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“Solo dopo alcuni miliardi di rivoluzioni intorno al Sole, dopo l'apparizione sul pianeta Terra
delle forme vegetali e dopo molti altri milioni di anni, quando cominciò a svilupparsi la vita
animale, soltanto allora apparve l'essere che sperimenta se stesso e il mondo
consapevolmente” (Albert Hofmann).
Nuove scoperte a tal proposito sono state presentate sul giornale Cell. “Le abilità cognitive
umane sono evolute non in seguito a mutazioni accidentali ma piuttosto da mutazioni
successive acquisite attraverso una selezione eccezionalmente intensa”, dice Bruce Lahn,
professore di Genetica Umana alla University of Chicago e consulente all'Howard Hughes
Medical Institute.
"Si tende a pensare alle nostre specie come categoricamente differenti, e alla cima della
catena alimentare, ma solo in parte ciò è giustificato. Da un punto di vista genetico, si
pensa all'evoluzione umana come ad una ricapitolazione del tipico processo di evoluzione
molecolare. Ad esempio, si ritiene che l'evoluzione del cervello abbia seguito lo stesso
processo che ha portato all’evoluzione di parti del corpo. Noi abbiamo dimostrato che non
è proprio così. L'evoluzione umana è, infatti, un processo privilegiato che coinvolge un
grande numero di geni”, sostiene Lahn. “Conseguire così tanto in così breve tempo, in
termini evolutivi - poche decine di milioni di anni - richiede un processo selettivo
categoricamente differente dai tipici processi di acquisizione di nuovi tratti biologici”.
Il loro gruppo di ricerca ha esaminato il DNA di 214 geni coinvolti nello sviluppo cerebrale
in 4 diverse specie: umani, macachi, ratti e sorci (i primati si sono separati dai roditori circa
80 milioni di anni fa; gli umani dai macachi circa 20-25 milioni di anni fa; i ratti dai sorci
circa 16-23 milioni di anni fa). Per ognuno di questi geni relativi allo sviluppo cerebrale,
sono state identificate le mutazioni che hanno alterato la struttura delle proteine risultanti e
quelle che non hanno prodotto alterazioni. “Riteniamo che solo le mutazioni che alterano
la struttura proteica siano soggette alla selezione evolutiva”, dice Lahn.
Mentre quelle che non alterano le proteine indicherebbero il tasso di mutazione
complessivo, ovvero il background di mutazioni casuali su cui agisce la selezione naturale,
conosciuto come l' “orologio molecolare genetico”. Il rapporto tra i due tipi di mutazioni,
quelle casuali e quelle causali, può dunque fornire un quadro più preciso di come la
selezione naturale guida l'evoluzione genetica.
Seguendo questa intuizione, i ricercatori hanno scoperto che i geni relativi allo sviluppo del
cervello si sono evoluti molto più in fretta negli umani e nei macachi che nei ratti e nei
sorci. Inoltre, la linea umana presenta un più alto tasso di alterazioni proteiche di quella dei
primati. Vale a dire che una significante porzione di geni del genoma umano è stata
sottoposta al processo di selezione naturale. Secondo una stima dei ricercatori, migliaia di
mutazioni in migliaia di geni hanno contribuito all'evoluzione del cervello umano.
Lo studio ha anche rivelato due dozzine di “outliers”, i geni con il più alto tasso evolutivo
della linea umana. Di questi, 17 sono coinvolti nello sviluppo cerebrale, a conferma del
fatto che i geni coinvolti nell'evoluzione del cervello sono quelli maggiormente sottoposti
all'azione dei processi selettivi. Lahn e i suoi colleghi ora vogliono concentrare i loro studi
proprio su questi geni. Due dei quali, l' “ASPM" e il "Microcephalin", in un precedente
lavoro del gruppo di Lahn, erano già stati identificati come responsabili dell'aumento delle
dimensioni del cervello umano. Tanto è vero che, in alcuni casi, mutazioni sia dell'ASPM
che del Microcephalin possono causare malattie come la microcefalia, una grave riduzione
della misura della corteccia cerebrale, parte del cervello responsabile del ragionamento
astratto e di altre importanti funzioni cognitive. I ricercatori hanno riscontrato in entrambi i
geni chiara evidenza di mutazioni accelerate dovute all'intensificarsi della pressione
evolutiva. In particolare per l'ASPM, l'accelerazione si è mostrata più prominente nella
recente evoluzione umana, dopo che gli umani si sono distaccati dagli scimpanzè.
Lahn sta anche considerando altri importanti aspetti di questa ricerca: “Che rapporto c'è
tra i geni coinvolti nell'evoluzione cerebrale e le malattie del cervello umano? Che succede
quando qualcosa in questi geni va storto? Sono forse le differenti mutazioni di questi geni
a determinare i differenti quozienti intellettivi tra gli individui?”.
Di certo, ciò che questo studio dimostra, secondo Lahn, è la posizione privilegiata degli
umani nella scala evolutiva: “Gli umani sono divenuti progressivamente una specie di
animali sociali sviluppando abilità cognitive peculiari che non possono essere viste solo
come un vantaggio in termini di adattamento evolutivo. Lo sviluppo unico del cervello
umano non può essere considerato solo l'equivalente neurologico di una parte del corpo
più grande, perché ha richiesto un livello di selezione senza precedenti. Il nostro studio
offre la prima evidenza genetica che gli umani sono il prodotto di un enorme sforzo
evolutivo e selettivo, niente affatto casuale”.
Perché ancora oggi la maggior parte degli individui non riesce a sfruttare pienamente il
suo enorme potenziale intellettivo e spirituale? Perché gli esseri intelligenti che popolano
questo pianeta si riducono perlopiù a dei subumani? Perché la scienza, nonostante gli
enormi progressi che dice di aver raggiunto, non riesce ancora a rispondere a queste
domande?
Dovremmo tutti renderci pienamente consapevoli del potere assegnato dalla natura ad
ogni individuo nel processo di costruzione di quel “principio di realtà” di cui parlava
Nietzsche. Dato che “ognuno di noi è il creatore del proprio universo”. La libertà e la
responsabilità autentiche di ciascun individuo risiedono in questa vera e propria facoltà
cosmogonica.
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