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a cura di Daniele Maria Pegorari con una nota di Sebastiano T.

Aglieco disegno in copertina di Elisa Anfuso -----------------------------------------------ANTEPRIMA ISBN 978 88 90514 35 7 2012 Sentieri Meridiani Edizioni 2012 Riccardo Raimondo

Nella poesia di Riccardo Raimondo la rivendicazione di uno spazio, per dir cos, infantile il fondamento di una rinnovata fiducia nella scrittura, senza riserve mentali e senza estetiche troppo cerebralmente predeterminate: questa scelta d'immediatezza ci che guida il poeta in una metrica non regolare, diseguale nella misura, ma composta secondo il consueto respiro sintattico (cio con le pause ritmiche che corrispondono sempre a quelle logiche), senza alcuna obbedienza allo statuto tradizionale della poesia. (Daniele Maria Pegorari, curatore, dalla quarta di copertina)

C' una dimensione dolce e di malinconia, e di propositi alti in queste poesie che vogliono scaraventare dal balcone i vecchi giocattoli, che abbandonano l'amico del cuore e si lasciano abbandonare, che ragionano e sragionano dentro e intorno alle parole. Fanno i conti, insomma, con l'uscita dall'infanzia e con la responsabilit della lingua. Ma anche col proponimento di una lingua nuova, un po' fuori dalle righe del mondo eppure dentro al mondo. (Sebastiano Tommaso Aglieco, dalla prefazione)

Riccardo Raimondo oscilla tra prosa poetica e verso. Pratica la prima con ritmi incalzanti, cercando di assecondare l'ansia del sentimento. (Maurizio Cucchi, La Stampa 19/03/2010)

da VERSO UN'ECOLOGIA DEL VERSO

La mia strofa monca Gracchia la macchia che infetta questa disordinata memoria imperfetta. Cornacchia! E il verso mi crepa davanti gli occhi come il muretto a secco quando il bue lo zoccola forte. E frana la fine che l'uomo gli aveva imposta: la triste pensosa confinata sorte. Questa la mia strofa corta, monca, greve di morte.

La mia strofa Fa, dsfa diesis di coltri, condense nel sole oltre la linea d'orizzonte, la siepe e ancora e ancora oltre. Oltre il verso, l'accapo, immersa in un suono diverso, questa la forma in cui sono discesa come goccia d'infinito nella carne del poeta: sfasciata

da IL POTERE, I GIOCATTOLI

Ancora oggi stento ad alzarmi dal letto, come quand'ero bambino, voglio restare nel buco matto dei sogni, non voglio cadere in un altro mattino. Voglio e non voglio. Il mio spirito si fa spaccapietre al primo rintocco di sveglia, sconquassa la carne, scuote le budella. Devo. Devo svegliarmi nonostante me stesso, nonostante il progresso, e le cose da fare, l'evoluzionismo del regno animale, il materialismo e lo smog, i rincari, la foga degli sconti e degli straordinari. Devo destarmi, alzarmi dal letto, nonostante uno scomodissimo sospetto: ch'io stia ancora dormendo, che sia una burla nuova del sonno, che sia Orfeo divertito a scavare solchi nella veglia. Che sia vero questo mondo che mi si sgretola davanti gli occhi?

La mia via Pal Dov' finita la mia vita? S' disciolta, scappata. Rincorro il passato, vado lontanolontano, fra una canzone di Bersani e il succo fatto con le arance del nonno, e i panini colla frittata della nonna, e le pere piccolepiccole e l'aiuola infiorata dove brillavano i soldatini, all'ombra d'alte fronde, fra le raudi-incantesimi di Toro Seduto. E dov' finito Birillo il cane, il compagno di tutta una vita, la speranza di tutto quel mondo fatto di niente, di spionaggio internazionale, combattuto con le spade in legno e le fionde a difesa dei bastioni di canne, degli alberi-castelli presi per vendetta al richiamo dei venti originari che squillano l'amore il viaggio e la rapina. Dov' Birillo, che abbaiava alla mia bicicletta? Dov' la campagna vergine? La stupravamo con la nostra fantasia feroce, dov' la quercia-casabase, dove sono le radici di quei giorni? Dove oggi grattano le falde gli spurghi delle villette a schiera? Dov' Ruben, piccolo solitario amico, dov' la bimba bellissima che di tanto in tanto mi appariva dolcissima creatura, dove sono i Gemelli, compagni di giochi e di botte, dov' la fonte di tutte le mie fantasie, il casotto dei miei giocattoli e la tenda dei pellerossa? S' asciugata la pozza stagnante, gigante dove cacciavamo, noi paladini di campagna, i nostri draghi pazzi, e l'imprigionavamo nelle bocce in vetro, dietro l'etichetta delle rane precipitata come una manna di pioggia sulle fondamenta d'uno scheletro di villa abbandonato, la nostra Camelot marittima, contrada Granelle, a Pozzallo. Dove sono tutti i bambini con cui ho giocato?

Ogni cosa osserva, distingui e valuta, l'intelletto dall'alto eleggendo per guida adeguata (Pitagora, I Versi d'Oro) Il Potere dei giocattoli Questo giocattolo rotto non so se son io o solo un per, una virgola storta nel cosmo, il punto esclamativo sgorbio dell'io! Non so chi comanda tra noi, a volte due, a volte moltimolti coi pulsanti emozionali bottoni luminosi, coi galattici pensieri interstellari, colle gioie roteanti, o le noiecolle che t'invischiano il cuore, le molle paure, l'archibugiare del rancore, l'organico flusso di paranoie, i lubrificanti sudori. La mente poi, geroglifico meccanico, spesso mi mente, si guasta, malemalissimo salta e stramazza, s'insozza nel fango barocco dell'ego, nell'abitudine del canone, nel ripiego della cattedra: il bambino ferito la sa lunga sulle ragioni dell'Accademia. La mente poi non sa niente, niente! delle geometrie dell'anima, delle magiche fisiologie del cuore, niente sul marchingegno dell'odore, sulle orologerie del Senso, sugli ordigni del piacere e dello spavento. Niente sa sui congegni metaforici dei forse, sulle bombe carta dei perch, sui kamikaze del sentimento. La mente salta storta e stramazza, gallina pazza e zoppa cova pensieri, batuffoli di Luna. E questa marionetta senza fortuna, questa cosa viva, che importa che pensi che creda che scriva? Finir a rottamare dallo sfasciacarrozze. Qualcuno forse potr riesumare

qualche pezzo di ricambio: un tergicristallo di malinconia, una frenesia di marmitte, un'analogia di specchietti, un'antenna metafisica in pegno da passare sottovoce a un altro pupo che verr per dare il cambio.

[...]questo Vietcong fa Full-Contact e catch. / Come nelle jam qua faccio il mio match. / Pure con la lama bimbo si fa lo scratch, / metallo duro "come in (in) Jack" / sleghi contro cool over size, / ma attento sleghi sciolta come necessize (Rapper Joe Cassano, Flow dopo flow) Scratch Faccio scratch e i versi crepano e i confini dei riflessi, tutti muri a secco delle mie ragioni, a colpi di zoccoli i miei dodici cavalli hanno rimpiazzato lo zodiaco dei miei sogni. E colano col sodio dei neuroni i turbamenti e se chiedi al primo idiota ti dir la depressione!, ma se cerco un po' pi in fondo io lo so che sono stanco, sono stanco ed il silenzio... ci vorrebbe un po' il Silenzio. Nonostante. Sintonizzo sulla linea d'onda che m'intriga, un giga di parole per supplire a questa vita. Mi porto col volante oltre la curva, iperbole mancata, vertigine di gomiti... faccio brumoOo di senso e tentennano le stelle dei miei firmamenti, le antenne, le parabole, la bussola del mio satellitare e lo spirito si perde in gomitoli di strade: andare a lavorare. Rosso Poi il semaforo ch' Verde apre la diga: nel cemento si riversano flussi di ferraglie con mammiferi serrati dentro all'erta mani, piedi in gran travaglio, prima, terza, quinta a capo elettroniche sinapsi per il mio satellitare danno il verso a carne peli occhi guance: andare a lavorare. come dire che si gioca, noi quaggiu si gioca evviva!, e se fuori tutto sembra piu veloce mentre facebook si prende caff, ricordi, amori e sigarette dentro sono lento ~ sono lento ~ sono lento ~

da LUCI, MECCANISMI E PLASTILINA

Meccanica del tempo e dello spazio Lascia che sia velocissimo adagio questo gioco impalpabile dello spirito. Lascia correre, non temere: ogni paura paura di morire. Lascia morire dolcemente. Dove credi di andare? Sei gi arrivato. Chi credi di essere? Puoi nient'altro che te stesso... Vuoi altro tempo? Ma ne hai gi tanto quanto bisogna, ti stato cucito addosso, stupendo, maledetto, soglia dopo soglia...

Sono discesa all'inferno / da dove riguardo stupita / le mura di Gerico antica (Alda Merini, La Terra Santa)

Nuvole Attimi regolari, visioni costanti, poi cadono, evadono nell'ebbrezza d'altri attimi incoscienti, irreali, lenti: vertigini sospese. Stai l sulla soglia del nulla e vorresti aggrapparti almeno a un pezzo di cielo. Sei l senza il terreno sotto le scarpe, senza il senso, la distanza. Giacere su una nuvola, mentre evapora la vita vicinissimamente in lontananza.

da IL MIO JIHAD

...i mastrini, diceva, del dare e dell'avere;/ e a me sembrava osceno, vergognoso,/ parlare di teoria dei soldi a scuola. (Maurizio Cucchi, Il nano ragioniere dai capelli grigi...) Ho visto le vostre congetture sfracellarsi, i vostri mastodontici disegni sfracellarsi contro la linea sottile del mistero, come giocattoli gi dal quinto piano. Ho visto i vostri avvocati cazzuti fare molti passi indietro dicevano, s'erano sbagliati, non vero che la vita un master in gestione aziendale. Vedo i piccoli cieli fumosi che sono i tetti dei piccoli sentieri dove ognuno s'illude di trovare la sua strada. Ci hanno disegnato su misura una scala mobile scontrosa, uno schema emozionale, una fabbrica di vita, un progetto d'altura. Ma la Via era gi segnata, la porta aperta, e in pochi l'hanno capito, e oggi ci pagano a stento le bollette.

Addestrano la lingua alla menzogna, si affannano a pervertirsi (Geremia 9, 4) Cane nero Cane nero, ritorna nel sonno. Dammi il tempo di prendere fiato. Lasciami andare. Cane nero, torna nel bosco a portare il tonfo amaro del tuo ululato. Ti abbiamo visto trucidare greggi di saponette. Ti abbiamo visto l'undicesimo giorno affrettarti tra le macerie di settembre (eri stato tu). Abbiamo sentito parlare del rigurgito d'oro che rutta la terra e ci si accanisce, si uccide, si assale ancora. Ti abbiamo visto sgattaiolare tra gli incensi e i cuscini, succhiare la fame e la sete, tra i diamanti e tra le sete. Ti vediamo adesso col cappotto pi bello scimmiottare la milanodabere, ti sentiamo sbraitare, arraffare, sognare la carriera, il denarosubito, la riviera pi chic, lafigalafiga. Ho visto la tua criniera trapelare dai colletti bianchi, e anche impolverarsi tra i banchi dell'Accademia: ho visto gli occhialuti saputelli fare la conta del gruzzolo, leccare il fondo del barattolo. Ti vedo, ti sento, sei bello, sei spettacolare, sei la Regina delle Regine, sei su tutti i canali. Ti vedo, ti sento. Cane nero, ritorna nel sonno. Dammi il tempo di prendere fiato.

Ascolta tu pure: il Verbo stesso che ti grida di tornare. (S.Agostino, Confessioni) La Parola Non lasciare che l'amore per l'imprevisto ti distolga dalla Ragione. Sii come il bimbo che vaga per la campagna nella speranza di scoprire un nuovo colore di lucertola. Conserva lo stupore del mistero, ma la Parola, ti prego, non perderla.

Codesto solo oggi possiamo dirti, ci che non siamo, ci che non vogliamo. (Eugenio Montale, da Non chiederci la Parola...)

Chiederci la parola I. Voi che ci aspettate sull'orlo della fine, chiedete, chiedere pure... Possiamo raccontarvi della sacralit dei monti e delle tempeste, i loro furori profani. Possiamo dirci pazzi, se lo abbiamo conquistato. Possiamo, con il groppo in gola, amaro il cuore, far naufragare fino alla meta l'Idea incapsulata nella carne, carezzata tra le mani, al sicuro dalle urla. Cavalchiamo i miraggi del tempo che balena e genera arcobaleni di falene. Molte sono nate morte come i desideri senz'amore, senza la lena dell'ardire. Siamo i falchi alti levati: l'ali mitiche scrosciano sui venti. E siamo magnifiche sirene che scrutano l'abisso con le code come sonde. Siamo il potere che fonde tutti gli elementi. Voi che ci aspettate sulla soglia, morti camminanti, ululanti, voi che rumate tra campi di rumore, voi, matres penser della domenica, soldatini del buonumore, passionari del benpensare, voi, obesi d'informazioni, chiedete, chiedete pure, e seguite soltanto l'intuizione. Le vostre ironie mondane da iene, le vostre marionette oscene, i vostri forse, i maimai mai potranno impedirci di raccontare ci che siamo ci che desideriamo. Vogliamo governare le saette dell'Idea scaraventate che dal cielo squarciano i contorni della forma, dove l' anime spesso stanno imprigionate.

Vogliamo scrutare l'Uomo e poi l'occhio del cosmo, calarci nei pulsar del mistero, vogliamo implodere d'un amore eterno profano come l'urlo del lupo, puro, sacro coma la prima lacrima. Vogliamo rifare l'Uomo che ha fallito miseramente nella mente intrappolato, relativo solo taciuto come il muco d'uno starnuto trattenuto. Vogliamo urlare l'Uomo, la sua magia. Siamo le aquile reali che voleranno a stormi sulla malinconia dei vostri rancori. Nella noia dei vostri giorni saremo i rumori pi sottili sussurrati dal fondo degli oceani, saremo i brusii delle foglie croccanti nei sottoboschi incartocciate scrocchiate. E saremo i tuoni pi arditi, i ruggiti d'eterni dinosauri e i silenzi pi foschi. Siamo favolose eroiche testuggini all'erta. Ci rivedrete destarci dalle alghe all'imo lucido d'un quieto baratro di mare, mentre le vostre mani rapaci strappano i piccoli alle uova, sulla strada del ritorno. Siamo il Giorno che non volete vedere la luce v'agita le palpebre. Siamo il Regno dell'avvenuto, gli scettri dell'avvenire. Siamo il costruttore e siamo il costruito, siamo l'ordigno eternamente esploso il motore immobilissimo nel moto. Scopriamo d'avere il potere di creare dei mondi, e siamo quella potenza che tace sui vostri vagiti immondi. Amiamo e abbiamo nelle vertebre l'emancipazione dalle tenebre. Siamo sempre noi che precipitiamo l'Idea sulla terra come cometa violenta, feroce, come una guerra di bombardamenti.

Siamo anche quelle luci di sangue, siamo i kamikaze del sentimento e la terra umida odorosa di pace e il cemento. II. Siamo Fari accesi su mille cittadelle, grida ripetute da mille sentinelle oltre gli stenti delle veglie, oltre la linea della notte, attraverso la storia, la solita storia per consegnare alla morte una goccia di splendore. Scegliamo solo parole del nostro sangue, che conserva le memorie pi sottili, i ricordi pi remoti d'un altrove, l'emozione di scoprirsi qui e ora. Scuotete i vostri spiriti sordi, maltrattati, scuoteteli, vi dico nel profondo l dove torvi s'affaticano e vinti rattrappiscono. E chiedete, chiedete pure. Sempre questo noi potremo dirvi: sempre ci che siamo, ci che desideriamo.

da LE FIGLIE DEL FUOCO

Vita non mia, dolore/ che porto dalla notte/ e dal caos,/ ti risenti improvvisa nel profondo,/ ti torci nelle angustie, sotto il carico. (Mario Luzi, E il lupo) Amore, ricordi? Un tempo noi quaggi si brillava. Seguivamo un passo celeste, era lama la linea del mio sguardo e tagliava il tuo cielo di stelle lontane. Vita, noi abbiamo attraversato le nebbie dello sconforto, e i terremoti dei turbamenti, e l'assalto di mille folli sbilenchi sentimenti. Vita, vita non mia, amore profondo che porto dal caos, fino al senso, fino a un barlume di ricostruzione che avvampa i miei sogni. Vita, vita al di qua dell'inchiostro, che non sei di questo mondo eppure s, eppure lo attraversi. Vita, che cosa esattamente abbiamo attraversato? Vita, vita che mi parlavi in versi che ho dimenticato.

Fa il rumore dei sogni ubriachi, la sua assenza. Fa il frastuono della sassaiole il suo silenzio. Quel tuono mischia i colori, confonde le immagini fra un sospiro e laltro virano pazze impalpabili. Delle volte, implodono in bianco le sfumature. In sottovuoto di senso cade, il Cuore. Ecco, l in quel confine, delle volte un ricordo qualunque prende le Sue forme, il viso, la voce, leparoleleparole ali di farfalla. Il ricordo schizza veloce, come impaurito scivola sulla radura del tempo. Mi faccio falco, mi lancio nella picchiata e lo schianto mi racconta sempre la stessa favola antica: Lei era vera? No. Sognata. Sognata.

La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle (G.Pascoli) Il tuo gelsomino Quattordici chiamate perse, nove essemmesse e nessuno che fosse l'unico desiderato. Come stai, amore mio? Sono stanco, grigio, affaccendato... Nessuna risposta, vita mia. Chiss con chi stai dormendo e cosa stai sognando. Il gelsomino notturno infiora ancora la sera e i suoi intarsi di stelle, gli astri pi dolci e i pi lontani e le mie mani quando lo accarezzo, fingendo la tua pelle

Riccardo Raimondo, classe '87. Poeta, narratore, critico. Studia Lettere Moderne. Accademico degli Incolti da dicembre 2011 (www.accainco.it). La sua prima raccolta di versi Lo Sfasciacarrozze (A&B 2009). Il potere dei giocattoli (Sentieri Meridiani 2012, a cura di Daniele Maria Pegorari, prefazione di Sebastiano Aglieco, copertina di Elisa Anfuso) la sua seconda raccolta. Collabora con diverse riviste e webzine nell'ambito della critica d'arte, letteraria e di costume. Per maggiori info: www.riccardoraimondo.com

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