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Anno II 02/2013 n.

Winterblatt
auf den ein Winterschatten fllt

A L TEX Literature Project

email: antoniodiavoli@gmail.com web: http://federicofederici.net blog: http://leserpent.wordpress.com cover: The dark side of the room, F. Federici Le berceau de cristal, Ash Ra Tempel

Elva, 11 febbraio 2013

Federico Federici

caro *, mi capitato ieri tra le mani un vecchio foglio di appunti, sul quale avevo annotato dei versi e dei frammenti che potrebbero un giorno diventare tali: ora il lo del discorso si sbriciolava riducendosi a parole isolate di raccordo, ora si ricompattava in strofe o in pi piccoli grumi di signicato. Non cerano cancellature o ripensamenti, ma lunghi spazi bianchi, divaricazioni a riettere la tensione tra un punto e laltro nel dicile accordo dellispirazione, nellavanzare senza traccia, come creatura che proceda a balzi nella neve. Ho riletto quei tentativi provando a nascondere a me stesso la loro vera origine, immaginando si trattasse non di prove, ma di poesia compiuta. Il primo dato evidente stata una sensazione di maggior purezza rispetto ad altri miei lavori pi meditati, evocata proprio dalle assenze, dalle continue sparizioni della parola sulla carta, sino ai suoi riaoramenti altrove. Se da un lato la ragione fortica i discorsi, sottrae dallaltro la selvatica propensione di un paesaggio incolto a lasciarsi attraversare senza centro o direzioni. Le parole, specialmente quelle pi isolate e in bilico, rapprese tra la realt del foglio e linvisibile dettato del pensiero, sembravano, ancora pi dei ori, recise ferite, si direbbe immaginandole da vive e disperse. So che non quello il mio modo di scrivere, cos come non ho mai dipinto riportando solo lespansione dei licheni sopra i muri, pur amandoli nel disperato trasporto del cuore, in notti interminabili di luna, trascorse a sorvegliarli da vicino, quasi fossero da soli il mio paesaggio. So che, mettendo un giorno mano a quei frantumi, sradicher qualcosa e qualcosaltro poi cadr nellestenuante cura del suono e del signicato. Credo che tutti noi, nel tentare di star dietro alla scrittura, dovremmo confrontarci con la vertigine del suo vuoto, dellincolmabile divario tra senso e suono, per non rischiare di lasciarci dietro solo le macerie che ci siamo costruiti, poesie o prose, mentre credevamo di erigere dei templi o dei magnici edici, squadrando pietre nel vivo ventre della montagna, disponendole secondo quello che, al momento, sembrava gi un criterio di bellezza e di ragione suciente a progredire verso una punto imprecisato. Sotto questa prospettiva, la scrittura, quella poetica specialmente, procede con un rigore tutto interiore che la rende non dissimile dallaspirazione a dimostrare nalmente qualcosa di primordiale, frantumandolo in elementi minimi ulteriori. A fatica si tenta di ricostruire la visione circoscritta a un lampo dilluminazione. Loggetto pi evidente del discorso, quello che saremmo tentati di chiamare il tema dei versi, non di rado solo un espediente, loccasione che ha innescato il meccanismo e che for-

Lettera dal centro di un poema

nisce la materia da manipolare. Se in un testo ossa e radici insieme costruiscono una gura e in un altro ancora radici ed ossa appaiono realt contigue, non certo per istituire un paradigma nuovo, nel quale lalbero sostituisce la forma antropomorfa. Altrove le radici di un tronco mozzato potranno richiamare un giorno i capelli rovesciati di una testa nellerba, o il tto diramarsi dacqua in umi sulla terra e avranno perso in s memoria delle ossa. nellistinto alla migrazione del segno che trovo la ragione della mia scrittura, quella ragione che qui dichiaro e che vorrei non si sostituisse per al testo, n sollevasse lo spessore del suo silenzio. Diversamente dal procedere matematico, anche laddove il metodo unico, molteplici e contraddittorie sono qui le conclusioni e ci non d contraddizione, cos come foglie derba hanno diverse forme in una sola vocazione. Le conclusioni cui si giunge son talvolta cos superciali da ridurre lo stile, nel quale si tentata unaderenza pi profonda, quasi una modicazione dellessere, a unintonazione della voce, che poco (o nulla) decide della verit. Non del resto di questa verit che si va in cerca, ma di ci che la parola non trattiene. E come in un teorema si verica a ogni passaggio la sua premessa, il suo costrutto, le provvisorie deduzioni su cui poggia, cos nella scrittura il vincolo originario sta nella parola, nella sua identit variabile staccata dal contesto. Lungi dal lasciarsi incidere da unalata logica, la parola occupa lo spazio dellapparizione, provoca lo sguardo, infrange un attimo il silenzio che la contiene interamente, lasciando un buco contornato di sillabe, attraverso il quale spira il nulla, il nulla eterno, attraverso il buio del suo signicato. Ecco, caro *, perch non trovo vergognoso il vuoto tra le parole, ma ne percepisco la continua crisi, la tensione insuperata nei legami di signicato: perch non vuoto, come non spazio vuoto che contiene la materia o tra le parti che le danno forma. Ogni poesia uno stadio solo nella continua metamorfosi di questo nulla. Un abbraccio F.

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