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CAPITOLO 4
LE SEDI UMANE ABBANDONATE
Nel XIII secolo termina nel Lazio l’aumento del numero degli abitanti,
e cominciano gli abbandoni, con concentrazione umana nei pochi centri
maggiori. Per delineare un quadro completo degli insediamenti esistenti,
purtroppo le liste delle tassazioni del sale e quelle del focatico, non forniscono
che un quadro di massima, incompleto per via dei centri esentati dal
pagamento, o perché risalendo alla metà del XIV secolo, colgono il fenomeno
degli abbandoni già ad uno stadio avanzato.
Per scoprire il tipo di insediamento nei secoli precedenti occorre basarsi
sulle liste dei feudi delle città maggiori, e sui documenti del Liber Censuum,
che riporta le somme pagate all’erario da ogni centro, anche dai più piccoli.
Per il 1319 rimane poi una lista di centri soggetti all’autorità pontificia
nel Patrimonio, contenuta in una relazione inviata dal Rettore del Patrimonio
al Pontefice in Avignone. Ma in essa sono elencati una quarantina di piccoli
centri, con i censi pagati, i quali attestano così le loro condizioni di vita. Dalla
lista si evince che ne fanno parte centri dell’agro falisco.1
1
M. ANTONELLI, Una relazione del Vicario del Patrimonio a Giovanni XXII in
Avignone, “Arch. Soc. Rom. Storia Patria”, XVIII, 1895, pp. 447-467. Tra le città e i castra
elencati figurano: Sutri, Nepi, Civita Castellana, Orte, Gallese e Bassano in Teverina.
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Civitas Castrensis 64 libr. Papar. 63 libr.
Civitas Nepesina 25 >> >> 25 >>
Civitas Sutrina 60 >> >> 60 >>
Civitas Ortana 120 >> >> 120 >>
Castrum Gallesii 28 >> >> 28 >>
Castrum Corclani 4 >> >> 4 >>
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Ronciglione, Vico e altre terre, che , come risulta dai registri del sale erano
invece abitate nei secoli XIV e XV.
Altri documenti utili per individuare la quantità della popolazione delle
due province di Tuscia e Collina, sono i registri del sale.
Due autori come il Tomassetti e il Pardi si sono interessati a questo
problema, giungendo però a conclusioni differenti.
Il Tomassetti, prende come unità di misura il rubbio romano usato nel
Medio Evo per calcolare la quantità di sale, pari a 294,46 kg.
Ed in base a tale dato, egli era giunto a stimare la popolazione del Lazio
in 500.000 unità, cifra troppo alta per il periodo medievale, tenendo conto di
tutti i fattori demografici negativi del tempo.2
Il Pardi invece affermò che il rubbio romano usato nel medioevo non
poteva essere pari a 294,46 kg, ma, similmente a misure usate nella stessa
epoca nelle altre regioni d’Italia, doveva equivalere a circa 113 kg. Sapendo
che per ogni abitante erano attribuiti in media 7 kg in un anno, si potrebbe
calcolare la popolazione del Patrimonio intorno alle 63.000 unità.
Aggiungendo tutti quelli che per legge erano esentati, e che possono essere
calcolati ad un terzo del totale, si arriverebbe a una popolazione globale di
oltre 84.000 unità.3 La tabella seguente riporta i castra o le civitas e le
rispettive tassazioni quali appaiono dal Liber secunde imposite salis et
Focatici anni MCCCCXLVI (ASR-Camera Urbis, vol. 290).4
2
G. TOMASSETTI, Del sale e del focatico del comune di Roma nel medio evo, Arch. Soc.
Rom. Storia Patria, XX, 1897.
3
G. PARDI, La popolazione del Distretto di Roma sui primordi del Quattrocento. Arch.
Soc. Rom. Storia Patria, XLIX, 1926.
4
S. CONTI, Le sedi umane abbandonate nel patrimonio di S. Pietro. Olschki, Firenze
1980.
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Basarsi sulle liste del sale per calcolare la popolazione dello Stato
Romano nel Medioevo, può essere azzardato, anche perché i registri del sale
riportano, almeno fino a quello del 1451, le medesime quantità anche quando
le sedi umane appaiono fra le terre destructe et inhabitate.
In alcuni registri (posteriori a quello del 1416, e ancora inediti) oltre ai
rubbi di sale sono riportati anche i focularia, ma solo per un ristretto numero
di castra.
Occorre dire che comunque non c’era nessuna relazione fra i due tipi
di misure: ad ogni quantità di sale corrispondeva di volta in volta un numero
diverso di fuochi. Da ciò si evidenzia come le cifre, ottenute mediante il
calcolo sui rubbi, siano molto ipotetiche, e che con molta probabilità le
quantità di sale, per le quali ogni paese veniva tassato, non dipendevano solo
dal numero degli abitanti, ma da ciò che ogni insediamento poteva rendere
economicamente prescindendo dall’entità della popolazione.
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Il 1305, anno del trasferimento della sede papale in Avignone, fu, per la
storia del Patrimonio di S. Pietro, una data particolarmente importante, in
quanto nello Stato Pontificio si passò da un governo diretto ad una
amministrazione affidata ai vari Rettori del Patrimonio, che favorirono al
massimo gli interessi particolari, facendo nascere continue rivalità, non solo
tra i feudatari, ma anche fra città e città e comune e comune.
È della prima metà del XII secolo il periodo della formazione dei
Comuni nel Patrimonio, il quale portò oltre a lotte per il predominio nel
territorio e scontri per motivi religiosi e politici, anche novità per quanto
concerne le sedi.
In questi secoli era poi continuato il fenomeno dell’incastellamento, e i
pochi abbandoni accertati, avvenuti nel XII secolo, furono dovuti a fatti
bellici, connessi con lo strapotere esercitato da Viterbo sui centri e comuni
limitrofi. L’altro grande comune del Patrimonio, oltre a Viterbo e Roma, fu
Tuscania, abbastanza presto inclusa però nell’ambito territoriale del Comune
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persone fisiche. Inoltre gli affidati potevano comprare nell’ambito dello Stato ogni tipo di
viveri, anche quelli necessari al bestiame. La somma da pagare da parte degli affidati era di
25 ducati d’oro per 100 bestie grosse e di 5 ducati e mezzo per 100 bestie minute.
Tratta, Tassa pagata per i capi di bestiame quando le greggi lasciavano il territorio del
Patrimonio per far ritorno alle regioni di provenienza o per passare da una provincia
all’altra.
7
S. CONTI, Le sedi umane abbandonate…, op. cit.
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1) Secolo XI
FALERI NOVI E SANTA MARIA DI FALLERI
Alla distruzione di Falerii Veteres, avvenuta nel 241 a.C., gli abitanti
superstiti stipularono con i Romani un foedus per il quale poterono edificare
una nuova città, che sorse a circa 6 km di distanza: Falerii Novi. La nuova
città, al contrario sorse su un piano; fu cinta da mura, di cui resta intatta
l’intera cerchia, che misura 2108 m, con 9 porte, delle quali le principali sono
quelle a nord (o porta di Giove) e quella di sud-est (o porta del Bove).
La scelta del sito fu probabilmente dovuta sia alla natura del terreno, sia
alla fitta rete di strade che la servivano: la via Amerina che attraversava la
nuova città da Sud a Nord, la via Flaminia che passava a sud e che era
collegata con l’Amerina dalla Falerina, la via Sacra che univa l’abitato
all’antico tempio di Giunone in Falerii Veteres, una via verso i Cimini, una
verso Sutri ed infine una diretta al porto sul Tevere, all’altezza di Borgo
S.Leonardo (oggi Borghetto).
Pianta di Falerii Novi, S. Maria di Falleri (Fonte: SEBASTI R., Storia degli insediamenti
nella zona del Parco suburbano del Treja. Regione Lazio, Comuni di Mazzano R. e Calcata 1999).
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2) Secolo XII
CAPRACORUM
Fu una delle quattro Domuscultae istituite nell’Alto Medioevo da Papa
Adriano I. sorse tra il 772 e il 795, nel territorio tra l’antica città di Veio (la
medievale Insula Pons Veneni, l’odierna Isola Farnese) a sud e l’Ager
Faliscus a nord.
Nel Liber Pontificalis è citato l’atto di fondazione, con cui la nuova
Domusculta veniva dotata di fondi, masse, casali, vigneti, oliveti, mulini, per
garantirle una vita autonoma, ed anche una chiesa con il nome di S.Cornelio
(attuale chiesa di S.Cornelia). Questa, come le altre domuscultae, non
avevano un territorio fortificato, né un unico nucleo urbano, ma più nuclei
isolati, che daranno vita a centri autonomi, differenziati tra loro.
Dalla fine del IX secolo lo smembramento e la dissoluzione della
domusculta di Capracorum furono agevolati dalle scorrerie, nella Campagna
Romana, dei saraceni, con il conseguente ritiro della popolazione in luoghi
sicuramente meglio difendibili e lo spopolamento di parte della pianura; vi
contribuì inoltre l’incastellamento intorno all’anno 1000, che portò alla
fondazione di moltri castra derivati da Capracorum: Mazzano Romano,
Calcata, Faleria o Stabia, Formello e Campagnano.
Nei documenti successivi al Liber Pontificalis, poche citazioni
riguardano Capracorum, non più come domusculta, ma come castrum, come
appare evidente in documenti della basilica di S.Pietro, proprietaria di buona
parte del territorio. La trasformazione della domusculta si completò allorché il
monastero di S.Cornelio divenne un’entità a sé stante, staccato dal suo
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3) Secolo XIII
FRATTA
Tra il Rio Fratta ed i Fossi di Fustignano e delle Rote si trova un
territorio detto Piazza Castello, fra i 137 ed i 173 m, in cui si trovavano due
casali che portano il nome di Fratta. Quasi sicuramente qui sorgevano
l’abitato ed il castello di Fratta (F. 137 II SE).
Le prime notizie sul castello di Fratta sono del XIII secolo; passò
attraverso il possesso di vari feudatari e poi fu incamerato nei possedimenti di
Viterbo. Dopo il 1307 non si ha di Fratta più alcuna notizia e si ignorano i
motivi del suo abbandono. Probabilmente decadde per il prevalere dei centri
maggiori quali Orte e Gallese.
PONTE NEPESINO
Il centro di Ponte Nepesino fu uno dei feudi della città di Nepi. Sorse
tra la città stessa e la località di Settevene, posta più a sud, presso Monterosi.
L’individuazione del centro è stata notevolmente difficile in quanto
nelle carte topografiche di questo secolo il toponimo non figura. Solo nella
prima levata della Carta Topografica del 1887, al quadrante I del foglio 143,
si legge “Ponte Nepesino”, subito a nord del Casale dell’Umiltà.
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4) Secolo XIV
ISOLA CONVERSINA
Il sito di Isola o Insula Conversina si trova presso Nepi, nella parte
della valle ove scorre un fosso, ancora oggi chiamato il Fosso dell’Isola e che
sfocia nel Treia presso Civita Castellana (F.143 I NE). L’odierna “Tenuta
dell’Isola” ha, nella parte più inaccessibile, quella di “La Torre”, alla
confluenza tra il fosso dell’Isola e il Fossitello, i resti delle costruzioni più
antiche. Sembra che il nome, abbastanza insolito, gli derivi dall’essere quasi
totalmente circondata dalle acque che scorrono nei profondi valloni, dai quali
è delimitata.
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MARTIGNANO
Immediatamente a nord-est del lago craterico di Martignano (207 m),
sorse nel Medio Evo il centro omonimo (F. 143 II NO).
Dapprima Fundus Martinianus facente parte della massa Cesana, fu
assegnato al vescovo di Silva Candida nel 910 dal papa Sergio II e
riconfermato da Giovanni XIX nel 1026 e da Benedetto IX nel 1033. Dopo lo
smembramento della massa Cesana, avvenuto nel XII secolo, nella località di
Martignano sorsero un castello e un borgo, che divemmero proprietà della
famiglia Curtabraca, mentre il lago apparteneva alla libera “Università” di
Campagnano.
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Nella prima tassazione del sale Martignano paga 10 rubbi, mentre nel
1416 figura tra le terre ad presens destructe et inhabitate.
All’abbandono contribuirono senza dubbio sia le due epidemie di peste
che colpirono il Lazio nel 1381 e nel 1390, sia le lotte feudali fra il XIV e il
XV secolo, combattute dalle varie casate romane e fra loro e contro i Rettori
del Patrimonio, sia la recrudescenza della malaria, per l’impaludamento delle
vicine conche di Baccano, Stracciacappe e Lagosello. Sul luogo dell’antico
castello, mediente l’utilizzazione parziale delle fondamenta, fu costruito un
casale che figura in molte carte del Lazio, come ad esempio, quella del 1640
del Ducato di Bracciano di Jacomo Oddi.
NUNCILIANUM O RONCIGLIANO
In un’area fittamente coperta da vegetazione boschiva, fra i centri di
Campagnano Romano, Nepi, Mazzano Romano, sorgono i ruderi dell’abitato
medievale di Nuncigliano, detto anche Roncigliano, come risulta da alcuni
documenti. Il territorio è oggi nei due quarti di Roncigliano e Ronciglianello.
Le prime notizie su Roncigliano risalgono ad un atto del Codex
Diplomaticus S.Sedis del 1295. la località appare nella prima tassazione del
sale per 10 rubbi; la sua distruzione e il suo abbandono, di cui si ignorano i
motivi, dovettero avvenire tra la fine del XIV e l’inizio dei XV secolo, in
quanto già nella seconda tassazione, quella del 1416, è fra le terre “destructe
et inhabitate”.
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STRACCIACAPPE
Pochi chilometri a nord del lago di Martignano, si trova l’alveo
prosciugato del Lago di Stracciacappe, piccolo bacino craterico, facente parte
del sistema sabatino, presso le cui conche lacustri di Bracciano, Martignano,
Baccano, Monterosi e Lagosello, sorsero in epoca classica e medievale
numerosi centri abitati, che in parte sopravvivono ancora oggi.
Ricordato come fundus nella Bolla del 1053, accanto a quello di
Baccano appartenente al monastero di S.Pietro in Vaticano, vi fu costruito nel
corso del XII e XIII secolo il castello e successivamente l’abitato. Il suo
territorio era piuttosto ampio, in quanto in un atto del Tabularium
dell’Archiospedale di S.Spirito in Sassia si nominano i suoi confinanti, che
erano: Campagnano, Martignano, Anguillara, Trevignano e Monterosi.
Di Stracciacappe si hanno parecchie notizie per tutto il XIII secolo, e
nel Registro Romano-Senese appare tassato per 10 rubbi. Altrettanto paga nel
1416, ma appare tra le terre destructe et inhaabitate. Nel XVI secolo infine è
venduto come tenuta.
Nella carta dell’Oddi del 1636 sono segnate la torre ed il borgo di
Stracciacappe, mentre nel catasto Alessandrino del 1660 vi è ormai la sola
tenuta. L’area di Stracciacappe, come quella di Baccano, divenne ben presto
malarica, a causa dell’impaludamento e del ristagno delle acque.
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5) Secolo XV
ALIANO
I toponimi di Aliano e di contrada Aliano attualmente si riferiscono ad
un vasto territorio, fra la città di Vignanello ad ovest e quella di Gallese ad est
(F. 137 II SE e II SO). Esso è delimitato a nord dai Fossi di Pian di Castagno
e di Aliano e a sud dai Fossi di Piedilupo, del Carroccio e di S.Bruna.
È un’area piana, fra i 200 ed i 300 m, ricca di acque e sorgenti, da
tempo con destinazione boschiva e agricola, come attestano vari toponimi
(Castagno, Carpineto, Selva, Campo Olivo, Vignali) oggi coltivata a vigneti,
con un insediamento sparso, che ha dato vita ad un fitto reticolo stradale. La
Torre di Aliano è posta in uno dei punti più elevati, a 309 m.
Alianum appare per la prima volta nel 1175 in un diploma della città di
Viterbo, come a lei soggetto, mentre nella Cronaca di Gallese risulta infeudato
alla stessa città di Gallese. Nel XIII secolo passò in mano agli Orsini; figura
nella decima sessennale della Diocesi di Orte del 1274-1280; distrutto una
prima volta nel 1283 dovette essere riedificato, in quanto in una relazione del
1320 è nominato come Castrum Aliani, pagante il tributo camerale. Nel
Registro Romano-Senese Alianum è tassato per 10 rubbi annuali di sale.
Alcune cronache locali pongono la sua distruzione definitiva fra il 1400
e il 1434, per mano di compagnie di ventura. È logico porre la sua distruzione
intorno agli inizi del XV secolo, in quanto nella tassazione del 1416, pur
continuando ad essere tassato per analoga quantità di sale, figura fra le terre
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CASAMALA
Il Silvestrelli8 parla di due distinti centri dai nomi di Casale e
Casamala, che dovevano essere fra loro molto ravvicinati, sulla falda orientale
del Monte Cimino. In nessun documento si trovata traccia di Casale, mentre
fin dal X secolo vi è menzione di Casamala. Probabilmente il Casale del
Silvestrelli (odierna tenuta di Casale) era solo una parte dell’abitato più
grande di Casamala. L’identificazione di Casale sulla carta topografica è
facile, nelle vicinanze di Ronciglione, Caprarola e Fabrica di Roma, tra il
Fosso Maggiore a sud ed il Fosso di Valle Cupa a nord. (F. 143 I NO), mentre
di Casamala non c’è traccia.
Il primo documento relativo a Casamala è del 992, nel Tabularium di
Santa Maria in Via Lata; essa vi è qualificata come locus, mentre in un atto
del 1025 dello stesso Tabularium è indicata come castellum. La si ritrova
citata nel 1085 nelle carte del monastero dei SS. Cosma e Damiano. Il castello
di Casamala ricorre in tutte le tassazioni del sale (20 rubbi annuali, come gli
altri centri vicini e ancora oggi esistenti di Caprarola e Carbognano).
8
G. SILVESTRELLI, Città, castelli e terre della regione romana. Ricerche di storia
medioevale e moderna sino all’anno 1800. Roma, Multigrafica Editrice 1970.
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- Tassazione del sale desunta dal registro romano-senese (metà XIV secolo)
pubblicato da G.Tomassetti, e Tassazione del 1416, pubblicata da G.Pardi (Liber
secude imposite salis et focatici anni MCCCCXVI), per i centri abbandonati
nell’Agro Falisco.
Nomi delle città o castra Nome attuale Registro R-S Registro del 1416
5 (Rubra salis al
Martignano Martignano semestre) 5 (Rubra salis)
Strippacappe Stracciacappe 5 5
Casamale Casamala 10 10
Filazano Filissano 5 5
Insule Conversine Isola Conversina 5 -
Terre ad presens destructe et inhabitate
Nutiglianum Roncigliano 5 5
Alianum Aliano 5 5
Vici Vico 15 15
Subì una prima distruzione nel 1383 e il Silvestrelli la dice distrutta nel
1431 nella lotta fra i Vico e il Papato.9 In realtà, poiché Casamala figura nelle
tassazioni del sale fino al 1459, bisogna pensare che l’esodo degli abitanti,
verso Ronciglione e Caprarola, sia avvenuto in un lungo periodo di tempo.
Casamala era nel XV secolo “tenuta da ghianda” nella Dogana del
Patrimonio, per un numero di 66.251 porci (rendita di 818 ducati).
CASTIGLIONE E CINCIANO
9
G. SILVESTRELLI, Città, castelli e…, op. cit.
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FILISSANO
Nella vallata del Treja, alla confluenza tra i Fossi Cerreto, Filissano e
Capo Rio, si trova l’odierna tenuta di Filissano con il casale, che ha preso il
nome del medievale Castrum Filaçani.
Quest’area fu ricca di sedi umane, alcune ancora oggi esistenti, altre
oggi scomparse, come Filissano, Isola Conversina, Castel Paterno, Ponte
Nepesino, Sant’Agnese, Castel Fogliano, Castrum Arnarium, Porciano. Di
molte di queste si ritrovano i nomi fra le località appartenenti alla domusculta
di Capracorum.
Filissano è citato in una bolla del 1176 come casalis infeudato
all’Abbazia di S.Elia sub Pentoma, mentre in un atto di vendita del 1427 ne
sono precisati i confini, che passavano per “Nepi, Mazzano, Calcata,
Fogliano, l’Agnese”. Nella prima tassazione del sale Filissano figura per 10
rubbi (5 al semestre), e anche in quelle del 1416 e del 1422 appare fra le terre
abitate. Non se ne hanno più notizie dopo il 1431, anno in cui venne
incamerato dalla Camera Apostolica.
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TORRICELLA DI GALLESE
Non è facile identificare il sito di Torricella di Gallese, che i documenti
dicono trovarsi vicina a Gallese; forse è da collegare con il fosso della
Torricella che si trova al F. 137 II SE, vicino ad altre due sedi abbandonate
della Teverina: Rustica e Fratta.
Dalle cronache Viterbesi si ha la notizia di una battaglia combattura
presso Torricella da Romani e Viterbesi nel 1241. appare nelle decime degli
anni 1274-1280. Nel 1289 Torricella è segnata nel Codex Diplomaticus
S.Sedis tra le località che pagavano il focatico.
Nel registro del cardinale Albornoz è detta sotto il dominio diretto della
Santa Sede. Torricella venne distrutta dalle milizie di Fortebraccio durante
l’assedio di Gallese nel 1434.
10
G. TOMASSETTI, La Campagna Romana…, op, cit.
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CAPITOLO 4
6) Secolo XVII
VICO
Di Vico, la capitale dello Stato dei “Praefecti Urbis”, non resta
neppure il toponimo sulle carte, ma il confronto con le carte antiche porta al
ritrovamento di alcune località: il “Procoio” e l’ ”Emissario”, che permettono
di delimitare i confini entro cui vanno ricercati i ruderi della città (F. 143 I
NE – I NO).
Le prime notizie documentarie risalgono al 1229. la sua storia è
strettamente connessa con le vicende belliche che videro i suoi feudatari
sempre tra le forze più attive contro il Rettore del Patrimonio. Nel 1319
pagava un focatico di X florenos; entrò in possesso della Santa Sede nel 1361.
Nella prima tassazione del sale Vico pagava 15 rubbi semestrali.
Le fonti ci dicono che Vico venne distrutta nel 1431 nell’ultima lotta
feudale sostenuta da Vico contro le milizie del governo centrale; e quella
dovette essere la più grave distruzione della città. Infatti già nella tassazione
del 1416 Vico, pur pagando per la stessa quantità, è annoverato tra le terre ad
presens destructe et inhabitate.
Il motivo dell’abbandono, oltre che nelle vicende belliche, è da
ricercarsi nella vicinanza del lago, che dava luogo a pericolose inondazioni,
essendo ad un livello maggiore dell’attuale, in quanto non era ancora stato
aperto l’emissario.
Fra Leandro Alberti nomina Vico come contrada e non più come città.
La popolazione però non abbandonò del tutto l’antico centro, come appare
ancora dai primi censimenti dello Stato Pontificio dei secc. XVII e XVIII.
120
CAPITOLO 4
Data la sua importanza, Vico si ritrova anche nelle più antiche carte del Lazio:
in quella di Ugo Commineau e Pietro del Massaio del 1471, e nelle carte di
Enrico Martello del 1480-1482 e di Bernardo Silvano da Eboli del 1511.
Manca invece in quella di Girolamo Bellarmato del 1536, mentre in quelle
posteriori viene ormai citato come diruto.11
FOGLIANO
I ruderi di Castel Fogliano sorgono a pochi chilometri a sud di Civita
Castellana, nel territorio compreso fra il fosso della Bonatella e quello della
Mola (F. 143 I NE). Della sua storia non si sa quasi nulla e si dispone di
pochissimi documenti che lo riguardano. È citato in un documento del 1333;
nel 1508 è nominato in una causa per il pascolo, come “Castrum seu casalis
Foliani”. Nel 1512 è definito “Casale sive tenimentum castri diruti
Fogliani”.12
Si trattò probabilmente di uno dei tanti piccoli castra sorti nell’alto
Medioevo, dopo l’abbandono di Falerii Novi, per il controllo della strada che,
partendo da Civita Castellana e passando per Paterno, si dirigeva a sud.
11
P.A. FRUTAZ, Le carte del Lazio, Roma, Istituto di Studi Romani 1972.
12
G. TOMASSETTI, La Campagna Romana…op. cit.
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PATERNO
Il Castrum Paterni si trovava nell’Ager Faliscus a sud di Civita
Castellana. I suoi ruderi si possono scorgere alla confluenza del Treja con i
fossi della Mola e della Stabia, su di un colle alto 157 m. Si tratta di una rupe
di tufo vulcanico e dello stesso materiale sono i blocchetti con i quali venne
costruito Castel Paterno.
Esso sorse in seguito alla decadenza di Falerii Novi, quando Civita
Castellana divenne la città principale dei dintorni, ed ebbe bisogno di centri
fortificati che ne proteggessero le vie d’accesso nelle varie direzioni. Verso
sud sorsero Castel Paterno e Castel Fogliano, ad est la Torre dei Pastori e la
Torre dei Giacanti.
Le notizie storiche risalgono al 955, anno in cui Paterno viene
confermato, in un diploma di Agapito II, alla Chiesa di San Silvestro de
Capite in Roma.
13
G. TOMASSETTI, La Campagna Romana…op.cit.
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CAPITOLO 4
RUSTICA
Il Castello di Rustica si trova quasi a livello dell’ansa del Tevere nei
pressi di Gallese, fra il Fosso di Rustica a nord ed il rio Miccino a sud. L’area
intermedia è ancora oggi chiamata Piani di Rustica e vi sorge il casale che ne
porta il nome (F. 137 II SE).
Non si hanno notizie sulla sua storia, ma appare nella lista dei castelli
soggetti a Gallese nel XIII secolo. Nella carta dell’Oddi del 1636 vi appare
come Rustica diruta, mentre in quella dell’Ameti del 1696 si notano la Mola
ed il Ponte di Rustica; quest’ultimo è da identificare con quello che
attualmente porta il nome di Ponte Etrusco, tuttora sul rio Miccino nei pressi
della ferrovia.
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SANT’AGNESE
Il castello di Sant’Agnese è da identificare con Castello d’Ischia, le cui
rovine sorgono su di uno sprone tufaceo, a 197 m, sul fosso Cerreto, presso la
contrada ancora oggi detta dell’Agnese, che va dai 188 ai 230 m d’altitudine.
Il territorio di Sant’Agnese si trova fra quelli di castel S.Elia e Castel
Fogliano a nord e quello di Calcata a sud. Appare in un elenco di fondi della
città di Nepi, ma della sua storia non si hanno più notizie.
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