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Storia della miscela Roma

Alla fine della Grande Guerra mio nonno Francesco aveva compiuto 22
anni, si era sposato e lavorava già nella drogheria di suo padre Antonio e
di suo zio Luigi, svizzeri arrivati da poco in Italia in cerca di un lavoro.

Nel 1926 già da 7-8 anni aveva cominciato a vendere le sue miscele al di
fuori della drogheria del padre, situata all’Ardenza, un piccolo borgo vicino
a Livorno. In molti, infatti, le avevano incominciate a richiedere perché
apprezzate per la loro qualità.

Mio nonno era un grande intenditore di caffè. Nessuno glie lo aveva


insegnato (come nessuno lo ha insegnato a me, del resto). Aveva un
grande gusto e sapeva scegliere in un mercato difficile. Infatti, era così
difficile che quando cominciò a ricevere richieste da vari bar di Livorno,
cominciò a preoccuparsi, perché non sapeva se avrebbe avuto la
possibilità di approvvigionarsi di tutto ciò di cui aveva bisogno e nelle
quantità di cui necessitava.

Quando ero un ragazzo mi raccontava che in quegli anni si considerava un


uomo felice: aveva una donna che gli voleva bene, 2 figli maschi che
crescevano senza problemi, la gente lo cercava per la qualità dei suoi
prodotti, viveva in un bella località a quattro passi dal mare e gli orrori
della guerra erano abbastanza lontani da poter essere quasi dimanticati.
L’unico cruccio era che non riusciva ad organizzare il lavoro come gli
sarebbe piaciuto.

Ma, per tornare alla nostra storia, nel 1926 ricevette la richiesta da uno
dei principali bar di Livorno, il Bar Roma, di preparare una miscela speciale
di caffè, che, poi, avrebbe venduto soltanto a loro. Mio nonno non si
sottrasse all’impegno e realizzò un prodotto davvero speciale. Così
speciale che, anche se non poteva venderlo ad altri che non fossero il bar
Roma, diventò così famoso a Livorno, che nel giro di pochi anni fu
costretto a trasferire la torrefazione e il negozio di vendita dall’Ardenza al
centro della città, vicino al porto.
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La miscela Roma, quindi, nasce insieme alla torrefazione industriale, anzi,


ne è il motore e la ragione. E’ da lì che la piccola azienda di famiglia si è
trasformata.

Durante l’ultima guerra il Bar Roma fu distrutto da una delle migliaia di


bombe che gli americani sganciarono nel 1944 su Livorno, perché i nazisti
avevano trasformato il porto in una importante base navale. Ma la miscela
Roma non morì in quel lontano giorno dell’ultima guerra. Anzi, continuò la
sua vita lunga e gloriosa. Subito dopo la guerra, quando ancora il centro di
Livorno era un cumulo di macerie, mio nonno fondò l’Arcaffè (che allora
prese il nome di Arcaf), insieme ad altri 2 commercianti, specialisti in pepe
ed altri generi coloniali. Ma il caffè rimase il cuore dell’azienda e mio
nome decise di dare il nome di Roma alla miscela che riteneva più
rappresentativa, visto che il Bar Roma non sarebbe mai più risorto dalle
sue ceneri.

Oltre a questo, dovendo scegliere dei colori che rappresentassero la nuova


azienda, scelsi il giallo ed il rosso, perché colori tipici della città di Roma.

Il resto è storia recente: una grande miscela, elegante, come le vecchie


signore, ma rinnovata da grandi caffè come l’Etiopia Sidamo CMI,
selezionato specialmente da me, direttamente in loco, e spedito solo alla
mi azienda. Un caffè completo, ottima crema da manuale, profumo di
malto e agrumi, una punta di acidità garbata, dolce oltre ogni dire, buon
corpo e retrogusto lungo e piacevole.

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