You are on page 1of 14

Psicopatologia e demonologia.

La lettura delle grandi crisi storiche dalla Restaurazione ai giorni nostri

di Domenico Losurdo Questo saggio stato pubblicato inBelfagor.Rassegnadivariaumanit,direttadaCarlo FerdinandoRusso,CasaEditriceLeoS.Olschki,Firenze,marzo2012,pp.151172.Come noto, Belfagorhachiusoibattenti.Conquestoomaggioringraziol'amicoCarloFerdinandoRussoe tuttalaredazioneperl'ospitalitchespessomistataconcessa[DL].

1. Dalla Restaurazione a Hannah Arendt Come spiegare la grande crisi storica che inizia con la rivoluzione francese e che, a distanza di un quarto di secolo, si conclude (provvisoriamente) con il ritorno dei Borboni? Friedrich Schlegel e la cultura della Restaurazione non si stancano di denunciare la malattia politica e il contagioso malanno dei popoli che infuriano a partire dal 1789; ma Metternich in persona a mettere in guardia contro la peste ovvero il cancro che devasta le menti. Per essere pi esatti incalza un altro ideologo della Restaurazione, e cio Franz von Baader - siamo in presenza di una follia satanicamente invasata; al rovesciamento dellAntico regime ha fatto seguito non la democrazia, bens la demonocrazia, il potere di Satana. Pi tardi, dopo londata rivoluzionaria del 1848 e soprattutto dopo la rivolta operaia di giugno, Tocqueville radicalizza la lettura in chiave psicopatologica: a spiegare la malattia della rivoluzione francese linfuriare di un virus di una specie nuova e sconosciuta. Nei Souvenirs, con riferimento al momento in cui comincia a montare lagitazione destinata a sfociare nelle giornate di giugno, dopo aver sottolineato gi per conto proprio la natura folle di Barbs, il liberale francese fa dire a un medico di merito che dirigeva allora uno dei principali ospedali per pazzi di Parigi:
Che sventura e come strano pensare che sono dei pazzi, dei veri pazzi che ci hanno portato a questo. Io li ho frequentati tutti e li ho avuto tutti in trattamento: Blanqui un pazzo, Barbs un pazzo, Sobrier un pazzo, ma soprattutto pazzo Huber, tutti pazzi, signore, che dovrebbero essere nella mia Salptrire e non qui.

Tocqueville aggiunge:
Ho pensato sempre che in tutte le rivoluzioni, ma soprattutto nelle rivoluzioni democratiche, i pazzi, ma non quelli cui si d tale appellativo per scherzo, ma i pazzi veri, hanno rappresentato un parte molto importante in politica.

Non manca neppure il riferimento a forze in qualche modo infernali: nelle giornate di giugno,

nei quartieri popolari ridotti alla fame e alla disperazione dallo scioglimento degli ateliers nationaux, che si apprestano a resistere e che chiamano gli abitanti alla lotta, facendo risuonare il segnale di adunata generale, il nobile liberale sente risuonare una musica diabolica. Gli abitanti ascoltano e si preparano con aria sinistra e smarrendo i loro tratti umani. Ecco agitarsi una vecchia che rassomiglia a una strega: Lespressione schifosa e terribile della sua faccia mi fece orrore, con tanta violenza vi erano scolpiti il furore delle passioni demagogiche e la rabbia delle guerre civili. Allindomani della Comune di Parigi, con Taine lapproccio in chiave psicopatologica celebra i suoi trionfi:
Se vero, infatti, che esistono malattie epidemiche per il corpo, altrettanto vero che ne esistono anche per la mente, e tale allora la malattia rivoluzionaria. La si ritrova contemporaneamente su tutti i punti del territorio, e ogni punto infettato contribuisce a infettarne altri. In ogni citt o borgo, il club un focolaio di infezione che aggredisce le parti sane, e ogni centro aggredito diffonde i suoi esempi come altrettanti miasmi. Ovunque la stessa febbre, lo stesso delirio e le stesse convulsioni indicano la presenza dello stesso virus, e questo virus il dogma giacobino.

Non solo la Comune ma lintero ciclo rivoluzionario francese messo sul conto del virus e della generale alterazione dellequilibrio mentale e soprattutto del male incurabile della mente giacobina. Diamo uno sguardo a questo o a quel protagonista della rivoluzione: un medico riconoscerebbe immediatamente uno di quei pazzi lucidi che non vengono rinchiusi, e che pertanto sono ancora pi pericolosi: definirebbe anche con termine tecnico la malattia: il delirio di grandezza, notissimo nei manicomi. In effetti Marat si comporta non diversamente dai suoi colleghi di Bictre. Come si vede, dalla Salptrire siamo passati alla Bictre, ma la spiegazione delle crisi rivoluzionarie continua a essere ricercata nei manicomi. Anche in questo caso la follia (rivoluzionaria e illuministica) ha qualcosa di diabolico. Se Voltaire un demone incarnato ( dmon incarn), Saint-Just il protagonista di una sorta di rito satanico:
Annientare e sopraffare diventano unintensa volutt assaporata dallorgoglio pi intimo, il fumo dellolocausto che il despota brucia sul proprio altare; in questo sacrificio quotidiano egli insieme lidolo e lofficiante, e offre a se stesso le vittime per dimostrare la propria divinit.

Paragonabile al ciclo rivoluzionario francese quello che inizia in Russia nel 1905. Ed ecco che la cultura dominante riattualizza la diagnosi che gi conosciamo. Il virus di una specie nuova e sconosciuta conosce ora una migrazione dalla Francia alla Russia: cos che, rinviando in modo esplicito al testo gi citato di Tocqueville, argomentano Franois Furet e il sovietologo statunitense Richard Pipes. La lettura in chiave psicopatologica delle grandi crisi storiche ai giorni nostri cos diffusa da fare avvertire la sua presenza anche nelle categorie centrali del discorso politico. Adorno vede nel totalitarismo psicologico il fondamento del totalitarismo propriamente detto: ci sono individui che hanno a disposizione solo un io debole e hanno pertanto bisogno, come surrogato, dellidentificazione con un grande collettivo e della sua copertura. Non solo dileguano la situazione oggettiva, la geopolitica e la storia, ma non giocano alcun ruolo neppure le ideologie: I caratteri soggetti allautorit vengono valutati in modo del tutto errato allorch sono costruiti a partire da una determinata ideologia politico-economica. La deriva psicologistica finisce con lemergere anche in Arendt. Ricorrente in lei la denuncia del disprezzo totalitario per la realt e la fattualit, per la follia di cui il totalitarismo d prova. Anzi, immergendoci nella descrizione cui Le origini del totalitarismo procedono della societ totalitaria si ha limpressione di entrare in un manicomio, nella Salptrire o Bictre evocate rispettivamente da Tocqueville e Taine. Non solo il fatto che la punizione viene inflitta senza alcuna relazione con un reato. No, c molto di pi:
Lo sfruttamento praticato senza un profitto e il lavoro compiuto senza un prodotto, un luogo dove quotidianamente si crea linsensatezza [] Mentre distrugge tutte le connessioni di senso con cui normalmente si calcola e si agisce, il regime impone una specie di supersenso [] Il buon senso educato al ragionamento utilitario impotente contro il supersenso ideologico appena il regime procede a creare da questo un mondo realmente funzionante.

In realt, il Terzo Reich coltiva un progetto senza dubbio criminale ma lucido. Hitler cerca le Indie tedesche e il suo Far West in Europa orientale, dove si propone di edificare un impero coloniale di tipo continentale: gli indigeni slavi sono cos ridotti per un verso alla condizione di indiani (da decimare al fine di consentire la germanizzazione dei territori conquistati), per un altro verso alla condizione di negri (destinati a lavorare come schiavi o semischiavi al servizio della razza dei signori); mentre lannientamento attende gli ebrei, che alimentano il bolscevismo e linsensata rivolta delle razze inferiori contro la civilt e la gerarchia naturale. Giunto al potere pressappoco nel momento in cui vede la luce Mein Kampf, Stalin impegnato a vanificare il progetto hitleriano, e lirreggimentazione totalitaria della popolazione russa ha pur qualche rapporto con i preparativi bellici e con lo sforzo ossessivo di sviluppare al massimo e il pi rapidamente possibile lapparato produttivo e militare. Di tutto ci non c traccia nella terza sezione delle Origini del totalitarismo. E, una volta che si fatta totale astrazione dagli interessi reali e dai conflitti reali, in ultima analisi dalla storia, chiaro che ogni grande crisi storica appare come unesplosione di follia. Si rivela in qualche modo tautologico il discorso di Arendt, che comunque insiste nella sua tesi centrale: il totalitarismo non il perseguimento con metodi brutali e senza alcun scrupolo morale di obiettivi comunque logicamente comprensibili. No, nel totalitarismo abbiamo a che fare con dei paranoici: Laggressivit del totalitarismo non deriva da sete di potenza; e se esso cerca febbrilmente di espandersi, non n per smania di espansione n per profitto, ma solo per ragioni ideologiche: per dimostrare su scala mondiale che la propria ideologia aveva ragione, per edificare un mondo fittizio coerente non pi disturbato dalla fattualit. In altre parole, il totalitarismo la follia che vuole la follia. Siamo ricondotti alla cultura della Restaurazione, come emerge da un ulteriore elemento. In relazione ai regimi totalitari (non solo quello hitleriano ma anche quello staliniano), Arendt fa intervenire la categoria di male assoluto, che non pu essere compreso e spiegato coi malvagi motivi dellinteresse egoistico, dellavidit, dellinvidia, del risentimento, della smania di potere, della vigliaccheria e che dunque non pu essere spiegato con la ragione. Il Satana di cui parla la cultura della Restaurazione qui divenuto il mysterium iniquitatis. La fuga dalla storia e dalla ragione e il rifugio nel mistero restano immutati o risultano ulteriormente accentuati. Il rinvio a Satana voleva esser pur sempre una spiegazione, mentre, secondo Arendt: Non abbiamo nulla a cui ricorrere per comprendere un fenomeno che ci sta di fronte con la sua mostruosa realt e demolisce tutti i criteri di giudizio da noi conosciuti. 2. Incapacit di auto-riflessione e dogmatismo Ma perch lapproccio in chiave psicopatologica da considerare errato e fuorviante? Vediamo quello che avviene negli Stati Uniti alla vigilia della Guerra di secessione, alla vigilia cio del tragico conflitto che finisce con lo sfociare in una rivoluzione abolizionista. Lideologia del Sud schiavista paragona gli abolizionisti ai giacobini: i primi sono affetti da follia non meno dei secondi. Ma ora interviene una novit. Il numero degli schiavi fuggitivi aumenta, e ci non solo allarma ma anche stupisce gli ideologi della schiavit e della white supremacy: com possibile che persone normali si sottraggano ad una societ cos bene ordinata e alla gerarchia della natura? Non c dubbio, siamo in presenza di una turba psichica, di un morbo. Di cosa propriamente si tratta? Nel 1851, Samuel Cartwright, chirurgo e psicologo della Louisiana, ritiene finalmente di poter giungere a una spiegazione che egli comunica ai suoi lettori dalle colonne di unautorevole rivista scientifica, il New Orleans Medical and Surgical Journal. Prendendo le mosse dal fatto che nel greco classico drapeths lo schiavo fuggitivo, lo scienziato conclude trionfalmente che la turba psichica, il morbo che spinge gli schiavi neri alla fuga per lappunto la drapetomania. Altri ideologi constatano che gli schiavi non obbediscono pi agli ordini del padroni con la stessa prontezza di un tempo. Interviene di nuovo la diagnosi psicopatologica: il morbo in questione ora la disestesia, e cio lincapacit degli schiavi a comprendere e a eseguire con prontezza gli ordini

del padrone. Nel diciannovesimo secolo vediamo svilupparsi unaltra rivoluzione, quella femminista. E di nuovo ci imbattiamo nella denuncia della follia e della degenerazione che sarebbero a fondamento di questa novit inaudita. E un grande filosofo, Friedrich Nietzsche, a parlare delle protagoniste di questa rivoluzione come di donne malriuscite che misconoscono la loro natura di donne e sono persino incapaci di generare: Emancipazione della donna - questo lodio istintivo della donna malriuscita, cio di quella che non pu procreare, per la donna benriuscita. La polemica contro il movimento femminista cos aspra da stimolare dichiarazioni di un disarmante filisteismo. Le emancipate sarebbero le femmine minorate ovvero quelle a cui manca la stoffa per fare bambini (Ecce Homo, Perch scrivo libri cos buoni, 5). Si possono trarre due conclusioni: in primo luogo da notare che, storicamente, non c stata sfida alloppressione che non sia stata tacciata di follia, di degenerazione, di stravolgimento della sanit e della normalit. In secondo luogo: lapproccio psicopatologico sembra presupporre una linea di demarcazione netta e univoca tra normalit e stato morboso. Non cos. I diagnostici della drapetomania e della disestesia degli schiavi fuggiaschi o indocili ovvero della degenerazione delle donne emancipate potrebbero essere essi stessi sottoposti ad analisi e rivelare sindromi preoccupanti, a cominciare dallincapacit di orientarsi nella realt. In altre parole, lapproccio psicopatologico si rivela incapace di auto-riflessione ed quindi affetto da dogmatismo. Ci vale anche per Tocqueville. A dimostrazione della follia della razza dei rivoluzionari che sembra nuova nel mondo e che allopera in Francia, egli osserva che essa non solo pratica la violenza, il disprezzo dei diritti individuali e loppressione delle minoranze, ma afferma anche ed qui la novit - che cos deve essere. Ma vediamo ora in che modo il liberale francese celebra la prima guerra delloppio :
Ecco dunque infine la mobilit dell'Europa alle prese con l'immobilit cinese! E' un grande avvenimento, soprattutto se si pensa che esso non che il seguito, l'ultima tappa di una moltitudine di avvenimenti della medesima natura che spingono gradualmente la razza europea al di fuori dei suoi confini e sottomettono successivamente al suo impero o alla sua influenza tutte le altre razze [...]; l'asservimento delle quattro parti del mondo ad opera della quinta. E' bene dunque non essere troppo maldicenti nei confronti del nostro secolo e di noi stessi; gli uomini sono piccoli, ma gli avvenimenti sono grandi.

E che dire poi della condotta da Tocqueville suggerita allesercito francese al fine di condurre vittoriosamente a termine la guerra di conquista dellAlgeria?
Distruggere tutto ci che rassomiglia a unaggregazione permanente di popolazione o, in altre parole, ad una citt. Credo sia della pi alta importanza non lasciar sussistere o sorgere alcuna citt nelle regioni controllate da Abdel-Kader (il leader della resistenza).

In queste due dichiarazioni risuona quella celebrazione della violenza e della legge del pi forte rimproverata alla razza dei rivoluzionari allopera in Francia. Ancora una volta, i fautori dellapproccio psicopatologico procedono in modo dogmatico: non applicano a se stessi i criteri che fanno valere per gli altri. Si potrebbe obiettare con Furet che il carattere patologico della violenza giacobina (e bolscevica) risiede nel fatto che essa divora i propri figli. Sennonch, la dialettica di Saturno ben presente nella Riforma protestante e nella prima rivoluzione inglese e si manifesta altres, con modalit peculiari, anche nella rivoluzione americana. In occasione della Guerra di secessione, entrambi gli schieramenti si richiamano alla lotta per lindipendenza condotta congiuntamente contro la Corona inglese. Gli abolizionisti si rifanno al principio proclamato dalla Dichiarazione di indipendenza in base al quale tutti gli uomini sono stati creati eguali e allattacco solenne della Costituzione di Filadelfia in cui il popolo degli Stati Uniti dichiara di voler ulteriormente perfezionare l'Unione. La pubblicistica della Confederazione rivendica l'eredit della lotta dei patrioti contro un oppressivo potere centrale, sottolinea la centralit del tema dei diritti di ogni singolo Stato nel processo di fondazione e nella tradizione giuridica del paese, fa notare che Washington, Jefferson, Monroe erano tutti proprietari di schiavi. Entrambi gli schieramenti contrapposti dichiarano di muoversi sul solco tracciato dai Padri Fondatori, ma ci non evita anzi

inasprisce ulteriormente lo scontro. Non c' dubbio: anche in questo caso Saturno divora i suoi figli. Vale anche la pena di notare che i coloni americani protagonisti della guerra di indipendenza contro il governo di Londra sono definiti dai loro contemporanei inglesi, con un giudizio di valore positivo o negativo, quali i dissidenti del dissenso. E se Burke denuncia la malattia francese gi nella primissima fase della rivoluzione, Mallet du Pan chiama in causa per questa rivoluzione linoculazione americana (inoculation amricaine). Come si vede, il rinvio alla dialettica di Saturno e alla psicopatologia al fine di spiegare le rivoluzioni non ha atteso il giacobinismo per venire alla luce! 3. Oscillazioni e scelte arbitrarie Del resto, la diagnosi psicopatologica si caratterizza per il suo carattere arbitrario. Lo si pu constatare persino nei grandi autori. Nel 1950, nel pubblicare i suoi studi sulla personalit autoritaria, Adorno sottolinea la correlazione tra anti-semitismo e anti-comunismo e poi aggiunge: Durante gli ultimi anni tutto il meccanismo di propaganda in America stato dedicato a sviluppare lanti-comunismo nel senso di un terrore irrazionale. In questo momento, a essere affetti da turbe psichiche sono gli anticomunisti. Pi tardi, come abbiamo gi visto, Adorno inserisce invece i comunisti, assieme ai fascisti, tra le personalit intrinsecamente autoritarie e inclini al totalitarismo! Con unanaloga oscillazione, nel 1945 Arendt scrive che lUrss diretta da Stalin si distingue per il modo, completamente nuovo e riuscito, di affrontare e comporre i conflitti di nazionalit, di organizzare popolazioni differenti sulla base dell'eguaglianza nazionale; qualcosa cui ogni movimento politico e nazionale dovrebbe prestare attenzione. In questo momento, a costituire un punto di riferimento , assieme allUnione sovietico, il leader che la dirige e che dimostra una personalit matura e equilibrata. Qualche anno dopo, nelle Origini del totalitarismo - nel frattempo scoppiata la guerra fredda - Stalin considerato affetto da paranoia totalitaria. In che modo si manifesta questo morbo sciagurato? In preda allossessione del nemico oggettivo, Stalin spinto secondo Arendt a ricercare sempre nuovi bersagli per la sua macchina repressiva: dopo i discendenti delle vecchie classi dominanti la volta dei kulaki, dei traditori allinterno del partito, dei tedeschi del Volga ecc.. Per rendersi conto della futilit di questo schema, basta riflettere sul fatto che esso potrebbe essere applicato senza difficolt alla storia degli Stati Uniti: alla fine dellOttocento, essi partecipano alla celebrazione della comunit delle nazioni o delle razze germaniche (Usa, Gran Bretagna e Germania) che sono allavanguardia della civilt; a partire dallintervento nella prima guerra mondiale e per decenni, i tedeschi (e gli americani di origine tedesca) diventano il nemico per eccellenza; il momento della Grande alleanza con lUnione sovietica che, per, dopo il crollo del Terzo Reich diviene il nemico in quanto tale, sicch, ad essere bersaglio della persecuzione non sono pi gli americani di origine tedesca (o giapponese), bens gli americani sospettati di simpatizzare col comunismo; almeno nellultima fase della guerra fredda, Washington pu avvalersi della collaborazione da un lato della Cina, dallaltro degli islamici freedom fighters che alimentano la resistenza antisovietica in Afghanistan; sennonch, con la disfatta dellImpero del Male, a rappresentare la nuova incarnazione del Male sono gli ex-alleati: i freedom fighters (e i loro simpatizzanti in territorio statunitense e in ogni angolo del mondo) prendono la strada di Guantanamo o subiscono lesecuzione extra-giudiziaria a partire da droni che, volteggiando nel cielo, li spiano incessantemente e non danno loro scampo. Al tempo stesso, il formidabile dispositivo militare statunitense, che per decenni ha contenuto e minacciato lUnione sovietica, viene largamente riposizionato in Asia, al fine di prendere di mira la Cina, lex-alleata o lex-quasi-alleata dellultima fase della guerra fredda. Per quanto poi riguarda lossessione del nemico oggettivo, essa si fa avvertire anche in Gran Bretagna e negli Usa: la repressione si abbatte sui simpatizzanti e potenziali collaboratori del

nemico e il sospetto regna sovrano. Certo lossessione pi contenuta, in conseguenza sia della tradizione liberale alle spalle dei due paesi, sia soprattutto della loro favorevole situazione geopolitica. Ma conosciamo il modo di procedere di Arendt: una volta che si faccia totale astrazione dalla storia e della geopolitica, bollare un determinato comportamento quale espressione di follia la cosa pi facile di questo mondo. E la cosa pi facile e anche pi gratificante: dalla condanna della follia non solo di singole personalit ma di interi decenni di storia emerge indiretta ma tanto pi forte la celebrazione della propria saggezza. Vale anche la pena di notare che la diagnosi psicopatologica prende regolarmente di mira i campioni della rivoluzione, mai della guerra. Folli sono Robespierre e i giacobini, ma non i girondini fautori della guerra, le cui conseguenze devastanti per la libert civile e politica sono denunciate in anticipo e con grande lungimiranza per lappunto da Robespierre. Folli sono i bolscevichi che invocano la rivoluzione in modo da porre fine alla carneficina della prima guerra mondiale, non coloro che, pur di prolungare la partecipazione della Russia a tale carneficina, non esitano a sacrificare milioni di persone e a provocare nel paese una crisi politica, economica e sociale di spaventose proporzioni. Anzi, la prima guerra mondiale viene salutata non solo in Russia ma anche e soprattutto in Occidente come un momento di esaltante rigenerazione spirituale, e in questa opera di celebrazione e trasfigurazione si impegnano i pi grandi intellettuali del tempo! Basti pensare a Weber, che celebra la guerra grande e meravigliosa o a Husserl, secondo il quale idee e ideali sono di nuovo in marcia e trovano di nuovo un cuore aperto ad accoglierli, o a Freud, il quale formula la tesi secondo cui la vita simpoverisce, perde dinteresse, se non lecito rischiare quella che, nel suo gioco, la massima posta, e cio la vita stessa. Dobbiamo considerare quale espressione di follia la trasfigurazione di unorribile carneficina in una sorta di edificante esercizio spirituale? Nellimpegnarsi a descrivere Il Novecento come un gigantesco manicomio criminale, Arendt avrebbe potuto tranquillamente prendere le mosse dal 1914: disponibilit a uccidere e a essere uccisi come supremo obbligo civico; esecuzione per i disertori e per i responsabili di atti anche insignificanti di disobbedienza; decimazione per le unit militari sospettate di scarso zelo omicida e suicida; criminalizzazione degli episodi di fraternizzazione che in modo spontaneo si verificano al fronte; unecatombe dopo laltra di vite umane per disputarsi talvolta pochi chilometri quadrati di territorio; assalti insensati contro trincee superprotette dalle mitragliatrici e portati avanti da soldati spesso imbottiti di alcol dai loro ufficiali superiori; automutilazione di soldati che cercano disperatamente di sottrarsi al macello ma che spesso finiscono dinanzi al plotone desecuzione; nella Russia zarista, nonostante la mancanza di munizioni, lo stato maggiore non esita a ordinare il ricorso all'artiglieria al fine di inculcare lo zelo patriottico in reparti militari che non ne dimostrano a sufficienza; nelle retrovie caccia ai traditori e alle spie; provvedimenti punitivi contro i familiari dei disertori anche se assolutamente estranei al delitto del loro congiunto; controllo cos occhiuto della vita privata da giungere (in Italia) a fissare dallalto anche i caratteri e il millimetraggio degli annunci funebri. Il tutto al fine di difendere la Patria, il supersenso ideologico da Arendt indagato in relazione al totalitarismo ma non alla guerra. Il fatto che lapproccio in chiave psicopatologica tradizionalmente praticato per denunciare la follia rivoluzionaria ovvero, nel caso di Arendt, per assimilare alla Germania hitleriana il paese scaturito dalla rivoluzione dottobre e per tre decenni diretto da Stalin. 4. Letnicizzazione del virus rivoluzionario La messa in guardia contro il virus di una specie nuova e sconosciuta prende di mira gli intellettuali giacobini, da Tocqueville considerati il veicolo della malattia della rivoluzione francese; siamo sempre in presenza degli stessi uomini, bench le circostanze siano diverse. Sono gli anni in cui Schopenhauer formula la tesi secondo cui il carattere innato non solo ha una sua originariet e immodificabilit, ma anche ereditario, e fino al punto che sarebbe agevole

ricostruire l'albero genealogico dei criminali e dei fuorilegge. Si direbbe che il liberale francese sia tentato di ricostruire lalbero genealogico di quei folli e criminali che sono gli agenti patogeni che minacciano la salute dellorganismo sociale. Essi sembrano costituire una razza nuova ( race nouvelle). Lespressione qui utilizzata sintomatica: gli intellettuali portatori del virus della sovversione e della distruzione tendono a essere razzizzati. Cos anche in Constant: freddi nel loro delirio, gli intellettuali inguaribilmente sovversivi, questi jongleurs de sdition, non si stancano di minare non gi una determinata societ ma le basi stesse dellordine sociale; sono esseri di una specie sconosciuta ( tres dune espce inconnue), costituiscono anzi una razza nuova (race nouvelle), una razza detestabile (dtestable race). Ben presto, il virus misterioso e malefico e la non meglio identificata razza detestabile cominciano ad assumere fattezze ebraiche. Assieme agli intellettuali giacobini, sottoposti allanalisi o alla gogna psicopatologica da Constant e Tocqueville, la pubblicistica controrivoluzionaria prende di mira anche gli ebrei. Secondo Friedrich von Gentz, il loro peccato mortale unintelligenza in cui non dato trovare una scintilla damore e di vero sentimento. La loro maledizione di non poter mai uscire dalla sfera dellintelligenza; ecco perch questi mostri sono nel loro elemento laddove lintelligenza, la stupida e criminale intelligenza, pretende di governare da sola. Il ritratto degli ebrei il ritratto degli intellettuali giacobini e in effetti, sempre agli occhi di Gentz, gli ebrei sono i rappresentanti nati dellateismo, del giacobinismo, dei lumi e via dicendo. Il morbo da cui risultano affetti i giacobini, il morbo di unintelligenza priva del contatto con la realt e del calore dei sentimenti, trova la sua incarnazione nel popolo ebraico. Ovvero, per dirla questa volta con Heinrich Leo, la nazione ebraica si distingue in modo evidente fra tutte le altre nazioni di questo mondo per il fatto di possedere uno spirito sicuramente atto a corrodere e decomporre e di abbandonarsi al culto di un astratto concetto generale. E di nuovo siamo portati a pensare agli intellettuali giacobini quali portatori del virus della sovversione e membri di una razza nuova e detestabile, intenta per lappunto alla sovversione. Abbiamo visto Tocqueville e Taine rinchiudere idealmente gli intellettuali giacobini alla Salptrire o alla Bictre, ma per lantisemitismo tra Otto e Novecento, gli ebrei sono il simbolo stesso della nevrosi e sono studiati dallillustre neurologo Jean Martin Charcot e dai suoi discepoli quale espressione concentrata della nevropatia del nomadismo e dellincapacit di radicamento. A partire dalla rivoluzione del 1905, il virus di una specie nuova e sconosciuta trasmigra dalla Francia (ormai stabilizzata) alla Russia: la tesi di Furet e Pipes che ora, pi ancora che nei giacobini, individuano nei bolscevichi, lincarnazione della figura dellintellettuale affetto dal morbo della sovversione. Sennonch, a partire per lappunto dalla rivoluzione del 1905, la pubblicistica reazionaria russa accosta i bolscevichi agli ebrei, e non si tratta di un accostamento meramente ideologico. Nellimpero russo i pogrom contro gli ebrei si accompagnano alle aggressioni contro gli intellettuali rivoluzionari; questa duplice e congiunta caccia alluomo si accentua ancora di pi nel 1917, col profilarsi prima e col successo poi di quello che da unampia pubblicistica viene letto come il complotto ebraico-bolscevico. E il punto dapprodo di una lunga tradizione di pensiero (liberale e conservatrice), impegnata a denunciare la rivoluzione come il risultato dellagitazione scomposta e ossessiva di intellettuali astratti, attaccati in modo maniacale alle loro astrazioni e quindi inguaribilmente sovversivi. Nel 1851 Engels si era fatto beffe della superstizione che riconduceva la rivoluzione alla malvagit di un pugno di agitatori; molto pi tardi, nel 1889, aveva accennato a Tocqueville e Taine quali autori divinizzati dai filistei, da unopinione pubblica incapace di fare i conti con la rivoluzione francese e incline a liquidarla quale espressione di follia criminale. La superstizione filistea finisce col mettere la rivoluzione sul conto degli ebrei, questi intellettuali astratti e sovversivi per eccellenza, incapaci di riconoscersi in una tradizione storica determinati gi per il fatto di essere sradicati. Ormai chiaro: il virus che agli occhi di Tocqueville era di una specie nuova e

sconosciuta ha acquisito fattezze ben definite. Hitler non ha dubbi:


Lisolamento del virus ebraico una delle pi grandi rivoluzioni che siano mai state compiute nel mondo. La battaglia da noi intrapresa della stessa natura della battaglia intrapresa, nel secolo scorso, da Pasteur e da Koch. Quante malattie trovano la loro origine nel virus ebraico! [...] Solo eliminando lebreo ritroveremo la salute. Tutto ha una causa, niente avviene a caso.

Il processo di etnicizzazione del virus della sovversione e della distruzione raggiunge ora il suo acme. Al di l della rivoluzione francese, linfuriare del virus ebraico spiega la rivoluzione dottobre e le rivoluzioni anticoloniali: la rivolta contro il naturale ordine gerarchico delle razze e delle classi pu essere ispirata solo da un popolo privo di radici e perci stesso incline alla negazione dissolutrice e alla distruzione. Con riferimento ai giacobini, Constant bolla la razza detestabile, i cui membri sono affetti da un freddo delirio; ma per gli antisemiti la razza detestabile portatrice del virus, che aggredisce e compromette la salute di un organismo sociale diversamente sano, non pu che essere la razza ebraica. Tocqueville denuncia i giacobini quali espressione di una razza turbolenta e distruttrice, sempre pronta ad abbattere e incapace di fondare: esattamente il ritratto che lantisemitismo traccia degli ebrei. Nella diagnosi di Taine, la mente del militante giacobino e del rivoluzionario radicale non sana, per il fatto che in essa da un lato divenuta ipertrofica la forza del pensiero astratto, dallaltro si atrofizzata la capacit di entrare in contatto col mondo reale degli uomini e delle cose: ancora una volta, proprio in questi termini gli antisemiti che si atteggiano a medici e psichiatri diagnosticano la malattia mortale dellintellettuale ebraico. Ovviamente, un abisso separa dal nazismo Constant, Tocqueville e Taine, nei quali non c traccia alcuna di antisemitismo. Resta il fatto che la storia dellantisemitismo in larga parte la storia del processo di etnicizzazione della razza detestabile di ideologi astratti, del virus di una specie nuova e sconosciuta e dellipertrofia del pensiero astratto di cui parlano rispettivamente Constant, Tocqueville e Taine. E questo esito paradossale e tragico pu essere letto come la reductio ad absurdum della lettura in chiave psicopatologica delle grandi crisi storiche. 5. Dalla psicopatologia alla storia C unalternativa alla lettura in chiave psicopatologica del lungo ciclo rivoluzionario in Francia e in Russia? Prima del 1848, nei momenti di maggiore equilibrio e lucidit Tocqueville argomento in modo ben diverso dal presunto diagnostico del virus di una specie nuova e sconosciuta che infurierebbe tra i francesi, non si sa bene perch incapaci di comprendere il valore della libert e dignit individuale e infatuati dallideale delleguaglianza del gregge. In un capitolo della Democrazia in America possiamo leggere:
Si molto esagerato sugli sforzi compiuti dagli americani per sottrarsi al giogo degli inglesi. Separati da 1300 leghe di mare dai loro nemici, aiutati da un potente alleato, gli Stati Uniti dovettero la vittoria assai pi alla loro posizione geografica che al valore del loro esercito o al patriottismo dei loro cittadini. Chi oserebbe paragonare la guerra americana alle guerre della Rivoluzione francese, e gli sforzi degli americani ai nostri, quando la Francia, esposta agli attacchi dellEuropa intera, senza denaro, senza credito, senza alleati, gettava la ventesima parte della sua popolazione contro i suoi nemici, spegnendo con una mano lincendio che divorava le sue viscere, e portando con laltro la torcia per diffonderlo intorno a s.

Come si vede, nel confronto qui istituito tra Usa e Francia sono la geografia e la concreta costellazione politica dei due paesi a svolgere il ruolo di gran lunga principale; non c posto n per la psicopatologia n per una stereotipa psicologia dei popoli. Unanaloga oscillazione possiamo notare in un protagonista della rivoluzione americana. Hamilton non ha dubbi sul fatto che gli Enrags sono dei folli (Madmen). Epper, nel 1787, alla vigilia del varo della nuova Costituzione federale, Hamilton spiega che la limitazione del potere e l'instaurazione del governo delle leggi ha avuto successo in due paesi di tipo insulare, dal mare messi al riparo dalle minacce delle potenze rivali e concorrenti. Se dovesse fallire il progetto di Unione e delinearsi sulle sue rovine un sistema di Stati analogo a quello esistente sul continente europeo, farebbero la loro apparizione anche in America i fenomeni dell'esercito permanente, di un

forte potere centrale e, persino, dell'assolutismo: Verremmo cos a vedere, in un breve volgere di tempo, ben saldi in tutto il nostro Paese, quei medesimi strumenti di tirannide che hanno rovinato il Vecchio Mondo (The Federalist, art. n. 8). A dimostrare particolare lucidit Hegel. Le Lezioni di filosofia della storia fanno notare due punti essenziali: 1) I liberi Stati nordamericani non hanno nessuno Stato confinante con il quale si trovino in un rapporto analogo a quello degli Stati europei fra di loro, uno Stato che debbano guardare con diffidenza e contro il quale debbano mantenere un esercito permanente. 2) La via duscita della colonizzazione consente alla repubblica nordamericana di disinnescare in notevole misura il conflitto sociale. In ultima analisi: se le foreste della Germania fossero ancora esistite, certo che non avremmo avuto la rivoluzione francese, oppure questa si sarebbe manifestata in modo meno radicale e meno tormentato. A sua volta Engels fa notare che in Nord-America [...] i conflitti di classe sono sviluppati solo in modo incompleto; le collisioni di classe vengono di volta in volta camuffate mediante lemigrazione allOvest della sovrappopolazione proletaria. Questanalisi pu essere ulteriormente arricchita: listituto della schiavit ha consentito il ferreo controllo delle classi pericolose sul luogo stesso di produzione, mentre lassenza sul continente americano di altre grandi potenze e di serie minacce alla sicurezza nazionale ha reso ben pi difficile che in Europa linsorgere dello stato di eccezione e delle situazioni di crisi acuta che mettono in pericolo o fuori gioco la rule of law. Ma di tutto ci non c traccia nella contrapposizione stereotipa di francesi e anglosassoni, cara a Tocqueville (e alla tradizione liberale nel suo complesso). Ma a provocare una crisi storica acuta e prolungata non basta da sola la situazione di precariet geopolitica. C un altro fattore decisivo di cui occorre tener conto: il conflitto che a un certo punto interviene tra diversi principi di legittimazione del potere. Con una tripartizione ormai divenuta classica, Max Weber ha distinto potere tradizionale, potere legale e potere carismatico. Nel corso della guerra di indipendenza condotta dai coloni americani, il potere tradizionale e legale (costituito congiuntamente dalla Corona e dagli organismi rappresentativi) non subiscono scosse di rilievo: la ribellione contro Giorgio III e il governo di Londra non mette in discussione la legittimit e la continuit degli organismi rappresentativi che da tempo operano sul suolo americano e che finiscono con lessere egemonizzati dai coloni ribelli; tanto pi che Giorgio III e il governo sono collocati a migliaia di chilometri di distanza e non intervengono in alcun modo nella vita quotidiana dei sudditi o dei cittadini collocati al di l dellAtlantico. Ben diversa la situazione che si viene a creare nel corso della rivoluzione francese: con la fuga del re a Varennes e con lemergere della sua connivenza col nemico, il tradizionale potere monarchico discreditato ed entra in rotta di collisione con il potere legale che si va faticosamente costituendo. Tanto pi devastante lo scontro, per il fatto che esso avviene mentre ormai infuria una guerra che richiede invece un potere forte e accentrato. Il prolungarsi delle ostilit sfocia nellemergere di una personalit carismatica (Napoleone) e di un potere carismatico, che entra in contraddizione sia col potere legale che col tradizionale potere monarchico. La proclamazione del Primo Impero ha luogo a partire dalla presa di coscienza da parte di Napoleone della particolare precariet del potere carismatico, che in effetti non sopravvive alla sconfitta militare e a Waterloo. Ma lavvento al potere di Luigi Filippo non riesce a ridare saldezza e vitalit al tradizionale potere monarchico, che gi al suo interno risulta indebolito e lacerato a causa della concorrenza borbonica e bonapartista, per non parlare della sfida che proviene dallesterno, e cio dalla tradizione rivoluzionaria che, dileguata la sfida di Napoleone e del potere carismatico, cerca faticosamente di costituirsi come potere legale. Si potrebbe ancora continuare a lungo, ma ormai un punto dovrebbe essere chiaro. Il misterioso virus di una specie nuova e sconosciuta non altro, a ben guardare, che lintreccio devastante tra la fragilit della situazione geopolitica e una lotta prolungata caratterizzata dallo scontro non solo per la conquista e il controllo del potere ma anche per laffermazione di diversi e contrapposti principi di legittimazione del potere.

Osservazioni analoghe si possono fare a proposito del lungo ciclo rivoluzionario russo. Per quanto riguarda la dimensione geopolitica del problema, conviene richiamare lattenzione sul colloquio che nellaprile del 1947, mentre gi si profila la guerra fredda, Stalin ha con il candidato repubblicano Harald Stassen: il primo sottolinea con una certa invidia la situazione straordinariamente favorevole degli Usa, protetti da due oceani e confinanti a Nord e a Sud con il Canada e il Messico, due paesi deboli, che non rappresentano certo una minaccia. Trova qui espressione con particolare chiarezza una preoccupazione che accompagna Stalin sin dal suo avvento al potere. E come in Francia, anche in Russia, la fragilit della situazione geopolitica sintreccia col divampare di una lotta prolungata non solo tra diversi aspiranti al potere ma anche tra contrapposti principi di legittimazione del potere in quanto tale. Per seguire ancora una volta la tripartizione classica di Weber, il potere tradizionale aveva seguito nella tomba la famiglia degli zar, anche se questo o quel generale cercava disperatamente di riesumarlo; gi incrinatosi in seguito allaspro conflitto emerso in occasione della trattative di Brest-Litovsk, il potere carismatico non sopravvive alla morte di Lenin; infine, il potere legale incontra straordinarie difficolt di affermazione, dopo una rivoluzione che trionfa agitando unideologia tutta attraversata dallutopia enfatica dellestinzione dello Stato, in un paese dove lodio dei contadini per i loro signori si esprimeva tradizionalmente in toni violentemente antistatalistici. Nella misura in cui un potere carismatico era ancora possibile, esso tendeva a prender corpo nella figura di Trotskij, il geniale organizzatore dellArmata rossa e il brillante oratore e prosatore che pretendeva di incarnare le speranze di trionfo della rivoluzione mondiale e che da ci faceva discendere la legittimit della sua aspirazione a governare il partito e lo Stato. Stalin era invece lincarnazione del potere legale-tradizionale, che cercava faticosamente di prender forma: al contrario di Trotskij, giunto tardi al bolscevismo, egli rappresentava la continuit storica del partito protagonista della rivoluzione e quindi detentore della nuova legalit; per di pi, affermando la realizzabilit del socialismo anche in un solo (grande) paese, Stalin conferiva una nuova dignit e identit alla nazione russa, che cos superava la crisi spaventosa, ideale oltre che materiale, subita a partire dalla disfatta e dal caos della prima guerra mondiale, e ritrovava la sua continuit storica. Ma proprio per questo gli avversari gridavano al tradimento, mentre traditori agli occhi di Stalin e dei suoi seguaci apparivano quanti col loro avventurismo, facilitando lintervento delle potenze straniere, mettevano in pericolo in ultima analisi la sopravvivenza della nazione russa, che era al tempo stesso il reparto davanguardia della causa rivoluzionaria. E forse qui interviene un motivo di ulteriore complicazione rispetto alla situazione della Francia. Nel caso della Russia lo stesso richiamo alla legalit rivoluzionaria un motivo di lacerazione e di scontro allinterno stesso delle forze che hanno rovesciato lAntico regime. Lo scontro tra Stalin e Trotskij il conflitto non solo tra due programmi politici ma anche tra due contrapposte letture della legalit rivoluzionaria e dunque tra due contrapposti principi di legittimazione nellambito stesso del fronte rivoluzionario. Si comprende allora che la lunga crisi rivoluzionaria russa stata talvolta definita come un Secondo periodo dei disordini, in analogia a quello che infuria in Russia nel diciassettesimo secolo. La lotta tra i pretendenti al trono, che si sviluppa intrecciandosi alla crisi economica e alla rivolta contadina nonch allintervento delle potenze straniere, si acuisce nel Novecento col sopraggiungere del conflitto anche tra i diversi principi di legittimazione del potere. 6. Alla ricerca delle origini della follia Piuttosto che impegnarsi in una faticosa analisi storica, lapproccio in chiave psicopatologica preferisce cavarsela a buon mercato rinviando alla follia ideologica. Ma quand che questa ha cominciato a infuriare? Le origini del totalitarismo di Arendt la vedono insorgere in Stalin (e cos, in qualche modo, risparmiano Lenin). La teoria oggi pi diffusa del totalitarismo prende le mosse,

invece, dallottobre 1917. Pi radicale invece Pipes, secondo il quale, dopo essersi manifestato in Francia con lilluminismo e le socits de pense, il virus funesto avrebbe infuriato in Russia a partire non da Stalin o dallottobre 1917 ma gi dalla rivoluzione del 1905. In modo analogo argomenta Furet e in modo analogo argomenta, un secolo prima, Taine, che abbiamo visto criticare Voltaire in quanto demone incarnato e che spiega i deliri della rivoluzione col fatto che la Francia era inebriata dalla cattiva acquavite del Contratto sociale. Come si vede, anche la scelta del punto di partenza arbitraria. Si pu ora considerare conclusa la ricerca a ritroso delle origini del maledetto virus rivoluzionario? Niente affatto! Alle spalle della rivoluzione che in Francia liquida lAntico regime agisce in Germania la Guerra dei contadini che, guidati da Mntzer, insorgono contro i feudatari e pretendono di abolire la servit della gleba. I protagonisti di questa rivoluzione sono bollati da Lutero quali pazzi profeti (tolle Propheten) che eccitano la pazza plebaglia ( tolle Pbel), quali visionari (Schwrmer, Geister, Schwarmgeister), quali folli che hanno totalmente smarrito il senso della realt. Ma questa campagna contro lex-discepolo divenuto folle non impedisce a Lutero di essere a sua volta annoverato da Nietzsche tra gli spiriti malati ovvero tra gli epilettici dellidea (assieme a Savonarola, Rousseau, Robespierre, Saint-Simon) (LAnticristo, 54). S, secondo Nietzsche, per cogliere le prime origini del morbo rivoluzionario occorre procedere decisamente pi a ritroso di quanto facciano i consueti critici della rivoluzione: la follia che vorrebbe lavvento di un mondo perfetto e egualitario e che condanna la ricchezza e il potere in quanto tali ha cominciato a manifestarsi gi col cristianesimo e anzi, ancor prima, coi profeti ebraici. A partire dalla persuasione della lunga durata del ciclo rivoluzionario che infuria in Occidente, Nietzsche invita a procedere finalmente alla resa dei conti con il mondo da manicomio di interi millenni e con le malattie mentali che infuriano a partire dal cristianesimo (LAnticristo, 38). Si potrebbe leggere questa conclusione come linvolontaria reductio ad absurdum dellinterpretazione in chiave psicopatologica del conflitto politico e, in particolare, delle grandi crisi storiche. Ma non si dimentichi che Nietzsche dichiara di essere passato attraverso la scuola di Tocqueville e Taine, col quale ultimo in rapporti epistolari improntati a reciproca stima. Daltro canto, ancora ai giorni nostri, sulla scia del filosofo tedesco un illustre storico delle religioni (Mircea Eliade) e un eminente filosofo (Karl Lwith) spiegano la follia sanguinaria del Novecento prendendo le mosse da lontano, molto lontano: tutto sarebbe iniziato in un tempo assai remoto col rifiuto del mito delleterno ritorno e con lavvento della visione unilineare del tempo e della connessa fede nel progresso, tutto sarebbe iniziato con laffermarsi ancora una volta della cultura ebraica e cristiana. La tendenza a liquidare le grandi crisi storiche (e in ultima analisi la storia universale) quali espressioni di follia caratterizza la cultura odierna in modo forse ancora pi forte che la cultura della Restaurazione. Ma come spiegare il fatto che le esplosioni di follia si manifestano in certi paesi pi frequentemente e su scala pi larga che in altri? E nota la tendenza di Tocqueville a celebrare il superiore senso morale e pratico e il pi forte attaccamento alla libert che, in contrapposizione ai francesi, caratterizzerebbero gli americani. E cio, la lettura in chiave psicopatologica del conflitto tende a sfociare in una lettura in chiave etnologica (e tendenzialmente razziale). E una tendenza che si manifesta con forza anche nella storiografia e nella cultura contemporanea. Secondo Norman Cohn, lInghilterra si fa notare per unassenza quasi totale di tendenze chiliastiche e di chiliasmo rivoluzionario, che invece infuriano tra Francia e Germania. Pi radicale nella deriva etnologica (e in ultima analisi razziale) Robert Conquest, che vede nella Francia e nella Russia (e nella Germania) i luoghi delle aberrazioni mentali, dalle quali risultano invece immuni le rivoluzioni inglese (si parla solo del Glorious Revolution del 1688) e americana. C di pi: la civilt autentica trova la sua espressione pi compiuta nella comunit di lingua inglese e il primato di tale comunit ha un suo preciso fondamento etnico, costituito dagli anglocelti. A questo punto una domanda simpone: perch mai il culto degli anglocelti dovrebbe essere pi accettabile del culto degli ariani caro in modo particolare ai nazisti?

7. Unimprovvisa esplosione di follia? Mentre da un lato, nellinseguire le origini del morbo della rivoluzione o del totalitarismo in quanto tali, la consueta lettura ideologica ed edificante spesso approda a un passato cos remoto che tende a sfociare in una mitica natura (etnica o apertamente razziale), dallaltro questa medesima lettura ideologica ed edificante dimentica o rimuove il passato che immediatamente alle spalle di una crisi storica ben determinata, sicch questultima finisce col configurarsi come una manifestazione imprevista e imprevedibile di follia. Sennonch, contrariamente a quello che ritiene e afferma lapproccio in chiave psicopatologica, il carattere catastrofico della crisi rivoluzionaria in Russia stato previsto con decenni di anticipo da autori tra loro assai diversi. Nel 1811, dalla Pietroburgo ancora scossa dalla rivolta contadina capeggiata da Pugacev, Maistre vede profilarsi una rivoluzione (questa volta appoggiata dai Pugacev dellUniversit, cio dagli intellettuali di estrazione popolare) di unampiezza e radicalit tali da far impallidire la rivoluzione francese. Nel 1859 Marx avverte: se la nobilt continuer a opporsi a una reale emancipazione dei contadini, ne scaturir un cataclisma sociale senza precedenti nella storia. Nel 1905, lo stesso primo ministro russo S. Witte a esprimersi in termini simili! Considerazioni analoghe si possono fare per la crisi sfociata in Germania nellavvento di Hitler al potere. Poco dopo la firma del Trattato di Versailles, il maresciallo Ferdinand Foch osserva: non la pace, solo un armistizio per venti anni. Nel 1921, dalla Russia sovietica Lenin a mettere in guardia contro la prossima guerra imperialista che si profila allorizzonte e che si preannuncia ancora pi mostruosa di quella precedente: si massacreranno 20 milioni di uomini (invece di 10 milioni uccisi nella guerra 1914-1918 e nelle piccole guerre complementari non ancora finite); saranno mutilati - in questa prossima guerra, inevitabile (se si manterr il capitalismo) - 60 milioni di uomini (invece di 30 milioni mutilati nel 1914-1918. In quello stesso periodo di tempo il grande economista John Maynard Keynes, che ha fatto parte della delegazione inglese a Versailles, mette in guardia contro le conseguenze di una pace cartaginese: La vendetta, oso prevedere, non tarder. Nulla potr allora ritardare a lungo quella guerra civile finale tra le forze della reazione e le disperate convulsioni rivoluzionarie, di fronte a cui gli orrori dellultima guerra tedesca svaniranno nel nulla e distruggeranno, chiunque sia il vincitore, la civilt e il progresso della nostra generazione. Limperialismo tedesco non avrebbe tardato a tentare la rivincita; ed esso tanto pi facilmente conquista un consenso di massa, quanto pi i vincitori della prima guerra mondiale si mostrano vendicativi e miopi. Il nazismo si caratterizza anche per la sua pretesa di riprendere la tradizione coloniale per farle, nelle sue forme pi barbare, nella stessa Europa orientale. Ebbene, a partire gi dallOttocento la pi avanzata cultura europea si posto un interrogativo angoscioso: cosa sarebbe avvenuto se i metodi di governo e di guerra in atto nelle colonie avessero finito con limporsi anche nella metropoli? Lo stesso sterminio degli ebrei non si verifica affatto in modo improvviso. Basti dire che nella Russia dilaniata dalla guerra civile, gli ebrei, bollati in quanto burattinai del bolscevismo, diventano vittime di massacri scatenati dalle truppe bianche appoggiate dallIntesa: il preludio - osservano autorevoli storici - di quella che sar poi la soluzione finale. Fa allora sorridere la tesi formulata da Benedetto Croce sul finire della seconda guerra mondiale, mentre montava la critica per il sistema politico-sociale che aveva reso possibile lorrore. Secondo il filosofo idealista, il fascismo e il nazismo furono un fatto o un morbo intellettuale e morale, non gi classistico ma di sentimento, dimmaginazione e di volont genericamente umana, mentre, per quanto riguarda pi propriamente lItalia, lavvento della dittatura fascista faceva pensare a unimprovvisa e inspiegabile esplosione di barbarie e di follia, era da paragonare allinvasione degli Hyksos. In conclusione. La lettura in chiave psicopatologica (e persino demonologica) delle grandi

crisi storiche da un lato consente di liquidare come espressione di follia il gigantesco processo di emancipazione che va dalla rivoluzione francese (anzi dallilluminismo) alla rivoluzione dottobre; dallaltro mette il fascismo e il nazismo sul conto di singole personalit malate, assolvendo indirettamente il sistema politico-sociale e la tradizione ideologica che hanno prodotto quei movimenti e quei regimi.

TESTI CITATI

Per il primo paragrafo (Dalla Restaurazione a Hannah Arendt), cfr. Heinrich von TREITSCHKE, Deutsche Geschichte im neunzehnten Jahrhundert, Leipzig, 1879-1894, vol. 3, p. 153 (per F. Schlegel e Metternich); Benedikt F. X. von BAADER, Smtliche Werke, a cura di F. Hoffmann et alii, Leipzig 1851-1860), ristampa anastatica, Scientia, Aalen, vol. 6, pp. 21-22 e 26; Alexis de TOCQUEVILLE, Oeuvres compltes, a cura di J. P. Mayer, Gallimard, Paris, 1951 sgg., vol. 13. 2, pp. 337 (per la malattia e il virus), e vol. 12, pp. 136, 139 e 159 (per i Souvenirs); Hippolyte TAINE, Les origines de la France contemporaine . LAncien Rgime (1876), tr. it., a cura di P. Bertolucci, Le origini della Francia contemporanea. Lantico regime, Adelphi, Milano, 1986, p. 347 (per Voltaire); H. TAINE, Les origines de la France contemporaine. La Rvolution (1878-84), tr. it., a cura di P. Bertolucci, Le origini della Francia contemporanea. La Rivoluzione, Adelphi, Milano, 1989, vol. 1, pp. 962. 594 e 597 (per il virus, lalterazione dellequilibrio mentale e il male incurabile), vol. 2, pp. 214, 217 (per i pazzi lucidi e la Bictre) e p. 360 (per Saint-Just); Domenico LOSURDO, Il revisionismo storico, Laterza, Roma-Bari, 1996, cap. I, 1 (per Furet e Pipes); Theodor W. ADORNO, Eingriffe. Neun kritische Modelle, Suhrkamp, Frankfurt a. M., 1964, pp. 132-3; Hannah ARENDT, The Origins of Totalitarianism (1951; 3 ed. 1966), tr. it., di A. Guadagnin, Le origini del totalitarismo, Comunit, Milano, 1989, pp. 626-29. Per il secondo paragrafo (Incapacit di auto-riflessione e dogmatismo), cfr. Emily EAKIN, Is Racism Abnormal? A Psychiatrist Sees It as a Mental Disorder , in International Herald Tribune del 17 gennaio 2000, p. 3 (per la drapetomania); Wyn C. WADE, The Fiery Cross. The Ku Klux Klan in America, Oxford University Press, New York-Oxford, 1997, p. 11 (per la disestesia); A. de TOCQUEVILLE, Oeuvres compltes, vol. 2.2, p. 337 (per la razza dei rivoluzionari), vol. 6. 1, p. 58 (per la guerra delloppio) e 3.1, p. 229 (per la guerra contro lAlgeria); D. LOSURDO, il revisionismo storico, cap. II, 6 (per i dissidenti del dissenso); D. LOSURDO, Controstoria del liberalismo, Laterza, Roma-Bari 2005, cap. VIII, 7 (per Burke); Alphonse AULARD, Histoire politique de la Rvolution franaise (1926), Scientia, Aalen (riproduzione anastatica), 1977, p. 19, nota 1 (per Mallet Du Pan). Per il terzo paragrafo (Oscillazioni e scelte arbitrarie), cfr. Theodor W. Adorno, Studies in the Authoritarian Personality, in Id., Gesammelte Schriften, Suhrkamp, Frankfurt a. M., vol. 9. 1, p. 430; D. Losurdo, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Carocci, Roma, 2008, pp. 13 e 23339 (per Arendt); D. LOSURDO, La comunit, la morte, lOccidente. Heidegger e lideologia della guerra, Bollati Boringhieri, Torino, 1991, cap. 1 (per Weber, Husserl e Freud); D. LOSURDO, Il revisionismo storico, capp. III, 3 e V, 2 (per il clima della prima guerra mondiale). Per il quarto paragrafo (Letnicizzazione del virus rivoluzionario), cfr. A. de TOCQUEVILLE, Oeuvres compltes, vol. 13. 2, p. 337 (per la malattia della rivoluzione francese, la razza

nuova costituita sempre degli stessi uomini e la razza turbolenta); Arthur SCHOPENHAUER, Die Welt als Wille und Vorstellung. Ergnzungen (1844), in Smtliche Werke, a cura di W. v. Lhneysen, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1976-82, vol. 2, pp. 767 e p. 666; D. LOSURDO, Controstoria del liberalismo, cap. VIII, 11 (per Constant); D. LOSURDO, Il revisionismo storico, cap. V, 8 (per Gentz e Leo); Pierre BIRNBAUM, La France aux Franais. Histoire des haines nationalistes, Seuil, Paris, 1993, p. 35 (per la nevrosi) e Lon POLIAKOV, Le Mythe aryen. Essai sur les sources du racisme et des nationalismes (1971), nuova ed. accresciuta, Complexe, Bruxelles, 1987, pp. 322-23 (per la nevropatia ebraica); Karl MARX, Friedrich ENGELS, Werke, Dietz, Berlin, 1955-89, vol. 8, p. 5 e vol. 37, p. 154; Adolf HITLER, Tischgesprche, a cura di H. Picker (1951), Ullstein, Frankfurt a. M.-Berlin, 1989, p. 78; H. TAINE, Les origines de la France contemporaine. La Rvolution, tr. it. cit., vol. 1, p. 597. Per il quinto paragrafo (Dalla psicopatologia alla storia), cfr. A. de TOCQUEVILLE, Oeuvres compltes, vol. 1.1, p. 114; Stanley ELKINS e Eric MCKITRICK, The Age of Federalism. The Early American Republic, 1788-1800, University Press, New York-Oxford, 1993, p. 319 (per i Madmen); Georg W. F. HEGEL, Werke in zwanzig Bnden, a cura di E. Moldenhauer e K. M. Michel, Suhrkamp, Frankfurt a. M., 1969-79, vol. 12, pp. 114 e 113; K. MARX, F. ENGELS, Werke, vol. 7, p. 288, D. LOSURDO, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, p. 237 (per il colloquio con Stassen) e pp. 103-04 (per il conflitto tra i principi di legittimit). Per il sesto paragrafo (Alla ricerca delle origini della follia), cfr. D. LOSURDO, Il revisionismo storico, cap. I, 1; H. TAINE, Les origines de la France contemporaine . La Rvolution, tr. it. cit., vol. 1, p. 569; Martin LUTHER, Ermahnung zum Frieden auf die zwlf Artikel der Bauernschaft in Schwaben (1525), in Die Werke, a cura di K. Aland, Klotz-Vandenhoeck & Ruprecht, StuttgartGttingen, 1967, vol. 7, pp. 165, 168, 174 e 180; M. LUTHER, Da diese Worte: Das ist mein Leib etc. noch feststehen. Wider die Schwarmgeister (1527), in Werke, a cura di Diaconus Dr. Buchwald et alii, Schwetschke, Braunschweig, 1890, vol. 4, pp. 342 sgg.; D. LOSURDO, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Bollati Boringhieri, Torino, 2002, cap. 28, 2 (per il richiamo di Nietzsche a Tocqueville e Taine); Norman COHN, The Pursuit of the Millennium (1957), tr. it., di A. Guadagnin, I fanatici dellApocalisse, Comunit, Torino, 2000, p. 21; Robert CONQUEST, Reflections on a Ravaged Century (1999), tr. it., di L. Vanni, Il secolo delle idee assassine, Mondadori, Milano, 2001, pp. 15, 275 sgg. e 307. Per il settimo paragrafo (Unimprovvisa esplosione di follia?), cfr. D. LOSURDO, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, p. 257 (per la previsione di Foch), pp. 95 sgg. (per i prodromi della grande crisi storica in Russia) e 199 sgg. (per il preludio alla soluzione finale); Vladimir I. LENIN, Opere complete, Editori Riuniti, Roma, 1955-70, vol. 33, p. 41; John M. KEYNES, The economic consequences of the peace (1920), Penguin Books, London, 1988, pp. 56 e 267-68; Benedetto Croce, Scritti e discorsi politici (1943-1947), a cura di A. Carella, Bibliopolis, Napoli, 1993, vol. 2, pp. 51 e 101. Traduzione tedesca in Marxistische Bltter, 2012, n. 1, pp. 89103; versione francese ridotta in Antoine Casanova et alii, La raison et ses combats. Lumire, rationalisme moderne, Rvolution, hier et aujourdhui , Actes du colloque de la FondationGabrielPri,Paris,2012,pp.2132.

You might also like