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L’ENIGMA DI HARWA

Alla scoperta di un capolavoro


del Rinascimento Egizio

A cura di
Silvia Einaudi
Francesco Tiradritti
L’ENIGMA DI HARWA
Alla scoperta di un capolavoro del Rinascimento Egizio

Presidente Mostra a cura di Progetto dell’allestimento Gli scavi della


Paolo Alessio Silvia Einaudi Laura Einaudi Missione Archeologica Italiana a Luxor
Francesco Tiradritti Giovanna Sepe presso la tomba di Harwa
Vicepresidente sono resi possibili
Alberto Alessio Fotografie grazie al sostegno di:
Franco Lovera Compagnia di San Paolo,
Consigliere Francesco Tiradritti Ministero degli Affari Esteri,
Ernesto Alessio Galgano,
Enti promotori Planimetrie Toro Assicurazioni,
Direttore Diethelm Eigner IMA Faraone S.p.A.,
Daniela Magnetti Compagnia di San Paolo Dalmine,
Filmato in mostra Alcatel.
Responsabile organizzativo Alessandro D’Alessandro
Giulia Zanasi I teli didascalici in mostra
Musiche del filmato sono stampati da Tardivello Imaging ???
Segreteria organizzativa e Logistica Giacomo Tiradritti
Angela Benotto Fondazione Palazzo Bricherasio Crediti fotografici
Dario Steffanone Consulenza informatica Catalogo 1, 2, 6, 7, 10, 11, 12, 14
Marco Nicoletti © 2004 Musée du Louvre
Responsabile ufficio stampa Antonio Raffo Département des antiquités
e comunicazione Roberto Ferrero égyptiennes / Chuzeville,
Christian Decamps,
Vittoria Cibrario
Georges Poncet
Catalogo a cura di
Ufficio stampa Associazione Culturale Harwa 2001 Silvia Einaudi Catalogo 3, 4, 5, 16, 17
Marilina Di Cataldo Francesco Tiradritti © 2004 Museum of Fine Arts,
Anthelios Edizioni - Garbagnate Mil.se Boston
Relazioni esterne
Maurizio Ravidà Progetto grafico del catalogo Catalogo 8
Michele Riboldi © 2004 Gabinetto Fotografico
Musei Civici di Padova
Musei prestatori
Museo Egizio, Torino Catalogo 9, 15
© 2004 Museo Egizio
Musée du Louvre, Parigi
di Torino / Lovera
Museum of Fine Arts, Boston
Museo Civico agli Eremitani, Padova
La Compagnia di San Paolo è particolarmente lieta di presen-
tare una mostra che fa luce sulla civiltà egizia in Torino che è uno
dei più importanti centri mondiali di questa civiltà.

Con l’illustrazione delle campagne di scavo che dal 1995 si


susseguono per riportare alla luce la tomba del dignitario Harwa si
è inteso restituire, da un lato, l’immagine di un bene storico in fase
di recupero e, dall’altro, mostrare i primi risultati del lavoro di una
équipe di egittologi e di studenti che, grazie anche al sostegno della
Compagnia, ogni anno si ritrovano e affiancano l’esperienza pratica
alla preparazione teorica universitaria. La mostra è interessante
come testimonianza di un cantiere di formazione-scuola. Lo scavo
è esso stesso un elemento di grande suggestione e permette di im-
medesimarsi in chi produceva le opere e di comprendere il contesto
culturale e di costume che le hanno determinate.

Va espresso, infine, un significativo apprezzamento alla Fon-


dazione Palazzo Bricherasio che, con la guida di illustri studiosi,
ancora una volta offre a Torino l’opportunità di riflettere sulle di-
verse espressioni d’arte e di storia e apre i suoi spazi all’intelligente
confronto tra le forme e i segni delle avanguardie, nell’ambito della
manifestazione “Torino contemporanea”, e le testimonianze sugge-
stive di una antica civiltà quale la egizia.

Franzo Grande Stevens


Presidente della Compagnia di San Paolo
La Compagnia di San Paolo è particolarmente lieta di presen-
tare una mostra che fa luce sulla civiltà egizia in Torino che è uno
dei più importanti centri mondiali di questa civiltà.

Con l’illustrazione delle campagne di scavo che dal 1995 si


susseguono per riportare alla luce la tomba del dignitario Harwa si
è inteso restituire, da un lato, l’immagine di un bene storico in fase
di recupero e, dall’altro, mostrare i primi risultati del lavoro di una
équipe di egittologi e di studenti che, grazie anche al sostegno della
Compagnia, ogni anno si ritrovano e affiancano l’esperienza pratica
alla preparazione teorica universitaria. La mostra è interessante
come testimonianza di un cantiere di formazione-scuola. Lo scavo
è esso stesso un elemento di grande suggestione e permette di im-
medesimarsi in chi produceva le opere e di comprendere il contesto
culturale e di costume che le hanno determinate.

Va espresso, infine, un significativo apprezzamento alla Fon-


dazione Palazzo Bricherasio che, con la guida di illustri studiosi,
ancora una volta offre a Torino l’opportunità di riflettere sulle di-
verse espressioni d’arte e di storia e apre i suoi spazi all’intelligente
confronto tra le forme e i segni delle avanguardie, nell’ambito della
manifestazione “Torino contemporanea”, e le testimonianze sugge-
stive di una antica civiltà quale la egizia.

Franzo Grande Stevens


Presidente della Compagnia di San Paolo
La Compagnia di San Paolo è particolarmente lieta di presen-
tare una mostra che fa luce sulla civiltà egizia in Torino che è uno
dei più importanti centri mondiali di questa civiltà.

Con l’illustrazione delle campagne di scavo che dal 1995 si


susseguono per riportare alla luce la tomba del dignitario Harwa si
è inteso restituire, da un lato, l’immagine di un bene storico in fase
di recupero e, dall’altro, mostrare i primi risultati del lavoro di una
équipe di egittologi e di studenti che, grazie anche al sostegno della
Compagnia, ogni anno si ritrovano e affiancano l’esperienza pratica
alla preparazione teorica universitaria. La mostra è interessante
come testimonianza di un cantiere di formazione-scuola. Lo scavo
è esso stesso un elemento di grande suggestione e permette di im-
medesimarsi in chi produceva le opere e di comprendere il contesto
culturale e di costume che le hanno determinate.

Va espresso, infine, un significativo apprezzamento alla Fon-


dazione Palazzo Bricherasio che, con la guida di illustri studiosi,
ancora una volta offre a Torino l’opportunità di riflettere sulle di-
verse espressioni d’arte e di storia e apre i suoi spazi all’intelligente
confronto tra le forme e i segni delle avanguardie, nell’ambito della
manifestazione “Torino contemporanea”, e le testimonianze sugge-
stive di una antica civiltà quale la egizia.

Franzo Grande Stevens


Presidente della Compagnia di San Paolo
La Fondazione Palazzo Bricherasio è lieta di ospitare nel-
l’elegante cornice delle Sale Storiche questo evento espositivo che,
ancora una volta, sottolinea la grande tradizione e la centralità della
città di Torino nella ricerca e nello studio delle Antichità egizie. La
mostra presenta al pubblico i risultati finora raggiunti dalla Missione
Archeologica italiana a Luxor, che dal 1995, porta avanti gli scavi
nella tomba di Harwa, potente governatore della XXV dinastia.
Frammenti di rilievo, ushabty, arredi funerari e immagini di divinità
introducono il visitatore nella suggestiva atmosfera della dimora
ultraterrena di Harwa, offendo al pubblico l’opportunità di ammi-
rare reperti provenienti da alcune delle più importanti collezioni
egizie del mondo, quali quella del Museo del Louvre di Parigi, del
Museum of Fine Arts di Boston, del Museo Egizio di Torino e del
Museo Archeologico di Padova. Un collegamento diretto via internet,
inoltre, permette al visitatore di seguire in tempo reale le attività
della campagna di scavo nel sito della tomba, introducendo così un
importante elemento innovativo nel percorso dell’esposizione.

Paolo Alessio
Presidente della Fondazione Palazzo Bricherasio
La riscoperta del favoloso mondo faraonico abbraccia un
lunghissimo cammino, iniziato subito dopo il tramonto della civiltà
egizia e continuato nei secoli e nei millenni. Tra il 1800 e il 1900
ha conosciuto un periodo di particolare splendore, con Napoleone
prima e con studiosi di tutta Europa poi.
In questo filone di ricerca artistica e culturale s’inserisce l’impre-
sa archeologica della tomba di Harwa che, senza possedere la grandiosità
di altri ritrovamenti che rappresentano ormai veri avvenimenti storici,
si presenta per chi, come noi la segue sin dall’inizio, piena di fascino.
Osservare, vedere, anno dopo anno durante le campagne di
scavo, la tomba di questo notabile riprendere forma nel suo susseguir-
si di sale e corridoi. Ritrovare sotto incrostazioni accumulatesi nei
secoli splendidi bassorilievi. Scoprire oggetti e ushabty che dovevano
accompagnare Harwa nel lungo cammino che segue la vita terrena.
Tutte queste cose hanno costituito e costituiscono un’esperienza
entusiasmante, anche per chi, pur subendone tutto il suo fascino, si
avvicina all’egittologia da dilettante.
Tutti i soci di Harwa seguono da vicino e, possiamo dirlo,
con trepidazione, il gruppo di ricercatori che lavorano attorno a
Harwa: certi che, con il proseguire delle ricerche, la tomba diverrà
un’alta testimonianza della cultura faraonica che, per i suoi valori
artistici e storici, andrà ad aggiungersi ai monumenti sublimi che la
circondano sulla riva occidentale dell’eterno Nilo.

Marco Bianchi
Presidente dell’Associazione Culturale
“Harwa 2001” ONLUS
FINTO TESTO Quale può essere stato il tramite tra le due
culture? La presenza di elementi tratti dalla letteratura egizia all’in-
terno delle sacre scritture è documentato ed evidente nell’Antico
Testamento soprattutto per quanto riguarda il caso del Cantico de
Cantici, che in parte deriva dalla poesia amorosa egizia del Nuovo
Regno. È possibile che il concetto della protezione del debole, ben
presente anche nelle culture ebraica e mesopotamica, sia confluito
nel Vangelo di Matteo da dirette influenze orientali ed egizie nella
prima stesura di questo testo, scritto in Palestina o in Siria in lingua
aramaica attorno al 60 d.C, e che andò presto perduto. Sul materiale
di questa redazione si basa Vangelo tramandatosi, scritto in greco
verso l’80 d.C., di cui probabilmente non è però l’apostolo Matteo
l’autore.
Tuttavia è interessante notare che nell’autobiografia di Harwa
il portare aiuto al bisognoso è il vanto dell’uomo giusto che nel mo-
mento in cui intraprende il viaggio ultraterreno afferma con orgoglio
la propria buona condotta e il resoconto della sua vita esemplare,
cosicché sia di aiuto nel momento del giudizio divino. Il capitolo 125
del Libro dei morti (Raverta 04), che invece ha lo scopo di dichia-
rare esplicitamente l’innocenza del defunto davanti al tribunale di
Osiride, riunitosi per giudicarne la condotta, non fa però menzione
alcuna di questi concetti.
D’altro canto, il discorso di Gesù riportato da Matteo è legato
alla prospettiva del giudizio finale ultraterreno, e diviene il criterio
con gli uomini potranno entrare nel regno dei cieli.
Il tramite per queste concezioni potrebbe essere rappresentato
dalla filosofia greca: dalle fonti classiche sappiamo dell’abitudine
dell’élite intellettuale greca (tra cui si ricordano Pitagora, Solone,
Platone, Eudosso di Cnido) di visitare o completare i propri studi pag. INDICE
nella Valle del Nilo, il paese che godeva della fama prestigiosa di
“terra dei sapienti”. Per quanto riguarda l’epoca della XXV dinastia
Le origini del
non abbiamo però traccia della trattazione di problematiche simili 15 regno di Kush
legate all’aldilà negli scritti dei filosofi presocratici. Bisogna dire che Robert Morkot

le loro ricerche erano più indirizzate verso l’indagine dei principi


39 La XXV dinastia
primi dell’universo e che l’esiguo numero di testi conservatisi sono Maria Beatrice Galgano
assai frammentari. Nella filosofia pitagorica troviamo accenni alla
55 Alcuni aspetti del
separazione tra il corpo e l’anima, ma la teoria di riferimento è quella Rinascimento kushita
della metempsicosi, estranea alle concezioni egizie e derivante, con Edna R. Russmann
tutta probabilità, da ambiti indoeuropei o sciamanici.
Tebe durante
77 la XXV dinastia
Christopher Naunton

La Sposa Divina, la Divina Adoratrice


103 e il Clero di Amon durante la XXV dinastia
Mariam Ayad

La necropoli dell’Assasif
125 fino alla XXVI dinastia
Silva Einaudi

L’Egitto del VII secolo a.C.


145 e il mondo greco contemporaneo
Federica Raverta

163 La tomba di Harwa


Francesco Tiradritti

207 Schede reperti

223 Abbrevizioni, bibliografia generale


Le origini del
regno di Kush

Robert Morkot
Lettore e Coordinatore di Storia Antica
University of Exeter

16
17
Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

Per un periodo di quasi cinquecento anni, dal 1550 al 1075 a.C. cir-
ca, i faraoni del Nuovo Regno (dalla XVIII alla XX dinastia) avevano
governato la regione che va da Assuan sino alla quarta cateratta del
Nilo e che i testi egizi menzionano con il termine di Kush1. Questa
fase fu seguita da un periodo durante il quale l’Egitto fu dominato
da dinastie di origine libica e infine suddiviso in quattro regni e
numerosi feudi (dalla XXI alla XXIV dinastia).
Scarse sono le informazioni sugli avvenimenti che ebbero
luogo a Kush in quest’epoca: solamente poche iscrizioni e una pic-
cola quantità di materiale archeologico sembrano essersi conservati.
Su queste scarse fonti è basta l’interpretazione storica del periodo2.
Sebbene le testimonianze provenienti da Kush siano scarse, fu du-
rante questo periodo, durato all’incirca trecento anni (secondo la
cronologia consueta), che si sviluppò un regno kushita indipendente.
Questo regno è noto come “regno di Kush”, “regno di Kurru” o perio-
do o regno di “Napata”. Verso il 750 a.C. questo regno kushita risultò
abbastanza potente da conquistare l’Egitto, che rimase sotto il dominio
dei suoi sovrani per circa cento anni (molto in generale dal 750 al 650
a.C.): un arco di tempo noto agli egittologi come XXV dinastia3.
Le evidenze archeologiche e testuali relative alla comparsa del
regno kushita comprendono poche iscrizioni, la maggior parte delle
Figura 1 quali provenienti dai templi dedicati al dio Amon al Gebel Barkal, e i
Planimetria della parte ritrovamenti effettuati dalla necropoli reale di el-Kurru4. Negli ultimi
centrale della necropoli
di El-Kurru due decenni archeologi e storici hanno riesaminato con attenzione

19
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

erede della principessa libica Shepenupet I che ricopriva l’importante


incarico religioso di Sposa Divina di Amon. L’intervento di Kashta in
Alto Egitto ebbe probabilmente luogo nel periodo 750-740 a.C..
A seguito dei suoi scavi nei templi di Gebel Barkal nel 1916,
Reisner rivolse la propria attenzione alle piramidi della necropoli
di Nuri sulla riva opposta del fiume. Qui egli trovò le sepolture di
una serie di sovrani risalenti sino al 300 a.C. circa. Seppur in parte
saccheggiate, le tombe contenevano ancora molti oggetti raffinati.
Alcuni dei sovrani erano noti dai templi di Gebel Barkal e la piramide
maggiore risultò essere quella di Taharqo, il più grande dei re kushiti,
il cui regno della durata di 26 anni si data con precisione tra il 690
e il 664 a.C. Il regno di Taharqo è ben documentato e fu un periodo
di grande attività costruttiva in Egitto e a Kush, con la produzione
di opere scultoree di grande finezza, in particolare a Tebe9. In un
primo tempo il regno fu pacifico e prospero, ma nei suoi ultimi anni
Taharqo dovette fronteggiare diverse invasioni in Egitto da parte degli
questi materiali arrivando a sviluppare alcune nuove teorie circa la eserciti dei sovrani assiri Asharaddon e Assurbanipal.
formazione del regno5. Su questo argomento c’è tuttavia poco accordo Reisner non trovò le tombe dei predecessori di Taharqo
e alcune delle interpretazioni restano controverse. Scavi più recenti, in (Kashta, Piankhy, Shabaqo e Shebitqo) a Nuri e fu con riluttanza che
particolare quelli condotti da Irene Vincentelli, suggeriscono che vi sia egli volse la propria attenzione ai “piccoli miserabili ammassi di
altro materiale di quest’epoca ancora da scoprire e studiare. rovine” di el-Kurru, pochi chilometri a nord di Gebel Barkal, vicino
Il principale documento scritto inerente alle prime fasi del al principale punto di attraversamento del fiume.
regno kushita è la “Stele della Vittoria” di Piankhy, rinvenuta nel La necropoli di el-Kurru è situata su una collina molto bassa
1862 a Gebel Barkal insieme ad altre stele6. L’iscrizione fornisce un ed è divisa in due parti da uno uadi poco profondo. Su un pendio
dettagliato resoconto sul conflitto tra Piankhy da un lato e Tefnakht, vi sono cinque tombe, una delle quali ha una camera decorata che
il sovrano di Sais nel Delta occidentale, e i suoi alleati dall’altro. Dal la identifica come il luogo di sepoltura della regina Qalhata, madre
testo emerge chiaramente il fatto che Piankhy era già riconosciuto di Tanutamani, successore di Taharqo. Anche le altre tombe ap-
come sovrano di Tebe e dell’Alto Egitto ed aveva alcuni re vassalli partenevano a donne reali, mogli dei sovrani della XXV dinastia.
anche più a nord: a Ermopoli ed Eracleopoli. Una seconda stele, Di fronte a questo gruppo di sepolture c’era una tomba a piramide
meno ben conservata, fu portata alla luce nel 1916 da George Reisner apparentemente molto più tarda (comunemente datata al IV secolo
Figura 2 a Gebel Barkal. Anche questa accenna al controllo di Tebe da parte a.C.). La tomba più imponente nella zona principale della necropoli
Una delle più antiche di Piankhy e suggerisce che l’espansione kushita in Alto Egitto abbia era anch’essa una piramide, situata di fronte alle altre sepolture e
sepolture di El-Kurru avuto luogo durante il regno del suo predecessore Kashta7. contemporanea alla piramide costruita davanti alle tombe delle
costituita da una fossa
circolare e tumulo. Poco si conosce su Kashta8. Ad esclusione di una sua stele fram- regine, quindi anch’essa datata al IV secolo a.C. Le altre tombe
Sullo sfondo i resti della
piramide di un sovrano mentaria scoperta a Elefantina, la maggior parte delle altre iscrizioni nella parte principale delle necropoli si dividevano grosso modo
del IV secolo a.C. che in Egitto riportano il suo nome sono di epoca più tarda. Sappiamo in tre gruppi. Nel punto più alto della bassa collina c’erano quattro
(Fotografia di Robert
Morkot) con certezza che a Tebe egli insediò la propria figlia Amenirdis I come sepolture, probabilmente a tumulo (numerati Ku. Tum. 1, 2, 4, 5).

20 21
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

Di fronte a queste c’era una fila di nove tombe, tutte costituite da


strutture quadrate all’interno di recinti (numerate Ku. 7-11, 13-14,
21, 23). Sulla base delle poche tracce rimaste delle loro sovrastrutture
Reisner pensò che si trattasse di originarie sepolture a mastaba. Più
di recente Timothy Kendall10 ha ipotizzato che esse fossero piramidi
dai lati molto inclinati poste sulla sommità di basse mastaba (una
forma architettonica non attestata altrove in Egitto né in Nubia). Due
altre sepolture erano di diverso tipo: strutture circolari dalle pareti
inclinate, all’interno di recinti a forma di ferro di cavallo (Ku. Tum
6 e Ku. 19). Esse assomigliano alle sepolture trovate nelle necropoli
del “Gruppo C” in Bassa Nubia. Davanti a questa fila di tombe si
trovavano tre altre sepolture ricostruite da Reisner (sulla base di
scarsissime evidenze) come piramidi (Ku. 15-17). Una quarta tomba
(Ku. 18) era stata costruita sul fianco della collina dietro la fila più
lunga, ma più vicina ai tumuli originari.
Con grande sorpresa di Reisner le quattro “piramidi” di el-
Kurru risultarono erano appartenute a Piankhy, Shabaqo, Shebitqo e emerso un “vuoto” temporale (una “età oscura”) tra il crollo della
Tanutamani: i tre predecessori e l’immediato successore di Taharqo. sovranità coloniale (1070 a.C. circa) e l’“emergere” del regno kushita
A causa della collocazione di queste tombe nella zona meno elevata verso la metà del IX secolo a.C. Questo “inquietante vuoto storico” è
della necropoli, Reisner giunse alla conclusione di aver trovato a diventato un elemento accettato e incontestato della storia kushita11.
el-Kurru i luoghi di sepoltura dei predecessori di questi sovrani e Un primo riesame del lavoro di Reisner fu compiuto da Ti-
ritenne che il primo monarca in linea di successione fosse quello mothy Kendall in occasione di una mostra tenutasi a Brockton nel
sepolto nella posizione più prominente. Questa interpretazione, del 1982. Kendall suggerì che Reisner avesse torto e che una parte del
tutto logica, è stata generalmente accettata come valida. materiale proveniente dalle tombe risalisse al tardo Nuovo Regno,
Reisner però proseguì oltre. La consueta procedura archeo- tra le fine della XVIII e la XX dinastia. Le teorie di Kendall furono
logica esamina gli oggetti associati con le sepolture e li data di con- accettate da altri studiosi e furono così elaborate alcune differenti
seguenza. Anziché pensare che le tombe rappresentassero una sola interpretazioni del materiale venuto alla luce. Dopo aver espresso
linea di dinasti, Reisner ipotizzò che la necropoli dovesse essere dubbi circa le teorie formulate da Reisner, Kendall12 cambiò poi la
suddivisa in sei “generazioni” con due o tre sepolture da assegnare propria opinione annunciando che, secondo lui, l’idea originaria
a ciascuna “generazione”. Dato che le tombe più recenti appartene- Figura 3
di Reisner era corretta! A sostegno di questo suo cambio di parere
vano ai sovrani che governarono sull’Egitto e potevano quindi essere Una delle sovrastrutture
Kendall pubblicò molto più materiale proveniente dalle tombe più
datate al tardo VIII secolo a.C., Reisner suppose che le sepolture più di El-Kurru che George antiche di el-Kurru. Anche se gran parte di quei manufatti sembra ri-
A. Reisner ha suggerito
antiche risalissero alla metà del IX secolo a.C. La sua interpretazione di identificare con una salire al tardo Nuovo Regno, Kendall lo ha interpretato come se fosse
mastaba. I lati quasi
non ha trovato praticamente critiche per sessanta anni. verticali potrebbero stato “ereditato” dalle generazioni precedenti o fosse stato realizzato
Il risultato è stato che, comparando le informazioni sulle indicare vi fosse una volutamente in uno stile arcaicizzante per il mercato kushita.
piattaforma su cui si
origini di Kush derivate dalle iscrizioni di Piankhy e dalla necropoli innalzava una piramide. In una serie di studi, László Török13 ha sostenuto che la parte
(Fotografia di Robert
di el-Kurru con la cronologia egizia convenzionalmente accettata, è Morkot) principale della necropoli di el-Kurru appartenesse a una linea di

22 23
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

sovrani e che le quattordici sepolture anteriori a quelle dei re noti si


riferissero quindi a quattordici generazioni precedenti (secondo la “cro-
nologia lunga”, come è stata da lui definita). Török data dunque la prima
sepoltura al 1020 a.C. circa. Questa ricostruzione non spiega ancora la
datazione dei manufatti che sembrano risalire al periodo compreso tra
la tarda XVIII e la XX dinastia, e si deve presumere una continuità di
stili abbastanza più lunga di quanto sia solitamente ritenuto.
Una spiegazione molto più radicale fu avanzata da Peter Ja-
mes e da alcuni suoi colleghi in uno studio di carattere più generale
sui problemi cronologici relativi all’archeologia di tutto il Vicino
Oriente di questo periodo14. La loro conclusione fu che le date asse-
gnate per convenzione al Nuovo Regno egizio sono effettivamente
troppo alte e che dovrebbero essere abbassate di un lasso temporale
compreso tra 150 e 230 anni. Tale soluzione collocherebbe la fine
della XX dinastia verso l’840 a.C. Tale proposta è però stata respinta
in generale dagli egittologi e dagli archeologi della regione15. Questa
cronologia riveduta situerebbe le prime sepolture di el-Kurru agli
inizi della XIX dinastia e i manufatti associati ad esse risulterebbe-
ro quindi contemporanei, qualora venisse accettata la “cronologia
lunga” della necropoli16.
Török17 ha rivolto la propria attenzione ad alcuni pezzi di ce-
ramica insolita, associati alle prime sepolture di el-Kurru, che hanno
stretti paralleli con la ceramica scavata nella necropoli 176 di Debeira in
Bassa Nubia. Nelle sepolture di quella necropoli, datata dagli archeologi
alla tarda XVIII dinastia, sono anche state trovate coppe di faïence e
fiaschette del pellegrino dello stesso tipo trovato a el-Kurru.
Un altro problema cronologico emerge dalle testimonianze relative
al rituale della “rottura dei vasi rossi” attestata in alcune delle più antiche
tombe di el-Kurru. I vasi in questione sono decorati con scene dipinte di
bianco realizzate, sorprendentemente, secondo lo stile del tardo Nuovo
Figura 4
Regno. Questo rituale è attestato anche a Debeira, in un contesto del tardo
Veduta del grande
tempio di Amon-Ra di Nuovo Regno. In Egitto il rituale venne meno alla fine del Nuovo Regno.
Napata dalla sommità A el-Kurru, però, sia secondo la cronologia “lunga” di Török, sia secondo
del Gebel Barkal. Il
santuario fu costruito tra quella “breve” di Kendall, il rituale comparirebbe molto più tardi e sia
la XVIII e la XIX dinastia
e considerevolmente Török18, sia Kendall19 ipotizzano che esso sia una re-invenzione locale di
ampliato da Piankhy quello egizio. Sulla base della cronologia rivista proposta da James e i suoi
(Fotografia di Robert
Morkot) colleghi, il rito apparterrebbe alle sepolture della tarda XX dinastia20.

24 25
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

Le questioni emerse con le scoperte di el-Kurru sono piutto- documentazione disponibile era costituita dalle fonti egizie, greche
sto complicate. La necropoli ha una cronologia “lunga” o “breve”? e romane, e dai monumenti esistenti, la maggior parte dei quali di
I dati relativi alle vere tombe non risolvono il problema21 dal mo- redazione o di influsso egizio.
mento che alcune, se non tutte, ospitarono inumazioni successive. È stato George Reisner a cambiare radicalmente il modo di
L’identificazione del materiale scheletrico non è soddisfacente, con intendere il passato nubiano con una serie di scavi da Assuan, nel
opinioni diverse circa il sesso delle persone sepolte. Priva di paralleli nord, sino a Meroe, nel sud. Effettivamente molta dell’attenzione di
è anche la spiegazione secondo cui la grande quantità di manufatti Reisner si focalizzò sulle grandi necropoli di piramidi, sui templi e
che sembrano essere “troppo antichi” sarebbero da intendersi come sulle fortezze, ma scavò anche necropoli databili (in termini cronolo-
beni di “eredità”. L’analisi della ceramica effettuata da Lisa Heidorn22 gici egizi) dall’età predinastica sino al periodo bizantino. Nonostante
non è stata in grado di risolvere le questioni cronologiche. A parte tutti i suoi errori di interpretazione, Reisner pose le basi della ricerca
il vasellame insolito simile a quello di Debeira, la maggior parte del archeologica nella valle del Nilo a sud dell’Egitto. Malgrado l’enorme
materiale che aveva paralleli egizi faceva parte di tipologie attestate quantità di lavoro archeologico effettuato nella regione da Assuan
in Egitto durante il periodo libico e kushita. Frammenti di alcuni a Khartum, è però stato scoperto poco che getti ulteriore luce sulle
contenitori fenici per immagazzinamento, solitamente datati nel origini del regno kushita nel I millennio a.C..
periodo compreso tra il 1050 e l’850 a.C., sono stati trovati nella Allora, quali altre testimonianze ci potrebbero essere? Uno
tomba Ku. 19, datata da Kendall all’830-815 a.C. dei problemi è che, fin di recente, la maggior parte degli studiosi
La ragione principale per cui sorgono questi problemi è data che hanno lavorato con il materiale kushita erano egittologi, che
dall’originaria interpretazione della cronologia interna della necro- hanno affrontato la questione da una prospettiva egizia, accettando
poli fornita da Reisner. Nessuna ricostruzione dei dati venuti alla generalmente che la relativa cronologia egizia fosse corretta. Essi
luce nella necropoli di el-Kurru è stata effettuata senza pregiudizi. hanno supposto che con la fine dell’amministrazione coloniale
Ciò si spiega con il fatto che la storia della necropoli termina con le capeggiata dal Viceré di Nubia, la valle del Nilo a sud dell’Egitto
sepolture di quattro sovrani della XXV dinastia (Piankhy, Shabaqo, fosse “ritornata” a una sorta di società “tribale” che avrebbe lasciato
Shebitqo e Tanutamani) che possono essere datati con precisione. È poche testimonianze26. È anche stato ampiamente ipotizzato che la
stato così pregiudicato il normale processo di datazione di una necro- popolazione della Bassa Nubia (tra la prima e la seconda cateratta)
poli esclusivamente sulla base degli oggetti rinvenuti nelle sepolture. fosse emigrata altrove, forse più a sud. Alcuni siti che avrebbero
Le ultime sepolture sono saldamente datate alla metà dell’VIII secolo potuto essere significativi, come Kawa (l’antica Gematon) non sono
a.C., ma l’intera questione delle origini kushite deve essere confron- stati scavati completamente, mentre le testimonianze provenienti
tata con la cronologia egizia convenzionalmente accettata. da altre località, come quelle di el-Kurru, possono essere state mal
I primi egittologi che hanno preso in considerazione le ori- interpretate. Accettare o mettere in dubbio la cronologia egizia con-
gini dello stato kushita, come Brugsch23 e Breasted24, non avevano venzionale ha anche importanti conseguenze sull’interpretazione
ancora a disposizione i dati provenienti dalla necropoli di el-Kurru dei dati esistenti.
e si basavano solamente sul materiale scritto, come la “Stele della La necropoli di el-Kurru sembra trovarsi in uno strano iso-
Vittoria” di Piankhy. Essi inquadrarono le proprie teorie nell’ambi- lamento. Se questo fu il luogo di sepoltura di un potente principato
to di una serie di ipotesi circa l’Egitto, la Nubia e l’Africa che oggi o regno, dove si trovava il relativo insediamento? E dove erano le
sono ritenute imprecise e fondamentalmente razziste25. Essi però sepolture del resto della popolazione? Kendall27 ha scritto che i diari
scrivevano anche in un’epoca in cui non c’era un’attività di ricerca di Reisner contenevano inedite piante schematiche di un muro con
archeologica in Nubia e nel nord del Sudan: di conseguenza l’unica un bastione, ora sotto il villaggio di el-Kurru, e di una porzione di

26 27
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

mura con una porta. Queste testimonianze suggeriscono l’esistenza


di una fortificazione, ma non vi è alcun dato archeologico che ne
indichi la datazione.
Al di là del fiume rispetto a el-Kurru si trova il grande villag-
gio moderno di Sanam, che sorge vicino al punto di attraversamento
fluviale e nei pressi dello sbocco della principale strada desertica
che porta a sud lungo il Uadi Abu Dom, verso la savana. Qui F. Ll.
Griffith e i suoi collaboratori hanno scavato un tempio costruito
da Taharqo, un’altra costruzione che hanno chiamato “il Tesoro” e
un’enorme necropoli di 1550 tombe28. Gran parte della necropoli è
tuttora da scavare, dal momento che si trova sotto il villaggio. Griffith
ha sostenuto che le prime sepolture di Sanam risalgono al regno di
Piankhy e che la necropoli fu frequentata per circa centocinquanta
anni. Nessuna delle tombe ha preservato la propria sovrastruttura,
quindi non è possibile alcun confronto con Kurru. L’interpretazione
di Griffith sul materiale è condizionata da una serie di supposizioni.
Egli osservò che esistevano alcuni elementi, relativi sia alle tombe
sia ai reperti, tali da suggerire una datazione per la necropoli al
Nuovo Regno, ma rifiutò questa ipotesi. È possibile che lì ci fossero
un insediamento e una necropoli molto più antichi, considerata
l’importanza del sito sulle strade lungo il Butana e in relazione al
punto di attraversamento del fiume. La necropoli di Sanam costi-
tuisce insomma un altro problema cronologico e il materiale deve
essere riesaminato.
Sebbene nessuno di coloro che lavorano sulle origini del regno
kushita neghi che el-Kurru è un sito chiave, diversi storici hanno so-
stenuto che altre regioni non hanno ricevuto l’attenzione, archeologica
o storica, che avrebbero meritato29. Le due zone chiave sono la savana
meridionale, intorno a Meroe, che fu il fulcro delle ultime fasi storiche
del potere kushita, e la regione di Dongola a nord, dove si trovava l’an-
tico regno di Kerma. Anche se a Meroe vi sono alcune testimonianze
archeologiche indicanti che la città e la necropoli sono anteriori al-
l’epoca di Piankhy e dell’espansione kushita, qualsiasi teoria circa il
Figura 5
fatto che la famiglia regnate o un determinato sovrano provenissero da
Copia della stele del
sovrano Usermaatra Ary questa regione resta puramente ipotetica30.
trovata a Kawa, databile La regione di Dongola è la ricca terra a sud della terza ca-
agli inizi del regno
kushita teratta. Questa zona fu il centro del più antico regno kushita la cui

28 29
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

capitale era Kerma. Nel Secondo Periodo Intermedio questo stato proprio quello il luogo in cui un precedente sovrano kushita, “il capo,
divenne così potente da prendere il controllo delle fortezze egizie il figlio di Ra” Alara aveva consacrato sua sorella al dio in qualità di
della Bassa Nubia sino a minacciare lo stesso Egitto. Sebbene Thabit suonatrice di sistro. Dai documenti sappiamo che la sorella di Alara
H. Thabit31 abbia suggerito che il tardo regno kushita potrebbe essere era la nonna materna di Taharqo. Taharqo cita il discorso di Alara a
disceso dai sovrani di Kerma32, questa idea ha avuto poco sostegno Amon, che potrebbe essere una copia di un’iscrizione presente nel
a causa della mancanza di testimonianze archeologiche o testuali di tempio più antico (forse incisa su una stele) e allude all’esistenza di
supporto, e a causa dell’enorme lasso di tempo tra i due regni (circa un’opposizione all’autorità di Alara. In un’iscrizione più tarda di
800 anni secondo la cronologia convenzionale). Nonostante la nota Kawa (VI secolo a.C.), il re Irike-Amanote implora Amon affinché gli
importanza di Kerma e la ricchezza agricola della regione, ci sono possa concedere una vita lunga come quella di Alara, e anche il re
state poche ricerche archeologiche nella regione di Dongola, sin di Nastasen (IV secolo a.C.) fa riferimento ad Alara in un’iscrizione. La
recente. Nel corso di numerose stagioni di scavo, Charles Bonnet e tradizione kushita considera quindi Alara come una figura di primo
la sua missione congiunta sudanese-svizzera hanno notevolmente piano nella formazione del regno. È degno di nota il fatto che non
esteso le nostre conoscenze sul sito di Kerma e messo in dubbio molte vi siano indicazioni circa una sua sepoltura a el-Kurru: è possibile
delle interpretazioni basate sugli originari scavi effettuati là da Geor- che Kawa fosse la sede del suo potere?
ge Reisner. Tra i ritrovamenti molto significativi di Kerma, Bonnet Durante gli scavi di Kawa Griffith ha portato alla luce due pic-
ha scavato un palazzo del “periodo meroitico” e, più di recente, un coli templi adiacenti rivolti verso la via per le processioni che conduce
nascondiglio contenente statue di Taharqo e altri sovrani kushiti. al tempio principale di Taharqo. Uno dei due templi fu costruito da
Queste nuove scoperte mostrano che Kerma continuò a essere un Tutankhamon nella XVIII dinastia, mentre è stato più difficile datare
centro di primaria importanza durante il tardo regno kushita. il secondo. Esso comprendeva una cappella in pietra con rilievi scol-
Poco più a sud di Kerma, a Kawa (l’antica Gematon) si trova piti, ma ormai priva di qualsiasi nome reale, a causa della distruzione
un altro importante sito archeologico. Gematon fu il fulcro dell’at- delle parti superiori. Intorno alla cappella vi erano una serie di sale in
tività costruttiva dei faraoni del Nuovo Regno e durante il regno mattoni crudi e un cortile con colonne in pietra che erano state nuova-
di Taharqo vi fu innalzato un altro grande tempio che, insieme ad mente scolpite per il re Harsiyotef (IV secolo a.C.). Nel tempio Griffith
altri due più piccoli, fu scavato da Ll. Griffith, L.P. Kirwan e M.F.L. trovò una stele iscritta con i cartigli di un sovrano chiamato Ary. Nella
Macadam tra il 1929 e il 1936. Griffith non scavò le enormi colline sua pubblicazione degli scavi, M.F.L. Macadam35 ha affrontato il tema
di detriti contenenti i resti dell’antica città che circondano i templi. della datazione di questo re e di altri quattro che egli ritiene debbano
Proprio lì sono iniziate di recente attività di ricognizione e scavo da essere associati con lui. Macadam ha denominato questi sovrani
parte della Sudan Archaeological Research Society. Le testimonianze “neo-ramessidi” a causa dei loro nomi e della loro titolatura, li ha
scritte provenienti da Kawa33 e dalle stele di Gebel Barkal rivelano che raggruppati insieme e ha suggerito che essi fossero stati sepolti in
Gematon era una delle più importanti città kushite settentrionali. una serie di piramidi vicine al Gebel Barkal nel periodo 320-280
Il tempio di Gematon, costruito durante il regno di Taharqo, a.C.36. In effetti solamente due dei sovrani hanno nomi che potrebbero
era grande ed imponente34. Al suo interno sono state trovate numerose essere considerati “neo-ramessidi” e non vi è nulla che consenta di
iscrizioni che ricordano la sua fondazione e le ragioni per cui il sovrano associare nessuno di loro con le piramidi di Gebel Barkal.
fece costruire il santuario, dedicato a una forma del dio Amon. Taharqo Il nome completo del re che lasciò la sua stele a Kawa era
narra che quando era ancora un principe fu convocato in Egitto dal Usermaatra-setepenra Ary-mery-Amon, la cui prima parte (il nome di
re Shebitqo e durante il suo viaggio verso nord si fermò a Gematon incoronazione) è chiaramente ripresa dal nome di Ramesse II. Questo
dove trovò il tempio coperto di sabbia. Taharqo racconta anche che fu sovrano assunse una titolatura reale egizia completa con cinque nomi

30 31
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

e titoli, presentandosi come “figlio di Amon”. L’iscrizione, anche se


scritta in geroglifici egizi, è molto difficile da tradurre, ma include
un anno di regno, il ventinovesimo, che indica un regno piuttosto
lungo. La scrittura del nome “Ary” è molto simile a quella usata per
scrivere “Alara” nelle iscrizioni più tarde ed è possibile che i due
debbano essere posti in relazione.
Tre monumenti possono essere ascritti all’altro sovrano
definito da Macadam “neo-ramesside”. In origine tutti erano proba-
bilmente consacrati al Gebel Barkal. Questo sovrano seguì Sety I e
Ramesse XI nella scelta del proprio nome di incoronazione Menmaa-
tra, con l’epiteto aggiuntivo di “prescelto di Amon”. Un’iscrizione
frammentaria indica che anch’egli usò la titolatura completa com-
posta da cinque nomi tipica di ogni sovrano egizio. Sfortunatamente
la scrittura del suo nome personale è molto difficile da capire, ma
esso è certamente kushita. Dows Dunham37 ha pubblicato il materiale
scavato da Reisner nei templi di Gebel Barkal, compresi due fram-
menti di un rilievo che raffigurava Menmaatra davanti a Amon con
la testa di ariete. Commentando questo rilievo, Hans Goedicke38 ha M.F.L. Macadam aveva suggerito che il nome scritto fosse Katimala e
suggerito che il re debba essere datato all’epoca della XXI dinastia dovesse essere interpretato come “Kadimalo” che in lingua meroitica
piuttosto che al periodo tolemaico come aveva proposto Dunham significherebbe “bella donna”. Caminos era però certo che il nome
seguendo la teoria di Macadam. scritto fosse “Karimala”. L’iscrizione è scritta in geroglifici, ma da
I nomi e i titoli, così come lo stile dei loro monumenti fram- qualcuno la cui lingua nativa non era quella egizia, per cui la sua
mentari, indicano che Usermaatra Ary e Menmaatra potrebbero lettura risulta difficile. La lingua del testo ha somiglianze con altre
appartenere al periodo compreso tra la fine del dominio egizio e la lingue del periodo libico attestate in Egitto.
comparsa del regno kushita. È sempre difficile argomentare basan- L’iscrizione di Karimala è datata al quattordicesimo anno
dosi esclusivamente su testimonianze storico-artistiche e testuali, di un sovrano non nominato. Karimala stessa è definita “la grande
e deve essere chiarito che non tutti coloro che hanno lavorato su sposa reale, la figlia del re”. È raffigurata come una regina egizia, con
questo periodo hanno accettato la teoria secondo cui questi sovrani la spoglia d’avvoltoio e le alte piume sul capo, porta un flagello ed
risalirebbero a un’epoca così antica. C’è però un monumento che è ritratta davanti a Iside. Il lungo testo fa diverse volte riferimento a
appartiene certamente a quest’epoca oscura della storia kushita: un “incidente” di cui non si danno ulteriori spiegazioni: il culto di
l’iscrizione di Karimala a Semna. Amon era stato abbandonato e questa è una possibile spiegazione
L’iscrizione di Karimala è incisa sulla facciata del tempio co- Figura 6 dei problemi; sembra inoltre che fosse stata condotta una politica
struito dal faraone della XVIII dinastia Thutmosi III nella fortezza di Il tempio di Semna fu di opposizione al sovrano da parte di qualcuno chiamato Makaresh.
costruito da Hatshepsut
Semna, che controllava la seconda cateratta. Il rilievo è ben eseguito, e Thutmosi III. Sulla L’”incidente” fece sì che il sovrano si “inchinasse ad Amon” e rein-
facciata a sinistra della stallasse il suo culto; come conseguenza, i nemici furono sconfitti
ma l’iscrizione, come quella di Ary a Kawa, è scritta in geroglifici porta si intravedono il
egizi ed è molto difficile da tradurre. L’analisi più approfondita del rilievo e l’iscrizione di e il sovrano riacquistò la sua autorità. Dal momento che nessun re
Karimala. (Fotografia di
testo è stata effettuata da Ricardo Caminos39. In uno studio precedente Robert Morkot) viene nominato specificatamente, basandosi sulla composizione dei

32 33
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

titoli Caminos suggerì prudentemente che Karimala stessa fosse il Per un periodo di quasi cinquecento anni, dal 1550 al 1075 a.C.
sovrano in questione. Questa iscrizione pone una serie di problemi. circa, i faraoni del Nuovo Regno (dalla XVIII alla XX dina-
In primo luogo la scelta del tempio di Semna è straordinaria visto stia) avevano governato la regione che va da Assuan sino alla
che esso si trova lontano da ogni possibile centro di potere di quel- quarta cateratta del Nilo e che i testi egizi menzionano con il
l’epoca. La dea Iside, che ha una posizione di primo piano nel rilievo,
termine di Kush . Questa fase fu seguita da un periodo durante
non è menzionata nel testo mentre Amon, che è nominato, non è
il quale l’Egitto fu dominato da dinastie di origine libica e
raffigurato. Karimala è al tempo stesso moglie e figlia di sovrani, la
cui identità è però sconosciuta. infine suddiviso in quattro regni e numerosi feudi (dalla XXI
Passando ora a altre testimonianze archeologiche, è certo alla XXIV dinastia).
che devono esserci tracce a noi tuttora sconosciute, probabilmente Scarse sono le informazioni sugli avvenimenti che ebbero luogo a
in grandi zone non scavate come la collina che ricopre l’antico inse- Kush in quest’epoca: solamente poche iscrizioni e una piccola
diamento di Kawa. Sono state però effettuate alcune recenti scoperte
quantità di materiale archeologico sembrano essersi conserva-
e riconsiderazioni che indicano quanto l’interpretazione comune di
ti. Su queste scarse fonti è basta l’interpretazione storica del
questo periodo come “età oscura” sia sbagliato. Come, per esempio,
il sito di Qasr Ibrim, ora quasi sommerso dalle acque del lago Nas- periodo . Sebbene le testimonianze provenienti da Kush siano
ser, un importante centro religioso e fortificato tra l’Età Meroitica e scarse, fu durante questo periodo, durato all’incirca trecento
il Periodo di Ballana (dal I secolo a.C. sino al V secolo d.C.). Qasr anni (secondo la cronologia consueta), che si sviluppò un re-
Ibrim si trova di fronte a Aniba (Miam), la città amministrativa del gno kushita indipendente. Questo regno è noto come “regno
Nuovo Regno, e gli scavi dell’Egypt Exploration Society hanno qui di Kush”, “regno di Kurru” o periodo o regno di “Napata”.
portato a importanti scoperte nel corso di diversi decenni. È noto Verso il 750 a.C. questo regno kushita risultò abbastanza po-
da tempo che Taharqo costruì qui una fortezza e alcuni templi, che tente da conquistare l’Egitto, che rimase sotto il dominio dei
facevano parte di quella rete di costruzioni che andava dal cuore
suoi sovrani per circa cento anni (molto in generale dal 750
della zona kushita sino al suo regno egizio. Vi è ora la prova dell’esi-
al 650 a.C.): un arco di tempo noto agli egittologi come XXV
stenza di porte e fortificazioni anteriori di molti decenni agli edifici
di Taharqo40. Sappiamo che Aniba continuò ad essere occupata fino dinastia .
alla fine del regno di Ramesse XI e probabilmente anche oltre: forse Le evidenze archeologiche e testuali relative alla comparsa del
Qasr Ibrim in quel periodo era già fortificata. regno kushita comprendono poche iscrizioni, la maggior parte
Un altro sito che può contenere importanti informazioni sullo delle quali provenienti dai templi dedicati al dio Amon al
sviluppo del regno kushita si trova tra el-Kurru e Gebel Barkal, a Illet
Gebel Barkal, e i ritrovamenti effettuati dalla necropoli reale
el-Arab. Qui Irene Vincentelli41 ha scavato un certo numero di tombe
di el-Kurru . Negli ultimi due decenni archeologi e storici
che sembrano appartenere ai primi anni del regno kushita.
Nella sua pubblicazione inerente l’attività archeologica del- hanno riesaminato con attenzione questi materiali arrivando
l’Oriental Institute di Chicago in Nubia negli anni Sessanta, Bruce a sviluppare alcune nuove teorie circa la formazione del re-
Figura 7
Williams42 ha riesaminato numerose sepolture scavate da George gno . Su questo argomento c’è tuttavia poco accordo e alcune
Disegno della scena Reisner e da altri archeologi molti decenni prima. Williams è giun- delle interpretazioni restano controverse. Scavi più recenti, in
incisa sulla facciata
del tempio di Semna: to alla conclusione che, contrariamente all’opinione generalmente particolare quelli condotti da Irene Vincentelli, suggeriscono
Karimala è ritratta di
fronte alla dea Iside accettata, vi siano prove dell’esistenza in tutta la Bassa Nubia di se-

34 35
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

polture che potrebbero genericamente essere definite “napatee”. Gli


amuleti e l’altro materiale proveniente da alcune di queste sepolture,
in particolare a Mirgissa, sono sorprendentemente simili a ciò che
è stato scoperto a Sanam. Ricognizioni e scavi condotti da André
Vila tra la Seconda Cateratta e Abri hanno portato alla luce tombe
paragonabili a queste, dalle quali risulta evidente che alcune delle
sepolture appartengono a un periodo anteriore alla “XXV dinastia”.
Sembra quindi che la Nubia non fosse completamente spopolata,
come affermerebbero studi precedenti.
Una questione chiave emerge dalle testimonianze estrema-
mente complesse relative alla formazione del regno kushita: quale
fu il ruolo giocato dall’Egitto in questi avvenimenti nel tardo Nuovo
Regno e nel periodo libico? Le prime ricostruzioni degli avvenimenti,
da parte di Brugsch e Breasted, supponevano che un ruolo cardine
fosse stato ricoperto dal clero di Tebe43. Questa teoria è stata in se-
guito respinta da un gruppo di studiosi che sosteneva invece l’idea
di uno sviluppo indigeno.
Nel tardo Nuovo Regno Amon era il dio principale dell’Alta Nubia,
con templi a Gebel Barkal, Kawa, Soleb (anche se probabilmente caduto
in disuso), Sai, Amara, e forse anche in altre località. I dati che emergono
dalla stele di Karimala indicano che il culto di Amon era stato abbandona-
to. Kendall sostiene che le testimonianze archeologiche del Gebel Barkal
hanno rivelato l’esistenza di un periodo in cui i templi rimasero inattivi
anche in questa località. Il ripristino del culto di Amon sembrerebbe quin-
di essere un’importante azione dei sovrani nubiani più antichi, ma non
possiamo sapere se ciò sia stato in qualche modo stimolato dall’Egitto o
abbia avuto un qualche altro intento politico. Se i sovrani Menmaatra e
Usermaatra Ary appartengono a questo periodo, abbiamo un’ulteriore
prova, oltre all’iscrizione di Karimala, dell’adozione di uno stile egizio da
parte dei monarchi autoctoni per i loro monumenti ufficiali. Il riconnettersi
Figura 8
all’Egitto attraverso manifestazioni artistiche e religiose potrebbero essere
Infrastruttura della
tomba di Piankhy stati utilizzati per conferire una sorta di “legittimazione” ai nuovi sovra-
a El-Kurru (Ku 17). ni; ciò non significa però che essi intendessero già conquistare il nord. È
Quanto resta della
sovrastruttura non tuttavia chiaro che, all’epoca dell’espansione kushita in Egitto durante i
consente di stabilire
se si trattasse di una regni di Kashta e Piankhy, il culto di Amon era diventato un’importante
piramide o di una componente ideologica dello stato kushita e Piankhy si presentò come
mastaba (Fotografia di
Robert Morkot) colui che agiva in nome di Amon.

36 37
L’enigma di Harwa Robert Morkot · Le origini del regno di Kush

Per quel che riguarda la fine della sovranità egizia, abbiamo 9


Morkot 2000, pp. 229-292 e il contributo di Russmann in questo catalogo.
testimonianze che dimostrano l’ufficiale abbandono della Nubia a sud
10
Kendall 1999.

della Seconda Cateratta. Durante il Nuovo Regno gli egizi costruirono


11
Morkot 1994.
12
Kendall 1999.
diverse postazioni fortificate e città con grandi templi tra le Seconda
13
Török 1995A, 1995B, 1999A.
e la Terza cateratta. Una di queste, Amara, funse da centro ammini-
14
James et alii 1991A.
strativo egizio durante la XIX e XX dinastia. Secondo gli archeologi 15
James et alii 1991A, 1992; Aston 1993.
impegnati negli scavi dei quartieri ufficiali, le testimonianze emerse 16
Morkot 1994, 1995, 1999.
avrebbero dimostrato che la città fu abbandonata dall’amministra- 17
Török 1995A.
zione verso la fine della XX dinastia. Sappiamo però che le città e i 18
Török 1995A.
centri fortificati della Bassa Nubia continuarono a rimanere in uso 19
Kendall 1999.
fino alla fine del regno di Ramesse XI. 20
Morkot 2003, p. 166.
Nel formulare un giudizio generale sui dati disponibili rela- 21
Beck in Kendall 1999.
tivi ai regni degli ultimi sovrani ramessidi, sembra abbastanza vero- 22
Heidorn 1994.
simile che la frontiera della provincia egizia fosse stata ridisegnata 23
Brugsch 1877.
all’altezza della Seconda Cateratta. 24
Breasted 1905.
Sembra del tutto probabile che il regno kushita, che sarebbe in 25
Morkot 2003.
seguito riuscito a conquistare l’Egitto, sia da ritenere il risultato di guerre 26
Trigger 1976.
civili svoltesi alla fine del Nuovo Regno, conclusesi con la comparsa 27
Kendall 1999.
di diversi regni o feudi o singoli sovrani. Questi potevano avere basi di
28
Griffith 1922, 1923.

potere in Bassa Nubia e ancora più a sud, forse a Kawa e nella regione
29
Dafalla 1999; Morkot 1999, 2000.
30
Priese 1970.
del Gebel Barkal o el-Kurru. Sembra verosimile che i contatti con l’Egitto,
31
Thabit 1959.
in particolare di tipo commerciale, siano continuati per tutto il periodo
32
Cfr. anche Dixon 1964; Dafalla 1999.
libico. Le testimonianze esistenti per interpretare la formazione del re- 33
Macadam 1949.
gno kushita sono estremamente complesse. Vi sono numerosi problemi 34
Macadam 1955.
relativi alla comprensione dei dati in nostro possesso ed è chiaro che 35
Macadam 1949.
noi conosciamo solamente una parte dell’intera storia. 36
Morkot in James et al., 1991A; Morkot 1992-1994; 1994; 1995; 2000, pp. 145-150)
37
Dunham 1970.
38
Goedicke 1972.
Note 39
Caminos 1994, 1998.
1
Trigger 1976; Morkot 2001. 40
Horton 1991.
2
Arkell 1961; Adams 1964; Dixon 1964 Adams 1977. 41
Vincentelli 1999.
3
Morkot 2000 e il contributo di Galgano in questo catalogo. 42
Williams 1990.
4
Reisner 1917, 1918, 1919A; Dunham 1955. 43
Morkot 2003.
5
Kendall 1999; Morkot 2000; O’Connor 1993; Török 1995B.
6
Morkot 2000, pp. 167-196.
7
Morkot 2000, pp. 179-180.
8
Morkot 2000, pp. 157-166.

38 39
La XXV dinastia

Maria Beatrice Galgano


Membro della Missione Archeologica Italiana a
Luxor

40
41
Maria Beatrice Galgano · La XXV dinastia

All’interno del quadro storico egiziano La XXV dinastia rappresenta


un momento di transizione tra il Terzo Periodo Intermedio, convulso
e confuso, e l’Epoca Tarda, che grazie all’ascesa della dinastia saita
riporta la pace e la tranquillità nello stato egiziano. Dopo la fine
del Nuovo Regno e la decadenza della XX dinastia, l’Egitto aveva
attraversato, nel corso del Terzo Periodo Intermedio, una forte crisi
del potere centrale e delle istituzioni. Il paese era ormai spezzato in
due: a nord alcune dinastie di origine libica incapaci di assicurare
la stabilità politica e di difendersi dalle minacce che provenivano
dall’esterno e, a sud, il sacerdozio di Amon a Tebe che ormai, di
fatto, governava l’Alto Egitto.
È in questo contesto storico che emerse la XXV dinastia,
detta anche “nubiana” (o “etiope” dallo storico greco Manetone), le
cui origini erano nella zona più meridionale della Nubia, il paese
chiamato dagli egiziani “Kush”, l’odierno Sudan settentrionale. I
sovrani kushiti approfittarono dell’instabilità politica dell’Egitto e
della mancanza di un governo centrale per invaderlo e nominarsi
faraoni. La Nubia era stata da sempre oggetto d’interesse e di conqui-
Catalogo 2 sta per gli egizi. Confinando a sud con l’Egitto, essa rappresentava
Statuetta di Bastet a un’importante barriera difensiva contro le incursioni dei popoli
testa di leonessa a
nome di Piankhi, Parigi, più meridionali e una via d’accesso per gli scambi commerciali con
Museo del Louvre, N l’Africa profonda da dove provenivano materie prime quali l’avorio,
3915 (© 2004 Musée
du Louvre Département l’oro, l’incenso e le spezie. L’abbandono di questa regione da parte
des Antiquités
Égyptiennes) degli egizi dopo la XX dinastia (durante il Nuovo Regno essa era

42
43
L’enigma di Harwa Maria Beatrice Galgano · La XXV dinastia

stata completamente sottomessa e governata dai faraoni mediante Sarà Piankhy (745 – 713), successore e figlio di Kashta, il
un funzionario che portava il titolo di “viceré di Kush”) aveva reso primo sovrano kushita che oltrepasserà l’Alto Egitto, conquistando
possibile, tra il IX e l’VIII secolo a.C., la nascita di una stato indi- tutto il paese. Piankhy resta ancora una figura problematica. Avendo
pendente che aveva come capitale la città di Napata (l’odierno Gebel cambiato più volte la propria titolatura, gli egittologi hanno inizial-
Barkal), città fondata da Thutmosi III a valle della Quarta Cataratta mente creduto esistessero più sovrani con lo stesso nome. A questo
e importante luogo di culto di Amon. va aggiunto il fatto che esistono pochi documenti databili al suo
Di questi primi anonimi sovrani kushiti conosciamo solo le regno, il più importante dei quali è sicuramente la monumentale
loro sepolture nella necropoli a el-Kurru (località situata a non molta “Stele della vittoria”. Devoto al dio Amon, come Kashta, Piankhy
distanza da Napata). si assicurò il pieno controllo di Tebe imponendo l’adozione di sua
I re della XXV dinastia, sebbene fossero stranieri, scelsero sorella Amenirdis come Divina Adoratrice di Amon a Shepenupet I
di farsi ritrarre come i loro predecessori egizi (anche se le loro che deteneva questa funzione. Amenirdis I sostituì poi Shepenupet
effigi sono riconoscibili per un trattamento molto marcato dei I nel dodicesimo anno di regno di Piankhy.
lineamenti del volto) per i quali nutrivano un profondo rispet- La carica di Divina Adoratrice di Amon, attestata già nel Nuovo
to. Il loro periodo di governo risente fortemente dell’influenza Regno, a partire dal regno di Osorkon III (788 – 760) acquistò sempre
degli antichi dominatori e, salendo al trono dell’Egitto, essi ne maggiore importanza. Fu Osorkon a imporre l’assunzione a questa carica
preservarono fedelmente la tradizione ideologica e religiosa. I della propria sorella Shepenupet I. Il suo tentativo era quello di limitare
documenti ufficiali della XXV dinastia sono redatti in lingua lo strapotere del Sommo Sacerdote di Amon esercitando un controllo
egiziana e scrittura geroglifica e sono datati seguendo la consue- indiretto sullo stato tebano proprio tramite la supervisione della Divina
tudine egizia di calcolare gli anni a partire dall’intronizzazione Adoratrice. Le Divine Adoratrici godevano di poteri regali e avevano il
di ogni sovrano. I monarchi kushiti dimostrano inoltre un forte privilegio di scrivere i loro nomi dentro a cartigli.
sentimento di pietà verso le divinità egizie, osservando con un Piankhy si dovette ben presto scontrare con Tefnakht
rispetto rigoroso i riti e tabù. (730 - 718), il principe di Sais, una città del Delta occidentale
La XXV dinastia trae la sua maggiore ispirazione dalle epoche che, temendo la crescita del potere dei nubiani si coalizzò con
quali l’Antico Regno e il Medio regno e si presenta come un’epoca i monarchi che regnavano nell’Egitto settentrionale e attaccò il
caratterizzata da un forte arcaismo, nella lingua, nell’iconografia, nel- sud dirigendosi verso Tebe. Il sovrano kushita bloccò e sconfisse
l’arte e nell’ideologia. Nonostante questa quasi totale egittizzazione, i Tefnakht e iniziò la sua campagna di conquista dell’intero paese.
sovrani kushiti restarono sempre profondamente legati alla loro terra Dopo aver sottomesso i governatori locali del Medio Egitto, tra cui
d’origine, la Nubia, scegliendola come loro dimora per l’eternità. Namelot di Ermopoli e Pef-tjau-auy-Bastet di Eracleopoli, riuscì a
Il primo re di questa dinastia di cui conosciamo il nome è conquistare Menfi e il Delta, costringendo alla sottomissione tutti
Alara (775 – 765 ?), ma è solo con Kashta (765 – 745), suo fratello i regni settentrionali. A Eliopoli Piankhy ricevette l’investitura da
e successore, che abbiamo fonti storiche dirette. Kashta, dopo aver parte del clero di Ra e ripeté la sua cerimonia d’incoronazione.
completato l’opera di riconquista della Bassa Nubia, iniziata molto Una volta conquistato tutto l’Egitto il sovrano nubiano fece ritorno
probabilmente da Alara, riuscì a estendere il suo potere fino ad a Napata dove s’impegnò a celebrare le sue imprese attraverso
Assuan dove dedicò una stele al dio Khnum di Elefantina. Kashta opere monumentali e stele. Tra queste la famosissima “Stele della
cercò molto probabilmente di raggiungere anche Tebe, il centro più vittoria”, una stele di granito ritrovata nel 1862 da un ufficiale
importante del culto di Amon, il dio adorato anche a Napata, ma a dell’esercito egiziano e oggi conservata al Museo del Cairo. Questo
questo riguardo non vi sono testimonianze sicure. testo, redatto in lingua egiziana classica e scritto in geroglifico, è

44 45
L’enigma di Harwa

datato al ventunesimo anno di regno del re ed era collocato nel


santuario principale di Amon a Napata. È un decreto che sancisce
il potere del sovrano sull’Alto e Basso Egitto in seguito alle sue
campagne militari, condotte a onore e gloria di Amon. Piankhy è
ritratto davanti Amon e Mut e il suo nome è iscritto all’interno del
cartiglio. Ciò testimonia la totale aderenza, iconografica e ideolo-
gica, alla tradizione egizia da parte di questo sovrano della XXV
dinastia. In altri documenti il re kushita sottolinea il suo ruolo di
unificatore dell’Egitto, definendosi Horo Sema-taui “che ha riunito
le due Terre”. La titolatura di Piankhy dimostra inoltre che i suoi
modelli di ispirazione furono due tra i più grandi faraoni egizi,
tra i più attivi e influenti in Nubia, Thutmosi III (1479 – 1425) e
Ramesse II (1279 – 1212). Nel suo paese d’origine Piankhy ingrandì
la capitale Napata e ne restaurò il tempio di Amon, fondato da
Thutmosi III e in seguito ampliato e restaurato da Tutankhamon
(1333 – 1323), Horemheb (1319 – 1291) e Ramesse II. Vi aggiunse
anche due piloni e una nuova corte a peristilio trasformando in
tal modo questo tempio nella copia di quello di Karnak a Tebe.
Essendo un sovrano straniero Piankhy incontrò una forte ostilità
da parte dei monarchi locali egiziani. Nonostante ciò, grazie alla
sua pietà, al suo conservatorismo e alla sua salda fede nel culto
del dio Amon riuscì a ottenere un sicuro controllo di Tebe. La sua
tomba si trova nella necropoli di el-Kurru e molto probabilmente
fu il primo sovrano a essere sepolto in una piramide che, per le
ridotte dimensioni e la maggiore pendenza, sembrerebbe essere
ispirata più a quelle egizie dei nobili del Nuovo Regno che a quelle
dei faraoni dell’Antico e Medio Regno.
Il successore di Piankhy fu suo fratello Shabaqo (713 – 698)
che scelse come nome d’incoronazione quello di Neferkara, utiliz-
zato in precedenza da Pepi II (2246 – 2150) della VI dinastia e che si
ritrova come parte iniziale di quello di Ramesse IX (1126 – 1108). Gli
Catalogo 3 altri nomi della titolatura di Shabaqo sono tutti invariabilmente Se-
Ushabty di Taharqo, beq-tauy, formazione lessicale che non trova corrispondenza alcuna
Museum of Fine
Arts, Boston. Harvard e il cui significato resta ancora incerto. Nel secondo anno di regno,
University-Boston
Museum of Fine Arts Shabaqo invase nuovamente l’Egitto ponendo termine all’egemonia
Expedition, 20.231 (© di Boccori (Bakenrenef, 718 – 712), figlio e successore di Tefnakht, su
2004 Museum of Fine
Arts, Boston) tutta la parte settentrionale del paese. Shabaqo si assicurò anche il

46 47
L’enigma di Harwa Maria Beatrice Galgano · La XXV dinastia

dominio sulle oasi e sul deserto occidentale e molto probabilmente rappresentazione del massacro dei nemici. All’interno del recinto di
nominò un governatore kushita a Sais, ottenendo in questo modo questo tempio sua sorella Amenirdis I edificò il proprio monumento
il pieno controllo del nord dell’Egitto. Nel 712 a.C. circa accolse funerario costituito da una tomba sopra la quale si innalzava una
la richiesta di estradizione di Iamani, governatore di Ashdod, che, piccola cappella.
dopo essersi ribellato agli assiri, si era rifugiato in Egitto. Shabaqo Testimonianze dell’opera costruttiva di Shabaqo sono ancora
consegnò il ribelle all’armata di Sargon II instaurando così un clima visibili soprattutto a Karnak dove fece costruire il cosiddetto “Teso-
pacifico tra l’Egitto e l’Assiria. Grazie a sua sorella Amenirdis I, che ro”, ingrandì l’ingresso del tempio di “Ptah resy-en-ienb-ef” e insieme
manteneva a Tebe la carica di Divina Adoratrice, il sovrano kushita alla Divina Adoratrice Amenirdis I dedicò una piccola cappella a
manteneva anche un saldo controllo sull’Alto Egitto. Per rafforzarlo Osiride “Signore di vita” nella parte sud della cinta di Montu.
ulteriormente egli promosse suo fratello Horemakhet alla carica di A Menfi Shabaqo costruì invece una cappella in calcare a sud
Sommo sacerdote di Amon e attribuì altri importanti incarichi a della cinta di Ptah e nel Serapeo di Saqqara sono state ritrovate tre
Tebe a dignitari kushiti. iscrizioni con il suo nome. Shabaqo fece anche emettere numerosi
Come Piankhy anche il regno di Shabaqo è caratterizzato scarabei iscritti con i suoi vari titoli, un’ulteriore testimonianza del
da un marcato ritorno ai valori tradizionali più antichi degli egizi, gusto arcaicizzante dell’epoca. In Nubia sono state ritrovate sue
ed è a partire da questo momento che nasce quello che viene chia- iscrizioni nel tempio di Kawa, mentre la sua tomba sormontata da
mato “Rinascimento nubiano” o “Rinascimento egizio”. In questo una piramide, oggi totalmente distrutta, si trova nella necropoli
modo, i sovrani nubiani intendevano affermare la loro intenzione kushita di el-Kurru.
di governare sulla Valle del Nilo come ideali continuatori della più Quando Shabaqo morì nel 698n a.C. gli successe direttamen-
antica regalità egizia. te o dopo un breve periodo di coreggenza uno dei figli di Piankhy,
Anche dal punto di vista teologico Shabaqo dimostrò Shebitqo (698 – 690).
un forte attaccamento al passato ricollegandosi alla tradizione Questo sovrano, pur continuando come i suoi predeces-
religiosa dell’Antico Regno, come dimostra la famosa “Teologia sori a trarre ispirazione dalle titolature dei sovrani dell’Antico
menfita”. L’iscrizione, rinvenuta a Menfi, è la copia su pietra di Regno (il suo nome d’incoronazione è Djedkaura, come quello
un’antica cosmogonia del dio Ptah che, iscritta su un rotolo di di Isesi, 2388 – 2356, sovrano della fine della V dinastia al quale
papiro o cuoio mangiato dai vermi, era stata trascritta su pietra s’ispirò anche per il nome Horus: Djedkhau), sottoscrisse la sua
per volontà del re in persona. ammirazione per Thutmosi III utilizzando in alcune iscrizioni i
La qualità della produzione artistica di questo periodo è nomi del celeberrimo sovrano del Nuovo Regno. In politica estera
notevole e presenta numerosi tratti arcaicizzanti; i programmi de- Shebiqto adottò una politica più aggressiva. In occasione della
corativi dei monumenti di Shabaqo traggono la propria ispirazione successione al trono assiro di Sennacherib, la Palestina si ribellò
direttamente da quelli dei sovrani dell’Antico Regno. Nei rilievi e e Shebitqo rispose alla richiesta d’aiuto del re Ezechia di Giuda
nella statuaria Shabaqo è rappresentato con i tratti forti e vigorosi mandando una spedizione militare capeggiata da suo fratello
e indossa il copricapo tipico che distingue i faraoni nubiani della minore Taharqo che però venne sconfitta dall’esercito assiro. Le
XXV dinastia, una calotta stretta sulle tempie con il doppio ureo a opere monumentali di Shebiqto sono scarse: dal tempio di Ptah
simboleggiare la sovranità sull’Egitto e sullo stato kushita. Shabaqo a Menfi provengono alcune iscrizioni a suo nome. Del re è stata
si occupò della ricostruzione delle cinte murarie e delle entrate di ritrovata anche una statua, la cui testa è andata purtroppo per-
molti templi tra cui quella del temenos di Medinet Habu. Qui, di duta, che lo rappresenta nello stile tipico dell’Antico Regno. Nel
fronte al tempio thutmoside fece innalzare un pilone con la tipica tempio di Karnak a Tebe Shebitqo costruì una cappella nei pressi

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L’enigma di Harwa

del Lago Sacro e ingrandì la cappella di Osiride heqa-djet insieme


a Amenirdis I e alla madre adottiva di questa Shepenupet I. Egli
intervenne anche nel tempio di Luxor dove sul muro meridionale
esterno sostituì alcuni rilievi di Ramesse III con scene di adora-
zione degli dei Amon, Hathor e Mut. È probabilmente nel corso
del regno di Shebitqo che viene adottata la sorella Shepenupet II
alla carica di Divina Adoratrice. Quando morì nel 690 a.C. anche
Shebitqo scelse di farsi seppellire in una piramide, di cui restano
oggi poche vestigia, nella necropoli nubiana di el-Kurru.
Gli succedette sul trono dell’Egitto e di Kush Taharqo (690
– 664), fratello minore di Shebitqo, il cui regno fu il più lungo e il
più attivo della dinastia kushita. Taharqo fu incoronato a Menfi,
città che divenne la sua residenza, con il nome d’incoronazione
Nefertum-khuira, con chiaro riferimento a Nefertum, il giovane
dio di Menfi. I nomi Horus e Nebty di Taharqo sono entrambi
Qaikhau “esaltato di apparizioni”, mentre il nome Horus-d’oro
scelto dal sovrano corrisponde a Khui-tauy “che protegge le Due
terre”, un epiteto del dio Nefertum. La prima parte del regno di
Taharqo fu pacifica e prospera, iscrizioni in vari luoghi d’Egitto e
della Nubia commemorano nel suo sesto anno di regno (685 a.C.)
una piena del Nilo eccezionalmente alta trasformatasi, grazie al
favore divino, in un evento propizio che assicurò al paese un
abbondante raccolto. Nei suoi primi dieci anni di regno Taharqo
s’impegnò nel restauro del tempio nubiano di Kawa, un santuario
fondato durante la XVIII dinastia da Amenofi III (1387 – 1350)
di fronte a Dongola, restituendogli l’antico splendore. Taharqo
utilizzò maestranze menfite che lo decorarono con rilievi copiati
dai monumenti funerari dell’Antico Regno, soprattutto quelli
di Satura (2458 – 2446), Niuserra (2416 – 2392) e Pepi II (2246
– 2150), continuando la tendenza arcaicizzante tipica della XXV
dinastia. A Napata, oltre ad ampliare il tempio di Amon già esi-
Catalogo 4 stente, ne costruì uno nuovo. Taharqo fu attivissimo anche nella
Ushabty di Taharqo, regione tebana, soprattutto a Karnak dove è annoverabile come
Museum of Fine
Arts, Boston. Harvard uno tra i suoi più grandi ricostruttori. Qui Taharqo eresse colon-
University-Boston
Museum of Fine Arts nati nei quattro punti cardinali: uno monumentale nel grande
Expedition, 20.237 (© cortile davanti al tempio di Amon a ovest, di dimensioni invece
2004 Museum of Fine
Arts, Boston) più modeste quelli a nord, davanti al tempio di Montu, a est, di

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L’enigma di Harwa Maria Beatrice Galgano · La XXV dinastia

fronte al tempio orientale, e a sud, davanti al tempio di Khonsu. tori indigeni. Appena Assurbanipal lasciò il paese i governatori
Dentro il recinto del tempio principale costruì un edificio a nord del Delta giunsero a un accordo con Taharqo. Assurbanipal fece
del lago Sacro e un chiosco nel primo cortile. Dedicò una cappella subito arrestare e giustiziare i traditori, risparmiando solo Neko
al dio Osiride insieme a Shepenupet I. Nel tempio di Luxor sono che promise lealtà e fu rinominato re di Sais; a suo figlio Psamme-
stati ritrovati i resti di una cappella che porta il nome di Tahar- tico, il futuro Psammetico I (664 – 610), venne assegnato l’antico
qo. Sulla riva ovest di Tebe, a Medinet Habu, restaurò il muro regno di Athribi. Taharqo morì (664 a.C.) e durante il suo ultimo
di cinta del tempio thutmoside e portò a termine la decorazione anno di regno associò al trono Tanutamani. Taharqo, a differenza
del pilone iniziato da Shabaqo. I lavori a Tebe furono diretti dei suoi predecessori, scelse di farsi seppellire a Nuri, una località
da Montuemhat, “Principe della Città” e “Quarto Sacerdote di sulla riva meridionale del Nilo davanti al Gebel Barkal, in una
Amon”, un personaggio che andò acquistando sempre più potere piramide in cui sono stati trovati più di 1070 ushabty del sovrano.
fino a diventare l’indiscusso governatore della città. A Menfi le L’iconografia di Taharqo è molto ricca sia per quanto riguarda la
testimonianze di Taharqo sono più scarse e sono quasi tutte legate statuaria sia per i rilievi, egli viene rappresentato con il tipico
al culto del toro Api. Dopo questo iniziale periodo di pace del copricapo kushita e sulla fronte porta sempre il doppio ureo, a
regno di Taharqo l’Egitto conobbe una grande instabilità a causa testimonianza della sua doppia sovranità, nubiana e egiziana.
dell’invasione assira. L’ultimo faraone della XXV dinastia fu il nipote di Taharqo,
Nel 677 a.C. il re assiro Asarhaddon aveva sconfitto infatti Tanutamani (664 – 653) il cui nome d’incoronazione era Bakara
il re di Sidone e una volta fronteggiate le invasioni di popolazioni e quello Horus Uah-merut “durevole d’amore”. Questo sovrano,
straniere aveva rivolto la sua attenzione al paese che era diven- che non figura in nessuna delle versioni dello storico Manetone
tato il più temibile avversario dell’impero assiro: l’Egitto che da sulla XXV dinastia, aveva come obiettivo principale quello di ri-
tempo fomentava ostilità nei porti siriani. Asarhaddon invase la conquistare l’Egitto. In una stele eretta nel tempio di Gebel Barkal
Valle del Nilo nel 674, ma venne sconfitto a causa di una scarsa (la cosiddetta “Stele del sogno di Tanutamani”) risalente al suo
conoscenza geografica del paese. Attaccò nuovamente nel 671 a.C. primo anno di regno egli racconta un sogno: l’apparizione di due
e questa volta riuscì a sconfiggere Taharqo e a raggiungere Menfi serpenti, simbolo dei due urei che i sovrani kushiti portavano
dove catturò i membri della famiglia reale. Il sovrano kushita fu sulla fronte. L’interpretazione data dal faraone a questo sogno è
così costretto a ripiegare a sud. Asarhaddon lasciò l’Egitto ponen- quella di un’esortazione alla riconquista dell’Egitto. Così, dopo
do il controllo della parte settentrionale del paese in mano a una avere riconquistato Elefantina, Tebe e Menfi Tanutamani riuscì
dinastia di sovrani di Sais. Taharqo, approfittando della partenza a raggiungere il Delta dove sconfisse Neko, il principale vassallo
di Asarhaddon, fomentò una serie di rivolte al nord che costrinsero assiro, che morì in battaglia. In conseguenza di questo evento,
il re assiro a un nuovo intervento, nel 699. Asarhaddon morì però alcuni governatori del Delta si sottomisero a Tanutamani. Assur-
mentre marciava verso l’Egitto e il trono passò a suo figlio Assur- banipal mandò allora immediatamente una spedizione punitiva
banipal. Nel 667-666 Assurbanipal invase nuovamente l’Egitto, (664-663) che conquistò Menfi e saccheggiò Tebe. Tanutamani fu
Taharqo cercò scampo a Tebe, ma venne raggiunto dal nemico che costretto a rifugiarsi a Kush, dove continuò a regnare, senza però
lo costrinse a ritirarsi a Kush. Ormai gli assiri dominavano tutta più riuscire a tornare in Egitto.
la regione tebana fino ad Assuan ed erano stati accettati anche dai Le testimonianze che ci restano di Tanutamani si trovano a
funzionari del precedente governo nubiano, tra cui Montuemhat. Karnak, dove il ritrovamento di alcuni blocchi a suo nome potrebbero
La vittoria assira fu a questo punto totale e l’amministrazione del testimoniare l’esistenza di un suo edificio oggi scomparso. Nel tempio
paese venne affidata, secondo le usanze dei vincitori, a collabora- di Luxor invece numerose iscrizioni documentano l’installazione di

52 53
L’enigma di Harwa

sacerdoti durante il suo regno. In Nubia, oltre alla “Stele del sogno”,
sono state ritrovate, nel grande tempio di Amon al Gebel Barkal,
due statue in granito alte più di due metri ma purtroppo acefale.
Tanutamani ritornò a farsi seppellire nella necropoli di el-Kurru
con una piramide, oggi completamente distrutta, dentro la quale
sono stati trovati numerosi ushabty che ci permettono di ricostruire
i tratti fisici del sovrano.
Con lui la XXV dinastia giunse alla sua fine. I faraoni sai-
tici della XXVI dinastia cercheranno di cancellarne l’esistenza
e la memoria dei loro predecessori nubiani mediante il martel-
lamento sistematico dei loro nomi e del doppio ureo dalle loro
immagini.

Catalogo 5
Ushabty di Taharqo,
Museum of Fine
Arts, Boston. Harvard
University-Boston
Museum of Fine Arts
Expedition, 20.2907
(© 2004 Museum of
Fine Arts, Boston)

54 55
Aspetti del
rinascimento kushita

Edna R. Russmann
Brooklin Museum of Art
New York

56
57
Edna R, Russmann · Aspetti del Rinascimento kushita

Sotto la XXV dinastia kushita l’Antico Egitto conobbe una


fioritura delle arti che, con alcune modifiche, continuò sotto
la XXVI dinastia saitica. Questo “revival” è spesso stato defi-
nito con l’abusato termine di “Rinascimento”. In questo caso,
tuttavia, esso è più che appropriato. Il Rinascimento kushita,
come quello omonimo italiano del XIV e XVI secolo d.C., fu
infatti non solo ispirato dall’arte e dalla letteratura di un’epoca
molto anteriore, ma proprio come in Italia, fu significativamente
incoraggiato e plasmato da regnanti che videro nel movimento
un efficace mezzo per propagandare le loro intenzioni politiche
e la loro immagine.

Fonti del periodo libico

Molti aspetti della cultura kushita sono tuttavia una diretta continua-
zione di quella dell’epoca che la precede, il Terzo Periodo Intermedio
(spesso chiamato Periodo Libico) che va dalla XXI alla XXIII dinastia
Catalogo 6
(1075 – 750). Tra le innovazioni di questi dinasti, i discendenti degli
Statua della dea Mut
o di una regina. Parigi, immigrati libici che da lungo tempo ormai risiedevano nel Delta, vi
Museo del Louvre, E
25456 (© 2004 Musée era la pratica di costruire le tombe reali all’interno del perimetro di
du Louvre Département un tempio ritenuto particolarmente sacro1. Così la Sposa Divina di
des Antiquités
Égyptiennes) Amon Shepenupet I, una principessa di origine libica, venne sepolta

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59
L’enigma di Harwa Edna R, Russmann · Aspetti del Rinascimento kushita

al di sotto di una cappella funeraria eretta a non molta distanza dal archeologi hanno ritrovato una serie di statuine e di ornamenti in
tempio thutmoside di Medinet Habu. La kushita Amenirdis I, che le bronzo di importazione, di raffinatissima fattura, della XXV e XXVI
succedette, fece costruire il proprio monumento funerario accanto a dinastia. Tra questi vi erano frammenti di una figura maschile stante
quella della predecessora2. con testa rasata e una veste di pelle di leopardo tipica dei sacerdoti.
Gli artigiani del Periodo Libico non sono gli inventori dell’ar- Questa scultura, quando era completa, doveva avere un’altezza di
te metallurgica, ma va a loro il merito di averla portata a un grado di oltre sessanta centimetri7. Il busto della figura, dalle spalle ampie e
raffinatezza molto più elevato rispetto ai loro predecessori. Le belle di proporzioni atletiche, e la muscolatura della parte inferiore della
sculture e gli altri oggetti in bronzo di questo periodo sono degni di gamba indicano oltre ogni dubbio che questa statua in bronzo di
nota per la loro sofisticata esecuzione, per la comparativamente am- un sacerdote egizio, dalle dimensioni eccezionalmente grandi, fu
pia scala di statue regali e private, e per gli effetti policromi ottenuti prodotta durante l’epoca kushita.
con l’inserzione o la sovrapposizione
di altri metalli. Come si può notare
dalla figura stante della Sposa Divina
di origine libica Karomama, conservata L’arcaismo
al Louvre, i risultati potevano essere
spettacolari3. I sovrani kushiti dell’Egitto erano ben lungi dall’essere i primi a
Il grandissimo numero di statue ricercare l’ispirazione artistica nel passato. L’arcaismo, imitazione o
regali kushite in bronzo a noi pervenute, emulazione di opere d’arte e stili di epoche precedenti, è espressio-
di piccole dimensioni e di mediocre ne tipica della reverenza che la cultura egizia, assai conservatrice,
fattura, potrebbero suggerire un declino nutriva per il passato e dei suoi continui tentativi di conservare (o
nella toreutica durante la XXV dinastia se necessario, di restaurare) gli antichi usi. Benché modalità e sfu-
(figura 9). Una statuina molto dettagliata mature di emulazione variassero considerevolmente, l’arcaismo può
di Shabaqo (713 – 698) inginocchiato essere riconosciuto in ogni periodo della storia dell’Antico Egitto8.
appare però in linea con la tradizione È rilevabile in misura maggiore durante i periodi di cambiamento
di superba abilità tecnica delle epoche come, per esempio, al momento dell’ascesa di una nuova dinastia.
precedenti4 e una statuina in bronzo di Non ci si deve perciò stupire che rappresenti una componente fon-
una donna della famiglia reale kushita damentale nelle rappresentazioni regali nella scultura e nel rilievo
splende con i suoi inserti in oro e argen- dei dinasti libici della XXI-XXIII dinastia.
to5. L’elemento mancante nella toreutica Il loro stile è notoriamente difficile da caratterizzare9. In larga
Figura 9 kushita potrebbe sembrare a prima parte, ciò accade perché il fine e persino i modelli delle rappresen-
Statuetta di Sposa vista la scultura di grandi dimensioni. tazioni arcaicizzanti del Terzo Periodo Intermedio appaiono essi
Divina in bronzo (circa L’esempio di statuaria regale di maggiori stessi scarsamente definiti. Quello che si può dire è che i prototipi
760-656). Acquisto di
un donatore anonimo in dimensioni finora noto è rappresentato possono essere fatti risalire tutti al Nuovo Regno (metà della XVIII
memoria di Christos G.
Bastis e Charles Edwin da un’altra figura inginocchiata, alta dinastia e fine della XVIII dinastia e, soprattutto, regno di Ramesse
Wilbour Fund, New York, solo 33,2 centimetri6. II, 1279 - 1212). Senza dubbio le varie rappresentazioni di Ramesse
Brooklyn Museum of
Art, 1999.110. (© 2004 Tra le rovine del tempio greco II, che traggono ispirazione sia dalla metà che dalla fine della XVIII
Brooklyn Museum of Art,
New York) arcaico di Hera sull’isola di Samo, gli dinastia10, possono avere offerto i modelli di base per l’arcaismo del

60 61
L’enigma di Harwa Edna R, Russmann · Aspetti del Rinascimento kushita

Terzo Periodo Intermedio. Benché Ramesse fosse un re dotato di im- (698 – 690), sfortunatamente priva di testa. Blocchi con nomi di
menso potere, le sue immagini nelle sculture e nei rilievi manifestano re kushiti, riutilizzati all’interno del temenos del tempio di Ptah,
ampie variazioni, non solo nello stile, ma anche nella qualità. Come indicano che essi vi costruirono piccoli edifici13.
i re deboli che gli succedettero (e in stridente contrasto con i dinasti L’interesse kushita per Menfi come sito religioso di grande
kushiti) egli non sviluppò mai una metafora visiva che esprimesse antichità è dimostrato in modo indubbio dalla pietra di Shabaqo
convincentemente il suo potere regale, eccezion fatta, ovviamente, che pretende di volere riprodurre un testo religioso trovato su di un
per la scala colossale dei suoi monumenti. papiro molto antico e parzialmente preservato. L’enfasi che i ricer-
Con l’arrivo dei re kushiti dalla Nubia l’arcaismo fu con catori hanno posto recentemente sulla possibilità che il copista si
profitto applicato all’ambito regale. Questi regnanti sembrano es- sia sbagliato nella datazione dell’originale o che, addirittura, abbia
sere stati molto chiari nel volersi far rappresentare come stranieri, compiuto questa affermazione in un tentativo di deliberata falsifica-
fedeli ad Amon e agli altri dei egizi, dotati di così grande pietas che zione14, tende a mettere in ombra il fatto che la dinastia riteneva che
Amon li aveva posti a capo degli egizi come legittimi sovrani. La simile materiale potesse essere trovato solo a Menfi, e che avesse il
sofisticatezza e la sottigliezza con cui questo approccio fu espresso dovere di preservarlo e di “pubblicarlo”.
nel testo arcaicizzante del primo monumento kushita di una certa Ora si sa che un torso frammentario di Shabaqo, proveniente
rilevanza, la Stele di Piankhy11, suggerisce che i temi principali del da Saqqara e conservato al Louvre, è stato scoperto da Mariette nel
fondamento logico della regalità kushita erano già stati elaborati in Serapeo15. Più recentemente, una piccola triade che ritrae Shabaqo e
Nubia, forse addirittura prima che Kashta dichiarasse per primo il due dee è stata ritrovata nella tomba di Bakenrenef a Saqqara16. Ora
suo diritto al trono egiziano. che sappiamo che la griglia preparatoria (di cui parleremo oltre) di
Epoca Tarda è un’innovazione della XXV dinastia, dovremmo in-
dubbiamente rivedere il presupposto comunemente accettato che la
griglia preparatoria tracciata sopra i rilievi del recinto della Piramide
Menfi a Gradoni di Djoser dati alla XXVI dinastia17.
Alcuni prestiti kushiti dall’Antico Regno potrebbero derivare
Durante la conquista dell’Egitto settentrionale da parte di Piankhy, dalla regione menfita: i nomi dei sovrani dell’Antico Regno che essi
così come viene descritta dalla sua stele, la ricompensa più grande adottarono, ad esempio, o l’idea di costruire piramidi al di sopra delle
è la conquista di Menfi. Non avrebbe potuto essere diversamente, tombe nei cimiteri reali nubiani. L’Egitto era però pieno di piramidi
perché, come sempre, la posizione strategica della città tra la Valle di ogni forma e grandezza, incluse quelle di modeste dimensioni e
e il Delta la rendeva indispensabile per chiunque avesse voluto dai lati rastremati delle tombe di privati del Nuovo Regno, che più
controllare l’intero paese. Menfi divenne la residenza dei re ku- assomigliano alla versione kushita. Come ò stato notato, un numero
shiti in Egitto. Questo è un fatto spesso trascurato, o addirittura di tombe con piramide risalenti al Nuovo Regno fu costruito anche
negato, a causa della mancanza di testimonianze archeologiche in Nubia. Se, come sembra più probabile, queste servirono come
tra le rovine di questo sito spettacolare. Poche sono anche le prototipi per le più tarde versioni regali, si potrebbe supporre che
testimonianze della presenza kushita a Saqqara e, incredibil- siano piuttosto queste a essere state utilizzate come modello per i
mente, quasi inesistenti a Giza. Alle testimonianze raccolte da costruttori e gli operai dei re nubiani.
Zivie-Coche12, possiamo aggiungere soltanto pochi reperti, alcuni Solo a Saqqara e nelle altre necropoli gli scultori kushiti
dei quali, tuttavia, possono risultare più significativi di quanto avrebbero, tuttavia, potuto assimilare i dettagli delle statue regali e
ritenuto. Proviene da Menfi una bella statua seduta di Shebitqo dei rilievi in modo così completo da amalgamarli insieme in uno stile

62 63
L’enigma di Harwa

così preciso. Non solo la semplicità delle vesti e delle insegne regali,
ma anche i dettagli dell’anatomia reale (il capo tondo e massiccio, il
collo corto, il torso dalle spalle ampie, la vita sottile e i fianchi snelli
e, tratto forse più distintivo, i muscoli potentemente modellati della
parte inferiore delle gambe) furono tutti trasferiti nell’immagine dei
sovrani kushiti.
Lo sviluppo di questo stile arcaicizzante può essere stato solo
un processo deliberato e può essere stato condotto solo dietro espli-
citi ordini (o, almeno, aperta approvazione) dei monarchi. In questo
senso abbiamo la testimonianza dello stesso Taharqo, in un’iscrizione
in cui afferma che egli inviò maestranze di scultori da Saqqara ad
un tempio che stava costruendo a Kawa in Nubia, con lo scopo di
riprodurre scene tratte dai templi funerari dell’Antico Regno. Que-
sto compito venne portato a termine con così grande fedeltà che gli
originali di Saqqara dei rilievi di Taharqa ancora esistenti possono
essere tuttora facilmente riconosciuti.18
L’influenza menfita era così forte sulla rappresentazione
regale kushita che ci si può chiedere se non ci siano state anche in-
fluenze meno ovvie. Solo nell’Antico Regno, per esempio, i re egizi
erano raffigurati a capo scoperto e rasato; tali immagini possono avere
spinto quelli nubiani ad adottare la consuetudine di farsi ritrarre a
capo scoperto19. Similmente, la rinuncia kushita alla Corona Azzur-
ra, che aveva fatto la sua prima apparizione all’inizio della XVIII
dinastia, potrebbe essere stata incoraggiata dalla sua mancanza nelle
rappresentazioni dell’Antico Regno20.
Lungi dalla semplice imitazione delle raffigurazioni egizie,
l’iconografia regale kushita incorporò anche elementi autoctoni:
collane con amuleti a forma di teste di ariete, simbolo del culto
nubiano di Amon, elaborati diademi e l’adozione del doppio ureo
al posto di quello singolo comune agli altri sovrani egizi21. Fino ai
Tolemei nessun altro re straniero d’Egitto si sarebbe permesso, anche
solo di suggerire, di non essere di origine egiziana22. I re kushiti non
Catalogo 7 solo ammettevano la propria provenienza straniera, ma la pubbli-
Statua di Akhimenru. cizzavano, in un programma unico e coerente di autopresentazione
Parigi, Museo del
Louvre, E 13106 (© che testimonia un’attenzione particolare per l’arte regale, dal livello
2004 Musée du Louvre più alto al più basso, che può essere il fattore più importante nella
Département des
Antiquités Égyptiennes) nascita del Rinascimento kushita.

64 65
L’enigma di Harwa

Tebe

Benché Menfi fosse la loro residenza in Egitto, la città prediletta dai


re kushiti era indubbiamente Tebe, l’originario e principale centro di
culto di Amon, il loro dio dinastico. L’area tebana è anche la fonte
di quasi tutte le testimonianze esistenti dell’arte della XXV dinastia
(e anche della XXVI), sia regale che privata, sia per la statuaria che
per il rilievo.

In forte contrasto con la regione menfita, l’arte pre-kushita a


Tebe e nei suoi dintorni datava quasi interamente al Medio e Nuovo
Regno. Essendo questa la situazione, è interessante notare quanto sia
minima l’influenza di questi periodi riscontrabile nelle rappresenta-
zioni tebane dei re kushiti. Una testa colossale di Shabaqo provenien-
te da Karnak lo raffigura mentre indossa la doppia corona sul nemes,
con un volto lungo e stretto e un naso che ricordano fortemente la
metà della XVIII dinastia23. Questo tipo di rappresentazione, forse
un esperimento iniziale, non sembrerebbe avere avuto seguito. Più
fortuna, anche se in scala molto minore, ebbe la creazione di una
distintiva ed elegante forma degli occhi (in genere piuttosto grandi,
con sopracciglio arcuato e una linea di trucco sottile, appuntita e di
media lunghezza) che sembra un riadattamento di elementi stilistici
tratti dalla statuaria di epoca thutmoside e/o della fine della XVIII
dinastia. Questo dettaglio appare frequentemente nella scultura e
nel rilievo regali24, ed è anche presente sulle statue e sui rilievi dei
privati, incluse le figure nella tomba di Harwa e dei suoi successori,
fino alla XXVI dinastia inoltrata25.

Nella cappella di Osiride Signore di Vita a Karnak, che fu


iniziata nel Periodo Libico e ampliata sotto Shebitqo, la Sposa Divina
di Amon Amenirdis I è ritratta con acconciature e altre caratteristi-
che ispirate alle raffigurazioni delle sue predecessori libiche nelle
Catalogo 14
stanze attigue26. Altrove, tuttavia, molte rappresentazioni delle Spose
Statua di coppia della
XXV dinastia. Parigi, Divine kushite, a differenza di quelle dei sovrani loro parenti (o di
Museo del Louvre, A
89 (© 2004 Musée du regine kushite che risiedevano in Egitto e ivi erano state sepolte27)
Louvre Département le raffigurano in stile egizio28. Le loro figure snelle ma dai fianchi
des Antiquités
Égyptiennes) pieni derivano dall’ideale femminile del Medio Regno. Anche le loro

66 67
L’enigma di Harwa Edna R, Russmann · Aspetti del Rinascimento kushita

vesti semplici e tradizionali e le parrucche tripartite, sormontate dal lungo, ma indossa una parrucca degli inizi del Nuovo Regno34. Una
copricapo a forma di spoglia di avvoltoio caratteristico delle regine e famosa statua stante del notabile Montuemhat (figura 10) (un contem-
da un’acconciatura con alte piume, evocano le immagini delle regine poraneo poco più giovane di Harwa) lo rappresenta, stranamente, con
del Medio e del Nuovo Regno, o quelle di divinità29. l’anatomia e il gonnellino corto dell’Antico Regno, certamente derivati
dall’imitazione dei modelli regali kushiti. La sua parrucca, tuttavia, è
del Nuovo Regno e il suo volto, anche se esibisce “generiche” caratte-
ristiche tebano/kushite (occhi più stretti, naso grosso e guance larghe
La scultura privata e piatte), è caratterizzato dal pesante modellato dei tradizionali segni
egizi dell’età avanzata, e da un’espressione accigliata35.
La scultura privata tebana del Periodo Kushita varia da figure a gran- Questa stessa espressione è comune ad altre statue di privati
dezza naturale a quella alte circa la metà ed è invariabilmente di alta della XXV dinastia, una di Harwa compresa36, ed era intesa sottolineare
qualità (come, in verità, era stato il caso nel precedente Terzo Periodo il potere e l’autorità che derivavano al soggetto dalla sua alta carica.
Intermedio). Bernard V. Bothmer, che fu Un recente parere sul fatto che la statua stante di Montuemhat intenda
il primo a studiare sistematicamente la esprimere, in questo modo, il suo desiderio di diventare re37, dimostra la
scultura egizia dell’Epoca Tarda, ha di- moderna convinzione che un volto individualizzato rifletta le emozioni
scusso molti aspetti della statuaria nella personali del soggetto. Nel caso dell’arte egizia, questa considerazione si
XXV dinastia30. rivela però sempre errata, in quanto l’espressione facciale era piuttosto
Le statue di sacerdoti e ufficiali intesa a riprodurre l’atteggiamento appropriato alla carica di ciascuno,
della XXV dinastia hanno spesso visi o a esprimere il temperamento culturale dominante dell’epoca in cui
con tratti che, benché difficili da descri- il soggetto viveva38.
vere, li rendono riconoscibili e databili La questione del ritratto
a questo periodo. Questi volti “generici” (nel senso di somiglianza spe-
(aperti, con guance ampie e piatte, nasi cifica individuale) nelle rap-
piuttosto grossi e occhi leggermente ri- presentazioni non regali tebane
dotti31) sembrano avere poco in comune della XXV dinastia è complicata.
con le rappresentazioni regali contempo- L’esempio migliore di tale so-
ranee ed è possibile che possano derivare miglianza può essere quello di
dalle rappresentazioni dei kushiti che Harwa che, in alcune statue e
abitavano in Egitto32. almeno in un rilievo della tomba,
Tutta la scultura non regale della è raffigurato come spiccatamente
XXV dinastia è arcaicizzante. Molti esem- obeso, e il cui volto è assai largo
pi includono una commistione di elemen- nelle immagini che lo ritraggono
ti del Medio e Nuovo regno33. Perciò una Figura 11 da giovane e carnoso in quelle
Figura 10
statua di scriba eseguita sotto Shabaqo Statua di Harwa che lo ritraggono da vecchio. A
mostra una versione del Medio Regno seduto da Karnak. parte il suo addome prominente,
Statua di Montuemhat. Museo della Civiltà
Museo Egizio del Cairo, della posa a gambe incrociate, in cui il sog- Nubiana di Assuan, JE Harwa non ha però tratti davvero
CG 42236 (Fotografia 37386 (Fotografia di
di Francesco Tiradritti) getto ha le gambe coperte da un gonnellino Francesco Tiradritti) caratterizzanti (figura 11).

68 69
L’enigma di Harwa

Anche Montuemhat, il cui volto venne svariate volte raffigura-


to con tratti assai individualizzanti, è ritratto su un numero maggiore
di statue e rilievi con caratteristiche generiche, che spesso sembrano
essere basate sullo stile delle fonti arcaicizzanti consoni alla veste e/o
alla parrucca di quella particolare immagine. Perciò, benché sia asso-
lutamente possibile che tratti peculiari fossero considerati adatti per
certe rappresentazioni, si può concludere che, allo stesso modo, fosse
apprezzata una certa gamma di variazioni nella propria immagine.
Nell’arte arcaicizzante della XXV dinastia questo avrebbe incoraggiato
l’utilizzo di una varietà di prototipi differenti.

Le tombe tebane

Una delle innovazioni più interessanti nella rappresentazione di figure


bidimensionali nell’Epoca Tarda è la modifica della griglia che veniva
utilizzata per i disegni preliminari come guida per disegnare figure dalle
proporzioni corrette: da di diciotto quadrati in altezza, utilizzata nella
maggiore parte dei periodi precedenti, a una di ventuno. Queste griglie
sono state spiegate e discusse da Gay Robins39. La studiosa ha notato che
l’esistenza della griglia di Epoca Tarda nella XXV dinastia può essere
dedotta da una figura di Amenirdis I nella sua cappella funeraria. Anche
le tombe dei privati contenenti le più antiche testimonianze di questo
tipo di griglia, datate dalla Robins alla XXVI dinastia, sono ora datate
all’inizio della XXV40. Persino prima di Harwa, perciò, esistono segni
di uno spirito di innovazione nell’aspetto delle tombe tebane.
Harwa stesso deve essere considerato il più grande innovatore
nelle necropoli tebane per l’Epoca Tarda, perché fu il primo a costrui-
re una tomba di grandi dimensioni, in cui un vestibolo dà accesso
ad un ampio cortile a cielo aperto scavato sotto il livello del suolo,
dal quale si passa a un complesso di camere sotterranee, dalle quali,
tramite un pozzo funerario, si raggiunge la camera funeraria.
Catalogo 15 Nessuna delle tombe di quest’epoca è esattamente uguale
Statua-cubo di alle altre: almeno due sono persino più grandi di quella di Harwa.
Merenptah, Museo
Egizio di Torino, Cat. Tutte includono però le caratteristiche generali indicate sopra41. Il
3036 (© 2004 Museo
Egizio di Torino) significato e il simbolismo di queste tombe, in termini di dimensioni e

70 71
L’enigma di Harwa

componenti, è ancora lungi dall’essere chiaro42, anche perché alcune


ancora devono essere scavate. In queste circostanze, alcuni paragoni,
come quelli con le tombe regali del Nuovo Regno nella Valle dei Re,
sollevano il sospetto che la teoria abbia oltrepassato i fatti. Un fatto
che appare certo, tuttavia, è che la tomba di Harwa, e le due tombe
più vicine ad essa quanto a datazione, abbiano ciascuna almeno un
caratteristica unica. Nella tomba di Harwa, è il corridoio ambulatorio
sotterraneo che (almeno sulla pianta) ricorda il “cenotafio” di Osi-
ride nella tomba nubiana del re di Harwa, Taharqo. Nella tomba di
Petamenofi è rappresentato dal “massiccio” sotterraneo con nicchie43.
La decorazione principale nel primo dei due cortili di Montuemhat
ricorda invece un sarcofago alla rovescia di dimensioni gigantesche44.
Dal momento che queste tombe continuarono ad essere costruite
durante la XXVI dinastia, divennero più standardizzate, seguendo
quella che era, all’epoca, una tradizione locale della necropoli.
Dalla prima all’ultima, tutte queste tombe furono riccamente
decorate. Anche qui Harwa ha stabilito il modello. Molti dei suoi
rilievi sono tra i più belli dell’intero gruppo. Di particolare interesse
sono le scene di vita quotidiana sul muro sud del cortile, che reintro-
ducono soggetti come l’agricoltura, l’allevamento, e le attività nelle
paludi ricche di papiri. Queste scene, e molti dei loro dettagli, hanno
un gusto che risale decisamente all’Antico Regno; come nei rilievi
delle tombe menfite, per esempio, dove la conduzione delle greggi ha
luogo nelle paludi (Catalogo 16), e non, come nella versione tebana
del Nuovo Regno di questa attività, sul suolo asciutto45.
Ciò che rende uniche le scene di vita quotidiana di Harwa,
tuttavia, è il loro stile. Da ogni lato, dai dettagli dei volti e delle fi-
gure, al modo in cui le superfici sono modellate, questi rilievi sono
così simili a quelli dell’Antico Regno di Saqqara che devono essere
Catalogo 16 stati eseguiti da scultori che avessero una conoscenza diretta degli
Frammento di rilievo originali46. Questa impressione è rafforzata dalle curiose disparità di
con scena palustre scala tra certe vignette, soprattutto nel registro di scene palustri, dove
dalla parete meridionale
del cortile della tomba un trio di uomini con gli arpioni in piedi ha la stessa altezza degli
di Harwa (TT 37).
Museum of Fine Arts, uomini inginocchiati sulle barche vicine che, a loro volta, risultano
Boston. Hay Collection. piccoli rispetto alla figura sproporzionatamente grande di un uccello
Gift of C. Granville
Way, 72.692 (© 2004 che nidifica. La spiegazione più plausibile per discrepanze di questo
Museum of Fine Arts,
Boston) tipo, nelle mani di scultori di rilievi così abili, è che essi stessero

72 73
L’enigma di Harwa Edna R, Russmann · Aspetti del Rinascimento kushita

lavorando su “libri di modelli”, che avevano con sé47. Gli scultori che Note
Taharqa inviò da Saqqara a Kawa48 dovevano avere simili modelli 1
L’opera fondamentale a riguardo rimane sempre Stadelmann 1971.
disegnati. Dal momento che questi uomini erano quasi certamente 2
Arnold 1999, pp. 49-50; Aston 2003, p. 145.
passati per Tebe nei loro lunghi viaggi da e verso la Nubia, avrebbero 3
Hill 2004, p. 29 e nota 24 (bibliografia), tav. 13. La scultura è molto bene illustrata in Leclant
potuto interrompere il loro viaggio godendo dell’ospitalità di Harwa 1980, figg. 105, 108, 176. Per la statuaria regale in bronzo di questo periodo, si veda Hill 2004,
pp. 23-49, specialmente pp. 45-46. Per la parte superiore di una grande scultura non regale
e ripagandolo con la realizzazione di questi superbi rilievi. (British Museum EA 22784), si veda Russmann at alii 2001, cat. 117, pp. 219-221.
Nella tomba di Montuemhat, un poco più tarda, è ripreso il 4
Museo Archeologico di Atene, ANE 632; altezza cm 16; Hill 2004, pp. 53-54, cat. 17, pp. 158-
159, tav. 29. La discussione di Hill sulla scultura regale in bronzo di epoca kushita (pp. 51-74)
tema della vita quotidiana, con simili dettagli risalenti all’Antico è ora l’opera definitiva a riguardo.
Regno49. Le fonti dei rilievi della tomba arcaicizzante di Montuemhat 5
British Museum EA 54388: Russmann et alii 2001, cat. 115, pp. 117-118. Ancora più ricco di
stavano già iniziando a variare e l’ispirazione appare più legata ai mo- colori è un piccolo cofanetto rettangolare con una iscrizione della Sposa Divina Shepenupet II,
decorato in oro e argento: Leclant 1980, fig. 149.
numenti tebani più recenti che si trovavano nelle vicinanze (le tombe 6
Museo Archeologico di Atene, ANE 624: Hill 2004, pp. 60-62, cat. 36, pp. 168-169, tav. 41. Hill
della XVIII dinastia e i rilievi nel tempio funerario di Hatshepsut). afferma plausibilmente che, come molte altre immagini regali kushite, la figura sia stata usurpata
da Psammetico [II], di cui porta tuttora il nome.
Questo cambiamento è dimostrato in modo evidente da alcune scene
7
Jantzen 1972, p. 7, tavv. 1-4.
agricole di cui si conservano anche gli originali da cui sono state 8
Per una discussione generale del fenomeno, si veda Russmann et alii 2001, pp. 40-45.
copiate50. L’ispirazione tebana si riflette anche nello stile di questi 9
Si veda, recentemente, Hill 2004, pp. 21-26, che cita il lavoro di Richard Fazzini (1988).
ed altri rilievi Montuemhat, che emulano quelli della XVIII e perfino 10
Cfr. Russmann et alii 2001, p. 43.
dell’XI dinastia51. Data la grandezza della sua tomba e l’importanza 11
Grimal 1981 rimane lo studio basilare per il testo della stele.
di Montuemhat come funzionario52 non ci si deve sorprendere che 12
Zivie-Coche 1991, pp. 82-83.
il monumento funerario abbia da solo costituito il riferimento più 13
La statua è Museo del Cairo CG 655: Russmann 1974, cat. 6, p. 47. Esempi di blocchi con
importante per le tombe kushito-saite successive. iscrizioni in Leclant 1981, Berlandini 1984 – 1985.
Nello spazio di una o due generazioni, con lo sviluppo della
14
British Museum EA 498: Taylor 1990, con bibliografia.

necropoli, quest’influenza diventa ancora più forte. Gli scavi e di una


15
Louvre N 2541. Si veda Russmann 1974, cat. 4, p. 46. Per la provenienza, si veda Ziegler 1981,
p. 30 e nota 5bis .
mezza dozzina di tombe della 16
Bresciani 1980, p. 16, tav. 15.
XXVI dinastia e la loro succes- 17
Robins 1994, pp. 169-170.
siva pubblicazione indicano 18
Arnold 1999, p. 59, con bibliografia alla nota 58.
una crescente coerenza della 19
Molti egittologi ancora insistono nel definirlo “cuffia kushita”. Bisogna notare, tuttavia, che molti
pianta, così come dei temi e egittologi rifiutano anche di riconoscere che i re dell’Antico Regno erano talvolta raffigurati a
capo scoperto. La scoperta di una statua di un re della V dinastia con capelli neri e rasati ha però
degli stili utilizzati nella deco- dimostrato questo assioma senza ombra di dubbio e non ha lasciato loro altra scelta: Museo del
Cairo, JE 98171 (Saleh e Sourouzian 1987, cat. 38).
razione a rilievo (sebbene con
20
Sui kushiti e la Corona Azzurra, si veda Russmann 1995B. Molti studiosi pensano che la ragione
una considerevole gamma di principale per questa mancanza possa essere data dal fatto che i kushiti associassero la corona
variazioni). Gli elementi arcai- ai regnanti libici.
cizzanti possono ancora essere 21
Si veda il capitolo sull’abbigliamento in Russmann 1974, pp. 24-44.
riconosciuti in queste tombe
22
Faccio riferimento alle rappresentazioni delle acconciature greche e ai tratti ellenistici dei re e
Figura 12
delle regine tolemaiche. Per alcuni esempi, si veda Stanwick 2002.
più tarde; ma in molti casi, sono 23
Museo del Cairo CG 42010: Russmann 1974, cat. 1, p. 45, fig. 4. (La testa è completamente
Statua di Petamenofi ascrivibili alle tombe dei loro ascrivibile alla XXV dinastia e non, come proponevo in quella pubblicazione, usurpata.)
come scriba. Museo
Egizio del Cairo, JE predecessori oppure a monu- 24
Scultura: testa di un re, probabilmente Shebitqo, Museo del Cairo CG 1291(Russmann 1974, cat.
37341 (Fotografia di 29, p. 53, fig. 7, Russmann 1989, cat. 76, pp. 166-168, 220). Rilievi: testa di Shebitqo (Russmann
Francesco Tiradritti) menti di epoche precedenti.

74 75
L’enigma di Harwa Edna R, Russmann · Aspetti del Rinascimento kushita

1989, fig. 6, Mysliwiec 1988, tav. 34); Amenirdis I and Shepenupet II (Russmann 1989, tavv. meno trasportabili.
36-37). 48
Si veda sopra la nota 17.
25
Harwa: Russmann 1983, p. 145, fig. 4; Montuemhat: Mysliwiec 1988, tav. 41b-c. 49
Ora si sa che questi rilievi furono scolpiti sui muri ovest e nord del secondo cortile, che (a differenza
26
Ancora manca la pubblicazione, da tempo attesa, di questa cappella, cfr. Mysliwiec 1988, tavv. della parte più orientale della tomba) venne decorato sotto la XXV dinastia. La descrizione più
26-27. dettagliata delle scene si trova ancora in Russmann 1994.
27
Si veda, per esempio, Leahy 1994 e, anche, Russmann 1997. La più formosa di queste figure è 50
Il più noto esempio è un frammento che mostra una donna che allatta (Museum of Arts di Brooklyn
ugualmente molto più snella delle rappresentazioni della regina Karomama di epoca libica, che 48.74) discusso e illustrato insieme al suo prototipo nella tomba di Menna (TT 60) in Fazzini
introduce per la prima volta nell’Egitto faraonico la pienezza delle forme come ideale della bellezza 1972, p. 60, figg. 26, 27.
femminile; cfr. Richard Fazzini in Russmann et alii 2001, p. 215 con fig. 53. 51
Per un tentativo di descrivere questo stile, si veda Russmann 1983, p. 139.
28
Le immagini variano sufficientemente da rendere difficile stabilire quale significato, se ne esiste 52
Montumehat ricoprì la sua carica per quasi vent’anni grazie anche alla sottomissione di Tebe, di
uno, debba essere attribuito all’occasionale statua di una Sposa Divina con volto rotondo e guance
cui egli fu probabilmente uno degli artefici, ai sovrani della XXVI dinastia.
paffute, o ai rilievi con profilo pieno.
29
Russmann 1997; cfr. Russmann 2002.
30
Si veda, tra gli altri, Bothmer 1960, pp. xxxii-xxxix e catt. 1-18; e, in seguito, Bothmer 1994.
31
Si veda, ad esempio, la statua dello scriba Pas-shuper,datata al regno di Shabaqo (British Museum EA
1514): Russmann et alii 2001, cat. 122, pp. 228-229. Altri esempi: Bothmer 1994, p. 62, figg. 1-4.
32
Bisogna però ammettere che le due statue di personaggi di chiara origine kushita ritrovate a
Tebe hanno pochi di questi tratti: il Sommo Sacerdote di Amon, Horemakhet (Museo del Cairo
CG 42202, Russmann 1989, cat. 80, pp. 175-177, 220-221) e Iriketakana (Museo del Cairo JE
38018: ibid., Russmann 1989, pp. 175, 178, 221).
33
Una sorprendente eccezione è rappresentata da una statua di scriba, una delle molte scolpite
per il contemporaneo di Harwa Petamenofi in cui ogni dettaglio della posa, del gonnellino, delle
proporzioni e forma delle gambe e i capelli rasati con attaccatura alta, echeggiano le versioni
dell’Antico Regno (Museo del Cairo JE 37341), a cui recentemente è stato assegnato un numero
CG: Josephson e Eldamaty 1999, pp. 31-35 (dove il numero è 84615), 114 (col numero di 48615),
tav. 15 (col numero di 486015).
34
British Museum 1514: si veda sopra la nota 29.
35
Museo del Cairo CG 42236: ben illustrata in Russmann 1989, cat. 78, pp. 170-172, 220.
36
Per un terzo esempio, Museo del Cairo JE 38018, si veda la nota 30.
37
Josephson 2002.
38
Per una discussione su questa percezione errata, con riferimento alle rappresentazioni dei re della
tarda XII dinastia, si veda Russmann 2002, pp. 35-36, pp. 101-104.
39
Robins 1994.
40
TT 223: Robins 1994, pp. 160-161, con fig. 7.2.
41
Nonostante gli studi recenti sulle singole tombe, l’opera di riferimento sulla loro architettura resta
quella di Eigner 1984. Le due tombe più grandi, appartenute a Petamenofi (TT 33) e Montuemhat
(TT 34), sono le due più antiche, dopo quella di Harwa.
42
Le più recenti discussioni sulle tombe le caratterizzano con termini assai differenti: “palazzo
funerario” (Arnold 1999, p. 45; cfr. il termine tedesco largamente impiegato di “Grabpalast.”)
oppure “tombe-tempio” (Aston 2003, p. 146).
43
Eigner 1984, pp. 178-180, 182-185 (Harwa); p. 180, tav. 50A (Petamenofi).
44
Russmann 1995A.
45
Altri dettagli dell’Antico Regno: Russmann 1983, p. 138.
46
Su questo stile, si veda Russmann 1983, p. 139.
47
Molti storici dell’arte egizia concordano sull’esistenza degli schizzi preparatori, sebbene ne siano
sopravvissuti pochissimi esempi. Questo potrebbe indicare che molti erano tracciati su fogli di
papiro relativamente fragili, invece che su scaglie di pietra o ostraca, meno costosi ma anche

76 77
Tebe durante
la XXV dinastia

Christopher Naunton
Egypt Exploration Society
Londra

78
79
Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

In nessun altro luogo come nell’area circostante l’antica città di Tebe


sono attestate così tante testimonianze della cultura egizia. Sul sito
si trovano soprattutto monumenti del Nuovo Regno e, nonostante
i secoli compresi tra la fine di quella grande epoca e l’inizio del
Periodo Tolemaico siano in tutta la Valle del Nilo poveri di testimo-
nianze monumentali, i faraoni kushiti della XXV dinastia lasciarono
un’impronta visibile sul paesaggio tebano. La relativa povertà di
monumenti di grandi dimensioni costruiti dopo il Nuovo Regno
è in parte dovuta a una perdita di potere da parte dei sovrani che
regnarono nelle epoche successive. La sede della regalità si trasferì
al nord, nel Delta. Qui, nei secoli immediatamente precedenti alla
XXV dinastia, stirpi di governatori locali, spesso di origine libica, la
cui effettiva influenza era ristretta a regni di limitata estensione, si
proclamarono re dell’Egitto intero. Dai reperti archeologici e dalle
testimonianze scritte risulta così che, in questo periodo, sulla Valle
del Nilo abbiano regnato molti più “sovrani” di quelli effettivamente
riportati dallo storico Manetone, i cui elenchi forniscono il punto
di riferimento per il sistema di suddivisione della cronologia egizia
in dinastie e lo schema su cui è basata l’attuale conoscenza della
storia del paese. Oggi è noto che le dinastie XXII, XXIII e XXV sono
da considerare in parte contemporanee e che, nello stesso lasso di
tempo, esistevano governatori locali in tutto l’Egitto, fino a sud di
Tebe, detentori di autorità assoluta su aree circoscritte del paese. La
loro esistenza è testimoniata dai ritrovamenti archeologici, al pari di

81
L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

quella dei sovrani citati da Manetone1. Alcuni di questi alti funzionari Alara (775 – 765) e Kashta (765 – 745)
giocarono un ruolo di primo piano nelle vicende dello stato tebano
durante la XXV dinastia e i loro monumenti (in particolare le loro Il primo tra sovrani i kushiti ad avere lasciato testimonianze in Egitto
magnifiche tombe) insieme alle opere volute dai sovrani kushiti di è quello considerato da molti il secondo della XXV dinastia, Kashta,
questo periodo a Tebe uno dei capitoli più spettacolari ed emozio- succeduto al padre Alara con il quale si suole far iniziare la stirpe
nanti della storia e dell’archeologia dell’antico Egitto. dei monarchi nubiani. Anche se Kashta non invase mai davvero
l’Egitto, così come fecero i suoi successori, esistono alcune prove
Il carattere distintivo di tutto il periodo è rappresentato sulla sua conquista di Tebe, dove fu forse anche incoronato faraone4.
dagli stessi faraoni della XXV dinastia. Erano di origine africana, È Kashta il responsabile dell’importantissima nomina della figlia
venivano dal regno di Kush in Nubia, la cui capitale era Napata, Amenirdis (I) a erede della Sposa Divina di Amon, Shepenupet I5.
città situata molto a sud dell’Egitto in prossimità alla Quarta Shepenupet vi era stata insediata dal padre Osorkon III (788 – 760),
cataratta del Nilo. I kushiti compaiono tra i nemici tradizionali sovrano tebano che, durante il suo regno, aveva dato nuova vita e
dell’Egitto e, tranne per qualche breve periodo, gli egizi erano, importanza a questa carica religiosa femminile, inaugurando una
fino a questo momento, riusciti a imporre il loro dominio sulla consuetudine che si sarebbe protratta per tutta la XXV dinastia. È
regione meridionale2. La civiltà kushita/napatea si era però note- da questo momento in poi che le Spose Divine cominciarono a so-
volmente sviluppata e rafforzata nei secoli successivi al Nuovo stituire il Sommo Sacerdote come figura più importante all’interno
Regno e, intorno alla metà dell’VIII secolo, era stata in grado di del clero di Amon a Karnak.
rivolgere la propria attenzione a nord, riuscendo a espandere la
propria influenza fino a Tebe. La frammentarietà politica dell’Egit- Non è chiaro quale fosse la situazione politica a Tebe al
to durante questo periodo è tale che la XXV dinastia si sovrappone momento dell’incursione di Kashta e della nomina di Amenirdis
ad altre dinastie di governanti ed è perciò pressoché impossibile I. Gli studiosi attualmente postulano l’esistenza di una XXIII dina-
fissare il momento preciso in cui i sovrani kushiti cominciarono stia tebana che includerebbe Osorkon III e che avrebbe governato
a regnare davvero sui territori settentrionali. All’interno della su tutto l’Egitto meridionale6. I fautori di questa teoria sostengono
stessa sequenza dinastica dei faraoni kushiti esistono ancora al- che Osorkon III debba essere identificato con il Sommo Sacerdote
cuni problemi. La loro successione e i loro nomi sono noti grazie di Amon Osorkon, la cui “cronaca”, che documenta un periodo di
a riferimenti incrociati con testimonianze provenienti da altre grande instabilità politica, è inscritta sul ‘Portale bubastidÈ a Kar-
regioni nell’antico Vicino Oriente. Attraverso queste è possibile nak7. Osorkon passò la carica di Sommo Sacerdote al figlio Takelot,
però assegnare datazioni assolute soltanto ai regni degli ultimi che in seguito sarebbe diventato Takelot III (765 – 756) e avrebbe
sovrani3 che, a loro volta forniscono durate, soltanto probabili, prima governato insieme al padre per poi rimanere sovrano unico.
per i regni dei monarchi precedenti. Takelot III sarebbe però morto prematuramente e, forse perché i suoi
figli erano troppo piccoli per assumere il comando, il trono passò
Questo capitolo descrive la situazione a Tebe durante il al fratello Rudamon. Rudamon stesso probabilmente regnò solo per
periodo della dominazione kushita e concentrandosi sui funzionari pochi anni e non è chiaro poi chi gli succedette. Un’ipotesi è che il
che detenevano l’autorità nella città, molti dei quali probabilmente suo successore sia stato il genero Pef-tjau-auy-Bastet e che la sede
dovevano il proprio potere all’appoggio dei faraoni nubiani. Parti- della dinastia tebana si fosse trasferita a Eracleopoli, città di cui
colare attenzione è anche rivolta ai monumenti costruiti durante Pef-tjau-auy-Bastet era governatore. Questo evento avrebbe avuto
questo periodo in città. luogo durante il suo ‘regno’ (o poco prima) e fu forse motivato dalle

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

incursioni di Kashta8. Malgrado quanto sia realmente accaduto sia


ancora fonte di dibattito, appare sicuro che, a un certo punto, nella
regione tebana si verificò un passaggio di potere dalla XXIII dinastia
tebana a quella kushita. Lo proverebbero il trasferimento della XXIII
dinastia a Eracleopoli e la nomina di Amenirdis a Sposa Divina.

È possibile che in concomitanza con questi eventi, o poco


dopo, i kushiti abbiano rafforzato il loro controllo sulla regione
mediante l’insediamento, in una carica di rango elevato, di un loro
funzionario: Kelbasken (fig. 1), Il cui nome dichiara chiaramente l’ori-
gine kushita del personaggio. Kelbasken ottenne la carica di Quarto
Sacerdote di Amon e di Governatore della Città, una combinazione
di titoli che, durante la seconda parte della XXV e per tutta la XXVI
dinastia, è indice di grande influenza a Tebe. La ritroviamo attribuita
a Montuemhat, personaggio il cui potere su tutta la regione tebana
è attestato da varie fonti (vedi oltre)9. L’importanza di Kelbasken è
confermata dalla sua tomba rupestre, situata ad ovest del Ramesseo,
in un’area oggi denominata “Assasif meridionale”10. Anche se è im-
possibile datare la sua carriera in modo preciso, pare che Kelbasken
detenesse le sue cariche già all’inizio dell’epoca kushita11. Se così
fosse, la sua tomba sarebbe la prima della serie di monumenti rea-
lizzate tra il periodo kushita e l’Epoca Tarda nell’Assasif e quindi
anche la prima di una nuova serie di monumenti privati costruiti
nell’area. Nonostante la tomba sia quasi completamente priva di
decorazioni, la sua importanza è notevole perché si configurerebbe
come il primo monumento del Rinascimento artistico e culturale
che caratterizzo l’Epoca Tarda. ventesimo anno di regno, avrebbe invaso l’Egitto spingendosi fino
al Delta per annientare una coalizione di monarchi capeggiati da
Tefnakht di Sais. Con uno stile trionfalistico e in perfetta linea
con la propaganda reale egizia delle epoche precedenti, Piankhy
Piankhy (745 – 713) racconta di essersi proclamato re dell’Egitto unito. Nella parte
superiore della stele è rappresentato in piedi di fronte ad Amon
A Kashta succedette il figlio, Piankhy12. Le testimonianze di mo- mentre i suoi nemici sono accucciati al suolo in atto di riverenza e
numenti di Piankhy a Tebe sono abbastanza scarse. Gli eventi Figura 13
sottomissione. Nessuna menzione è fatta di alcun sovrano tebano,
relativi alla sua presenza in Egitto sono noti grazie al ritrovamen- Tomba di Kelbasken suggerendoci che i kushiti avessero il completo controllo dell’area
to di un documento di grande rilevanza storica. Si tratta della (TT 391). Ingresso già prima del regno di Piankhy. Il sovrano nubiano non richiese
(Fotografia di Chris H.
celeberrima “Stele della vittoria” in cui Piankhy narra che, nel Naunton) alcun tributo o cessione di proprietà a Eracleopoli, governata da

84 85
L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

Pef-tjau-auy-Bastet, come invece accadde per gli altri monarchi dita d’importanza che aveva subito questa carica. L’investitura di
sconfitti, suggerendo che il trasferimento di autorità da una città Horemakhet fu molto probabilmente simbolica e derivata dall’impos-
all’altra fosse avvenuto in modo pacifico. sibilità di Shabaqo di nominare una propria figlia quale erede della
Sposa Divina, essendoci già due principesse in attesa di succedere
Nonostante fosse riuscito a sconfiggere la coalizione e dimo- a Shepenupet.
strasse una notevole riverenza per la tradizione egiziana, Piankhy
fece immediatamente ritorno in patria e pare non si sia più mosso Durante il regno di Shabaqo anche il titolo di Quarto Sacer-
da lì fino alla sua morte13. La situazione a Tebe rimase relativamente dote di Amon passò a un funzionario fedele ai kushiti, Nakhtefmut,
stabile. Un egiziano, Khaemhor (A), probabilmente imparentato con un egiziano nominato a questa carica alla morte di Kelbasken. Alcuni
i kushiti mediante matrimonio, ereditò l’importante titolo di Visir documenti scoperti di recente hanno rivelato l’esistenza di un altro
dell’Alto Egitto dal fratello e la carica di Governatore della città da Quarto Sacerdote: Udjahor, che si fregiava anche del titolo di “Grande
Kelbasken, al momento della morte di questo14. Anche se vi era già Sovrintendente della Città” e la cui sepoltura ebbe luogo nel decimo
Amenirdis come erede della Sposa Divina di Amon Shepenupet I, anno di regno di Shabaqo15. Si è pensato che questo titolo dovesse
Piankhy fece adottare una sua figlia, Shepenupet (II), come erede in essere associato con quello di “Governatore della città”16, facendo
attesa, assicurando la continuità della presenza kushita a Tebe per così supporre che Udjahor svolgesse un ruolo simile a quello di
molti anni. Kelbasken, un’ipotesi rafforzata dalla possibilità che Udjahor fosse
imparentato ai kushiti mediante matrimonio.

Il regno Di Shabaqo vide anche l’inizio di un imponente


Shabaqo (713 – 698) programma di rinnovamento, abbellimento e costruzione che in-
teressò molti templi tebani. Per la prima volta la presenza kushita
Con la successione del fratello di Piankhy Shabaqo, i monarchi a Tebe si manifestava attraverso monumenti che attribuirono una
del Delta si ribellarono all’autorità kushita fomentando disordini. nuova immagine alla città. A Karnak i lavori si concentrarono prin-
Al seguito di questo episodio Shabaqo non tardò molto a emulare cipalmente nel settore nord del recinto sacro di Amon. Una ‘Casa
i predecessori e invase l’Egitto. Questa volta riuscì però a scon- dell’oro’ fu costruita a nord dell’Akhmenu e un porticato ipostilo fu
figgere definitivamente i riottosi governatori locali e, a differenza eretto nell’entrata settentrionale del tempio principale tra il terzo e
di Kashta e Piankhy, si stabilì in Egitto, scegliendo Menfi come il quarto pilone. Nessuna di queste costruzioni è sopravvissuta. Solo
sua capitale. l’“Ingresso del Giubileo”, aggiunto da Shabaqo al piccolo tempio di
Ptah, situato nell’angolo nordest del recinto sacro di Amon, è ancora
Shabaqo continuò la politica dei predecessori nominando oggi visibile (figura 14)17.
funzionari fedeli alla causa kushita alle cariche più prestigiose dello Davanti al tempio di Luxor fu costruita un’entrata ipostila
stato tebano. La posizione di Sommo Sacerdote di Amon era rimasta intorno agli obelischi e alle statue colossali di Ramesse II e lo
vacante dalla morte di Takelot III, a causa dell’aumentata importanza spessore del primo pilone fu inciso con nuovi rilievi 18. A Medinet
attribuita alla Sposa Divina. Shabaqo ripristinò la carica nominando Habu il piccolo tempio di epoca Thutmoside dedicato ad Amon
il figlio Horemakhet, di cui una bellissima statua di quarzite rossa è fu ampliato con un cortile, formato da una doppia fila di colonne
ora esposta nel Museo della Nubia ad Assuan. Il fatto che esistano collegate da muri divisori, e con un nuovo pilone d’entrata de-
poche testimonianza riguardo a Horemakhet confermerebbe la per- dicato a Kashta19.

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

Shebitqo (698 – 690)

A Shabaqo succedette Shebitqo, uno dei figli di Piankhy. Nono-


stante vi siano alcune testimonianze che contrastano con quanto
normalmente supposto e che anticiperebbero di molto la sua ascesa
al potere20, la data di regno di Shebitqo più alta attestata è il terzo
anno. Di lui rimangono pochi monumenti a Tebe21. Per tale motivo
gli studiosi hanno concluso che il suo regno non può essere iniziato
molto prima del 693 a.C., basando questa affermazione sulla data
“ancora” dell’ascesa al trono di Taharqo, il 690 a.C., suo immediato
successore, il cui regno segna l’apice della dinastia kushita in Egitto,
ma anche l’inizio della sua fine.

Taharqo (690 – 664)

Quando Taharqo divenne faraone l’Egitto era stabile come non lo


era stato da secoli e l’egemonia kushita era salda. Le ultime tracce
della XXIII dinastia tebana erano sparite quando, durante il regno
di Shebitqo, Shepenupet I era morta e le era succeduta Amenirdis22.
Si trattava di un momento importante per i kushiti e fu associato
alla nomina di un egiziano di modeste origini a una nuova carica
che avrebbe avuto grande rilievo durante i due secoli successivi: il
Grande Maggiordomo della Divina Adoratrice. Il primo a portare
questo titolo fu Harwa.

Harwa è da lungo tempo noto agli egittologi grazie alle sue


otto statue e la sua tomba labirintica, TT37, situata nell’Assasif e tra
le più grandi di tutto l’Egitto. Il sepolcro fu il primo tra quelli sot-
terranei dell’Assasif e fonte d’ispirazione per quelli che seguirono.
Le dimensioni e la magnificenza dei monumenti di Harwa testimo-
Figura 14 niano la sua ricchezza. Questa doveva derivare da una sua notevole
Karnak, recinto sacro influenza all’interno del clero di Amon, il cui tesoro (senza dubbio
di Amon-Ra. Portale
di Shabaqo davanti aumentato dai faraoni nubiani) doveva essere la fonte del suo patri-
al tempietto di Ptah monio, e dal fatto di esercitare un peso rilevante nel governo della
(Fotografia di Chris H.
Naunton) regione. A giudicare dai suoi monumenti non vi era stato sicuramente

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

Il regno di Taharqo può essere suddiviso in due parti. La


prima (c. 690 a.C. – 671 a.C.) corrisponde al momento di massimo
splendore della dinastia nubiana: ai membri della famiglia kushita
e ai dignitari fedeli alla causa nubiana furono assegnate posizioni di
rilievo in tutta Tebe, ebbe inizio il cosiddetto “Rinascimento egizio”
con la prima di una serie di enormi tombe nell’Assasif (quella di
Harwa) e con le opere di rinnovamento cui furono sottoposti i prin-
cipali templi, su una scala mai più vista dal Nuovo Regno.
Il più grandioso e ambizioso di questi progetti fu il ‘chiosco’
che Taharqo (figura 15) fece costruire di fronte al secondo pilone a
Karnak e che dotava il tempio di un’entrata spettacolare. Formato
da dieci colonne colossali, di cui una sola rimane ancora oggi in
piedi, il chiosco aveva un’altezza di diciannove metri, con capitelli
di quasi cinque metri di diametro.
Un’altra grande opera costruttiva realizzata a Karnak, è rappre-
sentata da un’enigmatica struttura a nord del lago sacro. È molto difficile
avere un’idea precisa riguardo alla vera funzione di questo edificio a
causa del suo pessimo stato di conservazione. Sembra però che fosse
dedicato al culto congiunto del sole e del sovrano, che vi riceveva
deificazione23. Anche il complesso templare dedicato alla dea Mut fu
oggetto di un’intensa attività costruttiva durante questo periodo. Taharqo
aggiunse una nuova sezione, tra il secondo cortile e l’area del santuario,
che comprendeva una sala ipostila con otto colonne hathoriche, in linea
con quelle del Nuovo Regno disposte su tre lati del secondo cortile. Le
un individuo più ricco di Harwa fino a questo momento. Il fatto che nuove strutture vennero anche dotate di un portico d’ingresso composto
la sua nomina a Grande Maggiordomo sia probabilmente coincisa da quattro colonne collegate da muri separatori decorati con rilievi che
con l’ascesa di Amenirdis fa supporre che alle sue spalle ci fossero rappresentano Piankhy e una flotta di navi di ritorno da Karnak, con
i sovrani kushiti. Questi avrebbero creato deliberatamente la nuova Tefnakht, comandante delle truppe di Eracleopoli24. L’adiacente tempio
carica per rafforzare ulteriormente la posizione di Amenirdis. ramesside di Khonsupakhered (figura 17) ristrutturato. Questa costru-
zione, pur incorporando gran parte di quelle preesistenti, rappresenta
L’ascesa di Amenirdis lasciò anche un posto vacante nell’ha- l’unico santuario interamente edificato ex-novo dai faraoni kushiti in
Figura 15 rem di Amon con Shepenupet II ora erede. Taharqo ne approfittò tutto l’Egitto25.
Karnak, tempio di per designare una delle proprie figlie, Amenirdis (II) quale erede in
Amon-Ra. Chiosco
di Taharqo, davanti attesa, poco dopo l’inizio del suo regno. Fu probabilmente anche Oltre al chiosco di fronte al tempio di Amon a Karnak,
al secondo pilone in quest’epoca che egli diede a suo figlio Nesshutefnut il titolo di
(Fotografia di Chris H. portici d’entrata furono aggiunti al tempio di Khonsu, al tempio di
Naunton) Secondo Sacerdote di Amon. Amon-Ra-Harakhty a est del tempio di Amon (figura 16), alla fac-

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

l’Egitto nel 674, le armate assire sarebbero però state respinte con
successo da quelle di Taharqo27. Asarhaddon si riorganizzò e tornò
ad attaccare l’Egitto con la ferma intenzione di includere la Valle
del Nilo tra i domini dell’impero assiro. Riuscì in questa impresa
nel 671 a.C. Non soddisfatto di avere sconfitto il faraone nel suo
stesso paese, Asarhaddon impose sue proprie leggi: venne stabilito
un tributo annuale e furono promulgate istruzioni per le offerte da
compiere regolarmente agli dei assiri nei templi egiziani. Asarhad-
don confermò l’autorità dei governatori locali egiziani che lui con-
siderava degni della sua fiducia e ne installò di assiri nelle regioni
in cui ritenne fosse necessario. I nomi di questi alti funzionari sono
elencati nel testo del Cilindro di Rassam, un documento assiro da-
tabile all’inizio del regno del suo successore Assurbanipal28. Come
la stele di Piankhy, il Cilindro di Rassam fornisce “istantanee”
sulla situazione politica dell’Egitto in un momento ben preciso.
È impossibile però sapere quanto i governatori assiri restarono in
carica, soprattutto perché Taharqo riuscì a riconquistare l’Egitto
fino a Menfi e a restaurare il governo kushita.

ciata settentrionale del tempio di Amon-Ra-Montu a Karnak-Nord,


al tempio di Mut e forse anche nel tempio di Hatshepsut di Deir
el-Bahri, dove il porticato d’entrata del santuario ha una pianta
tipicamente kushita26.

Nonostante l’impossibilità di datare questi monumenti in


modo preciso, sembra probabile che la maggior parte dell’attività
Figura 16
costruttiva abbia avuto luogo durante la prima parte del regno di Figura 17
Tempio di Ra-Horakhty
a est del tempio di Taharqo. La seconda fu infatti caratterizzata da una serie di attac- Karnak, recinto sacro di
Amon-Ra a Karnak chi al paese da parte dell’esercito assiro che condussero alla fine Mut. Tempio di Khonsu-
(Fotografia di Chris H. pakhered (Fotografia di
Naunton) del regno kushita. Pare che Asarhaddon abbia tentato di invadere Chris H. Naunton)

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

Molti dei governatori citati dal Cilindro di Rassam non


erano assiri, bensì egiziani a cui era stato attribuita la gestione di
una particolare località. Il paese era dunque ampiamente governato
attraverso unità amministrative locali. L’uomo di fiducia a Tebe era
Montuemhat, che mantenne questa posizione quando i kushiti tor-
narono in possesso del paese, poi durante le successive incursioni
assire e oltre. Montuemhat è ampiamente conosciuto grazie ai suoi
monumenti: le sue statue, l’enorme tomba nell’Assasif (figura 18),
situata subito a ovest di quella Harwa, e una serie di iscrizioni da
lui lasciate nel tempio di Mut a Karnak29.

I titoli principali di Montuemhat erano quelli di Quarto Sa-


cerdote di Amon e Governatore della città, la stessa combinazione
attestata per Kelbasken prima di lui. L’ultimo titolo era appartenuto
a membri della famiglia di Montuemhat per due generazioni aven-
dolo portato il nonno Khaemhor (A) e il padre Nesptah (A). Il primo
deteneva anche l’importante carica di Visir dell’Egitto Meridionale,
che dopo la sua morte era passata al figlio Pahor/Horsiesi (G) e, in
seguito, a un altro figlio, Nesmin per poi essere trasferita alla fami-
glia di Nespakashuty (C). Quest’ultimo passaggio è stato interpretato
come una rimozione deliberata della carica dalla famiglia di Mon-
tuemhat per diminuirne il potere30. Questa mossa poteva essere stata
compiuta solo dagli stessi sovrani kushiti. È probabile dunque che
durante quest’epoca, probabilmente l’inizio del regno di Taharqo, i
kushiti fossero pienamente coscienti della possibilità che individui
con grande influenza a livello locale potessero acquisire una loro
indipendenza. Il fatto che Montuemhat fosse alleato con i kushiti è
fuori dubbio. Egli era in carica prima e dopo la sconfitta di Taharqo
del 671 a.C. e fu il responsabile del programma costruttivo a Tebe
come è egli stesso a dichiarare in un’iscrizione nel tempio di Mut a
Karnak. Una delle sue tre mogli, Udjaresne, era inoltre un membro
della famiglia reale kushita. Nel 671 anche il detentore della carica
di Visir aveva una notevole influenza: il Cilindro Rassam cita il Visir
Figura 18 Nespamedu, succeduto al padre Nespakashuty (C), come governatore
Tomba di Montuemhat di Thinis nel Medio Egitto. Montuemhat era anche “Sovrintendente
(TT 34). Cortile dell’Alto Egitto’ ed era stato il primo a detenere tale carica dall’epoca
(Fotografia: Chris H.
Naunton) di Nespaqashuty (A), vissuto quasi un secolo prima sotto Sheshonq

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

III31. Assurbanipal rivendicò di avere confermato la carica alle perso- regione tebana avvenne, anche in questo caso, con la nomina della
ne citate nel Cilindro Rassam a due anni di distanza dalla loro nomina figlia di Psammetico I Nitocri a erede in attesa della Sposa Divina di
da parte di Asarhaddon. Montuemhat è citato come detentore del Amon. Si ha qui un sorprendente parallelo con quanto aveva fatto
potere su Tebe anche nel corso del successivo governo kushita. Kashta, settanta o ottanta anni prima all’inizio della XXVI dinastia.
Vari dignitari del governo kushita dimostrarono la loro fedeltà a Ni-
Taharqo avrebbe recuperato il controllo del paese, ma subì tocri offrendo doni in derrate alimentari. Tra questi compare ancora
ancora una pesante sconfitta a Memfi nel 664 a.C., questa volta per Montuemhat in compagnia del figlio Nesptah, della moglie Udjaresne
mano di Assurbanipal che lo costrinse a una nuova ritirata a sud. e di Horemkhebyt, figlio di Horemakhet, Sommo Sacerdote di Amon
Taharqo trovò morte nel corso della sua fuga. A lui succedette un e nipote di Shabaqo34.
figlio di Shabaqo, Tanutamani32.
Le Spose Divine di Amon, inclusa Shepenupet II, soprav-
vissero alla fine della dinastia kushita. Psammetico si dimostrò
esplicitamente rispettoso nei confronti di questa istituzione
Tanutamani (664 – 653) religiosa nella stele che commemora la nomina di Nitocri. In
questo testo il sovrano afferma che Amenirdis II non sarebbe stata
Dopo aver stabilito la sua autorità su Kush, Tanutamani marciò esclusa della successione35. Shepenupet II era intanto succeduta
verso nord e raggiunse il Delta dove ingaggiò battaglia contro gli a Amenirdis I come Sposa Divina poco dopo l’inizio del regno
alleati degli assiri. Nonostante fosse risultato vittorioso, il trionfo di di Taharqo. Non vi è alcuna testimonianza che associ Harwa, il
Tanutamani fu di breve durata: nel 663 Assurbanipal marciò nuo- suo Grande Maggiordomo con altre Spose Divine, facendo quin-
vamente sull’Egitto. Tanutamani fu costretto a rifugiarsi a Menfi e di supporre che, alla morte di Amenirdis I egli abbia cessato di
fu poi inseguito lungo tutto il corso del Nilo fino a Tebe. Gli eserciti occupare questa funzione o, più probabilmente, sia morto nello
assiri entrarono nella città che fu saccheggiata per le prima volta stesso periodo. Dopo Harwa fu Akhimenru a detenere il titolo di
nella sua storia secolare. Gli assiri portarono via un cospicuo botti- Grande Maggiordomo. Quest’ultimo personaggio è noto grazie
no e senza dubbio danneggiarono in modo grave i monumenti che i a otto statue e una tomba (TT 404) costruita riutilizzando una
faraoni kushiti si erano tanto preoccupati di riportare al loro antico parte incompiuta di quella di Harwa: l’entrata è praticata nel
splendore. In assenza di una vera alternativa, Tanutamani continuò muro occidentale del cortile della tomba del suo predecessore. Il
a essere menzionato a Tebe, nei testi che commemoravano la nomina nome di Akhimenru è associato a un faraone soltanto una volta:
di sacerdoti, fino al suo ottavo anno di regno33. il nome di Tanutamani appare scritto sulla spalla di una delle
statue del Grande Maggiordomo36. Le testimonianze genealogiche
Da quel momento in poi i faraoni della XXV furono sostituiti indurrebbero a ipotizzare che Akhimenru non fu investito della
da quelli della XXVI, che governavano tutta la Valle del Nilo da Sais carica di Grande Maggiordomo fino alla fine del regno di Tahar-
nel Delta. Il primo di questa stirpe fu Psammetico I (664 – 610). Neko qo. Le sue statue e la sua tomba, di minori dimensioni rispetto
I, padre di Psammetico era stato un alleato degli assiri. Malgrado a quella di Harwa, sembrano invece provare che egli mantenne
Psammetico avesse cominciato a datare il proprio regno come faraone la sua posizione anche qualche tempo dopo la morte di Taharqo.
a partire dal 664 a.C., anno corrispondente alla seconda sconfitta di Poiché Akhimenru non è attestato nella “stele dell’adozione” di
Taharqo a Menfi, il paese e Tebe non furono governati dalla dinastia Nitocris del 656 a.C., è più prudente presumere che la sua carriera
saita fino a qualche tempo dopo. La conferma del controllo della sia iniziata durante il regno di Taharqo.

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

Tra tutte le opere costruttive del periodo kushita a Tebe, spic- Montuemhat in quanto governatore di Tebe40. Questo nonostante
cano due gruppi di edifici innalzati nel nome delle Spose Divine di essi postassero titoli diversi. La conoscenza della prosopografia
Amon. Si tratta delle cappelle dedicate alle diverse forme di Osiride dell’epoca, lungi dall’essere completa, fa infatti supporre che non
nel settore settentrionale del recinto sacro di Amon a Karnak. La vi sia una precisa relazione tra i titoli e il reale potere detenuto dal
cappella di Osiride Onnofri “nel mezzo dell’albero persea” fu eretta funzionario41. È allora possibile che Harwa abbia avuto una simile
da Shepenupet I e quella di Osiride Signore di Vita da Amenirdis autorità e influenza.
I, entrambe durante il regno di Shabaqo. Quella di Osiride Gover- Le notizie sulla situazione politica precedente alla suprema-
natore dell’Eternità, costruita da Osorkon III, fu ingrandita durante zia nubiana indicano che il paese fosse in quel periodo governato
il regno di Shebitqo. Le cappelle di Osiride Signore di Vita, a nord non da un’autorità centrale ma da governatori locali. Quanto è noto
del terzo pilone, e quella di Osiride-Ptah Signore di Vita, a sud del di Montuemhat e dei sovrani di altre parti d’Egitto indurrebbe a
decimo pilone, furono invece costruite dalle Spose Divine durante supporre che questo potrebbe essere rimasto lo status quo durante
il regno di Taharqo, così come un piccolo tempio di Shepenupet II tutto il periodo kushita nonostante la propaganda reale sostenesse
e Amenirdis II a Karnak-Nord37. vi fosse stato un ritorno all’Egitto unificato. La strategia kushita di
installare funzionari fedeli in posizioni chiave imita la politica della
Il secondo gruppo di edifici è invece costituito delle cap- XXII dinastia e conferma che esistesse una forte spinta centripeta
pelle soprastanti alle tombe delle Spose Divine, costruite davanti al decentramento del potere. È perciò plausibile cercare di identi-
al tempio di Ramesse III a Medinet Habu leggermente a sud-est del ficare una linea di governatori tebani che gestivano il potere nella
primo pilone. Amenirdis I aveva imitato Shepenupet I facendosi regione con il beneplacito dei sovrani kushiti, secondo la quale a
erigere una cappella in mattoni crudi. Questa struttura fu in seguito Kelbasken sarebbero succeduti prima Harwa e poi Montuemhat.
ricostruita in pietra da Shepenupet II. La cappella è formata da una Montuemhat si sarebbe poi affrancato dalla necessità dell’approva-
facciata che imita un pilone, seguita da un cortile a quattro colonne zione dei faraoni nubiani, essendosi il suo potere accresciuto come
e un santuario. Durante la XXVI dinastia questa cappella servirà da conseguenza dell’indebolimento del loro. Una dettagliata analisi
modello per quelle di Shepenupet II, Nitocri e della madre di Nitocri, dei documenti relativi a questi funzionari dimostra che è possibile
Mehetenusekhet. utilizzare le testimonianze provenienti da Tebe come un indicatore
dell’evoluzione della situazione politica nel corso della dinastia ku-
Si è supposto che Harwa fosse il precursore di Montuemhat shita in tutto l’Egitto. All’inizio i membri più importanti del vecchio
e sicuramente l’evidenza delle loro tombe potrebbe far supporre governo erano stati rimossi, in modo relativamente veloce, e sostituiti
che il monumento del primo sia servito da modello per il celebrato da un numero di funzionari kushiti e dai loro alleati. Nel momento
Sovrintendente dell’Alto Egitto38. Il Cilindro di Rassam rivela che di maggiore potere dei nubiani (il periodo che va dalle invasioni di
Montuemhat era il funzionario detentore del potere a Tebe dal Piankhy e Shabaqo ai primi gloriosi anni di Taharqo) la supremazia
671 a.C. (e forse anche prima, dato che gli assiri avevano sempli- su Tebe fu consolidata attraverso la nomina di altri funzionari fedeli
cemente confermato il suo potere). La stele d’adozione di Nitocri alla casa regnante. Nonostante ciò, durante gli ultimi anni del regno
(656 a.C.) e il ‘Papiro dell’oracolo saita’ (651 a.C.)39 confermano di Taharqo e sicuramente verso la fine della dinastia, i dignitari egi-
che Montuemhat mantenne questa posizione di prestigio ben oltre ziani e, in particolar modo Montuemhat, si sarebbero affrancati dal
l’inizio della XXVI dinastia. Se, come è lecito supporre, le carriere controllo della casa regnante.
di Harwa e Montuemhat non si sovrapposero di molto, ne consegue Che Tebe funga da modello in questo periodo non è sorpren-
che Harwa avrebbe potuto benissimo essere anche il precursore di dente. Questa città era ancora il centro dell’amministrazione, della

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L’enigma di Harwa Christopher Naunton · Tebe durante la XXV dinastia

religione e della ricchezza dell’Alto Egitto, sede del culto di Amon 3


Cfr. Kitchen 1995. Per l’anno di ascesa al trono di Taharqo come prima data fissa nella cronologia
egiziana, si veda Parker 1960.
dio amato dai kushiti, ed era geograficamente più vicina a Kush ri- 4
Un utile riassunto di queste avvenimenti e un approfondito esame delle testimonianze si trovano
spetto a Menfi o agli altri insediamenti del Delta. Per questi motivi in Morkot 2000, pp. 157 – 161.
Tebe era stata teatro del primo atto politico compiuto dai sovrani 5
Malgrado alcuni studiosi abbiano attribuito a Piankhy, il successore di Kashta, la nomina di
Amenirdis a Sposa Divina, le successive tre eredi furono tutte poste in questa carica dal padre. Si
kushiti: la nomina di Amenirdis I a erede della Sposa Divina di preferisce perciò mantenere l’attribuzione a Kashta. Su questo, si veda Naunton 2000, p. 31.
Amon. A Tebe i monarchi della XXV dinastia realizzarono anche il 6
Leahy 1990.
più vasto programma costruttivo intrapreso a partire dalla fine del 7
Nonostante si tratti di una vecchia teoria, è stata recentemente proposta, in particolare, da Aston
Nuovo Regno. Le opere architettoniche volute dai sovrani e i mo- (1989, pp. 140 – 144). La ‘Cronaca del Principe Osorkon’ è stata pubblicata da Caminos 1958.

numenti funerari dei dignitari che, indubbiamente, beneficiarono


8
Cfr. Naunton 2000, pp. 32 – 34.
9
Per l’importanza di questi titoli cfr. Payraudeau 2003 e Naunton 2000, pp. 20 – 25, 51 - 60.
delle ricchezze conservate nel tesoro di Amon e del mecenatismo
10
Eigner 1984
kushita nei confronti della regione, sono tra le prime manifestazioni
11
Naunton 2000, p. 21. Per una data alternativa cfr. Payraudeau 2003, p. 147, n. 89.
del Rinascimento che interessò la cultura egizia di Epoca Tarda. 12
Le modalità nella successione dei re nubiani non sono state ancora comprese appieno. Per un’analisi
Tebe fu saccheggiata quando era ancora nominalmente sotto completa della questione cfr. Morkot 1999.
il dominio kushita. La sua importanza e quella delle sue istituzioni 13
Alcune studiosi hanno proposto quaranta anni come durata del regno di Piankhy. Altri hanno
religiose non per questo diminuì. L’autorità di Psammetico I su tutto avanzato l’ipotesi che la sua invasione dell’Egitto sia avvenuta molto prima di quanto normalmente
presunto (negli anni 3 o 4 invece dell’anno 20; cfr. Morkot 2000, pp. 170 – 174 ). Sembra però
il paese fu confermata attraverso la nomina della figlia Nitocri a erede più probabile che Piankhy sia morto solo quattro anni dopo questo avvenimento e questo gli
attribuirebbe un regno di ventiquattro anni e confermerebbe la data del ventesimo anno per la
in attesa della Sposa Divina di Amon. campagna in Egitto.
Tebe tra la XXV e la XXVI dinastia appare in tutta la sua 14
Naunton 2000, pp. 52 e sgg.
grandezza rispetto agli altri centri della Valle del Nilo, la cui impor- 15
Strudwick 1995.
tanza sembra ormai essere per sempre declinata. Questa immagine 16
Payraudeau 2003.
potrebbe non corrispondere alla realtà. Le testimonianze provenienti 17
Arnold 1999, p. 47.
da altre parti dell’Egitto, in particolare modo da Menfi o dal Delta, 18
PM II, p. 305.
non sono così doviziose come per Tebe. Questo periodo è inoltre 19
Arnold 1999, p. 47.
scarsamente studiato rispetto ad altre epoche della storia egizia. Le 20
Nuove testimonianze ricavate da un’iscrizione assira scoperta a Tang-I Var hanno fatto supporre
che Shebitqo detenesse il potere a Kush già nel 705 a.C. Cfr. Redford 1999 e Naunton 2000, pp.
nuove scoperte potrebbero equilibrare questo quadro e chiarire la 70 – 74 e, in risposta, Kahn 2001.
reale situazione a Tebe e nelle altre città dell’Egitto durante la dinastia 21
Arnold 1999, p. 50.
kushita. Nonostante ciò, qualora si tenga in considerazione soltanto 22
Naunton 2000, p. 37.
le testimonianze provenienti da Tebe, non vi è alcun dubbio che, 23
Arnold 1999, pp. 53 – 54.
durante la XXV dinastia, questa città assunse nuovamente un ruolo 24
Arnold 1999, p. 55 e fig. 27. Sui rilievi di Piankhy, cfr. PM II, p. 257.
egemone, tornando agli splendori del glorioso Nuovo Regno. 25
Arnold 1999, pp. 55 - 57.
26
Arnold 1999, pp. 57 - 58.
27
Morkot 2000, p. 264

Note
28
Morkot 2000, pp. 273 - 275 e Leahy 1979.
29
Per una descrizione dettagliata dei suoi monumenti e della sua carriera cfr. Leclant 1961; un breve
1
Le testimonianze archeologiche e testuali per i periodi sono analizzate molto dettagliatamente in riassunto lo si trova anche in Leclant 2000.
Kitchen 1995. Una teoria alternativa è elaborata in Leahy 1990. 30
Bierbrier 1975, p. 105. Cfr. anche Naunton 2000, p. 55.
2
Esistono molti studi sulle relazioni tra gli egiziani e nubiani. Tra i più importanti Adams 1977 e
O’Connor 1993.
31
Kitchen 1995, p. 597.
32
Leahy 1984.

100 101
L’enigma di Harwa

33
Morkot 2000, p. 297.
34
Morkot 2000, p. 300.
35
Caminos 1964, pp. 78 - 79.
36
Leclant 1954, p. 156.
37
Arnold 1999, pp. 47 – 55.
38
Russmann 1983.
39
Cfr. Parker 1962.
40
Questa ipotesi è già stata avanzata da Tiradritti 1998.
41
Ciò è ben illustrato dal Capo dei Sacerdoti Lettori Petamenofi che, nonostante non avesse altro
titolo prestigioso, era il proprietario di numerose statue e di un’enorme tomba nell’Assasif (TT
33), più grande di quelle di Montuemhat (TT 34) e Harwa (TT 33). Per una visione sommaria della
sua carriera e dei suoi monumenti cfr. Thomas 2000.

102
La Sposa Divina,
la Divina Adoratrice
e il Clero di Amon
durante la XXV dinastia

Mariam Ayad Ph.D.


Vice Direttore dell’Istituto di Arte e Archeologia Egizie
Università di Memphis, Memphis, TN 38152-3200

104
105
Mariam Ayad · La Sposa Divina, la Divina Adoratrice e il Clero di Amon durante la XXV dinastia

Nonostante le nostre conoscenze al riguardo siano ancora piuttosto


lacunose, risulta tuttavia evidente che le detentrici del titolo di Sposa
Divina di Amon raggiunsero uno status senza precedenti durante
la XXV dinastia.
Oltre ad assumere le insegne regali, come una vera regina, la
Sposa Divina di Amon aveva il titolo di nebet-tauy, cioè “Signora
delle Due Terre”, e al momento della sua nomina acquisiva, proprio
come un sovrano, un “nome di incoronazione”. Sia il suo nome di
nascita sia quello di incoronazione erano scritti all’interno del car-
tiglio reale. La Sposa Divina di Amon, inoltre, veniva regolarmente
raffigurata in scene che in precedenza erano riservate esclusivamente
al faraone, quali la celebrazione di riti regali inerenti la consacrazione
delle offerte e la presentazione di Maat agli dei. Le Spose Divine di
Amon eressero imponenti monumenti funerari sulla riva occidentale
di Tebe, nel sito di Medinet Habu, e dedicarono cappelle a Osiride
sulla sponda orientale del Nilo, all’interno del santuario di Karnak1.
Oltre ad avere un legame con la vasta tenuta del tempio di Amon a
Karnak (che potevano supervisionare), le spose divine erano provvi-
ste anche di propri possedimenti collocati sia all’interno sia all’ester-
no dell’area tebana2. Come conseguenza di ciò fu creata una nuova
Catalogo 9 categoria di funzionari il cui compito era quello di svolgere mansioni
Statuina di Amon-Ra. giornaliere connesse con l’amministrazione delle proprietà della
Torino, Museo Egizio, Sposa Divina3. Al vertice c’era il mer per ur duat-netjer o “Grande
Cat. 88 (© 2004
Museo Egizio di Torino) Maggiordomo della Divina Adoratrice”, un titolo che fu assunto per

106
107
L’enigma di Harwa

primo da Harwa le cui statue e la cui tomba all’Assasif testimoniano


la sua grande ricchezza e il suo straordinario potere4.
L’importanza della Sposa Divina di Amon può essersi af-
fermata a scapito della figura del Sommo Sacerdote di Amon il cui
ruolo sembra privo di un effettivo potere durante il dominio dei
faraoni nubiani. Nel corso della XXV dinastia il vero potere era
infatti concentrato nelle mani di funzionari come Harwa, legati alla
gestione delle proprietà della Sposa Divina, o di sacerdoti minori
di Amon, come Montuemhat, che nonostante fosse solamente un
“Quarto Sacerdote di Amon” controllava la città di Tebe ed era go-
vernatore dell’Alto Egitto. Si può quindi ritenere che gli eventi che
determinarono la conquista nubiana dell’Egitto abbiano portato a un
intenzionale rovesciamento nella struttura del potere a Tebe.
Anche se le prime testimonianze sull’esistenza di una Sposa
Divina risalgono al Medio Regno, il titolo non compare nella sua for-
ma completa (hemet-netjer en Imen) fino agli inizi del Nuovo Regno
quando è conferito a Ahmose-Nefertari5, moglie di Ahmosi (1550
– 1525), fondatore della XVIII dinastia, che, con grande generosità,
attribuì alla carica di Sposa Divina una sua tenuta indipendente.
Questa speciale donazione accordò così alla detentrice del titolo una
grande indipendenza finanziaria. Nel Nuovo Regno il titolo di Sposa
Divina era una prerogativa regale, detenuto nella maggior parte dei
casi dalla principale moglie del sovrano o, meno frequentemente,
da una delle sue figlie.
Dal momento che il titolo di hemet-netjer en Imen era ini-
zialmente associato alla sposa principale del sovrano, si è pensato
che esso riflettesse l’idea di un’unione coniugale tra il supremo dio
Amon-Ra e una donna mortale, evocando in questo modo il concetto
mitologico del concepimento divino del faraone regnante6. Questo
concepimento divino, tuttavia, non veniva evocato regolarmente. Nel
ciclo figurativo riguardante la nascita di Amenofi III (1387 – 1350),
per esempio, Amon visita gli appartamenti della madre del sovrano
Catalogo 10
ed è in seguito a questa sua visita che il re viene concepito. Ma in
Ushabty in pietra a
nome di Shepenupet. questo caso la madre del sovrano non ha il titolo di Sposa Divina di
Parigi, Museo del Amon7. Due altri titoli erano comunemente associati con la Sposa
Louvre, E 11159 (©
2004 Musée du Louvre Divina di Amon: duat-netjer (“Divina Adoratrice”) e djeret-netjer
Département des
Antiquités Égyptiennes) (“mano divina”)8. Mentre il primo si riferisce al ruolo della Sposa

108 109
L’enigma di Harwa

Divina come principale adoratrice di Amon, il secondo sembra en-


fatizzare il suo ruolo sessuale in rapporto al dio creatore che usò la
propria mano per generare da se stesso, tramite masturbazione, la
prima coppia divina: Shu e Tefnut9. La precoce associazione di una
Sposa Divina con il culto del dio itifallico Min dà ulteriore credito
all’interpretazione sessuale del titolo di Sposa Divina10, il cui ruolo
è così stato definito nel senso di “stimolare” o “risvegliare” la ses-
sualità del dio affinché egli ripeta in eterno l’originario atto della
creazione.
È però l’aspetto politico, più che i ruoli sessuali o rituali della
Sposa Divina, che nel Terzo Periodo Intermedio ne aumentò il presti-
gio sino a uno status senza precedenti. Con la fine del Nuovo Regno si
era assistito a un’incredibile crescita di potere dei Sommi Sacerdoti di
Amon: Herihor controllava l’esercito dell’Alto Egitto e si fece rappre-
sentare come re dell’Alto e del Basso Egitto nei rilievi conservati nel
tempio di Khonsu a Karnak. Herihor diede l’avvio a una nuova epoca di
“Rinascita” (uhem-mesut) in Egitto, sulla base della quale egli datava il
proprio “regno”, e mandò all’estero alcuni inviati per stipulare affari con
sovrani stranieri11. Più tardi, durante la XXII e XXIII dinastia, I Sommi
Sacerdoti erano spesso figli del sovrano regnante e arrivarono spesso a
rivendicare per sé il trono dell’Egitto.
Man mano che l’autorità del sovrano d’Egitto declinava a
fronte del sempre più potente clero di Amon a Tebe, il ruolo della
Sposa Divina di Amon ricevette nuova importanza e fu utilizzato
per sostenere le rivendicazioni della monarchia sull’area tebana12.
Anziché una regina, la Sposa Divina di Amon era ora una figlia nubile
del sovrano regnante13. La riscoperta del titolo di Sposa Divina fu
dunque dettata dalla necessità politica. L’imposizione del nubilato
alla Sposa Divina garantiva la sua lealtà al sovrano regnante dal mo-
mento che le impediva di dar vita a una sua propria dinastia rivale14.
La successione nell’incarico avveniva tramite adozione. Anche se
la tradizione del nubilato connessa con questa funzione può esser
Catalogo 12
fatta risalire a Aset, figlia di Ramesse VI (1143 – 1135), che fu anche
Ushabty in pietra di
Amenirdis. Parigi, la prima a detenere sia il titolo di Sposa Divina sia quello di Divina
Museo del Louvre, N
647 (© 2004 Musée Adoratrice15, la piena efficacia politica di questa istituzione non si
du Louvre Département affermò prima della XXIII dinastia, quando Osorkon III (788 – 760)
des Antiquités
Égyptiennes) nominò sua figlia Shepenupet I Sposa Divina.

110 111
L’enigma di Harwa Mariam Ayad · La Sposa Divina, la Divina Adoratrice e il Clero di Amon durante la XXV dinastia

Con la nomina di Shepenupet I, Osorkon III, debole sovrano dove “egli si dichiarò… sovrano d’Egitto e signore supremo di tutti
che regnava dal nord, ottenne così un controllo, seppur indiretto, i re, i capi e i principi del suo regno”18. La politica egizia di Piankhy
sull’area tebana. I sovrani libici dell’Egitto avevano regolarmente fu più aggressiva di quella del padre e, nel quarto anno di regno,
nominato membri della loro famiglia in posizioni religiose chiave. egli marciò con il suo esercito su Tebe. Il suo ingresso nella città
Alcuni principi erano stati investiti del titolo di governatore dell’Alto sembra sia stato pacifico e avesse l’intento principale di prender
Egitto a el-Hiba e di alto sacerdote di Amon-Ra a Tebe. Osorkon III parte alla Festa Opet e di offrire molti doni a Amon-Ra19. La visita
della XXIII dinastia fu però il primo sovrano a nominare la propria di Piankhy può però nascondere ragioni sia di ordine politico sia di
figlia Sposa Divina di Amon. natura religiosa20. Rendendo omaggio a Amon, Piankhy rafforzò senza
dubbio i suoi legami con l’élite tebana e promosse la sua immagine
I nubiani trassero ben presto vantaggio dall’istituzione di tradizionalista religioso. È sorprendente il fatto che nessun alto
dell’incarico della Sposa Divina per sostenere le loro pretese su sacerdote tebano sembra aver accolto Piankhy in questa occasione,
Tebe. Essi fecero “adottare” in questa né 15 anni dopo circa (ventunesimo anno di regno)21, quando egli
funzione Amenirdis I, figlia di Kashta diede inizio a una vera e propria campagna militare22. Piankhy può
(765 – 745) (fgura 19), persino prima essere stato in grado di trarre profitto dalle relazioni stabilitesi (o
di aver completato la loro invasione sviluppatesi) durante la sua prima visita. La narrazione degli eventi
dell’Egitto16. Infatti non fu prima del riportata sulla sua Stele della Vittoria suggerisce che il successo
regno di Shabaqo (713 – 698) che giunse della campagna fu largamente dovuto al sostegno e alla lealtà della
a conclusione la conquista nubiana del- comunità tebana23. Ancora una volta Piankhy fece coincidere la
l’Egitto, iniziata alcuni anni prima sotto campagna con un momento che gli consentisse di poter partecipare
Kashta17. Pochi anni dopo Amenirdis I alle cerimonie religiose che avevano luogo in quel periodo a Tebe
adottò Shepenupet II, figlia di Piankhy (la Festa di Opet e la Bella Festa della Valle), prima di unirsi al suo
(745 – 713). Più tardi, probabilmente esercito nel suo cammino verso nord, alla caccia del dinasti egizi, o
dopo la morte di Amenirdis I, Shepe- “ribelli” come Piankhy li chiamava.
nupet II adottò Amenirdis II, figlia di
Taharqo, come sua “erede legittima”. Amenirdis I, figlia di Kashta e di sua moglie Pebatma, nonché
Kashta (765 – 745) estese la sua sorella dei sovrani Piankhy e Shabaqo24, fu la prima donna nubiana
influenza su tutta la Bassa Nubia fino a detenere il titolo di Sposa Divina di Amon. Alcune testimonianze
ai confini meridionali dell’Egitto dove suggeriscono che sia la madre sia la sorella la accompagnarono da
il suo nome è attestato su una stele di Napata a Tebe e ciò può indicare che Amenirdis I fosse ancora una
donazione nel tempio di Khnum ad bambina quando le fu affidato questo incarico25. Anche se la data
Assuan. Su questa stele Kashta si pro- esatta della sua nomina non può essere stabilita con precisione26,
clama re dell’Alto e del Basso Egitto, non mancano teorie circa l’identità di colui che ne sostenne l’inve-
ma rimane tuttora da chiarire se Kashta stitura. Sulla base di alcune analogie con il sistema di successione
Figura 19 abbia effettivamente esteso la sua in- dei sovrani nubiani, Kitchen ha avanzato l’ipotesi che Amenirdis I
Statua di Amenirdis I, fluenza sino alla Tebaide. sia stata nominata nel suo incarico dal fratello Piankhy27. Török sup-
Museo Egizio del Cairo, Intorno al 745 a.C., il figlio di pone invece che, al pari di tutte le altre spose divine di Amon, Ame-
CG 565 (Fotografia di
Francesco Tiradritti) Kashta, Piankhy, fu incoronato a Napata nirdis I sia stata investita del titolo dal padre Kashta28. Dal momento

112 113
L’enigma di Harwa Mariam Ayad · La Sposa Divina, la Divina Adoratrice e il Clero di Amon durante la XXV dinastia

che sopravvisse a Kashta a Piankhy e a Shabaqo, e forse persino al ni- una serie che comprende cariche onorifiche e formali associate con
pote Shebitqo (698 – 690), Amenirdis I deve aver ricoperto l’incarico i membri dell’élite dominante30.
per almeno trenta o quarant’anni29. Collocare quindi la sua adozione Le fonti iconografiche ritraggono la Sposa Divina e non il
nel regno di Kashta allungherebbe la durata del suo incarico di circa Sommo Sacerdote nell’atto di officiare al cospetto degli dei e di
10 anni. Così, ipotizzare che sia stato Piankhy il responsabile della partecipare ai riti connessi con la protezione degli dei e del cosmo31.
sua adozione sembra essere la teoria più prudente. Piankhy potrebbe Uno di questi prevedeva che fosse dato fuoco ad alcuni ventagli con
aver preparato l’insediamento in carica di Amenirdis I durante la l’immagine dei nemici dell’Egitto. Sin dalla XVIII dinastia nella
sua prima visita a Tebe nel suo quarto anno di regno. Cappella Rossa di Hatshepsut a Karnak32, la Sposa Divina veniva
Probabilmente a causa della minaccia rappresentata dai raffigurata a fianco di un sacerdote con il titolo di “padre divino”
Sommi Sacerdoti di Amon nei confronti del sovrano regnante du- (it-netjer) nell’atto di partecipare a questo rito. Bruciare l’immagine
rante la prima parte del Terzo Perio- dei nemici dell’Egitto simboleggiava la loro “distruzione sulla terra
do Intermedio (XXI-XXIII dinastia), e nell’aldilà”33.
i Nubiani lasciarono volutamente Nella XXV dinastia la Sposa Divina prendeva ancora parte ai
vacante questa carica durante i pri- riti di protezione, ma questa volta è raffigurata a fianco del sovrano e
mi cinquant’anni del loro governo non di un sacerdote. Nella stanza “E” dell’Edificio di Taharqo presso
in Egitto. Nessun Sommo Sacerdote il lago sacro a Karnak, sia il sovrano sia la Sposa Divina partecipano
sembra avere accolto Piankhy quando ai “riti di protezione presso il cenotafio”34. Il faraone lancia quattro
questi entrò a Tebe nel suo ventune- sfere; la Sposa Divina tira invece frecce contro quattro oggetti ro-
simo anno di regno. Analogamente, tondi35. I testi che accompagnano la scena indicano che questi riti
quando Shabaqo assegnò al figlio avevano un valore cosmico o universale. Le quattro sfere utilizzati
maggiore l’alto sacerdozio di Amon, nel rituale simboleggiano i quattro punti cardinali36. I due riti così
l’incarico appare ormai privo di manifestano un tentativo di stabilire l’autorità di Amon sulle “quat-
qualsiasi effettivo potere. Il Sommo tro estremità del mondo”37. Il lancio rituale delle sfere era stretta-
sacerdote di Amon non era più potere mente connesso con altri riti magici celebrati nel tempio, ciascuno
militare né aveva una qualsivoglia dei quali era destinato “al beneficio degli dei e del cosmo”38. Nella
autorità amministrativa su Tebe o stessa stanza la Sposa Divina, e non il Sommo Sacerdote, è anche
l’Alto Egitto. Per esempio, una statua raffigurata nell’atto di innalzare sul supporto-tjeset Dedun, Soped,
del Sommo Sacerdote Horemakhet, Sobek e Horus39. Queste quattro divinità erano associate ai quattro
proveniente dal tempio di Mut a punti cardinali e possono aver rappresentato diverse manifestazioni
Karnak (figura 20), porta solamente geografiche del “dio universale Amon”40.
titoli sacerdotali: “Sommo Sacerdote I riti rappresentati nell’Edifico di Taharqo sono stati in-
di Amon, che vede Amon in tutte le terpretati come espressione della “dominazione regale e divina…
sue forme sacre” (hem-netjer tepy tesa ad allontanare qualsiasi forza maligna dal cammino o dalla
Figura 20
en Imen maa Imen tiut-ef djeseru) e processione di un dio…”41. Nella cappella di Osiride Signore di
Statua di Horemakhet. “Soprastante dei sacerdoti di Tebe” Vita, Shepenupet II aiuta a mantenere l’“ordine cosmico” offren-
Museo della Civiltà
Nubiana, Assuan (mer hemu-netjer en Uaset). I suoi do Maat a Amon e Mut42. Nel cortile della cappella funeraria di
(Fotografia di Mariam
Ayad) titoli non religiosi sono però limitati a Amenirdis I a Medinet Habu, Shepenupet II è raffigurata nell’atto

114 115
L’enigma di Harwa Mariam Ayad · La Sposa Divina, la Divina Adoratrice e il Clero di Amon durante la XXV dinastia

Il potere e l’influenza della Sposa Divina raggiunse il culmi-


ne sotto Shepenupet II, figlia di Piankhy. Fu questa che smantellò
la cappella in mattoni crudi della madre adottiva Amenirdis I per
erigerle un nuovo “monumento per l’eternità” in pietra. Shepenupet
II innalzò la propria cappella funeraria vicino a quella di sua madre
adottiva. La pianta della sua cappella in seguito fu però modificata,
per ospitare la nuova Sposa Divina di epoca saitica, Nitocri, la cui
nomina venne promossa da suo padre Psammetico I nel 664 a.C.
La manovra politica servì per assicurare ancora un altro “tran-
quillo” passaggio di potere nell’area tebana50. Per commemorare la sua
nomina, a Nitocri furono donati possedimenti nell’area tebana, nel
Medio e nel Basso Egitto51. La dimensione della dotazione che Psam-
metico I concesse alla figlia testimonia la ricchezza, e di conseguenza
l’influenza, di cui la Sposa Divina di Amon continuava a godere.

Il fatto che i sovrani nubiani usassero l’incarico di Sposa Divina


per trarre vantaggi politici nell’area tebana è ormai un fatto ben attestato.
di condurre i quattro vitelli al cospetto di Osiride, Horus e Iside Secondo una recente ipotesi, la nomina della figlia del sovrano al ruolo
(figura 21). Questa cerimonia, nota con il nome di hut-behesu43, è
strettamente connessa con il rito della consacrazione delle casse-
meret44. Un esempio di quest’ultimo sopravvive anche sulla parete
orientale del cortile della cappella funeraria di Amenirdis I45. Le
due cerimonie erano correlate tra loro ed erano spesso celebrate
insieme “durante le processioni in occasione di numerose e im-
portanti feste templari”46. Entrambi i rituali avevano connotazioni
mitiche e socio-politiche che, attraverso vari riferimenti indiretti
al mito di Osiride, simboleggiavano il dominio del sovrano su
tutto l’Egitto47. Come di consueto, solamente il sovrano d’Egitto
poteva partecipare a questi riti. Tuttavia le Spose Divine della
XXV dinastia sono solitamente raffigurate in scene che enfatizza-
no il loro stretto rapporto con Amon e lo stretto legame che esse
Figura 22
Figura 21 avevano con altre divinità48.
Papiro dell’oracolo
Medinet Habu, cappella La Sposa Divina era inoltre regolarmente raffigurata nella saita. Particolare dei
funeraria di Amenirdis sacerdoti che assistono
I. La Sposa divina di stessa scala degli dei che le offrivano la vita, la abbracciavano in senso alla cerimonia:
Amon Amenirdis tiene Montuemhat apre la fila
al lazo quattro vitelli protettivo, la purificavano, la allattavano e persino la incoronavano49.
a sinistra, Horemakhbyt
davanti alla triade divina Tali scene abbondano soprattutto nelle cappelle di Osiride a Karnak, è il personaggio più
di Abido (Fotografia di scuro al centro (da
Mariam Ayad) costruite o dedicate dalle spose divine di Amon. Parker 1962)

116 117
L’enigma di Harwa Mariam Ayad · La Sposa Divina, la Divina Adoratrice e il Clero di Amon durante la XXV dinastia

numerati dal primo (tepy: il Som-


mo Sacerdote) al quarto. Mentre
questo sistema di classificazione
in precedenza poteva indicare la
relativa importanza di ogni sa-
cerdote, sotto i Nubiani fu Mon-
tuemhat, Quarto Sacerdote di
Amon, a detenere il reale potere a
Tebe. Oltre alla sua posizione sa-
cerdotale, Montuemhat era anche
“Sovrintendente dell’Alto Egitto”
(mer Shemau). Montuemhat e i
membri della sua famiglia forni-
rono in seguito alla nuova Sposa
Divina di Amon di origine saitica,
Nitocri, enormi quantità di prov-
viste giornaliere. Montuemhat e
la sua famiglia detengono anche
un ruolo di primo piano sulla
“Stele dell’adozione di Nitocri”,
dove sono registrate nel dettaglio
le provviste quotidiane che essi
le offrono54.
di Sposa Divina serviva a legittimare l’autorità del sovrano regnante. Anche nelle scene e nei
Anche se questa teoria non può essere dimostrata, è stato analogamente testi presenti sul “Papiro dell’oracolo saitico” (figura 23), Mon-
suggerito che la rinascita dell’alto sacerdozio sotto Shabaqo (713 – 698) e tuemhat risulta avere maggior importanza rispetto al Sommo Sacer-
la nomina di suo figlio Horemakhet come Sommo Sacerdote siano serviti dote di Amon. Nella scena che raffigura la processione, egli appare
al proposito di legittimare il regno dello stesso sovrano52. Inoltre, secondo davanti al Sommo Sacerdote Horemakhbyt, figlio di Horemakhet e
questa teoria, Shabaqo avrebbe fatto ricorso all’alto sacerdozio in quanto nipote di Shabaqo (figura 22). Analogamente, mentre il nome del
non poteva assegnare a una figlia il titolo di Sposa Divina dal momento Sommo Sacerdote compare soltanto una volta nella lista dei testimo-
che c’erano già due spose divine (Shepenupet II in carica e Amenirdis II ni alla presenza dei quali fu documentato l’avvenimento, quello di
come “erede legittima”). Sebbene questa teoria possa risultare attraente Montuemhat è menzionato due volte: la prima subito dopo la firma
per alcuni, le fonti iconografiche indicano che le Spose Divine prendevano dello scriba che ha redatto il documento55.
Figura 23
parte ai riti regali per legittimare il proprio potere53.
Papiro dell’oracolo
saita. Particolare dei Sia come sia, una cosa è certa: durante la XXV dinastia avven- La lista dei testimoni del “Papiro dell’oracolo saitico” fornisce
sacerdoti che portano la
statua del dio Amon-Ra ne un drastico rovesciamento di potere nell’ambito dell’aristocrazia ulteriori dettagli circa l’organizzazione del sacerdozio di Amon nella
in processione (da tebana. Per secoli le più alte cariche sacerdotali di Amon erano stati fase di passaggio tra la XXV e la XXVI dinastia. Continua la divisio-
Parker 1962)

118 119
L’enigma di Harwa

ne del sacerdozio in 4 philay, ognuna delle quali aveva il proprio


“Sovrintendente al rito” (mer set-a), un “Lesonis” (mer shen), un
“Sovrintendente della scuola della tenuta di Amon” (mer seba en
per-Imen) e uno “Scriba dei [documenti] divini sigillati della tenuta
di Amon” (seh khetemet-netjer en per-Imen). Inoltre, il “Deputato
della tenuta di Amon” (idenu per-Imen), il “Sacerdote-uab incarica-
to dei segreti della tenuta di Amon” (uab (hery) sesheta per-Imen),
il “Tesoriere della tenuta di Amon” (mer per-hedj en per Imen), il
“Generale dell’esercito della tenuta di Amon” (mer mesha en per-
Imen) e lo “Scriba degli oracoli della tenuta di Amon” (seh biayt en
per-Imen) erano tutti presenti alla firma del documento.
Nel 586 a.C. circa Ankhenesneferibra, figlia di Psammetico II
(595 – 589), successe a Nitocri come Sposa Divina di Amon e diven-
ne l’ultima donna a ricoprire questo incarico56. In qualità di “erede
legittima” Ankhenesneferibra fu anche la prima donna ad assumere il
titolo e i doveri di Sommo Sacerdote di Amon57. Il fatto che Ankhene-
sneferibra sia sopravvissuta abbastanza a lungo per essere testimone
della conquista persiana dell’Egitto nella primavera del 525 a.C.,
risulta evidente da alcune vestigia di Karnak58. Poco dopo l’invasione
persiana Ankhenesneferibra muore e con la sua morte scompare la
carica di Sposa Divina, destinata a non ricomparire mai più. Anche
se la sua figlia adottiva Nitori B era definita Sommo Sacerdote di
Amon, ella non conseguì mai lo status di Sposa Divina59.
L’improvvisa scomparsa del titolo di Sposa Divina probabil-
mente ebbe più a che fare con il ruolo delle donne persiane nella
società, che con le dinamiche interne della teocrazia tebana60. Perché
la carica sopravvivesse sotto il dominio persiano, Nitocri B o una
delle figlie di Dario I (521 – 486) avrebbe dovuto diventare Sposa
Divina di Amon. Il fatto che Nitori B non potesse più detenere il
titolo sotto i Persiani era un effetto indiretto della politica statale
achemenide, che richiedeva l’aggiunta di “un livello di …. funzionari
[persiani] al di sopra della categoria più alta di funzionari egizia-
ni…”61. Così nessun egiziano poteva più occupare una posizione di
Catalogo 13
supremo significato economico o politico. La Sposa Divina di Amon
non costituiva un’eccezione.
Testa di ariete,
collezione privata Allo stesso modo una principessa achemenide non poteva
(Fotografia Giacomo
Lovera) diventare Sposa Divina. Nella corte persiana le figlie del re erano in

120 121
Mariam Ayad · La Sposa Divina, la Divina Adoratrice e il Clero di Amon durante la XXV dinastia

primo luogo utilizzate nella “politica matrimoniale del sovrano”62.


Non era previsto che esse detenessero una posizione di così grande
indipendenza politica, né erano istruite per farlo. Dal punto di vista
archeologico le figlie reali persiane sono invisibili63. Analogamente,
fra tutte le classi della società persiana solo le donne non sono rap-
presentate nei rilievi di palazzo a Persepoli64.
Anche qualora una regina rappresentasse per il proprio figlio
l’unico legame con il fondatore della dinastia, i documenti ineren-
ti l’ascesa al trono di questo sovrano avrebbero evitato qualsiasi
riferimento a lei65. Alle donne reali achemenidi non era concessa
l’indipendenza di cui godevano le quelle egizie. Presso la corte
achemenide le alleanze matrimoniali attraverso le principesse, e non
il loro nubilato, rispondevano al meglio alle esigenze politiche del
sovrano. Si può quindi ritenere che è proprio a causa dell’elevato
status raggiunto dalle Spose Divine di Amon durante la XXV e XXVI
dinastia che scomparve quest’incarico. Una principessa persiana non
avrebbe mai potuto ricoprire un tale ruolo.

Note
1
PM II, pp. 476 sgg.; Hölscher 1954, pp. 17 segg. Per le cappelle di Karnak, cfr. Leclant 1965, pp.
47 sgg., Legrain 1900 e 1902.
2
Per una lista dei possedimenti dati a Nitocri, cfr. Caminos 1964, pp. 100-101.
3
Cfr. Graefe 1981, Graefe 1994; Bietak, Reiser-Haslauer 1978.
4
Kitchen 1995, p. 370. Cfr. anche il contributo di Chris Naunton in questo catalogo.
5
Cfr. Gitton 1975.
6
Cfr., per esempio, Blackman 1921, p. 17. Troy 1986, pp. 97–99 porta a conferma di questa
teoria l’iconografia della “Stele della donazione” di Ahmose-Nefertari. Qui Ahmose-Nefertari ha
l’epiteto “colei che dice tutte le cose ed esse sono fatte per lei”, che si ritiene fosse stato portato
esclusivamente dalle regine principali dell’Antico Regno. Un’ulteriore evidenza deriva dal fatto
che Ahmose-Nefertari è raffigurata dietro la figura del figlio, effigiato come un bambino.
7
Robins 1983, p. 70.
8
Blackman 1921, pp. 12–13; Robins 1993, pp. 149, 153 e Troy 1986, pp. 91–92, 94–95.
9
Blackman 1921, p. 13; Gitton 1984, p. 6; Troy 1986, p. 96; Robins 1993, p. 153.
Catalogo 11 10
Troy 1986, pp. 91–92, 96.
Cono funerario a nome
di Amenirdis I. Parigi,
11
Cfr. “The Report of Wenamun” in: Lichtheim 1980, p. 224–230.
Museo del Louvre, E 12
Trigger, Kemp, O’Connor, Lloyd 1983, p. 241. Sul ruolo politico e politicizzato della Sposa Divina
863 (© 2004 Musée di Amon, cfr. Robins 1983; G. Robins 1993, pp. 156 sgg.
du Louvre Département
des Antiquités 13
Apparentemente Aset, figlia di Ramesse VI, fu la prima donna a essere consacrata solamente al
Égyptiennes) ruolo di Sposa Divina di Amon. Bács 1995 p. 10 suggerisce che Aset abbia ricoperto l’incarico

122
123
L’enigma di Harwa Mariam Ayad · La Sposa Divina, la Divina Adoratrice e il Clero di Amon durante la XXV dinastia

per circa venticinque anni, vivendo così sino al regno di Ramesse IX (1126 – 1108). 43
Blackman, Fairman 1949 e Blackman, Fairman 1950.
14
Cfr. Teeter 1999. Mentre Teeter sostiene che le prove per il nubilato sono piuttosto scarse, vorrei far 44
Egberts 1995, pp. 246, 333 (per il testo che accompagna la scena), tav. 120.
notare che non esistono prove a dimostrazione del fatto che le spose divine fossero sposate o in ogni 45
Egberts 1995, pp. 46, 171 (per il testo che accompagna la scena), tav. 73.
caso cercassero di generare una discendenza propria. Le evidenze iconografiche e archeologiche
indicano che esse erano donne nubili. La mia opinione è che questa carica fosse sin dall’inizio 46
Egberts 1995, p. 440.
un’istituzione essenzialmente politica e non religiosa. Concordo quindi con l’affermazione di Teeter 47
Egberts 1995, pp. 436 – 441.
secondo cui a queste donne era richiesto di non sposarsi per ragioni di ordine politico.
48
Cfr. Leclant 1965, tavv. xviii–xix, dove sia Amenirdis sia Shepenuepet abbracciano il dio Amon
15
Krauss 1980; Robins 1993, pp. 153–54.
(dalla cappella di Osiride-Onnofri).
16
Grimal 1992, p. 335. 49
Cfr. Schwaller de Lubicz 1999, pp. 645 – 647, tavv. 234, 237, e 239; Leclant 1965, fig. 3 a p. 28
17
Kitchen 1995, p. 378. e tavv. xxvii–xxviii.
18
Török 1997, p. 155. 50
Trigger, Kemp, O’Connor, Lloyd 1983, p. 335.
19
Török 1997, p. 155. 51
Cfr. le tavole in Caminos 1964, pp. 100-101.
20
Per la Festa di Opet intesa come celebrazione finalizzata a legittimare la sovranità, cfr. Bell 1997. 52
Török 1997, p. 168.
21
Datazione basata su Török 1997, p. 155. 53
Ayad 2004.
22
Kitchen 1995, p. 201. 54
Cfr. le tavole in Caminos 1964, pp. 100-101.
23
Per il testo della Stele della Vittoria, cfr. Lichtheim 1980, pp. 68–80; Grimal 1981. 55
Parker 1962, p. 1.
24
Per i rapporti di parentela della dinastia nubiana cfr. Kitchen 1995, pp. 149–150, 478. 56
Gardiner 1964, p. 354; Leahy 1996, p. 160. Leahy osserva inoltre (1996, pp. 146, 158) che nella
sua stele dell’adozione Ankhenesneferibra è definita Sommo Sacerdote di Amon (hem tepy en Imen)
25
Leahy1994; Wenig 1990, p. 345.
ancora prima della cerimonia ufficiale della sua nomina” (linea 8 della stele). Apparentemente
26
Per una discussione sull’iscrizione del Wadi Gasus cfr. Kitchen 1995, pp. 175 – 179, soprattutto ella deteneva il titolo di Sommo Sacerdote di Amon in quanto “figlia adottiva di Nitocri I”. Questo
pag. 179 dove la data della nomina di Amenirdis viene data per “sconosciuta”. può indicare che a quell’epoca la posizione di Sommo Sacerdote non era così importante come
quella di Sposa Divina. Leahy sostiene inoltre (1996, p. 162) che sebbene Nitocri B fosse la sua
27
Kitchen 1995, pp. 151, 359.
erede designata, sembra che l’avvicendamento tra le due donne non abbia mai avuto luogo. La
28
Török 1997, pp. 148 – 150. Qui Török segue la teoria avanzata da von Zeissl 1955, p. 68, e stele fu pubblicata la prima volta da G. Maspero (1904).
accettata da Alan Gardiner (1964, p. 343). 57
Gardiner 1964, 354.
29
Kitchen 1995, pp. 478, 480. 58
De Meulenaere 1968, p. 187; cfr. anche Barguet 1962, pp. 6, e 14 dove il suo nome è associato
30
Lefébure 1925. a quello di Psammetico III.
31
Ritner 1993, pp. 207 – 212. 59
Leahy 1996, p. 162. Per quel che concerne Nitocri B come Sommo Sacerdote di Amon, cfr.
Vittmann 1978, p. 63. Si osservi che solamente qui viene fornita la data della sua nomina. Poco
32
Robins 1993, p. 112, figg. 41, 42 (relative, rispettivamente, ai blocchi 37 e 292 della Cappella
altro si conosce circa l’alto sacerdozio e la teocrazia tebana sotto il dominio persiano.
Rossa). Questa scena è stata studiata da Gitton 1976, 40 – 41; Naguib 1990, pp. 215 – 217 e
Grimm 1988. 60
Quanto segue è la sintesi di una ricerca che ho pubblicato: Ayad 2001.
33
Ritner 1993, p. 158. 61
Johnson 1994, p. 150.
34
Parker, Leclant, Goyon 1979, tav. 25; Leclant 1965, tav. xlvii e Fazzini 1988, 23 e pl. xxvi. Per il 62
Brosius 1996, p. 189.
rito del lancio delle quattro sfere come rituale osiriaco, cfr. anche Étienne 2000, pp. 36 – 39. 63
Non avendo proprie tombe, è stato suggerito che le figlie reali venissero sepolte dentro le tombe
35
Fazzini (1988, 23) identifica erroneamente la figura che lancia le sfere come una sposa divina. dei loro padri. Per i complessi funerari di Dario I e dei suoi successori a Naqshi Rustam/Persepoli,
Cfr. Parker, Leclant, Goyon 1979, tav. 25 cfr. Root 1979, p. 72. Per l’ipotesi secondo cui queste donne potrebbero essere state sepolte con
i loro mariti, cfr. Brosius 1996, p. 102.
36
Goyon 1975.
64
Root 1980, p. 5. La loro assenza, comunque, è stata spiegata come un’estensione della tradizione
37
Parker, Leclant, Goyon 1979, p. 69.
assira di non raffigurare le donne. Ciò resta tuttavia indicativo del loro status nella società.
38
Ritner 1993, p. 207. Altri riti comprendevano “riti basilari di purificazione, il rituale di Apopi, il 65
Per esempio Serse, i cui documenti inerenti la sua ascesa al trono non fanno alcun riferimento a
rito contro Seth, [e] i riti di Sokar-Osiride”.
sua madre Atossa, nonostante il fatto che costei fosse la figlia di Ciro, fondatore della dinastia.
39
Parker, Leclant, Goyon 1979, pp. 65 – 69 e tav. 26; e Leclant 1965, tav. xlviii. Cfr. Sancisi-Weerdenburg 1983, pp. 25–26.
40
Parker, Leclant, Goyon 1979, p. 69.
41
Fazzini 1988, p. 23.
42
Leclant 1965, fig. 6 a p. 31 e tavv. ix, xxiv. Per una lista di scene raffiguranti una sposa divina
nell’atto di offrire Maat, cfr. Teeter 1997, pp. 113 – 115.

124 125
La necropoli
dell’Assasif
fino alla
XXVI dinastia

Silvia Einaudi
Membro della Missione Archeologica Italiana a Luxor

126
127
Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

Con il toponimo “Assasif” si indica la vasta piana antistante i templi di


Deir el-Bahri, sulla riva occidentale del Nilo, nei pressi della moderna
Figura 24
cittadina di Luxor (figura 24). La zona, protetta da montagne rocciose
Carta dell’Assasif,
da: D. Eigner, Die che formano uno spettacolare anfiteatro naturale, si estende oltre il
Monumentalen limite della fertile terra coltivata, ai margini del deserto pietroso, dove
Grabbauten der Spätzeit
in der Thebanischen il paesaggio assume, a seconda delle ore del giorno, varie sfumature di
Nekropole
colori che vanno dal rosa intenso al bianco abbacinante.

129
L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

L’Assasif non è che una delle aree in cui si suddivide, con- Frequentata sin dall’Antico Regno, la piana dell’Assasif
venzionalmente, la grande necropoli tebana dove gli antichi Egizi incominciò a ospitare le prime tombe tra la fine del Primo Periodo
inumarono in epoche successive i propri morti. Le altre zone di Intermedio e l’inizio del Medio Regno, andando incontro a un utilizzo
sepoltura limitrofe sono designate con diversi nomi di origine araba: discontinuo che si sarebbe fatto particolarmente intenso in epoca
el-Tarif, Dra Abu el-Naga, el-Khokha, Sheikh Abd-el-Qurna, Qurnet tarda. Fu certamente la costruzione del tempio funerario di Men-
Murrai, e a esse vanno aggiunte le tombe del villaggio operaio di Deir tuhotep II (fine XI dinastia, 2065 – 2014) a Deir el-Bahri a stimolare
el-Medina e le celeberrime necropoli regali delle Valli dei Re e delle la nascita della antistante necropoli dell’Assasif, dove i privati di
Regine. Tutte queste aree di inumazione ricoprono, nel loro insieme, alta condizione sociale scelsero di essere sepolti per essere vicini
un territorio molto vasto, la cui connotazione funeraria è legata alla al luogo di culto e di sepoltura del sovrano che aveva ricostituito
sua stessa collocazione geografica sulla sponda occidentale del Nilo, l’unità nazionale ed era ritenuto l’iniziatore della regalità tebana.
tradizionalmente identificata, nel pensiero egizio, con il regno dei Questi primi ipogei furono realizzati sul pendio collinare che deli-
morti dove ogni notte il sole “muore” e si inabissa nel tenebroso mita l’area verso nord1, o sulla spianata prospiciente il tempio stesso2
aldilà, prima di rinascere a nuova vita il giorno seguente. Collocare dove vennero poi in gran parte obliterati da costruzioni successive,
le tombe verso occidente aveva quindi per gli antichi egizi un forte in particolare dalla lunga via di accesso ai templi di Hatshepsut e di
valore simbolico, che si manifestò sin dall’Antico Regno nella realiz- Tuthmosi III (XVIII dinastia,1479 – 1425) innalzati a ridosso della
zazione di molte altre necropoli disseminate lungo la Valle, a ovest falesia rocciosa di Deir el-Bahri.
del Nilo (dalla zona menfita sino ad Assuan, passando per il Fayum Proprio in quest’epoca, e più in generale nel Nuovo Regno, la
e il Medio Egitto). Il Nilo era l’elemento che fungeva da separatore necropoli dell’Assasif visse una fase di minor sfruttamento a favore di
chiaro e tangibile tra i due mondi, lontani ma complementari: l’ovest altre zone limitrofe, soprattutto di Sheikh Abd el-Qurna che conobbe
inteso come terra dei morti, l’est destinato ai vivi. allora un notevole incremento. Questo fenomeno è stato spiegato con la
Anche a Tebe la riva occidentale del grande fiume fu quindi vicinanza stessa dei templi di Deir el-Bahri e in particolare con lo svol-
scelta come luogo ideale per seppellire i defunti, oltre a essere la gimento della Bella Festa della Valle, un’importante cerimonia religiosa
sede di numerosi templi funerari destinati al culto postumo di diversi che aveva nel santuario di Hatshepsut una delle principali stazioni di
sovrani. Tutta la zona, con le sue valli, le propaggini dell’altopiano sosta per la barca divina del dio Amon, durante il suo pellegrinaggio
libico e le gole inaccessibili, si mostrò particolarmente adatta a sulla sponda occidentale di Tebe. Secondo questa teoria, la forte conno-
ospitare le tombe, sia quelle monumentali e ben visibili, sia quelle tazione sacra dell’intera zona dell’Assasif potrebbe aver rappresentato
occultate e nascoste per ragioni di sicurezza. in quel periodo un freno verso la costruzione di nuove sepolture3.
La vita della necropoli tebana, una delle più vaste e importanti I pochi ipogei dell’Assasif risalenti alla XVIII dinastia sono
del mondo antico, fu particolarmente lunga: essa fu sfruttata, a fasi al- disposti lungo il margine meridionale della spianata, a ridosso della
terne, sin dall’Antico Regno, arrivando a ospitare centinaia di tombe, in vicina zona di el-Khokha. Qui sono state portate alla luce le tombe di
parte ancora da scoprire. Proprio il suo utilizzo prolungato, con la scelta Puimra (TT4 39), vissuto sotto Hatshepsut e Tuthmosi III, di Kheruef
privilegiata di alcune zone rispetto ad altre a seconda delle epoche, non (TT 192), del visir dell’Alto Egitto Amenhotep (s.n.)5 e di Parenefer
consente un discorso in termini generali, rendendo necessaria una sua (TT 188), queste ultime tre databili al periodo compreso tra i regni di
suddivisione in piccole aree al cui interno le tombe mostrano caratteristi- Amenofi III e IV (prima metà del XIV secolo a.C.). Tra questi ipogei,
che cronologiche, architettoniche e stilistiche più omogenee. Di queste particolarmente degno di nota è quello del Grande Maggiordomo
zone di sepoltura sviluppatesi sulla riva occidentale dell’antica Tebe della regina Teye Kheruef che, seppur non ultimato, contiene un
una delle più complesse e vaste è appunto la necropoli dell’Assasif. repertorio iconografico straordinariamente vivace e raffinato, le cui

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L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

scene in rilievo costituiscono un eccellente esempio della classica divenne la principale necropoli tebana, protagonista di uno sviluppo
ed elegante produzione artistica dell’epoca. tanto rapido quanto monumentale. Questa nuova e straordinaria fase
I dintorni di questa tomba e la zona immediatamente a est di edilizia si inserisce in un contesto storico che ne spiega, sotto molti
essa continuarono a essere utilizzati come luogo di sepoltura in età aspetti, la nascita e l’evoluzione. La XXV dinastia rappresentò infatti
ramesside6, quando tuttavia le zone delle necropoli tebane più fre- per l’Egitto un profondo cambiamento socio-politico. Dopo che per
quentate furono quelle di el-Khokha e di Dra Abu el-Naga. Gli ipogei anni il paese era stato governato da dinastie originarie del nord (le
ramessidi, talora usurpati in epoca saitica, restarono concentrati nel cui capitali e necropoli regali si trovavano nel Delta), si assiste a un
settore meridionale dell’Assasif, in un’area relativamente ristretta repentino cambio di tendenza. Nella seconda metà dell’VIII secolo
molto vicino alla via di accesso al tempio di Mentuhotep II (intorno a.C. l’Egitto venne conquistato dai sovrani nubiani e Tebe, all’epoca
all’attuale casa del Metropolitan Museum od Art di New York). importante luogo di culto del dio Amon, tornò a essere un centro
Alla fine del Nuovo Regno quindi la zona dell’Assasif aveva politico di primo piano, dove i funzionari locali nominati dai nuovi
già vissuto diverse fasi di utilizzo e di riutilizzo, più o meno intense, conquistatori gestivano di fatto il potere sull’Egitto meridionale. La
che lasciavano però ancora molti spazi da sfruttare a scopo funerario, nuova aristocrazia locale, costituita da personaggi che univano ca-
a differenza di altre zone limitrofe dove le tombe si erano fatte sempre riche di tipo istituzionale ad altre di natura religiosa, scelse quindi
più numerose e fitte. In particolare risultava in gran parte inutilizzata come sede per la propria necropoli l’Assasif, un luogo vasto, protetto
la vasta spianata antistante i templi di Deir el-Bahri, dove sorgevano da colline e montagne, vicino agli antichi templi di Deir el-Bahri
ancora le lunghe vie di accesso ai complessi monumentali costruiti che, seppur in gran parte in rovina, mantenevano la loro aura di
a ridosso della montagna. Con l’inizio del Terzo Periodo Intermedio, sacralità. In particolare dovevano conservare un profondo valore
se non prima, i due templi di Mentuhotep II e di Tuthmosi III7 furo- simbolico sia i resti del tempio funerario di Mentuhotep II, sia il
no però progressivamente abbandonati e ciò determinò certamente tempio di Hatshepsut. In questa spianata i funzionari di Tebe pote-
una serie di cambiamenti nella piana dell’Assasif, dove solamente rono dar libero sfogo al proprio desiderio di grandezza e alle proprie
il tempio di Hatshepsut e la sua via di accesso furono risparmiati ambizioni architettoniche, sottolineando la novità e il netto distacco
dalla distruzione8. dalle epoche immediatamente precedenti. Nel fare ciò essi furono
L’interesse per quest’area come luogo di inumazione rimase certamente favoriti dalla politica dei nuovi sovrani conquistatori, già
scarso anche nel periodo post-ramesside, dalla XXI sino alla XXIV imbevuti di cultura “egittizzante” e desiderosi di apparire agli occhi
dinastia, quando numerose sepolture di privati furono concentrate dei sudditi come difensori e garanti della millenaria tradizione loca-
nelle immediate vicinanze dei templi di Deir el-Bahri o vicino al le. La piana dell’Assasif iniziò così a riempirsi di imponenti tombe
Ramesseo. Le uniche sporadiche testimonianze di costruzione di sotterranee, fornite nella maggior parte dei casi di sovrastrutture in
quell’epoca nell’Assasif sono rappresentate da resti murari della mattoni crudi. Con la XXV dinastia, dopo più di tre secoli durante
XXII-XXIII dinastia, rinvenuti a ridosso di tombe più tarde. L’Assasif i quali nella necropoli tebana ci si era limitati a seppellire i defunti
si presentava quindi, agli inizi della XXV dinastia, come una zona entro antiche tombe usurpate o in semplici ipogei collettivi disadorni,
ricca di potenzialità e praticamente inutilizzata in molti settori, per- tornò in auge un tipo di costruzione funeraria monumentale che fece
ciò particolarmente adatta alle esigenze di una nuova classe sociale rivivere alla Tebaide i passati splendori.
emergente, desiderosa di sottolineare, anche attraverso l’architettura Harwa, Grande Maggiordomo 9 della Divina Adoratrice
funeraria, la propria autorità, il proprio prestigio e il proprio legame Amenirdis I la cui attività si colloca tra il 700 e il 680, fu il primo a
con le antiche tradizioni. È proprio in quel periodo, che va sotto il optare in epoca tarda per questa zona della necropoli tebana come
nome di “Rinascimento egizio” (XXV-XXVI dinastia), che l’Assasif luogo per la propria sepoltura (TT 37). La sua scelta, intesa come

132 133
L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

un evidente segno di rinnovamento, fu ben presto seguita da altri e sformarono il sottosuolo dell’Assasif in una succedersi continuo di
segnò così l’inizio di una nuova e solenne tradizione nell’architettura ambienti scavati su più livelli nella roccia calcarea, cosicché spesso
funeraria egizia. La tomba di Harwa, costruita vicino ad alcune tombe nella realizzazione di un sepolcro si arrivò a sfiorare quello vicino.
più antiche, soprattutto della XVIII dinastia e di epoca ramesside, si L’intenso sviluppo dell’Assasif risulta tuttora percepibile anche a
trova esattamente in direzione del tempio funerario di Mentuhotep livello del suolo, dove le tombe sono caratterizzate nella maggior
II, al di sotto della sua antica via di accesso, che fu in gran parte parte dei casi da sovrastrutture in mattoni crudi la cui funzione
smantellata proprio in occasione della costruzione del sepolcro, era quella di delimitare in superficie l’area di sviluppo sotterranea
quando il tempio era ormai in disuso10. Nonostante la condizione della tomba, oltre a indicarne l’accesso, talora per mezzo di massicci
di rovina in cui versava il santuario, è probabile che all’epoca di piloni. Proprio a questo proposito la tomba di Harwa rappresenta
Harwa la figura di Mentuhotep II avesse ancora un forte significato però un’eccezione, in quanto è una delle poche (l’unica tra quelle di
storico-politico e ciò spiegherebbe la scelta del funzionario che, pur maggiori dimensioni) a essere priva di una sovrastruttura in muratura
avendo a disposizione una vasta area vergine nella zona centrale e ad avere l’ingresso orientato verso sud, contrariamente all’abitudine
dell’Assasif, fece edificare la propria tomba nel settore meridionale di rivolgere l’accesso degli ipogei verso nord, in direzione della via
della spianata, già in parte sfruttato nella XVIII dinastia e in epoca di accesso del tempio di Hatshepsut.
ramesside, affinché essa fosse perfettamente allineata con il tempio Nel costruire le proprie tombe gli immediati successori di
del faraone. La presenza di alcuni ipogei più antichi rese necessari Harwa non si allontanarono dal sepolcro del loro ideale capostipite:
alcuni cambiamenti nella pianta della tomba, in particolare per quel Akhimenru, che ricoprì il ruolo di Grande Maggiordomo della Divina
che riguarda la conformazione della parte meridionale del corridoio Adoratrice subito dopo Harwa, sfruttò addirittura, modificandola in
che circonda l’ipogeo, il cui andamento fu modificato durante i lavori parte, la porzione settentrionale del corridoio perimetrale di questa
proprio per evitare di imbattersi in tombe preesistenti. tomba per ricavarvi i propri ambienti funerari (TT 404). Nel volgere
La tomba di Harwa rappresenta nel suo genere un nuovo pro- di poco più di un secolo l’ipogeo di Harwa venne così a essere circon-
totipo nella costruzione dei sepolcri tebani: non solamente la zona dato da una serie di costruzioni funerarie addossate a esso e disposte
dell’Assasif divenne, a partire da Harwa, il luogo di sepoltura pre- a raggiera lungo i suoi lati. Le prime a essere edificate furono le due
diletto dagli alti funzionari locali, bensì alcuni aspetti architettonici tombe maggiori dell’intera necropoli dell’Assasif: a ovest la tomba
e artistici della tomba furono riprodotti, come vedremo, negli ipogei di Montuemhat (TT 34), Quarto Sacerdote di Amon e Governatore
limitrofi che occuparono, poco a poco, l’intera spianata, a sud della di Tebe nel periodo compreso tra i regni di Taharqo (690 – 664) e
via di accesso di Hatshepsut. La rampa che conduceva al tempio della Psammetico I (664 – 610), e a est la tomba di poco successiva del
regina rimase infatti a segnare il limite settentrionale della necropoli, Sacerdote Lettore Petamenofi (TT 33), seguite poi a nord da quelle
essendo ancora in epoca tarda un luogo deputato per lo svolgimento più piccole di Pabasa (TT 279, regno di Psammetico I) e Padineith
della Bella Festa della Valle. In quest’epoca quindi, a differenza di (TT197, regno di Amasi, 570 – 526), entrambi detentori del titolo
quanto ipotizzato per il Nuovo Regno, la sacralità della spianata non di Grande Maggiordomo della Divina Adoratrice. A eccezione della
doveva più rappresentare un’inibizione per la realizzazione di tombe sovrastruttura in mattoni crudi che costituisce una novità, queste
private, bensì era divenuto un motivo di attrazione. tombe mostrano alcuni elementi comuni già presenti nell’ipogeo di
Nel giro di circa due secoli l’Assasif divenne un crogiolo di Harwa: un cortile a cielo aperto sotto il livello del suolo (talora por-
tombe, costruite le une a ridosso delle altre, sin verso la Valle del ticato su due lati), e una o più sale ipostile sotterranee con ambienti
Nilo. Tale intensa fase di sfruttamento edilizio influì certamente laterali, oltre le quali si sviluppano, su diversi livelli, il gli ambienti
sull’orientamento e sulle dimensioni delle singole tombe che tra- che conducono alla camera funeraria.

134 135
L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

A livello architettonico la tomba di Montuemhat è certa- modello, prima di andare in rovina. Nell’ambito del nostro lavoro
mente una delle più impressionanti dell’intera necropoli, la prima, di ricomposizione epigrafica relativo alla tomba di Harwa, l’antico
insieme a quella di poco successiva Petamenofi, a essere provvista e fedele lavoro di copiatura operato nella tomba di Pabasa rappre-
di un’imponente cinta muraria con pilone d’accesso, che di lì in senta quindi un aiuto fondamentale e insperato che ci consente di
avanti diventerà una costante. Il ruolo di questo monumento come ricomporre (e ricollocare nella sua corretta posizione) l’originario
modello di riferimento per un nuovo tipo di costruzione funeraria corpus testuale e iconografico originariamente iscritto su pilastri e
nell’Assasif è stato però talora sopravvalutato, dal momento che pareti andati in frantumi.
alcuni elementi architettonici e artistici peculiari si ritrovano già, Immediatamente a est rispetto alla tomba di Harwa sorge
come sottolineato, nella tomba di Harwa prima di essere ripresi, e l’ipogeo di Petamenofi, il più grande dell’intera necropoli dell’Assa-
talora reinterpretati con leggere varianti, nei sepolcri vicini. È Harwa sif, poi parzialmente sfruttato per altre sepolture di epoca successiva
quindi che deve essere considerato come il vero iniziatore di quel- (TT 388, TT 242).
la nuova tendenza stilistica che caratterizza le tombe dell’Assasif Con questa co-
della XXV-XXVI dinastia, contraddistinte da un’evidente riscoperta struzione molto
delle origini e delle tradizioni antiche, a iniziare dalla scelta delle estesa, orientata
iscrizioni funerarie, molto spesso tratte dai Testi delle Piramidi, e verso nord-est
delle scene figurate che richiamano in molti casi il tipico repertorio come la di poco
iconografico e stilistico dell’Antico Regno. anteriore tomba
Emblematiche sono a questo proposito le immagini riprodotte di Montuemhat,
in finissimo rilievo sulle pareti del cortile della tomba di Harwa: teo- gli spazi dispo-
rie di animali al pascolo, scene di danza, figure di portatori di offerte nibili per ulte-
che tradiscono evidenti legami con l’antica arte menfita. Da questo riori inumazioni
punto di vista la tomba di Harwa è quindi il primo chiaro esempio, a ridosso della
nella necropoli tebana, di quel fenomeno di rivisitazione delle tomba di Harwa
antiche espressioni artistiche tipico del cosiddetto “Rinascimento si ridussero dra-
egizio”. Il ruolo paradigmatico della tomba di Harwa, considerata sticamente, con
dai funzionari tebani immediatamente seguenti come un modello da la conseguenza
imitare, è particolarmente evidente nel caso dell’ipogeo di Pabasa. che si iniziò a
La sua tomba, seppur di dimensioni molto ridotte rispetto a quella sfruttare la zona
vicina di Harwa, trasse da essa evidente ispirazione soprattutto a immediatamen-
livello decorativo, come è riscontrabile in alcune scene riprodotte te più orientale
sul lato orientale del cortile colonnato (scena di pesca), nei testi dell’Assasif, in
che ornano i pilastri e le pareti della sala ipostila (Rituale delle Ore direzione della
del Giorno e della Notte, Testi delle Piramidi), e nella scena del Figura 25 Valle del Nilo,
trapasso del defunto accompagnato nell’aldilà da Anubi (sulla pa- Pianta della tomba di dove sono sta-
rete della porta che conduce agli ambienti secondari a sud-est della Harwa, da: D. Eigner, te trovate una
Die Monumentalen
sala ipostila). In tutti questi casi i decoratori copiarono fedelmente Grabbauten der Spätzeit serie di piccole
in der Thebanischen
immagini e iscrizioni dalla vicina tomba di Harwa che funse da Nekropole sovrastrutture

136 137
L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

preesistenti e finendo per ricoprire con la propria sovrastruttura una


parte del corridoio perimetrale di Harwa e alcune camere funerarie
di Akhimenru. Anche a sud della tomba di Harwa, nelle pochissime
zone ancora da sfruttare, riuscirono a insinuarsi tre piccole sepoltu-
re: quella del Ciambellano della Divina Adoratrice Bintenduanetjer
(TT 407), risalente alla fine della XXV dinastia, e quelle della XXVI
dinastia appartenute rispettivamente a Wahibra Nebpehety (TT 191),
anch’egli Ciambellano della Divina Adoratrice, e al Sindaco di Tebe
Pemu (TT 243), che usurpò una precedente tomba ramesside. Tutta
questa serie di ipogei posti a corona della tomba di Harwa rappresenta
un tangibile riconoscimento dell’autorità e del prestigio di cui godette
questo personaggio sino in epoca saitica, soprattutto tra coloro che
ricoprirono dopo di lui lo stesso incarico. Il sovraffollamento venuto-
si a creare nelle immediate vicinanze del sepolcro di Harwa indusse
tuttavia Ankhhor (TT 414)12 e Sheshonq (TT 27)13, entrambi Grandi
Maggiordomi della Divina Adoratrice vissuti nella XXVI dinastia, a
scostarsi con le loro tombe dall’ipogeo di Harwa, preferendo il settore
più orientale dell’Assasif, ancora meno sfruttato14. In particolare la
tomba di Sheshonq rappresenta il limite estremo della necropoli di
epoca tarda verso est, essendo la costruzione funeraria più vicina alla
databili alla XXV e XXVI dinastia, oltre a tre tombe appartenute ad terra coltivata15. Questo allontanamento non fu però un fenomeno
altrettanti personaggi vissuti all’epoca di Psammetico I: il Sindaco definitivo, dal momento che l’immediato successore di Sheshonq,
di Tebe Basa (TT 389), e i due funzionari al servizio della Divina Padineith, scelse, come si è visto, di essere sepolto vicino alla tomba
Adoratrice Psammetico-dierneheh (TT 411) e Mutirdis (TT 410). di Harwa, concludendo così la stagione degli ipogei monumentali
Che la tomba di Harwa continuasse tuttavia a essere un importante dell’Assasif là dove essa era iniziata circa due secoli prima.
fulcro di attrazione, catalizzando intorno a sé altre sepolture anche Alla fine della XXVI dinastia la spianata dell’Assasif, sottopo-
durante la XXVI dinastia, risulta evidente dal fatto che quasi tutti i sta sino ad allora a un intenso sfruttamento che ormai non lasciava
Grandi Maggiordomi delle Divine Adoratrici vissuti dopo di lui si più grandi spazi edificabili, venne quindi abbandonata.
fecero seppellire il più possibile vicino alla sua tomba, adattando
le proprie costruzioni funerarie ai pochi spazi rimasti vuoti. Così Da quanto detto sinora, emerge quindi che la necropoli del-
fecero Ibi (TT 36, regno di Psammetico I)11, la cui tomba ha una l’Assasif, nella sua fase di maggior utilizzo durante la XXV-XXVI di-
sovrastruttura con andamento irregolare influenzata dalla presenza nastia, rimase strettamente legata alla tomba di Harwa, considerata un
della vicina tomba di Petamenofi; poi Pabasa, che arrivò a sfiorare indiscusso punto di riferimento e una sorta di prototipo da imitare,
Figura 26 con i suoi ambienti funerari il corridoio settentrionale della tomba di non solo per quel che riguarda alcuni elementi architettonici della
Immagine della tomba Harwa, quindi Padihorresne (TT 196), sepolto a ridosso della tomba pianta, ma anche per il tipo di decorazione. A questo proposito è
di Osiride, da un di Ibi, e infine Padineith, che fece costruire la propria tomba nell’ul- degna di nota una particolare componente dell’ipogeo che fu ripresa,
sarcofago del Museo di
Marsiglia timo spazio rimasto libero verso nord, inserendosi tra le costruzioni seppur con alcune varianti, anche in molte altre costruzioni funerarie

138 139
L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

limitrofe sopra citate, ovvero il simbolismo osiriaco16.


L’ipogeo di Harwa, con il corridoio che isola (non solo mate-
rialmente, ma anche metaforicamente) gli ambienti del primo livello
sotterraneo dallo spazio circostante, appare infatti come una sorta
di riproduzione della mitica tomba di Osiride, nota nell’immagina-
rio collettivo degli antichi Egizi come un tumulo alberato posto su
un’isola (figura 25)17. Il legame della tomba di Harwa con Osiride è
sottolineato ulteriormente dalla presenza di una figura in altorilievo
del dio posta su una piccola scala addossata alla parete di fondo del
primo livello sotterraneo della tomba, in direzione dell’occidente,
sede del mondo ultraterreno, verso cui si dirige il ka di Harwa.

Osiride appare quindi come custode dell’aldilà e come tramite per


accedere al regno dei morti, ruolo che sembra evidenziato dal fatto
che al di sotto di questa statua, e quindi idealmente protetta da essa,
si trova la presunta camera funeraria di Harwa (figura 26).
Assimilare la propria tomba a quella di Osiride aveva un
profondo significato religioso e nell’ispirarsi a essa Harwa fu pro-
babilmente influenzato da due cenotafi regali di epoche precedenti:
quello assai vicino di Mentuhotep II a Deir el-Bahri (Bab el-Hossan18),
permeato di una chiara connotazione osiriaca, e il celebre Osireion
di Abido19 (XIX dinastia), l’edificio che più di ogni altro sembra es-
sere una evidente riproduzione dell’ideale sepolcro divino e la cui
pianta mostra alcune analogie con la tomba di Harwa (TT 37)20. La
componente osiriaca della tomba di Harwa costituisce certamente
una novità sostanziale nel panorama dell’architettura funeraria pri-
vata. Harwa risulta infatti il primo funzionario ad avere utilizzato
Figura 27 Figura 28 una serie di elementi tipici del sepolcro di Osiride, rimasti fino a
Pianta degli ambienti Pianta degli ambienti quel momento prerogativa, seppur sporadica, dei sovrani. Questa
funerari della tomba funerari della tomba
di Montuemhat, di Petamenofi, scelta fu certamente determinata da una concomitanza di fattori che
da: D. Eigner, Die da: D. Eigner, Die
Monumentalen caratterizzarono il contesto storico della XXV dinastia: la crescita
Monumentalen
Grabbauten der Spätzeit Grabbauten der Spätzeit di potere dei Grandi Maggiordomi delle Divine Adoratrici favorita
in der Thebanischen in der Thebanischen
Nekropole Nekropole dalla lontananza dei sovrani nubiani, oltre alla riscoperta di antiche

140 141
L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

nucleo centrale di roccia naturale, a pianta quadrata, sovrastante la


camera del sarcofago. Questo blocco di roccia può essere interpretato
come immagine del tumulo-isola primordiale posto al di sopra della
camera funeraria del dio, la cui presenza è evocata da una piccola
cappella consacrata al culto di Osiride-Hemag lungo il lato nord-
occidentale del corridoio (figura 28).
Meno evidente, almeno dal punto di vista architettonico,
appare il legame con Osiride nella tomba di Ibi (TT 36), dove la
simbologia osiriaca è comunque sottolineata dalla presenza di due
vasche destinate originariamente a contenere piante, scavate nel
suolo del cortile al di sopra della camera funeraria. In questo modo
si è voluta rappresentare la nascita della vita (sotto forma di vegeta-
zione) dal sarcofago del defunto sottostante, che appare assimilato
al mitico sepolcro divino, spesso raffigurato nell’antica iconografia
egizia come un tumulo da cui nascono gli alberi.
L’influsso di Harwa nella diffusione di elementi architettonici di
ispirazione osiriaca all’interno degli ipogei dell’Assasif durò fin verso la
tradizioni culturali, artistiche e religiose che si manifestò anche nella fine della XXVI dinastia, come ben dimostra la tomba di Ankhhor (TT
particolare fioritura del culto di Osiride in ambito tebano21. 414). Qui la camera funeraria sotterranea è sommariamente circondata
Gli aspetti osiriaci della tomba di Harwa influirono sicura- da un corridoio irregolare non ultimato, che nelle intenzioni dei proget-
mente nella costruzione di altri sepolcri dell’Assasif risalenti alla tisti avrebbe dovuto isolare e proteggere il luogo di sepoltura assimilan-
XXV-XXVI dinastia, che riprendono, nella loro struttura architetto- dolo a un’isola, secondo il modello osiriaco. Questa stanza sotterranea
nica, isolati aspetti del sepolcro del dio. Anche da questo punto di si trova inoltre in asse verticale rispetto al sovrastante luogo di culto
vista Harwa appare dunque come precursore e sperimentatore di con la statua di Osiride e tutti gli ambienti funerari sono delimitati, in
nuove tendenze che egli contribuì a diffondere nella necropoli. superficie, da un recinto in muratura chiuso e inaccessibile, simile a
Nel caso di Montuemhat (TT 34) le originarie componenti osiria- quello di Montuemhat, che può simboleggiare la collina primordiale e
che sono almeno due: la camera funeraria si trova sullo stesso asse ideale il tumulo di Osiride (figura 29).
est-ovest rispetto a due nicchie destinate ad accogliere verosimilmente Una vaga componente osiriaca sembra infine trovarsi anche
altrettante statue di Osiride22, ed era sormontata da una struttura muraria nella tomba di Sheshonq (TT 27), una delle ultime a essere costruita
in superficie che evocava, con la sua forma di recinto quadrato chiuso, nella necropoli dell’Assasif. In questo caso il nesso con Osiride emer-
il tumulo posto al di sopra della tomba del dio (figura 27)23. La presenza ge da un testo inciso sul fondo della prima sala ipostila, intorno a una
delle due presunte statue di Osiride, poste verso occidente, costituisce nicchia destinata a contenere una statua (di Osiride?). L’iscrizione,
Figura 29
un evidente richiamo alla tomba di Harwa e sottolinea anche in questo che termina sul semipilastro contiguo, riporta il capitolo 146w del
Pianta degli ambienti
funerari della tomba di caso il ruolo del dio come nume tutelare dell’aldilà. Libro dei Morti in cui si menziona il luogo di morte e sepoltura del
Ankh-hor, da: D. Eigner,
Die Monumentalen Gli ambienti funerari di Petamenofi (TT 33) richiamano dio (Nedit) al quale il defunto è assimilato nel suo cammino verso
Grabbauten der Spätzeit invece più da vicino la tomba di Harwa (e l’Osireion) per via del la camera funeraria (raggiungibile attraverso il pozzo antistante il
in der Thebanischen
Nekropole corridoio sotterraneo che delimita regolarmente su quattro lati un semipilastro) e, più in generale, verso l’aldilà24. Tale era del resto

142 143
L’enigma di Harwa Silvia Einaudi · La necropoli dell’Assasif fino alla XXVI dinastia

l’aspirazione massima di ogni defunto egizio: condividere con Osi- al lato nord del cortile.
ride il suo destino di rinascita post mortem. 11
Kuhlmann, Schenkel 1983.
Monumentalità architettonica, riscoperta dell’antico, simbo-
12
Bietak., Reiser-Haslauer 1978 e 1982.

lismo osiriaco, sono dunque gli elementi che caratterizzano la fase


13
AAVV 1993.
14
Nella zona compresa tra queste due tombe sono venute alla luce alcune piccole sovrastrutture e
di maggior splendore dell’Assasif, tra la XXV e la XXVI dinastia, ipogei minori della XXV e XXVI dinastia.
quando la necropoli divenne un importante luogo di sperimenta- 15
Le altre tombe a nord, sud ed est rispetto alla costruzione di Sheshonq si datano tutte al periodo
zione per nuove soluzioni architettoniche e dove il fenomeno del tolemaico.
Rinascimento egizio trovò concreta espressione. E in tutto questo il 16
L’analisi della componente osiriaca di molte tombe dell’Assasif costituisce una parte della mia
Tesi di Specializzazione dal titolo: La tomba di Osiride in Egitto nella tradizione scritta, iconogra-
ruolo di Harwa, con le sue scelte innovative e per certi aspetti ardite, fica e architettonica, discussa il 21 aprile 2004 alla Scuola di Specializzazione in Archeologia
fu indubbiamente decisivo. dell’Università di Torino.
17
Cfr. Hugonot 1989, p. 207, figg. alle pp. 209-210 ; Koemoth 1994.
18
Arnold, pp. 51 segg.
19
Frankfort 1933.
Note
20
In particolare il corridoio della tomba di Harwa sembra ispirato al canale d’acqua dell’Osireion che
1
Tombe TT 240 e 310-316 (la tomba 312 della XI dinastia fu poi usurpata in epoca saitica). delimita l’isola centrale, il cui aspetto (con massicci pilastri e camere laterali) richiama quello
della prima sala ipostila di Harwa, inoltre la scala davanti alla statua di Osiride nella tomba di
2
La tomba TT 366 è scavata presso il limite meridionale della spianata, mentre la tomba TT 386 si
Harwa intende forse evocare le rampe di gradini che conducono sulla piattaforma dell’Osireion,
trova nella parte centrale.
dove si trovano due cavità scavate nel pavimento, simbolicamente connesse con il sepolcro del dio.
3
Strudwick, Strudwick 1999, p. 141; Bietak., Reiser-Haslauer 1978, p. 27. Per quel che riguarda 21
Evidenze archeologiche e documentarie testimoniano l’influsso che ebbe il culto di Osiride nel
invece le tombe dell’Assasif della XI e XXVI dinastia Bietak e Reiser-Haslauer ne (1978, pp. 20,
corso della XXV dinastia e in particolare durante il regno di Taharqo, contemporaneo di Harwa.
24, 27, 37)giustificano la costruzione proprio con la volontà dei privati di essere vicino al luogo
Questo faraone fece costruire all’interno del tempio di Karnak due cappelle dedicate al dio (la
in cui si svolgeva la Bella Festa della Valle, per cui si ipotizza una celebrazione, a fasi alterne, sin
cappella di Osiride Neb-djet e quella di Osiride Neb-ankh), inoltre la sua stessa tomba (o cenotafio)
dalla XI dinastia.
a Nuri (Nubia) presenta una pianta evidentemente ispirata alla tomba di Osiride, come dimostra
4
Tomba Tebana. soprattutto il corridoio che isola la parte centrale. Al regno di Taharqo risale anche una serie di
epiteti in cui Osiride è associato a Djeme, la collinetta nei pressi di Medinet Habu sotto la quale
5
Eigner 1983.
si pensava che fosse sepolto il dio. L’importanza di Osiride durante la XXV dinastia è testimoniata
6
Le tombe di epoca ramesside sono le seguenti (in ordine cronologico): TT 244, 189, 190, 193-195, altresì dall’interesse dei sovrani nubiani e delle Divine Adoratrici per la zona a nord-est del grande
406, 364, 26, 387, 25, 28, 408, 409, 49, 187, 207 e 208. Le ultime due sono localizzate ora a tempio di Karnak, dove vennero erette o ri-erette alcune cappelle dedicate al suo culto. In particolare
el-Khokha in PM I,1, pp. 306 e 477. Kampp 1996, pp. 492 e 494 le colloca invece nell’Assasif. sembra ormai dimostrato che la cappella di Osiride Coptita di età tolemaica, vicino alla necropoli
osiriaca, fu costruita al di sopra di un precedente edificio risalente alla XXV dinastia.
7
Il tempio di Tuthmosi III fu distrutto verso la fine della XX dinastia da una frana e dal collasso
del terrapieno su cui era stato edificato. Non sottoposto a restauro, fu poi fu sfruttato come cava 22
Le due nicchie si trovano rispettivamente al termine del primo livello sotterraneo della tomba
di pietre e di esso si persero completamente le tracce sino agli scavi archeologici del secolo (come nel caso di Harwa) e sulla parete di fondo (ovest) della stanza da cui scende il pozzo che
scorso. conduce alla camera funeraria. Nel primo caso la presenza di una statua di Osiride al suo interno
è ipotetica, mentre nel secondo è stata accertata (Habachi 1947, pp. 277-278, tav. XXXII).
8
Probabilmente nel Terzo Periodo Intermedio, e con certezza in epoca tarda, continuava a essere
celebrata (o era stata ripristinata dopo una fase di interruzione) la Bella Festa della Valle strettamente 23
Questo recinto in muratura non si è conservato. Di esso sono ravvisabili solamente alcune tracce
connessa, come si è visto, con il tempio di Hatshepsut. a livello del suolo.
9
Titolo di grande prestigio politico attribuito ad alti funzionari tebani della XXV e XXVI dinastia, 24
Tiradritti1993.
nominalmente subordinati alla figura della Divina Adoratrice: un’importante carica sacerdotale
femminile nell’ambito del clero di Amon-Ra, per mezzo della quale i faraoni del Terzo Periodo
Intermedio e dell’epoca tarda tentarono di esercitare un controllo sulla teocrazia tebana, di fatto
svincolata dall’autorità centrale. Le Divine Adoratrici avevano una nutrita schiera di funzionari
al loro servizio, tra i quali i Grandi Maggiordomi, personaggi che potevano avere accesso alle
ricchezze del tempio di Amon-Ra e godevano talora di grande potere, come nel caso di Harwa
la cui attività, seppur nominalmente subordinata alla “divina adoratrice” e in ultimo al faraone
stesso, può tuttavia essere equiparata a quella di un governatore locale, cosa che spiegherebbe
la sua capacità di farsi costruire una tomba particolarmente imponente.
10
Durante le campagne di scavo della Missione Archeologica Italiana a Luxor nella Tomba di Harwa
sono venuti alla luce alcuni resti in mattoni crudi della pavimentazione e del muro di sostegno di
tale rampa, nella zona posta al di sopra del vestibolo della tomba di Harwa e in un’area soprastante

144 145
L’Egitto
del VII secolo a.C.
e il mondo greco
contemporaneo

Federica Raverta
Membro della Missione Archeologica Italiana a

146
147
Federica Raverta · L’Egitto del VII secolo a.C. e il mondo greco contemporaneo

Tebe dalle cento porte

L’obiettivo di questo intervento è di indagare in quale modo la Gre-


cia, che tra l’VIII e il VII secolo a.C. si prepara a divenire il paese
egemone nel bacino del Mediterraneo orientale, percepisse la cultura
dell’Egitto contemporaneo.
La testimonianza più autorevole per quest’orizzonte tempo-
rale è rappresentata da Omero che, nell’Iliade, e in misura minore
nell’Odissea, cita la città di Tebe d’Egitto. Nel IX libro dell’Iliade
compare la descrizione più completa:

“Anche se dieci, venti volte di più mi donasse / di


quanto ora possiede, e se altro guadagni, / quanto affluisce
a Orcòmeno, o quanto a Tebe / egizia, ove son nelle case
ricchezze infinite, / Tebe che ha cento porte, e per ognuna
duecento / armati passano, con carri e cavalli; / …”1.

Gli stessi concetti vengono ribaditi nel IV libro dell’Odissea:

“Filò portò un cesto d’argento, che a lei diede /


Alcandre, la moglie di Polibo, il quale abitava a Tebe /
Figura 30 d’Egitto, dove in casa vi sono infinite ricchezze: / a Mene-
Tomba di Harwa (TT lao egli diede due vasche d’argento, / due tripodi e dieci
37), seconda sala
ipostila (Fotografia di talenti di oro” 2.
Giacomo Lovera)

149
L’enigma di Harwa Federica Raverta · L’Egitto del VII secolo a.C. e il mondo greco contemporaneo

nemmeno se gli venissero offerte le maggiori ricchezze dell’epoca,


La prima parte della descrizione è uno di quei versi formulari ed enfaticamente le descrive magnificandone le caratteristiche, fino
che spesso si ritrovano in Omero con la funzione sia di caratteriz- a sfiorare con le sue parole la figura retorica dell’adynaton. È forse
zare un personaggio, conferendogli un epiteto significativo, sia di per destare maggior impressione in Odisseo che l’eroe attribuisce a
facilitare il compito mnemonico all’aedo3. Che proprio per Tebe il Tebe cento porte, da ognuna delle quali immagina di vedere uscire
cantore abbia coniato un verso formulare, impiegato sia nell’Iliade divisioni dell’esercito con fanti e carri. Quest’ultimo dettaglio non è
sia nell’Odissea (quando ciò non accade né per la Tebe in Beozia4, affatto secondario: innanzitutto possediamo numerose informazioni
né tanto meno per la Tebe Ipoplacia5), è un indizio piuttosto im- sul ruolo e l’impiego dei carri nell’esercito egiziano grazie alle im-
portante per comprendere la fama di cui doveva godere la città magini propagandistiche scolpite sui templi dai faraoni nel Nuovo
egizia. Le “cento porte” potrebbero essere un riferimento poetico Regno, che confermano le parole di Achille. In secondo luogo, la
motivato dal numero di piloni del tempio di Karnak, che già dalla menzione dei carri, che possono uscire dalle porte di una città che
XXI dinastia raggiungevano l’attuale numero di dieci e che, per un sorge in pianura, e non certo da una rocca in territorio collinoso,
greco, dovevano costituire uno spettacolo tanto inusuale quanto dimostra un certo grado di verosimiglianza nella sua descrizione,
impressionante, perché profondamente differente dall’architettura che dunque non è frutto di pura invenzione poetica.
templare cui era abituato. Questa argomentazione, ben lungi dall’affermare che l’autore
La Tebe egizia dell’VIII secolo viene presentata come l’El- (o gli autori) dei poemi omerici avesse una conoscenza diretta della
dorado, la città in cui esistono ricchezze favolose, così comuni e città egizia, vuole suggerire la possibilità che nelle cerchie dei palazzi
generalizzate tanto da trovarsi nelle case dei privati e non solo nei le notizie relative all’Egitto dell’VIII secolo a.C. fossero più precise
palazzi regali. Questa visione iperbolica della ricchezza della città e circostanziate di quanto ammesso in passato, essendo il frutto di
egizia, sicuramente alimentata dal gusto per il fiabesco e dal desiderio quei contatti commerciali con il mondo egizio che trovano conferma
di stupire l’uditorio, riflette l’eco amplificata delle descrizioni della nei ritrovamenti archeologici10.
vera Tebe, i cui templi di Amon all’epoca omerica avevano raggiunto
quasi il massimo della loro estensione e del loro splendore6.
Che la descrizione di Tebe egizia non sia mero frutto della
fantasia dell’aedo, ma poggi su basi veritiere, lo si può verificare se I culti misterici e l’Egitto
si mettono a confronto le parole con cui Omero ci narra della Tebe in
Beozia. Dall’IX libro dell’Odissea7 sappiamo che questa città possiede Un altro aspetto della cultura greca che sembra avere alcuni punti di
sette porte8, dato poi verificato dall’archeologia, e che è una rocca contatto con quella egizia è rappresentato dai culti misterici e, nella
fortificata con mura e torri di guardia9 e riassume in sé dunque tutti fattispecie, dal rituale eleusino. Questo è il più antico (la sua genesi
caratteri dell’astu greca. sembrerebbe potersi collocare tra l’VIII e il VII secolo a.C.) e quello
Di tutt’altro tenore la descrizione di Tebe egizia. Per compren- che più di tutti mantenne un carattere di “grecità”, con regole che
derne però appieno il valore è importante fare riferimento al contesto impedivano le iniziazioni ai non greci e la creazione di altre sedi di
in cui essa è collocata. A parlare è Achille, che ha appena ascoltato iniziazione al di fuori di Eleusi.
le cospicue offerte di riappacificazione dell’ambasceria mandatagli Il santuario di Eleusi, autonomo all’inizio della sua storia,
da Agamennone e, sdegnoso, le rifiuta. Bisogna considerare le sue si trovò integrato nello Stato ateniese alla fine del VII secolo a.C.
parole in rapporto al discorso con cui sta ribattendo a Odisseo: o al principio del VI 11. Anche i santuari delle Due Dee (Demetra e
l’eroe afferma di non potere essere convinto a partecipare alla guerra Kore) e i misteri che vi avevano luogo passarono sotto il controllo

150 151
L’enigma di Harwa Federica Raverta · L’Egitto del VII secolo a.C. e il mondo greco contemporaneo

dell’arconte basileus ateniese che sovrintendeva ai culti. La funzione Due Dee officiato all’arconte basileus. In autunno, nel mese di Boe-
religiosa continuò però a essere materialmente gestita, come in pas- dromione, avevano luogo i Grandi Misteri che si protraevano per
sato, dalle famiglie dei Cerici e degli Eumolpidi, che per tradizione dieci giorni. Gli oggetti sacri venivano trasportati in contenitori da
si tramandavano la carica di sacerdote12. Apollodoro13, nel narrare Eleusi all’Eleusinion di Atene; il giorno seguente, con la luna piena,
la vicenda di Eumolpo, capostipite della famiglia dello ierofante e si dava inizio alla cerimonia solenne con la riunione degli iniziandi,
fondatore dei misteri14, ci fornisce un’informazione interessante: che dopo essersi purificati potevano accedere all’Eleusinion. Il terzo
egli era stato allevato in Etiopia15, nome con cui gli antichi greci giorno, gli iniziandi in processione scendevano verso la riva del mare
designavano la regione a sud dell’Egitto, e che per gli egizi era la e sacrificavano un maiale, animale sacro a Demetra; dopo l’abluzione
Nubia, patria della XXV dinastia egizia (775 - 653). Nella figura del in mare, indossate nuove vesti e una corona di mirto, facevano ri-
mitico cantore Eumolpo16 allora si potrebbe ravvisare un’influenza torno in città. La centralità dell’acqua e della purezza, naturalmente
egizia che in terra greca sarebbe stata prodotta da contatti tra l’VIII presenti anche nella religiosità olimpica20, trovano un parallelo con
e il VII secolo a.C.17, che avrebbero portato a Eleusi tradizioni che, il mondo sacerdotale egizio, in cui le abluzioni e il cambio di vesti
fondendosi con quelle autoctone, avrebbero costituito una compo- sono la base del rituale giornaliero del tempio21. È proprio il loro
nente dei misteri. ruolo rilevante all’interno del rituale misterico che spinge a chiedersi
La centralità del canto, e l’accento posto sul linguaggio e la se la tradizione greca qui non risenta di un’influenza egizia.
parola, che riscontriamo anche nella figura di Orfeo, un altro celebre Dopo il sacrificio, gli oggetti sacri tornavano a Eleusi con una
cantore e istitutore di misteri, sono un elemento ben radicato nella processione solenne cui prendevano parte le autorità, i sacerdoti, gli
cultura del Vicino Oriente e dell’Egitto soprattutto in ambito magico- iniziandi e la cittadinanza. Venivano infine collocati nel telesterion,
religioso, dove è largamente attestata la presenza di sacerdoti lettori edificio dove avvenivano i misteri propriamente detti. La pianta di
e di cantori del dio. I discendenti di “Eumolpo” a Eleusi si sarebbero questo edificio (figura 31) è piuttosto singolare per l’architettura
integrati, diventando i custodi e gli officianti del culto avito, affiancati greca: in epoca micenea è una semplice sala a megaron, che viene
in seguito da una famiglia di origine ateniese18, quando l’influenza trasformata e ampliata tra la fine del VII e l’ inizio del VI secolo a.C.
della città attica iniziò a manifestarsi, ma avrebbero mantenuto in una a pianta quadrangolare il cui soffitto è sorretto da file di co-
sempre il controllo sulla carica sacerdotale principale. lonne, evidenziando un’analogia più stretta con le sale ipostile dei
Questi suggerimenti su possibili contatti con la religione templi egizi che con le strutture cultuali del mondo greco. Se, come
egizia, che non hanno la pretesa di attribuire in toto l’origine dei mi- si dirà in seguito, il climax dell’iniziazione consisteva nel vedere
steri al culto funerario egizio, indicano piuttosto la possibilità di un
contatto culturale esterno che avrebbe influito su un culto autoctono
già esistente, conferendogli alcuni tratti estranei alla religiosità greca
di tipo olimpico19.
I misteri, aperti a tutti gli uomini greci le cui mani non
si fossero macchiate di delitti, venivano celebrati in due periodi
dell’anno. In primavera, nel mese di Antesterione, si celebravano i Figura 31
Piccoli Misteri, primo grado dell’iniziazione. Gli iniziandi si prepa- Lo sviluppo del
ravano all’evento con una serie di pratiche di purificazione, di ritiri Telesterion di Eleusi: A)
epoca di Pisistrato; B)
e di digiuni; l’abluzione rituale aveva luogo nelle acque dell’Ilisso, inizio del V secolo a.C.;
C) progetto di Ictino; D)
ad Agrae nei pressi di Atene, e si concludeva con un sacrificio alle fine del V secolo a.C.

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vigeva il più assoluto divieto di divulgare i riti eleusini, possiamo


solo fare congetture sulla natura dei riti. Clemente Alessandrino22,
riportando la formula pronunciata dagli iniziandi nel varcare la
soglia del telesterion, scrive: “Ho digiunato, ho bevuto il ciceone;
ho preso (qualcosa) dal canestro coperto e, dopo averlo lavorato23,
l’ho messo nel cesto alto, l’ho ripreso dal cesto alto e l’ho rimesso
nel canestro coperto.” Il ciceone era la bevanda di orzo e acqua che
il mito vuole sia stata bevuta da Demetra alla corte del re Celeo; il
resto della frase sembra accennare alla macinatura del grano o essere
connesso con la rappresentazione del mito della ricerca di Demetra.
Il culmine del rito era però l’epoptea, cioè la visione degli oggetti
sacri custoditi nell’anaktoron, il sacrario del telesterion. Sulla natura
di questi sono state fatte varie ipotesi, dalle statue lignee alle spighe
di grano, ma il segreto è rimasto tale.
È però nel senso e nella finalità dei misteri che sembra di
poter ravvisare alcune similitudini con le credenze egizie. Nell’inno
a Demetra troviamo questa conclusione: “Felice tra gli uomini della
terra colui che ha visto questi misteri. Colui che non è iniziato ai riti
sacri e che non vi partecipa non ha un destino simile, dopo morto,
nelle tenebre.” L’insegnamento dei misteri consisteva in una parte
visiva e in una di insegnamento orale, che insieme erano aporrheta,
cioè non rivelabili a nessuno. Attraverso questa esperienza, che è
una trasformazione interiore e non un insegnamento dogmatico,
l’iniziato diventa il beneficiario di un destino post mortem più felice
rispetto ai comuni mortali, come l’uomo egizio che credeva in un
aldilà in cui, superate numerose prove, veniva giudicato da Osiride
degli oggetti sacri, la presenza di colonne risulta ancora più enig- e, se meritevole, vivere felice alla presenza degli dei.
matica, dal momento che pare ostacolare, piuttosto che favorire, la La finalità del culto eleusino è sorprendentemente vicina
visione degli iniziandi. La struttura stessa della sala non evidenzia alla religiosità che sarà caratteristica dell’epoca ellenistica e so-
certo un centro verso cui possa confluire l’attenzione degli astanti, prattutto che sta alla base dei culti misterici orientali in occidente:
Figura 32 che sedevano sulle gradinate intorno al telesterion. Forse, come nel Iside, Mitra, Magna Mater, Dioniso, Cibele. Questa sensibilità, che
Particolare della caso delle sale ipostile egizie (fgura 32), la presenza di fitte colonne
pianta del tempio di prepara il terreno alla setta religiosa che avrà la fortuna e il seguito
Amon-Ra a Karnak. In ha più a che vedere con questioni simboliche e rituali che con pro- più duraturi, il cristianesimo, e che in parte ne mutuerà i caratteri,
blu sono evidenziate
le strutture della blemi di statica e di funzionalità. si diffonde però nel mondo antico soltanto a partire dal III secolo
grande sala ipostila Per tre giorni nel telesterion avevano luogo le cerimonie
portata a termine da a.C., quindi ben più tardi rispetto all’attività del santuario di Eleusi.
Sety I e Ramesse sacre, aperte da un sacrificio a Demetra e Kore a cui partecipavano Questi caratteri sarebbe allora ascrivibili a un’influenza culturale
II (Rielaborazione
informatica da PM II) gli iniziati dell’anno precedente e gli iniziandi. Dal momento che “orientale”, intervenuta nella creazione dei misteri della dea au-

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toctona Demetra, come già affermato da Burkert24. Gli elementi di Una nuova sensibilità
analogia con la cultura egizia sopra evidenziati, benché abbiano più
il carattere di sottili suggerimenti che non di prove inconfutabili, Un monumento significativo per lo studio della continuità di concetti
sembrano portare in direzione dell’Egitto come luogo di irradiazione, legati alla cultura e alla mentalità egizia nelle epoche successive è la
e della XXV dinastia come possibile orizzonte temporale. tomba di Harwa (TT 37), in cui sono presenti due temi che avranno
Anche il legame tra Iside e Demetra, ben documentato in uno sviluppo molto fecondo e diverranno concetti fondamentali
epoca ellenistica fino a divenire sincretismo25, potrebbe avere radi- nella religione cristiana: da un lato abbiamo l’accenno, nell’autobio-
ci più antiche: nell’Inno a Demetra infatti si racconta come la dea, grafia del funzionario, alla necessità di dover soccorrere l’affamato
giunta a Eleusi, avesse posto tra le fiamme il figlio della regina, per e l’ignudo, e dall’altro, evidenziata dalla struttura architettonica
donargli l’immortalità. Interrotta dal sopraggiungere della madre del della tomba, la divisione tra il corpo e l’anima, che seguono percorsi
piccolo, rivelò la propria identità e istituì i misteri. Un racconto che differenziati.
ha qualche somiglianza con questo, e che vede come protagonista L’autobiografia di Harwa si trova sulla parete meridionale del
la dea Iside, si trova sulla “Stele Metternich”26, che risale alla XXX passaggio che dal cortile conduce nella prima sala ipostila (figura 33).
dinastia e perciò posteriore all’Inno omerico a Demetra, che contiene Nel testo si legge:
però rituali di epoca più antica rispetto a quella della sua redazione.
In questo testo magico uno degli scorpioni che accompagnano la dea “Ho dato pane all’affamato e un vestito all’ignudo. (…) Ho
Iside punge il figlio di una donna che non accolto la dea con gioia dato protezione a colui che aveva paura” (coll. 4-5)30.
nella propria casa, in cui scoppia un incendio. Iside, impietosita, fa
cessare il fuoco e cura il bimbo dalla puntura di scorpione. È interes- Queste parole, intese a dimostrare la condotta pia e rispettosa
sante notare come la medesima vicenda narrata nell’Inno omerico a del defunto, sono uno degli aspetti che caratterizzano la vita idea-
Demetra, sia attribuita da Plutarco nell’Iside e Osiride alla dea Iside le che ogni buon egiziano avrebbe dovuto condurre31. I medesimi
durante la permanenza nella città di Biblo27. precetti per una retta condotta di vita si trovano espressi, secoli più
La centralità che le tre tappe di vita, morte e rinascita tardi, nel Nuovo Testamento:
hanno nel rituale funerario reale fin da epoche remote e, a partire
dal Primo Periodo Intermedio (2150 - 1994), anche in quello dei “Poiché: ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste
comuni cittadini, e che ritroviamo perfettamente espresse nella da bere, ero pellegrino e mi ospitaste, nudo e mi copriste (…)”32.
tomba di Harwa28, costituisce uno dei tratti fondamentali della
religione dell’Antico Egitto. Questo, insieme alla crescente popo- Quale può essere stato il tramite tra le due culture? La pre-
larità della dea Iside nell’Epoca Tarda può forse avere portato nel senza di elementi tratti dalla letteratura egizia all’interno delle sacre
mondo greco un contributo all’elaborazione, a partire dall’VIII-VII scritture è documentato ed evidente nell’Antico Testamento soprat-
secolo, del rituale misterico, parallelo al culto cittadino, ma di tutto per quanto riguarda il caso del Cantico de Cantici, che in parte
tutt’altra finalità, riservato a chi ne faceva richiesta e incentrato deriva dalla poesia amorosa egizia del Nuovo Regno33. È possibile
sulla speranza di garantirsi una vita oltremondana29. Le tracce che il concetto della protezione del debole, ben presente anche nelle
dell’influenza della millenaria religione egizia, ben riconoscibili culture ebraica e mesopotamica34, sia confluito nel Vangelo di Matteo
sull’occidente romano e sul cristianesimo, sono tuttavia molto da dirette influenze orientali ed egizie nella prima stesura di questo
meno evidenti per l’epoca arcaica e devono spingerci a considerare testo, scritto in Palestina o in Siria in lingua aramaica attorno al 60
queste ipotesi con la necessaria cautela. d.C, e che andò presto perduto. Sul materiale di questa redazione si

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basa Vangelo tramandatosi, scritto in greco verso l’80 d.C., di cui


probabilmente non è però l’apostolo Matteo l’autore.
Tuttavia è interessante notare che nell’autobiografia di Harwa
il portare aiuto al bisognoso è il vanto dell’uomo giusto che nel mo-
mento in cui intraprende il viaggio ultraterreno afferma con orgoglio
la propria buona condotta e il resoconto della sua vita esemplare,
cosicché sia di aiuto nel momento del giudizio divino35. Il capitolo
125 del Libro dei morti (figura 34), che invece ha lo scopo di dichia-
rare esplicitamente l’innocenza del defunto davanti al tribunale di
Osiride, riunitosi per giudicarne la condotta, non fa però menzione
alcuna di questi concetti.
D’altro canto, il discorso di Gesù riportato da Matteo è legato
alla prospettiva del giudizio finale ultraterreno, e diviene il criterio
con gli uomini potranno entrare nel regno dei cieli36.
Il tramite per queste concezioni potrebbe essere rap-
presentato dalla filosofia greca: dalle fonti classiche sappiamo
dell’abitudine dell’élite intellettuale greca (tra cui si ricordano
Pitagora, Solone 37, Platone, Eudosso di Cnido) di visitare o
completare i propri studi nella Valle del Nilo, il paese che go-
deva della fama prestigiosa di “terra dei sapienti”. Per quanto
riguarda l’epoca della XXV dinastia non abbiamo però traccia
della trattazione di problematiche simili legate all’aldilà negli
scritti dei filosofi 38 presocratici. Bisogna dire che le loro ricer-
che erano più indirizzate verso l’indagine dei principi primi
dell’universo e che l’esiguo numero di testi conservatisi sono
assai frammentari. Nella filosofia pitagorica troviamo accenni
alla separazione tra il corpo e l’anima, ma la teoria di riferi-
mento è quella della metempsicosi, estranea alle concezioni
egizie e derivante, con tutta probabilità, da ambiti indoeuropei
o sciamanici 39.
Il filosofo che appare più influenzato dalla cultura reli-
giosa e dalle istituzioni egizie è Platone, che si sarebbe recato
Figura 33 in Egitto attorno al 390 a.C. 40. Nonostante i riferimenti al dio
Tomba di Harwa Thoth nel Fedro, nel Filebo e nell’Epinomide41, e la creazione di
(TT 37), ingresso una società ideale nella Repubblica 42, i cui caratteri sembrano
della prima ipostila.
Autobiografia di prendere a modello quella egizia, non abbiamo altri elementi
Harwa (Fotografia di
Francesco Tiradritti) per affermare che questo filosofo abbia potuto costituire un

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Note
1
Iliade IX, 381-383 (traduzione di R. Calzecchi Onesti).
2
Odissea IV, 126 (traduzione di G.A. Privitera).
3
Per la problematica filologica legata alla formularità in Omero vedi Parry 1971.
4
Tebe in Beozia viene semplicemente citata in Iliade V, 804; VI, 223; X, 286; XIV, 114, 323; XXIII,
679. In Odissea XI 275, è descritta come “Tebe amabile” e in XV, 247 è solo citata. Viene descritta,
ma senza l’impiego di versi formulari, in Iliade IV, 378 e 416; XIX, 99; in Odissea XI, 262-265. In
Odissea 275, è “Tebe amabile”, mentre in XV, 247 è solo citata.
5
Tebe in Cilicia viene citata solo in Iliade I, 366; II, 691; VI, 397, 416, dove è descritta come “Tebe
dalle alte porte”; XXII, 479.
6
Vedi Donadoni, 1999, p. 48.
7
Odissea XI, 262-265: “… / e generò due figli, Anione e Zeto, / che per primi fondarono la città di
Tebe con sette porte, / e turrita la fecero, perché senza mura non potevano / vivere a Tebe spaziosa,
benché fossero forti.”
8
Odissea XI, 262-265; il dato viene ribadito in Iliade IV, 406.
9
Le mura vengono citate anche in Iliade IV, 378 e XIX, 99.
10
Per un catalogo degli oggetti egizi o egittizzanti ritrovati in Grecia, si veda Burnet Brown 1975-1977.
Di estremo rilievo è l’importante scoperta della statua di una scimmia in faïence, con il nome di
Amenofi II, rinvenuta a Micene. (Vercoutter 1956, p.400).
11
Da questo momento in poi il culto misterico viene integrato in quello della polis, e ne diventa una
prerogativa: come la democrazia, anche l’iniziazione misterica resta circoscritta al mondo greco
e, nello svolgimento, patrimonio esclusivo di Atene.
12
Il sacerdote più importante, lo ierofante, apparteneva alla famiglia degli Eumolpidi e aveva il
compito di aprire le cerimonie, di officiare i momenti più solenni e soprattutto di celebrare l’apice
dell’iniziazione, quando venivano svelati gli oggetti sacri. Alla famiglia dei Cerici appartenevano
il daduco, che reggeva la fiaccola sacra a Demetra e affiancava lo ierofante, e lo hierokeryx (sa-
cerdote dell’altare), una carica secondaria. Ai riti presenziava anche la sacerdotessa di Demetra,
che godeva dello stesso prestigio dello ierofante. Tutte queste cariche erano vitalizie.
13
Apollodoro (Biblioteca III, 15) afferma che Eumolpo era figlio di Poseidone e di Chione, che lo
avrebbe gettato in mare per nascondere la gravidanza al legittimo consorte. Il dio però lo trasse
in salvo e lo portò in Etiopia, dove lo affidò alla figlia Bentecisima. Esiliato dall’Etiopia, Eumolpo
riparò in Tracia e successivamente a Eleusi.
14
L’Inno omerico a Demetra, 270 - 274 attribuisce invece la loro creazione alla dea che li fece
conoscere alla corte del re eleusino Celeo.
15
Benché Clinton (2003) sostenga che l’origine etiope del cantore Eumolpo sia da considerare
tramite verso il Cristianesimo. È quasi certamente non prima un’aggiunta del V secolo a.C., finalizzata a instaurare un parallelo tra il cantore e l’omonimo re
dell’epoca ellenistica che il sincretismo religioso espande i con- tracio che aveva condotto gli eleusini contro gli ateniesi, e a cui si attribuivano origini etiopi.
16
fini delle credenze religiose egizie, stemperandole e fondendole L’etimologia deriva dal verbo eu-mélpo, “cantare bene”, e significa dunque “colui che ha un bel
canto”; questo verbo è privo di etimologia (GEW, s.v. “mélpo”), e dunque potrebbe essere esso
ai riti misterici e ai culti dell’area vicino orientale, che sono stesso di origine non greca. Nella figura di Eumolpo il mito potrebbe aver sintetizzato e tramandato
il ricordo dell’influenza religiosa egizia, trasmessa dai sacerdoti, la cui reale origine era all’epoca
il retroterra culturale in cui nasce il Cristianesimo; tuttavia, dimenticata oppure, non essendo greca, viene volutamente grecizzata e inserita in questo modo
Figura 34 le argomentazioni qui presentate concorrono a far ipotizzare nel patrimonio culturale autoctono.
17
Tomba di Neferrenpet che la Grecia già nell’VIII secolo a.C. possa aver tratto materia Austin 1970, p. 13 e note relative, nella serie di indicazioni sui ritrovamenti egizi in Grecia segnala
Qenro (TT 178), XIX la presenza di reperti ad Atene, in epoca geometrica, e a Eleusi in epoca geometrica e sotto la
dinastia, Scena con il di ispirazione per la formazione di credenze e riti dall’Egitto XXVI dinastia (664 – 525 a.C.); e pone in evidenza il fatto la presenza di oggetti egizi non implichi
giudizio del defunto dal contemporaneo, anticipando di alcuni secoli il movimento di necessariamente che vi siano stati contatti diretti, soprattutto nel caso di amuleti e scarabei, che
Capitolo 125 del Libro facilmente viaggiano di proprietario in proprietario coprendo lunghe distanze.
dei Morti. koinè culturale seguito alle conquiste macedoni.

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18 36
Anche l’etimologia di Kérykes, derivante da kéryx “araldo”, ha in comune con quella degli Questo passo di Matteo è alla base della codifica da parte della Chiesa delle sette opere di
Eumolpidi la medesima idea di “cantare, proclamare da alta voce” che potrebbe rimandare alla misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi;
funzione magico-sacrale della parola diffusa in Egitto e nel Vicino Oriente antico. alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti. Sebbene risalgano
19 agli inizi della storia della Chiesa, questi precetti sono entrati a far parte del catechismo cristiano
Erodoto tuttavia in Storie II, 171.2-3 afferma: “Ed anche riguardo alla celebrazione dei misteri di
solo con Pio X.
Demetra, che i Greci chiamano Tesmoforie, io dirò soltanto quanto è lecito. Le figlie di Danao furono
37
quelle che portarono questa cerimonia sacra dall’Egitto e la insegnarono alle donne pelagiche; In Platone, Timeo, 21-22.
(…)”. Questa teoria è discussa in Bernal 1997, p. 119 e sgg. 38
Per un’edizione dei frammenti dei filosofi presocratici, si veda Lami 1991. Curiosamente, la prima
20
Abitualmente la costruzione di un tempio veniva decisa sia in base alle caratteristiche paesaggi- menzione del termine philosophìa compare in Isocrate (Busiride, 28) in cui l’autore sostiene che
stiche, per esempio la presenza di un bosco ritenuto sacro, sia, e soprattutto, all’esistenza di una avrebbe potuto nascere solo in Egitto, e in cui, a proposito di Pitagora, si legge: “Nel corso di una
o più fonti d’acqua necessarie per l’espletamento delle funzioni cultuali. sua visita in Egitto divenne studioso della religione di quel popolo e fu il primo a recare ai Greci
21 la filosofia”.
Si veda Pernigotti 1990, in cui viene data una panoramica delle funzioni e del ruolo del sacerdote
39
in Egitto; e Erodoto, Storie II, 37, 2-5: “I sacerdoti radono tutto il corpo ogni tre giorni, affinché né Una discussione sugli aspetti sciamanici delle dottrine di alcuni filosofi e iatromanti nel mondo
un pidocchio né altra impurità sia su di loro mentre servono gli dei. I sacerdoti indossano solo una classico è proposta da Couliano 1989.
veste di lino e sandali di papiro: (…). Si lavano due volte il giorno e due volte la notte con acqua 40
Contrario a questa tesi Hopfner (1940 – 1941). Davis (1979, p.122) sostiene invece che le fonti
fredda, (…)”.
classiche non la contraddicano.
22
Clemente Alessandrino, Protrettico 21, 2. 41
Fedro, 247D, Filebo 16C, Epinomide 986E – 987A
23
Sembra, ma resta una congettura non confermata, che questa operazione si riferisca alla macinatura 42
Il filosofo Crantore, vissuto nel IV secolo a.C. e seguace di Platone, arrivava ad affermare (la cita-
del grano, che secondo Teofrasto (citato da Porfirio, De abstinentia 2, 6) veniva mantenuta segreta.
zione appare in Proclo, In Timeo, LXXVI) che i contemporanei lo prendessero in giro sostenendo
In Austin 1970, p. 35 e sgg., si fa menzione delle importazioni greche di grano egizio, documentate
che il tipo di società immaginato nella Repubblica fosse una vera e propria copia delle istituzioni
dal V secolo a.C., e che potrebbero essere anche alla base della fondazione dell’emporion greco
egizie.
di Naukrati in Egitto, alla fine del VII secolo a.C.
24
Si veda Burkert 1991, p.32. Lo studioso ipotizza un influsso egiziano sul culto eleusino in epoca
un posteriore, ponendolo all’inizio del VI secolo a.C.. Fuorviato dal carattere della Stele Metternich,
che riporta un rituale di guarigione egizio, pone questo in relazione con i riti di Eleusi (che non
hanno alcuna finalità di risanare chi vi partecipa), senza tenere conto della possibilità che il rituale
eleusino possa aver attinto dal culto di Iside, ma non necessariamente dalla forma di religiosità
pratica indicata dalla Stele Metternich.
25
Malaise 1997, pp. 88 (e le schede III.21 e 22), 108.
26
Si veda Sanders-Hansen 1956, pp. 35-43, v. 48 e segg., e Klasens 1952, pp. 52 e sgg., 64-
78.
27
Si veda Plutarco, Iside e Osiride, 357 bc; secondo Richardson 1974, p. 238, la tradizione originale
sarebbe quella greca.
28
Si veda Tiradritti 1999C, p. 19 e sgg.
29
Di questo parere Rohde 1901, che afferma: “Il misticismo era una goccia di sangue straniero nel
sangue greco”.
30
Il testo, ancora inedito, non è una creazione letteraria della XXV dinastia, ma è il frutto di una
tradizione che risale al Primo Periodo Intermedio.
31
Un’altra serie di precetti di vita ideale, questa volta espressa in forma negativa, si trova nel Capitolo
125 del Libro dei Morti, il cui rotolo di papiro abitualmente veniva posto tra le gambe del defunto
all’interno del sarcofago. In questa dichiarazione il defunto si trova ad affermare, davanti a ciascuno
dei quarantadue dèi che formano il tribunale di Osiride, di non aver compiuto le più varie azioni
nefande, che spaziano dall’ambito religioso fino a quello economico e sociale.
32
Matteo 25, 35-36
33
Vedi il volume dedicato all’argomento di Fox 1985.
34
L’accenno alla condizione disagiata della vedova e dell’orfano e la sua tutela da parte della società
e della legge religiosa è discussa ampiamente in Tavares 1987, pp. 155 – 162.
35
Non a caso il testo è collocato nella parte della tomba che segna il passaggio tra il cortile, in
cui vengono raffigurate scene di vita quotidiana nei possedimenti del funzionario (vedi Tiradritti
1999C, p.21), e la prima sala ipostila, in cui inizia il viaggio ultraterreno di Harwa.

162 163
La tomba
di Harwa

Francesco Tiradritti
Cattedra di Storia dell’Arte “Dorothy K.
Hohenberg”

164
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Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

La Missione Archeologica Italiana a Luxor1 è attiva a Luxor dal 1995,


anno in cui, grazie a una concessione accordata dal Consiglio Supre-
mo delle Antichità egiziano, è iniziata l’esplorazione del Complesso
funerario di Harwa (TT 37) e Akhimeru (TT 404)2.
Nel1995 è stata compiuta una breve ricognizione dei due
sepolcri. Il 1996 ha invece segnato l’inizio degli scavi nella Tomba di
Harwa. Fino all’estate del 2004 sono state effettuate tredici campagne
con durata e scopi diversi. L’esplorazione archeologica di questo
complesso funerario è di così vasta portata che, alle permanenze sul
sito dedicate allo scavo se ne sono alternate alcune finalizzate allo
studio e al restauro del monumento e all’analisi dei ritrovamenti.
Per il momento le attività della squadra di studiosi ed esperti che
vi lavorano si sono concentrate quasi esclusivamente sulla Tomba
di Harwa. L’esplorazione archeologica della tomba di Akhimenru,
che succedette a Harwa nella carica di Grande Maggiordomo della
Divina Adoratrice, è prevista al termine dello scavo delle parti del
complesso funerario pertinenti al sepolcro del predecessore.

Il tomba di Harwa è scavata nella roccia calcarea della piana


Catalogo 1
dell’Assasif, sulla riva occidentale di Luxor, e si sviluppa su un’area
Statua-cubo di Harwa.
Parigi, Museo del di circa 4500 metri quadrati. Il periodo di attività di Harwa si colloca
Louvre, A84 = N 85
(© 2004 Musée du all’inizio del VII secolo a.C., quando l’Egitto era saldamente in mano
Louvre Département ai sovrani di origine nubiana della XXV dinastia. Riprendendo una
des Antiquités
Égyptiennes) tradizione millenaria, interrotta per oltre trecento anni a causa della

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

grave crisi istituzionale che aveva funestato l’Egitto a partire dalla ipotizzabile. Alcuni sono infatti stati riportati alla luce a Medamud11
fine del Nuovo Regno (1075 a.C.), Harwa decise la realizzazione di e a Medinet Habu12 e indurrebbero a ritenere che Harwa abbia uti-
una tomba riccamente decorata e di vaste proporzioni. Scelse l’area lizzato gli ushabty come segno della propria presenza in località
delle necropoli tebane antistante al tempio funerario di Mentuhotep connesse con la Divina Adoratrice (Medinet Habu)13 e con il culto
II (2065 – 2014), le cui rovine si ergono ancora oggi contro la parete di Amon (Medamud).
rocciosa dell’anfiteatro naturale di Deir el-Bahri. Immediatamente Le poche informazioni relative a Harwa derivano dalle otto
a nord del santuario del sovrano la regina Hatshepsut (1479 – 1458) statue che sono a lui ascrivibili14 (catalogo 01). È da queste che
aveva fatto erigere il proprio3. All’epoca di Harwa il tempio funerario possono essere ricavate notizie sulla sua famiglia e gli inizi della
della sovrana era ancora utilizzato come stazione per la processione sua carriera. Harwa è ritratto in mezzo al padre Padimut e la madre
in cui culminava la Bella Festa della Valle, una delle più importanti Nestauret in un gruppo statuario inedito (Museo del Cairo JE 37377),
celebrazioni religiose della regione. La statua di Amon, il dio prin- dove porta il titolo di imy-khent, una carica di secondaria importanza
cipale di Tebe veniva trasportata dal tempio di Karnak sulla riva all’interno del clero tebano. Le iscrizioni delle altre statue affermano
occidentale per farle visitare i luoghi di culto che ivi vi sorgevano. che Padimut era figlio di Ankhefenamon: entrambi sono menzionati
All’inizio del VII secolo il santuario di Mentuhotep II versava invece con titoli sacerdotali di scarsa importanza. Le origini di Harwa si
in uno stato di abbandono e Harwa fece scavare il proprio sepolcro rivelano perciò abbastanza modeste e non è chiaro per quali vie egli
in un’area in cui un tempo passava la rampa in mattoni crudi che sia arrivato ad occupare la carica di Grande Maggiordomo della Divi-
ne costituiva l’accesso. I lavori della tomba non furono mai portati na Adoratrice (o Sposa Divina15), una tra le più influenti all’interno
a termine e una parte del corridoio che circonda il primo livello dell’amministrazione dello stato teocratico di Tebe.
sotterraneo della sua tomba fu utilizzata da Akhimenru per realiz- Determinare con precisione il periodo di attività di Harwa
zare la propria4. presenta numerosi problemi. Appare chiaro che la sua accessione ai
vertici della gerarchia tebana avvenne con il consenso dei sovrani
nubiani, in un momento in cui questi impostarono un controllo più
diretto sull’Egitto. Questo mutato atteggiamento può essere fatto
Monumenti e vita di Harwa corrispondere al regno di Shebitqo (698 – 690), quando sarebbe
avvenuta anche l’effettiva assunzione di Amenirdis I, figlia del
Al momento di intraprendere gli scavi della tomba di Harwa nume- sovrano nubiano Kashta (765 – 745), a Sposa Divina. L’avveni-
rosi suoi monumenti si trovavano già nelle collezioni egizie pubbli- mento dovrebbe essersi verificato come conseguenza della morte
che e private di tutto il mondo. Alcuni provengono sicuramente dal di Shepenupet I, figlia del sovrano libico Osorkon III (788 – 760).
sepolcro, come è il caso di due frammenti di decorazione conservati È probabile che Harwa sia stato nominato Grande Maggiordomo
al Museum of Fine Arts di Boston5 e al Metropolitan Museum of Arts proprio in questo momento16.
di New York6. Un blocco con iscrizione in geroglifico, conservato nel La carica di Sposa Divina era stata utilizzata dai sovrani
magazzino “Sheikh Labib” a Karnak, è stato recentemente riportato libici come metodo per mantenere il controllo sullo stato teocratico
all’interno della tomba7. di Tebe e diminuire così l’influenza politica dei Sommi Sacerdoti
Di Harwa sono noti una tavola per offerte ritrovata nella di Amon. Proprio Lo strapotere del clero tebano era stato una delle
cappella dedicata a Hathor da Sety I a Deir el-Medina8, un graffito cause che, nell’XI secolo a.C., aveva condotto a una divisione del
a Naga el-Sheikh (Assuan)9 e un certo numero di ushabty in pietra paese. Da quel momento in poi il nord si era ulteriormente frazionato
(completi o frammentari10) la cui provenienza dalla tomba è soltanto in una serie di stati governati da sovrani o governatori di origine

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libica, mentre il sud era rimasto saldamente nelle mani del clero corniciata da una
tebano. Osorkon III era riuscito a ristabilire un controllo indiretto decorazione che
sulla parte meridionale del paese facendo promuovere alla carica di imita la forma del
Divina Adoratrice di Amon la figlia Shepenupet I. I monarchi della tempio primitivo
XXV dinastia avevano seguito la via da lui tracciata e avevano fatto del dio. Una scali-
adottare Amenirdis I a Shepenupet I. nata di dimensioni
Non è chiaro quando Harwa iniziò a preparare il proprio ridotte precede la
sepolcro ma, visto lo stato di incompiutezza in cui versa l’intera statua. Nell’angolo
struttura, è possibile ipotizzare che i lavori fossero ancora in corso nord-ovest della
al sopraggiungere della morte del funzionario17. Sulla base di queste cella si apre una
considerazioni, è possibile attribuire a Harwa un periodo convenzio- nicchia nella qua-
nale di attività che copre il ventennio che va dal 700 al 68018. le si trovava una
statua di Harwa
seduto, scolpita
nella roccia.
La tomba di Harwa Dalle estre-
mità occidentali
Con i suoi 4500 metri di sviluppo su più livelli sotterranei la tomba di dei due portici del
Harwa è una delle più vaste mai realizzate da un privato cittadino nel cortile si accede
corso della storia egizia (figura 35). L’entrata si trova a sud. Una rampa a un corridoio
conduce a un portico che immette in un vestibolo, disposto su un asse che circonda tut-
sud-nord. Da questo di passa a un cortile a cielo aperto delimitato da to il primo livello
portici a pilastri lungo il lato meridionale e settentrionale. L’accesso sotterraneo della
alla parte sotterranea della tomba si apre al centro del lato occidentale tomba. Il corridoio era stato progettato per avere uno sviluppo
del cortile e conduce a un cambiamento nell’asse di sviluppo del Figura 35 pressoché quadrato19. Il lato meridionale fu però deviato verso nord
monumento che gira di novanta gradi verso ovest. L’ingresso ha un Pianta della tomba prima di continuare nuovamente in direzione ovest per evitare alcu-
di Harwa: 1) rampa;
soffitto a volta; una rampa consentiva di superare il dislivello (circa 2) cava; 3) portico ne tombe di epoca ramesside. La parte settentrionale del corridoio
d’entrata; 4) vestibolo;
ottanta centimetri) tra il cortile e la soglia della prima sala ipostila. 5) cortile; 6) ingresso non fu portata a termine da Harwa e fu ampliata da Akhimenru per
Questa ha il pavimento in leggera pendenza verso il fondo ed era della prima sala ricavarvi il proprio sepolcro.
ipostila: 7) prima sala
divisa in tre navate da due file di quattro pilastri; cinque stanze se- ipostila; 8) ingresso Un pozzo che si apre in corrispondenza dell’angolo nord-oc-
della seconda sala
condarie si aprono lungo il lato meridionale e quello settentrionale ipostila; 9) seconda cidentale della seconda sala ipostila consente l’accesso a una serie
della sala. Un breve passaggio immetteva nella seconda sala ipostila, sala ipostila; 10) di ambienti sotterranei che si sviluppano su tre livelli. Un corridoio
ingresso della cella; 11)
di dimensioni ridotte rispetto alla precedente e dalla pianta presso- cella; 12) accesso agli conduce in una sala le cui pareti sono decorate con quattro false
ambienti sotterranei;
ché quadrata; qui sopravvivono quasi intatti tre dei quattro pilastri 13) corridoio; 14) porte. In corrispondenza dell’angolo sud-ovest una rampa di scale
che un tempo vi s’innalzavano. Un ultimo breve passaggio immette tomba di Akhimenru conduce a un vasto ambiente con soffitto centinato. Lungo il lato
(elaborazione grafica
in una cella al fondo della quale si trovano i resti di un’immagine di Silvia Bertolini da settentrionale della sala si apre un ultimo pozzo che conduce a due
disegni di Diethelm
di Osiride, il re dei morti, scolpita in altorilievo. La scultura è in- Eigner) ambienti: il maggiore si sviluppa verso est, il minore verso sud.

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Significato della tomba di Harwa

La tomba di Harwa può essere considerata un monumento


semantico, ovverosia progettato in modo da trovarsi investito di
precisi significati20. L’intera struttura è infatti pensata non soltanto
come un semplice sepolcro, ma come una sorta di ipertesto in grado
di descrivere e raccontare determinati concetti relativi all’esisten-
za umana e al divino, alla morte e alla rinascita eterna21. Questo è
percepibile già nello sviluppo della pianta, concepita a imitazione
di un tempio di cui traspone i tratti essenziali in forma sotterranea.
Il decrescere in dimensione degli ambienti e la successione cortile,
sale ipostile e cella finale sono caratteristiche che la tomba di Harwa
condivide con il classico impianto del santuario egizio.
Al termine della successione degli ambienti del primo livello
sotterraneo si trova una statua di Osiride e il fatto che la tomba di
Harwa sia fortemente influenzata dal desiderio di identificazione
con il re dei morti è esplicitato soprattutto attraverso il corridoio che
circonda la parte centrale della tomba (catalogo 18). Ha lo scopo di
isolare il nucleo del sepolcro dal terreno circostante e proporre così
un chiaro riferimento al mito osiriaco, secondo il quale Iside aveva
dato sepoltura al corpo dello sposo proprio su un’isola 22. L’archi-
tetto che disegnò la tomba di Harwa trasse sicuramente ispirazione
dall’Osireion, il cenotafio che Sety I (1289 – 1278) aveva fatto realiz-
zare ad Abido per riprodurre il luogo di sepoltura del re dei morti.
Nell’Osireion l’idea dell’isola è esplicitata nell’ambiente sotterraneo
principale, al centro del quale si trova una piattaforma circondata
da un fossato in cui una condotta portava le acque del Nilo. A metà
strada tra la tomba di Harwa e l’Osireion si trova la camera funeraria
di Taharqo, scavata sotto la sua piramide a Nuri (Sudan), intorno alla
quale gira un corridoio.
I più importanti concetti relativi all’esistenza umana sono
espressi nella tomba di Harwa attraverso i testi e le figurazioni
dell’asse centrale del primo livello sotterraneo. In questo caso,
più che citare, il sepolcro racconta. La narrazione si sviluppa
Catalogo 18 toccando, nei passaggi tra i vari ambienti, le tre tappe fondamen-
Bronzetto di tali di quello che abbiamo definito “Il cammino di Harwa”: vita,
Osiride. Collezione
privata morte e rinascita.

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

Il racconto inizia sulla parete meridionale dell’ingresso alla Su questo gesto


prima sala ipostila, dove è inciso un testo (purtroppo assai mutilo) si concentra la
che racconta la vita ideale di Harwa. L’iscrizione ricalca lo stile drammaticità
autobiografico del cosiddetto “Appello ai viventi”, composizione del momento.
largamente attestata in tutta la storia egizia e concepita come se L’uomo si trova
fosse il proprietario del monumento a rivolgersi a quanti si trovino confrontato da-
a passare davanti all’iscrizione. vanti al proprio
Dopo avere richiamato l’attenzione su quello che sta per dire, ineluttabile de-
Harwa passa a enumerare le buone azioni da lui compiute sulla terra. stino e vorrebbe
Nella porzione di testo conservatasi risaltano le frasi “ho dato pane fuggire. Questo
all’affamato, vesti all’ignudo” (c. 4) e “ho dato protezione a colui che sentimento, la
aveva paura” (c. 5). Si tratta di frasi stereotipe, che Harwa riprende paura davanti
dai testi autobiografici del Primo Periodo Intermedio (2150 – 1994) alla morte, è
e che hanno lo scopo di descrivere una vita ideale, in cui il defunto nuovo per la
compie soltanto azioni meritevoli di lode. decorazione fu-
I tre lati dei pilastri della prima sala ipostila rivolti verso neraria egizia.
la navata centrale recavano un tempo testi relativi al Rituale delle Nelle tombe di
Ore del Giorno e della Notte23. Nella fila settentrionale è iscritto il epoca prece-
Rituale delle Ore del Giorno, che si sviluppa da est verso ovest. In dente il mede-
quella meridionale si trova invece il Rituale delle Ore della Notte, simo passaggio
il cui andamento è invece da ovest a est. Risulta chiaro che la na- è riprodotto
vata centrale della prima ipostila era intesa descrivere una giornata senza questa
attraverso il percorso del sole nel cielo diurno (fila settentrionale) e connotazione di
nell’Oltretomba (fila settentrionale), dove il sole era ritenuto trascor- angoscia, sug-
rere la notte24. I testi si trovavano così a formare un cerchio in cui gerita in modo
il perpetuo sorgere e tramontare del sole scandivano il trascorrere così toccante dalla stretta di mano tra Anubi e Harwa. L’allegoria
del tempo25. La prima ipostila della tomba di Harwa era stata perciò della morte è incisa anche in un punto estremamente significativo
concepita come una macchina del tempo virtuale che consente alla dal punto di vista architettonico. La parete meridionale dell’ingresso
narrazione del Cammino di Harwa di compiere un ulteriore passo. alla seconda ipostila è anche l’ultima a essere toccata dal riverbero
Si giunge così alla descrizione della morte, richiamata attra- del sole che arriva fino a qui, riflesso come in uno specchio, dal
verso un’allegoria per immagini sulla parete meridionale dell’ingres- pavimento in calcare del cortile. Si crea così una situazione di pe-
so alla seconda sala ipostila (figura 36). Sebbene il delicato rilievo nombra che rinforza ancora di più il concetto del passaggio dalla
ritragga Harwa con un viso dai tratti idealizzati, il corpo mostra i segni Figura 36 vita alla morte. Oltre questo punto il cammino di Harwa prosegue
di un’età avanzata: doppio mento, seno cadente e ventre prominente. Tomba di Harwa (TT 37), nell’oscurità quasi totale.
Lo precede Anubi, cui spettava il compito di accompagnare i morti ingresso della seconda Le pareti della seconda ipostila sono invece decorate con
sala ipostila. Rilievo con
nell’oltretomba. Il dio stringe la mano dell’uomo con sicurezza, Harwa l’allegoria della morte il Rituale dell’Apertura della bocca che aveva svolgimento al mo-
(Fotografia di Giacomo
tiene invece le dita ben distese, come si volesse sottrarre alla presa. Lovera) mento del funerale. Harwa è morto e i sacerdoti funerari toccano i

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

suoi occhi, il suo naso, la sua bocca e le sue orecchie pronunciando


formule che dovevano conferire una nuova vita alla mummia del
defunto. Anche qui, però il risultato è diverso da quello tradizionale.
Il rituale dell’Apertura della bocca conduce il cammino di Harwa a
una biforcazione.
Il pozzo nell’angolo nord-occidentale della sala immette n
una serie di ambienti che culminano, a venticinque metri di pro-
fondità, in due camere sotterranee. La più grande delle due (che
significativamente è orientata verso oriente e, perciò, verso il sorge-
re del sole) rappresenta, almeno simbolicamente, l’ultima dimora
dei resti mortali di Harwa. Prima di raggiungerla il corpo doveva
attraversare una sala con il soffitto a botte. Ne sopravvivono i resti
della decorazione originaria: profili neri di esseri demoniaci e divi-
nità su imbarcazioni sulle pareti, Nut la dea del cielo allungata sul
soffitto con la testa a ovest, pronta a ingollare il sole al tramonto, e
con i piedi a est, per partorire l’astro al suo nuovo sorgere. Si tratta
della descrizione degli inferi egizi in cui il sole trascorreva la notte
e attraverso cui Harwa si trovava a passare.
Il corpo era così destinato a scendere nelle profondità della viene così a trovarsi al centro di un vero e proprio trompe-l’oeil, un
terra. L’essenza vitale, libera da vincoli fisici, poteva invece prose- effetto ottico ottenuto attraverso un accurato studio architettonico27.
guire verso la rinascita eterna. Questo momento è riprodotto sulla L’immagine del dio sembra così più distante di quello che è in real-
parete meridionale dell’ingresso alla cella posta alla fine del primo tà. L’allontanamento virtuale del dio ribadisce la paura dell’uomo
livello sotterraneo. La scena è molto simile a quella dell’allegoria di fronte al mistero ultimo: l’unico modo per raggiungere Osiride è
della morte. Anubi26 torna a stringere la mano di Harwa che è però infatti quello di passare attraverso la morte.
rappresentato con il fisico prestante di un giovane. La separazione La tomba di Harwa, attraverso la descrizione del cammino
dal corpo ha dato nuova vita ed eterna giovinezza all’essenza vitale dell’individuo verso la rinascita eterna si trova così a essere concepita
di Harwa. come uno strumento che dilata il tempo in modo virtuale. Nonostante
Il cammino verso la rinascita termina nella cella. Sul muro di rendano esplicita la paura dell’uomo, la decorazione e l’architettura
fondo è riprodotta in altorilievo la figura del dio Osiride ed è verso del monumento trasformano la morte da fine a momento di passaggio
questa che si dirige Harwa (figura 38). La sua essenza vitale doveva verso la resurrezione eterna.
prendere posto nella statua, scolpita nella roccia della nicchia che
si apre nell’angolo nord-ovest della cella. Da qui Harwa poteva con- Le osservazioni di Edna Russmann in questo stesso cata-
Figura 38
templare il re dei morti e condividerne l’eternità. logo inducono a un’osservazione finale sulla decorazione dei
28

Tomba di Harwa (TT


L’immagine di Osiride poteva essere vista anche dall’ingresso 37), cella. Immagine passaggi tra gli ambienti. Nell’allegoria della morte, dietro Harwa
in altorilievo di Osiride si trovava un’immagine del toro Api, manifestazione terrena del
della prima sala ipostila, da una distanza di circa sessanta metri. Il all’interno del suo
bassorilievo è di dimensioni ridotte rispetto al naturale e posto al santuario primitivo dio Ptah di Menfi, ritratto come se stesse uscendo da una monta-
(Fotografia di Giacomo
termine di una scalinata, anch’essa in miniatura. La figura di Osiride Lovera) gna. Questa porzione del rilievo risulta completamente mancante,

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ma la presenza della divinità è resa certa dai resti dell’iscrizione lavorando alla tomba di Harwa i decoratori menfiti diedero nuovo
e dal parallelo con la vicina tomba di Petamenofi (TT 33) dove la impulso all’arte della regione e contribuirono alla formazione di
scena di Harwa risulta copiata. A parte queste due occorrenze, una nuova scuola tebana che avrebbe trasfuso la lezione ricevuta
il toro Api è da considerare alieno all’universo religioso della nella realizzazione di monumenti di inestimabile valore quali
regione tebana29 e, a prima vista, sfugge il significato della sua rap- la tomba di Montuemhat (TT 34) e Petamenofi (TT 33) di poco
presentazione. Una soluzione può forse essere proposta ponendo successive a quelle di Harwa.
ancora una volta a confronto l’allegoria della morte con la scena
della rinascita. In quest’ultima, dietro Harwa si trova l’immagine
di Imenetet, la dea dell’Occidente. Entrambe le figure, qualora
poste in correlazione tra loro, mostrano una forte connotazione Scavi nella tomba di Harwa
geografica30. Imenetet simboleggia la necropoli tebana, il toro Api
il Serapeo di Menfi e, di conseguenza, la necropoli di Saqqara. L’area di fronte all’entrata principale
Sono inserite all’interno di un percorso (il cammino di Harwa) e
appare perciò giustificabile interpretare anche le due immagini L’entrata principale della tomba di Harwa si trova a sud. Nell’area
divine in un simile contesto. antistante si è cominciato a scavare nel 2000, riprendendo i lavori
L’ipotesi di Edna Russmann (corroborata soprattutto dallo nella primavera del 2001, nel 2002 e nell’estate del 2004. Lo scopo
stile dei rilievi nel cortile della Tomba di Harwa) che vedrebbe nella principale era quello di rimuovere almeno parzialmente l’enorme
decorazione del monumento un intervento di maestranze di origine accumulo di detriti che gravavano sopra la parte orientale del portico
menfita potrebbe fornire il legame tra la tomba di Harwa e la necropoli d’entrata, il cui soffitto era già crollato in due punti. L’intento era
di Saqqara e giustificare così la presenza di Api. L’immagine della anche quello di mettere in luce la rampa di accesso il cui sviluppo,
divinità indicherebbe Menfi, e forse proprio il Serapeo, come punto all’inizio dei lavori destava alcune perplessità: sulla base di quanto
di partenza31 del viaggio che i decoratori della tomba avrebbero in- visibile sembrava che terminasse contro il cortile della tomba di
trapreso per giungere nella necropoli tebana (la dea Imenetet) dove Kheruef Senaa32. Gli scavi hanno invece rivelato che la rampa compie
avrebbero lavorato alla decorazione della tomba di Harwa. un angolo e si dirige verso est. I rilievi topografici della situazione
L’interpolazione delle due scene potrebbe avere un tono iro- messa in luce hanno mostrato che presenta un forte scarto rispetto
nico. Non è possibile stabilire se questo sia intenzionale o derivato all’asse principale del portico di accesso della tomba.
semplicemente dalla lettura a posteriori delle figurazioni. Il toro Api La rampa è una caratteristica architettonica comune a tutte le
è inserito nell’allegoria della morte, Imenetet nella scena della rina- altre tombe dell’Assasif, nelle quali è però invariabilmente orientata
scita. Si tratta di una scelta voluta degli artisti con la quale avrebbero verso nord, dove passa la via di accesso al tempio di Hatshepsut, ed
voluto significare il loro apprezzamento per il fatto di essere stati è perfettamente in asse con il sepolcro. Harwa, essendo stato il primo
chiamati a Tebe (soprattutto se, nel frattempo, avevano trascorso ad avere utilizzato quella parte della piana dell’Assasif come luogo di
mesi alla decorazione del tempio di Kawa in Sudan)? sepoltura avrebbe anche lui avuto la possibilità di orientare la rampa
A posteriori, che il tragitto da Menfi a Tebe si ponga lungo il verso nord. È probabile che questa fosse la sua prima intenzione e
cammino dalla morte alla rinascita acquista un significato ulteriore che, in un secondo momento, per una ragione che ancora oggi non
e che, con tutta probabilità, non sfiorò mai le menti degli artisti è dato conoscere sia stato costretto a cambiare il progetto originale e
che realizzarono la decorazione. L’arrivo di queste maestranze a dovere incastrare la rampa a sud, tra il cortile della propria tomba
condusse veramente a una rinascita, di stampo però culturale: e quello di Kheruef.

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Nel corso degli scavi in quest’area è stato riportato in luce


un troncone del muro in mattoni crudi della rampa che condu-
ceva al tempio di Mentuhotep II. Nella realizzazione del portico
di ingresso alla tomba di Harwa gli operai rimossero parte della
massicciata su cui era costruito il muro. Questa appare composta
da materiale calcareo di consistenza argillosa, identico alla roccia
messa a nudo in corrispondenza della tomba di Djar (TT 366), a
sud-ovest di quella di Harwa, databile anch’essa all’XI dinastia.
Un’altra porzione della rampa in mattoni crudi del tempio di
Mentuhotep II è stata scoperta a nord del cortile della tomba di
Harwa nel corso della rimozione dell’accumulo di detriti che
gravavano su questa parte del monumento.
Gli scavi nell’area della rampa hanno riportato alla scoperta
di altro interessante materiale. Nel corso della campagna primaverile
del 2000, durante la rimozione dello strato superficiale di detriti
davanti al portico, sono stati ritrovati numerosi frammenti di sfere
in faïence azzurra con spicchi dipinti in nero. Queste possono esse-
La scoperta di una piccola cava nel corso degli scavi del re associati a un rituale di tipo magico33, anche se la loro posizione
2000 (figura 39), tagliata nel suo limite occidentale dal portico di ritrovamento non consente di stabilire a quale epoca possano
d’accesso apparirebbe corroborare l’ipotesi che quest’area fosse essere riferite, a meno di metterle in relazione con i frammenti di
stata considerata, in un primo momento, di secondaria impor- giara, ritrovati nel 2004 nel cumulo di detriti che gravava sulla parte
tanza. È stato possibile datare la cava alla XXV dinastia, e perciò orientale dell’area, a circa un metro di profondità.
accertarne la contemporaneità con la tomba di Harwa, sulla base Non è stato possibile recuperare tutti i pezzi della grande giara,
del ritrovamento di una giara appoggiata contro la parete di roccia che per forma e per consistenza della ceramica può anch’essa essere
orientale. La giara era priva della parte superiore e al suo interno datata alla XXV dinastia, sulla quale risultano tracciate varie iscrizioni
vi sono tracce di intonaco su cui rimangono le impronte delle dita in ieratico. Una di queste è in inchiostro rosso, il colore utilizzato nei
di una mano. Doveva essere stata utilizzata da uno degli operai di testi magici o di esecrazione. Una lettura preliminare ha rivelato che si
Harwa per suturare le connessioni tra un blocco e l’altro durante tratta di un elenco di nomi di persone (tra i quali è citato anche Harwa)
la loro posa in opera. e di divinità dell’area tebana. Potrebbe anche questo fare parte di un
La parte meridionale della cava è ingombra di grossi blocchi rituale (forse di consacrazione della tomba)34.
di pietra calcarea, alcuni dei quali con tracce di lavorazione. Si tratta Sempre nel cumulo dei detriti sono stati recuperati alcuni
sicuramente di quanto scartato e dimostrano che la cava sarebbe stata ostraca e pezzi di calcare lavorati e frammenti di papiro. Uno
sfruttata da sud a nord. I blocchi ricavati furono utilizzati per suturare degli ostraca reca due linee d’iscrizione con “L’insegnamento
le fessure naturali della roccia calcarea in varie parti della tomba e di un uomo al proprio figlio”; un secondo una linea di testo in
Figura 39 per rivestire la rampa di accesso. La giara sembrerebbe indicare un ieratico ripetuta da una mano diversa nello spazio sottostante, e
Tomba di Harwa (TT abbandono repentino dei lavori, testimoniato anche dallo stato di tre ulteriori linee con un nome. Un terzo ostracon presenta som-
37), cava (Fotografia di
Giacomo Lovera) incompiutezza della decorazione del cortile. mariamente inciso un capitello a forma di fiore di papiro aperto.

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Questi ritrovamenti sono stati, per il momento, interpretati come


testimonianze di un’attività scolastica che avrebbe avuto luogo
nell’area. L’esame paleografico dei documenti indica una data
posteriore alla fine del Nuovo Regno.

Il vestibolo

Il vestibolo era stato utilizzato dalla Missione Archeologica del Me-


tropolitan Museum of Arts di New York (MMA) per immagazzinare
un buon numero di reperti ritrovati nel corso degli scavi effettuati
tra il 1916 e il 1920 a Malqata, a Deir el-Bahri e nell’Assasif. Gli
archeologi americani avevano bloccato l’entrata sud dell’ambiente
con un muro in pietra e quella nord con una porta in legno inserita
in una cornice di mattoni crudi intonacati. A questa il Servizio delle
Antichità egiziano ne aveva aggiunta una seconda in ferro35. costituivano il resto del contenuto del vestibolo, insieme a vasi di
La prima ricognizione del vestibolo risale al 2002. In que- varie dimensioni e alcune serie di ushabty.
st’occasione è stato possibile costatare che la decorazione originale Un frammento in arenaria con linee d’iscrizione in geroglifico
versa in pessimo stato di conservazione. La parte superiore delle si unisce perfettamente con altri simili che menzionano Pabasa e che
pareti est e ovest è quasi completamente mancante, quella inferiore probabilmente vengono dalla tomba di questo personaggio (TT 297),
ha sofferto a causa del ristagno d’acqua al seguito di rari, ma violenti, situata immediatamente a nord di quello di Harwa. Questi ultimi
nubifragi (l’ultimo si è abbattuto sull’area della necropoli tebana nel giacevano, all’inizio degli scavi, nella parte occidentale del cortile
1994). Sopravvive gran parte delle due figure di Harwa seduto che della tomba di Harwa, insieme a parti di statue in arenaria dipinta di
si trovavano all’estremità nord delle due pareti (figura 40). I danni Mentuhotep II, provenienti dal suo tempio. Un ulteriore frammento
subiti dalle due immagini sono da imputare al passaggio di tombaroli di una di queste statue è stato recuperato nel corso del 2003 all’in-
che hanno asportato le teste dei personaggi. terno di una fossa davanti alla parete orientale del cortile da dove
L’inventario dei reperti del vestibolo è cominciato nella prima- si accede tutt’ora alla tomba. Doveva essere caduto al suo interno al
vera del 2004 e si è concluso nel giugno successivo. È stato così possi- momento del trasporto dei monumenti e lì abbandonato.
bile trasportare il contenuto del vestibolo nel magazzino del Consiglio
Supremo delle Antichità egiziano accanto alla Casa di Carter.
Tra gli oggetti degni di nota che si trovavano nel vestibolo
sono da segnalare alcuni frammenti di intonaco dipinto, e una serie Figura 40 Il cortile
di tappi in argilla con impronta di sigillo provenienti dal palazzo di Tomba di Harwa
Amenofi III a Malqata36. Insieme a questi si trovavano anche numerosi (TT 37), vestibolo. Dopo un sondaggio effettuato nel 1998 davanti alla falsa porta in-
Immagine di Harwa
frammenti di una statua di Amon37. Parti di sfingi in arenaria dipinta incisa sulla parete cisa sulla parete orientale, gli scavi del cortile si sono protratti in
occidentale (Fotografia
di Hatshepsut e porzioni della decorazione di tombe dell’Assasif di Francesco Tiradritti) tre stagioni non consecutive (1999, autunno 2001 e 2003). In questa

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

parte della tomba è stato possibile applicare un rigoroso metodo di segno del loro passaggio. Scavata nel pavimento di XA, proprio di
scavo stratigrafico. All’inizio si è optato per l’apertura di due settori fronte all’entrata del cortile, è stata riportata alla luce una singolare
di scavo, lungo il lato settentrionale e quello meridionale del cortile, struttura. Questa è costituita da una depressione centrale circonda-
lasciando intatta la striscia centrale dell’accumulo di detriti. ta da una fossa circolare semicircolare che termina in uno spazio,
La rimozione dello strato superficiale ha rivelato una situa- riempito con limo del Nilo. È probabile che al centro fosse posta
zione di crollo in entrambi i settori. Nella parte settentrionale è stato una giara da cui traspirava l’acqua che doveva mantenere umido il
riportato in luce un ampio fronte di frammenti di roccia calcare de- limo. Questa istallazione che, a mia conoscenza, non trova un esatto
rivante dal crollo del portico, mentre in quello meridionale è stato parallelo nella necropoli tebana, potrebbe essere una rivisitazione
rinvenuto un ampio strato di mattoni crudi derivanti dal parziale della cosiddette figure di “Osiride vegetante”, poste all’interno di
scivolamento del muro della rampa del tempio di Mentuhotep II. una sepoltura come simbolo di rinascita eterna per il defunto.
Uno dei primi strati rimossi nel 1999 si è rivelato formato Nel 1999 i lavori lungo il settore meridionale hanno con-
quasi esclusivamente da pezzi di mummia e bende. L’andamento, in dotto alla scoperta di nuove porzioni decorate del muro di fondo
leggera salita all’angolo sud-ovest verso il centro del cortile, indicava del portico, parzialmente già visibili39. È stata anche messa in luce
che doveva corrispondere a una delle tante azioni di saccheggio cui è una trincea, scavata da tombaroli che visitarono la tomba durante la
andata sottoposta la tomba di Harwa fino alla Seconda Guerra Mon- Seconda Guerra Mondiale o negli anni immediatamente successivi
diale. Si trattava del risultato dello bendaggio frettoloso di mummie per asportare parti della decorazione.
recuperate negli ambienti che, da quest’angolo del cortile, immetto- Durante le ricerche è stato possibile appurare il metodo da
no nella porzione meridionale del corridoio sotterraneo. In questo loro utilizzato per asportare i blocchi. La porzione di muro prescelta
contesto sono stati recuperati tre frammenti del ritratto funerario di veniva circoscritta, probabilmente da chi dirigeva le operazioni, con
un personaggio maschile databile al II secolo d.C.38 e frammenti di una linea incisa e, successivamente ricoperta con gesso. Questa pro-
cartonnage ascrivibili ai primi secoli della nostra era. Allo scopo cedura serviva a tenere insieme la superficie decorata che si sarebbe
di appurare la loro provenienza, nella seconda parte della stagione, sicuramente frammentata nel corso delle successive operazioni. Una
si è passati a scavare gli ambienti posti tra la porta del cortile e il volta essiccatosi il gesso, si passava a staccare la parte utilizzando
corridoio. Frammenti di cartonnage simili a quelli del cortile sono piccozze e piedi di porco. Il passo finale consisteva nell’immergere
stati recuperati nel vasto ambiente con soffitto a volta (XA) subito il frammento in una cornice di cemento che consentiva di rimuovere
dopo la porta e nel pozzo (YI) che si apre nella piccola stanza XD. il gesso senza che la pietra andasse in frantumi.
In quest’occasione è stato svuotato anche il pozzo YJ. Molti frammenti della decorazione sono stati recuperati
In quest’ultimo sono stati recuperati i resti del corredo fu- nel corso degli scavi, dimostrando che la parete aveva subito già
nerario di un certo Pef-tjau-auy-khonsu. I frammenti di sarcofago numerosi guasti in epoche precedenti alle visite dei tombaroli40.
ritrovati indicherebbero una datazione alla XXVI dinastia. La sepol- Per alcuni di essi è già stato possibile individuare l’esatto punto di
tura dovrebbe corrispondere a uno dei primi riutilizzi della tomba provenienza.
di Harwa come luogo di sepoltura da parte di altre persone. Il pozzo Il muro di fondo di quello che un tempo era il portico me-
era già stato visitato dai tombaroli che avevano avuto però cura di ridionale era decorato con scene in delicato bassorilievo di attività
riempirlo nuovamente. Contro la parete di fondo della camera di quotidiane. Si tratta di quanto avveniva nelle proprietà di Harwa la
modeste dimensioni scavata al fondo del pozzo avevano lasciato cui figura è incisa in grandi proporzioni all’estremità occidentale
un teschio (con l’occhio perforato in un macabro segno d’intesa, della parete. Il funzionario è ritratto come se stesse osservando quanto
probabilmente appartenente proprio a Pef-tjau-auy-khonsu) come si sta svolgendo davanti ai suoi occhi, la sua figura è incedente e

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

stringe nella mano destra un bastone. Davanti ai suoi piedi si trova


un personaggio di dimensioni ridotte, raffigurato nudo nella tipica
iconografia della fanciullezza. La sua testa è stata asportata dai tom-
baroli e sopravvive soltanto parte dell’iscrizione in geroglifico che lo
identificava. La posizione che occupa è identica a quella che, spetta
all’erede, normalmente il figlio maggiore del defunto, nelle tombe
dell’Antico Regno. In questo caso, quanto rimane del testo indica
che debba trattarsi del “figlio di suo fratello…”. Di Harwa non è noto
alcun fratello ed è verosimile che il termine sen sia qui da intendere
nella sua accezione più ampia di “amico fraterno”. Questo dato è di
estremo interesse, perché sembrerebbe suggerire che i possedimenti
di Harwa, alla sua morte, non sarebbero rimasti nell’ambito della
famiglia41 (catalogo 8).
Le scene che riguardano le attività quotidiane spaziano dalla
descrizione dei lavori nei campi, all’allevamento, alla pesca e alla
caccia nella palude. Il registro inferiore, ancora parzialmente coperto
dai detriti e estremamente rovinato dal vandalismo dei tombaroli sulla parete, in cui gli altri personaggi sono ancora intenti a pescare.
mostra invece figurazioni di diverso genere. Interessante è la scena Il senso di prospettiva deriva da una lettura sincronica delle due
che riproduce alcuni scultori al lavoro, intenti a rifinire una statua figurazioni che risultano però legate da un movimento diacronico il
in tutto simile a quella in alabastro di Amenirdis I conservata al cui punto di partenza è dato dal pescatore in procinto di avvicinarsi
Museo Egizio del Cairo42. al corso d’acqua. In presa con il modo di riprodurre il movimento
Nella figurazione del portico meridionale del cortile è rileva- in antico Egitto, è come se l’artista avesse voluto ritrarre un unico
bile un dettaglio che non appare avere riscontro in altre tombe egizie. individuo in fasi diverse di una medesima azione, dando così vita a
I pilastri recavano decorazioni realizzate in rilievo a incavo. I lati un breve racconto dal tono fumettistico: un pescatore va a pescare
che perpendicolari alla parete di fondo recano altre scene relative (personaggio che si avvicina, sulla parete) pesca (primo pescatore,
ad attività quotidiane. Sul lato orientale del pilastro centrale ovest sulla parete), continua a pescare (secondo e terzo pescatore, sulla
sopravvive la parte inferiore di una scena in cui un uomo è intento a parete) e, alla fine, raggiunge la riva dove si mette a preparare il pesce
pulire il pesce. Questa figurazione può essere posta in relazione con per essiccarlo sotto gli occhi vigili di un sovrintendente.
la scena di pesca incisa sulla parete di fondo in un gioco prospettico
accuratamente studiato. Di questa seconda scena sopravvivono tre Gli scavi nel cortile sono proseguiti nel 2001 e nel 2003.
pescatori (di un quarto è rimasta soltanto la parte inferiore). Quello Durante la prima campagna è stata rimossa la striscia di terreno
all’estrema sinistra della scena è in procinto di arrivare al corso d’ac- centrale, arrivando così a rimettere in fase l’intero cortile. In queste
qua dove gli altri due stanno già pescando (figura 41). I personaggi due campagne è stato ulteriormente approfondito lo scavo in corri-
Figura 41
hanno dimensioni minori rispetto a quello raffigurato sul pilastro. spondenza del portico settentrionale. La parete di fondo, al contrario
A un osservatore che guardi verso il portico meridionale dal centro Tomba di Harwa (TT
37), parete meridionale di quella meridionale, risultava priva di decorazione, a eccezione
del cortile l’uomo intento alla pulizia del pesce appare perciò in del cortile. Scena di dei resti di alcune colonne con geroglifici di grandi dimensioni
pesca (Fotografia di
primo piano, come si trovasse sulla riva del corso d’acqua, inciso Giacomo Lovera) all’estremità occidentale43. Alcuni graffiti erano stati tracciati sulla

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L’enigma di Harwa

superficie della parete e, tra questi, è stata identificata la firma del


poeta francese Arthur Rimbaud44.
L’approfondimento degli scavi ha portato alla scoperta di
tre registri di rilievi sovrapposti, incisi in delicato bassorilievo. In
quello superiore le scene appaiono complete o molto prossime a
essere terminate. All’estremità orientale dei due sottostanti le figure
sono rimaste a livello di disegno preparatorio, semplicemente trac-
ciate con inchiostro rosso (in alcuni casi il profilo delle teste appare
inciso in modo molto approssimativo). L’incompletezza dei rilievi
in questa parte del monumento funerario fornisce una spiegazione
alla mancanza di decorazione nella parte superiore della parete. I
lavori dovettero essere stati abbandonati repentinamente; in quel
momento alcuni decoratori stava lavorando alla figurazione in cor-
rispondenza dell’angolo nord-est del cortile; altri, sicuramente con
una diversa specializzazione, avevano appena cominciato a incidere
l’iscrizione in colonne di geroglifico nell’angolo nord-ovest che, una
volta completata, avrebbe dovuto occupare tutta la parte superiore
della parete.
Il registro superiore dei rilievi, in buone condizioni di con-
servazione in quasi tutta la metà orientale del portico, reca una fila
di portatori di offerte, ritratti come se si dirigessero verso l’interno
della tomba. Le figure risentono di una chiara influenza dell’arte
menfita dell’Antico Regno e sono simili alle miriadi di immagini
che affollano le mastaba dei nobili della IV-VI dinastia a Giza e a
Saqqara. Le figure di Harwa hanno però qualcosa di sostanzialmente
diverso. Sono libere dalla ripetitività e dal conformismo che governa
l’ordine spaziale delle scene dei monumenti più antichi. L’immagine
di ogni portatore nella tomba di Harwa vive in un suo proprio spazio
ed è diversa da tutte le altre. Il ritmo figurativo è allegro, festante;
quest’atmosfera è ancor maggiormente sottolineata dai fiori di papiro
o loto con cui alcuni portatori hanno cinto le parrucche.
Un tema caro da sempre agli artisti di tutte le epoche dell’an-
Catalogo 8
tico Egitto è individuabile nella figura del portatore con il vitellino
Sarcofago di
Meritamon. Padova, sulle spalle (figura 42). Il braccio sinistro del personaggio ha una tor-
Museo Civico degli sione anomala che pone in maggiore risalto la figura dell’animale. Il
Eremitani, inv. 141
(© 2004 Gabinetto vitello è rivolto all’indietro e sul suo muso è rilevabile un’espressione
Fotografico Musei Civici
di Padova) corrucciata. L’artista ha così voluto riprodurre il tema della nostal-

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Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

gia e del distacco


senza ritorno45. La
testa dell’animale
sin oppone al mo-
vimento di tutta
la scena e guar-
da verso il punto
dove origina la fila
di portatori, da
dove viene e dove
sa che non potrà
più tornare.
Il registro
centrale è molto
mal conservato.
Per il momento
sono state poste
in luce le porzioni
di alcune scene
dipinte in inchio-
stro rosso in corri-
spondenza dell’estremità orientale del portico. Si intravedono alcuni
personaggi intenti in attività lavorative delle quali non è stata ancora
accertata la natura.
Del registro inferiore rimangono alcune scene, soltanto dipin-
te, nell’estremità orientale e una buona porzione realizzata in bassori-
lievo in corrispondenza di quella occidentale del portico. In entrambi
i casi si tratta di figurazioni relative alla cosiddetta danza-tjeref: un
ballo di coppia attestato nel contesto dello svolgimento delle ceri-
monie funebri46. La scena di Harwa trova un esatto parallelo nella
tomba di Iy-mery a Giza (G 6020), databile alla seconda metà della
V dinastia (XXIV secolo a.C.)47. Anche in questo caso la figurazione
Figura 42 di Harwa possiede qualcosa di diverso rispetto all’originale. I bal-
Tomba di Harwa lerini sono ritratti in momenti diversi, e probabilmente progressivi,
(TT 37), parete della danza. Al mutare delle posizioni delle gambe la muscolatura è
settentrionale del
cortile. Portatore con trattata in modo diverso, come se alla base della figurazione vi fosse
vitellino (Fotografia di
Giacomo Lovera) un reale, anche se primitivo, studio anatomico.

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

Scavi nella tomba di Harwa: la prima sala ipostila essere datata all’epoca tolemaica, epoca in cui la tomba di Harwa fu
trasformata in un santuario, con tutta probabilità dedicato a Osiri-
La prima sala ipostila e i dieci annessi che si aprono lungo i suoi de. Il cambio d’uso è testimoniato dal ritrovamento di un notevole
lati settentrionale e meridionale sono stati scavati nel corso del- quantitativo di coppe votive di epoca tolemaica in uno degli annessi
le campagne 1997 e 199848. L’ambiente è stato diviso in quadrati settentrionale (N3). Nello stesso ambiente è stato recuperato anche
tenendo come punti di riferimento virtuale il centro dei pilastri. lo stampo in terra refrattaria per la produzione di statuine di Osiride
Non è stato possibile impostare uno scavo stratigrafico più accurato (HRW 1997, R 237). Un secondo stampo (HRW 1998, R 283), di cui
poiché l’accumulo di detriti non è avvenuto per fasi successive, si conserva soltanto la parte superiore, è stato invece ritrovato tra i
ma in momenti contigui impossibili da differenziare. La situazione detriti della navata meridionale della sala ipostila. La trasformazione
archeologica si presentava come un accumulo di blocchi caduti dal in un santuario dedicato a Osiride deve essere stata facilitata dalla
soffitto e dalle pareti, circa un quarto dei quali conservava ancora struttura stessa della tomba, simile a quella di un tempio, e dal fatto
tracce di decorazione. In alcuni punti della sala, sotto ai detriti e a che nella cella fosse scolpita l’immagine del dio.
diretto contatto del pavimento, sono stati riportati alla luce ampi ac- Nell’angolo nord-occidentale della sala ipostila sono stati
cumuli di calce, all’interno dei quali sono stati recuperati resti ossei rinvenuti numerosi frammenti di un Libro dei Morti in geroglifico
malamente conservati. Sembrerebbe trattarsi di sepolture comuni la corsivo e con vignette che inducono a datarlo all’epoca tolemaica.
cui datazione può essere fatta corrispondere a una delle epidemie Le modalità di ritrovamento (quasi in superficie e su un’area di circa
che avrebbero funestato l’Egitto nei secoli della tarda antichità. A due metri quadrati) induce a ipotizzare che il Libro dei Morti sia
livello di pavimento sono stati recuperati vasetti e balsami in vetro, stato estratto da qualche tombarolo dalla camera funeraria ricavata
in alcuni casi in associazione tra loro, probabilmente quanto resta nell’annesso all’estremità occidentale (N5). I frammenti sarebbero
di modeste sepolture, databili tra il I e II secolo d.C.49. Questi ritro- il risultato del tentativo di manipolazione (o di apertura) del papiro
vamenti indicano che la tomba di Harwa fu utilizzata come cimitero nel luogo dove sono stati ritrovati.
a partire dal I secolo d.C. circa fino a tutto il IV. Nel corso della campagna 1997, all’interno di uno dei cumuli
Al centro della sala, a circa quattro metri di distanza dalla di calce che coprivano il centro della sala ipostila sono stati riportai
porta dell’ingresso alla seconda ipostila è stata riportata alla luce una alla luce la parte superiore di un ushabty in serpentino (HRW 1997,
base in arenaria. A non molta distanza, tra i detriti, sono stati rinve- R 199) e un secondo ushabty in calcare spezzato in due parti (HRW
nuti altri frammenti lavorati della stessa pietra sulla cui superficie 1997, R 200) di Harwa (figura 43). Il luogo di ritrovamento è inusuale,
sono incisi in bassorilievo pani e vasi. Questi blocchi sono risultati visto che le statuine del defunto erano di regola poste nelle vicinanze
appartenere a una tavola per offerte per la quale si è subito ipotizzato della mummia. L’unica spiegazione possibile è che siano scivolati
che dovesse poggiare sulla base. Le misure però non coincidevano. di mano a qualcuno che li aveva prelevati dalla camera funeraria
La soluzione di questo problema si è presentata quando, nel corso e, affondati nella finissima polvere di calce, non sarebbero stati più
degli scavi al centro di cortile, è stata scoperta una tavola per offerte recuperati50. Anche questo evento è da ascrivere a una delle azioni
in arenaria, utilizzata per solidificare il terreno sottostante a uno dei di saccheggio perpetuate nella tomba.
cerchi di limo con i quali erano stati prodotti i mattoni crudi con cui La parte superiore dell’ushabty in serpentino presenta un
era stato chiuso il vestibolo. La tavola si adatta perfettamente alla modellato del viso delicato, ispirato ai canoni artistici della scultura
base e la sua superficie superiore ha dimensioni tali per appoggiarvi i dell’Antico Regno. L’esemplare in calcare, seppure di squisita fattura,
blocchi con i pani e i vasi. Il risultato è una tavola per offerte tripartita ha caratteristiche così particolari che lo rendono di vitale importanza
costituita da base, ripiano e offerte. Sebbene di fattura insolita, può per la ricostruzione della storia di Harwa e del periodo in cui visse.

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Figura 43
Ushabty in calcare di
Harwa con in mano le
insegne della regalità
faraonica, HRW 1997,
R 200 (Fotografia di
Giacomo Lovera)

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

Al posto delle abituali zappe la statuina stringe infatti il flagello e lo privata più grande di tutto l’Egitto55, nonostante la maggior parte dei
scettro, i simboli della regalità faraonica. Il nome di Harwa, nel Capi- suoi monumenti lo ricordino semplicemente con il titolo di Capo
tolo VI del Libro dei Morti iscritto sull’ushabty, è inoltre preceduto Sacerdote Ritualista (come Pa-di-amon-neb-nesut-tauy).
dal titolo ur-uru (“Grande dei Grandi”) utilizzato normalmente per Alla luce di queste informazioni sembrerebbe che almeno
designare i sovrani o i governatori dei paesi stranieri. Al momento quattro personaggi o abbiano avuto le risorse (Harwa, Montuemhat,
della scoperta, questa statuina rappresentava un unico per la storia Petamenofi) che potevano essere a disposizione soltanto del go-
della civiltà faraonica. Soltanto nel 200351, con la pubblicazione vernatore di uno stato, oppure hanno agito come se lo fossero
della foto della parte superiore dell’ushabty conservata al Museum (Pa-di-amon-neb-nesut-tauy), o siano stati considerati come tali
of Fine Arts di Boston (catalogo 17), si è potuto appurare l’esistenza (Montuemhat) oppure abbiano, più semplicemente, preteso di
di un secondo esemplare. Le due statuine funerarie di Harwa sono esserlo (Harwa). Questi quattro nomi possono essere posti in suc-
le uniche che ritraggono un personaggio che non sia il sovrano con cessione e dare vita a quella che potrebbe essere considerata una
in mano le insegne della regalità. vera e propria dinastia di funzionari nelle cui mani si sarebbero
Questi elementi hanno indotto a una riflessione sul vero ruolo trovate le sorti di Tebe per circa un secolo, dal tramonto del potere
detenuto da Harwa e sulle modalità della sua gestione all’inizio del libico sulla città (metà VIII secolo a.C.) all’avvento della XXVI dina-
VII secolo a.C. stia (VII secolo a.C.). Una tale ricostruzione si scontra però contro
In quest’epoca l’Egitto meridionale era ormai da tempo un’aporia che potrebbe apparire, a prima vista, insormontabile:
saldamente in mano dei sovrani della XXV dinastia ed è opinione Pa-di-amon-neb-nesut-tauy, Harwa, Montuemhat e Petamenofi
comune che il controllo della regione avvenisse attraverso la carica possono avere governato in questa successione, ma appartengono a
religiosa della Sposa Divina. Nella documentazione contempora- quattro famiglie ben distinte e non sono legati da parentela alcuna
nea e in quella di poco precedente vi è però la menzione di alti tra loro. Per risolvere questo problema può essere utile tornare alla
funzionari tebani che appaiono agire come se fossero stati i veri figura di Harwa incisa all’estremità occidentale del muro di fondo
governatori della regione e dell’Alto Egitto. Il primo è Pa-di-amon- del portico meridionale del cortile. Davanti alle sue gambe si trova
neb-nesut-tauy, ricordato nella Stele di Piankhy con il semplice ti- l’erede di tutte le sue proprietà che però non è suo figlio, quanto
tolo di Capo Sacerdote Ritualista52, una funzione religiosa di ambito piuttosto “il figlio di suo fratello (da intendere come “amico fra-
soprattutto funerario, al quale viene affidato il compito (insieme al terno”). L’iscrizione è mutila e non è possibile accertare l’identità
generale Pulem) di ricevere la resa di Teknakht, il sovrano a capo del personaggio. Potrebbe trattarsi di Montuemhat, ma potrebbe
della coalizione di principi libici che si erano opposti all’avanzata benissimo anche essere un altro personaggio, al quale Harwa aveva
degli eserciti nubiani. Saltando l’epoca di Harwa, troviamo Mon- intenzione di passare l’effettivo potere (mentre il titolo di Grande
tuemhat, Quarto Sacerdote di Amon e Governatore della città, la Maggiordomo sarebbe toccato ad Akhimenru) e che fu invece sop-
cui importanza in ambito amministrativo doveva essere immensa. piantato da Montuemhat. L’importante non è tanto l’identità del
Questo è testimoniato dalle dimensioni della sua tomba, ma anche personaggio raffigurato davanti a Harwa, quanto piuttosto il fatto
Catalogo 17
da altri documenti come gli annali di Assurbanipal II trascritti sul che le sue proprietà, e perciò le risorse che ne derivavano, erano
Pagina precedente
Frammento superiore Cilindro di Rassam53, dove è nominato come sharru (“sovrano”) destinate a passare in mano a qualcuno che non era suo figlio. È
di ushabty di Harwa.
Museum of Fine Arts, di Tebe, e il Papiro dell’Oracolo saita54. Anche Petamenofi, la cui assai verosimile che sulla promozione di colui che doveva gestire lo
Boston. Hay Collection. carriera deve collocarsi nell’epoca immediatamente successiva a stato di Tebe e dell’Alto Egitto gravasse la lunga mano dei sovrani
Gift of C. Granville
Way, 72.745 (© 2004 quella di Montuemhat, doveva detenere un notevole potere se fu in libici prima e nubiani poi. Questo spiegherebbe perché sarebbero
Museum of Fine Arts,
Boston) grado di prepararsi nell’Assasif quella che è considerata la tomba stati scelti funzionari non imparentati tra di loro. Al momento di

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

assumere il controllo il dignitario prescelto manteneva i propri da quella di Harwa. Al termine della campagna 2003 è stata comple-
titoli, assumendo però prerogative che lo investivano dell’effettivo tata la catalogazione e lo studio preliminare dei blocchi della parte
governo e che, almeno agli occhi degli Assiri, lo facevano apparire meridionale della prima ipostila. Oltre al riconoscimento di molti
come uno sharru a tutti gli effetti. Questo dovette essere anche frammenti provenienti dai pilastri e dalle pareti, questo ha consentito
quello che pensava Harwa quando fece incidere su uno dei suoi la ricostruzione fino al 40-60% delle porte degli annessi meridionali
ushabty il titolo ur-uru. che, all’inizio degli scavi, risultavano completamente crollate.
È stato così possibile appurare che la decorazione degli
A partire dal 1999 è iniziato lo studio dei blocchi, recanti architravi prevedeva scene a carattere offertorio. Di particolare
tracce di iscrizioni o figurazioni, recuperati nel corso degli scavi interesse si è dimostrata quella dell’annesso posto all’estremità sud-
della prima sala ipostila. Durante le campagne 2001 e 2002 i pi- occidentale (S5). La scena ritrae Harwa davanti al padre Padimut
lastri dell’ambiente sono stati ricostruiti in compensato, rispet- e alla madre Nestaureret. La stanza ha soffitto a botte e al fondo
tando le dimensioni di quelli originali. Questo ha consentito di si apre un pozzo funerario. La scena suggerirebbe che potrebbe
avere a disposizioni superfici su cui attaccare le copie in scala trattarsi del luogo di sepoltura preparato per accogliere le salme
uno a uno dei frammenti identificati. Dopo essere stati catalogati, dei genitori di Harwa.
i blocchi sono stati fotografati in digitale in modo da effettuare
foto-mosaici rivelatisi di estrema utilità per la ricostruzione della
decorazione (figura 44).
I maggiori risultati sono stati ottenuti grazie al confronto con La seconda sala ipostila
la decorazione della tomba di Pabasa che, almeno per quanto riguarda
la prima ipostila e il cortile, risulta essere stata copiata direttamente La seconda sala ipostila si è preservata in condizioni migliori della
prima. Le sue dimensioni ridotte hanno indotto a iniziare da qui gli
scavi nella tomba. È stato così possibile sperimentare le modalità di
intervento in seguito utilizzate nelle parti restanti del monumento.
Lo scarso accumulo di detriti ha consentito di completarne
la rimozione già al termine della breve campagna del 1996. La situa-
zione appariva molto disturbata e, a livello di pavimento, sono stati
recuperati balsamari in vetro e vasetti simili a quelli che sarebbero
stati successivamente rinvenuti nella prima sala ipostila, senza però
riuscire ad accertare se erano associabili a sepolture oppure proveni-
vano dall’ambiente contiguo (ipotesi più probabile) ed erano arrivati
qui in modo intrusivo.
Figura 44 Il problema maggiore era costituito dalle pareti che, sebbene
Foto-mosaico con la conservatesi in migliore condizioni di quelle della prima sala ipostila,
ricostruzione della
porzione di una scena risultavano in alcuni punti in procinto di crollare ed erano unifor-
dalla decorazione della memente ricoperte da uno strato di guano di pipistrello.
prima sala ipostila
della tomba di Harwa Sempre durante la campagna 1996 sono stati sperimentati di-
(Fotografia Carlos de la
Fuente) versi metodi di pulizia. Le prove, compiute su porzioni limitate della

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L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

pareti e su frammenti dipinti di piccole dimensioni, hanno consentito dell’estremità orientale. Quasi in superficie sono state recuperate
di accertare che i pigmenti utilizzati risultavano resistenti all’acqua due statuine di uccello-ba, in legno dipinto (HRW 2001, R 131
e, sulla base di questo risultato, è stato elaborato un procedimento e 132), simili a quelle che si trovano inseriti sopra i sarcofagi di
utilizzato poi in larga scala. Sulle superfici sono stati stesi fazzolettini epoca romana56. La prima è stata recuperata lungo la parete set-
di carta, imbevuti d’acqua e coperti con una pellicola d’alluminio. tentrionale e la seconda lungo quella meridionale: questo lascia
Quest’ultima serviva a impedire la rapida evaporazione e, perciò, supporre che si trovassero montate sui lati del sarcofago. Sareb-
la risalita in superficie dei sali presenti nella roccia che, altrimenti, bero cadute nel corridoio durante una delle azioni di saccheggio
avrebbero potuto provocare la spaccatura della stessa. Questo meto- della tomba. A causa dello spazio limitato, i tombaroli avrebbero
do ha consentito di completare la pulizia dalle pareti alla fine della urtato il coperchio del sarcofago contro il soffitto del corridoio
campagna 1998. Purtroppo l’acidità del guano, in alcuni punti, ha causando il distacco delle due statuine.
condotto alla parziale corrosione di figure e iscrizioni geroglifiche La completa rimozione del cumulo di detriti ha condotto
che, però, sono ancora leggibili nella loro quasi totalità. al recupero, a livello di pavimento, di blocchi decorati provenienti
dalla sala ipostila e dal cortile. Questi hanno consentito di stabilire
che la chiusura del corridoio avvenne in un momento in cui i pilastri
della prima ipostila erano già parzialmente crollati e il cortile non
La cella era ancora ricoperto di detriti57.
Lo svuotamento delle due stanze più profonde ha portato
La cella al fondo del primo livello sotterraneo è stata scavata com- al recupero di molti frammenti di ushabty in pietra e in faïence
pletamente nel 1998. La rimozione dei detriti ha riportato alla luce di Harwa, confermando che nell’ambiente di dimensioni maggiori
la piccola rampa di scale scavata nella roccia davanti alla figura di fosse stato previsto di collocare il sarcofago di Harwa. La sala era
Osiride e numerosi frammenti della decorazione che riproduce il piena di detriti fino a circa metà della sua altezza. Nel corso delle
santuario primitivo del dio. A eccezione di un frammento di barba, operazioni di rimozione sono state recuperate numerose tracce di
non è stato possibile recuperare alcune parti della figura del dio un suo riutilizzo successivo.
o della statua di Harwa seduto, scolpita nella nicchia che si apre In entrambi gli ambienti e al fondo del pozzo sono stati re-
all’estremità nord-ovest della cella. cuperati numerosi blocchi di calcare, di qualità migliore e diversa
da quello della roccia circostante, iscritti con il nome e i titoli di
Harwa. Ritenuti in un primo momento provenire dal sarcofago, si
sono dimostrati, al termine dei lavori di scavo, appartenere a un ta-
Gli ambienti sotterranei bernacolo, molto simile a quelli dove venivano poste e statue delle
divinità nelle celle dei templi.
Gli ambienti cui si accede dall’ampio pozzo che si apre nell’an- Il problema che pone un tale ritrovamento è quella della
golo nord-ovest della seconda ipostila sono stati scavati nel corso funzione di un tale monumento in quella che era stata concepita
delle campagne 2001 e 2002. Si riteneva che la sala più profonda per essere la camera funeraria di Harwa, come dimostrato dagli
di maggiori dimensioni potesse essere identificata con la camera innumerevoli frammenti di ushabty ivi recuperati. L’unica ipotesi
funeraria di Harwa. possibile, in mancanza di ulteriori dati, è che questo ambiente
Il corridoio d’ingresso agli ambienti presentava un ac- fosse inteso essere un cenotafio e che Harwa sia stato sepolto
cumulo di detriti che costituiva quanto restava della chiusura altrove.

200 201
L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

Conclusioni Note
1
“Missione delle Civiche Raccolte Archeologiche di Milano in Egitto” fino al 2002.
A dieci anni di distanza dall’inizio di attività nel complesso funera- 2
TT = Tomba Tebana. Tebe è il nome con cui i greci indicavano Luxor (chiamata Uaset “la Vittoriosa”
in egiziano antico).
rio di Harwa e Akhimenru e con ancora un numero imprecisato di
3
Per una descrizione dettagliata dell’area e, in particolari della necropoli dell’Assasif, si veda il
campagne prima di giungere alla fine dei lavori di scavo, di restauro contributo di Silvia Einaudi in questo catalogo.
e studio è possibile trarre alcuni conclusioni sull’oggetto delle nostre 4
L’attribuzione di questa parte della tomba ad Akhimenru fu fatta per primo da Jean Leclant nel corso
ricerche. di una sua visita al monumento (Leclant 1954). Per questo personaggio e dei suoi monumenti
resta sempre un riferimento lo studio di Miriam Lichtheim (1948).
La tomba di Harwa si presenta come un monumento chiave 5
Si tratta del frammento di una scena con paesaggio palustre proveniente dal cortile, pubblicato
per la conoscenza della storia e della cultura dell’Egitto del VII in questo catalogo (n. 16), la cui prima segnalazione si deve a Ann Russmann (1983, fig. 3).
secolo a.C. Quello che appare più evidente è la sua natura “rinasci- 6
Metropolitan Museum of Art of New York, 14.1.397B. Il frammento ritrae Harwa seduto e fa parte
della decorazione della prima sala ipostila. Una foto è pubblicata in Russmann 1983, fig. 4.
mentale”. Nella decorazione della tomba il passato viene ripreso, 7
Il blocco era in vendita in uno dei negozi di antichità di Luxor agli inizi degli anni Cinquanta. In
copiato e rielaborato in forme nuove che appaiono adattarsi a seguito alla chiusura di tutte queste attività fu confiscato e trasportato nei magazzini di Karnak.
una civiltà egizia che sta cambiando. È possibile anche rilevare Qui è stato individuato da Laurent Coulon che ha avuto la cortesia di segnalarmene l’esistenza.
Un sentito ringraziamento va a lui e a tutte le autorità del Consiglio Supremo delle Antichità di
un sentimento nuovo di fronte alla morte, un sentimento dove Luxor che hanno acconsentito al trasferimento nella tomba di Harwa. Già in precedenza, sulla base
la rinascita ulteriore è sentita come la méta finale di un percorso delle fotografie, ne era stata accertata l’esatta provenienza. Fa parte del testo offertorio iscritto
sulla porzione meridionale della parete est della prima ipostila.
che, in ultima analisi, è solo un modo per superare la paura della 8
Ritrovata nel corso degli scavi di Bernard Bruyère sul sito (Bruyère 1948, p. 25 e 1952, p. 28-
morte, per rassicurare l’individuo che tutto non ha termine con 29, fig. 95). La tavola per offerte si trova attualmente conservata nel magazzino del Consiglio
Superiore delle Antichità presso la Casa di Carter sulla riva ovest di Luxor. Notizia fornitami da
la fine dell’esistenza terrena. Nadine Cherpion, che ringrazio. Ringrazio anche le autorità del Consiglio Superiore delle Antichità
La tomba di Harwa può fornire anche risposte, che al della Riva Ovest di Luxor che mi hanno consentito di esaminare la tavola per offerte nel gennaio
2004.
momento appare soltanto suggerire, sull’anello mancante tra 9
Pubblicato in de Morgan et alii 1894, n. 164, p. 38.
civiltà egizia e mondo mediterraneo. La “Tebe dalle cento porte” 10
Non esiste un censimento degli ushabty relativi a Harwa conservati nelle collezioni pubbliche e
descritta da Omero non è quella del Nuovo Regno, come spesso private del mondo. Alcuni risultano già pubblicati: frammento superiore di ushabty 72.745 presso
il Museum of Fine Arts di Boston (T. Kendall in Barcellona 2003, p. 165, n. 76 e presente catalogo
si è voluto affermare, ma quella dell’VIII-VII secolo a.C. a lui con- n. 17); ushabty CG 47715 al Museo del Cairo (CG 46530-48575); ushabty in collezione privata
temporanea, che conosce un nuovo momento di splendore grazie francese (Aubert, Aubert 1974, p. 199); ushabty LH 1725 presso il Liebieghaus – Museum Alter
Plastik di Francoforte, (Schlick-Nolte, von Droste zu Hulshoff 1984, pp. 2, 77-79, B. Schlick-Nolte
alla XXV dinastia. I greci si affacciano sulla Valle del Nilo proprio in Droste zu Hulshoff, et alii 1991, pp. 89-93, n° 30); frammento superiore di ushabty F 1949/2.3
in quest’epoca e la tomba di Harwa presenta caratteristiche di presso il Rijkmuseum van Oudheden di Leida, (Schneider 1977 II, p. 154 (5.2.1.1), tav. 118; III, tav.
57; fig. 31); un ushabty UC 10681 e ushabty privo della parte inferiore delle gambe UC 30151al
pensiero che, di lì a poco, si troveranno riflesse nei misteri58 e in Petrie Museum di Londra (per UC 10681, v. Petrie 1935, n. 540, tav. XII, e XLI, dove come luogo
di provenienza è indicata la tomba di Harwa); ushabty Eg. 253, presso il Museo Etnografico di
altre manifestazioni del loro pensiero59. Dare il pane dell’affamato Neuchâtel. Di un frammento di ushabty di Harwa conservato nel Museo Nazionale di Praga ho
e i vestiti all’ignudo per avere diritto alla rinascita e trascorrere invece avuto notizia grazie a una comunicazione personale di Pavel Onderka.
l’eternità in contemplazione del dio sono concezioni che trovano
11
Per gli ushabty di Harwa ritrovati a Medamud, si veda Clère 1934.
un corrispondente già nel primo giudaismo cristiano60. Quanto
12
Il frammento della porzione mediana di un ushabty in pietra di Harwa è stato riportato alla luce
dalla Missione Archeologica dell’Università di Chicago a Luxor nel corso delle recenti ricerche
suggerisce la tomba di Harwa è da tempo risaputo, ovverosia archeologiche presso il tempio thutmoside di Medinet Habu. Comunicazione personale del Direttore
della Missione Dottor W. Raymond Johnson.
che la nostra cultura ha origini profondamente radicate nella
13
Il tempio thutmoside di Medinet Habu dista poco più di venti metri dalle cappelle delle Divine
civiltà faraonica. L’importanza di questo immenso monumento è Adoratrici.
che fornisce la chiave di lettura per capire le modalità di questo 14
Cfr. Gunn, Engelbach 1931, pp. 791-815. Nel novero delle statue menzionate nell’articolo
passaggio e illuminare uno dei periodi più oscuri della storia escluderei Museo del Cairo CG 902 (numero IV in Gunn, Engelbach 1931, p. 792, 800, tav. III).
Si tratta di una statua acefala e mancante della parte inferiore delle gambe. Nonostante i titoli
dell’Egitto faraonico.

202 203
L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

iscritti sulla gonna siano simili a quelli di Harwa e l’aspetto pingue del corpo ricordi soprattutto 20
Eigner 1984, pp. 37, 178-180.
due sue statue al Museo del Cairo e quella nel Museo della Nubia ad Assuan (JE 36711, 36930 e 21
Per l’analisi della tomba di Harwa come testo, si veda Tiradritti 1999A.
37386), non si può escludere che la scultura possa rappresentare un altro funzionario vissuto nel
corso della XXV dinastia (si veda, per esempio, la statua di Iriketakana, citata in Kuentz 1934, p. 22
Per una più approfondita discussione sugli elementi osiriaci nella tomba di Harwa si veda Einaudi
143-144, pl. I et II, che porta gli stessi titoli incisi su CG 902). Al novero delle sculture citate in 2004 e il contributo della stessa in questo catalogo.
Gunn, Engelbach 1931, va inoltre aggiunto il gruppo statuario Museo del Cairo JE 37377 (inedito, 23
I lati dei pilastri orientati verso le navate laterali della sala recano capitoli del Libro dei Morti che,
ma citato in De Meulenaere 1977). Ho avuto modo di esaminare questa scultura nel corso di
sebbene assimilabili per contenuto al Rituale delle Ore del Giorno e della Notte, contrariamente
una mia visita al Museo del Cairo grazie alla gentilezza dell’allora direttore dell’istituzione, Dottor
a quanto supposto in precedenza (così come traspare in Graefe 1993), devono essere analizzati
Mamduh Eldamaty al quale desidero qui esprimere la mia riconoscenza.
in connessione con i lunghi estratti dei Testi delle Piramidi iscritti sulla parete settentrionale e
15
Harwa porta sia il titolo di mer-per ur en Duat-netjer (“Grande Maggiordomo della Divina Ado- meridionale della prima ipostila. Lo studio di queste composizioni è ancora in corso e ne sfugge
ratrice”) sia quello di mer-per ur en hemet-netjer (“Grande Maggiordomo della Sposa Divina”). perciò il significato nell’economia generale dell’interpretazione semantica della tomba.
Entrambi appaiono essere riferiti alla figura di Amenirdis I. Un’analisi preliminare delle attestazioni 24
L’Oltretomba era concepito dagli egizi come un universo opposto a quello reale ed è proprio in
del titolo nella tomba di Harwa sembrerebbe indicare che la variante con “Divina Adoratrice” pre-
ragione di questo motivo che il sorgere è posto a ovest e il tramonto a est.
domini negli ambienti sotterranei della tomba, mentre quella con “Sposa Divina” compaia quasi
esclusivamente nel cortile e sugli ushabty. Questo dato, qualora confermato dal proseguimento 25
La circolarità del trascorrere del tempo è espressa in Egitto dal termine djet, scritto con il gero-
delle ricerche sul sito, potrebbe indicare che le due forme del titolo non siano da considerare glifico del serpente. In epoca greco-romana questa stessa parola sarà scritta in forma pittografica
alternative, ma corrispondano a due fasi successive della carriera di Harwa. Gli ushabty e la attraverso l’immagine di un serpente che avvolge la mummia di Osiride (Frammento di papiro,
decorazione del cortile furono sicuramente realizzati in un momento successivo rispetto agli Milano, Civiche Raccolte Archeologiche, E 0.9.40134). Questa figura passerà poi nel mondo
ambienti sotterranei della tomba. Il cambiamento nella titolatura di Harwa si troverebbe così a romano e diventerà l’iconografia per la figura del Chronocrator (si veda, per esempio, Arslan 1997,
riflettere quello della posizione di Amenirdis I che, in quanto erede sarebbe stata insignita del pp. 231 e 234) e, da ultimo, servirà da spunto per la figura dell’Ouroboros, di epoca medievale,
titolo di Divina Adoratrice (duat-netjer) prima di assumere, a pieno diritto, quello di Sposa Divina il serpente che si morde la coda allegoria del tempo infinito.
(hemet-netjer). Questa possibilità è stata discussa con la Dottoressa Mariam Ayad che ringrazio per 26
Anubi appare qui rappresentato con due teste. Si tratta di un errore: all’inizio il dio doveva essere
le preziose informazioni. Per un ulteriore studio sulla figura della Sposa Divina/Divina Adoratrice
ritratto con la testa rivolta all’indietro verso Harwa; in un secondo momento era invece stato
in quest’epoca, si veda il suo contributo in questo catalogo.
deciso altrimenti. Il cambiamento intendeva sicuramente attribuire un maggiore parallelismo
16
Se risultasse vero quanto ipotizzato alla nota 15, la nomina di Harwa a Grande Maggiordomo tra questa scena e l’allegoria della morte. La testa del dio errata doveva essere coperta da una
andrebbe collocata in un momento precedente a questo evento, ovverosia a quando Amenirdis I fu mano d’intonaco, parzialmente già caduto quando Pabasa, qualche decina di anni più tardi, fece
nominata erede della Sposa Divina. Per datare con precisione quest’avvenimento i documenti sono realizzare la propria tomba. La scena della rinascita si trova infatti anche in questo sepolcro dove,
scarsi e poco informativi. A causa di questo non c’è un reale accordo tra gli studiosi sull’identità davanti al muso di Anubi, è incisa una linea curva corrispondente alla parrucca relativa alla testa
del sovrano responsabile di questo atto. Si vedano, per esempio, in questo stesso catalogo, i del dio rivolta all’indietro nella tomba di Harwa. Questo particolare dimostra che gli artisti di
contributi di Morkot e Naunton (Kashta) e quelli di Ayad e Galgano (Piankhy). Pabasa copiarono la scena direttamente dall’originale, senza però capire che la linea curva era da
considerare un errore.
17
Ann Russmann, in questo stesso catalogo, ha espresso l’affascinante idea che le maestranze
menfite chiamate a decorare il tempio di Kawa da Taharqo (690 – 664) siano state le medesime 27
Asimmetrie finalizzate a correggere la visione complessiva della sala ipostila sono rilevabili nel
che avrebbero lavorato nella tomba di Harwa. Questo concorderebbe con la differente qualità dei portale che incornicia il passaggio al termine dell’ambiente.
rilievi rispetto alle altre tombe dell’Assasif, la maggiore ispirazione al repertorio figurativo delle 28
Vedi sopra, nota 17.
tombe dell’Antico Regno di Giza e Saqqara e, da ultimo, con la presenza dell’anomala figura del
Toro Api, un tempo incisa nel passaggio tra la prima e la seconda sala ipostila, divinità comple- 29
Anche in ragione dell’esistenza del popolare culto dedicato al toro Buchi ad Armant, situata a venti
tamente estranea ai culti della regione tebana, ma che a Menfi, proprio sotto i sovrani nubiani, chilometri a sud di Luxor.
stava conoscendo un nuovo momento di fortuna. Secondo questa ipotesi la tomba potrebbe essere 30
Per altre immagini divine riprodotte con l’intento di indicare località geografiche in monumenti
stata in una fase avanzata di realizzazione o addirittura cominciata quando le maestranze menfite
databili all’epoca di Ramesse IV, si veda Tiradritti 2002, pp. 108 – 111.
si sarebbero fermate a Tebe, probabilmente sulla via del ritorno da Kawa. Qualora questa ipotesi
ricevesse conferma, il termine dei lavori nel tempio di Kawa (settimo o decimo anno di Taharqo; 31
Il fatto che il Toro Api sia raffigurato come se uscisse da una montagna potrebbe ulteriormente
per le iscrizioni relativi a questi eventi, v. Macadam 1949, pp. 1 - 92) potrebbe servire da termine rafforzare il significato di punto di partenza attribuito all’immagine. La montagna, quando non è
post quem per la datazione della tomba di Harwa, che sarebbe perciò stata in corso di preparazione utilizzata per indicare la conformazione della località geografica in cui risiede una determinata
intorno al 680 a.C. Nella prospettiva di un collegamento di Harwa con Menfi assume estrema divinità (come nel caso delle immagini della giovenca simboleggiante la Hathor della montagna
importanza lo scarabeo inedito Museo Egizio del Cairo, JE 45742. L’iscrizione sulla base reca i tebana o l’Amon adorato in Sudan ai piedi della collina del Gebel Barkal) serve a connotare il
nomi di Harwa e di Taharqo; il Journal d’Entrée del museo afferma che proviene da una sepoltura luogo da cui il dio ha origine, come nel caso dell’iconografia delle sorgenti del Nilo.
di Saqqara. 32
TT 192. Kheruef Senaa era Grande Maggiordomo della regina Teye, sposa di Amenofi III (1387
18
Come dimostra, tra gli altri documenti, la statua-cubo (Louvre A84 = N 85, scheda 1 di questo – 1350).
catalogo), dove il nome di Amenirdis I è seguito dall’epiteto maa-kheru (“giustificata” = “defun- 33
Si veda la nota 34 del contributo di Ayad in questo catalogo.
ta”), Harwa doveva essere ancora in vita alla morte della Sposa Divina. Sebbene non sia possibile
stabilire una data per questo evento, appare assai probabile che la morte di Amenirdis I sia da porre 34
I resti della giara sono stati recuperati in due punti del cumulo di detriti, distanti l’uno dall’altro
in correlazione con la nomina di Amenirdis II alla carica di erede della Sposa Divina, ovverosia nel circa dieci metri e a due diversi livelli. È possibile che il proseguire degli scavi consenta di riportare
corso del regno di Taharqo. La contemporaneità tra Taharqo e Harwa è, d’altro canto, comprovata alla luce ulteriori frammenti. Uno di quelli recuperati presenta le impronte delle dita di una mano
dallo scarabeo Museo del Cairo, JE 45742 (v. nota 17). sporca di intonaco. È possibile che un operaio abbia raccolto un pezzo del vaso e gettato lontano
dal punto dove lo aveva trovato. Questo potrebbe spiegare perché il ritrovamento dei frammenti
19
Eigner 1984, fig. 42.
della giara sia avvenuto in punti così distanti l’uno dall’altro.

204 205
L’enigma di Harwa Francesco Tiradritti · La tomba di Harwa

35
Nel corso degli scavi del 2001 e del 2004, nell’area del cortile prospiciente al vestibolo, sono negli ultimi giorni della campagna 1996.
rilevate le tracce dei lavori di chiusura compiuti dagli archeologi del MMA. Sono stati riportati alla 49
Questa datazione si basa soprattutto sui balsamari in vetro ossidiano (dalla colorazione nera ricavata
luce due cerchi in argilla utilizzati per la fabbricazione del muro in mattoni crudi e l’impronta del
dalla polvere di ossidiana) che, sebbene rari, sono attestati nel mondo romano intorno alla metà
percorso scavato dal passaggio delle persone che, dall’accesso al cortile lungo la parete orientale
del II secolo a.C. I vasetti corrispondono invece a tipologie databili in epoca immediatamente
dello stesso, si dirigevano verso il vestibolo.
precedente.
36
La maggior parte di questi ritrovamenti erano stati segnalati e pubblicati in Hayes 1951 che li dava 50
Altri frammenti di ushabty in pietra di Harwa sono stati trovati lungo l’asse principale del primo
come dispersi.
livello sotterraneo, nella prima, nella seconda sala ipostila e nel passaggio di comunicazione tra
37
Della statua di Amon fa quasi sicuramente parte la mano della statua di una divinità recuperata i due ambienti.
nel corso degli scavi a nord del cortile della tomba di Harwa nel 2003. Le dimensioni, superiori 51
T. Kendall in Barcellona 2003, p. 165, n° 76.
al naturale, e la pietra sono le stesse dei frammenti del vestibolo. La mano è stata recuperata in
prossimità del sentiero che porta dallo spazio antistante al tempio di Hatshepsut alla tomba di 52
Stele di Piankhy, l. 140 (URK III, 52.4).
Harwa. È assai probabile che sia caduta nel corso delle operazioni di trasporto dei ritrovamenti 53
Pritchard 1969, p. 294.
della missione del MMA nel vestibolo.
54
Parker 1962.
38
Una datazione più precisa sarà data nella pubblicazione dei tre frammenti del ritratto a cura di
Lorelei H. Corcoran, di prossima uscita. 55
TT 33. La porzione occidentale del muro in mattoni crudi che circonda la tomba di Petamenofi
passa sopra l’angolo nord-est del cortile di quella di Harwa.
39
Per una pubblicazione preliminare della scena con il paesaggio paludoso si veda Russmann
1983. 56
Si veda, per esempio, il sarcofago di Soter (British Museum EA 6705).
40
I tre frammenti conservati al Museum of Fine Arts di Boston (Dono di C. Granville Way 72.692 57
Tra i blocchi decorati recuperati, uno proviene dalla sommità di uno dei pilastri e due, contigui,
e, in questo catalogo, scheda 16), per esempio, furono sicuramente raccolti e non staccati dalla dal registro più basso di rilievi incisi sul muro meridionale del cortile.
parete nella seconda metà del XIX secolo. 58
L’iniziazione ai misteri prevedeva passaggi equivalenti a quelli dalla vita alla morte e dalla morte
41
Per il momento le figurazioni della tomba rendono sicuro che Harwa avesse almeno tre figli. Le alla vita, espressi nel “Cammino di Harwa”.
iscrizioni consentono l’identificazione soltanto per due: Padimut, che portava il nome del nonno ed 59
La filosofia presocratica, così come è giunta fino ai giorni nostri, appare incentrata su problematiche
è forse da considerare il maggiore, e Padimaat. L’esistenza di una figlia è invece testimoniata dal
di ordine cosmogonico che trovano precisi riscontri nei miti egizi ed è possibile che i pensatori
sarcofago della Cantatrice di Amon Merytamon, conservato nel Museo degli Eremitani di Padova
greci, per alcuni dei quali è attribuito un soggiorno in Egitto (si veda il contributo di Raverta in
(inv. 141; n. 8 di questo catalogo) le cui iscrizioni affermano essere “figlia del principe, del nobile”
questo catalogo), abbiano tratto da questi fonte di ispirazione.
Harwa. Il sarcofago rientra nella tipologia della prima XXVI dinastia e sebbene siano attestati circa
trenta personaggi con il nome di Harwa (Leahy 1980), l’unico a essere accompagnato da questi 60
I testi copiati da Harwa risalgono all’inizio del II millennio a.C. e questi traevano ispirazione da una
titoli è proprio il proprietario della TT 37. A proposito della famiglia di Harwa è interessante notare morale diffusa già all’epoca in tutto il Vicino Oriente. È però un grave errore affermare che questi
come nella tomba e negli altri monumenti sia assente ogni menzione a qualsiasi sposa del funzio- concetti abbiano trovato via diretta nel giudaismo e, infine, nel cristianesimo, senza cercare di
nario. Una rapida analisi dei monumenti funerari degli altri Maggiordomi della Divina Adoratrice rintracciare i tramiti. La tomba di Harwa è la manifestazione di una civiltà, quella dell’Egitto del
(o Sposa Divina) dimostra che, questo risulta vero anche in altri casi (Ibi, TT 36 e Pabasa, TT VI secolo a.C., che è da considerare il vero anello di questa catena culturale. Le testimonianze
279 fanno eccezione). È possibile che questa sia da considerare una prova ab silentio riguardo fornite indicano nella Grecia il successivo.
l’esistenza di una sorta di tabù che impediva ai Maggiordomi, in quanto strettamente legati a una
sacerdotessa, di riprodurre le immagini delle spose sui propri monumenti. Sono necessarie però
ulteriori e approfondite indagini per arrivare a capire se questo sia veramente il caso o se vi sia
un’altra ragione per l’assenza della menzione delle mogli.
42
Cairo CG 565.
43
L’iscrizione non fu mai portata a termine, come dimostrano le due colonne all’estrema destra per
le quali era stata tracciata soltanto la quadrettatura preparatoria in rosso.
44
Il nonno di Rimbaud aveva fatto parte della spedizione di Bonaparte e aveva lasciato il proprio nome
su alcuni monumenti dell’Egitto, tra cui il tempio di Karnak. L’attribuzione ad Arthur Rimbaud del
graffito scoperto nella tomba di Harwa è stata compiuta sulla base di un confronto con firme del
poeta su lettere e manoscritti. Rimbaud deve avere sostato nella tomba di Harwa in uno dei suoi
viaggi tra l’Europa e Aden, quando trafficava in armi, alle fine degli anni Ottanta del XIX secolo.
45
La volontà di riprodurre un tale tema attraverso la torsione della testa di un animale è riconosciuta
per la prima volta da Donadoni (1959) nell’analisi della cosiddetta “Tavolozza del tributo libico”
(CG 14238); è rilevabile anche nella scena del guado della tomba di Ty a Saqqara, ripetuta in
altre mastaba della stessa necropoli e dalla quale è probabile che sia derivata l’ispirazione per la
figurazione di Harwa.
46
Brunner-Traut 1958, pp. 21-22.
47
PM III.12, p. 172, Brunner-Traut 1958, fig. 6.
48
Lo scavo dei primi due annessi meridionali a partire dall’entrata della sala ipostila era già avvenuto

206 207
Schede
reperti

208
209
L’enigma di Harwa Schede reperti

1 · pag. 164 La dea è raffigurata stante, con le braccia distese lungo il corpo dalle
sembianze femminili, il cui modellato pieno traspare sotto una tunica
Statua cubo di Harwa
aderente. Il volto è quello di una leonessa, cinto da una massiccia
Diorite criniera che assume, nella parte inferiore, l’aspetto di una tipica
Altezza cm 57; larghezza cm 34; profondità cm 38,5 parrucca tripartita. Nell’arte egizia sono molto frequenti le immagini
Provenienza ignota (Luxor) divine composite, in cui le parti antropomorfe si uniscono a quelle
XXV dinastia (690 – 680) zoomorfe, proprie dell’animale sacro alla divinità raffigurata. Nel caso
Musée du Louvre, Département des Antiquités Égyptiennes, di Bastet l’animale che compare più spesso associato al suo culto è il
A84 = N 85 (Collezione Salt) gatto, anche se nelle epoche più antiche la dea era effigiata soprattutto
con la testa di leonessa (come in questo esemplare). La leonessa e il
La statua entrò a far parte della collezione egizia del Louvre insieme agli altri gatto non sono altro che due diversi aspetti (più aggressivo il primo,
reperti appartenuti al console inglese Henry Salt e acquistati dal sovrano più mansueto il secondo) della stessa divinità felina impersonata da
francese Carlo X nel 1826, su suggerimento di Champollion. Bastet. Sul pilastro dorsale e sulla base della statuetta sono incisi, entro
Harwa appare seduto per terra, con le gambe piegate contro il petto e le cartigli, i nomi di Piankhy, il faraone nubiano che completò la conquista
braccia conserte sopra le ginocchia, secondo la tipologia delle cosiddette dell’Egitto, e della sposa reale Kenensat.
“statue cubo”, comparse nella produzione scultorea egizia del Medio Regno Bibliografia: Leclant 1962, pp. 203-207, tavv. LXVIII, LXIX.
e ben attestate anche nel corso della XXV dinastia. Il volto, dai lineamenti (Silvia Einaudi)
arrotondati, è cinto da una parrucca che imita modelli più antichi e sembra
emergere dal blocco cubico che costituisce il corpo. Le superfici della statua
sono ricoperte di iscrizioni geroglifiche che riportano il nome e i titoli di 3 · pag. 38
Harwa, nonché il nome della Sposa Divina Amenirdis I di cui Harwa era
Grande Maggiordomo. I testi, che si rifanno a un repertorio ben attestato sin Ushabty di Taharqo
dalle epoche più antiche, comprendono “L’appello ai viventi” (un discorso
Sienite
rivolto ai membri del clero del dio Amon di Karnak affinché essi recitino
Altezza cm 30
una richiesta di offerte per il defunto), oltre a un elenco delle qualità morali
Nuri (Sudan), Piramide I, Taharqo
di Harwa e delle buone azioni che egli ha compiuto conformemente a Maat
XXV dinastia, regno di Taharqo (690 -664)
(la dea simbolo della giustizia e dell’ordine cosmico).
Museum of Fine Arts, Boston. Harvard University-Boston Museum
Bibliografia: Forgeau 1997, p. 122, fig. 33; Tiradritti 1999D, pp. 18, 160; Tiradritti
of Fine Arts Expedition, 20.231
2000, pp. 10, 11, 19 n. 15, 27 n. 24; Ziegler, Rutschowscaya 2002, pp. 74-75.
(Courtesy, Museum of Fine Arts, Boston)
(Silvia Einaudi)

4 · pag. 49
2 · pag. 208
Ushabty di Taharqo
Statuetta di Bastet a nome di Piankhy
Sienite
Bronzo con incrostazioni Altezza cm 20, larghezza cm 10; profondità cm 6
Altezza cm 24,3 Nuri (Sudan), Piramide I, Taharqo
Provenienza ignota (Luxor) XXV dinastia, regno di Taharqo (690 -664)
XXV dinastia Museum of Fine Arts, Boston. Harvard University-Boston Museum
Musée du Louvre, of Fine Arts Expedition, 20.237
Département des Antiquités Égyptiennes, N 3915 (Courtesy, Museum of Fine Arts, Boston)

Questa piccola statua, acquistata dal Museo del Louvre nel 1864,
raffigura Bastet, divinità venerata principalmente a Bubasti nel Delta.

210 211
L’enigma di Harwa Schede reperti

5 · pag. 53
L’identificazione di questa statua non può essere del tutto certa per il
Ushabty di Taharqo
fatto che essa è anepigrafe. In mancanza di un’iscrizione che consenta
Travertino (Alabastro egiziano) di attribuire un’identità a questa figura femminile, si possono solamente
Altezza cm 33,6 avanzare ipotesi sulla base dell’iconografia. La statua, purtroppo
Nuri (Sudan), Piramide I, Taharqo frammentaria (priva del braccio sinistro e della parte inferiore delle
XXV dinastia, regno di Taharqo (690 -664) gambe), raffigura una donna dal corpo pieno vestita con un abito aderente
Museum of Fine Arts, Boston. Harvard University-Boston Museum che sottolinea le rotondità delle sue forme. Il volto è cinto da una
of Fine Arts Expedition, 20.2907 parrucca tripartita, con tre urei sulla fronte, e coperta da una spoglia di un
(Courtesy, Museum of Fine Arts, Boston) avvoltoio. Sopra le testa svetta la Doppia Corona, simbolo della sovranità
sull’intero Egitto. Questi elementi sono, al tempo stesso, emblemi di
I tre ushabty fanno parte degli oltre mille riportati alla luce da George A. regalità e di divinità, e da essi deriva la doppia interpretazione di questa
Reisner durante gli scavi della Piramide I di Nuri (Sudan). Grazie proprio al statua come immagine di una regina anonima o della dea Mut, venerata
loro ritrovamento e a quello di altri elementi iscritti del corredo funerario, nel grande tempio di Karnak come consorte di Amon.
è stato possibile ascrivere il monumento funerario a Taharqo. Gli ushabty Bibliografia: PM VIII.2, p. 1106; Vandier 1961, p. 247-254, fig. 5, 7 ; Stanwick
si trovavano accumulati all’interno della camere funeraria. Sono realizzati 1999, p. 107, n. 267.
in varie pietre (alabastro egiziano, granito, sienite e serpentino) e sono
caratterizzati in modo diverso, sebbene ognuno di essi rechi un modellato (Silvia Einaudi)
volutamente “arcaicizzante”, in presa con il gusto e lo stile dell’epoca. Uno
dei tre ushabty (catalogo 3) deve essere considerato impersonare un capo-
squadra, visto che, al posto delle tradizionali zappe, stringe tra le mani 7 · pag. 63
il flagello e lo scettro. Le due statuine in sienite (il caratteristico granito Statua di Akhimenru
di colorazione rossa della regione di Assuan) hanno lineamenti del viso
marcati e l’ovale pieno. In quella in travertino questi stessi tratti risultano Granito nero
molto più fini, anche se il modellato della figura restituisce un voluto senso cm. 46,5 x 11,5
di incompiutezza. L’ushabty con le insegne della regalità appare quello di Provenienza ignota
migliore qualità artistica, negli altri due è immediatamente percepibile una XXV dinastia (post 680 a.C.)
sproporzione tra parte superiore e inferiore. Musée du Louvre,
È possibile che, seguendo una tradizione almeno millenaria, alcune delle statuine Département des Antiquités Égyptiennes, E 13106
del corredo funerario di Taharqo siano state realizzate per conto di funzionari e
cortigiani. Depositando un ushabty nel sepolcro del sovrano, questi avrebbero
Akhimenru ricoprì l’incarico di Grande Maggiordomo della Divina
voluto manifestare il loro desiderio di continuare a servirlo nell’aldilà.
Adoratrice subito dopo Harwa, nel periodo in cui il titolo religioso femminile
Bibliografia: Duhnam 1951.
era detenuto da Shepenupet II. Nella realizzazione della propria tomba
(Francesco Tiradritti) Akhimenru sfruttò una porzione del corridoio perimetrale della tomba di
Harwa, sottoponendolo a una serie di modifiche e ampliamenti per adattarlo
allo scopo. Di Akhimenru sono note almeno sette statue, tra le quali questa
6 · pag. 56 che lo raffigura stante, addossato a un largo pilastro dorsale e vestito con un
lungo gonnellino. Il volto, dall’espressione seria, è cinto da una parrucca
Statua di Mut o di una regina liscia e voluminosa; il petto nudo è decorato con un’immagine incisa del dio
Diorite Osiride, il cui culto godette di un nuovo e particolare favore a Tebe proprio
Altezza cm 64,5, larghezza cm 15; profondità cm 8,5 durante la XXV dinastia. Le iscrizioni geroglifiche incise sul pilastro dorsale
Provenienza ignota contengono formule d’offerta in favore di Akhimenru, di cui sono riportati
XXV dinastia (?) il nome, i titoli e la genealogia anche sulla parte anteriore del gonnellino.
Musée du Louvre, Bibliografia: Lichtheim 1948, p. 167, pl. XII.
Département des Antiquités Égyptiennes, E 25456 (Silvia Einaudi)

212 213
L’enigma di Harwa Schede reperti

impreziosite dal disco solare. Tali elementi consentono di individuare


8 · pagg. 187,188 in questa immagine Amon-Ra, la principale divinità tebana alla quale
era stato consacrato il grande santuario di Karnak. Amon-Ra nasce
Sarcofago di Meritamon dall’assimilazione di due diversi dei: Amon e Ra. Il primo era diventato,
Legno ricoperto di tela gessata e dipinta con l’avvento del Medio Regno, il patrono della provincia di Tebe sino
Altezza cm 186; larghezza cm 56 ad assurgere, nel Nuovo Regno, a dio nazionale; il secondo invece è
Provenienza ignota l’antico dio-sole già venerato nell’Antico Regno. Dalla loro unione nacque
Metà del VII secolo a.C. quindi una nuova divinità suprema, i cui sacerdoti arrivarono a detenere
Musei Civici, Museo Archeologico di Padova, inv. 141 un eccezionale potere sull’Egitto meridionale durante il Terzo Periodo
Intermedio e l’epoca tarda. Il culto di Amon fu seguito anche dai sovrani
Uno dei reperti di maggiore importanza del Museo agli Eremitani può nubiani della XXV dinastia, i quali ritenevano che la vera sede del dio
essere direttamente collegato con Harwa e la sua famiglia. Si tratta del fosse la montagna nubiana del Gebel Barkal, che sovrastava l’antica città
sarcofago della cantatrice di Amon Meritamon, che fu portato in Italia di Napata da cui essi provenivano.
e donato alla città di Padova da Gaetano Rossi alla metà del XIX secolo. (Silvia Einaudi)
Il sarcofago può essere datato tra la metà e la fine del VII secolo a.C. e le
iscrizioni affermano che Meritamon era figlia “del nobile, del principe
Harwa”. Sebbene esistano altri personaggi con lo stesso nome, i titoli 10 · pag. 107
possono essere riferiti soltanto al proprietario della tomba TT 37. Tale
indizio appare ulteriormente rafforzato dalla datazione del sarcofago, che Ushabty di Shepenupet II
lo porrebbe in un’epoca contemporanea o di poco posteriore a quella in
Pietra nera
cui visse Harwa.
Altezza cm 10,67; larghezza cm 6,83; profondità cm 4,7
Il sarcofago di Meritamon si pone così come un ulteriore e importante
Provenienza ignota
tassello per la ricostruzione della storia e del personaggio di Harwa a cui
XXV dinastia
le iscrizioni nella tomba attribuiscono almeno tre figli maschi, senza però
Musée du Louvre,
fare alcun accenno né a una sposa, né a una figlia.
Département des Antiquités Égyptiennes, E 11159
Bibliografia: Dolzani 1968; Padova 1981, pp. 3-11; Siliotti 1987, pp. 109-110;
Zampieri 1994, pp. 167-168.
L’incarico di Divina Adoratrice veniva trasmesso tramite adozione, dal
(Beniamino Lavarone) momento che il requisito fondamentale per le donne che ricoprivano
questo alto incarico sacerdotale era l’osservanza del nubilato, con la
conseguente mancanza di una discendenza diretta. Con l’avvento della
9 · pag. 104 XXV dinastia il titolo fu assegnato a principesse della famiglia reale
nubiana, la prima delle quali fu Amenirdis I, che adottò poi come sue
Bronzetto del dio Amon-Ra erede Shespenupet II, figlia del sovrano Piankhy. I cartigli con i nomi
Bronzo di questi ultimi due personaggi compaiono sul corpo di questo ushabty
Altezza cm. 16 frammentario appartenuto alla Divina Adoratrice Shepenupet II, sotto
Provenienza ignota la quale l’incarico religioso raggiunse il massimo grado di importanza
Terzo Periodo Intermedio e potenza.
Museo Egizio di Torino, Cat. 88 Bibliografia: Aubert, Aubert, 1974, p. 197 ; Boreux 1932.II, pp. 324, 353.
(Silvia Einaudi)
Il bronzetto fa parte di una serie di statuine simili raffiguranti la stessa
divinità, acquisite dal Museo torinese nel corso degli anni. Il dio, con
indosso un gonnellino, è effigiato in posizione incedente, con il braccio
destro disteso lungo il fianco e quello sinistro piegato in avanti. Il capo è
cinto dal modio (un copricapo cilindrico) su sui svettano le due alte piume

214 215
L’enigma di Harwa Schede reperti

11 · pag. 120 accompagnare il defunto nella sua vita postuma come fedeli e indefessi
servitori, gli ushabty erano tenuti a svolgere i lavori nei campi dell’aldilà
Cono funerario di Amenirdis I
(semina, irrigazione, raccolto) per garantire la sopravvivenza ultraterrena
Argilla del loro proprietario. La funzione di lavoratori agricoli è ben sottolineata
Diametro cm 8; lunghezza cm 16 dalla presenza del cestino per rimuovere la terra e delle zappe, che queste
Provenienza ignota statuine impugnano solitamente nelle mani. L’ushabty faceva parte del
XXV dinastia corredo funerario della divina adoratrice Amenirdis (I ?), il cui nome compare
Musée du Louvre, scritto dentro un cartiglio sul corpo della figura, all’interno della consueta
Département des Antiquités Égyptiennes, E 863 formula che specifica la funzione di questi piccoli servitori.
Bibliografia: Champollion 1827, scheda D 5; Pierret 1873, scheda n. 223;
Questo particolare tipo di oggetto, di destinazione funeraria, fece la sua Aubert, Aubert 1974, p. 196.
comparsa in Egitto durante l’XI dinastia ed è attestato sino all’epoca (Silvia Einaudi)
tarda. Nella necropoli tebana sono stati rinvenuti migliaia di coni simili
a questo, realizzati in terracotta, con la superficie tonda iscritta. I testi ivi
riportati contengono solitamente il nome e i titoli del defunto al quale 13 · pag. 119
apparteneva ciascun cono funerario, la cui funzione era principalmente
decorativa. Con ogni probabilità i vari coni erano infatti inseriti, nel senso Testa di ariete in calcare
della lunghezza, nell’intonaco al di sopra della porta di accesso alla tomba,
Nuovo Regno o XXV dinastia
in modo da formare un fregio continuo di dischi iscritti, con lo scopo di
Calcare
identificare inequivocabilmente il proprietario del monumento funebre.
Altezza cm 13
Questo esemplare riporta sulla superficie circolare l’immagine di un uomo
Provenienza ignota (Luxor)
inginocchiato con le braccia sollevate in atto di adorazione di fronte a
Collezione privata
due cartigli, contenenti rispettivamente i nomi di Amenirdis e Kashta.
Amenirdis I era la divina adoratrice sotto la quale Harwa prestò servizio
La scultura presenta un tipo di lavorazione che ne impedisce una precisa
come Grande Maggiordomo, mentre Kashta era il di lei padre, nonché il
datazione, sebbene possano essere rilevate similitudini con le sfingi
sovrano nubiano che diede l’avvio alla conquista della Nubia, a seguito della
criocefale della fine del Nuovo Regno che bordeggiano i viali di accesso al
quale i suoi diretti discendenti sarebbero arrivati a estendere il dominio su
tempio di Amon a Karnak. Il muso è reso in modo assai accurato. Tra le corna
tutto l’Egitto.
vi è un foro in cui doveva trovare alloggiamento un disco solare realizzato
Bibliografia: Pierret 1873, scheda n. 445; Davies, Macadam 1957, n. 584.
in altro materiale (probabilmente bronzo). Questo rende certo che si tratti
(Silvia Einaudi) di una rappresentazione di Amon nella sua forma di ariete. Il collo risulta
lavorato in modo approssimativo. La testa poteva essere inserita in un corpo
ferino realizzato separatamente oppure, ed è l’ipotesi più probabile date
12 · pag. 109 le dimensioni e il materiale, doveva fare parte della statua di un privato
inginocchiato dietro l’emblema di Amon-Ra, una tipologia largamente
Ushabty di Amenirdis (I ?)
attestata soprattutto in epoca ramesside. La lavorazione del collo potrebbe
Pietra essere stata eseguita quando la testa era stata messa in vendita sul mercato
Altezza cm 21; larghezza cm 6,4; profondità cm 4,26 dell’antiquariato ed era intesa rendere il frammento completo e valevole
Provenienza ignota di per se stesso.
XXV dinastia Bibliografia: F. Tiradritti in Pamplona 1997, p. 38; F. Tiradritti in Tiradritti
Musée du Louvre, 1999D, cat. 19, pp. 33, 162.
Département des Antiquités Égyptiennes, N 647 (Francesco Tiradritti)

Gli ushabty costituiscono una delle componenti più tipiche e ricorrenti


di ogni corredo funerario egizio sin dal Medio Regno. Destinati ad

216 217
L’enigma di Harwa Schede reperti

14 · pag. 54 qui i piedi sono ben visibili e le gambe risultano modellate lateralmente, a
dimostrazione di una maggior ricerca di realismo, ulteriormente sottolineata
Statua di coppia stante
dalla scelta del materiale che, con le sue striature, contribuisce ad accentuare
Basalto la plasticità dell’intera figura. La voluminosa parrucca liscia inquadra un
Altezza cm 48,9; larghezza cm 26,8; profondità cm 16,9 volto caratterizzato da lineamenti molto marcati con i quali si sono voluti
Provenienza ignota rendere i tratti fisionomici del personaggio. Il nome e i titoli di Merenptah
XXV-XXVI dinastia sono contenuti nell’iscrizione geroglifica incisa su più linee sulla superficie
Musée du Louvre, Département des Antiquités Égyptiennes, A 89 anteriore della statua, che sembra riprodurre una gonna aderente lunga sino
alle caviglie.
Questa statua doppia appartiene all’ambito privato. Raffigura due coniugi (Silvia Einaudi)
stanti, secondo un’iconografia piuttosto diffusa nella tradizione scultorea
dell’antico Egitto, dove le immagini di coppie, con o senza figli, servivano 16 · pag. 71
a perpetuare nella memoria dei posteri profondi e antichi sentimenti di
amore famigliare. Frammento di rilievo
La donna appare stante, mentre il marito è in posizione incedente. I loro corpi
Pietra calcarea
sono ben modellati in modo da mettere in risalto la muscolatura e le forme
Altezza cm 15,8; larghezza cm 25,1
arrotondate, con particolare attenzione ai volti, incorniciati da massicce
Provenienza ignota
parrucche. Le due figure sembrano emergere dalla lastra posteriore che
(Riva ovest di Luxor, Tomba di Harwa, TT 37)
serve da supporto e sulla quale sono incise alcune iscrizioni geroglifiche che
XXV dinastia (700 - 680)
trasmettono i nomi dei due coniugi: Untel, cancelliere del re del Basso Egitto,
Museum of Fine Arts, Boston. Hay Collection.
e sua moglie Hathor. La tipologia della scultura tradisce evidenti legami
Gift of C. Granville Way, 72.692
con la produzione artistica dell’Antico Regno, mostrando, in particolare,
(Courtesy, Museum of Fine Arts, Boston)
analogie con le celebri triadi del faraone Macerino. Questa statua può
quindi essere ritenuta un chiaro esempio di arte “rinascimentale” egizia.
Bibliografia: Bothmer et alii 1960, p. 8; Bothmer 1970, p. 44, fig. 18, tav. 11
Si tratta di tre frammenti contigui e restaurati provenienti dalla scena con
(documento X);
paesaggio palustre incisa sulla parete meridionale del cortile della tomba
Capel, Markoe 1997, p. 207, n. 9.
di Harwa. Vi sono riprodotti tre personaggi, quello centrale pressoché
(Silvia Einaudi) completo, su un’imbarcazione. Sullo sfondo si intravedono gli steli e un
fiore di papiro. Il trattamento dell’ambiente, con gli steli che si dispongono
15 · pag. 69 su linee verticali parallele, ricorda l’arte dell’Antico Regno in cui prevale
una marcata ricerca di geometria e astrazione.
Statua cubo di Merenptah
Nei rilievi di Harwa la superficie bidimensionale è suddivisa in quattro piani
Pietra silicea con venature diversi (visibili qui nel braccio sinistro del personaggio centrale che stringe
Altezza cm 40; larghezza cm 20; profondità cm 25 il remo) che attribuiscono maggiore profondità e movimento alla figurazione.
Provenienza ignota Anche il remo, che si dispone su una linea obliqua rispetto agli steli del
XXV dinastia papiro contribuisce ad attribuire questo senso di movimento.
Museo Egizio di Torino, Cat. 3063 I tre frammenti facevano parte della collezione di Robert Hay (1836). Furono
donati al MFA da C. Granville Way, il cui padre aveva acquistato parte delle
Questa scultura rientra nella tipologia delle “state cubo” che, comparse antichità egizie di Hay presso un antiquario londinese. Quando entrarono
durante il Medio Regno, furono oggetto di una particolare diffusione durante in museo non erano ancora stati restaurati.
la XXV dinastia, come dimostrano anche i diversi esemplari appartenuti Bibliografia: Smith 1949, p. 25, fig. 7; Russmann 1983.
a Harwa. La statua raffigura un sacerdote di nome Merenptah seduto con (Francesco Tiradritti)
le gambe piegate e le braccia incrociate sopra le ginocchia. A differenza
delle coeve statue cubo di Harwa, caratterizzate da volumi più astratti,

218 219
L’enigma di Harwa Schede reperti

17 · pag. 193 formata dalla corona bianca fiancheggiata da due piume. Ben visibile è l’ureo,
simbolo di regalità, che serpeggia al centro della corona. Il viso, modellato
Frammento superiore di ushabty di Harwa
in maniera raffinata e dal sorriso enigmatico, è caratterizzato da due occhi
Granito allungati (di cui uno ha conservato l’incrostazione in argento), un naso
Altezza cm 12; larghezza cm 7,6 sottile e ben delineato, due labbra carnose e una barba posticcia. Il dio era
Provenienza ignota (Riva ovest di Luxor, Tomba di Harwa, TT 37) collegato alla fertilità della terra, e rappresentava la vegetazione che muore
XXV dinastia (700 - 680) e risorge in un eterno ciclo vitale. Garante della sopravvivenza umana era
Museum of Fine Arts, Boston. Hay Collection. ritenuto sovrano dei defunti e re dell’aldilà.
Gift of C. Granville Way, 72.745 Queste statuette votive furono prodotte in gran quantità durante la XXV-XXVI
(Courtesy, Museum of Fine Arts, Boston) dinastia secondo un programma di recupero di modelli antichi da parte dei
sovrani nubiani e saitici.
Il frammento è spezzato poco sotto le braccia. Il volto è pieno e lineamenti Molte di esse fanno parte di collezioni museali e private di tutto il
del viso, incorniciato dalla classica parrucca tripartita e dalla barba posticcia, mondo.
sono estremamente marcati. Le braccia sono conserte: la mano destra stringe (Solange Zanni)
lo scettro, la sinistra il flagello, le insegne della regalità faraonica. Si tratta,
naturalmente, di un capo-squadra. Di regola questa tipologia è riprodotta
con due fruste. Il fatto che si sia scelto qui di sostituirle con il flagello e
lo scettro, trova risconto soltanto nei corredi funerari dei sovrani (cfr., per
esempio, Catalogo 3) e in un secondo ushabty di Harwa, riportato alla luce
durante gli scavi della tomba (HRW 1997 R 200). Non sono attestati altri
esempi provenienti da sepolture di privati.
Al di sotto della braccia si conservano due linee di geroglifici con l’inizio
del Capitolo VI del libro dei morti: “O questo ushabty, quando il Conoscente
del Sovrano Harwa verrà chiamato a svolgere i lavori…”
La statuina entrò a far parte della collezione di Robert Hay nel 1836. La
sua provenienza dalla tomba di Harwa (TT 37), sebbene sia verosimile, è
perciò soltanto ipotizzabile. È stato donato al MFA da C. Granville Way,
il cui padre aveva acquistato parte delle antichità egizie di Hay presso un
antiquario londinese.
Bibliografia: T. Kendall in Barcellona 2003, p. 165, n° 76.
(Francesco Tiradritti)

18 · pag. 171
Statuetta votiva del dio Osiride
Bronzo a fusione piena, mancante della parte inferiore
Altezza cm 14,5; larghezza cm 5,8; profondità cm 5,5
Provenienza ignota
Epoca tarda (600 – 300 a.C.)
Collezione privata

La statuina rappresenta il dio Osiride seduto secondo la tipica iconografia


che vuole il suo corpo completamente avvolto nelle bende. Ha le braccia
conserte e stringe nelle mani il flagello e lo scettro. Indossa la corona- atef

220 221
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L’enigma di Harwa
Alla scoperta di un capolavoro
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© 2004 Anthelios Edizioni


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Finito di stampare nel mese di dicembre 2004

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