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Arthur Schopenauer

Le radici culturali del sistema. La filosofia di Schopenauer si svilupp come punto d'incontro e scontro tra vari pensieri: Platone: Ispira alla teoria delle idee. Kant: Ispira la concezione soggettivistica della gnoseologia (la conoscenza in funzione del soggetto.). Illuminismo: Schopenauer interessato specialmente al filone materialistico e dell'ideologia (tendenza a ritenere la vita psichica e intellettuale come frutto del sistema nervoso). Romanticismo: Vengono presi molti dei temi principali: irrazionalismo, importanza dell'arte, infinito, dolore. Mentre per nel romanticismo alla fine la tendenza ottimistica, in Schopenauer il tutto orientato verso una visione estremamente pessimistica. Idealismo: Schopenauer lo critica fortemente perch da lui ritenuto non libero, ma schiavo del potere. Hegel viene ad esempio definito sicario della verit. Filosofie orientali: Vengono sfruttate al fine di utilizzare metafore ed espressioni particolari, che attirassero l'attenzione; fu il primo filosofo occidentale ad interessarsene ed ispirarsene in questa maniera. Il velo di Maya. La filosofia di Schopenauer parte dalla distinzione kantiana tra Noumeno e Fenomeno, che per non ha niente a che vedere con quella di Kant: Kant: Riteneva che il fenomeno fosse l'unica realt accessibile all'uomo, ma quindi valida all'interno dell'universo umano; il noumeno era considerato un concetto, un qualcosa inconoscibile che doveva ricordare all'uomo i suoi limiti. Schopenauer; Per lui il fenomeno un'illusione, un'apparenza (il velo di Maya che copre gli occhi di tutti gli uomini impedendogli di scorgere la vera realt); il noumeno la vera realt che si cela dietro il fenomeno e che il filosofo deve scoprire (cosa che, secondo Kant, non era possibile.). Questa concezione deriva da un'interpretazione scorretta del filosofo criticista tedesco. Quindi, per il criticismo il fenomeno l'oggetto della rappresentazione; per Schopenauer la rappresentazione ed esiste solo nella mente umana. La rappresentazione possiede due aspetti essenziali ed inseparabili: Soggetto rappresentante. Oggetto rappresentato. Essi sono due facce della stessa medaglia, nessuna delle due pu esistere senza l'altra; cos vengono considerate false il Materialismo e l'Idealismo, perch riducono la realt ad una sola di queste facce. Come nel criticismo Schopenauer ritiene che la nostra mente funzioni in base a precise forme a priori, meno di quante ne avesse individuato Kant: Spazio. Tempo. Causalit: questa comprende ben 12 casi riconosciuti da Kant; Schopenauer li accorpa tutti a quest'unica perch ritiene che essa assuma forme diverse a seconda degli ambiti in cui opera: Principio dell'essere: Regola i rapporti spazio-temporali e le connessioni aritmenico-matematiche. Principio del divenire: regola i rapporti tra gli oggetti naturali. Principio del conoscere: regola i rapporti tra premesse e conseguenze. Principio dell'agire: regola le connessioni tra le azioni e le loro motivazioni. Schopenauer paragona le forme a priori a dei vetri sfaccettati che deformano le immagini; perci afferma che la vita un sogno. Al di l di questo per, afferma il filosofo, c' la vera realt; l'uomo un animale metafisico e, a differenza degli altri animali, per questo si interroga sull'essenza ultima della vita (che pu trovare nel noumeno). La scoperta della via d'accesso alla cosa in s. Schopenauer ritiene la sua filosofia come un'integrazione di quella kantiana; si vanta infatti di aver trovato la via d'accesso al Noumeno! Come: Non attraverso la mente , che imprigionata dal velo di Maya e quindi pu percepire solo la rappresentazione delle cose. Attraverso il corpo! Noi stessi, come corpo, abbiamo la possibilit di viverci da dentro e percepire cos il noumeno. Scopriamo cos che l'essenza profonda del nostro essere : Brama o Volont di vivere. (Wille zum leben) Pi che intelletto, per Schopenauer, siamo Volont di vivere; il nostro corpo non altro che la manifestazione esteriore delle brame interiori: Es: il nostro apparato digerente la manifestazione della volont di vivere e della brama interiore di nutrirsi. Quindi l'intero mondo dei fenomeni un risultato dato da come la volont di vivere ci fa percepire il mondo attraverso le sue necessit (voglia di fare sesso, mangiare, toccare e via dicendo).

Schopenauer, basandosi sull'analogia, afferma che la volont di vivere la radice di tutte le cose (non solo il noumeno dell'uomo quindi), quindi il mondo stesso si strutture in funzione di questa volont. Essa pervade ogni essere in forme diverse e con gradi di consapevolezza differenti; solo l'uomo ne pienamente consapevole. Caratteri e manifestazione della volont di vivere. Essendo oltre il fenomeno, la Volont presenta caratteri contrapposti; infatti si sottrae alle forme a priori. La volont infatti: Inconscia: Perch l'intelletto e la consapevolezza sono solo delle sue manifestazioni, rappresentazioni. Con volont Schopenauer infatti intende Energia, Impulso verso qualcosa. Unica: Perch esiste al di fuori dello spazio e del tempo (forme a priori); quindi non n pi qui che l; n di pi oggi, rispetto a ieri. Eterna e indistruttibile: Poich al di fuori delle forme a priori non ha n inizio n fine. Senza causa e scopo: La categoria della causa esiste infatti per mezzo dell'intelletto; la volont oltre questo: essa quindi una forza libera e cieca non causata e senza scopo. Infatti possiamo scoprire la causa solo delle manifestazioni della volont (i fenomeni), non della volont stessa. Es: Se ci chiedessero perch mangi? potremmo rispondere perch senn morirei di fame. Se ci chiedessero perch vuoi? potremmo rispondere solo voglio perch voglio!. Da qui deriva la crudele verit del mondo: Gli esseri viventi vivono solo per vivere e continuare a farlo. L'uomo ha cercato di consolarsi riguardo a questo inventandosi un Dio che desse senso alle sue azioni. In realt l'unico Assoluto che esiste al mondo la volont stessa. Ma a questo punto, come si manifesta nel concreto nel mondo questa volont di vivere? Segue due fasi: 1. Inizialmente esiste come un sistema di forme immutabili, le idee (tratto da Platone). 2. Si concretizza nei vari individui del mondo naturale, che sono le copie dell'originario modello perfetto. A questo punto il mondo si struttura in una serie di gradi ascendenti. Il minore dato dalle forze generali della natura, il pi alto dato dall'uomo, che consapevole della sua volont di vivere; ci che prende in coscienza perde in sicurezza, perch la ragione meno efficace dell'istinto per vivere nel mondo. Il pessimismo. Dolore, piacere e noia. Affermare che essere una manifestazione di una volont infinita, per Schopenauer significa che la vita dolore. Volere significa infatti desiderare, il desiderio una Tensione per la mancanza di qualcosa che si vuole avere. Poich l'uomo pi cosciente di questo, soffre di pi. Inoltre, ci che gli uomini chiamano piacere: Godimento (fisico) e Gioia (psichico); solo una cessazione del dolore. Il dolore invece non pu essere ridotto ad una cessazione del piacere; perch esiste sempre, a prescindere dal piacere stesso. Poich esso deriva direttamente dal desiderio, rappresenta parte della struttura stessa della vita. Il piacere invece pu essere provato solo se prima si viveva una tensione fisica o psichica. Esso deriva quindi unicamente dal dolore. Accanto al dolore (durevole) e al piacere (momentaneo), esiste la noia, che nasce quando cessa il desiderio. Schopenauer afferma che la vita oscilla continuamente tra dolore e noia, passando attraverso l'illusione del piacere. Quello che differenzia la maniera in cui percepiamo le varie situazioni semplicemente il diverso modo e le diverse forme con cui il dolore si manifesta. La sofferenza universale. La volont di vivere rappresenta una Sehnsucht cosmica, il dolore investe ogni creatura. Tutto soffre. L'uomo ne semplicemente pi consapevole; il genio lo ancora di pi e ne soffre ancor pi intensamente. Cos Schopenauer arriva ad un pessimismo cosmico per cui il Male non solo il mondo, ma il principio da cui questo deriva. L'espressione di questo dolore dimostrato dalla lotta crudele di tutte le cose. L'autolacerazione conflittuale dell'unica volont in una molteplicit di individui reciprocamente ostili dimostrata ad esempio dalla formica gigante australiana che se viene spezzata in due, questi due pezzi iniziano a lottare l'uno contro l'altro. In questo mondo irrazionale l'individuo ha il solo scopo di perpetuare la specie; con essa la vita, con essa il dolore. Schopenhauer Riassunto: seconda parte Pessimismo, rifiuto dell'ottimismo, vie di liberazione dal dolore,

L'illusione dell'amore. L'amore per Schopenhauer e uno dei piu forti stimoli dell'esistenza umana, dunque la filosofia deve curarsene. Ma l'amore non ha nulla di romantico, il suo fine solo l'accoppiamento per tramandare la specie. Esempi di questa funzione dell'amore si trovano in natura, come i maschi delle formiche che muoiono poco dopo aver fecondato la regina. Di conseguenza non esiste amore senza sessualit, allora: L'amore procreativo viene inconsapevolmente percepito come peccato . L'amore si macchia di un grave crimine: generare creature destinate a soffrire. L'unico vero amore che si puo lodare e quello disinteressato della piet. Il rifiuto dell'ottimismo cosmico. Tra le varie opere di Schopenhauer emerge una critica alle ideologie del suo tempo, effettuata tramite la tecnica dello smascheramento. Il filosofo accusa: La filosofia accademica di Stato, poiche chi viene pagato per pensare non puo certo filosofare liberamente ma sara condizionato. Le ipocrisie spiritualistiche dell'amore, quindi felicit dell'esistenza umana; e la razionalit dell'essere. Ma soprattutto: L'ottimismo cosmico (per cui tutto era governato secondo un progetto razionale e perfetto) che permeava buona parte dell'Europa del tempo. Secondo Schopenhauer infatti anche il piu ottimista fra gli ottimisti portato di fronte alle miserie della vita umana avrebbe cambiato idea, ed e per questo che l'ostentato ottimismo diventava quasi una presa in giro della cruda realt. Quest'ultima infatti e illogica ed irrazionale. Infine Schopenhauer contesta anche le religioni, che definisce metafisiche per il popolo , cominciando a delineare un ateismo filosofico ripreso poi da Nietzsche. Il rifiuto dell'ottimismo sociale. Altro tema sotto accusa: L'ottimismo sociale, secondo cui l'uomo e buono e socievole. Per Schopenhauer invece i rapporti umani sono regolati dal conflitto e dal tentativo si sopraffazione reciproca. L'uomo e la creatura pi cattiva, l'unico che prova piacere del dolore altrui e fastidio dei vantaggi degli altri. Quindi l'uomo vive in una societa solo per BISOGNO. Lo Stato e le leggi sussistono per regolamentare gli istinti aggressivi di ogni individuo. Da queste considerazioni deriva dunque un pessimismo antropologico e sociale, il quale pero e finalizzato a promuovere la via etica della piet; poiche solo chi ha la sensibilita di capire come siano costituiti i rapporti umani puo essere spinto al desiderio di giustizia e amore. Il rifiuto dell'ottimismo storico. Schopenhauer polemizza anche su ogni forma di storicismo. Prima di tutto viene ridimensionato il carico conoscitivo della storia, in quanto essa non e una vera scienza, infatti limitandosi alla catalogazione dell'individuale non procede per leggi e concetti generali. Ma dedicandosi agli uomini gli storici perdono di vista l'uomo e in questo modo si convincono che di epoca in epoca gli uomini cambino. In realt l'uomo sempre lo stesso dall'inizio dei tempi. Allora per Schopenhauer l'unico modo utile di dedicarsi alla storia e: Passare dalla storia alla Filosofia della storia , evidenziando attraverso gli studi del passato la costante uniformita della storia che si ripete sempre nei suoi contenuti, cambiando solo la forma. Se quindi la storia e il ripetersi di un medesimo dramma e necessario prendere coscienza del fatto che il genere umano e in un costante stato di dolore. Il vero compito della storia e quello di permettere all'uomo di rendersi conto della propria condizione. Le vie della liberazione dal dolore. Per Schopenhauer quindi l'esistenza dolore. Nonostante questo il suicidio viene rifiutato perche: Non e la negazione di una volonta , ma anzi l' affermazione, in maniera molto forte, di una volont. Il suicidio annulla solo una manifestazione della volonta di vivere , lasciando intatta la cosa in se. Questa infatti muore in un individuo, ma rinasce in tanti altri. La vera risposta al dolore del mondo per Schopenhauer consiste nella liberazione dalla stessa volonta di vivere . Ma come puo l'uomo liberarsi da qualcosa che determina la sua stessa esistenza? Schopenhauer non da una giustificazione teorica, ma richiama all'attenzione individui eccezionali (eremiti, santi, ecc). Questi esempi mostrano come con la presa di coscienza del dolore da parte della volont ( la voluntas) si avvia il cammino di liberazione dell'individuo (con la noluntas=negazione della volonta). Il filosofo articola il cammino verso la salvezza dell'uomo in tre momenti: arte, morale e ascesi. L'arte: e conoscenza libera e disinteressata che ha come oggetto le idee (le forme pure) delle cose, e allo stesso tempo fa diventare il puro occhio del mondo chi contempla le idee. L'arte assume una funzione liberatrice perche da all'uomo la possibilita di contemplare la vita e quindi di elevarsi al di sopra della volonta e del dolore . Le arti rappresentano cosi i diversi gradi della manifestazione della volonta, e di conseguenza si possono ordinare in ordine di importanza (dall'architettura alla scultura, poesia, pittura). Tra le varie arti emergono: La tragedia, che e l'autorappresentazione del dramma dell'esistenza. La musica, che si pone come l'immediata rivelazione della volonta a se stessa. Riprendendo l'idea romantica, la musica e capace di metterci in contatto con le radici stesse dell'essere. Ogni arte e liberatrice, ma questa funzione temporanea, dando solo un breve conforto alla vita. L'etica della piet (morale): e un impegno nel mondo a favore del prossimo. Schopenhauer sostiene che l'etica nasca da un sentimento di pieta (o com-passione) attraverso cui percepiamo le sofferenze altrui come

nostre. La pieta diventa per il filosofo uno strumento di conoscenza. Per mezzo della pieta si puo sperimentare l ' unit metafisica di tutti gli esseri, i quali sono distinti fenomenicamente, ma costituiscono nel noumeno una stessa realta (Siamo tutti uomini). Allora la malvagita diventa una negazione di tale unita e la pieta invece e il riconoscimento di essa. La morale si realizza in due virtu cardinali: Giustizia : e un freno all'egoismo, consiste nel non fare il male. Carit : e la volonta attiva di fare del bene al prossimo. Diversamente dall'eros (falso amore, perche egoistico), l'agpe (amore disinteressato) e amore autentico. La morale rimane pero presuppone comunque un certo attaccamento alla vita, quindi Schopenhauer cerca un'altra via ancora per la liberazione totale dell'uomo. L'ascesi: e il metodo per cui si raggiunge la liberazione, nasce dal ribrezzo che l'uomo ha per la volonta di vivere;ed l'esperienza tramite cui l''uomo si propone di eliminare ogni suo desiderio, persino quello di esistere. Nel cammino ascetico il primo passo e la castit perfetta, ovvero la liberazione dal primo impulso umano, quello sessuale. Dopo la rinuncia a tutti i piaceri vengono le altre manifestazioni dell'ascesi: l'umilt, il digiuno, la povert, il sacrificio e l'autologoramento. La soppressione della volonta di vivere e l'unica via per la liberazione umana perche quando l'individuo si rende conto della cosa in s e riesce a sottrarsi ad essa, quest'ultima non avr pi influenza su di lui, lasciandolo libero. Schopenhauer riprende il concetto di nirvana buddista: Esperienza del nulla ; nulla non inteso come niente, ma bensi come negazione del mondo. Il nirvana e allora capace di regalare serenita e pace (in contrapposizione al dolore del mondo). Questa parte della filosofia schopenhaueriana e quella piu largamente criticata. Perche: Se la volonta si identifica come la struttura metafisica del reale non se ne puo ipotizzare un annullamento, lo stesso vale per la volonta: se la sua essenza e il volere, come puo non volere piu se stessa? La fuga ascetica fa si che l'uomo si chiuda nel suo io, cosi da non curarsi degli altri viene meno alla pieta. Il pessimismo del filosofo ha come unico sbocco quello di indicare la giusta via o ne ha altri? Perche Schopenhauer stesso non ha intrapreso il cammino dell'ascesi?? Queste critiche comunque non sminuiscono la denuncia alla realta crudele da parte del filosofo e altri aspetti della sua dottrina.

Kierkegaard
1. Le vicende biografiche e le opere Soren Kierkegaard nasce in Danimarca, a Copenhagen, il 5 maggio 1813. Educato dal padre nel clima di una severa religiosit, si iscrive alla facolt di teologia di Copenhagen, presso la quale dominava l'ispirazione hegeliana. Nel 1840, circa dieci anni dopo il suo ingresso in universit, si laurea con una dissertazione Sul concetto dell'ironia con particolare riguardo a Socrate, che pubblica l'anno seguente. Nel 1841-1842 va a Berlino e ascolta le lezioni di Schelling. Dapprima entusiasta Kierkegaard presto deluso dalla filosofia di Schelling. Dopo di allora, vive a Copenhagen grazie a un capitale lasciatogli dal padre, assorto nella composizione dei suoi libri. Muore 1'11 novembre 1855. Nella vita di K. giocano un ruolo decisivo il rapporto con il padre e quello con la fidanzata Regina Olsen. La relazione con il padre conflittuale: K. aveva scoperto di essere stato concepito prima del matrimonio dei suoi genitori e questo lo aveva molto ferito dato che il padre era un affermato pastore protestante. Tale incoerenza del padre produsse in K. una grandissima sofferenza. Dal padre Kierkegaard eredita una religiosit severa e dalle disgrazie che egli subisce ( il pap pur avendo fatto fortuna dal punto di vista economico-sociale, vede morire la moglie e 5 dei suoi 7 figli) K. trae lidea che una sorta di maledizione gravasse sulla sua famiglia, un castigo di Dio che egli

subisce come una terribile minaccia. Nel Diario K. parla di una scheggia nelle carni che egli destinato a portare con s fino alla morte, i biografi non sono stati in grado di definire cosa fosse ma quello che si evince il carattere ossessionate della cosa, un senso di minaccia paralizzante che lo accompagna per tutta la vita. Problematico anche il rapporto con Regina Olsen che egli lascia alle soglie del matrimonio perch SCEGLIE la vita religiosa (ma non come pastore) alla vita etica come marito. Pur essendo laureato in teologia non intraprende la carriera di pastore alla quale la sua laurea lo abilitava. Inizia a scrivere ma dichiara di porsi in un rapporto poetico con la scrittura cio in un rapporto di distacco e lontananza. Scrive molti libri utilizzando pseudonimi diversi proprio per sottolineare il distacco tra se stesso e le forme di vita che descriveva. Le opere principali e pi conosciute sono Aut - aut (1843) e Timore e tremore (1843). Lesistenza come possibilit e fede La categoria fondamentale che caratterizza il pensiero di K. quella della esistenza. Kierkegaard considerato il primo esponente dellesistenzialismo, una corrente filosofica che ebbe grande sviluppo nella prima met del XX secolo. Lesistenzialismo concepisce la filosofia come analisi dellesistenza, intesa quale dimensione esclusiva dellesperienza umana e, quindi, lunica che pu essere oggetto di riflessione filosofica. Lesistenza lo specifico modo di essere delluomo nel mondo. Quindi una prima caratteristica dle pensiero di K. cercare di ricondurre la comprensione dell intera esistenza delluomo alla categoria della possibilit mettendo in luce laspetto negativo e paralizzante della possibilit come tale. Lesistenza umana si configura come un insieme di possibilit che pongono luomo, ogni singolo uomo, di fronte a una scelta. Tutta lesistenza umana si risolve nello scegliere fra diverse possibilit, che rappresentano le varie alternative verso cui luomo pu dirigere la propria vita. Secondo Kierkegaard, il configurarsi della vita come una serie di possibilit non costituisce per una ricchezza dellesperienza umana ma, al contrario, un evidente manifestazione della limitatezza del suo essere. Luomo infatti, di fronte alla scelta, prova un senso di angoscia in quanto non pu sapere come le cose sarebbero andate se avesse scelto la possibilit che egli ha escluso. Egli sa che la possibilit da lui scelta pu avere un esito positivo, ma anche un carattere decisamente negativo; pu, in altre parole, condurre alla realizzazione di s ma anche al proprio annientamento. Daltra parte, il

risolvere positivamente una scelta non implica la salvezza poich, immediatamente dopo, luomo dovr affrontarne unaltra. Lesito negativo ha un potere di condizionamento nettamente superiore rispetto allesito positivo: implica infatti lassoluta sconfitta, il fallimento e, proprio per questo, pone il soggetto in una condizione paralizzante. Secondo Kierkegaard esistere significa scegliere. Infatti, la scelta non una semplice manifestazione della personalit, ma costituisce la personalit stessa, che sceglie vivendo o vive scegliendo. In altri termini, lindividuo non quel che , ma ci che sceglie di essere. Tant vero che persino la rinuncia alla scelta una scelta, sia pure un tipo di scelta per causa della quale luomo rinuncia a farsi valere come io. Lesistenza quindi si configura come una continua scelta e rivela la continua possibilit, per luomo, dellannientamento. Il punto zero lindecisione permanente e forse la scheggia nelle carni di cui K. parla potrebbe essere limpossibilit di ridurre la propria vita a un compito preciso, di scegliere tra le alternative opposte e di riconoscersi e attuarsi una possibilit unica. Una seconda caratteristica del pensiero di K. il suo sforzo di chiarire le possibilit fondamentali che si offrono alluomo, gli stadi o i momenti della vita che costituiscono le alternative dellesistenza, tra le quali luomo generalmente portato a scegliere. Una terza caratteristica del suo pensiero il tema della fede. Soltanto nel cristianesimo egli vede unancora di salvezza: laiuto soprannaturale della fede viene visto come un modo per ridurre nelluomo langoscia e la disperazione che costituiscono strutturalmente lesistenza. La verit del singolo : il rifiuto dellhegelismo e linfinita differenza qualitativa tra Dio e luomo Kierkegaard il filosofo che con maggiore determinazione propone un rifiuto della filosofia hegeliana, allora imperante nelle universit europee, comprese quelle della Danimarca, la patria di Kierkegaard. Molti sono i punti di contestazione della filosofia di Hegel. 1) Lesistenza per K. costituita da alternative inconciliabili rispetto alle quali la sintesi conciliatrice della dialettica di Hegel non ha alcun potere di mediazione. La filosofia hegeliana appare dunque a Kierkegaard antitetica e illusoria rispetto al proprio punto di vista sull'esistenza. Le possibilit esistenziali che nella vita concreta sono in contrapposizione (aut aut) infatti non possono assolutamente essere conciliate o mediate nella sintesi di cui parla Hegel (et et). 2) K. pone la singolarit dellindividuo al di sopra delluniversalit dellAssoluto di Hegel. Di fronte alla Ragione hegeliana, che assorbe completamente e dissolve in s gli individui concreti, il

filosofo danese presenta l'istanza del singolo, cio dell' individuo esistente come tale. Hegel infatti aveva considerato la specie, lumanit pi importante del singolo (egli diceva non mi interessa il profilo del tuo naso in quanto lindividuo si annullava nel principio supremo che era lAssoluto e che tendeva solo ad attuare se stesso) mentre. il singolo individuo per K. una realt irriducibile a qualsiasi altra. 3) K. ritiene che la filosofia debba qualificarsi come riflessione soggettiva connessa con lesistenza che lindividuo si trova ad affrontare cio una riflessione in cui il singolo uomo direttamente coinvolto e che proprio per questo non oggettiva e disinteressata, ma appassionata. Hegel invece concepisce la filosofia come scienza oggettiva cio distaccata e disinteressata dagli eventi concreti in cui si sostanzia lesistenza individuale. 4) K. rifiuta lidentificazione hegeliana tra finito e infinito, tra uomo e Dio. La radicale adesione di Kierkegaard al cristianesimo si spiega col fatto che, a suo parere, la religione cristiana ha valorizzato meglio di altre forme culturali lesperienza del singolo e ha indicato la possibilit per luomo di raggiungere la liberazione dallangoscia in cui luomo condannato a vivere. Kierkegaard non nega il concetto di Assoluto, verso il quale luomo, spinto dalla coscienza della propria finitezza, si sente attratto; ma questassoluto esiste solo come totale trascendenza, una realt che completamente al di l della dimensione umana e che luomo, con le sue deboli forze intellettuali, non pu comprendere. Il rapporto del singolo con lAssoluto allora, secondo Kierkegaard, di assoluta separazione: il singolo si rapporter allAssoluto con angoscia e timore, conscio della sua piccolezza e, contemporaneamente, dellimmensa potenza di tale realt. In Hegel, il rapporto del singolo con lAssoluto si realizzava gradualmente in modo positivo, fino a raggiungere uno stadio di piena immedesimazione. Hegel infatti, al contrario di Kierkegaard, non concepiva lassoluto come totalmente separato dallindividuo, ma lo considerava coincidente con esso. Di conseguenza in Hegel c lincapacit di cogliere linfinita differenza qualitativa che separa il finito dallinfinito e quindi luomo da Dio. Gli stadi dellesistenza Kierkegaard configura tre stadi dellesistenza che corrispondono ai tre possibili modi con cui lindividuo sceglie di caratterizzare la propria vita. I tre modelli di vita sono posti in una successione gerarchica, nel senso che il successivo rappresenta una scelta di maggiore consapevolezza rispetto al precedente. Non bisogna per leggere questa successione secondo lo schema dialettico, tipico della filosofia hegeliana. Queste scelte infatti sono antitetiche e

irriducibili e non pu esistere fra loro alcuna mediazione. Kierkegaard sceglie allora di indicare il passaggio dalluna allaltra con lespressione aut-aut, a indicare come fra uno stadio dellesistenza e un altro non vi sia una mediazione dialettica ma un salto netto, che configura due esempi di vita assolutamente differenti. Quindi che il passaggio da uno stadio ad un altro postula sempre una rottura o un salto, accompagnato da un cambiamento radicale di mentalit. Lo stadio estetico la forma di vita in cui luomo immediatamente ci che , ossia il comportamento di colui che, rifiutando ogni vincolo o impegno continuato, cerca lattimo fuggente della propria realizzazione, allinsegna della novit e dellavventura. Infatti, lesteta, che trova il suo simbolo pi significativo nel Don Giovanni di Mozart ( o nel Faust di Goethe), si propone di fare della propria vita unopera darte da cui sia bandita la monotonia e nella quale, viceversa, trionfino le emozioni inedite. Tuttavia, al di l della sua apparenza gioiosa e brillante, la vita estetica destinata alla noia (in quanto il piacere tende a ripetersi e ad essere sempre uguale) e al fallimento esistenziale. Infatti, vivendo attimo per attimo ed evitando il peso di scelte impegnative (ossia scegliendo di non scegliere), lesteta, secondo Kierkegaard, finisce per rinunciare ad una propria identit e per avvertire, con disperazione, il vuoto della propria esistenza senza centro e senza senso. Lesteta vorrebbe quindi una vita diversa che si prospetta come unaltra alternativa possibile. Ma per raggiungere questa alternativa bisogna attaccarsi alla disperazione, scegliere e darsi con tutto limpegno per uscire dalla vita estetica e entrare nella vita etica attraverso un salto enorme, una rottura profonda. Rif. alla letteratura: la figura dellesteta decadente, non ha niente di eroico e risente delle contraddittoriet della fine di un epoca e dellinizio del nuovo secolo. Lesteta amorale, egoista e si identifica con colui che non sceglie. Faust (Goethe) Dorian Grey (Oscar Wilde) , Andrea Sperelli (Il piacere di DAnnunzio). Lo stadio etico il momento in cui luomo, scegliendo di scegliere, ossia assumendo in pieno la responsabilit della propria libert, si impegna in un compito, al quale rimane fedele. Infatti, a differenza della vita estetica, la quale tenta di evitare la ripetizione e cerca ad ogni istante il nuovo, la vita etica si fonda sulla continuit e sulla scelta ripetuta che lindividuo fa di se stesso e del proprio compito. Come la vita estetica incarnata dal seduttore, la vita etica incarnata dal marito. Il simbolo della vita etica per K. lassessore Guglielmo che pienamente realizzato nella famiglia e nel lavoro. Il matrimonio lespressione tipica della vita etica. In altri termini,

nella vita etica lindividuo si sottopone ad un modello universale di comportamento, che implica, al posto del desiderio, delleccezionalit, la scelta della normalit La morale scrive Kierkegaard propriamente il generale e, in quanto generale, ci che vale per tutti. Tuttavia, pur collocandosi su di un piano pi alto rispetto alla vita estetica, la vita etica destinata anchessa al fallimento. Infatti, luomo etico non pu fare a meno di riconoscere la propria finitudine peccaminosa e quindi di pentirsi. Inoltre, nellambito della generalit della vita etica e della connessa ritualit dei suoi comportamenti, lindividuo non riesce a trovare veramente se stesso e la propria singolarit genuina. Tanto pi che esiste, in ognuno, unansia di infinito che non si lascia racchiudere nei limiti di una tranquilla esistenza di marito e di impiegato. Da ci il bisogno di unesperienza pi profonda e coinvolgente grazie a cui lindividuo vincendo langoscia e la disperazione che lo costituiscono come uomo e che giacciono al fondo di ogni vita, anche della pi fortunata e felice possa davvero realizzarsi come singolo e nelle sue aspettative migliori. Tale la vita religiosa. Lo stadio religioso Tra vita etica e vita religiosa c un abisso ancora pi profondo di quello tra vita estetica e vita etica. K. chiarisce questa opposizione in Timore e tremore, raffigurando la vita religiosa nella persona di Abramo Vissuto fino a settant'anni nel rispetto della legge morale, Abramo riceve da Dio l'ordine di uccidere il figlio Isacco, infrangendo cos la legge per la quale vissuto. Il significato di tutto ci sta nel fatto che il sacrificio di Isacco non suggerito ad Abramo da una qualche esigenza morale ma da un comando divino che, anzi, contrasta con la legge morale e con gli affetti naturali. In altri termini, l'affermazione del principio religioso sospende interamente l'azione del principio morale. Tra i due principi non c' possibilit di conciliazione o di sintesi. Optando per il principio religioso, l'uomo di fede sceglie di seguire i comandi divini anche a costo di infrangere le norme morali e giungere cos a una rottura totale con tutti gli altri uomini. Del resto, la fede non un principio generale, ma un rapporto privato tra l'uomo e Dio, un rapporto assoluto con l'Assoluto. Essa il dominio della solitudine, un "luogo" in cui non si entra "in compagnia. Da tutto ci deriva il carattere incerto e rischioso della vita religiosa. Come pu luomo sapere con sicurezza di essere l'eletto, colui al quale Dio ha affidato un compito talmente eccezionale da esigere e giustificare la sospensione dell'etica? La fede appunto certezza angosciosa. La fede paradosso e scandalo, il cui segno lo stesso Cristo: colui che soffre e muore come uomo, mentre parla e agisce come Dio; colui che e si deve riconoscere come Dio, mentre soffre e muore come un misero uomo. L'uomo posto di fronte a un bivio: credere o

non credere. Se, da un lato, il singolo uomo a dover scegliere, dall'altro ogni iniziativa umana esclusa, perch Dio tutto e da Lui deriva anche la fede. La vita religiosa imprigionata nelle maglie di questa contraddizione inesplicabile, che, del resto, costituisce l'essenza stessa dell'esistenza umana: il paradosso, lo scandalo, la necessit e insieme l'impossibilit di decidere, il dubbio, l'angoscia. Kierkegaard dunque convinto che la religione cristiana riveli la sostanza stessa dellesistenza delluomo. La fede comporta dunque un isolamento totale dellindividuo, un abbandono del mondo e, contemporaneamente, un vivere per la divinit. La condizione del fedele, quindi, non una condizione di benessere e felicit ma, anzi, tende ad amplificare quegli elementi di incertezza che rendono lesistenza delluomo precaria. Si deve infatti credere in un Dio che non si pu conoscere, si spera di essere salvati da lui ma non si pu fare nulla per ottenere questa salvezza, se non abbandonarsi completamente alla volont di Dio; la fede uniniziativa personale, che nasce da una nostra scelta esistenziale ma, nello stesso tempo, pu essere data solo da Dio. Kierkegaard chiama malattia mortale questo rinunciare al proprio io per affidarsi alla divinit; il risultato della disperazione cui conduce limpossibilit di una scelta e la decisione di sacrificare interamente se stessi. La fede dunque un paradosso, in quanto vi affidiamo tutto il nostro essere per liberarci dallangoscia dellesistenza ma, nello stesso tempo, lesperienza della fede anchessa unesistenza che non risolve i nostri dubbi e verso la quale dobbiamo mostrare una totale rassegnazione e sottomissione. La fede allora lespressione ultima della condizione delluomo nel mondo in quanto ripresenta, su un piano pi elevato, la situazione irrisolvibile dellesistenza: la scelta. Nel contempo, per, la fede lunica soluzione da prendere rispetto a quella condizione, poich la scelta religiosa labbandono totale del mondo, laffidarsi totalmente a unassoluta potenza che lunica a poterci salvare. Langoscia Langoscia di cui parla Kierkegaard il sentimento della possibilit, cio quello stato danimo esistenziale che sorge dinanzi alla vertigine della libert e alle infinite possibilit negative che incombono sulla vita e sulla personalit delluomo. Infatti nel possibile, tutto possibile anche e soprattutto il negativo. Per questo ogni possibilit favorevole spesso annientata dall'infinito numero delle possibilit sfavorevoli. quindi l'infinit, o indeterminatezza delle possibilit a rendere l'angoscia insuperabile, e a farne la condizione fondamentale dell'uomo nel mondo. L angoscia diversa dalla paura che si prova al cospetto di una situazione determinata e ad un pericolo preciso. Essa puro sentimento della

possibilit, della libert di potere, di ci che non ma pu essere in futuro. Inoltre, essa un sentimento tipicamente umano. Tant che viene provata solo da chi ha spirito: pi profonda langoscia pi grande e luomo. Inoltre, se vero che la povert spirituale sottrae l'uomo all'angoscia, non bisogna dimenticare che l'uomo sottratto all'angoscia schiavo delle circostanze che lo sospingono di qua e di l senza meta. L'angoscia dunque la pi gravosa e al tempo stesso la pi necessaria tra le categorie umane. Lunico modo efficace per contrastare langoscia e i suoi tormenti non laccortezza umana, ma la fede religiosa in Colui al quale tutto possibile. La disperazione e la fede Mentre langoscia si riferisce al rapporto delluomo con il mondo, la disperazione si riferisce al rapporto delluomo con se stesso, quindi riguarda la sua stessa interiorit, il suo io. Luomo infatti pu volere se stesso ma in questo modo sceglierebbe la propria insufficienza e finitezza e non sarebbe mai adeguato n avere pace; oppure pu non volere essere se stesso ma annullando cos il rapporto con s si distruggerebbe, ricadendo nella disperazione. Nelluno e nellaltro caso, ci si imbatte sempre nella disperazione, che unautentica malattia mortale, non perch conduca alla morte dellio, ma perch il vivere la morte dellio, cio la negazione del tentativo umano di rendersi autosufficienti o di evadere da s. Ma se ogni uomo malato di disperazione, lunica terapia efficace contro di essa la fede, ossia quella condizione in cui lio, pur orientandosi verso se stesso e pur volendo essere se stesso, non si illude sulla sua autosufficienza, ma riconosce la sua dipendenza da Colui che lo ha posto e che, solo, pu garantire la sua realizzazione. Luomo deve quindi volere la disperazione, poich riconoscendosi in preda ad essa egli pu volgersi alla ricerca di una salvezza. La disperazione di cui parla Kierkegaard non la disperazione finita che discende dalla perdita di beni mondani (ad es. di una persona cara o di un patrimonio); ma la disperazione infinita che discende dalla propria insufficienza esistenziale. Infatti, se la prima costringe luomo a rinchiudersi in s e nel finito, la seconda lo spinge ad uscire fuori di s e ad aprirsi allAssoluto. Di fronte all'instabilit radicale dell'esistenza costituita dalla possibilit, la fede si appella alla stabilit del principio di ogni possibilit, ovvero a Dio, cui tutto possibile.

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