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Conclusioni di Sabino Fortunato

In queste giornate di studio abbiamo posto a confronto due modelli di riforma del diritto concorsuale e, come sempre accade in simili occasioni, sono emersi aspetti comuni ma anche rilevanti differenze. Sotto il primo profilo, per esempio, agevole constatare come in ambedue gli ordinamenti lapplicazione giurisprudenziale rivela spesso forti resistenze

allinnovazione, poich gli schemi concettuali dei pratici risentono inevitabilmente delle regole consolidate dalla tradizione. Sotto il secondo profilo, tuttavia, a me pare che lordinamento italiano soffre di qualche difficolt aggiuntiva. Lordinamento spagnolo ha compiuto, con la riforma fallimentare del 2003, scelte pi decise, pi nette, ha realizzato una riforma senzaltro pi sistematica e pi organica di quella attuata dal legislatore italiano. Richiamandosi fondamentalmente al modello tedesco, la Ley Concursal opta per lunicit della procedura concorsuale, anche se poi, di fatto, le vie da perseguire possono differentemente articolarsi a seconda della situazione di crisi del debitore; ma lidea di fondo che, di fronte ad una situazione di insolvenza o di imminente insolvenza, ci si possa fermare per un attimo al fine di decidere - con lapporto di varie istanze - quale strada intraprendere per tentare di risolvere la crisi, se

ristrutturare, limitarsi ad una moratoria o comunque liquidare in tutto o in parte il patrimonio del debitore (e vedi la relazione di Beltrn Sanchez). Il legislatore italiano ha invece inteso mantenere il modello pluralistico delle procedure concorsuali, caro alla tradizione giuscommercialistica e invero applicato anche con maggiore radicalit negli ordinamenti anglosassoni. Lunica

semplificazione del modello che riuscito a compiere consistita nella abrogazione della amministrazione controllata, confluita come sostanziale eventualit nel piano articolabile allinterno della rinnovata procedura del concordato preventivo, il cui presupposto oggettivo non pi la sola insolvenza ma anche un pi generico stato di crisi. Per il resto si ripropongono fallimento, nuovo concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa (che guadagna sempre pi terreno),

amministrazione straordinaria delle grandi e delle grandissime imprese, insomma una variegata molteplicit di modelli procedurali dai presupposti soggettivi e oggettivi spesso differenziati, in grado di creare anche situazioni di conflitto di competenze certo non favorevoli ad una sollecita soluzione della crisi. C` tuttavia un dato che riengo di dover valutare positivamente nel modello italiano rispetto a quello spagnolo, pi rigido sotto questo profilo: lordinamento italiano lascia molto pi spazio alle soluzioni concordate o negoziali della crisi dimpresa (e vedi gli interventi di Terranova, Giannelli e Boccuzzi), laddove la Ley Concursal conserva un rigido Convenio ancora troppo legato a presupposti di accesso severi. Allo stesso tempo non mancano, come si detto inizialmente, soluzioni e sensibilit comuni. Si pensi, ad esempio, agli effetti del concorso sulle capacit
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personali e patrimoniali del debitore, di cui pure ci hanno parlato i colleghi spagnoli, con soluzioni molto simili a quelle presenti nellordinamento italiano (vedi la relazione di Quintana Carlo). Non mancano, nel nostro ordinamento, anche soluzioni di pregio come quelle relative alla sorte dei rapporti pendenti (Santosuosso) e allampliata e ben pi snella tipologia delle attivit liquidatorie allinterno della liquidazione del patrimonio del fallito. Come non mancano carenze in entrambi i sistemi. Il tema, per esempio, degli interessi di classe, della tutela dei crediti appartenenti a categorie ampie e indefinite di creditori non sembra aver ricevuto particolare attenzione in entrambi gli ordinamenti. Ma fin troppo evidente che la riforma fallimentare italiana una riforma incompiuta, intrisa di contraddizioni e di compromessi, che pure ed entro certi limiti sono da valutare positivamente, nel senso che essi introducono comunque elementi innovativi su cui linterprete pu far leva per rendere pi dinamico il sistema concorsuale vigente. Certo, i settori da migliorare sono tanti, tantissimi. Abbiamo visto, per esempio, che anche sul piano soggettivo la Ley Concursal attua un processo di unificazione puntando lattenzione in generale sul debitore insolvente, pur nella distinzione delle varie categorie (e vedi Bercovitz RodriguezCano). Ma la riforma italiana conserva una concezione medievale dellinsolvenza proprio sul piano dellambito soggettivo di applicazione delle procedure concorsuali
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e cos ha del tutto trascurato le questioni legate al sovraindebitamento del debitore civile. Si sono istituite commissioni di studio al riguardo, ma allo stato non se ne vedono risultati praticabili. E comunque si procede con il solito vizio degli interventi parcellizzati, piuttosto che organici e sistematici. La disciplina delle revocatorie fallimentari nellordinamento spagnolo

concepita in modo chiaro e sistematico (vedi Galn Corona); certo, presenta alcune rigidit (Avila de la Torre), ma nellordinamento italiano il tema stato affrontato in maniera inadeguata, coltivando lidea di mantenere inalterato il quadro previgente per inserirvi attenuazioni temporali e numerose esenzioni che creano molteplici problemi interpretativi e depotenziano fortemente listituto, in mancanza di una contestuale introduzione di misure di allerta e prevenzione idonee ad una pi tempestiva rilevazione dei sintomi della crisi (cfr. Perrino). Altra occasione mancata quella della disciplina della crisi delle societ. La riforma italiana ha speso poche norme al riguardo, bench da tempo si sia lamentato il fatto che la disciplina fallimentare ha come referente soggettivo privilegiato limprenditore individuale, mentre la realt economica pullula di imprese collettive (Garca-Cruces Gonzlez; Nigro; Bussoletti). E da ultimo v la questione dei crediti dello Stato, tributari e previdenziali, che certo meritano attenta considerazione (Garca Gomez; Uricchio) ma che spesso pesano in maniera eccessiva a danno dellintera massa, con la crescita esponenziale di sanzioni e interessi, e che peraltro ben potrebbero essere pi tempestivamente attivati proprio per favorire una pi rapida emersione della crisi; sollecitazione raccolta in
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altri ordinamenti (come quello francese e quello inglese), negando privilegi nella procedura concorsuale in caso di tardiva segnalazione e attivazione del credito. Che fare nel prossimo futuro? Difficilmente si porr mano immediatamente ad una riforma della riforma, a cos breve distanza dallesaurimento delle deleghe legislative a suo tempo conferite al Governo in sede parlamentare. Certo rimasto del tutto irrisolto ladeguamento della parte penalistica, con reati fallimentari ancora modellati sulla normativa sostanziale della vecchia legge fallimentare. Ma anche su questo punto tutto sembra rinviato allinfinito. Gli interpreti, del resto, devono ancora sedimentare ed elaborare le novit introdotte con la riforma. Credo pi utile, comunque, in questa fase una sorta di rilancio della iniziativa privata nella riscrittura della legge fallimentare. Studiosi ed operatori dovrebbero a mio avviso creare una Commissione per riformulare in maniera compiuta ed organica la legge fallimentare ed offrire il prodotto al legislatore. Non sembri una vana aspirazione. In altri ordinamenti iniziative analoghe hanno avuto successo. Penso al Modello di Codice Commerciale Uniforme elaborato negli Stati Uniti dalle associazioni professionali di giuristi, che in molti casi stato recepito nei singoli Stati della Federazione. In tempi di decadentismo giuridico delle istituzioni, spetta agli studiosi, alle forze vive della professione e delleconomia raccogliere la sfida per impedire ulteriori slittamenti.

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