`, per controllare come ce la cavavamo da soli o qualcosa del genere. Ci hanno fregati. Il ragazzo inizio` a tremare. Licenziati? Ma io non avevo ancora lavorato! Lo fissai. Troveremo qualcos'altro da fare. Te lo prometto. Lui annui`, poi ando` si sdraio` su uno dei due letti che eravamo riusciti a far stare nella stanza e si copri` il viso con le mani. Non va bene, non va bene per niente. sussurro`. Corsi nella doccia, poi mi vestii e uscii senza dargli alcuna spiegazione. Sapevo cosa dovevo fare. Mi avviai verso casa di Cassandra e Diletta con ansia crescente che cercavo di nascondere: quel lavoro, per quanto schifoso poteva essere, era l'unica cosa che avevo. Quando bussai alla porta mi rispose una voce rauca e rotta dal pianto. Chi e`? Sono io Cassie, apri. Vattene, Serena! Vattene! Mi ricordai di avere ancora una copia delle chiavi, cosi` aprii la porta. Mi trovai davanti la mia ex inquilina con un vestito grigio lungo fino ai piedi e I capelli scompigliati; una mise che sicuramente non le avevo mai visto addosso. Stava fumando l'ennesima sigaretta, come potei constatare dal mucchio di pacchetti vuoti vicino al divano. Cassandra, cosa sta succedendo? Diletta e` impazzita! Completamente impazzita! Da quando ve ne siete andati, ieri, ha iniziato a dire che sicuramente tu avresti cercato di spillarci I soldi, cosi` e` venuta sotto casa tua a spiarti e, casualmente, ti ha trovata con quel tizio. Serena, a me non frega assolutamente un accidente di chi ti fai fuori di qui, ma a lei si`. E` lei quella affamata di denaro. Io lo sono solo di attenzioni, fortunatamente. Ma ora te ne devi andare, perche` non sai cosa potrebbe succederti? Attenzioni? In che senso, Cassie? Cosa state complottando? In quel momento, sentii la porta sbattere dietro di me e vidi il viso della rossa diventare sempre piu` bianco, gli occhi spalancati a fissare qualcosa di spaventoso dietro di me. Mi voltai e mi ritrovai davanti Diletta con una pistola in mano. Avevo gia` visto un'arma di quel genere, e sapevo I danni che poteva causare. La colossale donna nera me la puntava addosso e mi scrutava con sguardo truce. Esci da questa casa. Ora. Diletta, io... SERENA! Chiusi istintivamente gli occhi e udii uno sparo, poi caddi a terra, un peso enorme a schiacciarmi il petto. Aprii gli occhi ma, avendo sbattuto la testa con forza, mi si annebbio` la vista e iniziarono a farmi molto male le tempie. Sentii qualcosa che mi stringeva la mano e d'istinto ricambiai la stretta, poi si fece tutto buio,

Mi risvegliai in un letto d'ospedale con un grande mal di testa. Ivan era vicino a me e mi guardava preoccupato. Serena, stai bene? Si`...ho solo battuto la testa...cos'e` successo? Dove sono Diletta e Cassandra? Apparve Beatrice. Diletta e` scomparsa dopo aver sparato a Cassie. I vicini hanno chiamato l'ambulanza ma non la polizia, fortunatamente per voi. Mi aiuto` ad alzarmi a sedere, cosi` l'abbracciai. E Cassie come sta? Lei sorrise. E` nella stanza accanto, vuole parlarti. Mi alzai e la seguii fino al letto dove era stesa la piccola puttanella che mi aveva ospitato quando non avevo posto dove andare, con la flebo e gli occhi rossi di pianto. Ciao, Serena. Le accarezzai dolcemente I capelli. Ciao, bellissima. Come stai? Tiro` su col naso. Male, ma fortunatamente il proiettile mi ha presa solo di striscio. Voleva colpire me, non e` vero? Cassie annui`. Perche` mi hai salvata? Perche` io ti amo. ridacchio`. ...cosa? Sto scherzando, Serena. Ti amo in modo molto strano, credo che tu non possa capire. Ti ho fatta venire qui perche` ho detto una cosa, prima che Diletta mi sparasse, che ti ha turbata. Ho detto che io sono affamata di attenzioni, ed e` vero. Voglio raccontarti chi sono. Annuii. Va bene, Cassie. Non ti sforzare, pero`. Si lecco` le labbra. Non mi sono sempre chiamata Cassandra, cara. Ma non ricordo il mio vero nome, non credo di averne mai avuto uno fisso. I miei genitori mi abbandonarono in un orfanotrofio quando ero ancora una poppante, e venni allevata da sconosciuti, gente che non aveva nessun legame con me e che odiavo. La mia vita, pero`, andava avanti come una noiosissima routine in qualunque caso. Questo circolo cambio` radicalmente quando, a circa quindici anni, iniziai a prendere lezioni private di matematica per recuperare un'insufficienza molto grave. Era come se avessi un deficit, per questo ero disperata e acconsentii a chiamare un'insegnante ad un prezzo infimo, che ovviamente era approvata dal personale dell'istituto. Non avevo molti soldi, a quel tempo, I pochi che riuscivo a racimolare li guadagnavo lavorando in un bar come cameriera a tempo perso, ma non sarei comunque riuscita a pagare piu` di due o tre lezioni. Alla fine della quarta lezione lo spiegai all'insegnante, che al posto di prendersela per il fatto che non potevo pagarla mi disse di stare tranquilla, che capiva perfettamente le mie ragioni e che potevamo andare avanti anche gratis, poi mi spinse sul letto e mi infilo` la lingua in bocca con violenza. Ero terrorizzata. Non avevo mai fatto una cosa di quel genere, com'era piu` che ovvio, e dopo un attimo di sbalordimento mi accorsi che mi piaceva. Iniziai a rispondere al bacio con timidezza, finche` non ci presi persino gusto. Man mano che le lezioni andavano avanti, noi continuavamo quel gioco pericoloso in modo sempre piu` spinto, finche` non me la ritrovai sdraiata sul letto che mi spiegava come usare un vibratore. Era incredibile: una donna di trentacinque anni che violentava una ragazzina di vent'anni piu` giovane solo per puro divertimento. Il problema era che anche io mi divertivo, purche` facesse godere anche me. In quel posto nessuno mi considerava, erano arrivati perfino a dimenticarsi di me a pranzo, facevano l'appello senza chiamarmi, perche` ero bassa, con I capelli rossi e stavo sempre sulle mie. Quella donna riusci` a farmi capire che anche io valevo qualcosa, anche se per farlo aveva dovuto succhiarmi I capezzoli fino a farmi male e regalarmi un assortimento di vibratori degno di un sexy shop solo perche` io mi allenassi, per poi pagarle in natura le lezioni di matematica. Capii che quello poteva essere un vantaggio per me: ora che mi sentivo finalmente bella e importante, potevo sfruttare la mia disinibizione per guadagnare una posizione di superiorita` che avevo iniziato a

bramare ormai da tempo. I ragazzi affamati di sesso non mancavano, e ben presto si sparse la voce: Cassandra era bravissima a letto e si concedeva a chiunque glielo chiedesse. Iniziai a farmi pagare, cosi` da lasciare il posto come cameriera e dedicarmi completamente alla mia amante e alla matematica. Superai il mio deficit con il massimo dei voti e senza verginita`. Scappai dall'istituto quando inizio` l'estate e iniziai a lavorare come prostituta per strada, finche` un'altra prostituta non mi trovo` e non decise di tenermi con lei. Ci assomigliavamo davvero, nel carattere: eravamo entrambe in cerca di attenzione, assetate di potere, piene di fuoco e di pazienza. Iniziai anche a chiamarla mamma, un po' per scherzo, un po' perche` non ne avevo mai avuta una. Lei indossava una parrucca nera sempre, anche quando dormiva, ma non era la sua unica stranezza: a volte la trovavo a piangere da qualche parte, nascosta in casa, e quando le chiedevo cosa le succedesse mi diceva di non preoccuparmi, che sarebbe passato tutto com'era arrivato. Era giovane e in salute, non capivo cosa le stesse succedendo. A diciotto anni trovai una foto nel comodino che chiariva tutti I miei dubbi: c'erano lei, evidentemente ubriaca, e un uomo con I capelli rossi e gli occhi neri, che guardava l'obiettivi con un sorriso sghembo che assomigliava tanto a quello che facevo io quando il cliente contava le banconote prima di darmele. Mi sentii male, cosi` scappai anche da li`. Non ho mai saputo il suo nome. Non gliel'ho mai chiesto. Era mia madre e non so nemmeno come si chiama. Un'altra lacrima le scese lungo il viso, cosi` le strinsi la mano. E Diletta? Dove l'hai conosciuta? Era amica di mia madre. Lei voleva I soldi. In realta` e` frigida come poche, non proverebbe piacere neanche se la stimolassero in cento. Finge gli orgasmi meglio di una casalinga disperata e vuole I soldi. Solo I soldi. Ed e` disposta a fare qualsiasi cosa per averli. Serena, non tornare in qeull'appartamento, stanotte. Prendi la tua roba, domani, e vattene. Non so dove tu possa andare, ma vattene via. Vai a lavorare da qualche altra parte, ti prego, scappa. Perche` Diletta si rifiuta di prendere gli psicofarmaci da una settimana, e` armata e arrabbiata e non ha posto dove andare perche` ho mandato Vittoria a cambiare le serrature a casa nostra. Poi mi strinse la mano e mi diede una chiave. Questa e` quella nuova. Tu puoi venire a trovarmi quando vuoi. Hai anche il mio numero di cellulare, ma presto cambiero` anche quello, e probabilmente me ne andro` per sempre dall'appartamento. Perche` non scappi con me, Cassie? Sarebbe molto piu` semplice. Perche`, se ho imparato qualcosa da tutta la mia vita, e` che non voglio cambiare. Gli uomini che ho adesso mi amano, o almeno fanno finta. Mi piace questa sensazione. Pero` ti prometto che, se saro` davvero in pericolo, ti contattero` e verro` a vivere con te ovunque vorrai. Te lo giuro. Mi chinai su di lei e le diedi un lieve bacio sulla bocca. In che modo mi ami, Cassie? In un modo non concepito dal nostro mondo. Voglio solo che tu sia felice. Poi sorrise e chiuse gli occhi. Ho sonno, Serena. Cantami qualcosa. Cosa vuoi che ti canti? La prima canzone che ti viene in mente, che non parli di puttane. Mi schiarii la gola e iniziai a cantare l'unica canzone che mi venisse in mente in quel momento. There's something cold and blank behind her smile She's standing on an overpass in a miracle mile. Cassandra mi strinse di nuovo la mano, sorridendo, e poi inizio` a cantare a bassa voce con me.

Her mouth was an empty cut. Quel coro non duro` molto: si addormento` non appena iniziai il secondo ritornello, ma continuai a cantare, chiudendo gli occhi, pensando a quello che mi aveva raccontato, alla sensazione che avevo provato sfiorando le sue labbra per l'ultima volta, perche` sapevo che quello era comunque un addio. Un addio temporaneo. You were from a perfect world. Iniziai a piangere e sentii delle braccia che si chiudevano intorno a me. A world that threw me away today to run away. Riconobbi il dopobarba di Morgan, e continuai a cantare finche` la voce non mi si ruppe e scoppiai in un pianto disperato, costringendo il ragazzo a portarmi fuori in braccio. Lanciai un'ultima occhiata a Cassandra, che era caduta in un sonno pesante e disturbato, e nascosi il viso nel collo del ragazzo, che intanto aveva preso ad accarezzarmi I capelli e a sussurrarmi frasi dolci ma che, ovviamente, non riuscii a cogliere tra il baccano che regnava nel mio cervello in quel momento. --

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