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Leishmania

scritto da VaLeSsH il 21.05.2008


http://www.dogolion.it/ftopicp-863.html

Innanzitutto posto l'indirizzo di un sito di divulgazione : http://www.leishmania.org


Parliamo di cani quindi (Leishmaniosi canina): http://www.leishmania.it/?page_id=4

LA LEISHMANIOSI CANINA
di Raffaele Petragli

Un caso da Psicoanalisi:
La leishmaniosi canina è una delle malattie più frustranti che il proprietario ed il veterinario possano incontrare.
I sintomi sono sfuggenti, a volte netti, mai chiaramente testimoni della patologia in atto (patognomonici).
Quindi la diagnosi è complicata, spesso solo presunta, difficilmente di certezza.
La terapia risulta solo parzialmente efficace, comunque mai risolutiva. Non esiste un vaccino e la prevenzione, quando possibile, è
solo indiretta, cioè volta ad evitare che il cane venga punto dall'insetto infetto (vettore di Leishmania).

Si tratta quindi di una patologia estremamente grave, che segna in maniera indelebile tutti coloro che l'hanno "vista" almeno una
volta, fino ad arrivare al paradosso di temerla o sospettarla al minimo accenno sintomatologico, anche quando la Leishmania non
c'entra niente.
Considerate tali premesse, non dovrebbero risultare strani i concetti di stress e depressione che spesso colpiscono il proprietario, il
veterinario e, vi assicuro, anche il cane stesso.
E allora quando ci troviamo di fronte alla leishmaniosi canina siamo, a tutti gli effetti, anche nel campo della psicoanalisi.
Non ci spaventiamo subito.
Vedremo poi come convivere senza troppi problemi sia con la malattia che con il timore di essa.

Di che cosa si tratta?


Per definizione la leishmaniosi canina è una malattia infettiva (causata da protozoi del genere Leishmania) e contagiosa (si può
propagare), a carattere zoonosico (può essere trasmessa dal cane all'uomo e viceversa).
La leishmaniosi umana è considerata in molti Paesi un grave problema di salute pubblica; del resto il parassita risulta largamente
diffuso, minacciando ben 350 milioni di persone in 88 Stati di 4 continenti. L'incidenza annuale della malattia è stimata intorno a 1,5-
2 milioni di nuovi casi all'anno. Anche nelle zone in cui desta maggior preoccupazione la leishmaniosi umana rispetto a quella canina
(soprattutto nei Paesi in via di sviluppo), il nostro animale viene tenuto in grande considerazione, in quanto è considerato il più
importante serbatoio ("fonte" d'infezione umana) del parassita. Questo dipende soprattutto dalla stretta vicinanza cane-uomo
(condividono lo stesso habitat) e dal fatto che nell'animale la malattia ha generalmente andamento cronico, per cui si ha una
prolungata persistenza del microrganismo. In questo senso è interessante rilevare come Leishmania sia un "formidabile" parassita, in
quanto permette una sopravvivenza protratta dell'ospite canino, e quindi anche di se stessa, almeno fino alla successiva stagione di
trasmissione (disponibilità dell'insetto vettore).
Ed il fatto che, in un tempo generalmente lungo (anni), l'animale venga portato a morte, suggerisce che il cane sia un ospite recente,
in termini evoluzionistici.

Un nefasto connubio:
La Leishmania sarebbe niente senza il suo ospite invertebrato, il flebotomo vettore, l'insetto che il parassita sfrutta a proprio
vantaggio per compiere parte del suo ciclo biologico, senza che lo stesso venga in qualche modo danneggiato (connubio flebotomo-
Leishmania evoluzionisticamente antico). Il protozoo viene definito dixeno, in quanto ha bisogno di due ospiti biologicamente diversi
(il flebotomo ed il mammifero) per compiere il proprio ciclo vitale. E' anche definito dimorfico, perché esiste in 2 forme differenti:
promastigote ed amastigote. La prima è quella che Leishmania assume nell'insetto (ed in laboratorio, nei mezzi di coltura), con una
morfologia allungata e sottile, provvista di flagello (struttura adibita al movimento ed all'interazione con le strutture cellulari dell'
ospite), della lunghezza di 15-30 micron (1 micron = 0,001 millimetri) per 2-3 micron di larghezza. L'amastigote, forma parassitaria
del cane, ha invece una struttura globosa od ovalare, di 2-6 per 2-3 micron, e si localizza prevalentemente all'interno delle cellule
fagocitiche mononucleate.
I flebotomi o pappataci sono insetti ditteri (hanno 2 ali); nel bacino del Mediterraneo l'unico genere coinvolto nella trasmissione di
Leishmania infantum (la sola specie del protozoo responsabile della malattia alle nostre latitudini) è il Phlebotomus, con alcune
specie, tra cui P. perniciosus, P. perfiliewi e P. major. Il ciclo vitale dei flebotomi comprende due diversi stadi biologici: l'adulto
volante e la fase di sviluppo (uovo, 4 stadi larvali e pupa), che si realizza in terreni umidi ricchi di materiale organico. Gli adulti hanno
2-4 mm di lunghezza ed il corpo giallastro e peloso.
Durante il giorno restano in luoghi oscuri e riparati: abitazioni, cantine, stalle, grotte, crepe dei muri, delle rocce e del suolo, fitta
vegetazione, buchi degli alberi, tane di roditori o di altri animali, nidi di uccelli e formicai. L'attività dei flebotomi si realizza nelle ore
crepuscolari (un picco appena dopo il tramonto) e notturne. Possono arrivare a coprire fino a 2,3 chilometri e la loro velocità è di
circa 1 metro al secondo. Solo le femmine di pappatacio si nutrono di sangue, al fine di permettere la maturazione delle uova (il
tempo che intercorre fra un pasto di sangue e la maturazione delle uova è di 4-8 giorni). Analogamente ad altri artropodi ematofagi,
il pasto di sangue da parte del flebotomo è preceduto, a livello della superficie cutanea dell'ospite, dalla deposizione di saliva, che
contiene sostanze farmacologicamente attive, come anticoagulanti e vasodilatatori (per agevolare la successiva suzione), le quali
possono determinare reazioni allergiche più o meno gravi. Allorché un flebotomo di sesso femminile punge un mammifero infetto,
può ingerire amastigoti intracellulari (probabilmente anche extracellulari) che passano direttamente nella parte addominale
dell'intestino medio.
All'interno del pasto di sangue gli amastigoti si trasformano in promastigoti mobili che si moltiplicano attivamente. Successivamente
i parassiti migrano verso la parte anteriore dell'intestino medio, in cui divengono promastigoti metaciclici, le forme infettanti per
l'ospite vertebrato (cane) e quindi si localizzano nelle strutture pungitrici. Il tempo minimo in cui si realizzano queste trasformazioni
(pasto di sangue - promastigoti metaciclici) è, come minimo, di 5-6 giorni (fino a 19-20, in dipendenza soprattutto delle condizioni
climatico-ambientali).
La successiva puntura del flebotomo infetto deposita i promastigoti nella cute, e le cellule fagocitarie mononucleate del cane
"inglobano" tali promastigoti che si trasformano quindi in amastigoti e si moltiplicano per semplice divisione binaria. I meccanismi
che consentono il successo della trasmissione dei promastigoti, dall'apparato buccale del flebotomo alla cute dell'ospite mammifero,
sono solo in parte chiariti, ma è evidente che il parassita riesce ad inibire, in qualche misura, la suzione dell'insetto che, almeno
inizialmente, ostacolerebbe la "penetrazione" dei promastigoti nell'organismo. Essi infatti producono alcune sostanze che
impediscono l'assunzione di sangue da parte del flebotomo, addirittura arrivando a determinare un certo grado di degenerazione
dell'apparato pungitore, evento che favorisce il rigurgito dei parassiti stessi.

Non ci sono più le aree di una volta:


Fino a pochi anni fa si affermava che la leishmaniosi canina fosse confinata in zone relativamente limitate del centro-sud Italia e delle
isole (maggiori e minori). Nel 1989 Gradoni scriveva che "attuali o potenziali focolai sono riconoscibili con distribuzione discontinua
in tutte le zone rurali o periurbane della fascia costiera tirrenica e nelle aree collinari ad ovest della dorsale appenninica fino ad una
altitudine di 500-600 m s.l.m.; nelle regioni costiere e sub-appenniniche dello Ionio e del basso Adriatico, fino al Gargano…". E'
probabile che questa situazione dipendesse più da una sottostima della reale incidenza della malattia, che da un'effettiva
distribuzione limitata. Comunque sia, è innegabile che attualmente si abbiano segnalazioni di casi da ogni parte d'Italia, anche da
regioni tradizionalmente ritenute indenni (Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna).
Resta in dubbio se effettivamente, in queste aree, si possa parlare di focolai veri e propri (magari favoriti dalle variazioni climatiche
degli ultimi decenni), oppure di casi, più o meno sporadici, "d'importazione" (a causa degli spostamenti di animali a scopo venatorio,
riproduttivo, economico e turistico). La distribuzione dei casi di leishmaniosi canina non è uniforme nelle regioni endemiche, bensì a
focolaio, con differenze anche notevoli fra aree contigue. Questo fatto riflette l'analoga diffusione dei flebotomi vettori che, a sua
volta, dipende dalle differenze di habitat.
Per spiegare la maggiore urbanizzazione della malattia, sono stati invocati anche interventi umani, come quelli di deforestazione e,
nelle grandi città europee, lo spostamento dei residenti dal centro alla periferia, con la proliferazione delle abitazioni monofamiliari
dotate di giardino in cui solitamente viene tenuto il cane. Si riporta un elenco (sicuramente sottostimato) di Paesi in cui il cane è il
provato o sospetto serbatoio della malattia umana. Europa: Albania, Bosnia, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Spagna,
Turchia, ex URSS, Yugoslavia; Africa: Algeria, Egitto, Marocco, Senegal, Sudan, Tunisia; Asia: Cina, Israele, Libano, Pakistan, Arabia
Saudita, Siria, Yemen; America: Brasile, Bolivia, Colombia, Perù, USA, Venezuela.

Ma è colpa solo del flebotomo?


Non stiamo parlando di altri possibili insetti ematofagi responsabili della trasmissione (come pure, all'inizio del secolo scorso, veniva
erroneamente ipotizzato: cimici, zecche, pulci e pidocchi); bensì della possibilità di un contagio diretto, ovvero senza l'intervento del
flebotomo vettore.
Nell'uomo è dimostrata la possibilità della trasmissione di Leishmania da madre a figlio durante la gravidanza. Per quanto riguarda il
cane si hanno pochi dati contrastanti: nel 1995 i ricercatori dell'Università di Pisa isolarono il parassita da un cucciolo appena nato,
anche se non fu chiaro se il contagio fosse avvenuto veramente durante lo sviluppo fetale o al momento del parto. Recentemente
uno studio condotto in maniera mirata, ha escluso la possibilità di questo tipo di trasmissione. Allo stato attuale il contagio materno-
fetale non può essere completamente escluso e, pur non potendo traslare le evidenze risultanti dalla leishmaniosi umana, la cosa
pare probabile a diversi studiosi (anche se c'è da dire che la circolazione placentare nella specie canina è molto meno permissiva
rispetto all'uomo).
Comunque sia, anche se venisse innegabilmente dimostrato che la trasmissione della leishmaniosi canina da madre a figlio non è
possibile, certamente una cagna leishmaniotica non dovrebbe essere fatta accoppiare, in quanto la gravidanza è un evento
stressante che può riattivare la malattia eventualmente quiescente.
In medicina umana destano serie preoccupazioni gli scambi di siringhe infette fra tossicodipendenti e le trasfusioni di sangue (in
particolare in soggetti immunodepressi quali gli HIV positivi). Del resto è stata dimostrata la possibilità della trasmissione del
parassita, attraverso lo scambio di sangue trasfusionale, da un soggetto infetto ad uno sano, sia nell'uomo che nel cane. Il parassita
sopravvive nelle sacche di sangue refrigerato, mentre alle temperature di congelamento il comportamento può variare: se è vero
che un congelamento rapido uccide la maggior parte dei parassiti eventualmente presenti nel sangue, è altresì vero che il
congelamento controllato (ovvero con l'aggiunta di crioprotettivi e rispettando certi tempi ci raffreddamento), è la tecnica
generalmente utilizzata per conservare collezioni di protozoi, cellule, embrioni, ecc. Ciò premesso, non si può che promuovere un
controllo anche del sangue canino prima di destinarlo alle trasfusioni.
C'è anche chi teme il coito (accoppiamento) come possibile evento che permetta la trasmissione del parassita. Non esistono studi
seri al riguardo anche se, nell'incertezza, sarebbe bene non rischiare l'accoppiamento di cani leishmaniotici.
Le persone che hanno in casa animali ammalati, allorché vengono a conoscenza del fatto che la leishmaniosi è una patologia che può
interessare anche l'uomo, si chiedono se non sussista un rischio reale di contagio fra il proprio cane e gli esseri umani conviventi.
Preoccupano soprattutto la presenza di bambini piccoli, di persone anziane e le punture accidentali con gli aghi delle siringhe
utilizzate per le iniezioni. Tale pericolo è solo teorico, non pratico.
Per quanto riguarda la normale via di trasmissione del ciclo zoonosico della leishmaniosi, ovvero cane infetto/flebotomo/uomo, se si
vive in zona endemica (area in cui la malattia è molto diffusa), non c'è alcuna ragione di temere il proprio cane infetto, più di tutti
quelli presenti nella stessa area; senza contare l'importanza degli animali selvatici che possono fungere da serbatoio del parassita
(ratti, volpi, pipistrelli, ecc.).
Si dovrebbe ragionare allo stesso modo, prima di domandarsi se il proprio cane sano corra qualche rischio ad avere contatti (giochi,
passeggiate, ecc.) con cani infetti. Per quanto riguarda le punture accidentali con le siringhe, siamo veramente nel campo delle
ipotesi fantascientifiche, più che scientifiche. Sono necessarie alcune schematiche precisazioni: i flebotomi prediligono pungere i cani
rispetto all'uomo (sono cioè prevalentemente zoofili, piuttosto che antropofili), inoltre agiscono di preferenza all'esterno (esofilia)
più che nelle abitazioni (endofilia); meno della metà dei cani che vivono in zona fortemente endemica risultano infetti e quindi
rappresentano un pericolo potenziale (ricordiamo che, a differenza di quanto si è a lungo sostenuto, sono infettanti non solo gli
animali sintomatici, ma anche gli asintomatici); nelle regioni italiane in cui è più diffusa, la leishmaniosi umana colpisce 1 soggetto
ogni 200 mila abitanti (è quindi una malattia rara), e in genere si tratta di individui immunodepressi (HIV positivi, trapiantati, altre
situazioni di immunodeficienza); probabilmente molte persone che vivono in zona endemica vengono punte dai flebotomi infetti, ma
solo un'infinitesima parte di esse si ammala di leishmaniosi (soprattutto per una differenza nelle risposte immunitarie al parassita
nell'uomo rispetto al cane); nei Paesi in cui la leishmaniosi rappresenta un grave problema di salute pubblica (fra cui non c'è l'Italia),
meno del 5% dei soggetti immunocompetenti esposti al contagio mostra segni clinici d'infezione; nelle aree con la più alta incidenza
di malattia canina (Isola d'Elba, interland vesuviano, Ustica, ecc.), non si registrano alti valori di casi di leishmaniosi umana; il fatto di
avere in casa uno o più cani ammalati non è mai stato messo in relazione con un rischio maggiore di malattia umana; bambini in
buona salute, soprattutto se alimentati naturalmente, possono andare incontro ad infezione in via praticamente ipotetica.

Una lotta armata:


Recentemente il prof. Oliva ha affermato che "la leishmaniosi canina è una lotta armata fra il parassita ed il sistema immunitario
dell'ospite". Infatti l'immunità (il complesso meccanismo che si oppone ad ogni "disturbo estraneo") è di fondamentale importanza
in questa patologia, è lei che "decide" se l'infezione (penetrazione del parassita nell'organismo canino) progredisce verso la malattia
infettiva (leishmaniosi canina) o resta un'infestazione benigna (autolimitante).
L'immunità viene distinta in umorale (produzione di anticorpi) e cellulo-mediata (attivazione di cellule contro gli agenti estranei), ma
questa è più che altro una suddivisione didattica in quanto, nella lotta ai microrganismi patogeni, sono strettamente connesse e
dipendenti. La patologia si realizza in quei cani in cui prevale un certo tipo di risposta immune, detta Th2 (dalla tipologia di cellule
linfocitarie coinvolte), che non è in grado di attivare efficacemente l'immunità cellulo-mediata. Nei soggetti in cui prevale la risposta
Th1 la malattia non si realizza. Molto probabilmente la prevalenza dell'una o dell'altra risposta dipende da ragioni (anche) genetiche
(un po' come dire che la leishmaniosi si verifica nei cani predestinati), ma le intime ragioni non sono completamente note. I due tipi
di risposta non sono inalterabili; il cane, nel corso dell'infezione, può passare dall'uno all'altro tipo, per motivi non sempre noti: dalla
risposta protettiva (Th1) a quella non protettiva (Th2) per malattie intercorrenti, stress di varia natura (gravidanza, malnutrizione,
affaticamento eccessivo), ecc.; dalla non protettiva alla protettiva soprattutto grazie al successo della terapia.
Come abbiamo visto, gli amastigoti di Leishmania si insediano principalmente nei macrofagi che, in condizioni normali, sono le
cellule più potenti nella difesa aspecifica contro gli agenti infettivi: li "inglobano" (fagocitosi), li uccidono e quindi, una volta esaurito
il loro compito, degenerano (apoptosi). In questo caso, invece, i macrofagi non solo non funzionano (o funzionano poco e/o male)
ma finiscono per comportarsi da veri e propri "cavalli di miseria". Infatti le leishmanie, all'interno di queste cellule, producendo
particolari sostanze e/o "in virtù" delle loro strutture di superficie, riescono a sopravvivere ai potenti meccanismi "killer" macrofagici
e, addirittura, ne ritardano od impediscono la normale degenerazione (i Greci restano nel cavallo così i Troiani non li possono
vedere). In questo modo vengono trasportate, così protette nei confronti degli anticorpi e delle altre cellule coinvolte nei processi
immunitari, in diverse sedi dell'organismo (milza, fegato, midollo osseo, linfonodi, occhi, ecc.), in cui continuano a proliferare. Non è
finita qui, purtroppo. Le leishmanie all'interno dei macrofagi inducono una complessa alterazione dell'immunità del soggetto, non
solo di quella cellulo-mediata, ma anche di quella umorale. Infatti stimolano la produzione di enormi quantità di anticorpi
(immunoglobuline) che però non sono protettivi (come sarebbero se avessero potuto "vedere" i parassiti) e finiscono per arrecare i
danni più gravi che si possono osservare in questa malattia (come quelli a livello renale ed oculare). Alcuni di tali anticorpi "difettosi",
addirittura, reagiscono contro strutture proprie dell'organismo canino (fenomeni immuno-patologici autoimmunitari), come quelle
delle articolazioni, dei muscoli e dei globuli rossi.

Tutto ed il contrario di tutto:


I possibili sintomi della malattia sono numerosissimi, ma spesso ne sono presenti solamente alcuni o uno o addirittura nessuno
(infezione asintomatica, più frequente della sintomatica). Per questo scordiamoci subito di ottenere (come purtroppo è stato fatto,
soprattutto in passato) una diagnosi esclusivamente clinica: al massimo è ipotizzabile una diagnosi di sospetto. Ricordiamo
comunque che un congruo numero di cani infetti non mostra segni clinici né anticorpi anti-Leishmania (sieroconversione).
Dopo un periodo d'incubazione piuttosto lungo (da un mese a 4 anni: dati sperimentali, in condizioni naturali il momento
dell'infezione resta sconosciuto), la malattia si presenta solitamente in forma cronica e generalizzata (a differenza che nell'uomo in
cui si distinguono le forme viscerale, cutanea, muco-cutanea e dermica-post-viscerale), con manifestazioni a carico della cute, delle
mucose di carattere generale. Vediamo quali sono queste manifestazioni, in ordine di frequenza: ingrossamento dei linfonodi, lesioni
cutanee (dermatite furfuracea, ulcere, alopecia perioculare e diffusa, unghie abnormemente lunghe, pustole, depigmentazione
nasale, noduli non ulcerati), mucose pallide, dimagrimento, febbre, abbattimento, anoressia, ingrossamento della milza e del fegato,
insufficienza renale, lesioni oculari (non solo congiuntivite), fuoriuscita di sangue dalle narici, lesioni articolari. La perdita di pelo,
benché possa essere diffusa a tutto il corpo, si presenta di preferenza su alcune aree, non solo, come abbiamo visto, nel contorno
degli occhi: padiglioni auricolari, dorso del naso, collo, prominenze ossee (gomiti, garretti, anche), regione lombare e coda. Le zone
inizialmente alopeciche vanno incontro ad infiammazione e/o eczema furfuraceo ed eventualmente ad ulcerazione, anche se a volte,
queste ultime lesioni, sono l'espressione di una sovrainfezione batterica (piodermite). Comunque sia le alterazioni cutanee
puramente leishmaniotiche non sono pruriginose. L'aspetto generale del cane, in certi casi cutanei particolarmente avanzati, è
quello di un soggetto anziano. A volte si possono sovrapporre lesioni da rogna demodettica (rogna rossa), anche in animali adulti.
Possono essere presenti zoppie più o meno evidenti, probabili espressioni di danni a livello muscolare, osseo ed articolare. Nei
pazienti renali si evidenzia anche l'aumento dell'urinazione (poliuria) e della sete (polidipsia). Meno frequentemente si possono
osservare diarrea, lesioni genitali, aborto nella fase avanzata della gravidanza ed alterazioni nervose come paresi e paralisi degli arti
posteriori (soprattutto nelle rare forme acute).
Sono sempre presenti almeno alcune alterazioni degli esami di laboratorio, tra le quali, in ordine di frequenza, si annoverano:
iperglobulinemia, basso rapporto albumina/globuline, ipoalbuminemia, iperproteinemia, anemia, diminuzione dell'ematocrito,
diminuzione o aumento dei globuli bianchi, diminuzione delle piastrine, iperazotemia e creatininemia (indici più evidenti di danno
renale), aumento di alcuni enzimi epatici nel sangue (ALT, AST), presenza di proteine nelle urine (lesioni renali).
Per quanto riguarda la diagnosi, c'è da dire che la leishmaniosi non va confusa con alcune patologie (diagnosi differenziale), pure
presenti nelle aree endemiche, che comunque possono anche manifestarsi concomitantemente alla leishmaniosi stessa: malattie
trasmesse da zecche (ehrlichiosi, epatozoonosi, babesiosi), linfoma, dermatite allergica alimentare, da morso di pulci ed atopica, la
già citata rogna demodettica e la sarcoptica (scabbia). Ai fini della diagnosi certa risultano fondamentali gli esami di laboratorio,
alcuni dei quali possono essere eseguiti direttamente in ambulatorio o in clinica, mentre altri, più sensibili e precisi, richiedono
l'intervento di centri specializzati ed attrezzati (università, istituti zooprofilattici sperimentali, ecc.). Si distinguono esami specifici
(quelli che ricercano, direttamente o indirettamente, la presenza del parassita) ed aspecifici (quelli che indagano le alterazioni
laboratoristiche di cui abbiamo parlato). Tra i primi ci sono i test rapidi ambulatoriali (completamente attendibili solo in caso di
positività), gli esami bioptici (linfonodi, midollo osseo, milza) seguiti dall'osservazione microscopia, gli esami sierologici
(immunofluorescenza indiretta, ELISA, ecc.) e le tecniche molecolari (PCR).
Tra gli esami aspecifici merita menzione l'elettroforesi delle proteine sieriche: si tratta di un esame quali-quantitativo che svela
l'eventuale alterazione delle sieroproteine (albumina, globuline alfa, beta e gamma) e dei loro rapporti; quadri di ipoalbuminemia ed
aumento delle frazioni globuliniche beta e gamma, con proteine totali aumentate, sono decisamente sospetti di leishmaniosi.
Questo saggio può essere utilizzato anche per il monitoraggio della bontà della terapia, anche se spesso i suoi risultati restano
alterati piuttosto a lungo, pur in presenza - eventualmente - di uno stato clinico generale tutto sommato soddisfacente. Attenzione
comunque a non interpretare i valori percentuali delle proteine ematiche ma quelli assoluti, cioè in mg/dl (se c'è un'ipoalbuminemia
marcata, è chiaro che, sul totale delle proteine, le altre frazioni saranno percentualmente aumentate, a prescindere dal loro valore
reale).

Curabilità e guaribilità:
La leishmaniosi canina è chiaramente curabile ma praticamente inguaribile dal punto di vista parassitologico, al contrario di quello
puramente sintomatologico. Alcuni affermano che, in seguito ad opportuna terapia, è possibile la guarigione completa, ma la
tendenza degli studiosi più diffusa è quella di considerare la Leishmania sempre presente, in qualche modo ed in qualche sede,
nell'organismo. Frequentemente invece, quando le condizioni iniziali del cane non sono disperate (soprattutto la funzionalità
renale), si ottiene la scomparsa dei sintomi (soprattutto quelli cutanei) e l'animale può condurre, anche per lungo tempo,
un'esistenza soddisfacente. Purtroppo spesso si realizzano le recidive (ricadute) che richiedono una nuova terapia, per cui i soggetti
clinicamente guariti debbono essere controllati periodicamente.
Il farmaco ideale contro la leishmaniosi canina non esiste, in quanto dovrebbe possedere spiccata attività leishmanicida,
immunomodulatrice (per promuovere il passaggio della risposta immune da Th2 a Th1), a bassissima tossicità e senza effetti
collaterali, di facile somministrazione e reperibilità in commercio, infine dovrebbe permettere terapie di breve durata. Anche se i
farmaci utilizzati sono numerosi, il migliore risulta ancora l'antimoniato di n-metilglucamina (Glucantimâ), soprattutto se associato
all'allopurinolo (Zyloricâ), entrambi prodotti per uso umano. Come tutti gli altri presidi terapeutici anche il Glucantimâ non è scevro
da tossicità ed effetti collaterali (dolorabilità e reazioni locali nel punto di iniezione, tossicità epatica e renale), ma si tratta di
situazioni non troppo frequenti. Recentemente, come seconda scelta in caso di inefficacia o di effetti collaterali gravi del Glucantimâ,
un certo interesse è stato destato dall'associazione metronidazolo/spiramicina (Stomorgylâ), non registrato per la terapia anti-
Leishmania ma, in diversi casi, efficace. Attualmente l'amminosidina (Amminofarmaâ) viene poco utilizzata, soprattutto per la sua
tossicità (a livello renale ed auricolare) e per i suoi risultati poco incoraggianti.
In ambito umano, nei paesi sviluppati, il farmaco di prima scelta è l'amfotericina B incapsulata nei liposomi (tecnica di preparazione
per aumentare l'efficacia ma soprattutto diminuire la tossicità); la preparazione si è rivelata altamente leishmanicida anche nel cane
ma il suo costo proibitivo ed il fatto che è disponibile solo negli ospedali, rende l'amfotericina B praticamente inutilizzabile per il
trattamento della leishmaniosi canina. Di una certa utilità risulta la somministrazione per via orale di interferone-gamma (in
commercio si trova quello di origine umana, piuttosto costoso), associato alla normale terapia leishmanicida. I veterinari omeopati
sono soliti prescrivere, come monoterapia o in associazione ai farmaci classici, un prodotto denominato Leish-Stopâ che, almeno così
viene riportato, ha una certa utilità. Alcuni, sulla base di risultanze sperimentali ineccepibili (colture di Leishmania e topi),
promuovono anche la somministrazione quotidiana di aglio (che deve essere fresco e tritato, altrimenti non ha nessun effetto
positivo), anche se, in dosi eccessive, può determinare alterazioni gravi a livello ematico. C'è anche chi ha ottenuto risultati discreti
tramite l'agopuntura, in particolare nel trattamento dell'anemia associata alla leishmaniosi.
Nei pazienti con malattia renale attualmente riscuotono un certo credito gli ACE-inibitori (ipotensivi per diminuire il carico ematico
renale). Per quanto riguarda l'annosa questione cortisone sì/cortisone no (prednisone e prednisolone soprattutto) i pareri sono
contrastanti: questi farmaci avrebbero il compito di esercitare una certa azione antiinfiammatoria ed immunosoppressiva a livello
renale (ma di contro sono ulteriormente immunosoppressivi, oltre ad avere un'altra vasta gamma di effetti collaterali). Attualmente
la tendenza degli studiosi è quella di sconsigliare l'utilizzo dei cortisonici a meno che, con una biopsia renale, venga evidenziato un
certo tipo di lesione microscopica ("glomerulonefrite a cambiamenti minimi"). Nonostante ciò molti veterinari pratici, quando si
trovano di fronte ad un caso renale veramente disperato (azotemia nell'ordine di 250-350 mg/dl, valore normale 20-50,
creatininemia di 5-6 mg/dl, valore normale inferiore a 1,6), la cui sopravvivenza è appesa ad un filo, somministrano cortisonici quasi
come "ultima spiaggia" e, in diversi casi, riescono almeno a salvare la vita al cane.

Vivere in serenità:
Di fronte a possibili quadri sintomatologici devastanti, ad una diagnosi quantomeno complessa, ad una terapia mai completamente
risolutiva, quali possono essere le alternative allo stato di prostrazione psico-fisica della triade cane-proprietario-veterinario? Tutta
la medicina moderna fonda i suoi successi sull'aspetto profilattico, più che su quello terapeutico. E questo è quanto mai vero per la
leishmaniosi canina. Benché gli studi sui vaccini siano piuttosto intensi, siamo ben lontani dalla speranza di ottenere un qualche
risultato incoraggiante. Preclusa dunque, almeno per il momento, ogni possibilità di profilassi diretta (vaccinazione), le uniche
speranze restano quelle di prevenzione indiretta, in particolare evitando che i flebotomi pungano i cani. La battaglia ambientale
contro i pappataci è persa in partenza, vista l'impossibilità dell'utilizzo massivo di insetticidi in aree tanto diverse (habitat dei
flebotomi) e diffuse su tutto il territorio. Anche l'eventuale intervento sui serbatoi di Leishmania è tutt'altro che agevole, di fatto
impossibile. In verità da più parti viene proposto lo stamping-out (uccisione in massa) dei cani positivi, soprattutto per diminuire
l'incidenza della malattia nell'uomo, ma i risultati sperimentali di questi tentativi - praticati in Sicilia, Cina e Brasile - sono stati
contrastanti. Infatti c'è una miriade di fattori da considerare, prima di dare effettivo credito a queste pratiche, in primis l'esistenza
dei serbatoi selvatici (cani randagi, lupi, volpi, roditori, forse rettili, ecc.) o comunque diversi dal cane (uomini e gatti?). Se associamo
questi aspetti a naturali considerazioni di ordine etico-morale, non si può che concludere, con Catarsini, che "è del tutto inutile ed
anche illusorio e delittuoso pensare di combattere la leishmaniosi uccidendo i cani domestici nei quali è stata accertata la malattia".
Gli unici interventi praticamente realizzabili, che forniscono risultati variamente incoraggianti, sono quelli di prevenzione delle
punture dei flebotomi. Abbiamo qui volutamente tralasciato l'aggettivo "infetti", in quanto tutti i dispositivi "anti-punture"
andrebbero adottati non solo per proteggere i cani sani dai pappataci infestanti, ma anche per evitare che insetti non infetti possano
assumere il parassita, pungendo i cani positivi, e rappresentare così un problema per la salute animale ed umana. Certamente anche
un soggetto già leishmaniotico trae giovamento da queste misure preventive, evitando il rischio di aumentare la sua carica
parassitaria, già così difficile da abbattere.
I possibili metodi d'intervento sono diversi e possono/debbono essere adottati anche in associazione tra loro. Si deve evitare, per
quanto possibile, di far dormire il cane all'aperto durante la notte, durante il periodo primaverile-estivo: la maggior parte degli
animali infetti vive costantemente in box a cielo aperto; il fatto che i cani esclusivamente adibiti alla compagnia - segnatamente
quelli di piccola taglia - siano colpiti dalla malattia in bassa percentuale, riflette proprio il loro stile di vita prevalentemente
domestico. Analogamente anche le passeggiate serali rappresentano un rischio potenziale anche se, durante il movimento, le
punture dei flebotomi risultano difficoltose. I box e le finestre delle abitazioni dovrebbero essere dotati di zanzariere a maglia fitta
(lato non superiore a 2 mm), eventualmente impregnate con qualche buon prodotto insetticida-insettorepellente. Possono essere
utili anche i dispositivi elettrici "friggi-zanzare", da porre nelle immediate vicinanze dei luoghi di riposo notturni dei cani. Un discorso
a parte deve essere dedicato ai prodotti repellenti da applicare direttamente sulla cute e sul pelo degli animali: le sostanze dotate di
migliore attività contro i pappataci sono risultati i piretroidi sintetici. In commercio sono presenti diverse formulazioni spray a base
di permetrina (Duowinâ, Defendogâ), tetrametrina (Neo Erlenâ) o sostanze naturali (Fly-Awayâ). A prescindere dalle quantità in cui
sono presenti i componenti attivi, questi prodotti soffrono di limiti insiti nella loro modalità di applicazione, che risulta discontinua e
poco controllabile. In verità c'è da dire che Duowinâ non viene neanche venduto per la prevenzione delle punture dei flebotomi, ma
per le infestazioni da pulci e zecche; Defendogâ, genericamente destinato alla protezione contro gli insetti, dovrebbe garantire un
effetto migliore, grazie alla presenza di un particolare eccipiente che forma una pellicola protettiva, resistente all'acqua, sulla cute e
sul pelo. Neo Erlenâ e Fly-Awayâ vengono commercializzati con la specifica indicazione di essere insettorepellenti nei confronti dei
pappataci. Exspotâ è una formulazione spot-on (pipetta da spremere sulla cute) a base di permetrina, che studi scientifici rigorosi
dimostrano essere altamente efficace nella prevenzione delle punture dei flebotomi.
Dal 1997 ad oggi sono comparse numerose pubblicazioni su ricerche effettuate per valutare l'effetto "anti-feeding" (contro il pasto
di sangue) nei confronti dei pappataci, da parte del collare Scalibor Protector Bandâ (principio attivo: deltametrina). Questi studi,
massicciamente promossi dalla ditta produttrice (Intervetä), dimostrano come l'applicazione di detto collare ai cani che vivono in
aree fortemente endemiche per leishmaniosi, risulti in una protezione statisticamente significativa, in comparazione ai cani di
controllo (senza collare). Valutando il tasso di sieroconversione (comparsa degli anticorpi anti-Leishmania) sono state ottenute
percentuali di protezione fino al 75-86%, in dipendenza della diversa pressione di diffusione stagionale dei flebotomi. Pur trattandosi
di dati estremamente positivi, non si deve dimenticare che il collare non può rappresentare una protezione "assoluta" (come
qualsiasi dispositivo "anti-pappatacio"). Si può però supporre, come lasciano intuire alcuni studi, che l'utilizzo massivo di questi
mezzi preventivi possa portare ad una riduzione dei casi di leishmaniosi canina ed umana, al di là del valore profilattico per i singoli
animali. Se trattiamo i cani ammalati con i migliori mezzi terapeutici a disposizione, se cerchiamo di prevenire le punture degli insetti
vettori con dispositivi di provata efficacia, veramente non c'è ragione che i concetti di stress e depressione possano caratterizzare il
nostro rapporto con la leishmaniosi canina.

Tratto da http://www.tipresentoilcane.com
Testimonianze su farmaci (tratto sempre da altri forum)

E' vergognoso il giuoco di interessi che è stato fatto dalle case farmaceutiche: il glucantime era un farmaco per uso umano... con un prezzo medio
alto dovuto alla scarsa vendita: all'inizio (una decina di anni fa) costava intorno alle 6000 lire.
L'insorgenza del progresso, ed il riscontro della leishmania, il nuovo approccio con gli animali di affezione (prima al manifestarsi della malattia il
90% dei cani veniva soppresso, oggi la stessa percentuale viene sottoposta a cura, o come preferisco dire ad una cura palliativa) ha creato un vero e
proprio boom del farmaco...
A tal punto boom, che la richiesta (8, 7, ed ancora 6 anni fa) è stata per lungo tempo superiore alla offerta (meglio dire alla capacità produttiva). Si
è creato un vero e proprio mercato nero (più di un lavagista di cani diventò spacciatore dello scatolino blu)... ed una corsa all'acquisto del farmaco
per accumularne in riserva d'emergenza, senza pari...
Io stesso, acquistavo grandi quantitativi (la mia cagna è stata curata per 11 anni)... tramite un aggancio in un deposito, e spesso rivendevo -senza
sovrapprezzo n.d.r.- gli esuberi (cioè quelli che non avrei consumato a breve termine... ma da li a poco!..), a conoscenti o sconosciuti che si
trovavano malauguratamente senza... e che dovevano improrogabilmente continuare o finire una "cura"!!!
Si faceva così: 15 giorni di punture poi una pausa di max 15 poi un altro ciclo di 15... per due, max tre mesi)...
In molti dopo aver iniziato il primo ciclo a causa dell'eccessivo lasso di tempo per procurarsi di nuovo il farmaco dovevano ricominciare daccapo!

Proprio in queste occasioni notai una cosa "bizzarra" (termine inesatto, ma penso che sul forum non si possano scrivere bestemmie! )il farmaco era
lo stesso, IMMODIFICATO!, la richiesta era maggiore... la gente se lo faceva spedire dalle farmacie più improbabili di tutta Italia... ma il prezzo
AUMENTAVA!!!
E non perchè si acquistava in nero... ma perchè era la stessa casa produttrice ad aumentarlo!

Una volta rivendetti scatole in mio possesso a 7.800 lire... e le ricomprai qualche settimana dopo a 8.900 lire... Mi cominciai a sentire un -!!! Ma
mai tanto -, come quando il farmaco fu venduto dalla vecchia casa che ne aveva il brevetto ad una nuova casa farmaceutica...

Stessa molecola, nessuna innovazione, NESSUNA SPESA DI RICERCA ulteriore... solo la stessa merce... ed ancora, contrariamente ad ogni possibile,
reale, legale, morale legge di mercato... il prezzo continuava a salire!!!!!!!
Passano gli anni, il farmaco diventa per uso veterinario... cambia nome e diventa GLUCANTIME... Ma l'indegnoso furto (quale altro termine dovrei
usare?) e scorretto comportamento continua a perpetrarsi con sfacciataggine!!!
Non solo il prezzo è arrivato all'incirca a 9 euro ( siamo a 3 volte il prezzo di partenza... con una spesa per produrlo e smerciarlo che è persino
diminuita se non decimata), ma poichè è veterinario... la scadenza legale è di 6 mesi... (sebbene, ripeto, sia lo stesso prodotto di prima!!!)...
C'è ancora dell'altro: il contenuto della fiala è immutato (4 ml) ma il principio attivo, per millilitro è diminuito e di molto!.. Così mentre per 30kg di
cane bastava prima una fiala di glucantim... oggi bisogna farne due... non una ma spesso 2 iniezioni!!!

E, come se non bastasse... è lo stesso bugiardino del farmaco a descrivere il Glucantime come PALLIATIVO DEI SINTOMI e quindi NON CURATIVO
DELLA MALATTIA!!!
Come se noi curassimo il raffreddore che ci fa starnutire... ma la febbre alta che ci logora internamente rimanga...

Quì c'è uno studio della Bayer che mostra (DI-mostra) la resistenza, assuefazione, a questo farmaco.. e ne testimonia l'aumento dei costi
http://www.vetclub.it/baypervet/pdf_spe ... hmania.pdf

Non ho dimenticato di dire... che tral'altro... questo farmaco, non solo non è curativo ma... E' TOSSICO!!!!!!!!!! e l'epatotossicità è riportata, ancora
una volta, all'interno dello stesso Bugiardino (il quale a me è sembrato un espresso invito a non comprare il farmaco!). Tant'è vero che solo un
veterinario poco attento o esperto potrebbe prescrivere il farmaco senza associarlo ad un gastro/epatoprotettore... spesso di uso umano, e magari
(questo si, anche se illegalmente... e truffaldinamente) prescrivibile ad un parente prossimo! (è la furbizia degli stolti, tipica dell'italiano... -ma
anche mia!- non puoi contrastare chi ti sovrasta... e te la prendi con lo Stato!!! )

Desideravo continuare a scrivere sulla leishmania... e sul nuovo farmaco che promette di essere curativo... ma poichè condivido appieno ciò che è
scritto su questo link... mi risparmio la fatica e posto l'indirizzo.

http://www.tipresentoilcane.com/Ultimissime.php?L=1&n=57

08-05-2005

LEISHMANIOSI: LA CURA C'E'...


MA VOGLIONO CHE I CANI CONTINUINO AD AMMALARSI!

Una cura efficacissima per la leishmaniosi esiste: è il miltefosine, farmaco sperimentato con successo in umana e già testato anche
sul cane con risultati di eccezionale rilievo (si parla del 98% di remissioni totali).
Evviva evviva? Stappiamo champagne e lanciamo fuochi d'artificio?
Purtroppo no, o almeno non del tutto: infatti un'allevatrice italiana ha chiesto di ottenere il miltefosine (commercializzato con il
nome Impavido® ) all'estero, e ha scoperto che costa circa TREMILACINQUECENTO EURO alla scatola.
Sul sito della SIAL, Club non ufficiale del Leonberger, si parla di una farmacia italiana che avrebbe ottenuto un accordo con la ditta
produttrice per ridurre i costi del farmaco...che però restano inaccessibili per il pubblico medio (da 400 a 1000 euro alla scatola,
sufficiente per un ciclo di terapia). Il link per saperne di più è il seguente : www.leonberger1.it/news.asp

La cosa più grave, purtroppo, è stata la dichiarazione rilasciata dalla farmacista straniera all'allevatrice italiana (entrambe le fonti
sono assolutamente attendibili, anche se per ovvi motivi non possiamo pubblicarne i nomi): infatti costei avrebbe sostenuto che la
ditta produttrice mantiene i prezzi così alti proprio per evitare che il miltefosine venga somministrato ai cani, visto che questo
potrebbe far sviluppare ceppi resistenti al farmaco.
Comprensibile ed accettabile, visto che comunque la vita umana dovrebbe valere più di quella canina?

ASSOLUTAMENTE NO!

Perché un farmaco davvero risolutivo, a prezzi accessibili a tutti, permetterebbe di DEBELLARE la malattia in entrambe le specie,
liberando cani e uomini da un incubo. Se non ci fossero più malati, i flebotomi non avrebbero modo di infettare nessuno perché non
potrebbero trasportare la leishmania dal malato al sano. Sarebbero tutti sani!
Solo che, in questo caso...l'Impavido non si venderebbe più a nessuno. E le ditte farmaceutiche non amano questo tipo di "lieto
fine". Quindi teniamo prezzi allucinanti (tanto in ospedale, agli umani, vengono somministrati gratuitamente, a spese di TUTTI NOI),
così i cani continueranno a infettarsi e a morire...ma soprattutto avremo sempre un bel serbatoio di infezioni per gli umani, da poter
curare guadagnandoci alla grande.

ECCO COME VIENE TUTELATA LA NOSTRA SALUTE E QUELLA DEI NOSTRI ANIMALI!

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