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CORSI DI LITURGIA e TEOLOGIA SACRAMENTARIA 1

INTRODUZIONE TEOLOGICO - STORICA ALLA LITURGIA

Dispense scolastiche a cura del prof. MAGNOLI don CLAUDIO

Milano FTIS / ISSR 2012

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PREMESSE METODOLOGICHE
Ritengo opportuno iniziare con alcune premesse di carattere metodologico, che ci aiutino a inquadrare il senso e lo scopo della disciplina sacra liturgia, come viene denominata nel piano di studi per gli studentati e le facolt teologiche1. 1. Lo studio della liturgia nelle indicazioni del Magistero

Al Concilio di Trento, le indicazioni per la formazione dei futuri pastori riguardanti la liturgia si limitano a chiedere una certa formazione pratica. Cos la liturgia divenne sostanzialmente una scientia rubricarum e, per lungo tempo, non ci si pose il problema di un suo organico inserimento nel programma degli studi teologici. 1.1. La Deus scientiarum Dominus Con la Costituzione Deus Scientiarum Dominus (1931) di papa Pio XI lo studio della liturgia fu reso obbligatorio nel curricolo degli studi teologici, bench soltanto come disciplina ausiliare accanto allarcheologia cristiana. Essa conservava la sua qualifica di scienza delle rubriche, ma si sviluppava sempre di pi come disciplina storica. Le diverse componenti della liturgia cristiana dovevano essere studiate nella loro genesi e nel loro sviluppo storico, avvalendosi di tutti gli strumenti della scienza storica e in particolare delle antiche fonti liturgiche, che erano state riscoperte e si andavano pubblicando. 1.2. Sacrosanctum Concilium (= SC) 16 La riscoperta della liturgia come fatto primariamente teologico (la sacra liturgia pertanto il culto pubblico che il nostro Redentore rende al Padre come capo della Chiesa, il culto che la societ dei fedeli rende al suo Capo e, per mezzo di Lui, alleterno Padre), promossa da papa Pio XII nellenciclica Mediator Dei (1947) a seguito delle riflessioni maturate nellambito del Movimento liturgico, apriva la strada anche al ripensamento dello studio (e dellinsegnamento) della sacra liturgia e alla ridefinizione della sua collocazione allinterno del complesso degli studi teologici. La semina compiuta dal Movimento liturgico e da papa Pio XII giunse a maturazione nel Concilio Vaticano II (1962-1965). La costituzione sulla sacra liturgia2 tratt esplicitamente dellinsegnamento della liturgia nei seminari, negli studentati e nelle facolt teologiche al n. 16, subito dopo aver indagato sulla natura (teologica) della sacra liturgia e sulla sua importanza per la vita della Chiesa. Tre i dati da rilevare: - un giudizio di merito sulla disciplina liturgica; - unindicazione generale sulla metodologia

Cf BONACCORSO GIORGIO, Introduzione allo studio della liturgia = Caro Salutis Cardo. Sussidi 1, Messaggero, Padova 1990, pp. 40-43. Per una prima introduzione: DONGHI ANTONIO, Costituzione conciliare sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1986, pp. 144.

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com di insegnamento; - unindicazione di raccordo tra la disciplina liturgica e le altre discipline teologiche. Giudizio di merito Nei seminari e negli studentati religiosi la sacra liturgia va computata tra le materie necessarie e pi importanti; nelle facolt teologiche tra le materie principali. Veniva superata la qualifica di disciplina ausiliare, anche se obbligatoria, in uso dalla Deus Scientiarum Dominus (1931), per accedere alla nuova qualifica di disciplina necessaria o principale. Non era data la ragione precisa di questa promozione della liturgia allinterno degli studi teologici, ma sicuramente essa conseguiva al recupero della sua natura teologica, messa in evidenza dai numeri precedenti (SC, nn. 5-13). Metodologia dinsegnamento La liturgia va insegnata sia sotto laspetto teologico e storico sia sotto laspetto spirituale, pastorale, giuridico. Laffermazione era importante per diversi motivi. Veniva anzitutto riconosciuta la caratteristica interdisciplinare dello studio liturgico. In secondo luogo viene proposto un ribaltamento di prospettiva. Laspetto giuridico - cerimoniale, che pure non pu essere disatteso nel complesso degli studi liturgici, era posposto a quello teologico - storico spirituale - pastorale, dichiarando cos quasi un ordine di importanza e di precedenza. Raccordo interdisciplinare I professori delle altre materie abbiano cura di mettere in rilievo, ciascuno secondo le intrinseche esigenze della sua disciplina, il mistero di Cristo e la storia della salvezza, cos che risulti chiara la loro connessione con la liturgia e lunit fondamentale della formazione sacerdotale. Venivano menzionate esplicitamente la teologia dogmatica, la sacra scrittura, la teologia spirituale e la teologia pastorale. Tutte queste discipline convergono sul mistero di Cristo e sulla storia della salvezza, al centro della quale si colloca il mistero di Cristo. La disciplina liturgica incontra tale mistero in quel momento fontale e culminante dellautorealizzarsi della Chiesa che la celebrazione liturgico - sacramentale. Si pu ricostruire dalla mens conciliare un itinerario del tipo: il mistero di Cristo, studiato nelle fonti rivelate (sacra scrittura) e nella dottrina cristiana dogmaticamente formulato (teologia sistematica), compreso nel suo attuarsi sacramentalmente (sacra liturgia - teologia sacramentaria) perch informi di s la vita e lazione della Chiesa (teologia pastorale) e la vita e lazione dei singoli christifideles (teologia spirituale).

1.3. La Ratio fundamentalis (1970) La nuova impostazione del testo conciliare entr nel Regolamento Fondamentale per la formazione sacerdotale (normalmente citato come Ratio Fundamentalis), il do4

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com cumento emanato dalla Congregazione per lIstruzione Cattolica in data 6 gennaio 1970 per ripensare complessivamente la formazione dei futuri presbiteri dopo la grande assise conciliare3. Nonostante la sua destinazione primaria alla formazione del clero, la sezione riguardante gli studi teologici estensibile anche alla formazione teologica dei religiosi e dei laici impegnati nelle Facolt Teologiche e negli Istituti di Scienze Religiose. Dopo aver dato conferma che la sacra liturgia deve essere ora considerata una delle materie principali allinterno degli studi teologici, il n. 79 afferma: Perci deve essere presentata non soltanto sotto laspetto giuridico, ma soprattutto sotto laspetto teologico, spirituale e pastorale, in connessione con le altre discipline, in modo che gli alunni conoscano prima di tutto in qual modo i misteri della salvezza siano presenti e operino nelle azioni liturgiche. Inoltre, spiegati i testi sia delloriente che delloccidente, la sacra liturgia sia illustrata come un locus theologicus di particolare importanza, attraverso il quale si esprime la fede della Chiesa e la sua vita spirituale. Infine devono essere esposte agli alunni le norme riguardanti la riforma liturgica, affinch capiscano meglio gli adattamenti o i cambiamenti stabiliti dalla Chiesa; siano anche in grado di discernere le cose che possono essere legittimamente mutate; e, in mezzo ai problemi pi gravi e pi difficili oggi spesso dibattuti, sappiano distinguere la parte immutabile della liturgia, in quanto di istituzione divina, dalle altre parti che possono andare soggette a mutamenti. Veniva presentata in termini molto chiari la priorit dellapproccio teologico - spirituale - pastorale alla liturgia, rispetto allapproccio giuridico - cerimoniale, lasciando implicito il riferimento allapproccio storico, data la sua regolare presenza nei documenti precedenti e in quelli successivi. Affermare la priorit dellapproccio teologico - spirituale - pastorale alla liturgia non significava dare adito a una pratica dimenticanza dellapproccio giuridico, ma operare questultimo, tuttaltro che secondario, sul fondamento di quello; problematizzare eventualmente questultimo e le sue concrete determinazioni alla luce di quello. Entro lapproccio teologico - spirituale - pastorale la chiave di volta risultava essere lapprofondimento della valenza misterico - sacramentale della liturgia: In modo che gli alunni conoscano in qual modo i misteri della salvezza siano presenti e operanti nelle azioni liturgiche. Cera poi una presa di posizione sullimportanza della liturgia (e in particolare dei testi eucologico - liturgici) nellambito dei loci theologici. La teologia sistematica non pu e non deve dimenticare la liturgia (in particolare i testi liturgici delloriente e delloccidente) nellelaborazione della sua sintesi, ma deve riferirsi a essa come a uno degli ambiti privilegiati di espressione della fede e della vita spirituale della Chiesa. qui sottesa la volont di promuovere una pi fattiva collaborazione di studio tra la teologia dogmatico - sistematica, in tutte le sue specifiche branchie, e la scienza liturgica. Lultimo capoverso sottolineava, infine, lesito pratico-pastorale dellinsegnamento della liturgia nei seminari, negli studentati religiosi e nelle facolt teologiche. Esso riguardava la conoscenza della riforma liturgica e delle sue motivazioni, compresa la capacit di discernimento tra lessenziale o immutabile e il contingente o mutabile, in vista delleducazione liturgica dei fedeli.
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Il testo in Enchiridion Vaticanum 3. Documenti ufficiali della Santa Sede 1968-1970, Dehoniane, Bologna 1976, nn. 1796-1947.

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1.4. La Formazione liturgica nei Seminari (1979) Lultimo documento che prendiamo in considerazione lIstruzione della Congregazione per lEducazione Cattolica su La formazione liturgica nei Seminari (3 giugno 1979)4, nel quale giungeva a maturazione il percorso intrapreso sulla spinta delle indicazioni conciliari. Anche in questo caso, gli orientamenti riguardanti lo studio della liturgia non sono rimasti appannaggio esclusivo della formazione dei futuri presbiteri, ma hanno indicato la strada ai religiosi e ai laici che studiano teologia nelle Facolt Teologiche e negli Istituti di Scienze Religiose. Al n. 44, presentando loggetto proprio e il fine dellinsegnamento della liturgia nei seminari, si diceva tra laltro: La liturgia deve essere insegnata in modo che corrisponda pienamente alle necessit odierne: in questo campo si deve tenere presente, innanzitutto, laspetto teologico, pastorale ed ecumenico... Anche il dialogo ecumenico, promosso dallo stesso Concilio Vaticano II, richiede unaccurata preparazione nella liturgia. Esso infatti suscita molte e difficili questioni circa la liturgia, alla cui adeguata valutazione bisogna che gli alunni siano preparati. Era questo il primo invito ufficiale a occuparsi di ecumenismo nello studio della liturgia. La Sede Apostolica voleva qui dare atto dellimportanza del momento liturgico nel dialogo ecumenico, e, per questo, chiedeva una solida formazione liturgica, per la quale i candidati al sacerdozio potessero discernere i tentativi liturgici promossi in campo ecumenico. Un secondo elemento di novit in questo testo era costituito dallattenzione accordata ai risultati sicuri delle scienze umane: Per una pi approfondita trattazione teologica della liturgia e per la soluzione di molte difficolt, che si presentano ai pastori danime nellorganizzazione e nella promozione della vita liturgica, devono essere giustamente stimati i risultati sicuri delle moderne scienze umane, quali lantropologia, la sociologia, la linguistica, la storia comparata delle religioni, ecc..., che in vari casi offrono non poca luce, sempre per nei limiti imposti dallindole soprannaturale della liturgia. Il documento riconosceva per la prima volta in modo ufficiale la pertinenza di un approccio alla realt liturgica che valorizzasse lapporto dei risultati sicuri delle cosiddette scienze umane, sia in ordine alla conoscenza dellindole soprannaturale della liturgia (= teologia liturgica), sia in vista di una rinnovata comprensione della pastorale liturgica. Esso dovrebbe risultare particolarmente utile nel lavoro di chiarificazione della complessa questione del linguaggio rituale, implicato in tutto lagire liturgico - sacramentale cristiano.
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Il testo in Enchiridion Vaticanum 6. Documenti ufficiali della Santa Sede 1977-1979, Dehoniane, Bologna 1980, nn. 1550-1704.

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1.5. Rilievi conclusivi Da questa breve (e incompleta) rassegna di documenti magisteriali risulta definitivamente acquisita alla coscienza ecclesiale contemporanea la collocazione degli studi liturgici nellambito generale delle discipline teologiche. Resta difficile, invece, la determinazione precisa dello spazio formale che la scienza liturgica occupa nellintero della teologia. Da una parte, infatti, i documenti presi in esame sembrano riservare alla scienza liturgica uno spazio autonomo di sapere, adeguatamente distinto sia dalla dogmatica sacramentaria, o sistematica dei sacramenti, sia dalla teologia pratico - pastorale. Dallaltra, per, e siamo soprattutto allinterpretazione dei documenti pi recenti, la scienza liturgica pare ricondotta allalveo pi generale della teologia pratico - pastorale, anche se come uno dei suoi filoni portanti e costitutivi. La complessit delloggetto proprio della scienza liturgica invoca di sua natura lapporto di molteplici approcci metodologici e disciplinari. Ne facciamo qui di seguito una rapida rassegna.
Prospettiva cerimoniale rubricale: lo studio delle rubriche (= le scritte in rosso del libro liturgico) per determinare lesatta esecuzione del cerimoniale in riferimento ai vari momenti celebrativi e ai vari ministeri5. Prospettiva giuridico disciplinare: lo studio delle norme che regolano il complesso della vita liturgica in ordine alla validit e liceit dei suoi vari elementi (cf il Libro IV del Codice di Diritto Canonico del 19836). Prospettiva storica: si sviluppa in due branchie che possiamo chiamare archeologico filologica ed ermeneutico valutativa. La prima si preoccupa di ricostruire i contesti originali di un dato rito o testo7; la seconda tenta un giudizio di valore in rapporto al senso originario della liturgia cristiana e in rapporto alla rilevanza per loggi ecclesiale8. Prospettiva teologica: si sviluppa almeno in cinque direzioni, fondamentale, sacramentale, pastorale, spirituale, ecumenica. Nellambito della teologia fondamentale si affron-

Un esempio: Dizionario pratico di liturgia romana, a cura di LESAGE ROBERT, Studium, Roma 1956, pp. 501. Il testo in Enchiridion Vaticanum 8. Documenti ufficiali della Santa Sede 1982-1983. Il codice di Diritto Canonico, Dehoniane, Bologna 41991, Cann. 834-1253. Due esempi classici: RIGHETTI MARIO, Manuale di storia liturgica, 4 Voll., Ancora, Milano 1950ss., pp. 2950 [ristampa anastatica del 2005]; JUNGMANN JOSEF ANDREAS, Missarum sollemnia. Origini liturgia storia e teologia della messa romana, 2 Voll. Marietti, Genova 1953-1954, pp. 396 + 406. Qualche esempio in questa direzione: NEUNHEUSER BURKHARDT, Storia della liturgia attraverso le epoche culturali = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 11, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 21983, pp. 158; CATTANEO ENRICO, Il culto cristiano in occidente. Note storiche = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 13, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 21984, pp. 658; WEGMAN HERMAN, Christian Worship in East and West. A Study Guide to Liturgical History, Liturgical, Collegeville (Minnesota) 1990, pp. 390; METZGER MARCEL, Storia della liturgia. Le grandi tappe, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1995, pp. 224; BASURKO XABIER, Historia de la liturgia = Biblioteca Lturgica 28, Centre de Pastoral Liturgica, Barcelona 2006, pp. 720; BRADSHAW PAUL, Alle origini del culto cristiano. Fonti e metodi per lo studio della liturgia dei primi secoli = Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 46, Libreria Editrice Vaticana, Roma - Citt del Vaticano 2007, pp. 268; PECKLERS KEITH F., Atlante storico della liturgia, Jaca Book, Milano 2012, pp. 260.

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ta la questione della rilevanza del rito cristiano per la fede9. Nellambito della teologia sacramentaria si studia la connessione tra forma liturgica e sacramento cristiano, detto in altro modo, la struttura sacramentale della liturgia. Nellambito della teologia pastorale, si approfondisce la qualit celebrativa della liturgia (o celebrabilit del rito) in ordine alla sua efficacia pastorale. Nellambito della teologia spirituale si mette a tema la dimensione liturgica della vita spirituale, superando lidea che la spiritualit liturgica sia una delle tante possibili vie spirituali10. Nellambito infine della teologia ecumenica si approfondisce il versante liturgico del cammino verso lunit della Chiesa, distinguendo tra unit e uniformit11. Prospettiva antropologica. Di sviluppo pi recente oggi particolarmente coltivata a tre livelli. Il livello religionista (studio comparato delle religioni), grazie al quale si possono evidenziare similitudini e differenze rituali tra le diverse esperienze religiose12; il livello linguistico comunicativo (studio della liturgia come atto eminentemente comunicazionale), grazie al quale con lapporto delle cosiddette scienze umane (sociologia, psicologia, linguistica, semiotica, ecc) si possono evidenziare le qualit e i difetti comunicativi del rito celebrato13; il livello teologico pastorale, grazie al quale possibile enucleare le leggi di una buona qualit celebrativa che permette di accedere al mistero celebrato. In questo ambito si sviluppa anche la ricerca sul tema dellinculturazione della liturgia nelle diverse realt ecclesiali14. Prospettiva ludico estetica. lo studio della liturgia come ambito di esperienza artistica in cui la poesia, il canto e la musica, larchitettura, la scultura e la pittura hanno parte attiva di grande rilevanza15.

I documenti magisteriali recensiti appaiono concordi nel collocare al vertice del sapere liturgico la comprensione propriamente teologica della liturgia o teologia liturgica, preceduta e sorretta da unaccurata indagine storico - critica, sia diacronica che sincronica, sullintera tradizione liturgica delloriente e delloccidente (storia della liturgia). In tal modo luna (teologia liturgica) e laltra (storia della liturgia) non costituiscono il tutto della scienza liturgica, ma il momento centrale e il nucleo portante.
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Cf GRILLO ANDREA, Teologia fondamentale e liturgia il rapporto tra immediatezza e mediazione nella riflessione teologica = Caro Salutis Cardo. Studi 10, Messaggero, Padova 1995, pp. 285; GRILLO ANDREA, Introduzione alla teologia liturgica. Approccio teorico alla liturgia e ai sacramenti cristiani = Caro Salutis Cardo. Sussidi 3, Messaggero, Padova 1999, pp. 287. Per le quattro dimensioni insieme (fondamentale, sacramentaria, pastorale, spirituale) si veda lormai classico VAGAGGINI CIPRIANO, Senso teologico della liturgia. Saggio di liturgia teologica generale, Paoline, Roma, 41965, pp. 930, testo che ha preparato il Concilio e lo ha reso pienamente comprensibile. Un esempio illuminante in ALLMEN JEAN-JACQUES VON, Celebrare la salvezza. Dottrina e prassi del culto cristiano, Elle Di Ci, Leuman (Torino) 1986, pp. 223. BOUYER LOUIS, Il rito e luomo. Sacralit naturale e liturgia, Morcelliana, Brescia 1964, pp. 275; TERRIN ALDO NATALE, Il rito. Antropologia e fenomenologia della ritualit = Le Scienze Umane, Morcelliana, Brescia 1999, pp. 444; Enciclopedia delle religioni 2. Il rito. Oggetti, atti, cerimonie, a cura di ELIADE MIRCEA, Jaca Book, Milano 1994, pp. 634. Cf BONACCORSO GIORGIO, Il rito e laltro. La liturgia come tempo, linguaggio e azione = Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 13, Libreria Editrice Vaticana, Roma - Citt del Vaticano 2001, pp. 400; BONACCORSO GIORGIO, La liturgia e la fede. La teologia e lantropologia del rito = Caro Salutis Cardo. Sussidi 8, Messaggero, Padova 2005, pp. 270. Assemblea santa. Manuale di liturgia pastorale, a cura di GELINEAU JOSEPH, Dehoniane, Bologna 1991, pp. 620. Cf CATTANEO ENRICO, Arte e liturgia. Dalle origini al Vaticano II, Vita e Pensiero, Milano 1982, pp. 236; GATTI VINCENZO, Liturgia e arte. I luoghi della celebrazione, Dehoniane, Bologna 2001, pp. 236.

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Lattenzione allapporto delle scienze umane per lo studio della liturgia compare solo negli ultimi documenti citati e sollecita un cammino di ricerca ancora piuttosto iniziale. Pur muovendo da una pi attenta considerazione della base antropologica e culturale della ritualit cristiana, essa persegue un incremente dello studio della sacra liturgia dal punto di vista propriamente pastorale. Ecco allora delineato il nostro itinerario di studio: unintroduzione teologica e storica alla liturgia aperta a una prospettiva anche antropologico-pastorale. Partiremo dalla sintesi teologica sulla liturgia fatta al Concilio Vaticano II per ripercorrere le principali tappe storiche che lhanno preceduta. Tre saggi monografici, uno sullanno liturgico (cap. VII), uno sulla liturgia delle ore (cap. VIII) e uno sul Lezionario ambrosiano rinnovato (cap. IX) concluderanno il nostro percorso di studio.

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INDICAZIONI PER LESAME


Lesame comporta lo studio delle dispense, pi una lettura a scelta tra quelle qui indicate: GUARDINI ROMANO, Lo spirito della liturgia I santi segni, Morcelliana, Brescia 1980 [loriginale tedesco Vom Geist del Liturgie del 1919], capp. IV-VI, pp. 63-106; BONACCORSO GIORGIO, La liturgia e la fede. La teologia e lantropologia del rito = Caro Salutis Cardo. Sussidi 8, Messaggero, Padova 2005, cap. VIII, pp. 189-233; PECKLERS KEITH, Liturgia. La dimensione storica e teologica del culto cristiano e le sfide del domani [loriginale inglese Worship del 2003] = Giornale di Teologia 326, Queriniana, Brescia 2007, cap. I, pp. 9-45; TOMATIS PAOLO, La festa dei sensi. Riflessioni sulla festa cristiana = Spiritualit del nostro tempo. Terza serie, Cittadella, Assisi 2010, capp. 3-6, pp. 37-75; RATZINGER JOSEPH, Lo spirito della liturgia [loriginale tedesco Der Geist der Liturgie. Eine Einfhrung del 2000], in Teologia liturgica = Opera Omnia 11, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2010, cap. IV [la forma della liturgia], pp. 152-211. BOSELLI GOFFREDO, Il senso spirituale della liturgia = Liturgia e Vita, Qiqajon, Comunit di Bose. Magnano (BI) 2011, capp. IX-X, pp. 183-233.

PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI


Dizionari - Liturgia (San Paolo) 2001; - Dizionario della Liturgia Ambrosiana (Ned) 1996.

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Grandi collane - Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia (Roma, CLV Edizioni Liturgiche); - Caro Salutis Cardo. Contributi (Padova, Istituto di Pastorale Liturgica Messaggero); - Caro Salutis Cardo. Studi (Padova, Istituto di Pastorale Liturgica Messaggero); - Caro Salutis Cardo. Sussidi (Padova, Istituto di Pastorale Liturgica Messaggero); - Monumenta Studia Instrumenta Liturgica (Roma, Libreria Editrice Vaticana). Manuali - Anamnesis. Introduzione storico teologica alla liturgia, 8 Voll., Marietti, Casale Monferrato (AL) 1974-1990; - Assemblea santa. manuale di liturgia pastorale, a cura di JOSEPH GELINEAU, Dehoniane, Bologna 1991, pp. 620; - La celebrazione della Chiesa 3 Voll., a cura di DIONISIO BOROBIO, Elle Di Ci, Leumann (Torino 1992-1994; - La Chiesa in preghiera. Introduzione alla liturgia 4 Voll., a cura di AIMGEORGES MARTIMORT, Queriniana, Brescia 1984-1987; - Nelle vostre assemblee. Teologia pastorale delle celebrazioni liturgiche, 2 Voll. Queriniana 1984-1986; - Scientia Liturgica. Manuale di liturgia 3 Voll. Piemme, Casale Monferrato (AL) 1998. Riviste in italiano, francese, inglese e spagnolo - La vita in Cristo e nella Chiesa - Liturgia (Centro Azione Liturgica) - Rivista di Pastorale Liturgica - Rivista Liturgica - La Maison-Dieu - Worship - Phase

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CAPITOLO I LA VISIONE TEOLOGICA DELLA LITURGIA SECONDO IL CONCILIO VATICANO II


Il Concilio Ecumenico Vaticano II fu inaugurato l11 ottobre del 1962 e lo schema della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium dalle parole iniziali fu il primo a essere discusso e approvato. La data ufficiale della sua promulgazione fu il 4 dicembre 1963, a quattro secoli esatti dalla chiusura del Concilio di Trento1. Con questa prima Costituzione conciliare veniva proposta una visione teologica, spirituale e pastorale cos profondamente rinnovata della liturgia che, attingendo alloriginaria impostazione biblica e patristica, dava il via alla pi completa e organica riforma liturgica del Rito Romano e del Rito Ambrosiano che la storia della Chiesa latina abbia conosciuto. Essa consta di un proemio (i nn. 1-4) e di sette capitoli (i nn. 5-130), di cui il primo (nn. 5-46) pu essere considerato a tutti gli effetti la magna charta per una comprensione propriamente teologica, pastorale e spirituale della liturgia. I primi 9 numeri del capitolo I (nn. 5-13) riflettono sulla natura della liturgia cattolica, e lo fanno non a partire da una definizione filosofica o religionista di culto, ma muovendo piuttosto dal dinamismo storico - salvifico della rivelazione cristiana, dinamismo che ha la sua continua attualit proprio nellazione liturgico-sacramentale. Partiamo dunque da questi numeri per tratteggiare le coordinate fondamentali della visione teologica della liturgia che sta a fondamento di tutto il nostro percorso storico. questa lintroduzione teologica necessaria, perch tutte le tappe storiche che studieremo vengano delineate in un costante confronto con il senso originale di ci che la Chiesa chiama Sacra Liturgia.

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Il punto di partenza

Abbandonando il procedimento usato nella manualistica teologica, e ancora soggiacente allo schema di pensiero dellenciclica Mediator Dei (1947), di parlare della liturgia partendo da schemi gi precompresi (culto interno/culto esterno; culto privato/culto pubblico), il discorso conciliare prende le mosse dalla dimensione storico - salvifica della rivelazione cristiana, inserendo il fatto liturgico in un contesto fortemente dinamico: Dio, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verit (1Tm 2, 4), dopo avere a pi riprese e in pi modi parlato un tempo ai padri per il tramite dei profeti (Ebr 1, 1), quando venne la pienezza dei tempi, mand il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti, medico della carne e dello spirito, mediatore di Dio e degli uomini. Infatti la sua umanit, nellunit della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvez1

Il testo della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium lo si pu leggere, tra laltro, in Enchiridion Vaticanum 1. Documenti ufficiali del Concilio Vaticano II (1962-1965), Dehoniane, Bologna 10 1976, pp. 14-95. 11

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com za. Per cui in Cristo avvenne il perfetto compimento della nostra riconciliazione e ci fu data la pienezza del culto divino (Sacramentario Veronese, n. 1265). Questopera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dellAntico Testamento, stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione e gloriosa ascensione, mistero con il quale morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ci ha ridonato la vita (Messale Romano - Prefazio pasquale I). Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce scaturito il mirabile sacramento della Chiesa" (SC, n. 5). Dopo aver enunciato lintenzione ultima del progetto divino nei confronti dellumanit (Dio vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verit), il testo conciliare ripercorre a grandi arcate le tappe storiche attraverso le quali Dio ha dato attuazione al suo progetto, tappe storiche che, in quanto tempi di una rivelazione divina, sono da intendersi come momenti di una storia di salvezza, ossia come misteri della salvezza. Il testo accenna appena al tempo della preparazione come tempo della comunicazione profetica e delle gesta divine operate nel popolo dellantico testamento, per soffermarsi invece in modo pi ampio e articolato a considerare il tempo della pienezza dei tempi, al vertice del quale sta come compimento ultimo e definitivo il mistero pasquale della sua beata passione, resurrezione dai morti e gloriosa ascensione. In questa ricapitolazione dei principali eventi della storia della salvezza, secondo un procedimento che sar confermato e approfondito sia nella Lumen Gentium che nella Dei Verbum, emergono tre importanti sottolineature specifiche che faranno da raccordo tematico tra il mistero di Cristo dispiegato nella storia e il mistero di Cristo celebrato nella Chiesa. a) La prima riguarda lumanit di Cristo, ipostaticamente unita alla divinit del Verbo. questa umanit, nella sua visibilit e debolezza, a essere lo strumento o, in termini pi compiuti, il sacramento della nostra salvezza. Il concilio vuole in tal modo insinuare lidea che la logica della sacramentalit (la salvezza si attua per il tramite di realt sensibili), che presiede al mistero liturgico, anticipata e fondata nel mistero dellincarnazione, cio in quel singolarissimo connubio di umanit e divinit, che la vicenda umana di Ges. cos istituita una profonda analogia tra la logica dellincarnazione e la logica della celebrazione liturgico-sacramentale. b) La seconda sottolineatura specifica riguarda la duplice linea di comprensione dellefficacia salvifica dellevento cristologico: Cristo, nella sua incarnazione, porta contemporaneamente a compimento 1) la nostra riconciliazione (linea discendente) e 2) la nostra capacit di rendere culto a Dio (linea ascendente); e, nella sua Pasqua, attua 1) la piena redenzione delluomo (linea discendente) e 2) la perfetta glorificazione di Dio (linea ascendente). La distinzione delle due linee non ha ovviamente alcun intento contrappositivo, dal momento che il culto perfetto in Cristo viene a coincidere con latto salvifico per eccellenza, cio lofferta di s sullaltare della croce. Essa invece funzionale a mostrare linterazione dellumano e del divino nellopera della salvezza: nella linea discendente Cristo opera soprattutto in forza della sua consustanzialit al Padre, mentre nella linea ascendente egli opera soprattutto in forza della sua consustanzialit con lumano (il termine consustanzialit usato nei due casi in maniera asimmetrica). I numeri 7 e 10 riprenderanno il binomio santificazione degli uomini - glorificazione di Dio, originariamente applicato allopera salvifica di Cristo, e lo estenderanno a ogni
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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com azione liturgica della Chiesa, in special modo alla celebrazione eucaristica, mostrando ancora una volta la profonda connessione tra levento cristologico e levento liturgico sacramentale. c) Lultima sottolineatura specifica riguarda la rilettura in chiave sacramentale dellintera realt ecclesiale (Dal costato di Cristo dormiente sulla croce scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa), rilettura che sar confermata nellaffermazione iniziale della Lumen Gentium: E siccome la Chiesa in Cristo come sacramento, cio segno e strumento dellintima unione con Dio e dellunit di tutto il genere umano... (LG, n. 1). Risulta del tutto evidente, nel passaggio finale di SC, n. 5, lintenzione conciliare di fondare gli atti liturgico-sacramentali, in quanto atti ecclesiali, non primariamente ed esclusivamente sulla dimensione societaria ed esteriore della compagine ecclesiale, bens sulla sua dimensione sacramentale, attraverso la quale possibile dare pi facilmente ragione della continuit tra mistero di Cristo e il mistero della Chiesa: Per una non debole analogia, quindi (la Chiesa) paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta al servizio del Verbo divino come vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, in modo non dissimile lorganismo sociale della Chiesa al servizio dello Spirito di Cristo che lo vivifica, per la crescita del corpo (LG, n. 8).

2.

La liturgia ultimo momento nella storia della salvezza

Istituendo questa continuit e compenetrazione tra levento cristologico e levento ecclesiologico, per cui il tempo della Chiesa non un tempo qualitativo ulteriore rispetto alla pienezza dei tempi, ma la sua progressiva dilatazione, il concilio ha aperto la strada a una comprensione rinnovata della liturgia, che pone in primo piano la sua valenza misterico-sacramentale facendo del momento celebrativo un continuo oggi di salvezza: Perci, come il Cristo fu inviato dal Padre, cos anchegli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo, non solo perch, predicando il vangelo a tutti gli uomini, annunciassero che il figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, ma anche perch attuassero, per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui quali si impernia tutta la vita liturgica, lopera della salvezza che annunciavano SC, n. 6). Con SC, n. 6 si passa decisamente dal piano del mistero-evento al piano dei misteri-celebrati2. Le azioni liturgico - sacramentali vengono presentate come parte integrante e costitutiva della missione della Chiesa, la quale appare a sua volta il prolungamento sacramentale della missione del Cristo. In riferimento alla parte iniziale del numero 6, sopra riportata, possiamo fare alcune significative annotazioni. a) La prima riguarda la relazione che intercorre tra il momento dellannuncio / predicazione del vangelo della salvezza e gli atti liturgico - sacramentali. Il testo sopra citato
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Riprendo qui una terminologia incontrata in RUFFINI ELISEO, Spirito Santo e realt sacramentale. Linee di ricerca storico-teologica, in Spirito Santo e liturgia. Atti della XII Settimana di studio dellAssociazione Professori di Liturgia. Valdragone (San Martino): 22-26 agosto 1983 = Studi di liturgia. Nuova Serie 12, Marietti, Casale Monferrato (AL), 1983, pp. 28-32. 13

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com chiarisce che la missione affidata da Cristo alla Chiesa comprende, in modo del tutto necessario, sia lannuncio della Parola che la celebrazione dei Sacramenti, e ne studia i rapporti. Lannuncio della salvezza (il figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre) ha una sua precedenza logica e cronologica rispetto allazione liturgico - sacramentale, ma non in s completo e concluso. Esso tende di sua natura a compiersi nelle celebrazioni liturgico - sacramentali della Chiesa, grazie alle quali giunge a effettiva attuazione la salvezza annunciata. b) Ne consegue, ed la seconda e pi importante notazione, che la celebrazione liturgica pensata veramente come momento della e nella rivelazione cristiana (momento della e nella storia della salvezza), non nel senso di rappresentare un novum salvifico qualitativamente diverso dal novum cristologico, ma nel senso di rendere oggi disponibile a tutti, mediante la sua struttura sacramentale, la definitiva realt salvifica di Cristo. Nelloggi della Chiesa la liturgia dunque, in analogia con levento pasquale da cui scaturisce e sul fondamento di quellevento, un autentico avvenimento di salvezza. Labate Salvatore Marsili (1910-1983), uno dei liturgisti italiani pi significativi del Novecento, amava parlare della liturgia come di momento-sintesi e momento ultimo della storia della salvezza, in quanto il suo compito quello di ultimare gradualmente nei singoli e nellintera umanit limmagine piena del Cristo pasquale3. c) Merita infine di essere raccolta la notazione sul sacrificio e sui sacramenti come elementi sui quali si impernia tutta la vita liturgica. dichiarata, seppure di passaggio, la centralit delle celebrazioni sacramentali nel complesso degli atti che vanno sotto il nome di liturgia, con linvito, almeno implicito, a raccordare maggiormente, dal punto di vista della comprensione teologica, il tema sacramenti con il tema liturgia. Anche se la liturgia ha uno spettro pi ampio di manifestazioni rispetto al settenario sacramentale (si pensi a tutta la struttura dellanno liturgico, alla liturgia delle ore, ai riti liturgici della dedicazione di una Chiesa, della professione religiosa, delle esequie, ecc...), essa ha nelle azioni sacramentali il suo nucleo essenziale e irrinunciabile, dal quale tutto scaturisce e a cui tutto tende.

3.

La presenza personale di Cristo nella liturgia

Arrivati a questo punto era necessario procedere oltre e interrogarsi sulle ragioni che fondano la possibilit che la liturgia sia realmente nella Chiesa lattuazione dellopera di salvezza compiuta da Cristo nella sua Pasqua. SC, n. 7 sincarica di formulare una risposta plausibile a questa domanda attraverso la dottrina della presenza di Cristo nella liturgia. Essa riprende e approfondisce un importante passaggio della Mediator Dei4, che faceva tesoro, a sua volta, delle riflessioni maturate in seno al movimento liturgico gra3

Cf MARSILI SALVATORE, La liturgia, momento storico della salvezza, in Anmnesis 1. La liturgia momento nella storia della salvezza, Marietti, Torino 1974, pp. 91-92. In ogni azione liturgica, quindi, insieme con la Chiesa presente il divino fondatore: Cristo presente nellaugusto sacrificio dellaltare sia nella persona del suo ministro, sia massimamente, sotto le specie eucaristiche; presente nei sacramenti con la virt che in essi trasfonde perch siano strumenti efficaci di santit; presente infine nelle lodi e nelle suppliche a Dio rivolte, come sta scritto: Dove sono due o tre adunati nel mio nome, ivi io sono in mezzo a essi (Mt 18, 20) (Enchiridion delle Encicliche 6. Pio XII 1939-1958, Dehoniane, Bologna 1995, n. 449). 14

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com zie, soprattutto, al pensiero dei liturgisti benedettini Lambert Beauduin (1873-1960) e Odo Casel (1886-1948): Per realizzare unopera cos grande, Cristo sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. presente nel sacrificio della messa sia nella persona del ministro, egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti (Concilio di Trento), sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. presente con la sua virt nei sacramenti, in modo che quando uno battezza Cristo stesso che battezza (SantAgostino). presente nella sua parola, giacch lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. presente infine quando la Chiesa prega e loda, egli che ha promesso: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, l sono io in mezzo a loro (Mt 18, 20) (SC, n. 7)5. Prendendo le mosse dalla lucida consapevolezza che il momento liturgico - sacramentale momento decisivo, anche se non esaustivo, dellesistenza della Chiesa e del suo ministero di salvezza, il testo conciliare dichiara dapprima la perenne e indefettibile presenza di Cristo alla Chiesa, per poi affermare che una tale presenza si d in modo del tutto speciale nelle azioni liturgiche. Alla tesi generale esso fa seguire un elenco esemplificativo di ambiti liturgici in cui la presenza di Cristo si manifesta e si attua, un quadro, gi ben delineato, ma ancora provvisorio, delle molteplici presenze di Cristo nella liturgia. Come si pu notare la dizione del testo conciliare si conserva piuttosto indeterminata ed evita accuratamente di dare una qualifica pi precisa alle diverse presenze. La discussione in aula conciliare non aveva infatti raggiunto una sufficiente chiarificazione teologica al riguardo. Qualcosa della mens conciliare traspare per sia dallordine con cui vengono elencate le diverse presenze (sacrificio della messa, sacramenti, parola, assemblea liturgica) sia, soprattutto, dalla dichiarata preminenza della presenza sotto le specie eucaristiche rispetto a ogni altro tipo di presenza, in particolare rispetto a quella del ministro ordinato. Precedenza e primato delleucaristia stanno cio a indicare che la tematica della presenza di Cristo nella liturgia va compresa a partire dal mistero della presenza eucaristica, che di ogni altra forma di presenza di Cristo alla sua Chiesa rappresenta il princeps analogatum. La cosa stata confermata da Paolo VI nellenciclica Mysterium Fidei del 25 maggio 19656, la quale, tornando con una certa ampiezza sullargomento delle presenze di Cristo alla Chiesa cos si esprime: Queste varie maniere di presenza riempiono lanimo di stupore e offrono alla contemplazione il mistero della Chiesa. Ma ben altro il modo, veramente su5

Per un approfondimento personale del tema della presenza di Cristo nella liturgia si vedano le seguenti indicazioni: CUVA ARMANDO, La presenza di Cristo nella liturgia, Roma 1973; SARTORE DOMENICO, La molteplice presenza di Cristo nella recente riflessione teologica, in Cristologia e liturgia. Atti dellVIII settimana di studio dellAssociazione Professori di Liturgia. Costabissara (Vicenza): 27-31 agosto 1979 = Studi di Liturgia 8, Dehoniane, Bologna 1980, pp. 231-258; GALOT JEAN, La cristologia nella Sacrosanctum Concilium, in Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. Studi = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 38, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 1986, pp. 163-170. Il testo dellenciclica in PAOLO VI, Mysterium fidei. Dottrina e culto della Santissima Eucaristia, in Enchiridion delle Encicliche 7. Giovanni XXIII, Paolo VI (1958-1978) edizione bilingue, a cura di ERMINIO LORA RITA SIMIONATI, Dehoniane, Bologna 1994, nn. 845-919. 15

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com blime, con cui Cristo presente alla sua Chiesa nel sacramento delleucaristia, che perci tra gli altri sacramenti pi soave per la devozione, pi bello per lintelligenza, pi santo per il contenuto (Egidio Romano); contiene infatti lo stesso Cristo ed quasi la perfezione della vita spirituale e il fine di tutti i sacramenti (san Tommaso dAquino). Tale presenza si dice reale non per esclusione, quasi che le altre non siano reali, ma per antonomasia perch anche corporale e sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente (n. 20). Laffermazione conclusiva di Paolo VI un utile complemento al testo conciliare. Da una parte, egli estende il concetto di presenza reale alle molteplici presenze di cui parla Sacrosanctum Concilium, denunciando linsufficienza di uninterpretazione in senso puramente simbolico o morale. Dallaltra egli puntualizza leccellenza della presenza reale sotto le specie eucaristiche, richiamandosi al concetto del tutto peculiare di presenza substantialis (o ad modum substantiae). In questo maniera egli introduce una analogia di proporzione tra la presenza eucaristica e gli altri tipi di presenza, che si gioca sulle diverse modalit di presenza e sulle diverse conseguenze che esse comportano nellambito della Chiesa e delle sue celebrazioni. La prima (presenza eucaristica) corporale e sostanziale e dunque, finch permangono le specie cui inerisce, stabile e permanente, le altre (presenza nel ministro delleucaristia e degli altri sacramenti, nella parola proclamata e nellassemblea adunata) non si danno per mutamento di sostanza della realt cui la persona di Cristo inerisce (qualche autore parla di presenze funzionali) e sono perci transeunti, cio si danno solo nella celebrazione in atto. Passando dalla teoria generale della presenza di Cristo nelle azioni liturgiche della Chiesa alle determinazioni pi specifiche contenute nel testo conciliare fermiamo la nostra attenzione sulla presenza nel ministro (delleucaristia e degli altri sacramenti), nella parola proclamata e nellassemblea adunata, rinviando al corso apposito di sacramentaria per la trattazione della presenza per antonomasia. Utilizzo in questa parte alcune pagine del citato articolo di Jean Galot: 3.1. La presenza nella persona del ministro Prima di parlare di ci che abitualmente viene chiamata la presenza eucaristica, ossia la presenza del Corpo e del Sangue di Cristo, il Concilio afferma la presenza di Cristo nella persona del ministro. Logicamente questa deve essere indicata in primo luogo, perch essa che permette alle parole del prete di produrre come effetto la presenza del Corpo e del Sangue del Signore. La presenza prima trascina la seconda anche se questa di molto differente. Per comprendere la presenza di Cristo nel ministro, bisogna riportarsi particolarmente alle parole della consacrazione: Questo il mio corpo, Questo il mio sangue. Queste parole hanno un significato solo in quanto il prete rappresenta Cristo (in forza dello Spirito santo ricevuto nellordinazione e attualmente operante nellazione liturgica che si esercita aggiunta mia): pi precisamente si deve dire che Cristo che per bocca del suo ministro pronuncia le parole concernenti il suo Corpo e il suo Sangue, conferendo loro lefficacia. La rappresentazione di Cristo tramite il prete deve essere una presenza, poich solo Cristo stesso padrone della realt del suo Corpo e del suo Sangue. Il ruolo del ministro non si definisce soltanto dalle parole della consacrazione. Esso consiste nellofferta del sacrificio che perpetua il sacrificio della croce (SC, n. 47): ugualmente da questo punto di vista la presen16

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com za di Cristo essenziale, come lo indica la citazione del concilio di Trento: colui che ora offre per il ministero dei sacerdoti, il medesimo che allora offr se stesso sulla croce. Trento aggiunge che la vittima la stessa e che solo il modo dofferta differente. Nelleucaristia il modo sacramentale, mentre sulla croce si trattava di unofferta fatta nel corso della storia terrena e una volta per tutte. Se lofferta del sacrificio della messa identica a quella della croce, ci significa che Ges deve essere presente nel ministro per compiere lui steso lofferta con la mediazione del prete. Questo genere di presenza si ritrova anche negli altri sacramenti, come si ricorda in seguito: Egli presente con la sua potenza (in sua virtute: pneumatologia implicita, secondo luso frequente di identificare lo Spirito Santo come dunamis-virtus-potentia - aggiunta mia) nei sacramenti, cosicch quando uno battezza Cristo che battezza. 3.2. La presenza nella parola proclamata Limportanza della parola di Dio nella liturgia esige che venga ricordata la presenza di Cristo nella proclamazione di questa parola. Su questo punto il Concilio ha voluto completare quanto era stato gi detto nellenciclica Mediator Dei. Una redazione preparatoria aveva enunciato laffermazione: lui che parla allorch nella Chiesa vengono lette e spiegate le parole della sacra Scrittura. Ma poi vi sono state molte obiezioni da parte dei Padri del concilio che osservavano come il Cristo non parli nello stesso modo nella lettura e nella spiegazione della Scrittura. Nella redazione definitiva il concilio si limita ad affermare la presenza di Cristo nella lettura: presente nella sua parola, giacch lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. Va da s che il concilio non ha voluto negare una certa presenza di Cristo nel ministro che spiega la Scrittura. Questa presenza analoga a quella funzionale presente nei ministri dei sacramenti. Il Cristo parla in colui che proclama o predica la sua parola; la sua presenza potrebbe essere chiamata, pi specificamente una presenza profetica. Ma vi qualcosa di pi nella lettura della Scrittura: la parola letta quella di Cristo, in modo tale che lui pi immediatamente presente nella sua parola. La parola detta parola di Dio; nella prospettiva del mistero trinitario essa la parola del Padre che si esprime nel suo Verbo per lo Spirito Santo. Il Cristo la Parola fatta carne; egli venuto a rivelare, con la sua presenza in mezzo agli uomini e con il suo linguaggio umano, quanto aveva rivelato prima mediante il linguaggio biblico. Questa piena rivelazione consegnata nel vangelo, nella testimonianza di coloro che raccolsero la sua dottrina. Perci Cristo parla nellAntico come nel Nuovo Testamento. Quando la Scrittura viene letta in Chiesa, egli presente. La caratteristica essenziale della rivelazione chegli aveva dato agli uomini nel mistero dellIncarnazione era lidentit della parola di Dio con la sua persona. Il Figlio di Dio si rivelava dando la sua presenza come verit fondamentale. Nella Chiesa egli continua a esprimersi assicurando questa stessa presenza. una presenza di rivelazione che lo fa parlare nella lettura della Scrittura. 3.3. La presenza nellassemblea adunata in preghiera Se si vuole notare con pi precisione ci che ha di specifico questa presenza quando la Chiesa prega e canta, bisogna ricordare che Cristo stesso ha
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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com fondato con la sua preghiera e le sue relazioni filiali col Padre il nuovo culto degli adoratori del Padre in spirito e verit. Egli ha inaugurato il culto che si poi sviluppato nella Chiesa, e in questo sviluppo resta presente, con una presenza che si pu chiamare cultuale. una presenza che anima linsieme della liturgia. Questa presenza nella Chiesa significa che sempre il Cristo il primo agente della liturgia... Una spiegazione pi dettagliata ci stata fornita dal concilio sul ruolo di Cristo nellufficio divino: Ges Cristo Sommo Sacerdote del nuovo ed eterno Testamento, assumendo la natura umana port in questo esilio terreno quellinno che forma il canto eterno del cielo. Egli unisce a s tutta intera la comunit umana e se lassocia nel canto divino di questa sua lode. Cristo continua in questo modo la sua opera sacerdotale per mezzo della Chiesa, la quale non solo nella celebrazione eucaristica, ma anche in altri modi e soprattutto col divino ufficio loda senza interruzione il Signore e intercede per la salute di tutto il mondo (SC, n. 83). Lufficio dunque (come ogni azione liturgica) opera sia della Sposa che dello Sposo: Esso veramente voce personale della Sposa che parla allo Sposo, anzi preghiera di Cristo che, unito al suo Corpo, si rivolge al Padre (SC, n. 84).

4.

La definizione conciliare di liturgia

Alla luce della dottrina della molteplice presenza reale e personale di Cristo nellazione liturgica il concilio giunge finalmente a dare, nella seconda parte dello stesso numero 7, una specie di definizione sia della liturgia in genere (definizione 1), sia della celebrazione liturgica in specie (definizione 2): Di fatto in questopera cos grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a s la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende culto alleterno Padre. DEFINIZIONE 1: Giustamente perci la liturgia ritenuta quellesercizio dellufficio sacerdotale di Ges Cristo [Iesu Christi sacerdotalis muneris exercitatio] mediante il quale con segni sensibili [per signa sensibilia] viene significata [significatur] e, in modo proprio a ciascuno, realizzata [efficitur] la santificazione delluomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Ges Cristo, cio dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale [integer cultus publicus]. DEFINIZIONE 2: Perci ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che la Chiesa, azione sacra per eccellenza [actio sacra praecellenter], e nessunaltra azione della Chiesa ne uguaglia lefficacia [efficacitatem adaequat] allo stesso titolo e allo stesso grado. Da questo tentativo di doppia definizione, che ancora una volta riprende e approfondisce il pensiero della Mediator Dei, annotiamo: a) La liturgia un esercizio, cio unazione continuamente reiterata nel tempo e un continuo accadimento nel flusso dinamico della storia umana. Essa dunque un perenne e rinnovato presente (e dovremmo subito aggiungere di salvezza) nel quale il passato si d come memoria viva ed efficace e il futuro si schiude come anticipo e promessa.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com b) Il soggetto integrale della liturgia Ges Cristo, in quanto sommo ed eterno sacerdote della nuova ed eterna alleanza tra Dio e lumanit, che associa a s la Chiesa nella variet delle sue membra e dei suoi ministeri. Detto in altro modo la liturgia operata grazie allazione sacerdotale congiunta di Cristo, capo della Chiesa suo corpo, e delle membra della Chiesa, nella diversit e complementarit della loro partecipazione al sacerdozio di Cristo. Perci ogni azione liturgica detta teandrica, cio umano-divina in quanto azione congiunta di Dio Padre, che per mezzo di Ges Cristo e nello Spirito Santo allopera nella celebrazione della Chiesa come attore principale, e della Chiesa che, nella visibilit dei suoi riti e dei suoi ministeri, rivela e attua lopera divina di salvezza. c) Lo specifico dellazione liturgica quello di esercitarsi per signa sensibilia (parole che si odono, gesti che si vedono e avvengono in uno spazio e in un tempo, realt cosmico-naturali, persone visibili...) che, in forza della loro dipendenza originaria da Dio (creaturalit) e prolungando nella Chiesa la logica del mistero dellincarnazione, diventano realt significanti e agenti la salvezza, cio realt sacramentali7. d) Lo scopo e il fine dellazione liturgica lo stesso della Pasqua storica di Ges Cristo: la santificazione delluomo, secondo le caratteristiche di ciascuno, e la glorificazione di Dio che, in continuit con la terminologia della tradizione, viene espressa con il concetto di culto pubblico integrale. Come ho gi accennato commentando SC, n. 5, la distinzione tra linea discendente e linea ascendente solo un modo per aiutare a comprendere pi adeguatamente lunico mistero di salvezza. Se infatti in Cristo la perfetta glorificazione di Dio coincide con la sua assoluta santit anche in coloro che, mediante la liturgia, partecipano di Cristo, la glorificazione di Dio va di pari passo con lopera della loro santificazione. Resta vero che la Chiesa nel suo insieme, in quanto associata al suo Signore e salvatore, pu elevare un perfetto atto di culto alla gloria del Padre anche se non tutti i singoli suoi membri sono giunti alla perfezione della santit cristiana8. e) La sacralit di ogni celebrazione liturgica va dunque ribadita con grande forza, non in ragione di categorie naturalistiche o filosofiche di sacro il tremendum e il fascinans di cui parla Rudolf Otto9 , ma in quanto in esse opera la santit personale di Dio, che si resa visibile in Ges Cristo, ed stata partecipata alla Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica: Perci ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che la Chiesa, azione sacra per eccellenza. dunque necessario attivare sempre, nei confronti della liturgia uno sguardo di ammirazione, un atteggiamento di grande rispetto, stima e venerazione che alimenti la consapevolezza del

Si veda la ripresa fatta dal Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) ai nn. 1189-1190: La celebrazione liturgica comporta segni e simboli relativi alla creazione (luce, acqua, fuoco), alla vita umana (lavare, ungere, spezzare il pane) e alla storia della salvezza (i riti della Pasqua). Inseriti nel mondo della fede e assunti dalla forza dello Spirito Santo, questi elementi cosmici, questi riti umani, queste gesta memorabili di Dio diventano portatori dellazione di salvezza e di santificazione compiuta da Cristo. La liturgia della parola parte integrante della celebrazione. Il significato della celebrazione viene espresso dalla parola di Dio che annunciata e dallimpegno della fede che a essa risponde. Si veda la ripresa fatta da Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (2005) al n. 218: La liturgia la celebrazione del Mistero di Cristo e in particolare del suo Mistero Pasquale. In essa, mediante lesercizio dellufficio sacerdotale di Ges Cristo, con segni si manifesta e si realizza la santificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Cristo, cio dal capo e dalle membra, il culto pubblico dovuto a Dio. OTTO RUDOLF, Il sacro. Lirrazionale nellidea del divino e la sua relazione al razionale, a cura di ERNESTO BUONAIUTI = Campi del Sapere, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 191ss. 19

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com tesoro che essa racchiude, tesoro che la Chiesa, e ancora di pi il singolo sacerdote, chiamata a custodire con la massima cura e diligenza. La partecipazione dei fedeli allazione liturgica

5.

La santificazione delluomo e la glorificazione di Dio realizzati per mezzo delle azioni liturgiche raggiungono la loro piena efficacia per la vita della Chiesa quando i fedeli, in risposta allopera divina, attivano tutte le disposizioni personali e comunitarie necessarie. Il testo conciliare, al n. 11, riassume il tema delle disposizioni personali e comunitarie necessarie nel concetto di partecipazione dei fedeli allazione liturgica, una partecipazione che viene connotata da tre aggettivi: consapevole (conscia), attiva (actuosa) e fruttuosa (fructuosa): Ad ottenere... questa piena efficacia, necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con disposizioni danimo retto, conformino la loro mente alle parole e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano. Perci i sacri pastori devono vigilare affinch nellazione liturgica non solo siano osservate le leggi per la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente. Si pu annotare che allinsistenza iniziale sulle disposizioni morali e spirituali dei fedeli che si accostano alla sacra liturgia le disposizioni danimo retto, la conformit della mente alle parole, secondo ladagio benedettino mens concordet voci, la cooperazione con la grazia divina segue subito il richiamo al dovere dei pastori di vigilare, oltre che sullosservanza delle leggi liturgiche, anche e soprattutto sulla partecipazione dei fedeli, perch sia consapevole, attiva e fruttuosa. Questi tre aggettivi, bench ben ponderati non sono assoluti. Al n. 14 la partecipazione diventa piena, consapevole e attiva e al n. 48 consapevole, pia e attiva. Qualche anno dopo, nelle Premesse generali al Messale romano (1970) e ambrosiano (1976) si parler di una partecipazione consapevole, attiva e piena, esterna, interna, ardente di fede, speranza, carit10. Come si pu vedere, a fronte della stabilit dei due aggettivi consapevole e attiva, c un fluttuare del terzo, di volta in volta fruttuosa, piena o pia. La consapevolezza attiene alla sfera dellintelligenza, lattivit riguarda la sfera dei sensi corporei in movimento, la fruttuosit e la piet appellano alla dimensione delluomo interiore, allesercizio delle virt teologali e alla pratica delle virt. La pienezza della partecipazione data dal complesso di tutto questo, interiorit ed esteriorit, corpo e spirito, mente e cuore, insomma luomo tutto intero. Il Concilio abbozza anche una risposta alla domanda circa il fondamento teologico della partecipazione dei fedeli, cui va dedicata una specialissima cura nella riforma e nellincremento della liturgia (SC, n. 14). Ecco come si esprime il testo conciliare: La madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto (1Pt 2, 9; cf 2, 4-5) ha diritto e dovere in forza del battesimo (SC, n. 14).
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Sia il testo romano, sia il testo ambrosiano, riportano queste parole al n. 3. 20

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La partecipazione dei fedeli allazione liturgica, che supera definitivamente il concetto di assistenza anche devota, come estranei o muti spettatori, richiesta dalla natura stessa della liturgia, in quanto dialogo in atto tra Dio e il suo popolo, e ha come fondamento la dignit di membro di un popolo sacerdotale (profetico e regale), che ciascun fedele ha acquisito in forza del battesimo e dellunzione crismale. Partecipando pienamente, consapevolmente e attivamente ai santi misteri ogni fedele battezzato e confermato esercita, unito a Ges Cristo e in forza del suo Spirito, un vero ministero sacerdotale, seppure distinto dal sacerdozio ordinato.

6.

Necessit - non esaustivit della liturgia

Lesaltazione della grandezza e bellezza della liturgia, con cui si chiude il numero 7, non va intesa come un invito al pan-liturgismo, ossia alla riduzione di tutta la vita e la missione della Chiesa a liturgia. SC, nn. 9-10 ritorna perci sul rapporto liturgia - Chiesa, chiarendo contemporaneamente la necessit e linsufficienza o non esaustivit della prima rispetto alla seconda: La sacra liturgia non esaurisce tutta lazione della Chiesa. Infatti prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, necessario che siano chiamati alla fede e alla conversione: Come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? (Rm 10, 14-15a). Per questo la Chiesa annuncia il messaggio della salvezza ai non credenti... Ai credenti poi essa deve sempre predicare la fede e la penitenza, deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnare loro a osservare tutto ci che Cristo ha comandato, e incitarli a tutte le opere di carit, di piet e di apostolato, attraverso le quali divenga manifesto che i fedeli di Cristo non sono di questo mondo e tuttavia sono luce del mondo e rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini (SC, n. 9). Nondimeno la liturgia il culmine (culmen) verso cui tende lazione della Chiesa e, insieme, la fonte (fons) da cui promana tutta la sua virt... Dalla liturgia dunque, particolarmente dalleucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attivit della Chiesa (SC, n. 10). Rifacendosi a Rm 10, 14-15 il testo conciliare colloca il momento liturgico - sacramentale, qualsiasi momento liturgico - sacramentale, nellambito di unazione pastorale pi vasta e complessiva, con la quale e per la quale la Chiesa esprime la piena fedelt alla missione ricevuta. Annuncio - azione liturgico / sacramentale - carit sono cos profondamente legate luna allaltra che la dimenticanza di una di esse mette in difficolt anche le altre: a) La liturgia senza un continuo e reiterato annuncio della parola, che provoca alla fede e alla conversione, rischia di ridursi a ritualismo formale, del quale si smarrito il senso e la ragione. Ma anche la predicazione della parola senza il suo compimento liturgico - sacramentale rischia il razionalismo, perch rimane privata dellattuale esperienza salvifica di ci che essa annuncia.
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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com b) La liturgia senza un costante esito vitale - esistenziale nella carit (preghiera - comunione - diaconia) rischia lestetismo spirituale o lo spiritualismo misticizzante, perch perde di vista la novit del culto cristiano in spirito e verit. Ma anche la carit che non generata dalla celebrazione e non si rinnova nella celebrazione rischia lefficentismo, ossia la produzione di unopera solo umana, non permeata da Dio, sorgente viva della carit, che a noi si comunica nei sacramenti della Chiesa. Laffermazione della profondissima interdipendenza dellannuncio, della liturgia e della carit nella missione della Chiesa non impedisce al testo conciliare di riconoscere che la liturgia culmen et fons dellazione della Chiesa, proprio perch solo in essa e per mezzo di essa data alla Chiesa la possibilit del tutto singolare di avere parte oggi al mistero del suo Signore, nella memoria di ci che egli ha compiuto e nella epiclesi del suo Spirito che d la vita.

7.

La reformabilit della liturgia

Grazie a questa visione teologica della liturgia il concilio ha preso la solenne decisione di avviare la riforma dei riti e delle preghiere che compongono le diverse celebrazioni liturgiche, distinguendo tra la parte immutabile e le parti suscettibili di cambiamenti. quanto ha cos bene sintetizzato il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 1205: Nella liturgia, e segnatamente in quella dei sacramenti, c una parte immutabile, perch di istituzione divina, di cui la Chiesa custode, e ci sono parti suscettibili di cambiamenti, che essa ha il potere, e talvolta anche il dovere, di adattare alle culture dei popoli recentemente evangelizzati. La stessa visione teologica della liturgia ha ancora permesso di guardare con fiducia allesistenza di tradizioni liturgiche diverse nellambito della Chiesa Cattolica, come il Rito Ambrosiano distinto dal Rito Romano (cf SC, n. 4). ancora il Catechismo della Chiesa Cattolica, ai nn. 1208-1209, a darne la sintesi pi matura: Le diverse tradizioni liturgiche, o riti legittimamente riconosciuti, in quanto significano e comunicano lo stesso mistero di Cristo, manifestano la cattolicit della Chiesa. Il criterio che assicura lunit nella pluriformit delle tradizioni liturgiche la fedelt alla Tradizione Apostolica, ossia: la comunione nella fede e nei sacramenti ricevuti dagli Apostoli, comunione che significata e garantita dalla successione apostolica.

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CAPITOLO II LA LITURGIA DELLE ORIGINI CRISTIANE


Litinerario storico - teologico che ci accingiamo a percorre prende le mosse dallo studio del culto nel Nuovo Testamento (= NT). I documenti neotestamentari, corpo scritturistico della pienezza della rivelazione divina, sono infatti la prima fonte da cui attingere il fatto o i fatti della liturgia cristiana e la loro comprensione credente. Dopo unessenziale ricognizione dei fatti rito-cultuali del NT, dai quali si evincer una ricca strutturazione liturgica del cristianesimo delle origini, tenteremo di recuperare la novit del concetto neotestamentario di culto, operando due saggi di approfondimento: 1) uno studio del modo con cui il NT utilizza il vocabolario cultuale generale (leiturga - latrea); 2) uno studio della rilettura neotestamentaria degli istituti ritocultuali universalmente conosciuti a livello religioso e specificamente codificati nellesperienza religiosa di Israele: sacrificio, altare, tempio, sacerdozio.

1.

La prassi rito-cultuale nel Nuovo Testamento

Se il libro degli Atti degli Apostoli ci informa che i primi cristiani di Gerusalemme continuavano ad avere una certa familiarit con la prassi cultuale giudaica, in particolare con la frequentazione del Tempio (cf At 2, 46; 5, 42; cf. anche Lc 24, 53), con altrettanta chiarezza ci mostra la nascita e lo sviluppo di una vita liturgica (rito-cultuale) sempre pi autonoma e svincolata dalleredit giudaica1.

1.1. Gli atti rito-cultuali Gli atti rito-cultuali che possiamo riconoscere nellattestazione neotestamentaria sono molteplici. Di alcuni abbiamo testimonianza diretta, di altri abbiamo indizi, messi in evidenza da unattenta ricerca esegetica, la quale lavora tenendo in conto lipotesi del Sitz im Leben (contesto vitale) anche liturgico di molti scritti neotestamentari. Rinviando alle pagine del Cullmann per una pi analitica ricostruzione dei dati, ma integrando alcune sue omissioni con il Grelot, possiamo qui limitarci a uno scarno elenco di atti rito-cultuali gi attestati nella prassi apostolica: a) Il rito del battesimo in acqua e Spirito Santo (cf Gv 3, 5), pi volte strettamente correlato a un gesto apostolico di imposizione delle mani, a suggello della fede che accoglie la predicazione kerigmatica (si vedano almeno: Mc 16, 15-16; Mt 28, 19-20; At 2, 41; 8, 14-17; 8, 38; 10, 48; 19, 6). b) Il rito della frazione del pane (klsis to rtou: At 2, 42; 20, 7-11; 27, 35; 1Cor 10, 14-22) o del mangiare la cena del Signore (kuriakn depnon fagen: 1Cor 11, 20) in
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Per lapprofondimento di questa parte: HAHN FERDINAND, Il servizio liturgico nel cristianesimo primitivo = Studi biblici 20, Paideia, Brescia 1972, pp. 9-98; CULLMANN OSCAR, La fede e il culto della Chiesa primitiva, Ave, Roma 1974, pp. 143-179; La liturgia nel Nuovo Testamento, a cura di GRELOT PIERRE, Borla, Roma 1992, pp. 332.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com obbedienza a quanto gli apostoli hanno ricevuto dal Signore (1Cor 11, 23; Mt 26, 26-29; Mc 14, 22-25; Lc 22, 14-20). Mediante questo rito conviviale e sacrificale insieme (cf 1Cor 10, 16-22), che trova la sua collocazione temporale originaria nel primo giorno dopo il sabato (cf At 20, 7), le comunit cristiane fanno memoria di Cristo e della sua Pasqua, comunicano alla realt personale del Signore e rinnovano lattesa del convito messianico (1Cor 11, 26)2. c) Il rito dellunzione con olio (leipsis elaou) dei malati nel nome del Signore, fatta dai presbiteri della Chiesa in contesto di fede e di preghiera (Gc 5, 14-15), per il sollievo e la salvezza del malato3. d) Il rito dellimposizione delle mani (epthesis tn cheirn) da parte degli apostoli (At 6, 6) o dei profeti e dei dottori (At 13, 3) o di un collegio di presbiteri (1Tm 4, 14) in contesto di preghiera (At 6, 6), o di digiuno e di preghiera (At 13, 3), per il conferimento di un particolare dono spirituale (1Tm 4, 14) in vista di uno speciale ministero in favore della Chiesa nascente4. e) La preghiera comune, mediante la proclamazione di salmi, inni e cantici spirituali (Col 3, 16-17), sia dellAT, ma reinterpretati in chiave cristologica, sia di nuova e pi libera composizione, come risulta dagli inni cristologici di Paolo o dal cantico di Zaccaria, di Simeone e di Maria in Luca5. 1.2. Il luogo dellassemblea liturgica Il luogo dellassemblea cristiana riunita per i sui specifici atti rito-cultuali sembra essere complessivamente al di fuori degli spazi sacri del giudaismo (tempio - sinagoga) e del paganesimo. a) Per la preghiera comune, per listruzione degli apostoli e per la frazione del pane sia At 12, 12 (Pietro... si rec alla casa di Maria, madre di Giovanni detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano), sia At 20, 8 (Cera un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti), sia Rm 16, 3a. 5. 23a (Salutate Prisca e Aquila... salutate anche la comunit che si riunisce nella loro casa... Vi saluta Gaio, che ospita me e tutta la comunit), sia 1Cor 16, 19b (Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con la comunit che si raduna nella loro casa), come pure altre allusioni pi indirette (cf per es. 1Cor 11, 17ss) o pi difficili da interpretare nel loro

Si veda anche lipotesi di Oscar Cullmann, secondo il quale nellinvocazione Maranatha (cf 1Cor 16, 22; Ap 22, 20) abbiamo un elemento specificamente cristiano delle preghiere liturgiche primitive (p. 154). CULLMANN passa sotto silenzio questa testimonianza. Cf, al contrario, GRELOT PIERRE, o. c. pp. 133-134. Ho elencato di seguito i principali passi in cui compare il gesto rituale dellimposizione delle mano per un ministero senza entrare nella questione del valore specifico di ogni singola testimonianza. Anche di questo CULLMANN non fa cenno. Cf, al contrario, GRELOT PIERRE, o. c., pp. 130-132. Cullmann propone una lettura in chiave rito-cultuale anche delle numerose confessioni di fede, formule di benedizione e dossologie contenute negli scritti soprattutto paolini (pp. 162-165). Su questo anche GRELOT PIERRE, o. c., pp. 181-223.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com senso genuino (cf per es. At 2, 46; 5, 42), parlano della casa di un fratello, che per capienza e decoro avevano la possibilit di contenere un buon numero di persone. b) Per il rito battesimale, che suggella laccoglienza nella fede della predicazione apostolica, il luogo della sua celebrazione semplicemente quello in cui si ha a disposizione dell acqua corrente: o la casa stessa (At 10, 44-48; At 16, 32-34) o il corso di un torrente (At 16, 11-15) o un luogo di raccolta dacqua (At 8, 34-39). c) Per la preghiera e lunzione che salva, risolleva il malato e gli rimette i peccati (cf Gc 5, 15), la lettera di Giacomo fa pensare ancora una volta allambiente domestico: Chi malato, chiami a s i presbiteri della Chiesa (Gc 5, 13).

1.3. Il tempo della celebrazione Il tempo dellassemblea liturgica propriamente cristiana esce progressivamente dalla tutela dei tempi liturgici ebraici, specialmente da quella del sabato. Scrive Oscar Cullmann: Gli Atti dicono che la Chiesa si riuniva ogni giorno (At 2, 46; cf Lc 24, 53). E non escluso che qua e l si sia osservato il sabato. Tuttavia notiamo un fenomeno simile a quello che abbiamo appena visto riguardo al luogo di culto: fin dallorigine il culto della Chiesa si crea una cornice specificamente cristiana; un giorno particolare viene messo a disposizione per il culto: il giorno del Signore. Rompendo coscientemente con il sabato giudaico, i primi cristiani scelsero il primo giorno della settimana, giorno della risurrezione del Cristo, giorno della sua apparizione ai discepoli riuniti nel momento del loro pasto... Questa relazione tra il giorno del culto e la risurrezione del Cristo ci fornisce... unindicazione molto preziosa per ben comprendere il senso stesso di ogni culto della Chiesa primitiva6. Di fronte a questa ricchezza di dati liturgici, che ci permette di concludere allaffermazione di un cristianesimo che nasce gi liturgicamente strutturato in forme autonome rispetto alla grande tradizione giudaica di partenza e ancor pi rispetto alle forme religiose pagane, nasce spontanea la domanda circa la novit teologica e spirituale che giustifica il nuovo rito-cultuale testimoniato nelle comunit apostoliche.

2.

Liturgia e culto in Spirito e Verit

Per rispondere a una tale domanda, la prima strada percorsa dagli studiosi stata quella di indagare puntualmente sul vocabolario liturgico dellAT, nelloriginale ebraico e nella versione greca dei LXX, per rapportarlo successivamente alla sua ripresa e al suo riutilizzo nel greco del NT. Di questa ricerca recuperiamo i risultati relativi ai termini liturgia culto (in greco leiturga latrea) e ai loro derivati verbali o aggettivali7.

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CULMANN OSCAR, o. c., p. 157. Per questa parte riprendiamo MARSILI SALVATORE, La liturgia, momento storico della salvezza in: Anmnesis 1., Marietti, Torino1974, pp. 33-44; LYONNET STANISLAO, La nature du culte dans le Nouveau Testament, in La liturgie aprs le Vatican II. Bilans, tudes, prospective, a cura di JOSSUA J. P.-CONGAR YVES = Unam Sanctam 66, Paris 1967, pp. 356-384.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 2.1. Leiturga dallAntico al Nuovo Testamento Etimologicamente il termine leiturga significa azione / opera (urgia da rgon) per il popolo (leit da litos = che riguarda il popolo). Esso fu impiegato nel greco classico per indicare quegli interventi di carattere pubblico (allestimento di navi per la guerra, allestimento di giochi in occasioni di feste, ecc...), messi in atto da persone facoltose e in vista presso il popolo, in favore del popolo stesso. Il carico di queste opere, sempre molto rilevante in termini economici e sempre pi dovuto in termini di immagine, favor unespansione semantica del vocabolo, che divenne sinonimo di servizio oneroso e obbligante e, nella scia di questa prima espansione, durante il periodo ellenistico (secc. IV-II a. C.) si svilupp un impiego religiosocultuale del termine. Liturgia divenne quel servizio oneroso di culto (in primo luogo lofferta dei sacrifici) da rendere agli dei presso i rispettivi santuari per il tramite dei sacerdoti. Labate Marsili nota che questulteriore espansione semantica, di carattere religioso-cultuale, tende, in ambito ellenistico, a diventare esclusiva. Quando i Settanta mettono mano alla traduzione greca dellAT, siamo in piena epoca ellenistica e il nostro vocabolo viene utilizzato, con applicazione agli istituti giudaici, nello stesso senso. Liturgia diventa cos il termine tecnico per designare il servizio di culto reso a Jahv (in primo luogo lofferta dei sacrifici) nel tempio per il tramite dei sacerdoti e dei leviti. Esso rimanda, cio, al culto ufficiale ebraico, attuato nellunico legittimo santuario (il tempio di Gerusalemme), ben determinato nel suo ordinamento celebrativo e riservato, per diritto divino, alla casta sacerdotale. La preghiera quotidiana, individuale e familiare (il sacrificio della lode - per usare la terminologia profetica), la cena settimanale o pasquale nelle case e il raduno sinagogale del sabato non rientrano, perci, nella liturgia di Israele. Tanto meno il termine liturgia usato dai Settanta per indicare il culto reso con la vita santa e giusta, culto al quale soprattutto la predicazione profetica aveva instancabilmente richiamato, indicandolo come il vero e autentico sacrificio che Dio gradisce (Ger 7; Os 6, 6; 8, 11-13; Am 5, 21-25) e che invera le stesse offerte sacrificali del tempio (si possono rileggere in proposito i cosiddetti salmi di ascensione: cf Sal 14; Sal 23; Sal 94). Cos mentre loriginale ebraico usava lo stesso vocabolario (shert - abohdh), sia per il culto dato a Jahv mediante unesistenza giusta e santa, sia per il culto ufficiale del tempio, permettendo una migliore osmosi tra momento rituale del culto e sua dimensione etico-vitale, la scelta dei Settanta, se, da un lato, introduce una chiarificazione di vocabolario, dallaltro, irrigidisce la separazione tra momento rituale e momento etico-vitale del culto reso a Jahv, dando adito a una considerazione pi estrinseca e cosificante del momento propriamente rito-cultuale. Mentre il testo ebraico, impiegando la stessa terminologia per le due realt, permetteva una visione globale e unitaria del culto a Jahv, tesa a integrare rito e vita, la chiarificazione terminologica dei Settanta rende pi netta la distinzione tra gli atti liturgici e il comportamento morale, con il rischio che il culto del tempio possa funzionare in modo autonomo a prescindere dal culto della vita. Su queste premesse possiamo ora verificare cosa avviene del termine leiturga nel NT. Esso compare solo 15 volte [2 volte negli scritti lucani (Lc 1, 23 e At 13, 2); 7 volte negli scritti paolini (Rm 13, 6; 15, 16. 27; 2Cor 9, 12; Fil 2, 17. 25. 30) e 6 volte nella lettera agli Ebrei (Ebr 1, 7. 14; 8, 2. 6; 9, 21; 10, 11)] e il suo impiego differente a se-

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com condo che il contesto del discorso faccia ancora riferimento al mondo giudaico o prescinda ormai totalmente da esso. Nel primo caso (vangelo di Luca e lettera agli Ebrei) c continuit con il linguaggio dei Settanta: liturgia continua a designare il servizio levitico-sacerdotale (Lc 1, 23; Ebr 8, 2. 6; 9, 21; 10, 118). Nel secondo caso (corpus paulinum in senso stretto), dove il contesto pare prescindere da ogni riferimento diretto al giudaismo (cf Rm 13, 6; 15, 16. 27; 2Cor 9, 12; Fil 2, 17. 25. 30), sia il verbo che il sostantivo sono normalmente usati in funzione non rituale9. A mo di esempio, prendiamo il caso di Fil 2, 25. Paolo parla di Epafrodto come liturgo delle sue necessit, il quale, a rischio della sua stessa vita, ha sostituito la comunit di Filippi nella liturgia presso Paolo. Il riferimento ai donativi e alle elemosine portate da Epafrodto a Paolo da parte della comunit di Filippi. A rigore si potrebbe qui supporre persino un uso dei termini liturgo/liturgia in senso ancora classico (= servizio oneroso), ma la presenza dello stesso termine qualche versetto prima (Fil 2, 17) a fianco di un vocabolario indiscutibilmente cultuale (spndo = versare in libagione; thusa = offerta sacrificale) non d adito a dubbi: Paolo applica una trasposizione del vocabolario rituale greco dellAT allesistenza cristiana vissuta nella forma della carit, dichiarando che ci che Epafrodto e la comunit di Filippi hanno compiuto autentica liturgia della fede: Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sullofferta (in greco leiturga) della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. NB: In contesto inequivocabilmente cristiano, c una sola eccezione alluso cultuale, ma non rituale, del termine liturgia, vale a dire At 13, 2. Qui, infatti, liturgia, pur non designando un atto del sacerdozio levitico, sta ad indicare una vera e propria celebrazione cristiana della comunit di Antiochia (leiturgnton autn t Kuro), guidata o presieduta dai profeti e dai dottori di questa comunit. Se difficile stabilire con precisione a quale atto celebrativo Luca faccia riferimento, nessun dubbio serio sul referente rituale dellespressione10. 2.2. Culto (latrea) dallAntico al Nuovo Testamento Etimologicamente latrea esprime il concetto di servizio (da ltron = salario, ricompensa), ma non immediatamente in senso religioso e rito-cultuale. Nel greco dei Settanta, invece, il termine usato per esprimere sia il servizio religioso alle divinit pagane, sia il servizio religioso a Jahv da parte del popolo dIsraele nel suo complesso,
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Il discorso andrebbe per maggiormente circostanziato almeno per Ebr 8, 2. 6. Se infatti il contesto rimanda allAT, il senso del discorso quello di mostrare come il ministero sacerdotale di Cristo altra cosa da quello levitico (cf v. 4), ed di molto superiore a quello che era solo immagine e ombra delle realt celesti (v. 5). In tal modo la liturgia s quella levitica, ma anche, per parallelo, lazione sacerdotale di Cristo, la quale per tuttaltra cosa. Per approfondire: BALDANZA GIUSEPPE, Paolo e il culto. Esegesi e teologia = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 147, CLV. Edizioni Liturgiche, Roma 2009, pp. 151, specialmente i capp. II e III. Gli scritti lucani (Lc 1, 23 - At 13, 2), a differenza dellepistolario paolino, usano sempre in senso specificamente rituale il termine liturgia, anche se nel primo caso si tratta ancora della ritualit ebraica, mentre nel secondo della ritualit propriamente cristiana.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com e da parte del singolo israelita, a esclusione del servizio propriamente leviticosacerdotale, per il quale stato riservato il termine liturgia11. Il NT usa latrea, in forma nominale o verbale, 26 volte. In riferimento al culto idolatrico pagano (Rm 1, 20), al culto del pio israelita (Lc 2, 37) e al culto reso dai santi nella Gerusalemme celeste (Apc 7, 15; 22, 3) il modulo dei Settanta viene rispettato. Nuovo sembra essere invece limpiego del vocabolo nel contesto della vita cristiana, dove verbo e sostantivo designano sempre o il ministero apostolico come servizio reso a Dio, o lintera vita cristiana, come culto spirituale. Esempio del primo caso linizio della lettera ai Romani, dove Paolo si presenta come colui che rende culto (latruo) a Dio nel suo spirito, annunciando il Vangelo del Figlio suo (cf Rm 1, 9). Esempio del secondo caso lesortazione con cui Paolo inizia la parte parenetica della lettera ai Romani: Vi esorto dunque fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente (thusan zsan) santo e gradito a Dio; questo il vostro culto spirituale (tn logichn latrean umn) (Rm 12, 1). Il commento di Stanislao Lyonnet mette bene in evidenza la novit del testo paolino: Il senso chiaro: il culto antico consisteva nellofferta delle vittime immolate; il cristiano deve offrire se stesso nella sua vita di ogni giorno, la quale una partecipazione alla vita stessa del Cristo, perch non sono pi io che vive, ma il Cristo che vive in me (Gal 2, 20); una tale vittima vivente non pu essere che santa e gradita a Dio, infinitamente di pi degli animali offerti da Israele. Del resto, affinch non si equivochi sul suo pensiero, Paolo aggiunge unapposizione: vostro culto spirituale, come per dire: voi non ne avete unaltro e questo spirituale; esso consiste nella vostra vita di tutti i giorni, vita di carit totalmente disinteressata, come precisamente lo fu quella di Cristo"12. Lesortazione paolina di Rm 12, 1 dunque in perfetta sintonia con il lghion marciano, secondo il quale amare Dio con tutto il cuore, con tutta lintelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale di pi di tutti gli olocausti e i sacrifici (Mc 12, 33), e con il lghion giovanneo, secondo il quale i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verit; cos infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano (Gv 4, 23). Volendo concludere questindagine, parziale, ma significativa, sul vocabolario cultuale generale neotestamentario possiamo perci affermare: a) I termini liturgia e latria, utilizzati dai Settanta, luno per il servizio ritocultuale del tempio, laltro per il servizio extra-templare, sia rito-cultuale che esistenziale, quando sono impiegati in contesto propriamente cristiano, a parte leccezione di At 13, 2, tendono a indicare il culto anzitutto reso con la vita (vita apostolica - servizio di carit - preghiera di lode...); b) Questo primato del culto spirituale rispetto al culto rituale o, detto in modo diverso, questo inveramento del culto rituale nel culto spirituale ha il suo fondamento ultimo nella reinterpretazione in chiave cultuale dellintera singolare vicenda storica di Ges Cristo e, in particolare, della sua morte redentrice.

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Si veda per esempio, Gs 24, 1ss, dove il verbo servire usato ripetutamente, sia in riferimento agli idoli, sia in riferimento a Jahw, ed esprime al contempo un atteggiamento esistenziale (osservanza dei comandamenti) e un atteggiamento rito-cultuale. LYONNET STANISLAO, o. c., p. 371.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Se, infatti, in Ges Cristo lobbedienza al Padre fino alla morte di croce a costituire la forma compiuta del culto reso a Dio, di cui i sacrifici del tempio sono solo ombra e figura, la partecipazione a tale obbedienza, mediante unesistenza vissuta nella fede, speranza e carit, sar la forma compiuta del culto cristiano e la ragione propria della celebrazione liturgica cristiana. c) Di conseguenza, i momenti propriamente rito-cultuali del nuovo popolo dellalleanza (il battesimo - la frazione del pane - lunzione dei malati, ecc...), pur appartenendo di diritto alla liturgia - latria cristiana, non sono designati esplicitamente (cf per At 13, 2) con questi nomi. La cosa non sembrerebbe casuale ma intenzionale; per impedire cio una lettura acritica e concordista del passaggio dagli istituti rito-cultuali dellAT agli istituti ritocultuali del NT. I riti cristiani non sono una semplice sostituzione dei riti giudaici, ma un loro radicale superamento. Essi rinviano, infatti, al compimento di ogni istituto cultuale nella donazione pasquale di Ges e da essa traggono la loro ragion dessere.

3.

Sacrificio altare tempio e sacerdozio nella rilettura del NT

Se gi sul finire dellepoca apostolica, ma soprattutto nei secc. II-III dellera cristiana, la Chiesa dovette difendersi dallaccusa di ateismo e di empiet13, mossale sia da parte dei giudei che da parte dei pagani, la ragione pi immediata sembra debba essere rinvenuta nella difficolt a ritrovare presso il culto cristiano i segni ordinari della pietas religiosa tradizionale, vale a dire: i sacrifici animali [thusa], laltare per lofferta dei sacrifici [thusiastrion], il tempio [hiern - nas] e il sacerdozio [hierosne]. Che cosa avvenuto di queste realt, ritenute decisive, sia nel mondo religioso pagano che in quello ebraico, pur con le dovute differenze, per unesperienza autenticamente religiosa? Sono state del tutto abolite in favore di un culto totalmente interiore e spirituale o hanno subito una reinterpretazione teologica cos nuova da introdurre nella prassi rito - cultuale cristiana una radicale discontinuit con il mondo religioso circostante, sia giudaico che pagano? La risposta, alla luce delle affermazioni neotestamentarie e della successiva tradizione liturgica della Chiesa, risulta piuttosto netta: sacrificio, altare, tempio e sacerdozio, a partire dallevento pasquale di Cristo, realizzano la loro propria identit a un livello cos nuovo di realt da far regredire a figura e ombra, per quanto provvidenziale esso sia stato, tutto ci che precedentemente era insignito di questi stessi nomi14. 3.1. Il sacrificio Cos nel NT, soprattutto in quello straordinario, e non facile scritto che la lettera agli Ebrei15, il sacrificio non pi lofferta della vittima animale, compiuta dai sacerdoti
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Il rimando agli scritti dei Padri apologeti greci, quali Aristide, Giustino, Taziano, e latini, quali Tertulliano e Lattanzio. Interessanti contributi per approfondire in: Tempio, culto e sacerdozio. Atti del XII Convegno di Studi Neotestamentari e Anticotestamentari. Fara Sabina, 13-15 settembre 2007, a cura di ANTONIO PITTA, Dehoniane, Bologna 2009, pp. 270. Per questa parte rinvio al testo veramente magistrale di VANHOYE ALBERT, Sacerdoti antichi e nuovo sacerdote secondo il Nuovo Testamento, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1985. Per la reinterpretazione cristologico-cristiana del sacrificio pp. 137-185. Utile anche la lettura di MANZI FRANCO,

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com sullaltare del tempio come rito di espiazione per i propri peccati e per quelli di tutto il popolo, ma la totale e intima obbedienza di Cristo al Padre per la remissione dei peccati (cf Ef 5, 2; Ebr 9, 14; 10, 8-12), che si manifesta e si attua nellimmolazione cruenta della croce. Anche i cristiani, partecipando del sacrificio di Cristo che offre il suo corpo (cf Ebr 10, 10) mediante i riti memoriali della sua Pasqua (battesimo - frazione del pane...), offrono nel loro corpo se stessi come sacrificio vivente e santo, cio come autentico culto spirituale a Dio gradito (cf Rm 12, 1; 1Pt 2, 5). E come il sacrificio di Cristo si realizz in un atto interiore di libert (cf Ebr 10, 7. 10), che prese la forma di un sacrificio di preghiera e di supplica (cf Ebr 5, 7), cos anche il sacrificio della Chiesa, e di ogni singolo cristiano, si compie in unadesione interiore della volont, che si esprime nellofferta della preghiera di lode e nella confessione del nome santo di Dio (cf Ebr 13, 15-16). Anche la valenza sacrificale delleucaristia, proprio perch totalmente relativa e totalmente partecipe del sacrificio pasquale di Cristo, non potr che esprimersi nella forma rituale del sacrificio della lode della Chiesa16. 3.2. Laltare Cos laltare, su cui si compie lofferta del sacrificio, non pi la pietra posta all ingresso del tempio sulla quale i sacerdoti dellAT offrivano i loro sacrifici cruenti, ma Ges Cristo per mezzo del quale offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, frutto di labbra che confessano il suo nome (Ebr 13, 15). Egli infatti la pietra angolare (cf Ef 2, 20) sulla quale poggia ledificio santo di Dio, che la Chiesa, e per la quale ogni autentico culto viene elevato alla gloria del Padre (cf Ebr 13, 10). 3.3. Il tempio Cos il tempio, luogo dove Dio va incontro alluomo nella pienezza della sua rivelazione, non pi lo spazio fisico edificato nella citt santa, ma il corpo personale ecclesiale di Cristo17.

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Lettera agli Ebrei = Nuovo Testamento. Commento esegetico-spirituale, Citt Nuova, Roma 2001, pp. 227. gi della narrazione della cena del Signore nei sinottici e in Paolo la concentrazione sulla euloga - eucharista, che prender la forma dellanafora cristiana. In essa il memoriale del sacrificio della croce, esso stesso sacrificio per identit sacramentale, si attua come preghiera della Chiesa. Scriver Tertulliano, in perfetta continuit con il NT: Il sacrificio splendido e grande (opimam et maiorem hostiam) la preghiera che sorge da un corpo puro (orationem de carne pudica... profectam), da unanima senza colpa e dallo Spirito Santo" (TERTULLIANO, Apologeticum 30, 5). Per il concetto neotestamentario di tempio vedi MARSILI SALVATORE, Dal tempio locale al tempio spirituale, in Il tempio. Atti della 18a settimana liturgica nazionale. Monreale, 28 agosto - 1 settembre 1967, Cal, Roma 1968, pp. 51-63. Pi di recente: PAPA BENIGNO, Voi siete il tempio eletto, in La dimora di Dio tra gli uomini: tempio e assemblea. Atti della 43a Settimana Liturgica Nazionale. Bari, 24-28 agosto 1992 = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Sectio Pastoralis 12, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 1993, pp. 45-61; MANZI FRANCO, Hic veri templi adumbratur mysterium. Ladempimento neotestamentario del tempio alla luce di un recente documento della Pontificia Commissione Biblica, Ephemerides Liturgicae 116 (2002) pp. 129-174.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Gi i sinottici (per esempio Mt 1, 23; Lc 1, 32-35) alludono a quello che labate Marsili chiama il segno del tempio, ma in Giovanni che affiora una riflessione pi matura in proposito. In Gv 1, 14 (E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verit), il mistero dellincarnazione viene presentato con un preciso riferimento alla tenda (esknosen), che aveva accompagnato Israele nel cammino dellesodo e nella presa di possesso della terra promessa, tenda mobile, in seguito trasformata in tempio stabile nella Citt santa. Questa tenda - tempio, luogo dellincontro tra Jahv e il suo popolo, stata sostituita nel tempo del compimento messianico dice il prologo di Giovanni nel passo citato dalla carne assunta dal Verbo, luogo personale dellincontro del divino con lumano. Ma mentre la tenda - tempio conservava una separazione, e un velo impediva il contatto diretto con la gloria dellAltissimo, nella carne assunta dal Verbo dice ancora Giovanni noi abbiamo contemplato la sua gloria. In Gv 2, 14-21 il superamento in Cristo dellantico ordinamento cultuale levitico templare appare ancora pi evidente. Se di primo acchito sembrerebbe che Ges voglia semplicemente ripristinare il culto levitico - templare nella sua purezza originaria nella linea della migliore profezia veterotestamentaria (cf v 16), nel gesto autoritario con cui scaccia i cambiavalute dal tempio egli mostra un potere nuovo e inaudito sul tempio stesso, che sconcerta i giudei e li spinge a chiedere un segno di credibilit (quale segno ci mostri per fare queste cose?). La risposta di Ges, intesa nel senso dellesplicitazione giovannea, non lascia alcun ragionevole dubbio. Ges nel suo corpo sacrificato, ma risorto e glorioso, il nuovo e definitivo tempio, nel quale e per il quale ogni uomo pu esercitare il culto gradito al Padre: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo far risorgere... Ma egli parlava del tempio del suo corpo (vv. 19. 21). In queste parole non abbiamo pi a che fare con una semplice spiritualizzazione del culto levitico - templare, nella linea della migliore profezia veterotestamentaria secondo la quale culto e vita devono costantemente compenetrarsi. Ges afferma, invece, un radicale superamento della localizzazione spaziale del culto. Il tempio di Gerusalemme ormai superato ed sostituito dal riferimento diretto a Colui nel quale abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2, 9)18. La sua morte dunque il rito di dedicazione del nuovo e imperituro tempio che il suo corpo glorioso, e la sua risurrezione manifesta a tutti gli uomini dove dato di poter esercitare il culto in spirito e verit, diventando essi stessi, in quanto corpo ecclesiale del Signore, tempio di Dio. La rilettura cristologica del tempio trascorre, senza soluzione di continuit, nella rilettura ecclesiologica del tempio. A partire infatti dallesperienza della Pasqua Paolo potr scrivere ai cristiani di Corinto: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distrugger lui. Perch santo il tempio di Dio, che siete voi (1Cor 3, 16-17). E questo dopo aver spiegato che egli, nella sua predicazione, ha posto prima il fondamento stabile, la pietra angolare del tempio che il Cristo Signore (cf 1Cor 3, 9-15; cf anche Ef 2, 12-22).
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Nel medesimo senso va laffermazione di Ebr 10, 19-21: Abbiamo piena libert di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Cristo, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cio la sua carne, egli che un sacerdote grande nella casa di Dio. La morte di Cristo, cio il sacrificio della croce, la fine di quel tempio che nascondeva e separava Dio dagli uomini ed la via di accesso al santuario celeste.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com E Pietro, sempre richiamandosi al Cristo morto e risorto, potr dichiarare la Chiesa il nuovo edificio santo nel quale viene offerto il vero e autentico sacrificio: Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Ges Cristo (1Pt 2, 4-5). 3.4. Il sacerdozio Cos, di conseguenza, la ridefinizione della realt del sacrificio, dellaltare e del tempio metteva sulla strada di una comprensione nuova e definitiva della realt del sacerdozio. Riporto alcuni stralci della sintesi proposta dal biblista Albert Vanhoye, dando una mia distinzione in paragrafi: cristologica sacerdotale Poich Ges aveva offerto se stesso in sacrificio perfetto - a Dio e agli uomini - bisognava riconoscerlo come il sacerdote perfetto, mediatore della nuova alleanza. Fu lepistola agli Ebrei a sviluppare metodicamente questa scoperta dottrinale... Con la sua estensione imponente la cristologia sacerdotale dellepistola agli Ebrei mette fortemente in evidenza il punto pi importante della posizione cristiana in materia di sacerdozio, cio: non esiste che un unico sacerdote nel pieno senso della parola, e questo sacerdote Cristo. Solo Cristo stato capace di adempiere effettivamente la funzione essenziale del sacerdozio, che di stabilire una mediazione tra Dio e gli uomini. Egli lunico mediatore. Per arrivare a una relazione autentica con Dio si deve necessariamente passare attraverso di lui e, pi precisamente, attraverso il suo sacrificio. Nessun uomo pu fare a meno della mediazione di Cristo, e nessuno pu prendere il posto di Cristo per compiere questo ruolo in rapporto ad altre persone. Alla moltitudine degli antichi sacerdoti succede quindi un solo nuovo sacerdote.... ecclesiologica sacerdotale Tuttavia resta ancora possibile e giustificabile parlare di sacerdoti al plurale, purch ci non sia a scapito di questa posizione di base. LApocalisse (1, 6; 5, 10; 20, 6) lo fa, appoggiandosi su una promessa dellAT. Essa attribuisce il titolo di sacerdoti a tutti i battezzati e lo promette in modo speciale ai cristiani che avranno spinto la loro fedelt fino al martirio, ma dichiara esplicitamente che questo sacerdozio dipende da Cristo... La prima lettera di Pietro (1Pt 2, 5.9) usa una formulazione pi sfumata, ed elabora in modo pi preciso la dottrina del sacerdozio comune, mostrando chiaramente che esso posseduto da tutti i cristiani insieme, grazie alla loro adesione a Cristo, e non si esercita se non attraverso la mediazione di Cristo. Questa comunicazione del sacerdozio allinsieme della Chiesa, organismo sacerdotale, manifesta un aspetto caratteristico della mediazione di Cristo... Ci che caratterizza la mediazione di Cristo che essa supera ci che si intende ordinariamente per mediazione. Cristo infatti non un intermediario esteriore fra luomo e Dio, che si sforzerebbe con i suoi buoni uffici di ristabilire il buon accordo fra le due parti. Egli colui che ha attuato nella propria persona lunione completa fra luomo e Dio, a beneficio di tutti gli uomini. Perci il sacerdozio di Cristo fondamentalmente aperto alla partecipazione. Chi aderisce a Cristo associato al suo sacerdozio, perch trova nel Cristo una relazione immediata con Dio... A un sistema di santificazione per mezzo di separazioni rituali succeduto un

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com dinamismo di partecipazione e di comunione, messo in atto con lofferta sacerdotale di Cristo, e che fa s che tutti, ormai, siano invitati ad avvicinarsi a Dio senza timore e a offrire a lui tutta la loro esistenza, mettendola contemporaneamente al servizio della comunione fra gli uomini. ministerialit sacerdotale In questo dinamismo sacerdotale di partecipazione e di comunione, qual il posto di coloro che sono stati chiamati al ministero apostolico e pastorale? Deve essere loro attribuita o, al contrario, negata la qualifica sacerdotale? Da un primo punto di vista, chiarissimo che deve essere loro attribuita: come credenti, che aderiscono a Cristo e accettano di essere coinvolti nel movimento della sua offerta, i ministri della Chiesa fanno evidentemente parte dellorganismo sacerdotale formato dallinsieme dei cristiani. Anchessi, come tutti i loro fratelli nella fede, sono chiamati a offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Ges Cristo (1Pt 2, 5), a elevare incessantemente a Dio, per mezzo di Cristo, un sacrificio di lode (Ebr 13, 15) e a non dimenticarsi della beneficenza e di far parte dei beni agli altri, perch di tali sacrifici il Signore si compiace (Ebr 13, 16). Bisogna che presentino se stessi a Dio in sacrificio vivente e santo che sia a lui gradito (Rm 12, 1) e compiano cos il culto cristiano esistenziale, che consiste nella trasformazione della vita intera per mezzo della carit di Dio. Ma la questione che si pone pi esattamente la seguente: oltre questa qualifica sacerdotale comune a tutti, bisogna riconoscere ai ministri della Chiesa una qualifica sacerdotale particolare? La risposta che scaturisce dai testi studiati duplice: si potuto costatare, da una parte, che nessun testo del NT d agli apostoli, n ad altri ministri della Chiesa, un esplicito titolo sacerdotale, ma che, daltra parte, lo sviluppo dottrinale riscontrabile allinterno del NT mette chiaramente sulla via della comprensione sacerdotale del ministero. Lassenza di titolo sacerdotale manifesta sicuramente che in origine i ministeri cristiani non sono stati compresi come una continuazione del sacerdozio antico. Il primo aspetto percepito stato quello della differenza, e questo aspetto non deve mai essere negato, n perduto di vista. Daltra parte non manca di significato il fatto che linteresse portato pi tardi al compimento del sacerdozio non ha avuto come conseguenza immediata ladozione di titoli sacerdotali per i ministeri, ma anzitutto lo sviluppo di una cristologia sacerdotale [Ebr] e labbozzo di unecclesiologia sacerdotale [1Pt]. Rivela un cambiamento profondo nel modo di intendere il culto e il sacerdozio: invece di mettere in primo piano lespressione rituale, ci si fatti attenti, prima di tutto, alle realizzazioni esistenziali. Il sacerdozio di Cristo non si attuato in una cerimonia, ma in un evento, lofferta della sua stessa vita. Il sacerdozio della Chiesa non consiste nel celebrare cerimonie, ma nel trasformare lesistenza reale aprendola allazione dello Spirito Santo e agli impulsi della carit divina. Da questo punto di vista, specificamente cristiano, i ministri ordinati sono al servizio del sacerdozio comune e non viceversa. Ci detto ci si deve ricordare di una distinzione, che compare nel NT, fra due aspetti del sacerdozio di Cristo: laspetto di offerta esistenziale e laspetto di mediazione. Cristo ha offerto se stesso, ha messo cio tutta la sua esistenza di uomo a disposizione di Dio per la salvezza dei suoi fratelli: aspetto di offerta. Attraverso questo sacrificio di se stesso, ha realizzato nella sua persona la perfetta alleanza tra luomo e Dio, in modo che per lui e in lui tutti gli esseri umani possano vivere in intima relazione con Dio: aspetto di mediazione. LASPETTO DI OFFERTA si ritrova nel sacerdozio di tutti i cristiani, che sono invitati ad avvicinarsi a Dio con piena sicurezza, e a offrire i loro sacrifici, cio, ripetiamolo, ad aprire allazione trasformatrice di Dio la loro esistenza personale

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com e sociale. LASPETTO DELLA MEDIAZIONE, nel senso forte che stato appena indicato, appartiene esclusivamente a Cristo: Uno solo infatti il mediatore fra Dio e gli uomini, luomo Cristo Ges che ha dato se stesso in riscatto per tutti (Ebr 13, 7.17). La possibilit per i cristiani di aprire la loro esistenza a Dio non esiste senza la mediazione sacerdotale di Cristo, ma resta legata a questa mediazione. Se, tenendo presente questa distinzione, si considerano i testi del NT che esprimono le caratteristiche del ministero apostolico o pastorale cristiano, si costata che questi testi presentano i ministri della Chiesa come strumenti viventi di Cristo mediatore e non come delegati del popolo sacerdotale... Finch la dottrina del sacerdozio di Cristo non era stata elaborata... non si poteva pensare di attribuire ai ministeri cristiani una qualifica sacerdotale, perch ci li avrebbe equiparati al sacerdozio antico, da cui essi differivano radicalmente. Ma una volta effettuato questo sviluppo dottrinale, si manifesta il loro rapporto con il nuovo sacerdozio, e anche in formule che non erano specificamente sacerdotali. Paolo, per esempio, definisce il ministro apostolico come una capacit di origine divina e non umana, che fa degli apostoli i ministri della nuova alleanza (2Co 3, 6). In se stessa, questa formula non aveva nulla di sacerdotale, ma dopo che lepistola agli Ebrei aveva dimostrato che per Cristo il sacerdozio era consistito nel divenire, santificando se stesso, mediatore di una nuova alleanza, la frase di Paolo prendeva necessariamente il senso di una partecipazione al sacerdozio di Cristo... Questi testi e altri rivelano che il ministero apostolico e pastorale cristiano ha per funzione specifica di manifestare (e realizzare aggiungo io) la presenza attiva del Cristo mediatore, in altre parole: di Cristo sacerdote nella vita dei credenti, affinch questi possano accogliere esplicitamente tale mediazione e trasformare grazie a essa tutta la loro esistenza. Questo ministero..., confrontato con il sacerdozio comune, pu essere detto pi specificamente sacerdotale, perch la mediazione del Cristo si rende presente per mezzo suo, e perch lelemento pi specifico del sacerdozio lesercizio della mediazione fra Dio e gli uomini. Ma, daltra parte, si pu ritenere che sia meno realmente sacerdotale, perch non realizza da se stesso la mediazione, mentre il sacerdozio comune trasformazione reale dellesistenza. Non si tratta tuttavia del medesimo aspetto del sacerdozio nei due casi: il sacerdozio comune offerta personale, il ministero pastorale manifestazione tangibile della mediazione sacerdotale di Cristo..."19.

4.

Rilievi conclusivi

La considerazione dei temi del sacrificio, dellaltare, del tempio e del sacerdozio nellambito del NT conferma e approfondisce la tendenza gi riscontrata nello studio del vocabolario cultuale generale. Il culto nuovo, vero e autentico, quello che Dio gradisce, il culto spirituale (Rm 12, 1 - Gv 4, 23), ossia lintera esistenza credente vissuta nellobbedienza alla sua volont e nel canto della sua lode. Esso trova la sua forma perfetta e paradigmatica nella dedizione / consacrazione totale di Ges Cristo allopera per la quale il Padre lo ha inviato fino al sacrificio cruento della croce. Esso viene partecipato alla Chiesa, popolo dellalleanza nuova originato dalla Pasqua, grazie alla possibilit istituita da Cristo stesso di celebrare la memoria di quella Pasqua, finch egli venga. Le forme rito-cultuali propriamente cristiane (battesimo frazione del pane, unzione degli infermi, domenica, ecc...) non sono dunque da contrapporre al culto spirituale,
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VANHOYE ALBERT, o. c., pp. 240-243.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com quasi fossero ancora nella linea del culto levitico-templare, ma ne costituiscono la garanzia e il fondamento. Attuando nella Chiesa la memoria efficace della Pasqua del Signore, ciascuna di esse, secondo la propria specifica ragion dessere, rende infatti possibile una sempre pi piena configurazione a Ges Cristo e una sempre pi perfetta partecipazione al culto che egli eleva incessantemente nello Spirito Santo alla gloria del Padre. Per stare ai due esempi pi macroscopici: a) Il rito del battesimo si giustifica, negli scritti paolini (Rm 6, 3-7), come partecipazione sacramentale [(n) omoimati v. 5] alla morte del Signore, per risorgere con lui alla libert dalla morte e dalla legge. Esso dunque memoriale del sacrificio che ci ha redento, mediante il quale avviene la rinascita delluomo alla figliolanza divina. Tale azione rito-cultuale soppianta definitivamente la circoncisione del corpo, ma non pi con un sigillo esteriore e visibile, bens con il sigillo tutto interiore dello Spirito Santo (cf Gv 3, 5). Per questo la visibilit del gesto rituale (il bagno battesimale) prende a prestito i suoi elementi dalle forme di culto pi spiritualizzate del giudaismo, quali il rito daccoglienza dei proseliti, le pratiche lustrali degli Esseni o dei discepoli di Giovanni, ricentrandole in chiave cristologica e trinitaria: battesimo nel nome di Ges (At 2, 38; 10, 48); battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19); battesimo nello Spirito Santo (1Cor 12, 13). b) Il rito della frazione del pane si giustifica come comunione con il corpo e con il sangue di Ges (1Cor 10, 16), ossia come comunione con la realt integrale e personale, divina e umana, del Cristo morto e risorto, realt che si rende disponibile alla Chiesa nel pane spezzato e nel calice benedetto (questo il mio corpo che dato per voi questo calice la nuova alleanza nel mio sangue). Da questa comunione di tutti alla realt personale di Cristo scaturisce la realt della comunione fraterna, che identifica i discepoli del Signore come suo corpo ecclesiale. Tale azione rito-cultuale soppianta definitivamente lofferta di sacrifici cruenti di animali mediante il sacrificio della lode (la preghiera di azione di grazie per la quale si compie il memoriale sacramentale del sacrificio pasquale). Per questo la visibilit del gesto rituale (la cena) prende a prestito i suoi elementi dal culto familiare giudaico (cena pasquale settimanale e annuale) e dal culto sinagogale del sabato (liturgia della parola), ricentrandoli in chiave cristologica e trinitaria20.

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In questa linea interessante confrontare le prime presunte formule liturgiche di rendimento di grazie cristiano (Didach, nn. 9-10) con le preghiere di benedizioni giudaiche durante e dopo i pasti. Per un facile reperimento dei testi: DELLA TORRE LUIGI, Pregare leucaristia. Preghiere eucaristiche di ieri e di oggi per la catechesi e lorazione, Queriniana, Brescia 1982, pp. 40-41. 47-49.

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CAPITOLO III LA LITURGIA ALLEPOCA DEI PADRI (SECC. II-VII)


Distinguiamo il periodo che precede lepoca costantiniana (Costantino imperatore dal 306 al 337 d. C.) da quello che la segue. Con il 313 (editto di tolleranza) e con il 321 (riconoscimento della domenica come giorno festivo per limpero) cambiano i rapporti tra la nuova religione cristiana, il potere politico imperiale e la societ civile romana con conseguenze di grande rilievo anche in campo liturgico. Il primo periodo sar trattato in modo piuttosto sommario; al secondo dedicheremo invece maggiore attenzione, perch il periodo in cui la liturgia ha elaborato i criteri teorici e le scelte pratiche che le hanno dato una forma compiuta. Quando nel secondo millennio la Chiesa latina periodicamente metter mano a una riforma della liturgia (sec. XI: papa Gregorio VII; sec. XVI: Concilio di Trento; sec. XX: Concilio Vaticano II), sempre lintento dichiarato sar quello di tornare allantica norma dei santi Padri (pristina norma sanctorum patrum).

I.

LA LITURGIA CRISTIANA AL TEMPO DELLE PERSECUZIONI (SECC. II-III)

Alcune fonti indirette di questi secoli (le Lettere di santIgnazio di Antiochia la Didach degli apostoli la Prima apologia di san Giustino la Tradizione apostolica di santIppolito) ci testimoniano lemergere di una prima volont ordinatrice del culto cristiano, incentrata sul concetto di traditio apostolica: Ora, mossi da spirito di carit verso tutti i santi, siamo giunti a esporre lessenza della tradizione su cui la Chiesa deve poggiare, affinch quanti saranno ben istruiti sulla tradizione finora conservata, seguendo la nostra esposizione, la mantengano in vita, siano resi pi sicuri dalla sua conoscenza ed evitino lerrore in cui si caduti di recente per ignoranza e per colpa degli ignoranti1. Di fronte allinsorgere delle prime eresie, soprattutto di carattere gnostico, e ad alcuni atteggiamenti cultuali distorti si inizia a percepire lambito liturgico - cultuale come un luogo strategico per fare esperienza dellautentica fede ecclesiale. Non si tratta dunque di fissare in modo rigido un ordinamento liturgico o i testi della preghiera liturgica, ma di custodire nella celebrazione liturgica lortodossia della fede ivi implicata. La data della Pasqua Un segno di questa volont ordinatrice il dibattito sulla data della Pasqua tra i cosiddetti quartodecmani (prevalenti in Oriente) e i cosidetti domenicali (prevalenti in Occidente e segnatamente a Roma).

La Tradition apostolique de saint Hippolyte. Essai de reconstitution, a cura di BOTTE BERNARD = Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen 39, Aschendorff, Mnster 41972, p. 3 (in italiano: La tradizione apostolica, a cura di RACHELE T ATEO = Letture Cristiane delle Origini 2, Paoline, Roma 21979, pp. 57-58).

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com La data della Pasqua cristiana - il 14 nisan, in continuit con il calendario ebraico, o la domenica successiva il 14 nisan, secondo la cronologia evangelica della risurrezione - non era un mero dato calendariale, ma implicava la questione del senso teologico della solennit, allora unica festa annuale cristiana accanto al ciclo ebdomadario della domenica. Laccordo fu raggiunto solo al Concilio di Nicea (325) e consacr per tutta la Chiesa lorientamento domenicale: la Pasqua doveva essere celebrata in tutto il mondo cristiano la domenica successiva al plenilunio di primavera, ossia la prima domenica dopo la luna piena successiva allequinozio di primavera. Ecco le parole dei 318 padri conciliari in una lettera alle Chiese dEgitto: Vi diamo il lieto annuncio dellunit che stata ristabilita intorno alla festa di Pasqua. Tutti i fratelli delloriente, che prima celebravano la pasqua con gli ebrei, dora in poi la celebreranno con i romani, con noi e con tutti gli altri che lhanno sempre celebrata con noi2. Ministeri e arte figurativa Insieme a ragioni di carattere dottrinale lo sviluppo dellordinamento liturgico appare legato anche a ragioni di carattere pastorale, in particolare alla situazione di crescente espansione delle comunit cristiane. Si veda lo svilupparsi, accanto al ministero episcopale, presbiterale e diaconale di altri ministeri quali il suddiaconato, laccolitato, lesorcistato, il lettorato e lostiariato. Si veda anche lo sviluppo dellarte figurativa come sussidio didattico al celebrare cristiano, le cui prime testimonianze archeologicamente reperibili risalgono al sec. III3. I luoghi di culto Gli Atti degli Apostoli e gli scritti dei primi due secoli ci parlano di assemblee domestiche nella casa di qualche cristiano pi abbiente e dunque pi capace di ospitare la comunit. La prima testimonianza, archeologicamente documentabile, di un luogo destinato stabilmente al culto cristiano sembra essere quella di Dura Eurpos, antica citt della Siria sullEufrate (edificio risalente allanno 232/233). Si tratta di una casa architettonicamente non dissimile dagli edifici civili, ma con locali adatti ad accogliere unassemblea riunita (aula eucaristica, spazio battesimale, ecc...). Gli studiosi tendono a chiamare questa testimonianza, e altre successive, col nome di casa di chiesa (domus ecclesiae), luogo domestico di celebrazione assembleare, dove la comunit cristiana, facendo la memoria eucaristica della Pasqua, si sperimenta Chiesa viva, tempio santo di Dio, adunata dal suo capo e salvatore Ges Cristo. Non c traccia di altare fisso. Questo dato pu essere interpretato come segno che non ancora maturata lesigenza, che incontreremo successivamente, di dire struttural2

Lettera sinodale del Concilio di Nicea alle Chiese dEgitto, in Conciliorum oecumenicorum decreta, a cura di ALBERIGO GIUSEPPE, Dehoniane, Bologna 1991, p. 19. Per uninformazione pi dettagliata al riguardo si veda: CANTALAMESSA RANIERO, La Pasqua nella Chiesa antica, Sei, Torino 1978. Pi divulgativo: CANTALAMESSA RANIERO, Il mistero pasquale, Ancora, Milano 1985. Uneccellente approccio alla questione del sorgere delliconografia cristiana anche in rapporto alla liturgia il volume di GRABAR ANDR, Le vie della creazione nelliconografia cristiana. Antichit e Medioevo, Jaca Book, Milano 1983.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com mente e architettonicamente (cio simbolicamente), laffermazione teologica che la pietra angolare e il fondamento solido della Chiesa, Cristo, vero e unico altare del nuovo sacrificio. Tutto ancora vissuto con un forte accento di carattere spirituale e gli elementi esterni del culto sono o almeno sembrano esserlo, dalle poche testimonianze a nostra disposizione piuttosto funzionali che simbolici. La lingua liturgica Quale lingua nella vita liturgica di questi secoli? La domanda lascia ampio spazio a risposte pi ipotetiche che realmente provate, in quanto la documentazione liturgica diretta molto scarsa. Possiamo soffermarci sul fenomeno pi generale del passaggio dalla koin greca alla lingua latina, e che sicuramente ha investito anche il campo liturgico. Il messaggio cristiano fu annunciato originariamente nella koin greca. Paolo scriveva in greco anche a Roma, oltre che a Corinto. Il martire Giustino, attorno alla met del sec. II, scrive in greco allimperatore romano. Ippolito di Roma (primi decenni del sec. III) scrive in greco la sua Traditio Apostolica. per da rilevare che, sotto la spinta delle esigenze di comprensione delle classi popolari che pi di altre avevano aderito al cristianesimo, dalla met del sec. II nelle chiese dOccidente si fa strada un uso sempre pi ampio della lingua latina. In Africa, per esempio, Tertulliano (155 - 220) plasma la lingua latina in funzione del messaggio cristiano, divenendo cos uno dei punti di riferimento fondamentali per il vocabolario latino cristiano. A Roma con la met del sec. III il latino risulta la lingua ufficiale della Chiesa romana (cf le lettere dei papi e lopera teologica di Novaziano del 250ca). A questepoca la lingua latina era gi anche lingua liturgica? Una risposta precisa non data con certezza dalla documentazione che noi possediamo. Senza fare affermazioni troppo nette possiamo dire che dalla seconda met del sec. III sino agli ultimi decenni del sec. IV la situazione della lingua nella liturgia romana probabilmente quella di un bilinguismo latino - greco. Forse la prima parte della liturgia, il momento della proclamazione / ascolto della parola, ha conosciuto un pi rapido accesso al latino (cf le testimonianze di traduzioni latine della Bibbia gi dal sec. II, la cosiddetta vetus latina), mentre la seconda parte, e soprattutto la preghiera eucaristica, fu conservata in greco ancora fino agli ultimi decenni del sec. IV. In sintesi Dobbiamo riconoscere che il quadro complessivo della liturgia di questi primi secoli rimane alquanto mosso. Emerge un complesso di elementi (riti, preghiere, feste, ministeri, luoghi di culto) che ci parlano di una ricca prassi liturgica, fedele alle origini neotestamentarie, ma in fase di pi organica strutturazione. Oltre alla fractio panis, ormai universalmente denominata eucharistia, risultano abbastanza ben delineate le celebrazioni delliniziazione cristiana, i riti di ordinazione dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi, cui si aggiungono i riti che accompagnano le istituzioni di altri ministeri di grado inferiore, e la celebrazione comunitaria della preghiera per santificare alcune ore della giornata. Appare una riflessione teologica di grande rilevanza che percepisce il momento cultuale come luogo per eccellenza in cui si manifesta il mistero della Chiesa una - santa - cattolica - apostolica e come capitolo rilevante del suo cammino e della sua azione pa38

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com storale. Anche le difficolt di ordine esterno (situazioni di minoranza in rischio costante di persecuzione) fanno dellassemblea liturgica, presieduta dal vescovo, il momento che d coesione allintera vita cristiana, vissuto quindi con un forte afflato partecipativo. Nella strutturazione pi propriamente celebrativa possibile riscontrare un duplice influsso: 1) Esterno - culturale, per cui lambiente / cultura in mezzo a cui la comunit vive connota la forma della preghiera e della ritualit con tratti specifici da regione a regione; 2) Interno - pastorale: lapprofondimento della fede - le controversie dottrinali le figure illuminate dei pastori generano accentuazioni liturgiche peculiari. La questione della lingua riguarda ovviamente sia il rapporto con il mondo / ambiente circostante sia la vita interna delle comunit4.

II. LA LITURGIA CRISTIANA NELLA GRANDE PATRISTICA (SECC. IV-VII) Sotto il profilo della prassi liturgica e della sua comprensione credente questi secoli appaiono la fucina dellintero complesso liturgico, sia orientale che occidentale, e la recente riforma liturgica, pur operando alla luce delle acquisizione liturgiche dellintera tradizione cristiana, riserver unattenzione privilegiata proprio a questepoca5. Per fissare orientativamente dei limiti cronologici ci riferiamo al periodo storico che va dal 313 d. C. (editto di tolleranza degli imperatori Constantino e Licinio) al papato di san Gregorio Magno (590-604). Lincidenza della svolta costantiniana

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Un primo elemento da considerare con attenzione la nuova situazione socioreligiosa venutasi a creare con leditto di tolleranza del 313 e con i successivi interventi imperiali in favore della religione cristiana. Essa influir fortemente sullintera organizzazione cultuale cristiana. 1.1. Culto cristiano a dimensione pubblica Ecco in sintesi le novit che caratterizzano la nuova legislazione statale romana in materia religiosa voluta da Costantino: 1) Libert di culto individuale pubblico, con il diritto, da parte di una comunit locale, di possedere i luoghi a esso destinati. Ne consegue che le Chiese locali sono riconosciute soggetti di diritto. 2) Riconoscimento anche civile dello stato clericale in vista di un migliore esercizio del ministero sacerdotale: in concreto, il clero (vescovi - presbiteri - diaconi) viene esonerato dagli oneri municipali e militari. Se questo agevola lesercizio del compito sacer-

A titolo esemplificativo si pu leggere SAXER VICTOIRE, Vie liturgique et quotidienne Carthage vers le milieu du III sicle, Libreria Editrice Vaticana, Roma-Citt del Vaticano 1969. Anche alcune storie della liturgia danno ampio sviluppo alla conoscenza di questepoca per poi procedere in modo pi veloce sulle altre tappe storiche. Un esempio per tutti: METZGER MARCEL, Storia della liturgia. Le grandi tappe, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1995, pp. 224.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com dotale, rischia per di reintrodurre lidea di una nuova casta sacerdotale, cristiana invece che pagana. 3) Organizzazione del tempo secondo il ciclo ebdomadario scandito dalla domenica. Il giorno festivo cristiano imposto come giorno festivo per tutto limpero romano; il calendario civile incomincia a saldarsi con quello religioso cristiano. Queste nuove disposizioni imperiali, date nellottica di un raccordo tra la struttura statale e quella ecclesiastica, e culminanti nel 380 con leditto di Teodosio che imponeva a tutti i sudditi dellimpero quale norma religiosa il simbolo di Nicea, portarono il culto cristiano a doversi organizzare in modo pubblico. Le celebrazioni cristiane (iniziazione cristiana - eucaristia - ordinazioni - preghiera di lode - penitenza e riconciliazione pubblica, ecc. ..) non sono pi soltanto un fatto intra-ecclesiale, espressione di una comunit fortemente coesa al suo interno, ma diventano pure un fatto esterno, sociale, istituzionale, che interagisce con la vita dellimpero. In questa nuova espansione del culto cristiano a dimensione pubblica la Chiesa non visse solo unineluttabile necessit storica, ma ne fece loccasione per mostrare a tutti la falsit delle accuse precedenti e la ricchezza e la superiorit del culto cristiano rispetto al culto pagano. Nel dare corpo a un culto cristiano a dimensione pubblica la Chiesa dei Padri si trov a doversi confrontare pi direttamente con la cultura pagana e con le sue tradizioni, sia civili che religiose, le quali continuavano a sussistere presso larghi strati della popolazione e costituivano il retaggio culturale delle persone colte e delle masse che si aprivano al cristianesimo. Tale confronto avr come esito la progressiva cristianizzazione del mondo pagano (abbandono dei templi pagani e dei riti pagani - sostituzione di feste pagane con un calendario cristiano - celebrazione dei santi cristiani al posto degli eroi pagani, ecc...), ma porter pure a una significativa immissione di elementi provenienti dalla cultura e dalle tradizioni pagane nel culto cristiano. Seguendo linterpretazione dello Jungmann6, possiamo riconoscere due principali modi con cui il mondo pagano ha influenzato il culto cristiano a dimensione pubblica. Da un lato, la strutturazione rituale, che doveva manifestare la nuova societas cristiana, ha assunto quelle istituzioni civili dellimpero, che erano pi disponibili alla reinterpretazione cristiana e meno compromesse dal punto di vista religioso. il mondo pagano civile, pi che quello religioso a suggerire alcune soluzioni pratiche ai nuovi problemi della liturgia in facie imperii (al cospetto dellimpero). A mo di esempio possiamo ricordare: - La basilica, luogo per eccellenza del culto cristiano in epoca patristica, ha la sua origine nella basilica romana, luogo di scambi, centro della vita pubblica della citt7; - il cerimoniale (vesti - segni di venerazione - uso dellincenso), che sta intorno al mistero celebrato e arricchisce il momento propriamente sacramentale e originario del culto cristiano, viene pi dal rituale civile della corte imperiale, che dal rituale del culto ufficiale pagano; - il cursus della preghiera litanica sar assunto dallo stile del
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JUNGMANN JOSEF, La liturgie des prmiers sicle jusqu lpoque de Grgoire le Grand = Lex Orandi 33, Du Cerf, Paris 1962, pp. 191-269. Per una puntualizzazione recente dei dati: DUVAL NEL, Lespace liturgique dans les glises palochrtiennes La Maison-Dieu n. 193 (1993) pp. 7-29. Per lintera questione dell architettura per la liturgia in questepoca e successivamente cf GATTI VINCENZO, Liturgia e arte. I luoghi della celebrazione, Dehoniane, Bologna 2001, pp. 236 (basilica, pp. 72-78).

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com latino dei retori e dei grammatici, piuttosto che dallo stile enigmatico delle formule cultuali pagane (oracoli; pronostici degli aruspici; inni alle divinit; ecc...); - certe date del calendario cristiano sono chiaramente in relazione con quelle del calendario pagano in modo da risultare a esse sostitutive. Dallaltro, la Chiesa, pur contrapponendosi con decisione ai culti misterici - i cinque fondamentali sono: i misteri dionisiaci o bacchici, i misteri di Eleusi, i misteri di Cibele o della Grande Madre, i misteri di Iside e i misteri di Mitra8 -, che riscossero grande favore in tutto limpero romano nei secc. I-IV della nostra era, adott, per usare lespressione del Burkert, la metafora misterica (i concetti di mistero, disciplina dellarcano, iniziazione - iniziato, mistagogo-mistagogia, ecc...) per descrivere il complesso processo dintroduzione alla vita cristiana, specialmente nella sua parte relativa alla dimensione liturgico - sacramentale9. Un giudizio globale sul rapporto che si venuto a creare tra mondo pagano e culto cristiano dopo il 313 pu essere formulato in due momenti: 1) Sul versante statale lottica appare quella di sostituire un culto ufficiale a un altro, conservando quellintrinseca relazione del religioso al civile, che era leredit del culto ufficiale pagano; 2) sul versante ecclesiale lassunzione di modelli pagani nellambito del culto cristiano avviene, normalmente, con un forte senso critico e con un attento vaglio dei dati da accogliere o da rifiutare. Presso i Padri della Chiesa di questi secoli si conserva una forte e chiara consapevolezza delloriginalit del culto cristiano, gi nei confronti del culto anticotestamentario, ma ancor pi nei confronti del sistema cultuale pagano. La preferenza accordata nel culto cristiano a elementi pagani di carattere civile (basilica - cerimoniale di corte - lingua e stile della scuola - calendario civile) risulta in questottica molto significativa10. 1.2. Cambio di prospettiva dellazione pastorale della Chiesa Se il periodo precedente (secc. II- III) appare caratterizzato da una condizione di Chiesa di minoranza, a forte coesione interna e fortemente motivata dal punto di vista sia morale, sia liturgico, sia comunitario, lepoca costantiniana d il via a quel processo che porter la Chiesa ad agire in un regime di cristianit costituita e riconosciuta. ovvio che in questo mutamento complessivo delle condizioni storiche anche lazione pastorale della Chiesa subir un significativo cambiamento. Da azione a forte contenuto missionario essa tender a trasformarsi in azione a contenuto prevalentemente educativo - pedagogico verso coloro che a diverso titolo (catecumeni - battezzati - penitenti) fanno gi parte, almeno in modo incipiente, della cristianit. Alcuni sviluppi liturgici di questi secoli appaiono motivati proprio da queste nuove esigenze di carattere pastorale:
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Per una prima informazione: BURKERT WALTER, Antichi culti misterici, Laterza, Bari 1989, pp. 193. Cf JUNGMANN JOSEF, o. c., pp. 235-252. Si veda anche CASEL ODO, Il mistero del culto cristiano, Borla, Roma 1966, pp. 90-107 [III. Misteri antichi e misteri cristiani] e RUFFINI ELISEO-LODI ENZO, Mysterion e Sacramentum. La sacramentalit negli scritti dei Padri e nei testi liturgici primitivi, Dehoniane, Bologna 1987, pp. 318. In questepoca i rischi pi seri per la vitalit del culto cristiano sembrano venire dallindulgenza per un certo trionfalismo esteriore e da una certa enfatizzazione della ministerialit ordinata allinterno del culto cristiano, che insinua nella dottrina e nella pratica liturgica cristiana lidea pagana o, se si vuole, veterotestamentaria, di un gruppo di persone (i sacerdotes) cui compete in modo rappresentativo ed esclusivo il culto della Chiesa.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Listituto degli scrutini quaresimali: si struttura in funzione di una pi seria preparazione alla celebrazione dei sacramenti delliniziazione cristiana per coloro che, iscritti da tempo al catecumenato, non avevano ancora assunto con decisione gli impegni che esso comportava e anzi tendevano a dilazionare la stessa recezione del battesimo. Lanno liturgico: si sviluppa come una programmazione ecclesiale di mistago11 gia , affinch la successione ordinata e serrata dei tempi e delle feste potesse condurre i cristiani adulti a una progressiva assimilazione di quel mistero di Cristo celebrato nelle azioni sacramentali della Chiesa e, specialmente, nella celebrazione eucaristica. Fino allinizio del sec. IV attestato solo il ciclo delle domeniche e la Pasqua annuale, seguita da 50 giorni di gioia e di letizia (la pentecoste), celebrati in modo unitario come un unico giorno. A partire dal sec. IV abbiamo invece testimoniato lo sviluppo di un ciclo natalizio - epifanico, lo strutturarsi della quaresima come itinerario battesimale e penitenziale alla Pasqua, il determinarsi delle due feste dellAscensione e della Pentecoste nel tempo dei 50 giorni di Pasqua; linstaurarsi di un tempo di Avvento che precede le solennit del Natale e dellEpifania (nel corso dei secc. V-VI, e a partire dalle regioni della Gallia e della Spagna); la prima festa mariana, la festa della Divina Maternit di Maria (in greco festa della Theotkos; in latino festa della Depara) a seguito della presa di posizione dogmatica del Concilio di Efeso del 43112; la solennizzazione delle feste dei martiri e degli apostoli. Listituto penitenziale quaresimale: accompagnava i cristiani peccatori nellultimo tratto dellesercizio pubblico della penitenza, che si concludeva con il rito solenne della riconciliazione il mercoled o il gioved santo mattina [cf la testimonianza del Sacramentario Gelasiano (ms. del 750 ca. con materiale molto pi antico) per la Chiesa di Roma; e quella della Didascalia Apostolorum, raccolta siriaca di legislazione ecclesiastica della fine del sec. IV]. Lorganizzazione del lezionario annuale in relazione allo sviluppo dellanni circulus (circolo dellanno) degli scrutini quaresimali e dellistituto penitenziale: ogni celebrazione sacramentale (eucaristica in specie) prevedeva prima una parte didattica di letture bibliche tratte dallAntico e dal Nuovo Testamento. Al suo vertice stava la lectio evangelica, seguita dallomelia e dalla preghiera universale. La fissazione di tempi precisi (horae) nel corso della giornata: in esse la comunit dei fedeli insieme ai monaci (e alle monache), ai diaconi, ai presbiteri, e presieduta dal suo vescovo, si ritrovava per una preghiera soprattutto salmica. Il definitivo passaggio per loccidente (liturgia romana e liturgie non romane) alla lingua latina. La cosa si compie, probabilmente, sotto il pontificato di papa Damaso (366-384). In oriente continua, invece, il pluralismo linguistico (liturgia in siriaco, in armeno, in greco, in aramaico, ecc...). Laccoglienza delle diverse arti nella vita cultuale cristiana: 1) il canto vocale13: toni per la preghiera salmica; inni (in Occidente si parler di ambrosiani, in riferimen11

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Riprendo qui la bella definizione di PINELL J., Lanno liturgico programmazione ecclesiale di mistagogia, Ho Theologos 2 (1975) pp. 9-28. Perci i santi Padri non dubitarono di chiamare Madre di Dio la santa Vergine, non certo perch la natura del Verbo o la sua divinit avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, perch nacque da lei il santo corpo dotato di anima razionale, a cui il Verbo unito sostanzialmente, si dice che il Verbo nato secondo la carne (DS, n. 251). Si veda lo studio della CORBIN SOLANGE, La musica cristiana dalle origini al gregoriano, Jaca Book, Milano 1987, pp. 246.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com to allopera compositiva di s. Ambrogio, considerato padre dellinnodia latina); lo jubilus o alleluia; la regola doro del canto liturgico, riassunta da s. Girolamo nelleffato: Cos canti il servo di Cristo, che non la voce di chi canta, ma le parola cantate piacciano; 2) larte musiva nelle basiliche con funzione teologico - didascalica; 3) larte scultorea sui sarcofaghi e ancora nelle basiliche; 4) larchitettura: basiliche - battisteri cappelle funerarie sul luogo del culto dei martiri; 5) gli arredi sacri, le vesti e le suppellettili, che vengono ad arricchire il contesto celebrativo dei riti cristiani e ne accrescono lo splendore.

2.

Il dogma alla prova della liturgia

Nella storia della Chiesa i secc. IV-V non furono segnati soltanto dal trionfo del cristianesimo e dallafflusso delle masse pagane nella compagine ecclesiale, cos da richiedere unazione nuova di carattere pastorale e cultuale. Un altro aspetto caratteristico di questi due secoli, che ebbe un forte impatto sulla stessa liturgia, fu la celebrazione dei concili ecumenici che riaffermarono e chiarirono la regola della fede. La cristologia, la pneumatologia, la mariologia, lantropologia (in particolare la dottrina della grazia) si precisarono sotto lurto delle controversie che avevano scosso la Chiesa dalle fondamenta. Ne fu interessata, di conseguenza, anche la liturgia nel suo complesso e la formulazione della preghiera liturgica in particolare: da un lato, e originariamente, ci si appell alla preghiera liturgica per comprovare le formulazioni dogmatiche, secondo leffato ut legem credendi lex statuat supplicandi (affinch la legge della preghiera stabilisca la legge della fede); dallaltro, si diede sviluppo alla preghiera liturgica e alle feste liturgiche perch la fede professata dalla Chiesa nelle formulazioni dogmatiche fosse celebrata coralmente da tutti i fedeli. il caso, come esemplificheremo, della nuova dossologia trinitaria, dellintroduzione nel calendario liturgico della prima festa mariana, della festa dellEpifania e del Natale. 2.1. Ut legem credendi lex statuat supplicandi

Questo assioma, spesso citato semplicemente come lex orandi, lex credendi, proviene dal cap. 8 dellIndiculus de gratia Dei (o semplicemente Indiculus), un testo antipelagiano (cio a favore della teologia agostiniana della grazia contro Pelagio) della prima met del sec. V e oggi concordemente attribuito a s. Prospero dAquitania (+ 455). Lesplicito riferimento alle testimonianze autorevoli dei romani pontefici e ad alcuni concili africani successivamente sanzionati dalla Sede apostolica, ne fa un documento di notevole autorit teologica, espressione esatta del punto di vista della Sede romana. Ecco il passaggio chiave: Oltre a queste decisioni inviolabili della beatissima e apostolica sede, con le quali i piissi Padri, rigettando lorgoglio della pestifera novit (= pelagianesimo e semi-pelagianesimo nota mia), ci insegnarono ad attribuire alla grazia di Cristo sia gli inizi di una buona volont, sia i progressi dovuti a lodevoli sforzi, e inoltre la perseveranza in questi sino alla fine, consideriamo anche i sacramenti delle suppliche sacerdotali, i quali, trasmessi dagli Apostoli sono celebrati uniformemente in tutto il mondo e in tutta la Chiesa cattolica, affinch la legge della preghiera stabilisca la legge della fede (ut legem credendi lex statuat supplicandi). Quando infatti 43

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com coloro che presiedono alle sante assemblee svolgono la missione loro affidata, essi presentano alla divina clemenza la causa del genere umano e, mentre tutta quanta la Chiesa geme con essi, chiedono e supplicano: - perch la fede sia data agli infedeli; - perch gli idolatri siano liberati dagli errori della loro empiet; - perch ai giudei, tolto il velo che copre il cuore, appaia la luce della verit; - perch gli eretici si pentano attraverso laccogliemento della fede cattolica; - perch gli scismatici ricevano lo spirito di una carit rinnovata; - perch a coloro che sono caduti siano concessi i rimedi della penitenza; - infine, perch ai catecumeni, guidati ai sacramenti della rigenerazione, sia aperta la dimora della misericordia celeste. Che queste cose siano chieste al Signore non solo a parole n in maniera vana, lo dimostra il risultato delle cose: infatti Dio si degna di ritrarre molti da ogni sorta di errore e strappandoli al potere delle tenebre, li trasferisce nel regno del Figlio del suo amore (cf Col 1, 13) e da vasi di ira ne fa vasi di misericordia (cf Rm 9, 22-23). Che tutto ci appartenga allopera divina, lo si avverte a tal punto che sempre lazione di grazie e la confessione di lode vengono offerte a Dio che fa queste cose con lilluminazione e la correzione di tali persone14. Dopo aver enunciato la tesi sulla necessit della grazia, Prospero invita a considerarne la fondatezza anche sulla base dei sacramenti delle suppliche sacerdotali, ossia dei riti e delle preghiere liturgiche. Ai semipelagiani, che subordinavano e proporzionavano il conferimento della grazia divina ai meriti delluomo, Prospero risponde con un argomento a fortiori, argomentando cio in rapporto alla posizione estrema della tesi che intende avvalorare. 2.1.1. La frase nel suo contesto

Egli prende infatti in considerazione i progressi spirituali che avvengono non tanto in coloro che gi camminano spediti verso la santit, ma soprattutto in quelli che ancora devono iniziare tale itinerario e nei quali, ovviamente, non pu essere presupposta alcuna disposizione di merito. Come rappresentanti di questa seconda categoria vengono elencati gli infedeli, gli idolatri, i giudei, gli eretici, gli scismatici, i lapsi (= gli apostati sotto la pressione delle persecuzioni) e i catecumeni. Il loro elenco stabilito a partire dalle suppliche sacerdotali, ossia dalle intenzioni della preghiera dei fedeli. Di tali intenzioni tuttavia Prospero non d una formulazione completa, ma si limita a selezionare e a estrapolare da un canovaccio comune quelle che fanno al suo scopo (le intenzioni relative ai cattivi), disinteressandosi delle altre (ossia delle intenzioni relative ai buoni). Tale scelta apre la strada alla sua conclusione a fortiori. Infatti, se Dio gi interviene in rapporto ai cattivi, e che sono quindi lontano da lui, dando loro la grazia necessaria perch possano fare il primo passo, a maggior ragione interverr in rapporto ai buoni, i quali di fatto gi si trovano nella sua normale sfera di azione, dando loro la grazia necessaria perch possano ulteriormente progredire verso la santit. Pur esprimendosi in maniera discorsiva, il ragionamento di Prospero procede con estremo rigore, enunciando la tesi, argomentando in suo favore e riprendendola in fine, a modo di conclusione. Cosicch se vogliamo lo possiamo esplicitare con una sorta di sillogismo modale come segue: premessa maggiore: la norma del pregare determina la norma del credere;
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La traduzione condotta sul testo riportato in DS 246. Il commento che segue preso da GIRAUDO CESARE, Eucaristia per la Chiesa. Prospettive teologiche sulleucaristia a partire dalla lex orandi = Aloisiana 22, Roma-Brescia, 1989, pp. 14-26.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com premessa minore: ora noi preghiamo perch Dio conceda ai cattivi la grazia necessaria alla conversione, e molti si convertano; conclusione: dunque dobbiamo credere che, ai cattivi che si convertono, Dio concede la grazia necessaria alla conversione. Soffermiamoci a considerare la premessa maggiore. Prospero invita a procedere alla determinazione della lex credendi (sulla quale non c unanimit tra ortodossi e semipelagiani) attraverso la considerazione della lex supplicandi (sulla quale invece c unanimit, poich tutti pregano allo stesso modo). Qui lautore, pur intendendo immediatamente unaffermazione puntuale e, in certo senso, ristretta in rapporto alla problematica specifica, non lenuncia in maniera limitata, ma secondo la sua massima ampiezza, dal momento che la normativit particolare soggiace a una normativit universale. Ora, se teniamo presente, da una parte, che la formulazione sospesa un puro fatto di compagine del discorso e, dallaltra, che la portata della proposizione nella mente di Prospero universale, non avremo difficolt a svincolarla dalla primitiva dipendenza sintattica per riconoscerle il valore di una proposizione universale autonoma. Cos faranno le successive generazioni che, attratte dallampiezza della formulazione, le riconosceranno la dignit di un vero e proprio assioma teologico. 2.1.2. I criteri per la sua corretta applicazione

Sorge invitabile una domanda: se la norma del pregare stabilisce la norma del credere, quali saranno i criteri perch si possa riconoscere in un testo liturgico la norma del pregare, ossia la lex orandi? Evidentemente, non sar sufficiente che un formulario venga utilizzato una o pi volte, che una festa venga celebrata da qualche parte, perch si possa parlare di lex orandi. Per rispondere al quesito posto bisogner considerare pi attentamente i criteri che soggiacciono allargomentazione di Prospero. Il cap. 8 dellIndiculus parla di preghiere sacerdotali che, trasmesse dagli Apostoli, sono celebrate uniformemente in tutto il mondo e in tutta la Chiesa cattolica. Si afferma poi che tali preghiere non sono segrete, ma pubbliche e ufficiali, poich fatte dai presuli delle sante assemblee allorch svolgono il mandato loro affidato. Si ricorda infine che esse non sono individuali, ma comunitarie, perch tutta quanta la Chiesa geme con essi. Se volessimo trovare una formula sintetica, dovremmo applicare alla lex orandi il criterio dato da Vincenzo di Lerins15 per il riconoscimento della retta fede. Nel suo Commonitorium (letteralmente, Ammonimento contro lerrore) Vincenzo cos espone la regola per discernere la verit della fede cattolica dalla falsit della perversa eresia: Nella stessa Chiesa cattolica dobbiamo preoccuparci soprattutto di mantenere ci che fu creduto dovunque, sempre e da tutti (quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est). Infatti, veramente e propriamente cattolico ci che, in base alla forza stessa del nome e alla sua etimologia, abbraccia pressoch universalmente ogni cosa. Ma questo avverr solo se seguiremo luniversalit, lantichit, lunanime consenso. Seguiremo luniversalit, se affermeremo che vera solo quella fede che la Chiesa intera professa in tutto il mondo; lantichit, se in nessun modo recederemo da quei senti15

Mor verso il 450. La tradizione lo venera come santo. Pur essendo ammiratore della teologia agostiniana sulla Trinit e lincarnazione, si oppose a Agostino (che in sede critica evita per di nominare) quanto alla dottrina della grazia. Di qui la qualifica di semipelagiano.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com menti che manifestamente furono quelli dei nostri santi antenati e padri; (seguiremo) parimenti lunanime consenso, se in rapporto a questa stessa antichit ci atterremo alle definizioni e alle sentenze di tutti, o perlomeno quasi tutti, i sacerdoti e i maestri16. Volendo adattare alla lex supplicandi (orandi) il triplice criterio che Vincenzo formula nei confronti della lex credendi, potremmo dire che la lex orandi si riconosce in ci che dovunque, sempre e da tutti fu oggetto della preghiera nella liturgia. Un testo liturgico, un gesto liturgico, una festa liturgica, ecc lex orandi, e come tale norma per la fede, quando risponde ai criteri delluniversalit, dellantichit (o tradizione apostolica) e dellunanime consenso. E questo con il vantaggio che anche i pi semplici tra i fedeli possono capirlo, perch continuamente lo celebrano: Quanto a coloro che, per lentezza di cuore e per debolezza, non sono ancora in grado di comprendere le Scritture o i loro commentari, il mio augurio che essi, dipendentemente o meno dalla comprensione delle nostre dispute riguardo a questa questione, prestino maggiore attenzione alle loro preghiere, a quelle preghiere che la Chiesa sempre ebbe e avr, dai suoi inizi fino alla fine di questo mondo17. 2.2. Ut legem supplicandi lex statuat credendi

Lassioma prosperiano, in formulazione pi o meno simile alloriginale fu ripetuto lungo i secoli fino ai documenti pontifici dei secc. XIX e XX, come la bolla Ineffabilis Deus con cui Pio IX proclam il dogma dellImmacolata Concezione (1854), lenciclica Mediator Dei (1947) sulla liturgia di Pio XII e la costituzione apostolica Munificentissimus Deus (1950), con cui sempre Pio XII defin il dogma dellAssunzione. In rapporto alla Mediator Dei tuttavia da notare che, dopo la citazione tradizionale, papa Pacelli, ne fece anche una rovesciata, affermando che nella vita della Chiesa sempre valso anche che lex credendi legem statuit supplicandi. quanto, senza codificarlo in un assioma specifico, avevano fatto i Padri della Chiesa a proposito della dossologia trinitaria, della festa della Divina Maternit di Maria e di altre grandi feste cristiane come il Natale, lEpifania. 2.2.1. La dossologia trinitaria

La controversia ariana, che agit la vita della Chiesa per oltre un secolo, fu la pi rischiosa per lunit della fede. Ario affermava decisamente linferiorit ontologica del Figlio rispetto al Padre, la sua non esistenza in Dio dalleternit e la sua creaturalit o fattualit. Secondo il pensiero ariano il Verbo non uguale a Dio, ma solo la prima creatura. soggetto a mutamento, non procede dalla sostanza (ousa) del Padre, ma dal nulla, come tutte le cose create; e, bench sia generato prima di tutti i secoli, non eterno; ci fu un tempo in cui egli non era18. Ario fu condannato a Nicea (325), ma la questione ariana divamp ancora a lungo sia in oriente che in occidente e, comera prevedibile, arriv a coinvolgere la stessa formulazione della preghiera liturgica: quale posizione deve essere accordata a Cristo nella preghiera? Il Figlio pu essere adorato esattamente come il Padre?
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VINCENZO DI LERINS, Commonitorium 2 (= PL 50, col. 640). AGOSTINO DI IPPONA, De dono perseverantiae 23, 63 (= PL 45, col. 1031). Si veda tutto il cap. 23 di questopera, che in certo senso anticipa il cap. 8 dellIndiculus di san Prospero. SERENTH MARIO, Ges Cristo ieri, oggi e sempre. Saggio di cristologia, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1982, p. 186.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com I luoghi privilegiati, in cui verificare la risposta a queste domande, erano le dossologie. La tradizione dossologica pi antica si presentava con una struttura trinitaria del tipo: Noi ti lodiamo Padre, per il Cristo nello Spirito Santo. Origene, per esempio, raccomandava di concludere la preghiera sia personale che liturgica lodando il Padre delluniverso per Ges Cristo nello Spirito Santo, mentre lEucologion di Serapione, una raccolta di 30 preghiere liturgiche alessandrine della met del sec. IV, proponeva una dossologia pi estesa, ma identica nella sostanza: Il tuo unico Figlio, Ges Cristo, per il quale ti sono rese gloria e onore nello Spirito Santo per leternit. Gli ariani nelle loro argomentazioni prendevano a testimonio della loro tesi proprio questa formulazione dossologica antica, interpretando il per Filium o il per Christum in senso subordinazionista, e accusando i padri niceni di smentire nella preghiera liturgica, forma della vera fede, quanto avevano stabilito a Nicea circa la consustanzialit del Figlio al Padre. In aiuto al popolo cristiano, confuso e disorientato, alcuni Padri, fedeli a Nicea, cominciarono ad accompagnare lantichissima formula dossologica Gloria ad Patrem per Filium in Spiritu Sancto [dxa t The ka Patr di to Uio ev t Ago Pnemati] con la formulazione pi diretta e immediata della consustanzialit Gloria Patri et (cum) Filio et (cum) Spiritu(i) sancto [dxa t The ka Patr met to Uio sv t Pnemati t Ago]. Si voleva in questo modo superare ogni ambiguit interpretativa della pi antica formulazione dossologica, accostandole una formulazione che ne desse lermeneutica autentica. Lo scontro fu inevitabile. A Cesarea di Cappadocia il vescovo san Basilio (330-379), detto poi Magno, si trov accusato di introdurre testi nuovi ed estranei alla tradizione liturgica della fede, e anzi in aperta contraddizione con essa: Di recente, mentre pregavo con il popolo, terminavo la dossologia a Dio Padre in due modi diversi, talora dicendo insieme al Figlio con lo Spirito Santo, talora invece dicendo per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo. Alcuni dei presenti lo osservarono e ci accusarono di aver usato formule insolite e per giunta fra loro contradditorie19. Nella sua replica, confluita nel trattato su Lo Spirito Santo, egli si impegna a dare giustificazione sia delluna, sia dellaltra formula dossologica, mostrando come ambedue siano in piena conformit con Nicea. Labbandono della posizione ariana da parte dellimperatore Teodosio e il suo editto del 10 marzo 388 contro gli eretici provoc in oriente la definitiva chiusura della questione ariana. La nuova dossologia entr nel patrimonio liturgico della Chiesa, soprattutto a conclusione della recitazione dei salmi nellufficio divino. In occidente, a causa dellassunzione dellarianesimo da parte dei nuovi popoli invasori, provenienti dal Nord dellEuropa, la questione ariana, o semi-ariana, perdur almeno per altri due secoli e determin, accanto allassunzione della dossologia basiliana, anche una maggiore composizione eucologica anti-ariana, specialmente nel tempo natalizio - epifanico20.
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BASILE DE CSARE, Sur le Saint-Esprit, a cura di PRUCHE B. = Sources Chrtiennes 17bis, Du Cerf, Paris 21968, pp. 256-259. La traduzione italiana in BASILIO DI CESAREA, Lo Spirito Santo = Collana di Testi Patristici 106, Citt Nuova, Roma 1993, p. 89. Lo Jungmann avanza lipotesi che la controversia ariana influenz anche la collocazione di alcune delle date pi significative dello stesso calendario delle feste liturgiche, in particolare quelle del Natale e dellEpifania, nate sia in Oriente che in Occidente nel corso del sec. IV. Non possiamo dire con sicurezza se queste due feste non fossero gi germinate prima della controversia cristologica promossa da Ario. del tutto probabile per che lo zelo dei difensori della divinit del Verbo e del-

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2.2.2.

Linvocazione di Maria Madre di Dio

Un secondo episodio, attraverso il quale possibile mostrare la relazione esistente tra approfondimento teologico e momento liturgico, legato alla controversia nestoriana. Nestorio, patriarca di Costantinopoli nel 428, riflettendo sul tema dellunione in Ges Cristo della natura umana e della natura divina, tendeva a concepirla in termini puramente morali. Affermava cio che la seconda persona della Santissima Trinit e Ges sono due persone distinte, due individualit, unite in una persona morale, chiamata Cristo. La conseguenza pi diretta sul piano della teologia e della preghiera liturgica era per Nestorio - limpossibilit di usare il titolo di Theotkos (Madre di Dio) in riferimento alla Vergine Maria. La risposta dellortodossia, oltre al chiarimento teologico di Efeso (431) e, soprattutto, di Calcedonia (451), ebbe un carattere liturgico - pastorale. Si cominci a dedicare i luoghi di culto a Maria Theotkos e si cominci a celebrare solennemente, prima in oriente e poi in occidente, la festa della Divina Maternit di Maria, la quale divenne cos la prima festa mariologica dellanno liturgico21. Le solennit dellEpifania e del Natale

2.2.3. Epifania

La prima notizia di una festa celebrata in ambito cristiano il 6 gennaio ci viene da Alessandria dEgitto, allinizio del sec. III. Clemente alessandrino (+ 215) ci parla di una festa del battesimo di Ges al Giordano, celebrata dalla setta gnostica dei seguaci di Basilide22. Per costoro il vero momento della nascita del Verbo era il Battesimo al Giordano, in quanto soltanto a quel punto (qui stava tra laltro la loro eresia) la divinit del Verbo si era congiunta allumanit di Cristo. Tale lettura del mistero di Cristo sviliva il valore della nascita secondo la carne dalla Vergine Maria e rendeva molto ambiguo il senso della festa dellEpifania. Lorigine eterodossa pu essere la ragione per cui non troviamo testimonianza di questa festa presso le Chiese ortodosse prima della met del sec. IV. Lipotesi che sembra avere maggiore credito dunque quella di unadozione delloriginaria festa gnostica, purificata dagli errori teologici e orientata a celebrare almeno nella sua prima fase la memoria della nascita del Verbo nella vera carne assunta23. Il carattere di memoria del Battesimo di Ges al Giordano, messo inizialmente in secondo piano, ritorn in evidenza ormai integrato in una sintesi pienamente ortodossa vers la fine del sec. IV / inizio del sec. V, in concomitanza con larrivo anche in
la consustanzialit del Figlio al Padre ne facilit la rapida propagazione, essendo esse incentrate sul mistero dellincarnazione del Verbo e della sua manifestazione al mondo. Cf DI NAPOLI GIOVANNI, La solennit di Maria Madre di Dio al primo gennaio - estratto tesi, SantAnselmo, Roma 1991, pp. 109. CLEMENTE ALESSANDRINO, Gli stromati. Note di vera filosofia = Letture Cristiane del Primo Millennio 40, Paoline, Milano 2006, 1, 21,146 = p. 145. SantEFREM (306-373ca.) attesta che la solennit dellEpifania celebra nella Chiesa la venuta del Signore, ossia la sua nascita umana e la sua perfetta incarnazione.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com oriente della solennit del Natale, che nel frattempo si era sviluppata nella Chiesa di Roma. Sulla scia della memoria del battesimo del Signore la festa dellEpifania divenne in oriente e, per un certo tempo, in Spagna, in Gallia e nellItalia del Nord una delle grandi date battesimali, dopo le solennit di Pasqua e di Pentecoste. Dalloriente la festa dellEpifania pass presto in occidente, per il tramite delle Chiese della Spagna, della Gallia e, forse dellItalia del Nord. Diversi concili della Spagna e della Gallia, a cominciare dal concilio di Saragozza del 380, parlano della festa dellEpifania e del tempo di preparazione che la precede, mentre le prime omelie specifiche di questa festa in occidente sono sei sermoni di santAgostino24. A differenza delloriente, le Chiese occidentali festeggiano nella solennit dellEpifania non tanto il Battesimo di Ges al Giordano e i miracoli di Cana e della moltiplicazione dei pani, ma piuttosto la visita dei magi, primizia di tutti i popoli. Non mancano per testimonianze di una permanenza, anche se pi sfuocata, delle tematiche orientali (Massimo di Torino; Ambrogio di Milano)25. Natale Per la ricostruzione delle origini della solennit del Natale abbiamo un dato storico sicuro e alcune ipotesi interpretative. Il fatto certo lattestazione romana della sua celebrazione nella data rimasta fino ad oggi gi nella prima met del sec. IV. Ne fa fede il Cronografo filocaliano il primo Calendario romano, composto da Furio Dionisio Filocalo nel 354, ma riportante le date della depositio martyrum e della depositio episcoporum in vigore almeno dal 336 che, proprio allinizio dellelenco delle memorie dei martiri, scrive: VIII Kal. Ianu. natus Christus in Bethleem Iudeae26. Dunque, almeno dal 336, la Chiesa di Roma seguita nel volgere di qualche decennio da quasi tutte le Chiese doccidente e doriente celebrava la Nativit di Cristo il 25 dicembre con uno specifico e solenne giorno liturgico. Su fondamento di questo dato storico si sviluppata la ricerca volta a scoprire il motivo che raccorda questa data (25 dicembre) a questo evento storico salvifico (la nascita di Cristo). Due sono state fino a epoca recente le ipotesi ermeneutiche formulate dagli studiosi quella storico religiosa e quella del computo27 con un crescendo di favore accordato alla seconda rispetto alla prima28, perch meglio prospetta uno sviluppo autonomo della festa del Natale, per germinazione interna alla fede cristiana.
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AGOSTINO, Discorsi 199-204, in AGOSTINO, Discorsi 4,1. Su i tempi liturgici (184-229/v) = Sancti Augustini Opera 32,1, Citt Nuova, Roma 1984, pp. 102-135. Testimonianze in questo senso sono, sicuramente, lantico inno ambrosiano Illuminans Altissimus, unanimemente considerato di santAmbrogio [Liturgia ambrosiana delle Ore, Vol I, p. 121 (originale latino) e p. 166 (traduzione italiana)] e il prefazio ambrosiano per la missa in die. Il testo in Le Liber Pontificalis 1., a cura di LOUIS DUCHESNE, De Boccard, Paris 21955, pp. 10-12. Cf BIERITZ KARL HEINRICH, Il tempo e la festa. Lanno liturgico cristiano (= Dabar. Saggi Teologici 25), Marietti 1820, Genova 1996, pp. 168-169. Le vecchie ipotesi, secondo cui il 25 dicembre era stato scelto a Roma in polemica con il culto mitraico o anche come risposta cristiana al culto del sole invitto, che era stato promosso dagli imperatori romani nel corso del terzo secolo come tentativo di stabilire una nuova religione di stato, oggi non paiono pi sostenibili (RATZINGER JOSEPH, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001, p. 104).

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com A queste due se ne affianca oggi una terza che ripropone, con nuove argomentazioni, la veridicit storica della datazione della nascita di Ges al 25 dicembre. La prima, chiamata ipotesi storico-religiosa o apologetica perch privilegia il riferimento ai processi di assimilazione / sostituzione / superamento / compimento della religione civile romana da parte del cristianesimo, pone la nuova solennit cristiana del Natale di Cristo in stretta connessione con la festa dellinvitto dio Sole (natale solis invicti), che limperatore Aureliano aveva introdotto nel 274 fissandola il 25 dicembre, nelle vicinanze del solstizio dinverno29. La diffusione di questa festa, che avrebbe dovuto contribuire alla coesione e al consolidamento dellimpero romano in una delle sue ricorrenti crisi istituzionali, rappresentava una minaccia e una seria sfida per la fede cristiana. La Chiesa di Roma, per immunizzare i cristiani dallattrattiva della nuova festa pagana, recuperandone al contempo il valore propedeutico, gli avrebbe contrapposto, stabilendola nello stesso giorno, la memoria del Natale di Ges Cristo, vero Sole di giustizia e vera Luce del mondo30. Secondo questa linea interpretativa alcuni autori usano lespressione alquanto discutibile di cristianizzazione della festa pagana del sole la festa del Natale, non per il suo contenuto, schiettamente cristologico, ma per la sua datazione (25 dicembre), risulterebbe dipendente dalla festa pagana del dio sole. La seconda, lipotesi del computo, prende le mosse dallo sforzo riscontrabile nel pensiero cristiano antico di identificare il giorno preciso della nascita di Ges, appellando sia alla presunta corrispondenza temporale dei grandi eventi storico salvifici della rivelazione biblica (creazione, redenzione, concepimento verginale di Maria, nascita di Cristo), sia alla plusvalenza simbolica attribuita ai ritmi cosmico - stagionali (solstizi, equinozi, pleniluni, ecc) che scandiscono la vita sociale e religiosa. Scrive Karl Bieritz: Secondo alcune tradizioni il 25 marzo, era considerato il primo giorno della creazione. Con questo giorno si mise in relazione sia la morte di Ges, sia il suo concepimento, oppure secondo unaltra tradizione la sua nascita (inizio della nuova creazione del mondo!). Se Ges era stato concepito il 25 marzo, il giorno della sua nascita poteva essere fissato il 25 dicembre31. E Joseph Ratzinger, riprendendo questa ipotesi, ne approfondisce le implicazioni teologico - liturgiche: Il punto di partenza per fissare il giorno della nascita di Cristo dato, sorprendentemente dal 25 marzo Decisivo fu lo stretto rapporto tra creazione e croce, tra creazione e concepimento di Cristo, nella misura in cui a partire dallora di Ges queste date venivano a coinvolgere il cosmo, lo interpretavano come pre-figurazione e preannuncio di Cristo, il primogenito della creazione (Col 1, 15) di cui parla la creazione stessa, e attraverso il quale viene
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BIERITZ KARL HEINRICH, o. c., pp. 168-169. Chi pi invitto del nostro Signore che trionf sulla morte sconfitta? Sicuramente, ci che hanno consacrato come compleanno del sole egli stesso, il Sole di giustizia, del quale Malachia disse: Per voi che temete il suo Nome si lever il Sole di giustizia, e la guarigione sar nelle sue ali (Mal 4,2) [Citazione dal De solstitiis et aequinoctiis (sec. IV), riportata in ROSSO STEFANO, Il segno del tempo nella liturgia. Anno liturgico e liturgia delle ore, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 2002, p. 302, nota 19]. BIERITZ KARL HEINRICH, Il tempo e la festa. Lanno liturgico cristiano = Dabar. Saggi Teologici 25, Marietti 1820, Genova 1996, p. 168.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com decifrato il suo tacito messaggio. Dal primogenito della creazione, che ora entrato nella storia, il cosmo riceve il suo vero senso: a partire da Lui ora certo che lavventura della creazione, dellesistenza del mondo libera e diversa da Dio non si conclude nellassurdo e nel tragico, ma resta positiva attraverso tutti gli sconvolgimenti e le distruzioni. Lapprovazione del settimo giorno da parte di Dio confermata in maniera autentica e definitiva Tra queste queste due date, del 25 marzo e del 25 dicembre, si inserisce poi la festa del precursore, Giovanni Battista, il 24 giugno, nel giorno del solstizio destate (cf Lc 1, 26.36: Nel sesto mese / E questo il sesto mese aggiunta mia). La correlazione tra queste date appare ora come unespressione liturgica e cosmica delle parole del Battista: Egli (Cristo) deve crescere, io devo diminuire (Gv 3,30). La festa del natale di Giovanni coincide con il momento dellanno in cui il giorno comincia a dimuire, cos come la festa del Natale di Cristo linizio della nuova alba. Lintreccio di questa festa puramente cristiano, senza un richiamo diretto allAntico testamento, ma si trova comunque in continuit con la sintesi di cosmo e storia, di memoria e speranza, che era gi caratteristico della festa anticotestamentaria e che viene ripresa in modo nuovo nel calendario cristiano. Lintima compenetrazione di Incarnazione e Risurrezione emerge cos nella loro specifica e insieme comune correlazione con il ritmo solare e il suo simbolismo32. Come spesso accade in questi casi, se ben comprese, le due ipotesi non sono cos radicalmente contrapposte da non potersi integrare. Il calcolo della data, con laccento posto sullintima corrispondenza cosmica e temporale tra i principali misteri cristiani, ha certamente promosso in modo originale listituzione della festa cristiana del Natale, che ha ritrovato poi nella sostituzione della festa del dio Sole un potente rinforzo apologetico. Nuovo e affascinante invece il recente tentativo di restituire al 25 dicembre una solida base storica, partendo da alcuni dettagli lucani: lappartenenza di Zaccaria alla classe sacerdotale di Abia (cf Lc 1, 5) e lapparizione dellangelo del Signore ritto alla destra dellaltare dellincenso (Lc 1, 11), mente Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe (Lc 1, 8)33. Si sapeva che coloro che nellantico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24 classi le quali, avvicendandosi sempre nello stesso ordine, dovevano prestare servizio liturgico al tempio per una settimana, due volte lanno. Si sapeva anche che la classe di Abia era lottava nellelenco ufficiale. Ma nessuno sapeva invece indicare quando i sacerdoti di questa classe prestassero il loro servizio sacerdotale. Un contributo decisivo arrivato allinizio del terzo millennio dal professor Talmon, docente allUniversit ebraica di Gerusalemme, il quale, lavorando sui testi rinvenuti nella biblioteca di Qumran specialmente il Libro dei Giubilei , riuscito a stabilire lordine cronologico con cui si susseguivano le 24 classi sacerdotali: secondo tale sequenza uno dei due momenti annuali in cui la classe di Abia officiava nel tempio erano i giorni dal 23 al 30 settembre.
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RATZINGER JOSEPH, Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001, pp. 103-106. Riprendo le informazioni che seguono dallarticolo di Vittorio Messori sul Corriere della Sera del 9 luglio 2003.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Questa scoperta ha portato in ambito cristiano34 a riconsiderare la veridicit storica dellantichissima tradizione orientale che poneva lannuncio a Zaccaria tra il 23 e il 25 settembre e di tutto Calendario liturgico a essa correlata: la nascita di Giovanni Battista nove mesi dopo (24 giugno); lannunciazione a Maria al sesto mese (Lc 1, 26) dal concepimento di Giovanni Battista (25 marzo) e la nascita di Ges, nove mesi dopo lannunciazione (25 dicembre). Le diverse ragioni, che giustificherebbero il costituirsi della solennit del Natale il 25 dicembre, non sembrano per sufficienti a dare una spiegazione adeguata della sorprendente rapidit della sua diffusione sia in oriente che in occidente. A spiegare questo dato ulteriore il contesto teologico del sec. IV, scosso dalle controversie di carattere cristologico-trinitario. La festa del Natale fu sentita come una conveniente espressione liturgica della fede di Nicea (325) e, successivamente, di Efeso (431) e di Calcedonia (451)35. A Milano la festa del Natale forse successiva allintroduzione della festa dellEpifania e la sua istituzione probabile opera di santAmbrogio. Da Milano si diffuse poi alle diverse Chiese del Nord Italia (Torino-Brescia-Verona-Ravenna) e della Gallia. Anche lOriente accolse presto la solennit del Natale. A partire dallultimo quarto del sec. IV la solennit del 25 dicembre appare infatti estesa a quasi tutte le Chiese: san Basilio Magno (330-379) ne testimonia lesistenza per la Cappadocia36; san Gregorio Nazianzeno (330-390), per la Chiesa di Costantinopoli (nella sua omelia per il Natale egli fa riferimento non solo alla nascita del Signore, ma anche alladorazione dei pastori e dei magi); san Giovanni Crisostomo (350-407), per la Chiesa di Antiochia. In poco meno di un secolo assistiamo a un vero e proprio interscambio delle due festivit. LOriente, che conosce lEpifania il 6 gennaio, acquisisce la festa di Natale, il 25 dicembre, celebrando in essa non solo il mistero della nativit del Signore, ma anche la sua adorazione da parte dei Magi, e riservando allEpifania la memoria del Battesimo al Giordano, delle nozze di Cana e della prima moltiplicazione dei pani. Loccidente, e in primo luogo Roma, celebra originariamente il Natale e acquisisce successivamente la festa dellEpifania, ma con una divisione tematica diversa. Al Natale riservato il mistero della nascita secondo la carne, mentre la festa dellEpifania celebra con la venuta dei Magi luniversalit della salvezza. Non dimenticata, ma poco in rilievo con leccezione della Chiesa di Milano, anche in questo pi sensibile allinflusso orientale la memoria del battesimo al Giordano, del miracolo di Cana e del miracolo dei pani, che diede lo spunto per un formulario di messa da collocarsi nella settimana successiva allEpifania.

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Si vedano in proposito gli articoli divulgativi del prof. Michele Loconsole, presidente dellENEC (Europe-Near East Centre). La testimonianza pi solida al riguardo sono le 13 omelie di santAgostino in natali Domini, dove il vescovo di Ippona indica con chiarezza lintenzione di commemorare il giorno anniversario della nascita di Cristo e di richiamare i fedeli alla contemplazione del mistero dellincarnazione, contro le molteplici eresie del tempo, che stravolgono il dogma cristologico [AGOSTINO, Discorsi 184-196, in AGOSTINO, Discorsi 4,1. Su i tempi liturgici (184-229/v) = Sancti Augustini Opera 32,1, Citt Nuova, Roma 1984, pp. 2-83]. Secondo il Lemari [LEMARI JOSEPH, La manifestazione del Signore. La liturgia di Natale e dell Epifania, Paoline, Milano 1960, pp. 32-33] san Basilio sarebbe il pi antico testimone della solennit del 25 dicembre in oriente.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 3. Creazione e fissazione dei testi liturgici: alle sorgenti del patrimonio eucologico cristiano

Lepoca classica dei Padri della Chiesa si presenta come unepoca di forte creativit liturgico - eucologica. Lo sviluppo dellordinario della messa con linserzione di nuovi momenti di preghiera presidenziale, la pi complessa articolazione dellanno liturgico in feste del Signore, feste di Maria, feste dei santi, tempi e cicli e la nuova strutturazione di alcuni itinerari sacramentali quali liniziazione cristiana, la penitenza e i riti di ordinazione, richiedevano una pi ampia disponibilit di testi liturgici. Alla loro composizione si dedicarono in molti, ma non tutti con la stessa competenza teologica, spirituale, stilistica e pastorale e con lo stesso afflato religioso. Si pass cos progressivamente da una formulazione libera da parte del celebrante a una sempre pi ordinata e precisa codificazione testuale a uso celebrativo. Nacquero le prime raccolte di testi liturgici per la celebrazione, alcune delle quali, giunte fino a noi, ci hanno tramandato il genio compositivo dei Padri dei secc. IV-VI. Ripercorriamo le tappe principali di questa vicenda.

3.1. Dire secondo le proprie capacit La Traditio apostolica nella prima met del sec. III, poteva dire con molta naturalezza: Il vescovo renda grazie secondo la formula solita, ma senza ripetere per forza le stesse parole che abbiamo detto... Ciascuno piuttosto preghi secondo le proprie capacit. Se riesce a pregare a lungo ed elevatamente bene, altrimenti faccia una preghiera breve, purch corretta e conforme allortodossia37. Ippolito si riferisce qui alla preghiera per eccellenza della celebrazione eucaristica, cio allanafora, e riconosce, quanto alla sua formulazione, una certa libert di espressione, secondo le capacit di colui che presiede. Libert di espressione non significa unelaborazione assolutamente libera della preghiera liturgica. C una formula solita che fa da schema strutturale o canovaccio, e che ciascuno di coloro che, vescovo o presbitero, chiamato a presiedere lassemblea pu riempire o rivestire con parole appropriate secondo le sue capacit. La lunghezza della preghiera e la solennit dellorazione appaiono secondarie rispetto al contenuto, che deve essere conforme alla sana ortodossia, criterio sostanziale della verit della preghiera liturgica.

3.2. Scrivere quanto si deve dire Se Ippolito pu essere considerato il testimone di una visione ancora aperta e possibilista circa la libera composizione dei testi liturgici, fatta salva lortodossia della fede, diversi canoni dei sinodi africani dei secc. IV-V, giunti a noi attraverso la cosiddetta collectio hispana, presentano una significativa evoluzione di mentalit: Che nessuno nelle preghiere liturgiche nomini il Padre per il Figlio o il Figlio per il Padre; e quando si celebra allaltare la preghiera sia sempre diret-

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La tradizione apostolica, a cura di RACHELE TATEO = Letture Cristiane delle Origini 2, Paoline, Roma 21979, p. 71

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ta al Padre; e chiunque scrive preghiere liturgiche per s o per altri, non potr metterle in circolazione prima di aver conferito con i fratelli pi istruiti38 piaciuto anche (stabilire) che nelle celebrazioni si usino quelle orazioni che hanno ricevuto lapprovazione conciliare, prefazi, monizioni o preghiere dimposizione delle mani. Non se ne preferiscano altre, del tutto contrarie alla fede, ma si dicano quelle raccolte dagli uomini pi prudenti39. I due concili citati non escludono la possibilit di comporre nuove preci liturgiche, ma chiedono ormai una precisa verifica e una previa approvazione da parte del sinodo episcopale o almeno dei fratelli pi istruiti e pi prudenti. Si parla poi di raccolte di preghiere, fatte dai pi dotti a cui attenersi nella celebrazione. Si parla anche, seppure indirettamente, del criterio che giustifica questa normativa e cio che nella celebrazione non ci sia nulla contra fidem. Sembra di poter affermare un certo influsso di santAgostino in questa normativa che sancisce, almeno per lAfrica, la fine di un periodo di pi libera formulazione eucologica. Si veda, a mo di esempio quanto il vescovo di Ippona scrive nel suo De Baptismo: Molti, dunque, incappano in orazioni composte non solo da gente illetterata, ma anche da eretici e, per la loro ignoranza, pensandole buone, non le distinguono da quelle valide40. Le Chiese dAfrica risultano cos le prime, sul finire del sec. IV, a esigere la messa per iscritto e lapprovazione, da parte di persone competenti, di formulari per la celebrazione. Ci sembra dovuto principalmente allignoranza del clero, chiamato a presiedere le azioni liturgiche, ignoranza per la quale essi correvano il rischio di far uso di composizioni eretiche. I fratelli pi istruiti, i pi dotti e i pi prudenti di cui parlano i concili e lo stesso Agostino sono, molto probabilmente, i vescovi stessi. Le Chiese della Spagna arrivarono a una normativa simile solo due secoli dopo, attorno alla prima met del secolo VII, e la Gallia e la Bretagna forse ancora pi tardi. Pi complesso risulta il discorso relativo alla creazione - fissazione eucologica per quanto riguarda la Chiesa di Roma. Da una parte dobbiamo segnalare lassenza di precise prescrizioni canonistico - conciliari relative ai testi liturgici e alla loro codificazione prima dei secc. VII/VIII. Dallaltra, fin dai primi decenni del sec. V, possiamo constatare linsorgere di un giudizio di eccellenza sulla consuetudine liturgica romana, che spinger nella direzione di una pi rapida sedimentazione testuale, in ragione anche della sua esportazione ad altre Chiese. Nel periodo che va dal sec. V al sec. VII possiamo documentare come la Chiesa di Roma consiglia spesso le altre Chiese in materia liturgica e, alloccasione, si offre come esempio, sia nel modo di strutturare i riti, sia, ed laspetto che pi ci interessa, nella formulazione dei testi liturgici. Si pu citare, a titolo esemplificativo, Papa Vigilio, il quale nel 538 manda a Profuturo di Braga (Spagna) il testo del Canone romano e le pre38

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Can. 23 del III Concilio di Cartagine (28.08.397) in Concilia Africae A. 345 - A. 525, a cura di MUNIER CHARLES = Corpus Christianorum. Series Latina 149, Brepols, Turnhout 1974, p. 333. Dalla Notitia de Concilio Carthaginensi (13.06.407), riportata negli Registri Ecclesiae Carthaginensis excerpta (n. 103), in Concilia Africae o.c., p. 218. Multi quippe inruunt in preces non solum ab imperitis loquacibus sed etiam ab hereticis compositas et, per ignorantiae simplicitatem non eas valentes discernere utuntur eis arbitrantes quod bonae sunt (AGOSTINO, De Baptismo VI,25,47 = CSEL 51,1 p. 323).

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ces paschalis diei in uso nella Chiesa di Roma, come esempio di testi liturgici adatti a celebrare nei giorni di festa. Egli per non impone la consuetudo romana, espressa in quei testi, e non d norme tassative di composizione o di verifica dei testi liturgici. Laccento posto sul valore oggettivo ed esemplare delleucologia romana. Sar la stima e il prestigio di cui godeva Roma in tutto lOccidente a favorire un costante flusso circolatorio di testi liturgici romani al di fuori di Roma e dellItalia. Essi per, in tutta questepoca saranno assunti, modificati, completati con sufficiente libert da parte delle singole Chiese locali, le quali a loro volta influenzeranno la stessa eucologia romana. Con il papato di Gregorio Magno (590-604), secondo la critica storica pi accreditata, il periodo pi creativo della liturgia romana appare concluso e leucologia prodotta entra a costituire raccolte liturgiche sempre pi organiche e organizzate. Concludendo il suo accurato studio sulla vicenda del passaggio dalla libera formulazione della preghiera liturgica alla fissazione scritta dei testi eucologici e al loro riconoscimento ufficiale da parte dellautorit ecclesiastica, la Vos riassume cos i dati da lei acquisiti: Limpulso maggiore dellevoluzione verso una codificazione pi spinta del formulario liturgico non da cercare in unesigenza immanente del culto cristiano, ma in una doppia necessit ecclesiastica e civile. La necessit anzitutto di far fronte all insufficiente formazione del clero e, dallaltra parte, la preoccupazione dei poteri civili di coronare lunit religiosa ritrovata dei loro giovani principati (soprattutto Spagna, Gallia, Gran Bretagna) con una certa uniformit liturgica. C in pi la forza dattrazione della Citt degli Apostoli, in cui la liturgia ha potuto svilupparsi nel quadro prestigioso delle basiliche costantiniane... Finalmente, non bisogna dimenticare che questa tendenza alla standardizzazione della liturgia si inserisce in una corrente pi generale di codificazione (Codice Teodosiano del 439, Codice Giustinianeo del 527-565, le Dionisiane = linsieme delle decisioni conciliari e delle decretali papali dal 470 al 550)41. Venendo a documentare la creazione / fissazione eucologica di questi secoli, distinguiamo il capitolo delle composizioni anaforiche42, da quello della eucologia minore.

3.2.1.

Le anafore

In oriente il genio creativo dei Padri si applica a una forma unitaria di anafora dal dialogo con cui inizia il prefazio alla dossologia finale. Manca lintuizione occidentale
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VOS M., A la recherche des normes pour les textes liturgiques de la Messe (V-VII sicle) in Revue dhistoire ecclesiastique 69 (1974), pp. 5-37. Fondamentale per il suo studio la raccolta di testi Prex Eucharistica. Textus e variis liturgiis antiquoribus selecti, a cura di HNGGI ANTON - PAHL INGMAR = Spicilegium Friburgense 12, Fribourg 1968. A firma di RAES A. abbiamo la raccolta delle anaphorae orientales (pp.101-410), molte delle quali ancora in uso nelle chiese dOriente sia uniate che scismatiche. A firma EIZENHFER L. PAHL INGMAR - PINELL JORDI abbiamo la raccolta dei testi delle liturgie occidentali: romana, ambrosiana, gallicana e celtica, ispanica. In italiano, una buona raccolta di testi anforici si trova in: Segno di unit. Le pi antiche eucaristie delle Chiese, a cura dei MONACI E DELLE MONACHE DELLA COMUNIT DI BOSE = Liturgia e Vita, Qiqajon, Bose 1996, pp. 407

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com di un prefazio variabile, mentre non ci si sente vincolati a ununica struttura di preghiera eucaristica n tantomeno a un unico testo. La comparazione delle diverse composizioni anaforiche orientali rivela comunque il rispetto per una certa forma compositiva comune in cui alcuni elementi essenziali non sono mai mancanti (anamnesi - istituzione epiclesi - intercessioni) a fronte di una pluralit di composizioni anaforiche. In Occidente al contrario troviamo un unico canon missae, diffusosi presto dalle Chiese di Roma e di Milano allintera chiesa latina43. Il genio occidentale non si dunque applicato a una pluralit di composizioni anaforiche, ma ha trovato la sua espressione pi consona nella variabilit di alcuni elementi all interno dellunico canone: 1) I prefazi variabili, per ogni festa nel corso dellanno e per ogni particolare situazione celebrativa (messe rituali, votive...)44; 2) i post sanctus della tradizione gallicana e ispanica45; 3) i post mysterium o post secreta o post pridie della tradizione gallicana e ispanica.

3.2.2.

Le orazioni

Leucologia minore, o preghiera presidenziale minore, ci stata tramandata dallantichit allinterno delle raccolte di formulari per la messa e per le altre celebrazioni sacramentali (sacramentari - messali). Tali raccolte ci testimoniano unabbondante creazione eucologica per la celebrazione eucaristica nel corso dellanno, per la celebrazione delliniziazione cristiana, per la celebrazione della riconciliazione, per i riti di ordinazione e di consacrazione religiosa, per la benedizione degli sposi, per la benedizione dellolio e per tante altre situazioni liturgiche della vita delle comunit cristiane46. A un livello introduttivo generale come il nostro diciamo qualcosa dei tre principali sacramentari romani, il veronese, il gelasiano ed il gregoriano, e dei due pi antichi sacramentari ambrosiani, il bergomense e il biasca. Va ricordato che i manoscritti dei sacramentari sono gi medievali (secc. VII-XI), ma il materiale liturgico ivi raccolto in gran parte di composizione patristica (secc. V-VII). Lattribuzione dei singoli testi eucologici alluno o allaltro Padre della Chiesa o autore ecclesiastico una sfida intrapresa dal moderno studio scientifico, ma le acquisizioni sicure non sono molte. - Il sacramentario veronese47: il suo manoscritto fu scoperto nel 1735 e fu attribuito a papa Leone Magno (440-464). Oggi gli studiosi sono daccordo nel riconoscere la mano di san Leone in alcuni suoi testi, ma negano a lui lintera paternit della composizione. Inoltre il termine sacramentario si addice a questa raccolta fino ad un certo punto. Pi giusto sarebbe parlare di raccolta di libelli missarum in cui il materiale liturgico distribuito secondo i mesi dellanno civile (mancano per gennaio - febbraio - marzo). Rac43

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La prima testimonianza in assoluto di frammenti del canone romano contenuta nel De Sacramentis (4,14,21-22.26-27) di santAmbrogio. Con papa Gelasio (492-496) il testo completo, quale ancora oggi lo conosciamo come preghiera eucaristica I. Il ricco patrimonio prefaziale occidentale stato raccolto in 5 volumi Corpus praefationum 5 Voll., a cura di MOELLER E., = Corpus Christianorum. Series Latina 161-161D, Brepols Turnhout 1980. Cf gli esempi in Prex Eucharistica... o. c., pp. 467-513. Lintera raccolta delle orazioni minori stata pubblicata in 14 volumi in Corpus orationum, 14 Voll. = Corpus Cristianorum. Series Latina 160A-M, Brepols, Turnhout 1992-2004. Sacramentarium Veronese, a cura di MOHLBERG LEO CUNIBERT = Rerum Ecclesiasticarum Documenta, Series Maior, Fontes 1, Roma 1978.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com coglie composizioni liturgiche dei secc. V-VI. Il problema dellorigine dei singoli formulari si rivela complesso. Il metodo di investigazione possibile resta lanalisi letteraria delle singole formule, il loro confronto con lo stile delluno o dellaltro degli autori ecclesiastici del tempo, il rapporto del loro contenuto teologico con le preoccupazioni dellepoca, rappresentate dal tale o dal tal altro Padre della Chiesa, con la storia contemporanea civile o religiosa, alla quale un certo formulario potrebbe alludere. Tra i risultati pi attendibili abbiamo lidentificazione di 18 formulari di messe, composte da papa Gelasio I (492-496) in riferimento alle feste pagane dei Lupercali48. In appendice alledizione del sacramentario veronese il Mohlberg ha editato le 40 orazioni contenute nel cosiddetto Rotolo di Ravenna. Si tratta di una raccolta di preghiere per la preparazione al Natale, testimone della liturgia ravennate del sec. V / VI. Vi si riscontra una certa affinit teologico - liturgica tra i sermoni di san Pietro Crisologo, vescovo di Ravenna tra il 433 e il 450 (458) e le orazioni del Rotolo49. - Il sacramentario gelasiano antico50: anche di esso si conserva un solo codice manoscritto, il reginensis latinus 316 della Biblioteca Vaticana, scritto verso il 750, probabilmente nel monastero di Chelles, nei dintorni di Parigi. I testi eucologici sono in genere molto pi antichi (secc. V - VII), anche se permane la difficolt di unidentificazione pi precisa della loro origine, della loro data di composizione e della loro paternit compositiva. Diversi testi sono comuni con il veronese. Con il gelasiano siamo di fronte ad un vero e proprio sacramentario. Esso diviso in tre libri: il primo comprende il proprio del tempo liturgico a partire dalla vigilia di Natale, pi alcuni rituali [ordinazioni dei presbiteri e dei diaconi nella prima settimana di Quaresima; catecumenato e sacramenti di iniziazione cristiana in Quaresima e nella veglia pasquale; rituale della penitenza pubblica; preghiere per la dedicazione di una nuova Basilica; rituale degli ordini minori (ostiario - lettore - esorcista - suddiacono); consacrazione delle vergini, ecc...]. Il secondo contiene dei formulari per le memorie dei santi nel loro giorno natalizio (martiri e apostoli) e alcuni formulari per il tempo di Avvento. Forse questo testimonia una fase ancora incerta della formazione del tempo di Avvento, come tempo liturgico ben preciso e strutturato. Il terzo riporta dei formulari per le messe domenicali (le nostre domeniche per annum), per i giorni feriali, per le messe votive e per le messe ad diversa. Nel libro terzo troviamo la prima testimonianza romana del canon missae, chiamato canon actionis (nn. 1242 - 1255). Una delle maggiori caratteristiche dei formulari del Gelasiano antico la presenza di pi orazioni prima della oratio super oblata o secreta. La cosa viene spiegata in analogia con la oratio super syndonem ambrosiana, precedente alla disposizione dei doni sullaltare. Essa sarebbe stata introdotta al posto della preghiera universale. Laspetto pi oscuro del Gelasiano la sua origine liturgica. Lo Chavasse ha formulato lipotesi che a Roma ci fossero due diversi sacramentari, luno per i presbiteri, che officiavano nelle Chiese titolari, laltro per il vescovo, che officiava nella Basilica Lateranense e, in quaresima, nelle chiese stazionali. Il Gelasiano sarebbe il sacramentario a uso dei presbiteri nei tituli, mentre il Gregoriano, di cui parle48

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Cf POMARES G., Lettre contre les lupercales et dix-huit messes du sacramentaire lonien = Sources Chrtiennes 65, Du Cerf, Paris 1959. CF SOTTOCORNOLA FRANCO, Lanno liturgico nei sermoni di Pietro Crisologo = Studia Ravenatensia 1, Cesena 1973, pp. 42-45. Liber sacramentorum romanae aeclesiae ordinis anni circuli (Sacramentarium Gelasianum), a cura di MOHLBERG LEO CUNIBERT = Rerum Ecclesiasticarum Documenta, Series Maior, Fontes 4, Roma 3 1981.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com remo fra poco, sarebbe il sacramentario a uso del vescovo nella basilica lateranense e nelle chiese stazionali. - Il sacramentario gregoriano51: mentre per il veronese e per il gelasiano abbiamo un unico manoscritto, per il gregoriano abbiamo una pluralit di manoscritti di epoche e aree geografiche diverse, con adattamenti, varianti e omissioni, che rendono estremamente complesso il lavoro di ricostruzione delloriginale. Tutti i differenti tipi di Gregoriano, arrivati in manoscritto fino a noi, hanno un titolo comune: Incipit liber sacramentorum de circulo anni expositus a sancto Gregorio papa romano editus. Questa attribuzione a Gregorio Magno (590-604) pi affettiva che reale, anche se non si pu escludere la possibilit che alcune parti siano state codificate proprio da lui. Il testo pi vicino alloriginario gregoriano , secondo la maggior parte degli studiosi, il cosiddetto gregoriano adrianeo (manoscritto conservato alla biblioteca municipale di Cambrai). Esso rispecchierebbe il sacramentario romano inviato da papa Adriano a Carlo Magno nel 785 / 786, dopo ripetuta richiesta di questultimo, al fine di unificare la liturgia dei paesi franchi in riferimento al modello romano. Si tratta di un sacramentario ben ordinato e molto pi semplice del gelasiano. Ogni formulario della messa ha unorazione iniziale, una preghiera sulle offerte e una preghiera dopo la comunione. Non tutti i formulari hanno un prefazio proprio (inizia quel fenomeno di riduzione del numero dei prefazi che giunger al suo minimo nel Messale di san Pio V). Il proprio liturgico (dalla vigilia di Natale) e il santorale procedono in perfetta fusione, mentre troviamo radunati insieme, nellultima parte, i rituali dei sacramenti e dei sacramentali e i formulari comuni per le memorie dei santi. - Il sacramentario bergomense52: il manoscritto conservato dal 1958 nel palazzo vescovile di Bergamo, dopo essere stato per secoli presso la biblioteca della chiesa di santAlessandro in Colonna, sempre a Bergamo. Stando al Paredi, che lo ha pubblicato in edizione diplomatica, esso databile alla met del sec. IX, e rappresenterebbe il sacramentario ambrosiano nella codificazione carolingia. Contiene, oltre ai testi eucologici, le epistole e i vangeli, configurandosi cos come un messale plenario. Le messe dei santi, sono inserite nellanno liturgico in quattro momenti diversi: prima delle domeniche di avvento; tra il natale e lepifania; dopo le domeniche dopo lepifania; dopo le domeniche dopo pentecoste. Il canone della messa riportato dopo la I domenica dopo pentecoste. La presenza in ogni formulario di messa dellorazione Super Syndonem e del prefazio proprio fa la differenza con i sacramentari romani, soprattutto con il sacramentario gregoriano. - Il sacramentario di Biasca53: il manoscritto conservato nella biblioteca ambrosiana dal 1776, dopo essere stato per secoli presso la chiesa di Biasca, ora diocesi di Lugano. Stando allo Heiming, che lo ha pubblicato in edizione critica, esso databile alla fine sec. IX / inizio sec. X e, come il bergomense, rappresenterebbe il sacramentario ambro51

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DESHUSSES JEAN, Le sacramentaire gregorien. Ses principales formes daprs les plus anciens manuscrits = Spicilegium Friburgense 16, Fribourg 1979. Sacramentarium Bergomense. Ms. del sec. IX della biblioteca di santAlessandro in Colonna in Bergamo, a cura di PAREDI ANGELO = Monumenta Bergomensia 6, Bergamo 1962. Corpus Ambrosianum - Liturgicum 2/1. Das ambrosianische Sakramentar von Biasca. Die Handschrift Mailand Ambrosiana A 24 bis inf. Text, a cura di HEIMING Odilo = Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen 51, Aschendorf, Mnster 1969.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com siano nella codificazione carolingia. Il materiale liturgico disposto in modo simile al bergomense.

4.

La liturgia tra teologia e pastorale

Lapproccio ai documenti pi significativi della produzione liturgico - eucologica in ambito romano ci ha reso famigliari con i nomi di alcuni papi, che hanno avuto a che fare in modo del tutto particolare con la questione liturgica. Concludiamo lo studio di questepoca con un cenno alle figure di papa Leone Magno e di papa Gregorio Magno, luno teologo della liturgia, laltro pastore mediante la liturgia.

4.1. Leone Magno (440-461) Lo studio di Leone Magno ha conosciuto nel nostro secolo un notevole incremento, e si rivelato fecondo per la teologia della liturgia in generale e per la teologia dellanno liturgico in particolare. Il Liber Pontificalis54, nelle brevi note a lui dedicate, ricorda la sua attivit legislativa in campo liturgico e limpulso da lui dato ai nuovo luoghi di culto romani (Battistero di san Giovanni in Laterano, santa Maria Maggiore, ecc...). La corrispondenza con i vescovi della penisola e al di fuori di essa ce lo presenta in atto di dare indicazioni e modelli anche di carattere liturgico. Lattenzione dei liturgisti si per concentrata sullo studio dei suoi sermoni autentici (97), tenuti quasi tutti in occasione delle grandi feste liturgiche allora conosciute (Natale: 10 sermoni; Epifania: 8 sermoni; Passione: 19 sermoni; Pasqua di Resurrezione: 2 sermoni; Ascensione: 2 sermoni; Pentecoste: 3 sermoni), dei periodi liturgici pi intensi (Quaresima: 12 sermoni; giorni di digiuno nelle quattro tempora: 22 sermoni) e dei Santi pi cari alla citt di Roma (santi Pietro e Paolo: 3 sermoni; san Lorenzo: 1 sermone). il primo corpus di omelie papali che sia giunto fino a noi55. Leone Magno attesta nei suoi sermoni un uso ampio del termine sacramentum mysterium. Tale vocabolario serve per designare contemporaneamente gli eventi della vita di Cristo, le azioni liturgico - sacramentali della Chiesa (eucaristia, battesimo, ordinazioni, dedicazioni, ecc...) e, in un senso del tutto particolare, le grandi feste cristiane lungo lanno liturgico:
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Cf. Le Liber Pontificalis. Texte, introduction et commentaire 3 Voll., a cura di DUCHESNE LOUIS, Paris, 1955-1957. Edizioni: Sancti Leoni Magni romani pontifici tractatus septem et nonaginta, 2 Voll., a cura di CHAVASSE ANTOINE = Corpus Christianorum. Series Latina 138 - 138A, Brepols, Turnhout 1973. In italiano: LEO MAGNUS, I sermoni del ciclo natalizio [Sermones 1-19], a cura di ELIO MONTANARI MARCO PRATESI - MARIO NALDINI = Biblioteca Patristica 31, Dehoniane, Bologna 1998, pp. 449; LEO MAGNUS, I sermoni quaresimali e sulle collette [Sermones 20-38], a cura di ELIO MONTANARI - MARCO PRATESI - SILVANO PUCCINI = Biblioteca Patristica 33, Dehoniane, Bologna 1999, pp. 363; Leo Magnus, I sermoni sul mistero pasquale [Sermones 39-59], a cura di ELIO MONTANARI - ELENA CAVALCANTI = Biblioteca Patristica 38, Dehoniane, Bologna 2001, pp. 488. Studi: DE SOOS M. B., Le Mystere liturgique dapres saint Lon Le Grand = Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen 34, Mnster 1958; DEKKERS E. Autour de loeuvre liturgique de saint Lon le Grand, Sacris Erudiri 10 (1958) pp. 363-398; MARSILI SALVATORE, Il mistero di Cristo in prospettiva liturgica secondo san Leone Magno, in Mistero di Cristo e liturgia nello Spirito, Lev, Roma 1986, pp. 119-160.

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Nota quidem sunt vobis, dilectissimi, et frequenter audita, quae ad sacramentum pertinent sollemnitatis hodiernae (sermo III de Natale Domini = Tractatus 23,1 = CCL 138, 102)56. "Sed... nitamur, ut possumus, adiuvante Spiritu Dei, eo per intelligentiae semitas pervenire, ut cognoscamus sacramentum praesentis festi ad omnium fidelium tempora pertinere..." (sermo VIII de Epiphania = Tractatus 38,1 = CCL 138, 205)57. "Totum quidem, dilectissimi, paschale sacramentum evangelica nobis narratio praesentavit, et ita per aurem carnis penetratus est mentis auditus... (sermo XXI de Passione Domini = Tractatus 72,1 = CCL 138A, 441)58. A partire da queste e da altre espressioni simili, ricorrenti con frequenza nei suoi sermoni, gli studiosi si sono interrogati sul senso del sacramentum liturgico in papa Leone, accreditando la sua riflessione come uno dei momenti pi vivi della teologia liturgica in epoca patristica. Recuperiamo una traccia di questa riflessione, intendendo valorizzarla, nel nostro studio storico, come un saggio di approfondimento dellautocoscienza che lepoca patristica esprime nei confronti dellagire liturgico della Chiesa59. 1) Un primo dato da riportare linsistenza della predicazione leoniana sullhodie liturgico - celebrativo: Salvator noster hodie natus est; Hodie auctor mundi editus est utero virginali; Hodie Verbum Dei carne apparuit vestitum, ecc... La struttura sintattica della frase (avverbio di tempo presente + verbo al passato) piuttosto singolare, e apre alla comprensione del pensiero leoniano. Si potrebbe anche interpretare queste espressioni come un espediente retorico del tipo oggi, sono quattrocentoquarantacinque anni, il nostro Salvatore nato, stato generato da un grembo verginale, ecc.... In questo modo, la festa liturgica cristiana sarebbe il puro ricordo anniversario di quel fatto ormai passato. La comunit cristiana sarebbe equiparata a un gruppo sociale che si ritrova per celebrare le gesta del suo fondatore. Leone Magno non vuole in alcun modo negare o sottacere la puntualit storica dellevento che sta al centro della festa cristiana, ma crede con forza che nella celebrazione delle feste liturgiche cristiane la distanza temporale tra noi e levento come annullata, grazie alla sua riproposizione sacramentale. Nellazione rituale cristiana i fedeli hanno parte alla virtus salvifica, sgorgata da quellevento, cos che in sacramento (o in mysterio) essi sono contemporanei allevento stesso. La memoria liturgica dellavvenimento della vita di Cristo, attuata dalla Chiesa, rinnova nel presente lefficacia salvifica di quello stesso avvenimento che, in quanto fatto storico, resterebbe irrimediabilmente passato. Ecco in proposito alcuni testi natalizi:
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Sono a voi note, carissimi, e frequentemente ascoltate le cose pertinenti al sacramento / mistero della solennit odierna Ma... sforziamoci come possiamo, con laiuto dello Spirito di Dio, di giungere a tale perfetta intelligenza da comprendere che il mistero della presente festa appartiene a ogni tempo e a tutti i fedeli. La narrazione evangelica ci ha presentato tutto il sacramento pasquale e cos, penetrato per lorecchio della carne ascoltato (per lorecchio) della mente.... Seguo in queste pagine lo studio del De Soos precedentemente segnalato.

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Carissimi, gioiamo: oggi nato il nostro Salvatore. Non infatti lecito che ci sia tristezza l dove c il natale della vita, la quale, messo fine al timore della morte, porta in noi la gioia della vicina eternit... Esulti il santo, perch si avvicina al premio sperato; gioisca il peccatore, perch invitato al perdono; si animi il pagano, perch chiamato alla vita (Sermo I de Natale Domini = Tractatus 21,1 = CCL 138, 85). Certamente linfanzia, che la maest del Figlio di Dio non ha ritenuto disdicevole, si normalmente sviluppata con il crescere degli anni fino alla perfetta maturit e, una volta compiutosi il trionfo della passione e della resurrezione, tutte le azioni fatte nellumilt e per noi intraprese sono ormai passate. Tuttavia la presente festivit rinnova per noi il sacro Natale di Ges (renovat nobis hodierna festivitas nati Iesu sacra primordis) generato da Maria. E mentre adoriamo la nascita del nostro Salvatore, ci ritroviamo a generare la nostra stessa generazione. La generazione di Cristo lorigine del popolo cristiano. Il Natale del capo anche il Natale del corpo (Sermo VI de Natale Domini = Tractatus 26,2 = CCL 138, 126)60 Dilettissimi, esultiamo nel Signore e rallegriamoci con spirituale gaudio, perch spuntato per noi il giorno che significa la nuova redenzione, lantica preparazione, la felicit eterna. Il mistero della nostra salvezza, promesso allinizio del mondo e attuato nel tempo stabilito, per durare senza fine, si rinnova per noi nel ricorrente ciclo annuale (Sermo II de Natale Domini = Tractatus 22,1 = CCL 138, 90). In questi testi, e in molti altri della predicazione leoniana, appare chiaro che egli non considera mai gli avvenimenti della vita di Cristo come puro fatto storico. In questo caso infatti nessun rinnovamento di essi sarebbe possibile. Leone considera sempre gli avvenimenti della vita di Cristo come eventi storico - salvifici, nei quali e per i quali la salvezza divina donata e rivelata. Ogni fatto della vita del Cristo gi evento di salvezza (sacramentum salutis), e dunque parte di quel mysterium salutis che si rivelato in pienezza nella sua pasqua. Che cosa avviene allora nella celebrazione memoriale (sacramentale) dei misteri di Cristo? La celebrazione della Chiesa, risponde san Leone, rinnova per loggi quegli eventi, non nella loro fattualit, ma nella loro realt salvifica. Se lavvenimento storico resta irrimediabilmente passato, la sua ripresentazione sacramentale (repraesentatio), attraverso la celebrazione liturgica, permette oggi alla Chiesa di comunicare realmente alla sua virtus salvifica. Il discorso deve allora concentrarsi sulla mediazione liturgico sacramentale che rende possibile loggi della salvezza. 2) Dobbiamo per questo richiamare una seconda espressione ricorrente nei sermoni leoniani: memoriam celebrare. Ecco uno dei testi pi tipici al riguardo:

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Laccento va posto sul renovat nobis. Ci che il Natale di Ges fu realmente per coloro che erano presenti alla sua nascita (lapparire della grazia apportatrice di salvezza per dirla con Tt 2, 11) lo , mediante la celebrazione memoriale della Chiesa, realmente per noi oggi.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Dilettissimi, voi ben sapete che la manifestazione del nostro Signore e Salvatore rende particolarmente importante lodierna festivit. Questo il giorno che port i magi, preceduti dalla stella, a conoscere e ad adorare il Figlio di Dio. Giustamente gradito di celebrare con culto annuale la memoria di questo fatto (cuius facti memoriam placuit honore animo celebrari), affinch, mentre il racconto evangelico ripresentato incessantemente, il mistero della salvezza, mediato da un insigne miracolo, sia sempre meditato da quelli che lo comprendono (Sermo V de Epiphania = Tractatus 35,1 = CCL 138, 188). Lespressione placuit memoriam huius facti honore animo celebrari acquista nel linguaggio di Leone un senso quasi tecnico. Si tratta della celebrazione annuale di una festa cristiana, fatta da tutta la Chiesa mediante la celebrazione eucaristica. Non si d per Leone Magno memoria dei misteri cristiani senza eucaristia, considerata nel suo duplice momento di annuncio della Parola e di offerta della Vittima santa. Attraverso la proclamazione della Parola, specialmente la narratio evangelica, avviene la memoria specifica di un mistero. Leone ha una visione quasi sacramentale della lettura della Parola. Non un semplice riandare a episodi passati della storia della salvezza, ma un ascolto nella fede che ha il potere di trasformare laudizione in visione, e di farci assistere in spirito agli avvenimenti che non abbiamo potuto vivere con il nostro corpo. Nel sermone per la veglia pasquale leggiamo: Dilettissimi stata letta, come duso, la storia della passione del Signore, secondo il racconto del Vangelo. Io credo che essa abbia penetrato cos fortemente il cuore di tutti che la lettura si trasformata, per ognuno degli uditori, in visione (Sermo 19 de passione Domini = Tractatus 70,1 = CCL 138A, 426). "Il racconto evangelico, dilettissimi, ci ha esposto (praesentavit) tutto il mistero della Pasqua (totum paschale sacramentum) e cos, attraverso le orecchie del corpo, ha penetrato ludito della mente, affinch a nessuno di noi manchi limmagine (la visione) degli avvenimenti" (Sermo 21 de passione Domini = Tractatus 72,1 = CCL 138A, 441). Attraverso lattuazione celebrativa del sacramentum paschale (celebrazione eucaristica) si rinnova per la Chiesa la pienezza del mistero della salvezza, in forza del quale ogni avvenimento della vita del Signore , a suo modo e per la sua parte, sacramentum salutis, che rinnova nelloggi lopera della redenzione. In conclusione la celebrazione liturgica delle feste cristiane , per Leone Magno, sacramento mediante il quale comunichiamo oggi allevento salvifico di Cristo, ed esempio, mediante il quale la vita cristiana si fa imitatio Christi: Queste opere di nostro Signore, che noi oggi celebriamo, sono a noi utili non solo per il sacramento che contengono, ma pure per lesempio che presentano e che invita allimitazione (non solum sacramento nobis utilia sunt, sed etiam imitationis exemplo - Sermo V de natale Domini = Tractatus 25,6 = CCL 138,123-124).

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 4.2. Gregorio Magno (590-604) Se Leone Magno ha approfondito laspetto misterico - sacramentale della liturgia, elaborando nella sua predicazione e nelle sue composizioni liturgiche quella che con terminologia attuale possiamo chiamare una vera e propria teologia liturgica, Gregorio Magno (590-604) ha realizzato una profonda riorganizzazione liturgica per dotare la liturgia romana e, attraverso di essa, lintera liturgia occidentale, di strutture pastoralmente pi efficaci a livello popolare. Pur potendo oggi riconoscere anche il limite dellazione di riforma promossa da papa Gregorio, dobbiamo riconoscere che, nelle difficili condizioni della sua epoca, Gregorio Magno ha trovato dei canali pastoralmente efficaci, per far vivere e far gustare la liturgia al popolo. Mi soffermo a considerare le tre grandi scelte liturgiche che hanno lasciato ampia traccia di s fino alla recente rifrma conciliare: a) Tenendo conto della venerazione del popolo romano per le basiliche e le chiese erette sopra le tombe dei martiri, papa Gregorio potenzi e complet liniziativa del culto stazionale quaresimale avviata dai suoi predecessori. Ebbe cos a disposizione unoccasione straordinaria di predicazione al popolo, ben attestata dal suo corpus omiletico giunto fino a noi. b) Prendendo atto del basso livello culturale di tanta parte dei fedeli che prendevano parte allassemblea liturgica festiva, Gregorio Magno riform il lezionario, il sacramentario e lantifonario, per avere riti pi semplici, ma pi efficaci dal punto di vista pastorale. Tra le semplificazioni gregoriane ricordiamo: * la riduzione del numero delle letture domenicali da tre a due, con una scelta delle pericopi evangeliche non solo in riferimento al mistero celebrato, ma anche alla memoria celebrata nella chiesa stazionale; * la riduzione del numero dei prefazi da usarsi nella celebrazione;

* la soppressione della preghiera dei fedeli, forse in ragione della ormai pratica scomparsa del gruppo dei catecumeni, che era una delle intenzioni specifiche di quella preghiera. c) Conoscendo poi la forza dincidenza emotiva della melodia e del canto sul sentimento del popolo, papa Gregorio avvi un potenziamento del canto liturgico [si parler appunto di canto gregoriano], affidando alla schola una funzione rilevante nellambito della liturgia romana. Essa venne situata tra il presbiterio e il popolo, quasi a fare da medium tra i fedeli ed i sacerdoti. I cantori presero a eseguire il canto liturgico in modo pi solenne e dignitoso, provocando, da una parte, lascolto commosso e partecipe dei fedeli, ma spingendo, dallaltra verso un minore coinvolgimento dellintera assemblea. La bellezza teologica, spirituale ed estetica del canto gregoriano eseguito dalla schola il patrimonio storico del canto liturgico della Chiesa e sarebbe imperdonabile superficialit culturale, teologica, liturgica e spirituale la sua ignoranza.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com EXCURSUS I UNICA LITURGIA - PLURALIT DI RITI Se nei primi tre secoli era gi possibile recensire sensibilit liturgiche diversificate tra Chiesa e Chiesa allinterno di una stessa area geo-culturale, o tra Chiese di aree geo culturali nettamente distinte, non era per ancora giustificato parlare di riti particolari o di differenti famiglie liturgiche. solo a partire dal sec. IV che abbiamo la possibilit di documentare una pi marcata differenziazione liturgica tra le Chiese e di parlare di tradizioni liturgiche autonome. Esse fanno capo alle grandi Chiese metropolite (Alessandria - Antiochia - Gerusalemme - Bisanzio, per lOriente; Roma - Milano - Ravenna..., per lOccidente) e, in seguito alla caduta dellImpero Romano dOccidente (476), alle diverse Chiese nazionali (Gallia, Spagna, Irlanda...) che accompagnano linsediamento dei nuovi popoli barbari e la loro conversione. La loro peculiarit non nasce da spirito di contrapposizione e non comporta un giudizio dubitativo o negativo nei confronti delle altre tradizioni liturgiche61. Essa dice piuttosto la volont e la capacit di sviluppare autonomamente, secondo la propria indole ecclesiale e culturale, gli elementi comuni e irrinunciabili del culto cristiano. Qual il fondamento teologico ed ecclesiologico di questo pluralismo liturgico effettivo, conosciuto dalla Chiesa dei Padri? Senza disattendere le cause di carattere storico - contingente, la ragione ultima pu essere individuata in una pi accentuata ecclesiologia di comunione tra le Chiese, che ha a cuore il comune riconoscimento della retta fede, secondo la regola sancita dai grandi concili ecumenici (Nicea, Efeso, Calcedonia...), mentre lascia pi ampio spazio di manovra nellambito della disciplina liturgico rituale. Sono infatti i sinodi locali, presieduti dal Metropolita, a dare le direttive in campo liturgico. Anche papi come Leone Magno e, ancor pi, come Gregorio Magno, che sentono la sollicitudo omnium ecclesiarum della sede romana e approfondiscono la dottrina della primazialit della sede di Pietro, non intervengono ancora, sul versante liturgico, con una disciplina da estendere allintera Chiesa. Basti qui citare quanto scriveva Gregorio Magno ad Agostino di Canterbury: Mentre la fede una sola, diverse sono le consuetudini delle diverse Chiese; altra la consuetudine delle messe nella Chiesa romana, altra nelle Chiese delle Gallie. Tu hai conosciuto la consuetudine della Chiesa di Roma, nella quale ricordi di essere stato nutrito e che tu hai validamente amato. Ma a me piace che se tu, nella romana o in quella delle Gallie o in qualunque altra Chiesa, hai trovato qualcosa che possa piacere ancor di pi a Dio onnipotente, con sollecitudine tu possa trattenerla (MANSI, X, coll. 415-416). Il capitolo dei diversi riti sia doriente che doccidente richiederebbe un corso apposito. Per i riti orientali rimando a una prima indicazione bibliografica62. Per quelli occidentali dico qui di seguito una parola:

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La storia si incarica di mostrarci piuttosto un continuo interscambio liturgico (testi, usi, feste, ordinamenti) tra le Chiese, che crea unosmosi continua e un arricchimento reciproco: oriente - occidente; Roma - Milano; Roma - Gallia; Milano - Oriente; Milano - Gallia; Spagna -Gallia, ecc... DALMAIS I.H., Le liturgie Orientali= Parola e Liturgia 12, Paoline, Milano 1982, spec. pp. 39-71.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 1) Il rito gallicano, che non ha avuto il tempo di consolidarsi in una grande tradizione compiuta, ebbe il suo periodo aureo lungo tutto il sec. VI e nella prima met del sec. VII. 2) Il rito celtico, o iro-celtico, che risulta di pi evidente ispirazione monastica e, come e pi del rito gallicano, ci testimoniato in maniera piuttosto lacunosa63. 3) Il rito ispano-visigotico, detto anche rito mozarabico, dal nome arabo con cui erano chiamati i cristiani sottomessi al dominio arabo64. Esso si svilupp in modo ben definito a partire dal sec. VI e rimase in vigore fino allepoca di papa Gregorio VII (1073 1085), che ne decret la soppressione. Nel momento del suo massimo sviluppo, durante il regno dei Visigoti (sec. VII) e sotto il genio organizzatore di Isidoro di Siviglia (560 ca. - 636), il rito ispano-visigotico era celebrato in tutta la penisola iberica, nella Gallia Narbonese e nella zona dei Pirenei. 4) Il rito ambrosiano, lunico rimasto vivo fino a oggi65. Il termine ambrosiano, attribuito al rito peculiare della chiesa di Milano, deve essere considerato come nel caso dei sacramentari leoniano e gregoriano, un rimando pi affettivo che reale. Dopo accurate indagini condotte sugli scritti autentici di santAmbrogio gli studiosi sono concordi nel riconoscere che prematuro fissare allepoca del suo episcopato la fioritura di quello che indichiamo oggi con il nome di rito ambrosiano. Ambrogio rinnova sicuramente in qualche punto la liturgia romana, ma con il suo episcopato siamo ancora al di qua di un vero e proprio rito peculiare con i suoi testi, la sua struttura liturgica annuale, il suo santorale, la sua tradizione musicale, le sue particolarit strutturali nella messa e nellufficio divino. I primi documenti attestanti un rito ben organizzato nelle sue diverse parti e distinto dalla liturgia romana sono purtroppo solo dei secc. IX-X. Se la datazioni delle fonti documentarie bassa, alcuni studiosi si sono applicati a una datazione interna del materiale attestato. Si avanza cos lipotesi, ormai abbastanza consolidata, di un primo sviluppo del rito ambrosiano nel periodo precedente allesilio genovese dei vescovi di Milano, iniziato nel 569. Si ipotizza poi un secondo sviluppo del rito ambrosiano a partire dalla met del sec.VII con il ritorno dallesilio genovese e linizio del regno franco (643-774). In questa epoca si sarebbe consolidato lordinamento generale della liturgia ambrosiana, mentre si sarebbe fatto sentire linflusso di elementi orientali per il tramite della Chiesa di Ravenna. Lattestazione dei documenti a nostra disposizione (secc. IX-X) perci considerata come la terza fase dello sviluppo del rito ambrosiano, fase in cui emerge una pi ac63

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Per farsene unidea pi precisa occorre rifarsi al modo con cui avvenuta la cristianizzazione della Gran Bretagna e dellIrlanda. Si veda FONTAINE J., Larte mozarabica. Cristiani e musulmani nellalto medioevo, Jaca Book, Milano 1983, pp. 31-40. A pagina 31 si legge: La creazione artistica dei mozarabi sarebbe come una forma priva di contenuto che le d un significato se ci mettessimo ad analizzarla senza prima considerare la liturgia che ne il centro e la fonte vitale. Per un primo approccio BORELLA PIETRO, Il rito ambrosiano, Brescia, 1964, pp. 498; Dizionario di Liturgia ambrosiana, a cura di NAVONI MARCO, Ned, Milano 1996, pp. 649; TRIACCA ACHILLE MARIA, Ambrosiana liturgia, in Liturgia, a cura di SARTORE DOMENICO-TRIACCA ACHILLE MARIACIBIEN CARLO, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001, pp. 6-46.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com centuata romanizzazione, dovuta alla volont carolingia di uniformare a Roma la liturgia di tutte le regioni facenti parte del sacro romano impero. Diversi documenti medioevali (secc. X-XII) infatti attestano, tra lo storico e il leggendario, che fu proprio il papa Adriano I a riconoscere e confermare alla Chiesa ambrosiana il diritto di avere un proprio rito particolare di contro alle pretese di Carlo Magno, che ne reclamava la soppressione. Comunque debbano intendersi queste notizie un fatto che, pur subendo linfluenza romano - franco, il rito ambrosiano resistette alla volont di Carlo Magno di uniformare liturgicamente limpero secondo la consuetudine romana, a differenza del rito gallicano, che perse la sua battaglia per la sopravvivenza. Dalla prima documentazione certa del rito ambrosiano possiamo ricavare gli elementi che fanno di esso un rito distinto e specifico, pur rimanendo in stretto contatto con Roma. Esso possiede: - un sistema originale di letture bibliche, almeno per alcuni periodi dellanno; - un ordinamento originale della messa e dellufficiatura; - elementi peculiari nella struttura dellanno liturgico e nel santorale; - un patrimonio eucologico, specie prefaziale, di rilievo, con sottolineature tematiche caratteristiche66; - una peculiare tradizio- ne testuale e melodica nel canto liturgico.

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Ecco quanto scrive il Triacca a proposito delleucologia ambrosiana: La matrice profonda della liturgia ambrosiana, per le vicende sia ecclesiali che politiche che si trov a vivere, lanti - arianesimo. Ci le ha impresso una forte tonalit cristocentrica (riflessione particolarmente reiterata sul mistero dellincarnazione) e una pi intensa sottolineatura mariana (cf. la festa di Maria sempre vergine e madre di Dio).

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CAPITOLO IV LA LITURGIA LUNGO IL MEDIOEVO (SECC. VII-XV)


Di questo lunghissimo periodo, che va dal sec. VII al sec. XV, dalla morte di papa Gregorio Magno (604) allinvenzione della stampa (1453ca) o alla scoperta delle Americhe (1492), convenzionalmente chiamato Medioevo dobbiamo supporre noti, almeno a grandi linee, gli avvenimenti storici. Per il nostro scopo sufficiente una periodizzazione in tre tempi: lalto Medioevo (secc. VII-XI), il Medioevo classico (secc. XI-XIII) e il basso Medioevo (secc. XIV-XV). Per le finalit del nostro studio tratteremo solo dei primi due tempi (alto e classico), i pi significativi sotto il profilo della storia della liturgia e i pi studiati dagli storici, tralasciando invece il terzo1. Il sec. XI a tutti gli effetti il secolo cerniera tra lalto Medioevo e il Medioevo classico e in qualche modo appartiene a entrambi i periodo. LA LITURGIA NELLALTO MEDIOEVO

I.

Ricordiamo alcuni dati storici di quadro: linstaurarsi del regno longobardo in Italia e la sua fine a opera dei Carolingi; lunificazione dellEuropa sotto Carlo Magno e la ripresa del titolo di imperatore del Sacro Romano Impero; la decadenza dellimpero carolingio e lo spostamento dellasse imperiale dalla Francia dalla Germania; la separazione sempre pi marcata delloriente dalloccidente fino allo scisma del 1054, in cui avvenne la definitiva rottura della comunione tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli; le oscure vicende del papato nel corso del sec. X e la sua ripresa nel sec. XI. Sul versante della prassi liturgica possiamo ormai procedere pi sicuri, grazie allabbondante attestazione di fonti liturgiche dirette che affiancano le memorie storiche e gli scritti occasionali. Tutti gli studiosi di storia della liturgia sono concordi nel riconoscere la grande importanza di questi secoli sul futuro della liturgia occidentale, della quale ormai ci occuperemo in modo pressoch esclusivo. Lordinamento liturgico romano

1.

Risalgono ai secc. VII - VIII i pi antichi ordines romani (= ordinamenti liturgici romani). Grazie a questi documenti veniamo a conoscenza della struttura celebrativa dei diversi momenti sacramentali della liturgia romana (iniziazione cristiana, celebrazione eucaristica, ordinazioni, ecc...) cos comerano, prima dellinflusso franco - germanico. I due testi pi caratteristici al riguardo sono lordo I (rituale della messa papale) e lordo XI (rituale diniziazione cristiana per infanti)2. Lo studio di queste fonti dirette permette di fare il punto circa il sentire liturgico della Chiesa di Roma al termine della
1

Per qualche notizia relativa ai secc. XIV-XV cf CATTANEO ENRICO, Il culto cristiano in occidente. Note storiche = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 13, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 2 1984, pp. 252-280. La numerazione quella dello studioso MICHEL ANDRIEU, che ne ha curato ledizione critica in 5 volumi.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com grande epoca dei Padri e prima dei nuovi sviluppi provenienti dal mondo francogermanico: a) Lazione liturgica imponente e solenne, ben strutturata nelle sue diverse parti e nei suoi ministeri (accoliti - suddiaconi - diaconi - presbiteri - vescovo), con un cerimoniale ben elaborato. b) Si intravvede gi uno stacco pi accentuato tra clero e popolo, anche se la partecipazione dellassemblea allazione liturgica appare ancora piuttosto attiva. Diversi studiosi leggono come un segno di involuzione a proposito della partecipazione dei fedeli, anche il fatto che il canto ora affidato prevalentemente a una schola, che sta in un luogo apposito tra laltare e il popolo. Laffermazione protrebbe, forse venire sfumata da ulteriori verifiche storiche sui secoli precedenti (dalle quali si potrebbe forse mostrare come non sia mai esistito un puro e semplice canto assembleare) e da una pi attenta considerazione sia delle condizioni socio - culturali dellepoca (vedi il basso grado di istruzione del popolo) sia della competenza artistica richiesta per il canto liturgico. c) Ripetutamente compare in questi ordines la sottolineatura della dignitas episcopale e presbiterale, e in genere di ogni grado dello stato clericale. Si sviluppa lattenzione per gli abiti e le insegne da usarsi nella celebrazione, con una forte lettura mistico simbolica di ogni singolo indumento e insegna, e si moltiplicano i gesti di onore (inchini, prostrazioni...) nei confronti di colui che presiede e di coloro che, a diverso titolo, lo attorniano. In tutto questo possibile ravvisare un certo influsso del cerimoniale della corte imperiale, ma anche un certo recupero della legislazione veterotestamentaria riguardante il sacerdozio levitico e tutto lapparato cerimoniale a esso strettamente connesso, ora che non ci dovrebbe essere pi alcuna possibilit di equivocare sulla singolare novit del culto cristiano3.

2.

Il passaggio al mondo franco-germanico

Mentre a Roma si consolida lordinamento liturgico generale, nelle aree periferiche (Gallia - Germania Irlanda Gran Bretagna - Nord Italia - Spagna) le diverse liturgie particolari non riescono a darsi unordinamento altrettanto solido. Scrive lo storico Enrico Cattaneo: La libert liturgica, accentuata nel sec. VII con lintento pratico di favorire nelle singole regioni un culto rispondente nelle forme alle esigenze della civilt locale, germina in misura troppo grande, da non assicurare a una provincia ecclesiastica lunit liturgica. Senza dare alla parola un contenuto ribelle, ma solo descrittivo, si giunge alla prima met del sec. VIII allanarchia liturgica4. evidente che il problema non stava nel fatto di avere liturgie particolari, ma nella condizione generale di decadenza culturale, ecclesiale, sociale in cui questepoca versava: un clero poco o nulla formato sia teologicamente, sia pastoralmente; una disciplina ecclesiastica disgregata [un sintomo: le chiese locali non celebrano quasi pi i loro si3

Si possono opportunamente leggere in proposito i testi liturgici per i riti di ordinazione del Sacramentario veronese, o. c., nn. 942-954. CATTANEO ENRICO, Il culto cristiano in occidente. Note storiche = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 13, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 21984, p. 159.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com nodi]; un instabilit politico e sociale, con immediate conseguenze intra-ecclesiali [si veda ad esempio lalternarsi di re ariani e di re cattolici nel regno longobardo con il conseguente disagio per lintera vita ecclesiale]. Questa situazione, cui Roma stessa guardava con crescente preoccupazione, si sblocc definitivamente con lascesa della dinastia carolingia al trono di Francia. Essa mise mano, anche in vista di una maggiore stabilit sociale e politica, al risanamento della vita religiosa e liturgica. a) Crodegango, vescovo di Metz (+766), sostenuto dal re Pipino il Breve, si diede anzitutto allopera di risanamento della vita clericale. Con la sua Regula canonicorum istitu per il clero la struttura di vita canonicale tendente a raggruppare il clero in cura danime nelle canoniche, dove la vita comunitaria era dobbligo in funzione di unaccurata vita liturgica5. Il fulcro della vita comunitaria del clero riunito nelle canoniche venne individuato nella celebrazione corale dellufficiatura divina, in analogia con la struttura di vita monastica. Il modello di tale ufficiatura, e qui sta una delle intuizionichiave di Crodegango, doveva essere la consuetudo romana. Si avvia in tal modo, sotto il regno di Pipino il Breve, il processo dunificazione liturgica con Roma [per il momento in gioco la consuetudo romana dellufficiatura divina] dei territori soggetti allinflusso carolingio. b) Carlo Magno (768-814), succedendo al padre Pipino, volle continuare la riforma del clero mediante il consolidamento dellistituto canonicale e una valorizzazione ancora pi ampia della tradizione liturgica romana, che, oltre allufficiatura divina toccasse la celebrazione della santa messa lungo lanno liturgico e la celebrazione degli altri sacramenti, specialmente del battesimo. Carlo Magno intu, ancor pi del suo predecessore, limportanza dellunificazione di tutto limpero sotto lunica tradizione liturgica romana, sia per motivi strettamente politici [rafforzare lalleanza con il papa e riassorbire un elemento obiettivamente disgregante], sia per una sincera e personale ammirazione di quella liturgia che egli aveva potuto gustare pi volte di persona6. Uno dei massimi artefici dellopera liturgica intrapresa sotto Carlo Magno fu il monaco Alcuino di York (735-804), che nel 786 fu chiamato a dirigere la schola palatina ad Aquisgrana e a occuparsi della riorganizzazione dellinsegnamento in Francia e in tutto limpero. Il giudizio espresso da Enrico Cattaneo sulla sua opera liturgica generalmente condiviso dagli studiosi: Segn una svolta tanto importante per la storia della liturgia occidentale che appunto da essa nacque il Messale di Pio V7. Egli, e il continuatore della sua opera, il monaco Benedetto di Aniano (+ 821), operarono per dare un ordinamento pi chiaro al materiale liturgico [lezionario, testi eucologici, struttura rituale], riferendosi costantemente alla consuetudo romana, ma contemperandola (consapevolmente) con la sensibilit e le esigenze del clero e del popolo franco - germanico. Per conoscere bene la tradizione romana Alcuino sugger a Carlo Magno di chiedere a papa Adriano un sacramentario gregoriano puro, il libro liturgico in cui si pensava fosse contenuta la liturgia romana secondo lordinamento e il genio di san Gregorio Magno. Dopo qualche anno di attesa il sacramentario gregoriano giunse ad Aquisgrana
5 6

Ibidem, p. 162. Nel 774, nel 781 e nel 787 procur che i suoi incontri con il papa coincidessero con la Settimana Santa, in modo da assistere alla grande liturgia pasquale officiata dal papa. CATTANEO ENRICO, o. c., p. 166.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com e fu copiato negli scriptoria palatini per le diverse Chiese dellimpero. Il cosiddetto sacramentario gregoriano - adrianeo divenne cos, per il tramite dellopera di riforma carolingia, il primo vero momento di unificazione liturgica delloccidente secondo la tradizione romana. Non bisogna per assolutizzare questaffermazione. Infatti il monaco Alcuino non fu del tutto soddisfatto della liturgia romana testimoniata dal sacramentario papale. Esso mancava di elementi importanti per le liturgie non papali ed appariva, nella scelta dei formulari e nella formulazione della preghiera presidenziale, troppo sobrio, quanto al sentimento religioso, e troppo essenziale, quanto a teologia. Nacque cos il Supplemento di Alcuino (e Benedetto dAniano) che riportava le parti mancanti al sacramentario romano per le necessit dei vescovi, dei canonici e dei monaci celebranti: le messe per i tempi per annum; una serie di messe quotidiane; una serie di messe per i vivi, per il re, per i sacerdoti, per i monaci ecc...; una serie di messe per i defunti; messe per le diverse necessit della vita, per il tempo di guerra, di siccit o di carestia; testi per benedire cose o persone... e la composizione di una serie di messe votive per ogni giorno della settimana (Domenica: de Trinitate; de gratia Spiritus Sancti postulanda. Luned: pro peccatis; pro petitione lacrimarum. Marted: ad postulanda angelica suffragia; pro tentatione cogitationum. Mercoled: de sancta sapientia; ad postulandam humilitatem. Gioved: de caritate; contra tentationes carnis. Venerd: de sancta cruce; de tribolatione et necessitate. Sabato: de sancta Maria). Dallipotesi iniziale di un ritorno sic et simpliciter alla tradizione liturgica romana, si pass senza soluzione di continuit a sviluppare una nuova tradizione liturgica in cui la sensibilit dei popoli franco - germanici gioc un ruolo di rilievo. Gli studiosi parlano di ibridismo liturgico o, pi positivamente, di una sintesi nuova denominabile liturgia romano - germanica. Questa nuova tradizione liturgica, consolidatasi nei secc. IX - X, avr la sua codificazione pi alta nel cosidetto pontificale romano - germanico (sec. X)8. Redatto in uno scrittorio di Magonza, nel periodo di splendore della dinastia degli Ottoni, si diffuse con enorme rapidit in tutto lOccidente e venne accolto anche a Roma, dove il papato da decenni languiva in una delle fasi pi oscure della sua storia. Il patrimonio di tradizione liturgica, partito da Roma quasi due secoli prima su richiesta di Carlo Magno per diventare elemento di unificazione religiosa e civile del Sacro Romano Impero, ritornava a Roma arricchito, riplasmato e, in parte, mutato dal nuovo slancio creativo dei popoli doltralpe. Quali sono le caratteristiche di maggior novit della liturgia romano - germanica? Non potendo scendere a unanalisi dettagliata della fervida creativit liturgica dei nuovi popoli apparsi sulla scena della storia religiosa e civile dellEuropa, ci limitiamo ad alcune considerazioni di carattere generale.

2.1. Novit nella preghiera presidenziale Si devono anzitutto rilevare alcuni cambiamenti nellambito della preghiera liturgica presidenziale: a) Vanno moltiplicandosi nella celebrazione eucaristica le preghiere dette dal sacerdote celebrante submissa voce (tutto il Canone, la preghiera del Padre Nostro...). Se a questo aggiungiamo la nuova posizione assunta dal sacerdote celebrante nei confronti
8

VOGEL CYRILLE, Le pontifical romano-germanique du dixime sicle, 3 Voll = Spicilegium Friburgense 226.227.229, Roma 1963-1972.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com dellassemblea dei fedeli, che ora lo scorge di spalle per lintero arco della celebrazione, possiamo inferire un importante cambiamento di mentalit. Lazione liturgica tende a diventare azione del clero e la presenza dei fedeli tende a mutarsi in assistenza devota. Si avvia quel lento processo di estraneazione del popolo dalla liturgia, che porter alla perdita della partecipazione dei fedeli allazione sacra, realt finora riscontrabile nella documentazione liturgica in nostro possesso. b) Si afferma, nella spiritualit del clero, una forte sottolineatura dellindegnit personale nellatto di accostarsi ai sacri riti liturgici. Abbiamo cos, dal sec. VIII al sec. XII, una rigogliosa composizione di apologie sacerdotali, orazioni introdotte nella celebrazione eucaristica allo scopo di rinnovare da parte del sacerdote celebrante la coscienza delle propria indegnit e per implorare da Dio, spesso nominato come deitas placabilis, la propria personale purificazione dal peccato. Esse, contravvenendo alla caratteristica di tutta la preghiera liturgica, formulata ad alta voce nel noi ecclesiale, sono recitate a voce sommessa e alla prima persona singolare, accentuando limpressione di estraneit dei fedeli allazione liturgica in atto9. c) Si moltiplicano, nelle azioni liturgiche, le eccezioni alla regula aurea della preghiera liturgica, riassunta, allinizio del sec. IV, nelleffato patristico semper ad Patrem dirigatur oratio (la preghiera sia sempre rivolta al Padre): da una parte, trova notevole incremento la preghiera diretta a Ges Cristo, che in nuce era gi presente nel Nuovo Testamento (Apc 5,13; 2Pt 3,18), e allo Spirito santo10; dallaltra, si sviluppa un repertorio di nuove orazioni che hanno come interlocutore diretto la santissima Trinit ad modum unius o, come anche viene chiama la sancta deitas11.

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Per farsene unidea si legga lesempio seguente, del sec. XII, riportato da NOCENT ADRIEN, Un Missel plnier de la Bibliothque vallicelliana, in Mlanges liturgiques offerts au R. P. dom Bernard Botte osb de lAbbaye du Mont Csar a loccasion du cinquantime anniversaire de son ordination sacerdotale (4 juin 1972), Louvain 1972, pp. 421-422: Quando sale allaltare, il sacerdote dica in silenzio: Confesso, altissimo Padre, davanti alla tua clemenza, tutti i miei peccati, passati, presenti, futuri. Dio del cielo, sii propizio a me peccatore, perch ho la presunzione di accedere al tuo altare e di invocarti. Tu solo sei quello che santifica tutte le cose. Tu sei benedetto, tu che benedici ogni cosa. Abbi piet di me tuo servo, non per i miei peccati, ma per la tua misericordia, perch ho peccato in azioni, in pensieri e in parole. Molti sono i miei peccati e non sono degno di essere tuo servo. Fa sorgere in me il pianto, rendi tenero il mio cuore duro e impietrito, perch sono cenere morta.... Quando si canta il Gloria: Dio, che non desideri la morte ma la conversione dei peccatori, ti prego perch tu non allontani me misero peccatore dalla tua piet, n guardi ai miei peccati e alle mie infedelt e ai miei cattivi pensieri, con i quali tristemente mi allontano dalla tua volont. Attirami verso la tua grande misericordia e alla fede e alla devozione di quelli che chiedono la tua misericordia attraverso di me peccatore e, per tua volont, mediatore tra te e il tuo popolo. Rendimi capace, ti prego, di essere degno di implorare la tua misericordia con il tuo aiuto tanto a mio favore quanto per il tuo popolo devoto.... Quando si legge lepistola e si canta il Graduale: Signore Dio onnipotente, sii propizio a me peccatore, perch tu sei immortale e senza peccato, unico Signore, Dio nostro. Sei benedetto tu che benedici tutte le cose. Tu, che rendi giuste tutte le cose, sei giusto. Tu, che santifichi tutte le cose, sei santo. Perdona, te ne prego, il tuo indegno servo, che peccatore. Ho peccato al tuo cospetto e al cospetto dei tuoi angeli. Dammi il perdono dei miei peccati e conferma nella fede ortodossa la tua santa Chiesa e insegnami a fare la tua volont, perch tu sei, Signore Dio nostro, benedetto nei secoli. Amen [La traduzione dal latino mia]. Tra gli esempi pi alti le sequenza di Pasqua (Victimae paschali) e di Pentecoste (Veni sancte Spiritus). Si sviluppa anche uneucologia minore direttamente rivolta a Cristo. Si veda nel trattato de Deo la corrispondenza di questa formulazione liturgica con la riflessione teologica coeva.

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2.2. Una nuova temperie liturgico-spirituale Si avverte poi, nellambito dellesperienza religiosa di questi popoli, una nuova temperie spirituale pi attratta dalla dimensione devozionale che misterico sacramentale della liturgia. Alcuni dati in questa direzione sono: a) Una lettura pi devozionale della santa messa. Intendo per lettura devozionale laccentuazione degli aspetti pi rispondenti alla sensibilit soggettiva di coloro che vi partecipano, normalmente pi periferici rispetto al dato misterico - sacramentale della celebrazione. possibile leggere in questa direzione lo sviluppo delle messe votive settimanali, cui ho fatto cenno sopra, come pure il moltiplicarsi delle missae ad diversa (messe per diverse necessit). Lelemento valido di questo sviluppo lattenzione da parte delluomo medievale a ricondurre ogni situazione della vita e della fede al cuore dellesperienza cultuale cristiana, cio alleucaristia. Non ci si pu per nascondere anche la parte di rischio di questa operazione. Il progressivo offuscamento, presso gran parte dei pastori, della dimensione misterico - memoriale della celebrazione liturgica cristiana, e la conseguente ipostatizzazione del suo valore oggettivo - sacramentale, porter a una concezione cosificata e quasi magica delle azioni sacre della Chiesa. I fedeli si orienteranno a far dire la Messa per le varie necessit spirituali e materiali della vita, in particolare in riparazione dei propri peccati e in suffragio dei propri defunti, con una tendenziale riduzione della celebrazione del sacrificio eucaristico a mezzo sommamente efficace per ottenere da Dio le grazie necessarie. Che il problema non solo di carattere pastorale, ma in ultima analisi teologico, risulta con una certa evidenza dalla lettura dei trattati sulla santa messa, che si moltiplicano a partire dal sec. IX, e di cui il pi celebre risulta quello di Amalario, vescovo di Metz [770 ca. - 850]12. Essi offrono, sul fondamento pacifico del riconoscimento dellaspetto sacrificale delleucaristia, una lettura fortemente allegorizzante delle diverse sequenze rituali della celebrazione, allo scopo di ritrovarvi allegoricamente i diversi momenti storici della passione del Signore e della sua intera vita: Introito Kyrie Gloria Epistola .... Prefazio Inizi del canone Unde et memores Supplices Nobis quoque Padre nostro = ingresso di Cristo nel mondo; = preparazione profetica al Cristo; = nativit di Cristo; = predicazione del Battista; = inno di Cristo nellultima cena; = triplice orazione di Ges nellorto; = Cristo innalzato in croce; = Cristo, nellatto di morire china il capo; = ultimo grido di Cristo che muore; = Cristo scende nel sepolcro ...

Se questo tipo di lettura dellordinamento della messa aveva lo scopo di una catechesi sulla messa ai fedeli, sempre pi distanti da una comprensione del mistero dellaltare, essa ottenne leffetto contrario. Ignorando il senso globale e unitario
12

Amalarii episcopi opera liturgica omnia I Introductio - opera minora, a cura di HANSSENS J.M. = Studi e Testi 138, Roma, 1948, pp. 255-338.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com dellazione liturgica nel suo movimento interno complessivo, e le ragioni primariamente funzionali di alcuni momenti rituali specifici, applica artificialmente e dallesterno ai singoli particolari un significato che di per s non ha nulla a che vedere con il gesto o loggetto concreto in questione. Il rito fa riferimento a un sacro che sta altrove, ed rimando / segnale a qualcosa che labilit del teologo si sforza di individuare. In connessione con una lettura prevalentemente devozionale della santa messa dobbiamo anche segnalare lo sviluppo del modo privato, cio senza presenza di assemblea, di celebrare la santa messa. Finora la celebrazione eucaristica ci era ordinariamente attestata in un contesto comunitario [chiesa locale o comunit monastica o canonicale riunita attorno allunica eucaristia]. Con i secc. VIII-IX si sviluppa luso della celebrazione privata, soprattutto nelle comunit monastiche e canonicali. Tale sviluppo , probabilmente, in relazione allevoluzione della prassi penitenziale, che comincia a prevedere la possibilit di commutare la penitenza imposta di carattere ascetico personale, e piuttosto onerosa, in un certo numero di messe da far celebrare, con pagamento di unofferta. Il modo privato di celebrare, permetteva ai monaci e ai canonici di poter rispondere alle numerose richieste dei fedeli, moltiplicando le celebrazioni nellarco della giornata. Esso favoriva inoltre la piet personale del sacerdote nei confronti dellaugusto mistero dellaltare. Lo sviluppo della messa privata port progressivamente alla scomparsa della messa concelebrata, anche nel caso di raduno del vescovo con il suo presbiterio. Il collegamento tra messa privata e le offerte di intenzioni fu anche, comera prevedibile, causa di abusi. La norma canonica, che proibiva di celebrare pi di una messa al giorno con stipendium, mise ordine al riguardo, ma fu anche causa, certo involontaria, di invenzioni liturgiche mostruose (la cosiddetta missa sicca e la missa plurifaciata), che provocarono a loro volta ripetuti interventi disciplinari da parte della Gerarchia ecclesiastica13. b) Un arricchimento, in chiave drammatica, delle celebrazioni liturgiche lungo lanno. In connessione con le grandi solennit cristiane (Triduo pasquale, Ascensione, Pentecoste, Natale, Epifania...), con lavvio dei grandi cicli liturgici (quaresima, avvento...) e con le pi importanti festivit di Maria e dei santi (feste patronali) si sviluppano, nella liturgia e a partire dalla liturgia, delle espressioni rituali pi appariscenti e teatrali, nelle quali levento liturgico celebrato viene riprodotto in forma drammatizzata. Indice di una nuova sensibilit religiosa e culturale, poco attrezzata per una lettura propriamente teologica dellanno liturgico, ma affascinata dai grandi quadri narrativi in esso riproposti, lorientamento pi drammatico delle celebrazioni tende a riavvicinare il popolo ai fondamentali misteri della vita di Cristo in un momento in cui si chiude definitivamente la possibilit di comprendere la lingua e lazione liturgica ufficiale della Chiesa. Siamo ai primordi del dramma sacro, dal quale secondo una recente linea di ricerca storica sarebbe scaturito il teatro moderno14.

13

14

Si pu trovare qualche breve indicazione riassuntiva in MARSILI SALVATORE, Anamnesis 1. La liturgia, momento nella storia della salvezza, Marietti, Casale Monferrato (AL) 1974, pp. 60-61. Si vedano gli interessanti contributi contenuti negli atti di un convegno di studio, tenutosi a Viterbo dal 31 maggio al 2 giugno 1976: Dimensioni drammatiche della liturgia medievale, Citt di Castello 1977. Tra le ricerche analitiche pi recenti da segnalare BERNARDI CLAUDIO, La drammaturgia della Settimana santa in Italia, Vita e Pensiero, Milano 1991, pp. 554.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com II. DALLA RIFORMA GREGORIANA AI LIBRI LITURGICI DELLA CURIA ROMANA Un primo capitolo da puntualizzare sar la riforma della Chiesa promossa da Gregorio VII, al secolo Ildebrando di Soana (papa dal 1073 al 1085) e la sua incidenza nellambito liturgico. Il sec. XII vedr lavvio di quel movimento devozionale che viene a colmare il vuoto di una liturgia celebrata solennemente, ma poco compresa e sempre meno partecipata. Il sec. XIII si segnaler per la pubblicazione dei libri liturgici della Curia romana e la loro forte diffusione in tutta lEuropa grazie allopera degli ordini mendicanti (francescani e domenicani).

1.

La riforma gregoriana in campo liturgico

Anche se ha importanti riflessi nel campo dei rapporti tra potere religioso e potere politico, molti studiosi concordano nel ritenere la riforma gregoriana un fatto primariamente intra-ecclesiale. Il Cattaneo parla di uno sforzo teso anzitutto alla ricostruzione della pi santa disciplina ecclesiastica, la quale us del fattore liturgico come punto di convergenza di ogni regola disciplinare15. I vizi che travagliavano la vita ecclesiastica del sec. XI erano la simonia e il nicolaismo. Per simonia si intende quellatteggiamento mentale e pratico per cui ogni posto di responsabilit ecclesiastica percepito, anzitutto o esclusivamente, come un beneficio da comprare. Per nicolaismo si intende il pratico non rispetto dellimpegno al celibato, per cui buona parte del clero viveva in stato di concubinato. La riforma gregoriana mise mano con decisione a questa situazione, riproponendo ancora una volta come prospettiva di soluzione il binomio liturgia - vita comune. I chierici dovevano vivere insieme, rinunciando ad avere beni personali e mettendo in comune i frutti dei loro benefici. Solo cos potevano attendere alla celebrazione diligente e continua della liturgia per la loro personale santificazione e per quella del popolo loro affidato. Mediante la vita comune e la diligente e devota vita liturgica essi erano grandemente aiutati a mantenere limpegno di castit, richiesto dal loro stato clericale. I promotori della riforma dei costumi del clero, per rendere ancora pi incisiva la loro azione, invitavano i fedeli a disertare i sacramenti celebrati dai sacerdoti dei quali non fosse certa la castit. Gregorio VII si preoccup di sostenere questa vasta azione di riforma della vita ecclesiastica con una riorganizzazione liturgica che eliminasse in radice le cause dei mali di cui soffriva, in questo campo, la vita della Chiesa: un notevole rilassamento ascetico nella pratica liturgica e la persistente lontananza di molta parte della Chiesa latina dal costume liturgico romano. Questultima situazione aveva provocato, a suo parere, la disgregazione dellunit liturgica occidentale, mettendo in forse la stessa integrit morale e dottrinale della liturgia. Lazione di riforma si svilupp dunque in tre direzioni: Nella linea dellaffermazione dellautorit papale anche in campo liturgico. Gregorio VII chiese per la prima volta a tutta la Chiesa latina di assumere la consuetudo liturgica romana. Il mondo tedesco ader spontaneamente a Roma, avendo gi intrapreso da tempo questa direzione di marcia. In Spagna il rito ispano - visigotico venne abrogato nel 1080 (Concilio di Burgos) e sostituito con il rito romano.
15

CATTANEO ENRICO, o. c., p. 198.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Solo Milano, pur risentendo di una pi marcata romanizzazione, conserv proprio rito particolare16. Va segnalato, in sede critica, che ladesione di tutto loccidente a un preteso ordinamento liturgico romano , di fatto, la consacrazione per tutta la Chiesa latina della liturgia romano - germanica, codificata nel Sacramentario gregoriano con le integrazioni del Supplemento di Alcuino (e di Benedetto dAniano) e nel Pontificale romano - germanico del sec. X. Roma impose alle chiese occidentali una liturgia gi permeata della nuova cultura e del nuovo spirito religioso dei popoli subentrati alla dissoluzione dellimpero romano antico. Nella linea del ritorno allantico, sia quanto alla recitazione del salterio nellufficiatura divina, sia quanto allesercizio del digiuno come preparazione ascetica alle celebrazioni liturgiche. Nella linea della formazione e della disciplina dei fedeli. Qui la riforma liturgica promossa da Gregorio VII mostr i suoi limiti. Lintento era quello di ricondurre i fedeli a una regolare pratica liturgica, perch essa fosse il segno di una vita obbediente alla legge divina, ma i riformatori non giudicarono opportuno attaccare la situazione precaria nella quale i fedeli si trovavano di fronte allazione liturgica17. La lettura diretta del Cattaneo (pp. 205-207) qui particolarmente illuminante: I riformatori gregoriani non si proposero n di diminuire la prevalenza clericale anche in ordine alla loro concezione di una Chiesa prevalentemente gerarchica, n di facilitare la comprensione della liturgia [la mancanza distruzione catechistica, propedeutica alla celebrazione, e di predicazione biblico - mistagogica, dentro la celebrazione, continuer ancora per secoli - parentesi mia]. Le mete alle quali mirarono furono: 1. - Coltivare la stima per il sacerdozio, mettendo a forti colori sia lesigenza della santit in ordine alla celebrazione liturgica, sia lindegnit dei preti nicolaiti e simoniaci cos da dispensare i fedeli dallassistenza ai riti sacri piuttosto che presenziare a tali indegnit... 2. - Coltivare il senso del mistero di fronte allazione liturgica. Ci risulta particolarmente da due fatti: a) distacco netto dei fedeli dai sacerdoti celebranti mediante accorgimenti architettonici dei quali il pi noto il lectorium o jub ... b) La lettura della Bibbia riservata al clero... Ci... detto con autorit da Gregorio VII nella lettera di risposta al duca dei Boemi, nel 1080, che gli aveva chiesto di poter far leggere le letture della messa nella lingua slavonica... 3. - Coltivare le devozioni sia pure in veste liturgica (per esempio ricevere spesso la comunione e coltivare la fiducia nella Madonna)18.

2.

Il secolo XII

Il sec. XII vede svilupparsi linfluenza liturgica diretta di Roma su tutto lOccidente, inaugurata da Gregorio VII, con una maggiore determinazione nella sua codificazione giu- ridico - cerimoniale:

16 17 18

La ricerca storica non ha individuato con sicurezza le ragioni di un tale privilegio. CATTANEO ENRICO, o. c., pp. 203-204. Ibidem, pp. 205-207 passim.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 1) Il Decretum Gratiani (1141 ca.), raccoglie, tra laltro, per la prima volta in maniera organica quello che diverr la base di un diritto liturgico comune; 2) Il Pontificale secundum consuetudinem et usum romanae Curiae, composto tra la fine del sec. XII e linizio del sec. XIII, rivela un procedimento nuovo di composizione, anche se il materiale liturgico censito , grosso modo, quanto gi conosciuto nel Pontificale Romano - Germanico del sec. X. ormai la Curia Romana, che andata via via acquisendo forza e prestigio in riferimento allesplicazione del ministero petrino, a indicare la norma liturgica cui tutta la Chiesa latina tenuta ad attenersi. Le diverse esperienze di vita monastico - cenobitica, che hanno ridato vita al monachesimo benedettino, a partire dal sec. X, e che hanno preparato [soprattutto i cluniacensi, i camaldolesi e i vallombrosiani] le nuove forme di vita canonicale semi - monastica [i cosiddetti canonici regolari contrapposti ai canonici secolari: Agostiniani Premonstratensi], offrono nel corso del sec. XII ampia documentazione scritta delle loro consue- tudines liturgiche. Esse, pur non distanziandosi in maniera sostanziale da quelle romane, portano in s una revisione della liturgia per renderla pi adatta a esprimere i nuovi fermenti spirituali individuabili nelle riforme e nelle dispute degli ordini religiosi, nei dibattiti spesso aspri fra monaci e canonici e in quei fedeli che si agitano contro consuetudini ormai non pi amate19. Perch dare peso a questi fatti? Gli studiosi sono concordi nel riconoscere nelle consuetudines monastiche o semi - monastiche dei canonici regolari lultimo vero momento di tangenza tra liturgia e vita spirituale, lultima occasione in cui il rinnovamento della vita ecclesiale e spirituale passa in maniera organica dallattenzione allelemento liturgia. Si dovr poi attendere il sec. XIX, con la nascita del movimento liturgico [ancora una volta dovuta alla riforma del monachesimo benedettino], per riprendere un cammino di convergenza tra vita spirituale e vita liturgica o, pi in generale, tra azione pastorale della Chiesa e liturgia. Sul versante della pratica del popolo cristiano nel sec. XII il fatto liturgico resta centrale. I fedeli assistono alle celebrazioni; adempiono il precetto festivo settimanale e la comunione pasquale, in unosmosi molto forte tra ritmi della vita religiosa e ritmi della vita sociale; celebrano i momenti salienti della vita umana mediante i sacramenti e i sacramentali, ma con difficolt ne penetrano il senso profondo e traggono da questi momenti rito - cultuali lalimento specifico della propria vita devota e della propria spiritualit personale. Lo schema in atto sembra piuttosto un altro. In occasione della liturgia il popolo cristiano esprime la sua fede e il suo amore al Signore, valorizzando per la propria pietas e per la propria devotio solo alcuni elementi di essa o, addirittura mettendo al centro quanto, liturgicamente parlando, pi periferico. Nella celebrazione eucaristica prevale una netta concentrazione sul momento della consacrazione sacramentale, sfuocando non poco lesigenza e la necessit del momento della comunione sacramentale. Lintroduzione, tra la fine del sec. XI e la prima met del sec. XII, del rito dellelevazione sintomatica al riguardo. Alla comunione per manducazione si tende a sostituire una comunione per visione, alla quale vengono riconosciuti, nella letteratura dellepoca, effetti spirituali analoghi. Scrive il Cattaneo: Fu introdotta lelevazione dellostia perch tutti potessero vederla e mediante la vista comunicarsi, anche nella speranza di vedervi, qualche volta,
19

Ibidem, p. 211.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com limmagine del Salvatore. Tutto ci piaceva e soddisfaceva parecchio il popolo perch era vivo, drammatico, senza fatica di pensiero, piacevole esercizio di fantasia; sollievo dallimpegno di una comunione sacramentale per la quale la confessione diveniva un ostacolo a causa delle forti penitenze imposte a soddisfazione delle colpe commesse 20. A conforto della sua tesi, qualche pagina pi avanti egli cita i consigli di vita devota dati da un maestro di scuola milanese, Bonvesin della Riva, a un suo discepolo. Siamo ormai alla fine del 200, ma solo la sintesi matura di quello che da tempo costituiva la sensibilit religiosa pi viva dellepoca: Quando ne hai tempo, vai spesso ad ascoltare le messe, per vedere Cristo nato dalla Vergine madre e, vedendolo, con piena fede adorarlo devoto e a lui raccomandare te e la famiglia tua. Ricevi alla fine dalla mano del sacerdote la benedizione. Quel giorno, credimi, te ne starai pi sicuro. Ai verbi della recezione sacramentale delleucaristia (mangiare, bere, cibarsi, dissetarsi) in vista di unesperienza salvifica mediante il sacramento (fare comunione vera e reale a Cristo e al suo sacrificio pasquale) si sostituiscono i verbi della devozione sensibile (ascoltare, vedere) in vista di un atto interiore della fede (adorare). Lasse della vita cristiana si spostato dalla comunione sacramentale alla comunione spirituale. Nellordinamento dellanno liturgico il culto dei santi si arricchisce in modo straordinario, sia quanto al numero delle feste sia quanto alla loro solennizzazione, finendo in non pochi casi per sovrapporsi alla stessa celebrazione dei misteri della vita del Signore e snaturando non poco il senso e il cammino dellanno liturgico stesso. I santi, di cui la liturgia fa memoria lungo lanno liturgico, sono venerati dai fedeli soprattutto come soccorritori dei mali di ogni genere e la loro festa occasione di rinnovamento spirituale (predicazione al popolo, confessione e comunione straordinaria). Emerge preponderante la figura del santo patrono [di una citt, di una chiesa, di una corporazione di lavoro, di uno stato di vita], la quale tanto pi venerata dal popolo, quanto pi taumaturgica e dispensatrice di grazie. Anche le letture agiografiche, introdotte in questepoca nellufficio divino, tendono ad assumere un genere letterario leggendario, ampliando la dimensione del miracoloso e dello straordinario. In generale si pu affermare che limpulso eccezionale dato al culto dei santi dentro e fuori lordinamento liturgico , in questepoca, uno degli strumenti pi efficaci di sensibilizzazione e di educazione del popolo alla vita cristiana. Resta per problematico il raccordo tra culto / devozione dei santi e azione liturgica complessiva della Chiesa, la quale rimane sostanzialmente incompresa ed eccentrica, nel senso etimologico del termine (discosta dal centro), rispetto alloggetto di attenzione e di interesse specifico dei fedeli.

3.

Il secolo XIII

Il sec. XIII conferma e approfondisce quanto abbiamo messo in luce per il sec. XII. Segnalo solo alcuni fatti, che avranno un peso specifico anche per i secoli successivi.

20

Ibidem, p. 220.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Un primo dato da considerare la situazione emergente dal Concilio Lateranense IV (1215), espressione della volont di riforma avviata da Innocenzo III (1198-1216), buon teologo e liturgista21. Dai canoni conciliari appare un triste quadro di ignoranza del clero e dei vescovi, di negligenza nelle celebrazioni, di assenza di predicazione. I canoni relativi allobbligo della confessione annuale (almeno una volta allanno al proprio sacerdote) e alla comunione pasquale (almeno a Pasqua)22 vengono commentati cos dal Cattaneo: Davvero qui - e si noti attraverso un concilio ecumenico - indirettamente denunciato lindice pi basso nella storia della chiesa relativo alla vita liturgica dei fedeli23. I rimedi pensati dal Concilio rivelano la volont energica di Innocenzo III di far fronte agli abusi e di provocare uninversione di tendenza [ogni cattedrale e ogni collegiata obbligata ad avere un maestro di teologia che insegni regolarmente ai chierici di qualsiasi grado; i vescovi istruiscano personalmente o per mezzo di altri coloro che sono stati promossi al sacerdozio circa i divini uffici e i sacramenti della chiesa, e in qual modo debbano celebrarli secondo le regole prescritte; la predicazione venga affidata ai religiosi, ecc...]. Manca per al Concilio una visione chiara della liturgia, tale da configurarla come luogo di una ripresa e di una riforma. Il problema piuttosto disciplinare. Il mondo spirituale dellepoca profondamente mutato e si esprime o in occasione della liturgia ufficiale, se non, nei casi pi radicali, a prescindere da essa. Dal punto di vista della liturgia ufficiale lepoca immediatamente seguente al concilio Lateranense IV conosce la prima revisione un poco organica dei libri liturgici: 1) Il Pontificale della Curia romana, cui abbiamo gi fatto cenno, riordina il materiale liturgico riguardante le celebrazioni in cui presiede il vescovo; 2) Il Messale della Curia romana riordina il libro plenario per la celebrazione eucaristica lungo lanno liturgico (esso sar adottato dagli ordini mendicanti e, tramite loro, diffuso in tutta la Chiesa latina); 3) Il Breviario della Curia romana, che rivede lufficio divino, adattandolo al generalizzarsi della recitazione privata delle ore liturgiche e allaffermazione pi chiara dellimpegno giuridico, cui sottostanno le persone (i chierici) a ci deputate. Rimaneggiato ulteriormente dai francescani, perch fosse pi corrispondente alle esigenze del loro ministero itinerante, il Breviario della Curia romana sar diffuso per tutto lOccidente. Uno dei fenomeni pi importanti del sec. XIII, che contribu in modo rilevante al rinnovamento generale della vita della Chiesa, fu sicuramente la nascita dei due nuovi ordini mendicanti (domenicani e francescani) dediti alla predicazione al popolo in una forma di vita itinerante. Il loro influsso rilevante anche in campo liturgico. Da una parte, come abbiamo gi segnalato, essi contribuirono a diffondere per tutta lEuropa la liturgia ufficiale della
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22 23

Si possono leggere in italiano, di recente pubblicazione INNOCENZO III, Il sacrosancto sacramento dellaltare, a cura di FIORAMONTI STANISLAO = Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 15, Libreria Editrice Vaticana, Roma Citt del Vaticano 2001, pp. 431; INNOCENZO III, Sermoni, a cura di FIORAMONTI STANISLAO = Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 44, Libreria Editrice Vaticana, Roma Citt del Vaticano 2006, pp. 679. Il testo completo in DS, n. 812. Ibidem, p. 220.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com curia romana, ridando impulso, forse inconsapevolmente, al processo di unificazione liturgica intrapreso da Gregorio VII. Dallaltra essi favorirono, magari contro le intenzioni dei loro fondatori24 un certo divorzio tra liturgia e spiritualit. La liturgia non pi giudicata un canale popolare di autentica vita cristiana. Di spettanza del clero, in un ordine oggettivo e pubblico di gesti - riti - parole eseguiti in una lingua non capita, essa non si configura pi come via ordinaria per lannuncio del vangelo e per lesercizio della piet cristiana. Scrive il Cattaneo: La stragrande maggioranza dei fedeli dal sec. XIII in poi segue in misura preponderante le preghiere e le devozioni suggerite dalla spiritualit dei mendicanti, la cui attivit durer, in questo campo, fino al sec. XVIII25. Infine, gli ordini mendicanti, configurando il ministero come fondamentalmente missionario e itinerante, mettono in crisi lordinamento monastico - canonicale che ancora nel sec. XII aveva proposto una sua sintesi tra vita cristiana e liturgia, e dichiarano inadeguato alle loro nuove esigenze di vita apostolica lo schema liturgico soggiacente alla vita canonicale. Gli obblighi fondamentali rimangono (messa e ufficiatura quotidiana), ma tutto ormai si compie in forma privata e con mentalit pi giuridica che spirituale. Il passaggio dallopus Dei in coro al breviarium recitato singolarmente ne lelemento pi appariscente. La revisione del breviario a opera di Aimone di Faversham, considerato il secondo fondatore dellordine francescano (1243/44), cambi il corso del culto pubblico in occidente (Van Dijk), nel senso che lufficio divino, preghiera corale per eccellenza, diviene ora ufficialmente preghiera liturgica individuale a forte rilevanza giuridica. Resta infine da segnalare lopera liturgica di Guglielmo Durando, nato verso il 1230 e morto a Roma nel 1296. Egli compose una grande opera in otto libri (il Rationale divinorum officiorum), nel quale raccolse tutto lo scibile dellepoca sulle cose liturgiche, dandone uninterpretazione allegorica. Ecco i temi dei singoli libri: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Le chiese e gli altri luoghi sacri; I ministri, gli ordini ecclesiastici e le loro funzioni; Gli abiti o ornamenti sacerdotali, pontificali e ministeriali in genere; La messa e quanto accade durante la messa; Gli uffici divini del giorno e della notte, in genere; Gli uffici delle domeniche in particolare, quelle di alcune ferie e delle feste del Signore e i digiuni quaresimali; Le feste dei santi; Computo dei giorni, calendario e tutto quanto vi si riferisce.

Il suo apporto principale per, quello per cui meglio conosciuto una nuova redazione del Pontificale Romano, pensato non solo per la liturgia papale ma anche per quella di ogni vescovo diocesano. Il testo da lui preparato, anche in ragione del suo
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Anni fa stata presentata allIstituto Superiore di Scienze Religiose di Milano uninteressante tesi su Leucaristia negli scritti di san Francesco dAssisi [autore: Angelo Elli], che rivela in san Francesco una grande sensibilit liturgica in rapporto al contesto dellepoca. CATTANEO ENRICO, Proposta di uno schema sui rapporti fra liturgia e piet popolare nella chiesa occidentale, in Liturgia e religiosit popolare. Proposte di analisi e orientamenti. Atti della VII settimana di studio dellassociazione professori di liturgia. Seiano di Vico Equense (Napoli): 4-8 settembre 1978 = Studi di Liturgia 7, Dehoniane, Bologna 1979, p. 110.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com eclettismo liturgico, ebbe un enorme successo e la Chiesa di Roma fin con limporlo a tutte le Chiese delloccidente: Il Durando aveva posto nel suo libro tutto quanto lazione quotidiana pastorale gli suggeriva ed era molto, perch ormai il costume religioso voleva la consacrazione di ogni momento e azione della vita individuale e sociale, religiosa e laica; e cos di ogni cosa materiale utile alla vita stessa. Era un espandersi della devozione, laffermarsi di un senso religioso che, meno nutrito di idee profonde, voleva il consenso divino a ogni particolare per garantirsi benedizione e prosperit26. 4. Rilievi conclusivi Riassumiamo le note storiche relative ai secc. XI-XIII attorno a tre concetti chiave: Giunge a compimento in questepoca, il processo di lenta clericalizzazione della liturgia [cf il compimento del messale plenario; la distinzione netta dello spazio presbiterale dallo spazio assembleare; il breviario, che fa della lode di Dio, la preghiera di colui che ha assunto lo stato clericale e ne ha un preciso obbligo giuridico]; Si avvia una pi precisa determinazione rubricale - cerimoniale della liturgia, che favorir il processo di unificazione liturgica di tutto loccidente sotto il magistero della Curia romana; Non si pu pi parlare di una vera e propria partecipazione dei fedeli alla liturgia se non nel senso di unassistenza o di un ascolto devoto. Il popolo esplica le sue devozioni in occasione delle festivit liturgiche e dei momenti sacramentali che ritmano la sua esistenza. La piet popolare si alimenta a fonti diverse dalla liturgia ufficiale della Chiesa, pur non staccando mai il contatto da essa.

26

Ibidem, p. 241.

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CAPITOLO V LA LITURGIA IN EPOCA TRIDENTINA (SEC. XVI-XIX)


Il sec. XVI lepoca della riforma protestante, che rompe definitivamente lunit della Chiesa latina, cinque secoli dopo lo scisma doriente, e del Concilio di Trento (1545-1563), che si oppone dottrinalmente alle tesi della riforma protestante (controriforma) e avvia una profonda riforma della Chiesa e del papato (riforma cattolica) che segner i successivi tre secoli. La dimensione liturgica della vita della Chiesa profondamente implicata in tutto questo, sia nella fase strettamente conciliare e postconciliare, sia nelle varie fasi dei secoli successivi.

I.

LA RIFORMA LITURGICA TRIDENTINA

Mettiamo a tema la dimensione liturgica della riforma generale della Chiesa promossa dal Concilio di Trento. Tale riforma, compresa la sua dimensione liturgica, voluta e orientata dallassise conciliare ma, data la preoccupazione prevalentemente dogmatica di questultima, pazientemente dipanata solo nei decenni successivi.

1.

Prima del Concilio

Per capire il Concilio di Trento e la portata del suo influsso in campo liturgico, opportuno ricostruire, almeno per cenni molto sommari, i tratti fondamentali del periodo immediatamente precedente.

1.1. Il Libellus del 1513 Un buon punto di partenza il Libellus, presentato a papa Leone X attorno alla met del 1513 dal monaco camaldolese Paolo Giustiniani (1476-1528), per sollecitare la riforma della Chiesa1. In esso viene denunciata, in tutta la sua drammaticit, lignoranza dei preti sia riguardo alla lingua latina (appena il due per cento dice lautore o il dieci per mille ha imparato la lingua latina cos da poter pienamente capire i testi che legge ogni giorno nelle chiese), sia riguardo alla Sacra Scrittura e alla dottrina cristiana [ vergognoso scrive ancora e sconveniente che nella Chiesa di Dio molti religiosi e molti sacerdoti non abbiano mai letto la sacra storia dellevangelo], con la conseguente povert spirituale e devianza religiosa della piet dei fedeli (a causa dellignoranza sono sempre sue parole sono caduti nella superstizione pi sciocca e
1

Lo si pu leggere in GIUSTINIANI PAOLO-QUIRINI PIETRO, Lettera al papa. Libellus ad Leonem X [1513], a cura di BIANCHINI GEMINIANO, Artioli, Modena 1995, pp. 164. Nella recente edizione a cura degli Eremiti Camaldolesi di Montecorona la paternit del Libellus attribuita al solo Paolo Giustiniani: GIUSTINIANI PAOLO, Un eremita al servizio della Chiesa (Il Libellus ad Leonem X e altri opuscoli) = Scritti del Beato Paolo Giustiniani 3, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2012, pp. 328: 17-222.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com nella credulit per la magia e ne danno larga prova molte orazioni, formule di benedizione contro ogni male e ogni infermit, sovente accompagnate al culto dei santi ausiliatori, alle loro immagini recate spesso in processione per implorare collettivamente speciali aiuti e protezioni). La denuncia chiara: la prassi liturgica, non capta e vissuta dal clero e quindi dai fedeli nel suo autentico significato, non risultava strumento efficace per orientare correttamente la piet dei fedeli. Di fronte a queste condizioni di degrado religioso e spirituale in campo liturgico il Giustiniani tenta una serie di proposte di riforma. Chiede anzitutto un intervento pontificio che obblighi il clero alla conoscenza del latino prima di assumere labito monastico o prima di accedere agli ordini sacri. Invoca, ancora, per tutto il clero lobbligo della predicazione domenicale al popolo. Propone infine, per dare un orientamento nuovo alla piet dei fedeli, luso della lingua parlata nella proclamazione della Sacra Scrittura durante la liturgia eucaristica e nei canti della Messa (se pertanto, per tua iniziativa, ci che letto o cantato nelle chiese, dappertutto o almeno in qualche regione, sar letto o cantato nella lingua parlata, stimiamo che giover in modo mirabile alla conoscenza dei precetti divini e alla correzione dei costumi). Il Giustiniani aggiunse poi due proposte di sostegno: - radunare in un solo volume le principali leggi ecclesiastiche, specie quelle di carattere liturgico; - provvedere a un Messale, un Breviario, un Cerimoniale e un Calendario uguali per tutte le chiese, affinch i chierici, i monaci e i religiosi, dediti alle celebrazioni liturgiche, avessero un modello unico cui attenersi2. Le proposte di riforma del Giustiniani, cui corrisponderanno alcune prese di posizioni disciplinari del Concilio Lateranense V (1512-1517), ebbero di fatto scarsa incidenza. possibile parlare, a proposito dei decenni immediatamente precedenti il Concilio di Trento di una mancata riforma della Chiesa e, in essa, di una mancata riforma liturgica, proprio mentre in Germania il monaco agostiniano Martin Lutero dava il via alla sua riforma, che avrebbe investito con forza anche la dimensione liturgico della vita della Chiesa.

1.2. Martin Lutero (1483-1546) Per comprendere in modo corretto lopera di Lutero in campo liturgico occorre precisare che il suo punto di partenza non fu anti - liturgico per principio. Egli prese le mosse, come del resto altri in quel tempo, dagli abusi diffusi nella prassi liturgica del tempo, da un uso quasi magico, spesso superstizioso, devozionale o semplicemente giuridico del culto cristiano e dalla constatazione di una diffusa incapacit di capire e di partecipare la liturgia (lo stacco fra il clero e il popolo; la lingua usata nella liturgia, ecc...). Solo progressivamente a partire dal 1520, a causa della sua opposizione sempre pi dura alla disciplina romana, ma soprattutto in ragione di una riflessione teologica sempre pi anti - sacramentale, la sua opposizione alla liturgia cattolica si fece pi radicale

In evidente sintonia con questultima proposta possiamo segnalare i diversi tentativi, negli anni immediatamente precedenti il Concilio di Trento, di fornire nuove edizioni dei libri liturgici ufficiali, tentativi resi possibili anche dalla recente invenzione della stampa: il Pontificale romano del Castellani (1520); il Sacerdotale, sempre del Castellani (1523); il Breviario del card. Quionez (1535). Ma lesito di queste revisioni dei libri liturgici, pur favorite e sostenute di volta in volta dai pontefici regnanti, non raggiunse leffetto sperato.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ed ideologica, anche se sul piano pratico - rituale lo stacco non avvenne senza tentennamenti. Illuminante al riguardo il giudizio del CATTANEO: In Lutero non visibile un piano logico di soppressione della liturgia cattolica, nonostante fosse a lui possibile in conseguenza della nuova base teologica. Si nota in lui piuttosto una reazione progressiva al culto cattolico, sempre priva di serenit, con palesi incertezze, pronta a indulgere a compromessi nel timore di una reazione popolare3. Per una puntuale segnalazione delle singole determinazioni del nuovo culto evangelico in Lutero e negli altri riformatori, in campo liturgico decisamente pi radicali e conseguenti rimando al Cattaneo4 e alle interessanti indicazioni del benedettino Neunheuser5. In sintesi possiamo ricordare: sul versante propriamente dogmatico, ma con precise conseguenze di carattere liturgico, la riforma giunse progressivamente a rifiutare la qualit sacramentale della cresima, dellordine sacro, del matrimonio e dellestrema unzione, il carattere sacrificale della celebrazione eucaristica (con la conseguente abolizione dei riti offertoriali e dellintero canone, lasciando sussistere solo la parte corrispondente alle parole di Ges) e la dottrina della transustanziazione come modalit corretta per comprendere la dottrina della presenza reale (con labolizione, titubante ma progressiva, del rito dellelevazione e delle forme di culto eucaristico extra missam: esposizione adorazione - benedizione eucaristica - processione eucaristica - solennit del Corpus Domini). Sul versante direttamente liturgico, ma in stretta connessione con la sua impostazione teologica, Lutero abolisce la messa privata, sopprime la confessione auricolare e riduce drasticamente ogni forma di culto alla Vergine e ai santi. Il tutto del nuovo culto evangelico lannuncio della Parola, mediante la lettura delle Scritture e la predicazione o sermone, sia nella santa Cena6, celebrata solo alcune volte nel corso dellanno, sia nel servizio liturgico della predica (Predigtgottesdienst) domeni- cale. Ristabil per tutti la comunione al calice, abol luso del latino in favore della lingua parlata e cur la partecipazione al canto di tutta lassemblea nella lingua materna. Se alcune scelte di carattere pastorale [il volgare nella liturgia, la partecipazione del popolo al canto, ecc...] rispondevano a una reale esigenza di rinnovamento, percepita anche dai cattolici particolarmente illuminati, lopera liturgica complessiva di Lutero, e in genere della riforma, rimane estremamente problematica, e di questo se ne vanno accorgendo oggi anche i liturgisti riformati pi attivi in campo ecumenico. A Lutero, e in genere alla riforma, sfugge il senso proprio della liturgia, che la sua realt misterico - sacramentale, proprio nel momento in cui vuole riportare le celebrazioni cristiane alla loro purezza originaria. Manca inoltre a Lutero, e in genere ai riformati, una sufficiente conoscenza storica della liturgia, che non gli permette di saper distinguere tra le incrostazioni deteriori e le dimensioni costitutive.
3 4 5

CATTANEO ENRICO, o. c., p. 292. CATTANEO ENRICO, o. c., pp. 292-298. NEUNHEUSER BURKHARDT, Il movimento liturgico protestante. Origini e aspetti fondamentali, Salesianum 36 (1974) pp. 33-67: 37-47. Per una conoscenza pi precisa della liturgia riformata nei secoli 16^/17^ si veda il recente Coena Domini 1. Die Abendmahlsliturgie der Reformationskirchen im 16/17. Jahrhundert, a cura di PAHL INGMAR = Spicilegium Friburgense 29, Fribourg (Suisse) 1983, pp. XVIII + 611. in preparazione, nella stessa collana, un secondo volume [Coena Domini II] per i secc. 18/19 ed un terzo volume [Sacrum Convivium per i testi pi recenti].

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Cos il suo progetto pastorale di rinnovamento liturgico difetta del criterio fondamentale di verifica che la sua corrispondenza con ci che la liturgia e deve essere. Gioca invece surrettiziamente un ruolo decisivo la sensibilit spirituale dellepoca, che corrisponde a quella realt complessiva chiamata devotio moderna. Lutero e gli altri riformatori tendono a codificare nella liturgia il sentire della devotio moderna, per la quale ci che conta lincontro personale e interiore con la sola Scriptura, dimenticando (o non accorgendosi) che essa era precisamente il frutto del divorzio tra liturgia e spiritualit. Scrive il Neunheuser: La riforma della liturgia progettata da Lutero non dunque riuscita, come oggi ammettono perfino molti dotti di parte evangelica. Egli ha cercato, ma non ha trovato, il contatto con la genuina tradizione del servizio divino; rimasto infine un cumulo incoerente di macerie. Per conseguenza la storia della liturgia protestante dei secoli successivi, fino allilluminismo compreso, una storia di dissolvimento delle antiche forme del culto divino nelle chiese evangeliche della Germania.

2.

Al Concilio (1545-1563)

Era necessario richiamare questi dati per la comprensione di ci che fu nel suo complesso la riforma liturgica tridentina e postridentina. Essa nasce da unurgenza, gi avvertita da tempo in ambito cattolico, di porre rimedio ai molti abusi in campo liturgico, di riportare i riti a una maggiore semplicit e comprensibilit, di uniformare le diverse tradizioni liturgiche secondo una via maestra che fosse punto di riferimento per tutti. Accanto a questesigenza di riforma interna si fece sempre pi forte il contesto polemico nei confronti della riforma protestante. Questo contesto polemico, vissuto anzitutto a livello dogmatico, costringer spesso il Concilio a una difesa apologetica della prassi rituale cattolica, difesa che non favorir un affrontamento sereno di problemi liturgici realmente esistenti. Da ultimo necessario segnalare come neppure Trento, come gi dicevamo per la Riforma, parte da unadeguata comprensione storica e teologica della liturgia. Anche questo fatto non permetter di affrontare i singoli problemi di pastorale liturgica in un quadro di riferimento pi vasto e pi decantato. risaputo come a livello storico i padri conciliari, e gli attuatori della riforma dei libri liturgici, riterranno di potersi rifare alla liturgia dellepoca di Gregorio VII, per ritrovare lantica norma dei santi padri (pristina norma sanctorum patrum). Sul versante propositivo le indicazioni conciliari riguardanti la liturgia e la sua riforma si trovano soprattutto nella terza e ultima fase dei lavori (1562-1563): * La questione della lingua liturgica non viene affrontata direttamente, ma solo si condanna lasserzione protestante dellassoluta necessit di usare il volgare nella liturgia. * La questione del fine didattico delle celebrazioni. Il Concilio riconosce che le diverse celebrazioni liturgico-sacramentali della Chiesa hanno anche un fine didattico educativo e prescrive che i fedeli vengano avviati il pi possibile alla comprensione di quanto la Chiesa celebra: Affinch i fedeli si accostino ai sacramenti con devozione e riverenza, il santo Concilio comanda a tutti i vescovi che non solo espongano al popolo 84

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com lefficacia e luso dei sacramenti, quando li amministreranno, ma anche curino che da parte di tutti i parroci si compia losservanza pia e prudente delle stesse cerimonie, servendosi, se ce ne sar bisogno e si potr fare con comodit della lingua volgare, secondo la forma prescritta dal Concilio per lesposizione di ciascun sacramento nel catechi- smo, forma che i vescovi cureranno di far tradurre fedelmente in lingua volgare e di far spiegare al popolo da tutti i parroci. Nel corso della solennit della messa e durante la celebrazione degli uffici divini nei giorni festivi o solenni, spieghino in lingua volgare i sacri testi e suggeriscano pensieri salutari che si sforzeranno di far penetrare nei cuori evitando tutte le questioni inutili per meglio istruire i fedeli nella legge del Signore7. * La questione della revisione / riforma dei libri liturgici. Il Concilio la rinvia alla volont del papa, sottolineando la necessit e lurgenza di questopera, per dare in mano ai sacerdoti che sarebbero stati formati nei seminari i testi e gli ordinamenti per unordinata e devota celebrazione. * La questione della musica vocale. Viene accennata, ma non approfondita.

Questo elenco di indicazioni pratiche per il rinnovamento della vita liturgica della Chiesa, anche se incompleto, rivela lo stato di frammentariet delle proposte avanzate da Trento in campo propriamente liturgico. Anche lelaborazione dei criteri guida per una nuova edizione di tutti i libri liturgici romani, che avessero finalmente valore universale all interno della Chiesa cattolica di rito latino, fu demandata al dopo Concilio. Anzi, a rigore, Trento non ha neppure pensato a un vero e proprio centralismo e a una rigida uniformit in campo liturgico. Una differenziazione era di per s contemplata. Sar solo il progressivo crescere di un clima di opposizione compatta al pericolo protestante a irrigidire lunicit della forma liturgica romana nel senso di un rigoroso uniformismo. Limmediato dopo-Concilio (1563-1614)

3.

Per il periodo immediatamente successivo alla conclusione del Concilio raccogliamo una serie di dati documentari, del massimo interesse per la storia liturgica: Il Catechismo ai parroci (1566) aveva lo scopo di fornire ai parroci e a quanti esercitavano la cura animarum la conoscenza di tutte quelle verit adatte allintelligenza dei fedeli8. Secondo il Cattaneo esso rivela per una minore preparazione circa largomento liturgico e forse una minore sensibilit per i problemi pastorali della liturgia9. Dal 1568 al 1614, in poco meno di 50 anni furono pubblicati tutti i libri liturgici, emendati secondo lantica tradizione romana10. La storiografia liturgica attuale ha defi7

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Sessione XXIV. Decretum de reformatione, canone 7, in Conciliorum oecumenicorum decreta, a cura di ALBERIGO GIUSEPPE, Dehoniane, Bologna 1991, p. 764. Una bella edizione in lingua italiana di questo catechismo stata curata da ANDRIANOPOLI LUIGI, Il catechismo romano commentato = Classici della Catechesi 4, Ares, Milano 1990, pp. 481. Cf CATTANEO ENRICO, o. c., pp. 315-316. La Libreria Editrice Vaticana ha di recente ripubblicato in edizione anastatica tutti i libri liturgici della riforma tridentina nella collana Monumenta Liturgica Concilii Tridentini.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com nitivamente mostrato che con i mezzi allora a disposizione la riforma non ha fatto altro che purgare e restaurare il rito romano medievale, pi o meno secondo la forma di Gregorio VII11. I libri liturgici romani ormai stampati in editio typica, furono imposti a tutto loccidente cattolico, fatto salvo per quei riti, come il rito ambrosiano, che potevano vantare almeno duecento anni di tradizione autonoma. Si cominci dal Breviarium Romanum (1568) per dare ai sacerdoti un solido strumento di piet personale, con cui adempiere fedelmente allobbligo giuridico dellufficiatura. Si pass al Missale Romanum (1570), detto, dal nome del papa che lo promulg, Messale di Pio V e si chiuse una prima tappa dei lavori con il Martyrologium Romanum (1583), secondo il nuovo calendario liturgico. Con questi primi tre libri liturgici furono eliminate molte feste di santi che prima riempivano ogni giorno dellanno, ridando vigore ai grandi cicli dellAvvento e della Quaresima e alla celebrazione domenicale. Tutto rimane per in unottica clericale: il breviario la preghiera liturgica dei sacerdoti e il messale il libro plenario, che il sacerdote deve adempiere in tutte le sue parti, rileggendo per conto suo anche ci che spetta ad altri ministeri liturgici. La seconda fase dei lavori di riforma dei libri liturgici port al Pontificale Romanum (1596), libro necessario per lazione liturgico - sacramentale dei vescovi e del papa, al Cerimoniale Episcoporum (1600), con tutte le indicazioni per lesatta esecuzione delle cerimonie episcopali e al Rituale Romanum (1614) per lazione liturgico - sacramentale dei preti in cura danime. Nel 1588 nacque la Sacra Congregazione dei Riti con lo scopo di stabilire con precisione lo svolgimento delle cerimonie liturgiche, di vigilare sullesatta applicazione della riforma dei libri liturgici e di dirimere eventuali controversie sullinterpretazione delle norme contenute negli stessi. Fu dato cos un notevole impulso alla scientia rubricarum, che diverr in poco tempo, e per lungo tempo, la parte principale dellapproccio scientifico alla liturgia. La nascita della Congregazione, incaricata di vigilare su tutte le questioni di carattere liturgico, da una parte fu uno strumento efficace per combattere gli abusi e per dare un indirizzo unitario alla riforma, ma dallaltra favor in campo liturgico un fissismo e un immobilismo mai prima dallora conosciuti. Sul versante di una maggiore comprensione dei riti da parte dei fedeli in vista di una loro pi autentica partecipazione, di cui al Concilio si era fatto parola, ben presto si fece retromarcia. Il Cattaneo annota: Alcuni vescovi, tornati alle loro sedi, dapprima tennero conto degli inviti conciliari per unazione liturgica a vantaggio dei fedeli. Poi, dinnanzi ai continui attacchi dei protestanti, ritennero maggiormente prudente tacere dei riti e delle cerimonie, non proporre la lettura diretta in volgare delle epistole e dei vangeli... nel timore di interpretazioni individuali, continuare la presentazione della messa come un seguito di episodi della passione di Ges Cristo [secondo il metodo inaugurato da Amalario - nota mia], propugnare la comunione spirituale alla messa pi che leucaristia. Anzi fu ritenuto opportuno appoggiare le vecchie devozioni non inficiate da superstizione (furono cos ri11

NEUNHEUSER BURKHARDT, Storia della liturgia attraverso le epoche culturali = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae Subsidia 11, Edizioni Liturgiche, Roma 1977, p. 114.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com stabilite feste della Madonna e dei Santi gi soppresse); affidare listruzione dei fedeli unicamente alle scuole di catechismo, che ebbero tutta la cura dei pastori danime, ma durante le quali non vi era cenno n alla liturgia della messa, n a quella dei sacramenti, n allanno liturgico, le cui feste principali risultavano tali per linvito pressante ai buoni di partecipare al banchetto eucaristico... Basta sfogliare i libri devozionali, le spiegazioni della messa, i canoni sinodali e provinciali, le prediche di quellera per avvertire come nel ventennio seguito al concilio si dimentic quel poco che esso aveva suggerito per la pastorale liturgica12. Possiamo chiudere questi appunti sul Concilio di Trento, e sulla riforma liturgica da esso scaturita, con lequilibrato giudizio del Neunheuser: Lopera riformatrice di Trento e dei papi degna di altissima lode. Essa ha salvato la liturgia dalla crisi del cinquecento. per anche unopera limitata. Mentre ha fissato la liturgia, per vincere la situazione caotica di quellepoca, ha rimosso la liturgia dalla vita vissuta, lha resa quasi una forma congelata, costringendo cos la piet dei fedeli ad allontanarsene volgendosi a forme di piet popolare e devozionale, dando cos origine, senza volerlo, alla cultura religiosa del Barocco13.

II. IL SEICENTO E IL SETTECENTO LITURGICI In questo seconda parte del capitolo, necessariamente molto sintetica, ci occuperemo dellepoca che va dalla fine del 500 alla prima met dell800, quando la rinascita del monachesimo benedettino in Francia, in Germania e in Inghilterra riporter al centro dellattenzione della vita della Chiesa il fatto liturgico, costituendo la necessaria premessa alla nascita di un vero e proprio Movimento Liturgico. Nellarco di poco pi di due secoli dovremo occuparci: - della prassi liturgica in epoca barocca e dello iato venutosi a creare tra culto pubblico esterno e ufficiale della Chiesa e piet personale e vita devota dei fedeli; - della prassi liturgica nellepoca dei Lumi e della nascita di quella che pu essere chiamata una vera e propria scienza pastorale liturgica.

1.

La prassi liturgica in epoca barocca

Linterpretazione della prassi liturgica in epoca barocca [il tardo 500 e lintero 600] deve fare i conti con linterpretazione complessiva di questepoca definita dal Neunheuser lultima grande epoca dellEuropa cristiana, dove per lultima volta tutto, in ogni settore, determinato dal fattore religioso, il quale vuole esprimersi in una furia eroica, quasi incarnando il sovrumano e il sovrannaturale nella realt sensibile. Lo JEDIN, storico del Concilio di Trento e della sua attuazione postridentina, ha formulato la domanda ermeneutica circa lepoca barocca attorno ai concetti di riforma della Chiesa e di controriforma: siamo di fronte a una riforma che matura nella Chiesa come volont rinnovatrice, magari assumendo come stimolo alcune provocazio12 13

CATTANEO ENRICO, o. c., p. 319. NEUNHEUSER BURKHARDT, o. c., pp. 114-115.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ni provenienti dalla riforma protestante, o si tratta di una semplice riorganizzazione, fondata sostanzialmente su una difesa apologetica della propria tradizione, in un muro a muro con la riforma protestante che impedisce di cogliere eventuali provocazioni positive, nellintima convinzione di salvare in questo modo la fede e la Chiesa? Il CATTANEO, riprendendo questo binomio e applicandolo alla liturgia, affida una valenza pi riformista allazione della Chiesa cattolica di Francia e una valenza pi controriformista allazione della Chiesa Cattolica di Spagna, Italia, Germania e Austria: Ritornando ad una distinzione pi volte fatta, si pu dire che mentre in Italia domin la controriforma, in Francia si fece strada, nonostante le opposizioni romane, una riforma, anche se inficiata in qualche misura da propositi giansenisti. Per questo non sorprende di trovare nel 600 francese alcune testimonianze della volont di far partecipare i fedeli alla liturgia 14.

1.1. Orientamenti controriformisti in campo liturgico Fatta questa doverosa precisazione, globalmente si pu dire che in campo liturgico il peso della Controriforma, guidata da Roma, fu preponderante. Se ne possono elencare gli elementi pi vistosi: Un PRIMO grande orientamento, raggiunto con limposizione dei libri liturgici romani a tutta la Chiesa cattolica, fu lunificazione definitiva della prassi liturgica secondo la tradizione romana. La diffusione dellordinamento parrocchiale fin nel pi sperduto villaggio codifica definitivamente per lintera Chiesa cattolica la liturgia romana sia nella forma celebrativa dei sacramenti (si veda linflusso del decreto Tametsi anche sul versante della forma celebrativa del sacramento del matrimonio)15, sia nella strutturazione dellanno liturgico e del santorale, sia nellorganizzazione della preghiera oraria del clero. Ci che non era riuscito a Carlo Magno e neppure a Gregorio VII, viene finalmente raggiunto con lordinamento liturgico centralizzato postridentino. Anche le Chiese, come quella ambrosiana, che avevano ottenuto il permesso di conservare il proprio rito particolare, mostrano nella revisione dei loro testi una certa tendenza a romanizzare. Non si pu dimenticare che in questepoca la Chiesa conosce la sua prima grande azione missionaria al di fuori dellarea mediterranea [le Americhe; lEstremo Oriente], al seguito delle grandi scoperte e conquiste coloniali. Dal punto di vista rito-cultuale alle nuove popolazioni evangelizzate viene trasmesso lo stesso ordinamento liturgico romano, lingua latina compresa. Sar nellambito della Compagnia di Ges che far capolino linterrogativo circa la possibilit di assumere nel culto cattolico qualche elemento rituale della tradizione dei nuovi popoli giunti alla fede, dopo averne verificato la compatibilit con la fede cristiana. Il caso pi serio sar quello dei riti cinesi, che dar origine a una celebre controversia, iniziatasi nella prima met del sec. XVII, alla morte di padre Matteo Ricci

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CATTANEO ENRICO, o. c., p. 348. Sessione XXIV. Canones super reformatione circa matrimonium: decretum Tametsi, in DS, nn. 1813-1816.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com (1610), e conclusasi solo con la pubblicazione della bolla pontificia Ex quo singulari del 174216. Scrive il benedettino OSCAR CHUPUNGCO: I principali aspetti della controversia furono luso di parole cinesi da parte dei missionari gesuiti per esprimere concetti cristiani, e il permesso dato ai convertiti di svolgere, con certe restrizioni, i riti in onore di Confucio e degli antenati17. Questi tentativi di assumere alcune strutture linguistiche e rituali della tradizione cinese, bench purificate degli elementi chiaramente incompatibili con la nuova fede, provocarono accuse violente da parte di altri missionari, soprattutto domenicani, e tutto fu bloccato. Resta per interessante la lettura di un documento di Propaganda fide del 1659 nel quale, almeno in linea di principio, si fa strada la possibilit di distinguere tra annuncio e celebrazione della fede da una parte e forma culturale europea (romana) dallaltra: Che cosa c di pi assurdo che il portare la Francia, la Spagna, lItalia o qualunque altra parte dellEuropa in Cina? Non importate queste cose, ma la fede, la quale non respinge o danneggia i riti e le consuetudini di alcun popolo, purch non siano sconvenienti, ma anzi vuole che siano conservati18. Un SECONDO grande orientamento della prassi liturgica di questepoca la tendenziale riduzione cerimoniale della liturgia. Lunificazione liturgica del mondo cattolico, attuata sulla base dei nuovi libri liturgici romani e sotto locchio vigile della nuova Congregazione dei Riti, punt tutte le sue carte sullesatta e decorosa esecuzione delle cerimonie da parte del clero e dei ministri ad esso subordinati. Questa cura della cerimonia, regolata dalla scienza delle rubriche, divenne lantidoto alla negazione liturgica protestante e lo strumento attraverso il quale i fedeli avrebbero dovuto percepire la dimensione misteriosa, sacra e intangibile della liturgia cristiana, pur senza comprendere il senso dei testi e dei riti. A favorire questa tendenziale riduzione della liturgia a cerimonia, da eseguire con il massimo rispetto di tutte le rubriche, contribuisce in larga misura lorientamento complessivo della riflessione teologica sulla Chiesa e sui sacramenti ed in particolare: 1) La tendenziale riduzione della liturgia ad azione clericale e la difficolt ad articolare un discorso pi positivo sulla partecipazione di tutti i fedeli al sacerdozio di Cristo sul fondamento dei sacramenti delliniziazione cristiana, senza contraddire la ministerialit propria e specifica del sacerdozio ordinato; 2) La tendenziale sovrapposizione dellaffermazione dogmatica circa lefficacia oggettiva dei sacramenti con il senso proprio della prassi liturgica. Una sottolineatura unilaterale dellex opere operatum (efficace in forza dellopera) porta infatti a ritenere che
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Si pu consultare al riguardo BONTINCK F., La lutte autour de la liturgie chinoise aux XVIIe et XVIIIe sicles = Pubblications de lUniversit Lovanium de Lopoldville 11, Louvain-Paris 1962, XXXVI+548. CHUPUNGCO ANSGAR, Ladattamento della liturgia tra culture e teologia, Casale Monferrato (AL), Piemme 1985, p. 44. "Quid enim absurdius quam Galliam, Hispaniam, Italiam aut ullam Europae partem in Synas invehere? Non haec sed fidem importate quae nullius gentis ritus aut consuetudines, quae modo prava non sint, aut respuit aut laedit, immo vero sarta tecta esse vult" [Instructio Vicariorum Apostolicorum ad Regna Synarum Tonchini et Cocinnae Proficiscentium in: Collectanea Sacrae Congregationis de Propaganda Fide I, Roma, 1907].

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com lazione liturgica funziona per se stessa, a prescindere dal coinvolgimento soggettivo di coloro che compongono lassemblea, con una loro partecipazione attiva e consapevole. Basta cos che il ministro ordinato abbia eseguito con scrupolo la forma del rito, che la Chiesa ha stabilito come coerente allistituzione di Cristo, intendendo fare ci che intende la Chiesa, perch latto liturgico abbia raggiunto il suo scopo; 3) La presentazione della liturgia come culto pubblico esterno di una Chiesa, pensata quasi esclusivamente in termini di societ giuridicamente perfetta nel suo ordine (quello spirituale). A partire da questa visione di Chiesa, carente del suo aspetto propriamente misterico di corpo mistico di Cristo animato dalla potente azione dello Spirito, era inevitabile porre laccento sullapparato esteriore delle cerimonie liturgiche che, impressionando per la loro bellezza e il loro decoro, dicono la perfezione di quella societ che le pone in atto. Un TERZO orientamento. Liniziale preoccupazione, emersa a Trento, di una qualche partecipazione dei fedeli alla liturgia perse presto ogni slancio. Emerse piuttosto la volont positiva che i fedeli, assistendo alle azioni liturgiche, percepissero attraverso cerimonie sempre decorose e possibilmente solenni un senso di mistero arcano e sublime. Il Cattaneo annota: La Messa doveva apparire ai fedeli un mistero, particolarmente nella sua parte centrale", dove il termine mistero ha insieme la valenza di qualcosa che luomo non pu mai completamente afferrare e di qualcosa di cui non si comprende nulla. Anche la chiusura alluso del volgare nella liturgia si irrigid progressivamente fino alla messa allindice dei libretti per i fedeli che traducevano lordinamento della messa e in particolare il testo del canone, considerato testo sacro per eccellenza. Si possono leggere al riguardo le parole del cappuccino Angelo Conti nella Misteriosa consideratione intorno a riti della sacrosanta Messa, scritto nel 1625: Per tal rispetto dunque, non si esporranno qui le precise e formate parole del sacro canone, ma solo la misteriosa significazione de riti, atti e gesti in esso contenuti. La presenza alla messa da parte dei fedeli descritta dalla letteratura spirituale del tempo come assistenza devota. Le varie scuole di spiritualit del tempo si preoccuperanno di indicare il modo con cui assistere devotamente alla messa. Si tratta normalmente di un esercizio di preghiera mentale o di un esercizio di meditazione dei misteri della vita del Signore. San Francesco di Sales scriver tra i propositi del novembre 1602: Nei giorni festivi reciter il rosario durante la messa solenne. La comunione eucaristica, raccomandata come fondamentale atto di devozione, tende a rimanere un rito a se stante, collocato spesso nella pratica pastorale prima o dopo la celebrazione eucaristica. Non il vertice della partecipazione dei fedeli allatto celebrativo, in stretta connessione con la consacrazione del pane e del vino, ma un rito autonomo che risponde al bisogno dei fedeli pi devoti, anche se ovviamente relativo alla celebrazione delleucaristia in quanto il pane consacrato di cui i devoti si cibano consacrato nel sacrificio della messa. Anche la predicazione al popolo, molto raccomandata da Trento ai sacerdoti in cura danime, stenta a trovare il suo posto pi naturale allinterno della celebrazione. Dar piuttosto i suoi frutti in riferimento ad altre realt della vita religiosa di questepoca: le santissime quarantore, i tridui e le novene in occasione delle feste patronali e delle principali solennit mariane, i quaresimali, particolari momenti di calamit sociali o natura-

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com li. In questo modo rester a lungo priva di un riferimento biblico preciso e non avr molta attenzione a introdurre i fedeli alla vita liturgica.

1.2. Lo iato tra liturgia ufficiale e piet popolare In stretta relazione con le ultime affermazioni possiamo parlare di uno iato sempre pi evidente tra liturgia ufficiale, atto del clero, cui il precetto, per altro molto esteso, impone unassistenza che nei casi migliori pu diventare devota, e le forme notevolissime di piet cristiana, nelle quali si costata unautentica espressione del sentimento religioso popolare. Il Cattaneo riporta in proposito un severo giudizio dello Jungmann, secondo il quale la vita liturgica del Barocco entra in una fase di dissoluzione storica... quale nessun altro periodo della liturgia ha conosciuto, ma aggiunge di suo, con molta perspicacia, la constatazione che alluniformit rubricistica e statica (della liturgia)... per impulso della cultura, messa in sollecito movimento dalle idee rinascimentali, si contrappone una vigorosa espansione delle forme espressive della piet devozionale e dellarte 19. Le linee portanti della piet dellepoca barocca si possono raccogliere in quattro orientamenti: a) Il culto eucaristico extra missam, radicato nella verit dogmatica della Presenza Reale per transustanziazione, che a Trento era stata ribadita con forza. I fenomeni pi vistosi al riguardo sono: - il grandissimo impulso dato alle confraternite del Santissimo Sacramento; - la ristrutturazione del presbiterio per porre in pi grande evidenza il tabernacolo, al centro, sontuosamente decorato, sormontato da un tempietto con il luogo dellesposizione; - le trionfali processioni eucaristiche [dalla festa del Corpus Domini alla processione eucaristica mensile], durante le quali venivano rievocati, anche drammaticamente, episodi dellAntico Testamento e della vita del Signore; - la composizione di messe de venerabili in onore del Santissimo Sacramento; - le solenni ostensioni del Santissimo Sacramento per ladorazione dei fedeli e le solenni benedizioni eucaristiche, anche durante la messa. La presenza reale di Cristo nellostia consacrata, percepita anche come presenza protettrice e miracolosa, avvince lanimo religioso dellepoca barocca e d luogo ad uno sviluppo artistico, architettonico, scultoreo, pittorico e musicale di notevole intensit e valore20. b) Il culto alla Vergine Santissima. Conosciuto e inserito nella liturgia fin dallepoca patristica, come correlativo alla centralit del mistero di Cristo (solennit di Maria Madre di Dio; festa dellAnnunciazione... ), cresciuto durante tutto il Medioevo in forme pi libere e rispondenti alla piet religiosa del popolo, esso continua il suo rigoglioso sviluppo in epoca barocca per linee pi marcatamente devozionali. Alla base del grande impulso dato in questepoca alla devozione alla Vergine stanno i nuovi santuari mariani, normalmente legati a fatti miracolosi o ad avvenimenti straordinari, in cui lazione protettrice di Maria [Santa Maria delle Grazie uno dei titoli pi usato] si manifestata con particolare evidenza e la predicazione al popolo, fortemente incentrata in senso mariano. di questepoca limmissione nel calendario liturgico della festa della Madonna del Rosario, a ricordo della battaglia di Lepanto (1571) e in ringraziamento per la vitto19 20

CATTANEO ENRICO, o. c., p. 329. Per una conoscenza pi diretta del contesto ambrosiano dellepoca si legga linteressante CATTANEO ENRICO, Contributo alla storia eucaristica di Milano, in Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana 11. Storia eucaristica di Milano = Archivio ambrosiano 45, Ned, Milano 1982, pp. 90-99.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ria ottenuta, e la festa del Nome di Maria a ricordo della battaglia di Vienna (1683) e della cacciata definitiva dei Turchi dallEuropa. Si diffonde grandemente la pratica del Rosario, addirittura suggerita da qualche maestro spirituale come il miglior mezzo devoto per assistere alla messa. Il sabato, gi da secoli giorno votivo mariano, riceve nuovo impulso nella prassi pastorale, mentre si va diffondendo nelle parrocchie la funzione serale con il canto solenne della Salve Regina, seguito dalla benedizione eucaristica, dove si saldano insieme culto eucaristico e culto mariano. Tra le pratiche di piet pi raccomandate c infine, per il clero e per i laici, la recita quotidiana dellufficio della beata vergine Maria21. c) Il culto dei santi, ridimensionato un poco dalla riforma dei libri liturgici postridentini, perch tendeva a soffocare la centralit dei misteri della vita del Signore, celebrati nellarco dellanno liturgico, a poco a poco riprese gran parte dei giorni dellanno. La struttura architettonica stessa delle chiese barocche o barocchizzate ne testimonianza statuaria. Lorientamento del luogo di culto allaltare centrale viene come smarrito nella selva di altari laterali o di vere e proprie cappelle dedicate alluno o allaltro santo, per permettere le diverse devozioni dei fedeli e per incentivare le donazioni da parte delle famiglie nobili o abbienti. d) La devozione al crocifisso e alle sue santissime piaghe. Il CATTANEO la presenta cos: "Coltivata gi nel Medioevo - basti ricordare san Francesco dAssisi - ora riceve un ulteriore e pi affettuoso impulso dalla riforma luterana che negava alla messa il carattere sacrificale e affermava che la giustificazione consisteva soltanto nella non imputazione delle colpe coperte dal sacrificio di Cristo sulla croce. Tali affermazioni procuravano una reazione psicologica: perch se la passione di Cristo non toglieva, ma copriva i peccati, i meriti di essi apparivano minori di quelli predicati dalla dottrina tradizionale che, cio, il sangue di Cristo lavava ogni peccato a chi rinnovava il suo amore a Dio22. In questa direzione si pu leggere la spiritualit di san Carlo Borromeo (15381584), raffigurato normalmente in preghiera davanti al Crocifisso, la spiritualit carmelitana e quella di san Francesco di Sales (1567-1622), confluita nella Filotea (1607), opera spirituale per tutte le anime desiderose di perfezione ristampata fino a oggi. La devozione alla Passione di Cristo avr il suo approdo pi vistoso nellordine dei Chierici scalzi della Santissima Croce e Passione di Nostro Signore Ges Cristo (i Passionisti), fondato da san Paolo della Croce (1694-1775) nel 1720. Accanto ai tre voti classici coloro che entrano nel nuovo ordine ne emettono un quarto che consiste nel promuovere la devozione alla Passione di Cristo tra i fedeli. Con loro si diffonder enormemente la pia pratica della via crucis.

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Per una conoscenza pi approfondita del culto / devozione a Maria a Milano si veda ancora CATTANEO ENRICO, Maria santissima nella storia della spiritualit milanese = Archivio Ambrosiano 8, Milano 1955). CATTANEO ENRICO, o. c., p. 325.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 1.3. Canto e musica Non si pu parlare della prassi liturgica in epoca barocca senza accennare al grandioso sviluppo delle forme musicali, sia del canto vocale che della musica strumentale. Il canto polifonico riceve uninvestitura ufficiale da parte della gerarchia della Chiesa e abbassa sempre pi linteresse per il vecchio monodico e diatonico canto gregoriano (Cattaneo, p. 343). Geni musicali come Pierluigi da Palestrina (1525-1594), Orlando di Lasso (15321594) e Tommaso Ludovico da Victoria (1548-1611), operanti a Roma nella seconda met del 500, conferirono definitiva dignit liturgica a questo nuovo modo di intendere il canto. La musica polifonica messa al servizio dei testi dellordinario della messa (Kyrie; Gloria; Sanctus - Benedictus; Credo; Agnus Dei) e dei testi del proprio dei tempi liturgici e delle feste. Ben presto per lequilibrio raggiunto da questi compositori fu infranto da altri pi preoccupati di meravigliare con la loro musica che di servire la preghiera liturgica. Comprendiamo i ripetuti interventi della Congregazione dei Riti, uno in particolare del 1643, nei quali viene denunciato labuso di messe solenni, in cui sono introdotte esecuzioni musicali non attinenti allatto liturgico, ma solo preoccupate di piacere e attirare. Accanto allingresso trionfale della polifonia nelle celebrazioni liturgiche, il 600 conosce anche linvestitura ufficiale della musica organistica. Lorgano, giunto a una notevole perfezione tecnica, diviene lo strumento ecclesiastico per eccellenza, dalle pi imponenti cattedrali allumile chiesa di campagna. La polifonia e la musica organistica di questepoca hanno prodotto un patrimonio artistico di inestimabile valore religioso e culturale. Ci che emerge come interrogativo critico sul versante della liturgia la capacit di questi nuovi sviluppi artistico - musicali di compiere un reale servizio liturgico. La domanda non verte, di principio, sulle forme vocali e musicali in quanto tali, ma sul loro esito pratico complessivo. Una seria ricerca musicologica attuale, che tenti di riformulare il rapporto tra arte vocale e musicale e liturgia, dovrebbe dedicare grande attenzione alla musica sacra di questepoca.

2.

La prassi liturgica nei secoli dei lumi

Molte delle notazioni fatte per lepoca barocca circa la prassi liturgica ufficiale e la sua distanza dalla piet devozionale dei fedeli, conservano piena validit anche nel corso del 700 e oltre. Ci che appare nuovo e meritevole di attenzione durante il secolo dei lumi da una parte la nascita di un interesse storico erudito nei confronti della liturgia e delle sue fonti antiche e dallaltra lemergenza di una certa istanza di riforma, motivata, sia dal desiderio, schiettamente illuministico, di una pratica religiosa (la liturgia parte integrante della pratica religiosa) scevra dallesuberanza e dallesteriorit dellepoca barocca e guidata dalla luce dellintelligenza e della cultura (si tratta di un movimento tutto sommato elitario), sia da una lettura in chiave pastorale della liturgia stessa (la liturgia come luogo in cui lazione pastorale di un vescovo pu esprimersi con efficacia). Il Cattaneo prende spunto proprio da questo secondo orientamento per caratterizzare il 700 come il secolo in cui comincia a farsi strada una scienza pastorale liturgica.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 2.1. Linteresse storico - erudito La nascita di un interesse storico - erudito nei confronti della liturgia e delle sue antiche fonti dovuta principalmente alla volont apologetica di fornire prove solide della tradizionalit del culto cattolico, di fronte alla persistente contestazione di parte protestante. Essa risente per anche di quel rinnovato fervore di ricerche nel campo delle antiche fonti cristiane e non, che percorre tutto il 700 e che sfocier, dal punto di vista delle diverse espressioni artistiche, nello stesso stile neo-classico. Tra i molti nomi di eruditi di fonti liturgiche vanno ricordati almeno il maurino Jean Mabillon (1632-1707), il benedettino Edmond Martne (1654-1739), che tra il 1700 e il 1702 pubblic una documentazione ancora oggi fondamentale circa gli antichi riti e le antiche consuetudini liturgiche della chiesa dal titolo De antiquis ecclesiae ritibus; il card. Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1649-1713) e il prete secolare Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), che nel 1748 pubblic le fonti della Liturgia romana antica (il sacramentario veronese - gelasiano - gregoriano). A prescindere dalla motivazione prevalentemente apologetica, ledizione (per altro - a giudicare con gli strumenti oggi a disposizione - poco critica) delle antiche fonti liturgiche metter in circolazione la conoscenza dei tesori liturgici della chiesa antica. Questo sar la premessa per uno studio pi scientifico della prassi liturgica, per lo sviluppo di una riflessione teologica sulla liturgia e costituir la base per una sua efficace riforma. 2.2. Lesigenza di riforma Pi complesso risulta ripercorrere lesigenza di riforma del 700 in campo liturgico e i tentativi effettivamente messi in atto. Con un procedimento a flash dobbiamo almeno richiamare: Il lavoro di riforma dei libri liturgici, in particolare il Breviario e il Messale, messo in atto in molte diocesi della Francia e conosciuto anche come fenomeno delle liturgie neo-gallicane23. Si tratta di una riforma dei testi liturgici (canti e orazioni) secondo il criterio dellarricchimento sia biblico (sostituzione di testi non biblici con testi biblici) che liturgico (recupero di nuovi testi delleucologia dai sacramentari antichi da poco editi). Lopera di riforma non ebbe un carattere organico per tutta la Francia, ma fu intrapresa per iniziativa di singole diocesi, cui aderirono altre diocesi, entusiaste del lavoro fatto da queste. Roma non guard mai con favore a questi tentativi, che rimettevano in discussione lunit liturgica della riforma postridentina, e nellottocento labate della rinata abazia benedettina di Solesmes, Prospero Guranger, sar il deciso e tenace fautore di un ritorno della Chiesa francese ai libri liturgici romani, impegnandosi a diffondere un giudizio fortemente negativo dellintera intrapresa neo-gallicana. La produzione liturgica del Muratori, molta sotto pseudonimo (Lamidio Pritannio), riguardante i problemi di pastorale liturgica. Tra di essi emerge per importanza lopera del 1747 Della regolata devozione dei cristiani24, dove laccento (tipicamente illumini-

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Il Brovelli ne ha fatto uno studio accurato in Ephemerides Liturgicae 96 (1982) pp. 279-406; 97 (1983) pp. 482-549. Una recente riedizione in MURATORI LODOVICO ANTONIO, Della regolata devozione dei cristiani = Storia della Chiesa. Fonti, Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1990, pp. 278.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com stico) va posto su quellaggettivo regolata, che sottintende lintervento della ragione e della cultura illuminata. La categoria della devotio racchiude in s il complesso della pratica religiosa dei cristiani senza una precisa distinzione tra ci che noi oggi chiamiamo liturgia in senso stretto e i pii esercizi25. Tra i temi pi vivacemente affrontati dal Muratori, e che provocarono dibattiti e contrasti anche duri, emerge quello delluso del volgare nella liturgia (il Muratori si fa promotore di esso almeno per la lettura del vangelo); quello della riduzione delle festivit di precetto, esageratamente numerose, con risvolti negativi anche di carattere sociale (la gente si ubriacava - nascevano risse - i costumi sessuali si allentavano - eccetera...); i suffragi in favore dei defunti; le varie forme del culto eucaristico, del culto alla Vergine e del culto ai santi. Pur non muovendo decisamente da un ripensamento teologico della natura del culto cristiano il Muratori d limpressione di una grande sapienza e di un grande equilibrio, volto a combattere ogni rischio di superstizione e ogni forma di abuso, ma anche a valorizzare la genuina tradizione della Chiesa. in qualche modo un antesignano del rinnovamento liturgico. Meritano pure attenzione le riforme ecclesiastiche austriache, molte delle quali direttamente attinenti alla prassi liturgica e devozionale dei fedeli. La valutazione complessiva di questazione di riformismo ecclesiastico liturgico promosso dallAustria, richiede di tenere presente sullo sfondo la questione delle nomine ecclesiastiche di parte regia (senza preavviso e senza previa approvazione della Sede Pontificia) e dunque lo stato gi precario dei rapporti tra la Chiesa e lo stato dentro e fuori limpero austroungarico. Il Cattaneo documenta con dovizia di particolari la ricca legislazione austriaca in materia liturgica e valuta limpatto che essa ha avuto sulla vita delle Chiese direttamente interessate. Rimandando a una lettura diretta dei dati documentari, raccogliamo il suo giudizio globale, sostanzialmente critico prima che sui contenuti delle riforme attuate sulla modalit con cui esse furono perseguite: Esse furono imposte e dovevano essere accettate solo in forza dellautorit imperante e furono stabilite senza alcuna preoccupazione pastorale, ossia non tenendo conto dello stato danimo religioso delle popolazioni, alle quali si chiedeva solo obbedienza senza accorgersi del suo stato danimo generale, ormai lontano dalla sudditanza propria dellet medievale26. Dobbiamo comunque costatare che tali riforme ebbero una certa efficacia pratica, soprattutto nella regolazione di tutti quei punti in cui venivano a incrociarsi lambito civile e lambito religioso: 1) I giorni delle festivit di precetto; 2) Le feste patronali e il loro rapporto con gli obblighi lavorativi; 3) Le liturgie funebri; 4) Le pubbliche manifestazioni di culto nelle chiese e fuori (orari - frequenza - processioni - tridui - novene). Nel Veneto e in Lombardia la legislazione austriaca su alcuni di questi punti giunse fino al Vaticano II. Il quarto e ultimo episodio di questo 700 riformista in campo liturgico il Sinodo di Pistoia (1786), pi direttamente operante sotto linflusso delle idee gianseniste, divulgate in Italia da alcuni professori delluniversit di Pavia. Esso un fatto di Chiesa locale (la diocesi di Pistoia e di Prato sotto la guida del vescovo Scipione de Ricci), ma con lesplicita pretesa di coinvolgere lintera chiesa italiana. Scrive il Cattaneo: Come
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Questa distinzione adottata da Sacrosanctum Concilium, n. 13. CATTANEO ENRICO, o. c., p. 417.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com tutta la vicenda insegna con tale sinodo si volle iniziare localmente una riforma per estenderla a tutta la Toscana, con la speranza di influenzare tutta lItalia, non esclusa Roma27. I fatti sono presto detti: Leopoldo II, granduca di Toscana, con il pieno appoggio del vescovo de Ricci, convoca un sinodo a Pistoia dal 18 al 28 settembre 1786, inviando ai vescovi suoi sudditi unelenco di 57 punti (pi della met su problemi liturgici e devozionali), sui quali essi sono chiamati a esprimere una loro valutazione. Il Cattaneo annota: In sostanza lelenco corrisponde a molte delle riforme austriache. La novit nel continuo riferimento a idee gianseniste, le quali, riversate nei decreti sinodali, permisero una loro condanna esplicita da parte della Sede Apostolica28. Il Sinodo si svolse sotto la presidenza del de Ricci e la sovrintendenza teologica del Tamburini, e promulg una serie di decreti di riforma. Leopoldo II di Toscana e il de Ricci tentarono di far approvare i decreti sinodali dallassemblea dei vescovi toscani, riunita nel maggio del 1787 in vista della convocazione di un pi ampio concilio nazionale, ma la cosa non riusc e la maggioranza dei vescovi si schier decisamente contro. La Sede Apostolica condann il sinodo 8 anni dopo con la bolla Auctorem Fidei (1794), nella quale vengono riprese e censurate 85 proposizioni sinodali. Alcune affermazioni sono bollate come eretiche per gli errori dogmatici in esse contenuti, mentre altre sono definite false o ambigue. Il CATTANEO commenta: Si ha la chiara sensazione che con la condanna parziale di tali proposizioni si sia voluto soprattutto colpire i loro autori, poi riaffermare il principio che solo alla Sede Apostolica spetta la riforma o la revisione, la condanna o lapprovazione di tutto ci che riguarda il culto e avvertire che si deve ritenere temerario ( laggettivo pi ricorrente) fare in tale materia cosa anche semplicemente pietati fidelium ingiuriosa (ingiuriosa alla piet dei fedeli) o piarum aurium offensiva (offensiva delle orecchie pie) o favens haereticorum conviciis (favorevole alle sette ereticali)29. In conclusione, la volont di riforma liturgica del 700 si arena contro due scogli: 1) Uninsufficiente o addirittura fuorviante quadro teologico di riferimento, per una comprensione del fatto liturgico nella vita della Chiesa; 2) Unintromissione pesante del potere civile in un ambito tipicamente ecclesiastico, che suscita immediatamente la diffidenza e lopposizione romana. Se a questo si aggiunge la dimensione troppo elitaria di un sentire illuministico della devozione cristiana, non compresa e non condivisa dal clero in cura danime e dal popolo con lui, si pu capire come una stagione pur cos vivace non ha prodotto alcun reale riavvicinamento tra culto ufficiale della Chiesa e piet dei fedeli.

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CATTANEO ENRICO, o. c., p. 435. CATTANEO ENRICO, o. c., p. 438. CATTANEO ENRICO, o. c., p. 325.

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CAPITOLO VI OTTOCENTO - NOVECENTO LITURGICI


Dispongo lo studio di questo capitolo della storia della liturgia, e dellautocoscienza teologica della Chiesa nei riguardi della liturgia che essa celebra in tre momenti: - I prodromi del movimento liturgico nel corso del sec. XIX; - Lo sviluppo del movimento liturgico nella prima met del sec. XX e la sintesi offerta dallenciclica Mediator Dei (1947); - Lapprodo conciliare e il cammino della riforma nel dopo concilio.

1.

I prodromi del Movimento Liturgico

Per comprendere meglio lavvio di una rinnovata coscienza della centralit della liturgia per la vita della Chiesa (prodromi del movimento liturgico) occorre fare prima il punto della situazione di partenza. 1.1. La situazione di partenza Sul versante del magistero liturgico il sec. XIX si rivela decisamente statico e poco incline a rimettere in discussione la situazione liturgica codificata dalla riforma postridentina. Lunico elemento dinamico una costante immissione di santi nel calendario liturgico, specialmente durante il papato di Pio IX (1846-1878) e di Leone XIII (18781903), e laggiunta di una nuova serie di feste a carattere devozionale (Sacro Cuore di Ges; Preziosissimo Sangue; Beata Vergine Addolorata, ecc...). Le istanze di riforma del 700, emblematicamente riassunte nel Sinodo di Pistoia (1786), non solo furono avversate dalla sede romana per gli equivoci di carattere dogmatico e per gli elementi di perturbazione sociale in esse ravvisate, ma non riuscirono neppure a stimolare una verifica e un ripensamento della prassi liturgica vigente. Non ebbero miglior sorte le pi pacate riflessioni di Antonio Rosmini (1797-1855), attento osservatore della vita della Chiesa del suo tempo e dei mali che laffliggevano. Nello scritto Delle cinque piaghe della santa Chiesa (terminato nel 1832, ma pubblicato solo nel 1848)1 egli denunciava come prima causa della crisi in cui si trovava immersa la vita cristiana e la stessa Chiesa la separazione del clero dal popolo nel culto e prospettava un serio recupero della parte del popolo nella liturgia, come pure una seria istruzione liturgica del popolo. Laspetto liturgico non il solo interesse del roveretano, ma quando ne parla egli rivela una maturit del tutto eccezionale. Il libro fu messo allIndice nel 1849 (lanno dopo la sua pubblicazione) e fu troncato in questo modo sul nascere il dibattito salutare che ne sarebbe potuto scaturire2.

ROSMINI ANTONIO, Delle cinque piaghe della santa Chiesa. Trattato dedicato al clero cattolico (con aggiunte e chiarificazioni inedite), Morcelliana, Brescia 61979, pp. 436. Per un approfondimento del pensiero liturgico di Rosmini, decisamente eccezionale per il suo tempo, si vedano, oltre a CATTANEO ENRICO, o. c., pp. 469-475, i testi segnalati alla nota 45 del Cattaneo stesso.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Il Rosmini pi che un riformatore della liturgia pu essere detto un precursore della rinascita liturgica, avendo egli intravisto il nesso profondo che intercorre tra ecclesiologia e liturgia, tra vita ecclesiale e vita liturgica. Per Rosmini non si tratta anzitutto di riformare la liturgia, ma di rendere la liturgia che c, nella forma assunta dopo Trento, luogo vivo e vitale per unautentica esperienza religiosa da parte di tutti i fedeli. In Francia la rivoluzione francese, con il suo tentativo di abolire ogni forma di culto cristiano, insieme alla soppressione degli ordini religiosi e alla drastica limitazione di ogni attivit pastorale, aveva tarpato le ali ai tentativi di riforma neo - gallicani. La ripresa della vita religiosa, dopo la tempesta rivoluzionaria, avvenne sul versante liturgico con un completo ritorno alla liturgia romana. Di questo ritorno fu instancabile propugnatore il monaco benedettino Prospero Guranger, cui abbiamo gi accennato e sul quale dovremo tornare tra poco. Infine nei paesi sottoposti al dominio austriaco la legislazione liturgica riformista trov pratica e generale applicazione ma, per il suo carattere antipopolare e autoritario, e per la carenza di un pensiero teologico di sostegno, non favor un vero ripensamento di tutto il tema liturgico. Al contrario presso il clero, che viveva in stretto contatto con il popolo, si svilupp un sordo rancore verso le novit introdotte, che ingener un attaccamento ancora pi forte alla tradizione liturgica e devozionale del passato. 1.2. Lavvio di un cammino Mentre la situazione liturgica generale rimane fortemente statica sul versante della prassi celebrativa e decisamente povera sul versante delle prese di posizioni magisteriali, dobbiamo segnalare, accanto al gi accennato pensiero di Rosmini che non ha avuto modo di approfondirsi - altri fatti che ormai unanimemente sono segnalati dagli storici come prodromi di una rinascita di interesse per la liturgia e come premesse alla nascita di un vero e proprio Movimento Liturgico. Si tratta anzitutto del risveglio teologico del sec. XIX sul versante dellecclesiologia. Tra gli autori pi significativi si possono citare il vescovo di Regensburg Johann Michael Sailer (1751-1832), il teologo moralista Johann Baptist von Hirscher (1788-1865), Markus Adam Nickel (1800-1869) e soprattutto Adam Johann Mhler (1796-1838) con le due opere Lunit nella Chiesa (1825) e Simbolica o esposizione delle antitesi dogmatiche tra cattolici e protestanti secondo i loro scritti confessionali pubblici (1832). Questi teologi, salvo forse il Nickel3, non sono direttamente interessati alla liturgia e non le dedicano grande spazio nei loro scritti. Essi per, recuperando la ricchezza della tradizione biblico - patristica, tentano di superare una visione solo giuridica e istituzionale della Chiesa per attingere alla sua dimensione teologica pi profonda, quella di essere un organismo vivo e sacramentale. La loro riflessione, che avvia un rinnovamento ecclesiologico che giunger a maturazione solo al concilio Vaticano II, risulter cos preziosa anche sul versante liturgico. Essi aprono infatti la strada per ricollocare il culto cristiano al cuore stesso della vita della Chiesa e per superare le categorie puramente giuridiche ed esteriori con cui la scienza teologica del tempo definiva il fatto liturgicocultuale.

Cf GNTER DUFFRER, Auf dem Weg zu liturgischer Frmmigkeit. Das Werk des Markus Adam Nickel (1800-1869) als Hhepunkt pastoralliturgischer Bestrebungen im Mainz des 19. Jahrhunderts = Quellen und Abhandlungen 6, Mainz 1962, pp. 156.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Ma il movimento liturgico del nostro secolo trover la sua preparazione prossima nel rinnovamento del monachesimo benedettino, che partito dalla Francia, passer presto in Germania, nel Belgio, in Austria, in Cecoslovacchia, in Inghilterra e infine anche in Italia. dobbligo considerare qui la figura di Prospero Guranger (1805-1875), che di tale rinnovamento la sorgente e lanima4. La sua azione si colloca nellambito della rinascita della vita religiosa francese, dopo lo sconvolgimento della rivoluzione, dellepoca del terrore e del sogno napoleonico. Tale rinascita si muove sotto il segno della restaurazione o del ritorno alla tradizione dei Padri e nella fedelt assoluta al magistero ordinario della Chiesa di Roma. Il primo passo compiuto dal Guranger fu la restaurazione dellordine benedettino, nel quale egli vedeva la manifestazione pi viva della spiritualit tradizionale della Chiesa5. Nel 1833 fu riaperta alla vita monastica labazia di Solesmes, che divenne il centro ispiratore del rinnovamento benedettino. Dal momento che la vita benedettina aveva tra i suoi cardini lopus Dei, dom Guranger si prodig con ogni mezzo perch i suoi monaci riscoprissero la liturgia come momento centrale e plasmatore della loro esperienza monastica e indic nella liturgia romana, codificata nella riforma postridentina, la forma liturgica cui attenersi evitando ogni infiltrazione neo - gallicana. Per introdurre i suoi monaci e i fedeli pi sensibili ai tesori della liturgia romana diede vita a un ampio programma di pubblicazioni: i tre volumi delle Institutions liturgiques (pubblicati tra il 1840 e il 1851); i nove volumi de Lanne liturgique (pubblicati dal 1841 al 1875)6. Le Istituzioni liturgiche si rivolgono a un pubblico colto, ben al di l dellambiente monastico cui sono del resto primariamente dirette, e hanno uno scopo dichiaratamente scientifico: Abbiamo inteso dare in questo libro - scrive nellintroduzione - un insegnamento generale di tutte le materie relative alla scienza liturgica e prima di tutto ci siamo accinti al compito difficile e non mai tentato prima di noi di fare una storia generale della liturgia. Appare nel Guranger una coscienza nuova dellimportanza e della centralit della liturgia per la vita della Chiesa e per la spiritualit di ogni battezzato, a cominciare dai monaci e dai sacerdoti. C inoltre il gusto e la sensibilit tipica dello storicismo ottocentesco per la ricostruzione erudita e puntuale degli avvenimenti (nel caso, delle istituzioni liturgiche), anche se retta da una tesi in buona misura preordinata, e cio la precedenza e la superiorit della liturgia romana rispetto a tutte le altre tradizioni liturgiche. Pi importante ancora lopera sullanno liturgico (termine usato per la prima volta proprio dal Guranger), tradotta in varie lingue e con un eccezionale successo editoriale7. Il Guranger pens a un lavoro destinato a mettere i fedeli in condizione di avvantaggiarsi degli immensi aiuti che vengono offerti alla piet cristiana dalla comprensione dei misteri della liturgia.
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Per unintroduzione generale DELATTE PAUL, Dom Guranger, maestro di liturgia e di vita monastica = Spiritualit 81, Queriniana, Brescia 1999, pp. 285. CATTANEO ENRICO, o. c., p. 460. Egli arriva a presentare i testi e le celebrazioni dellanno liturgico fino a Pentecoste. Un suo discepolo (labate Fromage) completer lopera. In italiano fu pubblicata in cinque volume negli anni 50 dalle Paoline. Per un primo approccio si veda BROVELLI FRANCO, Per uno studio de lAnne liturgique di Prospero Gueranger. Contributo alla storia del Movimento Liturgico, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 1981, pp. 81.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Gi limpostazione dellopera risulta nuova. Prima di lui diversi autori avevano scritto intorno allanno cristiano o anno ecclesiastico, ma il loro intento era prevalentemente di carattere devozionale e pietistico. In occasione cio delle feste cristiane, che ritmavano il cammino dellanno venivano suggeriti gli atteggiamenti devoti da assumere e gli atti di piet da praticare. Ora invece il Guranger parte dai testi, dai riti e dalle feste liturgiche e ne fa loggetto proprio della sua attenzione, ritrovando in loro la sorgente pi viva e il terreno pi fecondo cui attingere lautentica spiritualit della Chiesa. Lintuizione di fondo del Guranger, che diverr una delle strade maestre del Movimento Liturgico, che la liturgia non solo complesso esterno e ben regolato di cerimonie ma principalmente la preghiera di tutta la Chiesa (clero - monaci - fedeli), il modello esemplare della preghiera cristiana, al di l e al di sopra di tutte le scuole di spiritualit, di tutti i metodi e le tecniche di orazione. Attraverso lo studio assiduo e rigoroso del suo patrimonio liturgico tradizionale la Chiesa chiamata a riscoprire le ricchezze insospettate della sua liturgia. Se i pregi dellopera dellabate di Solesmes furono molti, specie in relazione allepoca in cui egli visse, occorre accostare la sua opera con senso critico per rilevare anche qualche suo limite. Ne segnaliamo almeno due. In primo luogo appare nella sua opera una certa forzatura interpretativa, allorch egli legge la storia liturgica dellOccidente con un naturale, anche se millenario, processo di unificazione verso la liturgia della Chiesa romana. Troppi elementi vengono sacrificati in questa ricostruzione. In secondo luogo nel suo pensiero si avverte la carenza di una riflessione ecclesiologica rinnovata, capace di portare a maturazione allinterno dellatto celebrativo stesso lintuizione (feconda sul versante della spiritualit) che la liturgia preghiera di tutta la Chiesa. Di conseguenza il Guranger non arriva a intuire la necessit di una riforma liturgica, n riesce ad accogliere listanza di una pi ampia introduzione della lingua viva nelle celebrazioni liturgiche. Come il Rosmini, anche se con ben altra ampiezza, il Guranger vede nella rinascita liturgica la via per la rinascita della Chiesa, ma non giunge ancora a prospettare alcun cammino di riforma. Egli accetta come tradizione liturgica tout court la forma postridentina, senza problematizzarla nei suoi aspetti pi bisognosi di revisione8. A prescindere dai limiti suesposti, lopera del Guranger ha avuto il grande merito di ridare alla spiritualit benedettina il suo centro naturale, cio la liturgia, e di aprire cos la strada alla riscoperta viva della liturgia allinterno dellintera compagine ecclesiale. Lorientamento spirituale di Solesmes si irradi in Germania (Beuron), in Cecoslovacchia (Emmaus), in Belgio (Maredsous e Mont Csar) e in Inghilterra (Farnborough), centri di vita benedettina che nei primi decenni del secolo XX diedero vita ad un movimento liturgico consapevole della centralit della questione liturgica e preparato dal punto di vista storico, teologico, spirituale e pastorale a giocare la carta di unorganica e generale riforma liturgica. Il movimento liturgico nel sec. XX e lenciclica Mediator Dei

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Da questo punto in avanti, pi che ai fatti storici, presteremo attenzione alla maturazione delle idee con le quali leggere il fatto liturgico o, per usare la terminologia gi introdotta nelle nostre premesse metodologiche, tenteremo di seguire lemergere di una
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Per questultima nota critica si veda BOUYER LOUIS, La vie de la liturgie = Lex Orandi 20, Paris 1956, p. 80.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com liturgia teologica (Vagaggini) o teologia liturgica (Marsili), grazie alla quale fu possibile intraprendere una riforma liturgica ponderata e consapevole. Il movimento liturgico del nostro secolo ha infatti ridato alla Chiesa una pi lucida autocoscienza teologica del suo celebrare, autocoscienza che era venuta a mancare progressivamente dalla fine dellepoca patristica, e una pi acuta sensibilit spirituale e pastorale nei confronti del fatto liturgico9.

2.1. Lambert Beauduin (1873-1953) La storiografia del movimento liturgico oggi concorde nel rintracciare nella figura di Lambert Beauduin, monaco benedettino a Mont Csar in Belgio, liniziatore del movimento liturgico propriamente detto, e colloca nel suo intervento al Congresso di Malines (23 settembre 1909) il fatto emblematico del suo avvio. Dom Beauduin ha alle spalle la scuola di dogmatica e lassidua frequentazione di dom Columba Marmion, la cui dottrina - scrive OLIVIER ROUSSEAU non era che una manifestazione della sua vita liturgica, vissuta in profondit e spiegata teologicamente10. Mentre per il Marmion si muove nellambito della riflessione dogmatico - spirituale, il Beauduin scende decisamente sul terreno della liturgia. Fondamentale per la comprensione del suo pensiero lo scritto del 1914 La piet della Chiesa. Egli articola la sua riflessione attorno alla definizione di liturgia come culto della chiesa. In questa definizione egli coglie anzitutto la relativit della liturgia al soggetto ecclesiale e intuisce la fecondit di una riflessione che applichi alla liturgia le caratteristiche della Chiesa. In parole semplici, per Beauduin la liturgia sono tutti e solo quegli atti che la Chiesa riconosce come propri e per via di questa dipendenza egli riscopre il profondo legame che intercorre tra la natura della Chiesa e la natura della liturgia. Se la natura della Chiesa sociale, gerarchica, universale, in continuit con lopera di Cristo, santificatrice e composta di uomini, tale sar anche la natura della liturgia. Se poi il principio di animazione della Chiesa il Cristo glorioso, che dona continuamente ed efficacemente lo Spirito Santo, anche il soggetto unico ed universale del culto della Chiesa sar il Cristo risuscitato e glorioso. lui - scrive il Beauduin - che esercita il nostro culto... unico mediatore tra Dio e lumanit, pontefice eterno della nuova alleanza, pontefice unico, che compie qui sulla terra tutta la nostra liturgia. Recuperato per questa via la funzione sacerdotale con la quale Cristo esplica la sua azione cultuale nella Chiesa e mediante la Chiesa, il Beauduin ne precisa il significato in tre direzioni: un sacerdozio personale, e Cristo lo esercita personalmente per mezzo di coloro che sono suoi ministri in forza del sacramento dellordine; un sacerdozio collettivo, noi diremmo comunitario, perch Cristo lo esercita a nome e a vantaggio dellintera umanit redenta, la quale viene cos intimamente unita a Lui e per mezzo di Lui al Padre; un sacerdozio gerarchico, e dunque visibile, e Cristo lo esercita attraverso i ministri ordinati, i quali agiscono in suo nome ed in suo potere.

9 10

Per questa parte cf MARSILI SALVATORE, Anamnesis 1., o. c., pp. 75-84. ROUSSEAU OLIVIER, Storia del movimento liturgico. Lineamenti storici dagli inizi del sec. XIX fino a oggi, Paoline, Roma 1961, p. 251.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Nella riflessione sullazione sacerdotale di Cristo che si attua nella liturgia attraverso lazione sacerdotale della Chiesa, presente ancora una tendenziale riduzione del soggetto Chiesa in riferimento ai ministri ordinati. Beauduin sfugge ancora alla conclusione che invece sembra imporsi a partire dalle sue stesse premesse, che cio tutti i battezzati, in quanto partecipi dellorganismo ecclesiale, agiscono sacerdotalmente in Cristo, gli uni secondo la misura del sacerdozio comune dei fedeli, gli altri secondo la misura, ontologicamente distinta, del sacerdozio ordinato o gerarchico. Anche la riflessione sul sacerdozio collettivo esercitato da Cristo nellazione liturgica della Chiesa opera in Beauduin solo sul versante dellesito salvifico a vantaggio di tutti, mentre non si sviluppa sul versante della realt sacerdotale di Cristo, partecipata ad ogni battezzato e capace di rifondare il tema della partecipazione dei fedeli alla liturgia. Pur tenendo presente i limiti della riflessione del Beauduin, la riscoperta della liturgia come luogo in cui si esercita oggi il sacerdozio di Cristo, tramite la Chiesa e a vantaggio della Chiesa, e lincipiente intuizione della liturgia come continua riattualizzazione sacramentale dellopera della salvezza rappresentano un notevole passo in avanti sul cammino della riscoperta della natura teologica della liturgia. La lezione del Beauduin viene raccolta e sviluppata in una serie di nuove definizioni della liturgia che ruotano, pi o meno direttamente, attorno allidea della liturgia come culto della Chiesa. Tutte per mostrano i limiti di unecclesiologia vecchia, troppo satura di giuridismo ed esclusivamente attenta allelemento gerarchico - istituzionale (magistero ordinario), cui compete il compito di ordinare e regolare il culto cristiano.

2.2. Odo Casel (1886-1948) Delle molteplici linee di riflessione, contenute nel pensiero del Beauduin, nessuno si era preoccupato di approfondire unidea che lo stesso autore aveva presentato con una certa ampiezza, anche se poi non vi aveva insistito, e cio che nella liturgia della Chiesa sempre presente e sempre si rinnova la realt soprannaturale dellopera di salvezza compiuta da Cristo. Senza un diretto riferimento al pensiero del Beauduin, e procedendo per vie del tutto proprie, sar questo laspetto centrale della riflessione del benedettino tedesco di Maria Laach, Odo Casel. Volendo partire ancora dalla definizione della liturgia come culto della Chiesa potremmo dire che Casel interessato piuttosto alla prima parte. Che cosa intendere per culto in contesto cristiano? Qual la struttura cristiana della mediazione sacramentale? Come per Beauduin, anche per Casel esiste un testo sintetico in cui sono raccolte le linee maestre del suo pensiero. Esso porta il titolo emblematico Il mistero del culto cristiano11. Partendo da una rigorosa formazione filologica sulla classicit greca e latina Casel fu condotto a interessarsi delle antiche fonti liturgico - patristiche. Cos egli scopr che in questi testi lazione liturgico - sacramentale della Chiesa era normalmente designata con i termine mysterion (alla greca) o sacramentum (alla latina). Persuaso che il lin11

Loriginale tedesco del 1932. La prima traduzione italiana, con una interessante prefazione dellabate Marsili del 1966: CASEL ODO, Il mistero del culto cristiano = Le idee e la vita 28, Borla, Torino 1966, pp. 227. Per un approccio generale al pensiero di Casel, il recente e ottimo lavoro di BOZZOLO ANDREA, Mistero, simbolo e rito in Odo casel. Leffettivit sacramentale della fede = Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 30, Libreria Editrice Vaticana, Roma - Citt del Vaticano 2003, pp. 417.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com guaggio delle antiche fonti liturgico - patristiche non potesse essere interpretato al di fuori della cultura e dellambiente in cui era stato forgiato, egli si rivolse a uno studio attento di quelle forme cultuali del mondo ellenistico conosciute con il nome appunto di culti misterici. Tale studio, attuato come premessa a una miglior comprensione dellimpiego del termine mistero / sacramento in ambito cristiano, provoc al Casel molte incomprensioni ed opposizioni. Oggi possiamo valutare con pi equilibrio la parte che questo riferimento culturale ha giocato nellelaborazione della sua teoria misterica, affermando che le sue intuizioni pi feconde vengono pi dalla sua conoscenza dei Padri che dallanalisi del mondo cultuale dei misteri, cui pure si dedicato con interesse. Raccogliendo molto sinteticamente la sua intuizione fondamentale, possiamo affermare che - per Casel - tre sono le dimensioni che concorrono a determinare essenzialmente la realt misterica: 1) il riferimento a un evento primordiale di salvezza (mitico o storico) che precede; 2) la sua ripresentazione in forma rituale; 3) il rinnovarsi della sua efficacia salvifica, mediante la forma rituale della sua ripresentazione. Risulta evidente che il culto cristiano, realizzandosi nella forma del mistero, non tanto unazione delluomo che cerca il contatto con Dio (concetto naturale di religione), quanto un momento dellazione salvifica di Dio sulluomo (concetto rivelato di religione). Casel definisce perci la liturgia lazione rituale dellopera salvifica di Cristo, la presenza, sotto il velo dei simboli, dellopera divina della redenzione. La liturgia non dunque solo una istituzione voluta da Cristo, che la Chiesa conserva con fedelt, ma la continuazione rituale del mistero di Cristo nei gesti e nelle parole messe in atto dalla Chiesa. Nella liturgia lavvenimento stesso della salvezza viene reso presente e attivo per gli uomini di ogni luogo e tempo per cui la liturgia pu dire con verit oggi Cristo nato - oggi Cristo risorto. Di conseguenza ogni azione liturgica momento della e nella storia della salvezza. Inserendo il mistero del culto cristiano nel mistero di Cristo, che costituisce il punto darrivo e la realt stesso dellintera rivelazione, il Casel fa della liturgia un momento sempre attualizzatore della medesima rivelazione e conferisce alla liturgia un posto centrale nella teologia.

2.3. La sintesi della Mediator Dei (1947) Accanto a questa maturazione teologica, per la quale la liturgia torna ad essere compresa come il mistero cultuale di Cristo e della Chiesa - espressione di Casel - il Movimento Liturgico andava lentamente maturando una serie di indicazioni sul versante della spiritualit sacerdotale e laicale e sul versante dellazione catechetico - pastorale, atte a suscitare una pi attiva e consapevole partecipazione alla liturgia, e cominciava a prospettare lesigenza di una vera e propria riforma degli ordinamenti liturgici e delle celebrazioni rituali allinsegna della semplificazione e dellaggiornamento (non ultimo in ordine di importanza appariva ormai il cambiamento della lingua nella liturgia). Tutti questi fermenti erano seguiti con attenzione, e qualche volta con preoccupazione dalla Santa Sede, in ragione anche di alcune intemperanze o estremismi. Il periodo della guerra sembr congelare un poco il cammino del movimento liturgico, ma nel 1947, in modo abbastanza inatteso, Pio XII eman lenciclica Mediator Dei, la prima dal concilio di Trento il cui oggetto specifico fosse la liturgia, illustrata nella sua origi-

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ne, nel suo significato e nella sua importanza per la vita della Chiesa e per la sua azione pastorale12. Essa si muove su due registri complementari: da una parte il tentativo di dare una sintesi dottrinale del problema liturgico sia sul piano della teologia, sia sul piano dellecclesiologia; dallaltra la preoccupazione di mettere in guardia da posizioni dottrinali e pratiche insostenibili, perch - cito testualmente contaminate da errori che toccano la fede e la dottrina ascetica. Tra le posizioni dottrinali o pratiche in questione possiamo almeno mezionare: Laffermazione che i fedeli godano di poteri sacerdotali (lenciclica non user mai lespressione sacerdozio comune o universale dei fedeli e neppure user mai il concetto di assemblea celebrante); La riprovazione delle messe che si celebrano in privato e senza lassistenza del popolo (lenciclica contrappone a una istanza liturgico - pastorale che vedeva nella messa con il popolo la forma tipica e pi espressiva della celebrazione eucaristica una visione dogmatico - essenzialistica per cui non in nessun modo richiesto per la validit e la funzione pubblica e sociale della celebrazione, che il popolo ratifichi ci che fa il sacro ministro); Il rifiuto di celebrare lEucaristia se il popolo cristiano non si accosta alla mensa divina e laffermazione che la santa comunione, compiuta dal sacerdote e dal popolo, sia quasi il culmine di tutta la celebrazione (anche qui lenciclica oppone una visione dogmatico - essenzialista: La santa comunione appartiene allintegrit del sacramento e alla partecipazione ad esso, ma assolutamente necessaria solo al ministro sacrificatore, mentre ai fedeli soltanto da raccomandarsi vivamente); Le nuove teorie sulla piet oggettiva, le quali vorrebbero trascurare o attenuare la piet soggettiva o personale, cio le altre pratiche religiose non strettamente liturgiche (lenciclica riconosce come ottimi i principi che vengono esposti per recuperare la piet oggettiva, vale a dire una spiritualit liturgicamente centrata, ma dichiara del tutto false, insidiose e dannosissime le proposte di ridurre certe pratiche di piet personali. Lenciclica tenta qui un equilibrio difficile: da una parte, mantenere intatto e anzi rialzare il valore della liturgia, ma, dallaltra, riaffermare la validit di tutte le altre forme di piet soggetiva o personale. Parlo di equilibrio difficile, perch, dal punto di vista storico, abbiamo dovuto costatare come molte spinte a una vita devota pi soggettiva e personale sono state di fatto un tentativo di supplire presso i fedeli al vuoto lasciato da una liturgia non compresa e dunque inefficiente sul piano propriamente spirituale); Il temerario ardimento di coloro che introducono nuove consuetudini liturgiche o fanno rivivere riti gi caduti in disuso (tutto questo non dichiarato male in linea di principio, ma piuttosto in linea pratica, per la ragione cio che in campo liturgico nulla lecito fare senza il giudizio e lapprovazione della sede apostolica. Con questa stessa motivazione vengono riprovati coloro che tentano di usare il volgare nella celebrazione eucaristica. Non si esclude in assoluto la possibilit dellutilizzo del volgare nella liturgia, ma si rimette la decisione alla sede apostolica). Pur tenendo conto di questo sfondo polemico - apologetico dellenciclica, innegabili sono gli aspetti positivi, che sanciscono un vero progresso nella conoscenza della liturgia, imponendo allattenzione generale, e in modo autorevole, certi elementi che la ri12

Il testo in Enchiridion delle encicliche 6. Pio XII (1939-1958), Dehoniane, Bologna 1995, pp. 442577.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com flessione teologico - liturgica andava acquisendo in ambienti sempre pi vasti. Va ascritto a merito di questa enciclica la scelta di guardare alla liturgia su un piano direttamente teologico. In tal modo Pio XII pu subito rigettare come non vera e non esatta nozione di liturgia tanto quella che la riduce a parte solo esterna e sensibile del culto divino o a cerimoniale decorativo di esso, quanto quella secondo cui la liturgia una mera somma di leggi e precetti con cui lautorit gerarchica della Chiesa regola il compimento dei riti. La presa di posizione della Mediator Dei estremamente netta. Una considerazione solo esterno - estetica o giuridico - rubricale della liturgia non rende ragione della sua vera natura. Se si pensa che le due concezioni considerate insufficienti erano le uniche rappresentate dalla scienza ecclesiastica del tempo, si pu valutare appieno la portata dellaffermazione dellenciclica. Denunciate queste letture insufficienti, la Mediator Dei propone una lettura della liturgia che si avvicina al pensiero del Beauduin: la liturgia come il mezzo principale dato alla Chiesa per continuare lesercizio sacerdotale di Cristo, anzi lesercizio in atto del suo stesso sacerdozio. Cristo infatti fin dal momento della sua incarnazione si rivel al mondo nella sua qualit di sacerdote, offrendo se stesso al Padre fino al sacrificio cruento della croce e volle che il culto da lui presentato e istituito nella sua vita terrena non venisse mai a mancare in mezzo agli uomini. Per questo volle lasciare alla sua Chiesa non solo il potere di insegnare e di governare, ma anche quello di santificare, affinch la Chiesa diventasse ogni giorno di pi un tempio santo, nel quale la Maest divina ricevesse un culto gradito e legittimo. Da qui la definizione di liturgia data dalla Mediator Dei: Essa il culto pubblico che il nostro Redentore, capo della Chiesa, presta al Padre celeste e che la comunit dei fedeli presta al suo fondatore e per mezzo di lui al Padre... La liturgia il culto pubblico totale del corpo mistico di Cristo: capo e membra. Questa linea di riflessione porta lenciclica a riconoscere come valida la dottrina di Beauduin e di Casel circa la presenza personale di Cristo in ogni atto liturgico: Insieme con la Chiesa, in ogni azione liturgica presente Cristo, divino fondatore di essa", anche se si rifiuta il modo incerto e nebuloso con cui alcuni autori recenti ne parlano (sembra qui rifiutata la spiegazione misterica della presenza di Cristo nella liturgia, avanzata da Casel). La nota pi interessante della Mediator Dei resta comunque il fatto che la presenza di Cristo nella liturgia viene posta in stretta relazione con la presenza della Chiesa nella liturgia, in modo che la liturgia risulta essere veramente lazione cultuale unitaria del capo e del corpo in una simbiosi - osmosi totale: la Chiesa in e per mezzo di Cristo e Cristo nella e per mezzo della Chiesa. Naturalmente anche nella liturgia vige la dipendenza della Chiesa dal suo Signore per cui la liturgia primariamente culto di Cristo in forza dello Spirito santo al Padre e per partecipazione e in fase esecutiva culto della Chiesa: essa il culto stesso di Cristo partecipato e trasmesso alla Chiesa. Una conseguenza che la Mediator Dei non consider, ma che avrebbe potuto considerare con il supporto di una riflessione ecclesiologica pi matura, che la liturgia culto della Chiesa non in quanto essa societ giuridicamente perfetta [(e dunque dotata di strutture rituali che la visibilizzano), ma in quanto corpo mistico di Cristo. La presenza di Cristo sacerdotalmente attiva nella Chiesa non in forza della dimensione pubblica - esterna della Chiesa, ma in forza della sua ontologia misterica. Si possono cos

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com mettere in evidenza, nellanalisi della Mediator Dei, anche alcuni elementi di irresolutezza: La presentazione, fatta dalla Mediator Dei, della liturgia come culto pubblico non riesce a liberarsi appieno dai limiti di uno schema concettuale, utilizzato per secoli, ma culturalmente datato. Nella societ antica il popolo riferiva la sua origine e la sua esistenza a una determinata divinit. Da qui la religione pubblica degli antichi, nella quale il calendario religioso condizionava totalmente la vita civile. Lidentificazione tra Chiesa e societ, avvenuta dalla tarda epoca patristica in poi, port alla lettura della liturgia come religione pubblica di quella particolare societ che la societas cristiana, tout court identificata con la Chiesa. Ora chiaro che, se si vuole continuare a parlare della liturgia come culto pubblico, non ci si pu pi fondare su categorie concettuali che, volenti o nolenti, rispecchiano una data figura storica del rapporto Chiesa - societ, ma occorre prendere le mosse dalla riscoperta natura misterico - sacramentale della Chiesa. Il nesso che intercorre tra liturgia e storia della salvezza, gi intravisto dal Beauduin e pi ampiamente assunto nella riflessione caseliana, non trova ancora adeguata comprensione. Lenciclica parla di una presenza degli atti salvifici di Cristo [i misteri di Cristo] nella liturgia, e dunque di un nesso tra storia della salvezza e liturgia, ma sembra non andare al di l di una loro presenza a modo di esempio [spiegazione psicologica: essi si imprimono nelle facolt interiori delluomo credente come avviene in una meditazione] e secondo leffetto prodotto [spiegazione morale: la grazia scaturita in quellevento giunge a noi in occasione delle celebrazioni cristiane per i meriti di Ges Cristo]. Il discorso viene ovviamente affrontato nella trattazione dei principi che regolano la retta comprensione dellanno liturgico: Lanno liturgico non una fredda e inerte rappresentazione di cose del tempo passato, n un semplice e nudo ricordo di cose daltri tempi, ma al contrario Cristo stesso, che perdura nella sua Chiesa, continuando il cammino della sua immensa misericordia... affinch gli uomini possano venire a contatto dei suoi misteri e cos, in certo modo, vivere per mezzo di essi. Se in queste parole sembra legittimo ritrovare leco della lettura dellanno liturgico, proposta da Odo Casel, il prosieguo del testo tende a smorzare la forza delle affermazioni precedenti: Questi misteri sono continuamente presenti e operanti non in quella maniera incerta e oscura di cui parlano alcuni moderni, ma perch... sono esempi illustri di perfezione cristiana e fonte di grazia divina per i meriti e lintercessione del Redentore. La spiegazione del modo di presenza dei misteri di Cristo nella liturgia offerta dallenciclica, non riesce in tal modo a dare piena ragione della valenza misterico - sacramentale dellintero anno liturgico e di ogni suo segmento. La sostanziale diffida della teologia del sacerdozio comune e universale dei fedeli, sempre pi indicata nella riflessione del Movimento Liturgico come la ragione teologica capace di sopportare un pieno recupero della partecipazione attiva, consapevole e quindi fruttuosa da parte dei fedeli allazione liturgica. Dopo aver definito la liturgia come il culto pubblico totale del Corpo mistico di Cristo, capo e membra, lenciclica prosegue affermando che la Chiesa postula una gerarchia la quale soltanto ha un vero potere sacerdotale.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Se ne deduce che la liturgia viene esercitata principalmente dai sacerdoti in nome della Chiesa e dunque si proibisce luso del termine concelebrazione per indicare la partecipazione del popolo alla liturgia. La liturgia appartiene alla Chiesa - corpo dei fedeli solo in quanto in nome di essa viene esercitata dai sacerdoti e dagli altri ministri della Chiesa. Si fa lesempio dellofferta che i fedeli fanno di se stessi in unione al sacrificio di Cristo offerto allaltare, durante la messa e si afferma: necessario spiegare chiaramente al vostro gregge, venerati fratelli, come il fatto che essi prendano parte al sacramento eucaristico non significhi tuttavia che essi godano di poteri sacerdotali. Lapprodo conciliare e il cammino della riforma dopo il concilio

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La Mediator Dei non fu, come poteva sembrare dal tono delle sue argomentazioni, lepilogo della vicenda del Movimento Liturgico, bens il prologo di una nuova stagione liturgica. Tra il 1951 e il 1961, anno dindizione del concilio ecumenico Vaticano II, assistiamo infatti a una serie di interventi del magistero pontificio nellambito della liturgia che, anzich chiudere la questione, accelerarono i tempi di un suo ripensamento complessivo 13: Nel 1951 la veglia pasquale, per secoli celebrata con scarso rilievo rituale ed ecclesiale il sabato santo mattino, fu ricollocata nel suo giusto contesto temporale e, nel 1955, fu promulgato il nuovo rito generale della Settimana santa. Tutto era ancora in lingua latina, ma i giorni del triduo pasquale tornavano a essere il cuore pulsante di tutto lanno liturgico; Nel 1958 fu emanata unistruzione vaticana sulla Musica sacra e la sacra liturgia, nella quale si tentava di affrontare in termini nuovi il tema della partecipazione attiva dei fedeli al canto durante le solenni azioni liturgiche, e nel 1960 vide la luce il nuovo codice delle rubriche, con con una serie di semplificazioni rubricali, seguito da nuove edizioni tipiche del Breviario (1961) e del Messale (1962). Qualunque sia stato lintento di questo nuovo codice delle rubriche, esso non imped che la questione liturgica fosse totalmente ripensata nellambito del concilio ecumenico Vaticano II. In vista dellassise conciliare erano state infatti istituite, il 5 gennaio 1960, alcune commissioni preparatorie, tra le quali la commissione per la liturgia, con il compito di approntare un primo schema di costituzione sulla sacra liturgia da sottoporre alla discussione dei padri sinodali. Tale schema, trasmesso alla segreteria del concilio allinizio di febbraio del 1962, fu approvato nel luglio 1962 da papa Giovanni XXIII e inviato a tutti i padri sinodali insieme agli altri schemi di costituzioni e di decreti dei quali si sarebbe discusso nelle future sessioni conciliari. Il concilio fu inaugurato l11 ottobre del 1962 e la costituzione conciliare sulla sacra liturgia (Sacrosanctum Concilium) fu solennemente promulgata il 4 dicembre 1963 dopo essere stata votata a larghissima maggioranza. Lo schema proposto in partenza era stato in pi parti ampiamente superato, sia sotto il profilo dei principi teologico - pastorali posti a fondamento della riforma liturgica, sia per ci che concerne lampiezza e i
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BRAGA CARLO, La riforma liturgica di Pio XII. Documenti 1. La Memoria sulla riforma liturgica = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 128, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 2003, pp. 800.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com modi della stessa riforma liturgica prospettata. stratetico lascolto in proposito del n. 21: Affinch pi sicuramente il popolo cristiano possa avere labbondanza di grazie nella sacra liturgia, la santa madre Chiesa desidera fare unaccurata riforma generale della liturgia stessa. Infatti la liturgia consta di una parte immutabile, perch di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o anche devono variare, qualora in esse si fossero insinuati elementi meno rispondenti allintima natura della stessa liturgia, o si fossero resi meno opportuni. In tale riforma, occorre ordinare i testi e i riti in modo che esprimano pi chiaramente le sante realt che significano, e il popolo cristiano, per quanto possibile, possa capirle facilmente e parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria. Perci il sacro concilio ha stabilito le seguenti norme di carattere generale. 3.1. La struttura della Sacrosanctum Concilium Come ho gi accennato allinizio del nostro percorso di studio, Sacrosanctum Concilium si apre con un proemio, cui seguono sette capitoli. Il numero dei capitoli e la loro disposizione in sequenza sono gi un messaggio importante. Al primo posto stanno i principi direttivi generali, sia per una comprensione teologica della liturgia, sia per una ordinata riforma della stessa. Vengono poi presentati i diversi segmenti della liturgia cattolica con particolare attenzione agli elementi da riformare. Linsieme di questi segmenti ci permette di fare il punto su ci che nellodierna coscienza della Chiesa rientra sotto il nome complessivo di liturgia: eucaristia, sacramenti e sacramentali, liturgia delle ore, anno liturgico. Non si pu capire la presente vita liturgica delle nostre comunit senza conoscere almeno per sommi capi larticolazione interna di questa prima costituzione conciliare. Il proemio Sacrosanctum Concilium si apre con un proemio (nn. 1-4), nel quale i padri conciliari dichiarano in modo esplicito lintento primariamente pastorale della loro riflessione riguardante la liturgia e la totale relativit della riforma liturgica al bene pastorale e spirituale dei fedeli: Il sacro concilio si propone di far crescere ogni giorno di pi la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamento; di favorire ci che pu contribuire allunione di tutti i fedeli in Cristo; di rinvigorire ci che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa. Ritiene quindi di doversi interessare in modo speciale della riforma e dellincremento della liturgia (SC, n. 1). Parlare di intento primariamente pastorale significa anzitutto riconoscere che in questa costituzione il termine liturgia non una nozione previa e astratta, applicata a priori alle diverse azioni rituali della Chiesa, ma sinonimo di celebrazione liturgica, vale a dire di quel concreto e singolare insieme di riti, preghiere e ministeri, attraverso i quali si attua sacramentalmente lopera della nostra redenzione.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Ne consegue che il momento propriamente teologico di questa costituzione, pi che sviluppare una generica teologia liturgica, come spesso si usa dire, offre una meglio circostanziata teologia della celebrazione liturgica: La liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio delleucaristia, si compie lopera della nostra redenzione, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della Chiesa, che ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realt invisibili, fervente nellazione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e, tuttavia, pellegrina... In tal modo la liturgia, mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa in tempio santo del Signore, in abitazione di Dio nello Spirito, fino a raggiungere la pienezza di Cristo, nello stesso tempo e in modo mirabile irrobustisce le loro forze perch possano predicare il Cristo... (SC, n. 2). Con queste parole definitivamente chiusa lepoca di una considerazione ridotta della liturgia (aspetto rubricale - cerimoniale del culto cristiano) per collocare la celebrazione liturgica nella sua intima connessione con il mistero di Cristo e della Chiesa. Questo non significa disattenzione o disimpegno nei confronti del linguaggio della ritualit e delle norme (ordinamenti liturgici) che lo regolano, ma ripensamento delluno e delle altre in relazione alla natura cristologica ed ecclesiologica della celebrazione cristiana. Il proemio ancora importante per la volont ivi espressa di lasciare aperta la porta alla sopravvivenza e anzi al rinnovamento e allincremento delle tradizioni liturgiche diverse dal rito romano, come ad esempio il rito ambrosiano. Trova infatti qui fondamento la decisione presa dalla Chiesa di Milano nella seconda met degli anni 60 di custodire il proprio rito peculiare (rito ambrosiano), rinnovandolo alla luce dei dettami conciliari: Infine il sacrosanto concilio, in fedele ossequio alla tradizione, dichiara che la santa madre Chiesa considera con uguale diritto e onore tutti i riti legittimamente riconosciuti, e vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati, e desidera che, ove sia necessario, vengano prudentemente riveduti in modo integrale nello spirito della sana tradizione e venga dato loro nuovo vigore secondo le circostanze e le necessit del nostro tempo (SC, n. 4). Il capitolo I (nn. 5-46) Il primo capitolo costituisce il fondamento teologico, liturgico e pastorale dei sei successivi, dettando i principi generali alla luce dei quali riformare e incrementare la sacra liturgia della Chiesa. Il procedimento interno di questo capitolo piuttosto lineare: a) Identificazione previa della natura della liturgia (SC, nn. 5-13), non a partire da una definizione filosofica o religionista di culto, ma muovendo piuttosto dal dinamismo storico-salvifico della rivelazione cristiana, dinamismo che ha la sua continua attualit proprio nellazione liturgico-sacramentale. In riferimento a questi numeri, bench non abbiano la pretesa di essere una trattazione organica ed esauriente del mistero del

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com culto cristiano, la riflessione liturgica successiva ha tracciato le linee maestre di una vera e propria teologia liturgica14. b) Messa a tema della necessit teologica, pastorale e spirituale della partecipazione di tutti i fedeli e urgente richiesta di unopera di educazione liturgica dei fedeli, perch tale partecipazione venga realmente incrementata (SC, nn. 14-20). Decisivo lascolto del n. 14: La madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di acquisto (1Pt 2, 9; cf. 2, 4-5), ha diritto e dovere la forza del battesimo. A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nella riforma e nellincremento della liturgia: essa infatti la prima e per di pi necessaria sorgente dalla quale i fedeli possano attingere uno spirito veramente cristiano; e perci i pastori danime, in tutta la loro attivit pastorale, devono cercarla assiduamente attraverso unadeguata formazione. Ma poich non si pu sperare la realizzazione di ci, se gli stessi pastori danime non sono penetrati per primi dello spirito e della forza della liturgia, e non ne diventano maestri, perci assolutamente necessario dare il primo posto alla formazione liturgica del clero. Sono importanti gli aggettivi usati per identificare il tipo di partecipazione delle celebrazioni liturgiche cui i fedeli sono chiamati: piena, cio integrale, comprendente tutte le dimensioni e le facolt (spirituali, psichiche e fisiche) della vita del singolo credente e del credente inserito nel concerto della comunit; consapevole, cio aperta alla comprensione sempre pi profonda di quanto avviene nel rito celebrato e ancor pi nel mistero di cui il rito liturgico grembo fecondo; attiva, cio capace di intervenire in tutte quelle parti che sono proprie dei fedeli laici, in dialogo con lesercizio ministeriale della presidenza sacerdotale. E tutto questo non per qualche tipo di concessione, ma perch richiesto dalla natura stessa della liturgia come diritto / dovere dei fedeli in forza del battesimo. Viene dallurgenza di ridare spazio alla partecipazione dei fedeli la decisione di riforma dei testi e dei riti. Si pone al servizio della partecipazione dei fedeli la sollecita preoccupazione per la formazione liturgica dei fedeli e dei pastori, anzi del clero perch sia poi il tramite della formazione liturgica dei laici. La centralit del tema della partecipazione verr ribadita in modo specifico quando, nel capitolo II, si passer a trattare della riforma dell ordinamento liturgico della messa: Perci la Chiesa volge attente premure affinch i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma, comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino allazione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano istruiti nella parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo lostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino a offrire se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo mediatore siano perfezionati nellunit con Dio e tra di loro (cf Cirillo Alessandrino), di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti. Perci, affinch il sacrificio della
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Il rinvio ovviamente al capitolo I del nostro corso, pp. 10ss.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com messa raggiunga la piena efficacia pastorale anche nella forma dei riti, il sacrosanto concilio, in vista delle messe celebrate con partecipazione di popolo, specialmente la domenica e le feste di precetto, stabilisce quanto segue (SC, nn. 48-49). Il nuovo avverbio piamente approfondisce il concetto di partecipazione piena, ponendo in risalto la necessaria qualit spirituale della piet o devozione, che in buona sostanza costituita dallattivazione delle tre virt teologali della fede, della speranza e della carit15. c) Alla luce della natura teologica della liturgia e della conseguente necessit di incrementare una piena partecipazione liturgica dei fedeli i nn. 21-40 introducono le norme (generali e particolari) per unaccurata riforma generale della liturgia. Si affrontano i temi dei soggetti cui compete regolare la sacra liturgia (n. 22) e della metodologia da seguire nel lavoro di riforma (nn. 23-25). Vengono poi indicate le norme derivanti - dalla natura gerarchica e comunitaria della liturgia (nn. 26-32); dalla natura didattica e pastorale della liturgia (nn. 33-36); - dalla natura culturale (relazione allindole e alle tradizioni dei popoli) della liturgia (nn. 37-40). Ribadito con forza che regolare la sacra liturgia compete unicamente allautorit della Chiesa (sede apostolica e vescovo) (cf SC, n. 22), due sono i criteri metodologici messi particolarmente in evidenza. In primo luogo necessario che le nuove forme scaturiscano in maniera in qualche modo organica da quelle gi esistenti (SC., n. 24). La riforma liturgica non parte da zero e non cancella il passato. Piuttosto lo valorizza a tal punto da far cogliere che nulla di ci che autentica tradizione della fede celebrata viene abbandonato e il nuovo risulta essere lo sviluppo e il perfezionamento organico dellantico. In secondo luogo necessario che venga promossa quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura, che attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali (SC, n. 25). La riforma liturgica riporta in primo piano il circolo virtuoso che da sempre intercorre tra la bibbia e la liturgia (vedi lattestazione concorde delle tradizioni liturgiche doriente e doccidente) e lo rilancia in forme pi incisive per promuovere nei fedeli una pi diretta e profonda conoscenza delle Sacre Scritture. Sar ancora il capitolo II a declinare in modo pi preciso questo progetto per quanto riguarda leucaristia celebrata nel corso dellanno liturgico: Affinch la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti pi largamente i tesori della bibbia, di modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la parte migliore della sacra scrittura (SC, n. 51). Una prima serie di criteri di riforma vengono fatti derivare dalla natura gerarchica e comunitaria della liturgia (SC, nn. 25-32). Poich mai le azioni liturgiche sono azioni private, ma sempre appartengono allintero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano, le celebrazioni comunitarie con la presenza e la partecipazione dei fedeli sono sempre da preferirsi alle celebrazioni individuali (cf SC, n. 27).
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LOrdinamento generale del Messale Romano (2004) recita al n. 18: Si potr ottenere davvero questo risultato (la fruttuosit della celebrazione eucaristica nota mia), se, tenuto conto della natura e delle altre caratteristiche di ogni assemblea liturgica, tutta la celebrazione verr ordinata in modo tale da portare i fedeli a una partecipazione consapevole, attiva e piena, esteriore e interiore, ardente di fede, speranza e carit.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Ne consegue che i nuovi libri liturgici dovranno curare che le rubriche prevedano in modo chiaro ed esplicito le parti dei fedeli (cf SC, n. 31); ne consegue ancora che, tranne gli onori dovuti alle autorit civili, le assemblee liturgiche dovranno evitare qualsiasi preferenza di persone private o di classi sociali (cf SC, n. 32). La portata pratica di queste due indicazioni era incalcolabile. I fedeli laici tornavano a essere parte viva e attiva dellazione liturgica e veniva ridisegnato in senso comunionale e fraterno il volto delle assemblee liturgiche. Una seconda serie di criteri di riforma vengono fatti derivare dalla natura didattica e pastorale della liturgia, cio dal fatto che bench sia principalmente il culto della maest divina, la sacra liturgia contiene anche una ricca istruzione per il popolo fedele (SC, n. 33). Ne consegue un criterio di revisione dei riti liturgici dove spiccano i concetti di nobile semplicit, brevit in vista della chiarezza e inutili ripetizioni. Ne consegue anche e qui abbiamo uno dei temi pi spinosi una prima apertura alla lingua volgare. il famoso n. 36, ai 1 e 2, che merita di essere ascoltato nella sua formulazione letterale: Luso della lingua latina, salvo un diritto particolare, sia conservato nei riti latini. Dato per che, sia nella messa sia nellamministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado luso della lingua volgare pu riuscire assai utile per il popolo, si possa concedere a essa una parte pi ampia, e specialmente nelle letture e nelle monizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme che vengono fissate per i singoli casi nei capitoli seguenti. Come si pu vedere la mens conciliare non era quella di un uso indiscriminato del volgare, ma di una salvaguardia del latino e di una prudente apertura a qualche parte in lingua volgare. Sar solo uninterpretazione larga di questa seconda parte a segnare di fatto nella prima attuazione della riforma una svolta complessivamente pro volgare. Rester per importante il fatto che ledizione ufficiale di tutti i libri liturgici romani (tecnicamente editio typica) continuer a essere in latino e che le edizioni nelle varie lingue dei popoli devono esemplarsi su quella ufficiale latina16. Unultima serie di criteri di riforma vengono fatti derivare dalla natura culturale della liturgia (il suo legame con lindole e le tradizioni dei popoli). il capitolo della riforma riguardante, sia le legittime diversit e i legittimi adattamenti rituali ai vari gruppi, regioni, popoli soprattutto nelle missioni, salva la sostanziale unit del rito romano (cf SC, n. 38), sia il pi profondo adattamento della liturgia allindole e alle tradizione dei popoli che prevede un vero e proprio processo di inculturazione (= ammissione nel culto divino cattolico di elementi culturali non direttamente cristiani)17. d) I nn. 41-42 sottolineano con molta forza il legame privilegiato che intercorre tra Chiesa locale (diocesi-parrocchia) e liturgia.

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Nel 2001 la Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti ha dedicato la Quinta Istruzione applicativa di Sacrosanctum Concilium (Liturgiam Authenticam) al tema Luso delle lingue vernacole nelle edizioni dei libri della Liturgia romana. Il testo in Enchiridion Vaticanum 20. Documenti ufficiali della Santa Sede 2001, Dehoniane, Bologna 2004, nn. 363-533. Nel 1994 la Congregazione del Culto Divino e della Disciplina dei Sacramenti ha dedicato la Quarta Istruzione applicativa di Sacrosanctum Concilium (Varietates Legitimae) al tema La liturgia romana e linculturazione. Il testo in Enchiridion Vaticanum 14. Documenit ufficiali della Santa Sede 1994-1995, Dehoniane, Bologna 1997, nn. 66-157.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com e) I nn. 43-46 presentano infine una serie di nuovi organismi ecclesiastici da promuovere a livello nazionale o diocesano per avviare, sviluppare e coordinare una pi efficace pastorale liturgica. Il capitolo II (nn. 47-58) Con il capitolo secondo hanno inizio le trattazioni monografiche, ossia le indicazioni di riforma per i singoli segmenti dellazione liturgico - sacramentale della Chiesa, spesso precedute da unessenziale, quanto preziosa, chiarificazione teologica. Si parte dal mistero eucaristico, sacrificio della messa e culto eucaristico extra missam, che lazione liturgica per antonomasia. Viene anzitutto affermata la priorit della celebrazione eucaristica con concorso di popolo e si danno una serie di direttive per la riforma dellordo missae, per la concelebrazione e per la recezione delleucaristia sotto le due specie. Ancora esitante lapertura allintroduzione della lingua viva. Il capitolo III (nn. 59-82) Il capitolo terzo riguarda le indicazioni di riforma degli altri sacramenti e sacramentali, in primo luogo i sacramenti delliniziazione cristiana (battesimo, confermazione), quindi il rito della penitenza, dellestrema unzione che torna a essere denominata anche e meglio unzione degli infermi (cf SC, n 73), i riti di ordinazione, il rito del matrimonio, le benedizioni, il rito della consacrazione delle vergini, il rito della professione religiosa e i riti esequiali. Il capitolo IV (nn. 83-101) Il capitolo quarto dedicato alla revisione e alla riforma della preghiera oraria della Chiesa (liturgia delle ore) o ufficio divino. La pertinenza originaria di questa preghiera di lode e di supplica allintera Chiesa locale (vescovo, presbiteri, diaconi, laici), il ritorno alla verit dei tempi per la celebrazione delle varie ore e lo stretto legame tra ufficio divino e azione pastorale presiedono alle indicazioni di revisione generale del breviario. Il capitolo V (nn. 102-111) Il capitolo quinto d le indicazioni essenziali per una revisione globale dellanno liturgico e del calendario, riportando in piena luce la centralit della celebrazione pasquale settimanale (la domenica) e annuale e riequilibrando la celebrazione delle feste di Maria e delle memorie dei santi lungo lanno. Una parola specifica riguarda il tempo forte della quaresima, recuperato non solo sotto laspetto penitenziale ma anche battesimale. Il capitolo VI (nn. 112-121) Il capitolo sesto affronta la questione della musica sacra e del canto nella liturgia. Viene riservato un posto di grande rilevanza allespressione vocale-musicale nellambito della celebrazione liturgica solenne (il canto sacro, unito alle parole, parte necessaria e integrante della liturgia solenne SC, n. 112). In tal modo non solo bandita una lettura puramente ornamentale ed esteriore della musica sacra, ma 113

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com riportata consapevolmente in primo piano la sua dimensione diaconale e ministeriale (perci la musica sacra sar tanto pi santa quanto pi strettamente sar unita allazione liturgica, sia esprimendo pi dolcemente la preghiera, sia arricchendo di maggiore solennit i sacri riti SC, n. 112). La posizione conciliare circa i soggetti musicali e il repertorio dei canti molto equilibrata. Per i soggetti, da un lato, si danno indicazioni perch in ogni azione sacra celebrata in canto tutta lassemblea dei fedeli possa dare la sua partecipazione attiva ; dallaltro, si chiede che si conservi e si incrementi con somma cura il patrimonio della musica sacra, promovendo con impegno con impegno le scholae cantorum specialmente presso le cattedrali (SC, n. 114). La mens conciliare non massimalista (tutto e solo lassemblea / tutto e solo la schola). Al contrario, il canto liturgico chiamato a comporre insieme la semplicit del canto monodico di tutta lassemblea e larte del canto polifonico della schola. Assemblea e schola (pi i vari soggetti operanti: solisti, animatori, organisti e strumentisti, ecc) svolgono insieme una ministerialit liturgica a servizio della lode di Dio e della santificazione dei fedeli. La schola, quando non esegue il suo repertorio specifico, dovr sostenere il canto dellassemblea e lintera assemblea parteciper al canto della schola con un intenso silenzio di ascolto e di interiorizzazione. Per il repertorio, da un lato, si incentiva il canto religioso popolare in modo che nei pii e sacri esercizi, e nelle stesse azioni liturgiche possano risuonare le voci dei fedeli (SC, n. 118); dallaltro, si ribadisce che la Chiesa riconosce il canto gregoriano come proprio della liturgia romana: perci nelle azioni liturgiche, a parit di condizioni, gli si riservi il posto principale, aggiungendo che gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dai divini uffici, purch rispondano allo spirito dellazione liturgica (SC, n. 116). Il capitolo VII (nn. 122-130) Il capitolo settimo infine attento alla questione dellarte sacra e della sacra suppellettile, dal momento che lazione liturgica ha la caratteristica di attirare a s lespressione artistica dellingegno umano e di orientarla in senso contemporaneamente dossologico e didascalico. La nuova visione della liturgia propugnata dal concilio e gli orientamenti di riforma da essa scaturiti impongono una revisione dei criteri costruttivi degli edifici di culto e un intervento di adattamento di quelli gi esistenti: Nella costruzione poi degli edifici sacri ci si preoccupi diligentemente che siano idonei a consentire lo svolgimento delle azioni liturgiche e la partecipazione attiva dei fedeli (SC, n. 124). Origina qui la nuova normativa per gli edifici di culto cattolico che ha cambiato il volto delle nostre chiese nellultimo trentennio 18. Tale normativa, unita alla ricerca artistica in campo architettonico e iconografico, intende favorire una ripresa della cura degli edifici di culto che unisca funzionalit liturgica, elaborazione simbolica e qualit estetica allaltezza della tradizione bimillenaria della Chiesa.

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Per la Chiesa italiana CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, La progettazione di nuove Chiese. Nota pastorale (1993), in Enchiridion Cei 5. 1991-1995, Dehoniane, Bologna 1996, nn. 1329-1463; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Ladeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica. Nota pastorale (1996), in Enchiridion Cei 6. 1996-2000, Dehoniane, Bologna 2002, nn. 187-310.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 3.2. La riforma postconciliare A pi di quarantanni dalla chiusura del concilio la storia della riforma liturgica a norma dei decreti del concilio Vaticano II esigerebbe di essere ripercorsa sotto diversi profili: - la promulgazione dei nuovi libri liturgici; - limpatto del rinnovamento liturgico nella vita delle comunit e nella percezione esterna alle comunit secondo i diversi ambiti toccati: formazione e partecipazione dei fedeli, formazione dei pastori ed esercizio della presidenza, formazione ed esercizio della ministerialit laicale, impiego della musica e canto, progettualit architettonica e artistica, ecc; - lo scarto tra il progetto e la realizzazione ancora in fieri. Rinviando per il secondo e terzo punto a qualche lettura dei bilanci tracciati in occasione dei vari anniversari della costituzione conciliare19, sviluppiamo qui in esplicito solo il primo punto. La promulgazione dei nuovi libri liturgici Allindomani della solenne approvazione della Sacrosanctum Concilium si mise in movimento il lavoro di revisione dei libri liturgici per arrivare alle nuove editiones typicae a norma dei decreti del concilio Vaticano II. Nella prima fase (dal 1964 al 1970) Paolo VI incaric per questo il Consilium ad exequendam Constitutionem de sacra Liturgia. Dal 1970 in poi il lavoro ritorn direttamente nelle mani della Congregazione del Culto Divino. Dallelenco che segue, nel quale si segnalano solo le cose principali e pi importanti, si pu facilmente constatare che il grosso del lavoro della riforma dei libri liturgici romani occupa gli anni che vanno dalla fine del concilio (1965) allinizio del pontificato di Giovanni Paolo II (1978). A partire da quella data si nota un rallentamento nella produzione dei libri liturgici ancora mancanti e un certo incremento delle seconde edizioni tipiche, ordinate alla correzione, al rifacimento o allo sviluppo delle prime. La terza edizione tipica del Messale Romano (2002) apre forse una terza fase, pi attenta a precisare la forma celebrativa e la disciplina liturgica cui attenersi. Le edizioni italiane nella prima fase hanno seguito in tempi brevi la pubblicazione tipica latina, operando una semplice traduzione del testo originale. Con ledizione del Benedizionale del 1992 si potuto notare un maggior lavoro di adattamento al contesto italiano. In parallelo la Chiesa di Milano ha curato ledizione dei principali libri liturgici ambrosiani direttamente in italiano, adottando per quelli mancanti i libri liturgici romani.
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Nel 25o anniversario (1988) papa Giovanni Paolo II ha offerto a tutta la Chiesa un bilancio in certo modo ufficiale con le indicazione per il futuro cammino nella Lettera Apostolica Vicesimus Quintus Annus. Il testo in Enchiridion Vaticanum 11. Documenti ufficiali della Santa Sede, Dehoniane, Bologna 1991, nn. 1567-1597. In occasione del 30o anniversario: NOCENT ADRIEN, Liturgia semper reformanda. Rilettura della riforma liturgica = Liturgia e Vita 4, Qiqajon, Comunit di Bose. Magnano (BI) 1993, pp. 162. In occasione del 40o anniversario: Liturgia, fonte e culmine. A 40 anni dalla Costituzione sulla Sacra Liturgia. Atti della 54a Settimana Liturgica Nazionale. Acireale, 2529 agosto 2003, a cura di CENTRO AZIONE LITURGICA = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Sectio Pastoralis 24, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 2004, pp. 203; Spiritus et sponsa. Atti della Giornata commemorativa del XL della Sacrosanctum Concilium. Roma, 4 dicembre 2003, a cura della CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Libreria Editrice Vaticana, Roma-Citt del Vaticano 2004, pp. 389; FALSINI RINALDO ET ALII, 40 anni. Sacrosanctum concilium. Attese, resistenze, delusioni, prospettive, Queriniana, Brescia 2003, pp. 56; VALENZIANO, CRISPINO, La riforma liturgica del Concilio. Cronaca, teologia, arte = Studi e ricerche di Liturgia, Dehoniane, Bologna 2004, pp. 170.

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- per la santa messa


* Preceduta nella seconda met degli anni 60 da una fase sperimentale del nuovo ordo missae, nel 1970 a quattro secoli esatti dalla prima edizione postridentina fu promulgata ledizione tipica latina del Messale Romano. Nel 1975 ci fu la seconda edizione con ritocchi e aggiunte e nel 2002 la terza edizione. Per la Chiesa italiana la sequenza fu: 1973 (prima edizione);1983 (seconda edizione); in fase di preparazione la terza edizione. Per la Chiesa ambrosiana il Messale Ambrosiano ha conosciuto una prima edizione nel 1976 e unedizione aggiornata nel 1990. * Nel 1970, al Messale Romano si accompagn il Lezionario Romano in 6 volumi (festivo, feriale I, feriale II, santi, messe rituali, messe per varie necessit e votive), che conobbe una seconda edizione nel 1981. Per la Chiesa italiana la sequenza stata 1972 (prima edizione); 1982 (seconda edizione); 2008-2010 (terza edizione, con la nuova versione italiana del testo biblico). Per la Chiesa ambrosiana ci fu inizialmente ladozione del Lezionario Romano, salvo che per i tempi forti (Il Lezionario Ambrosiano sperimentale per i tempi forti fu edito nel 1976). Nel 2008 stato promulgato (ed entrato in vigore) il Lezionario Ambrosiano per lanno liturgico (7 volumi) e nel 2010 stato promulgato (ed entrato in vigore) il Lezionario Ambrosiano per la celebrazione dei santi (2 volumi)20. * Per il caso specifico della messa con i fanciulli fu pubblicato nel 1973 un direttorio generale, cui si ispirarono le varie Conferenze Episcopali per la pubblicazione di un Ordinario e di un Lezionario della messa con i fanciulli. Per la Chiesa italiana tale doppia pubblicazione risale al 1976. * In occasione dellanno mariano straordinario (1986/1987) sono stati pubblicati la raccolta delle Messe della beata Vergine Maria e il rispettivo Lezionario, che vanno a costituire un complemento del Messale e del Lezionario Romano e Ambrosiano. La traduzione italiana uscita praticamente in simultanea con ledizione tipica latina. * Nel 1975 esce la seconda edizione tipica del Graduale simplex per il canto gregoriano nella liturgia eucaristica a norma dei decreti del concilio Vaticano II. Nel 1979, per le edizioni di Solesmes, esce il Graduale triplex. Nel 2001 la Chiesa di Milano edita lAntiphonale Missarum simplex, seguito nel 2005 dallAntiphonale missarum (complex) per lesecuzione del canto ambrosiano nella celebrazione eucaristica postconciliare.

- libri liturgici per celebrare i sacramenti e i sacramentali a uso dei PRESBITERI (Rituale)
* Nel 1969 esce ledizione tipica latina del Rito del battesimo dei bambini. L edizione italiana dellanno successivo. Nel 1972 esce ledizione tipica latina del Rito delliniziazione cristiana degli adulti. Ledizione italiana del 1978. * Nel dicembre del 1973 esce ledizione tipica latina del Rito della Penitenza. L edizione italiana dellanno successivo. * Nel dicembre del 1972 esce ledizione tipica latina del Rito dellunzione e della cura pastorale degli infermi. Ledizione italiana del 1974. Nel 1993 La Chiesa di Milano ha pubblicato il sussidio liturgico-pastorale I sacramenti per gli infermi che riprende ledizione romana con lintegrazione di alcuni elementi ambrosiani. * Nel 1969 esce la prima edizione tipica latina del Rito del Matrimonio. La seconda sar nel 1990. Ledizione italiana della prima tipica del 1975; per ledizione italiana della seconda tipica bisogner aspettare il 2004 e, con la nuova versione italiana della Bibbia, il 2008. La Chiesa di Milano ha accompagnato questultima edizione italiana con un Direttorio per luso
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Se ne veda la presentazione al Cap. IX.

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del Rito del Matrimonio nella liturgia ambrosiana (2006). Nel 2010 stato pubblicato il Sussidio liturgico-pastorale per le comunit di Rito Ambrosiano, che integra nel testo CEI, le indicazioni date con il Direttorio. * Nel 1973 esce ledizione tipica latina del Rito della Comunione fuori della Messa e Culto eucaristico. Ledizione italiana del 1979. La Chiesa di Milano ha pubblicato il medesimo libro liturgico secondo il rito ambrosiano nel 1984. * Nel 1969 esce ledizione tipica latina del Rito delle Esequie. Ledizione italiana del 1974. La Chiesa di Milano ha pubblicato il medesimo libro liturgico secondo il rito ambrosiano nel 1977 e ne ha curato una ristampa aggiornata (soprattutto sulla questione delle esequie precedute o seguite dalla cremazione) nel 2002. * Nel 1984 esce ledizione tipica latina del Benedizionale (la raccolta di tutti i riti di benedizione). Ledizione italiana del 1992. * Nel 1999 esce ledizione tipica latina del Rito degli esorcismi. Ledizione italiane del 2001. * Nel 2001 esce la prima edizione tipica latina del Martirologio romano, seguita nel 2004 dalla seconda edizione. Ledizione italiana del 2004.

- libri liturgici per celebrare i sacramenti e i sacramentali a uso dei VESCOVI (Pontificale)
* Nel 1971 esce ledizione tipica latina del Rito della Confermazione. Ledizione italiana del 1972. * Nel 1968 esce la prima edizione tipica latina dei Riti di ordinazione del Vescovo, dei Presbiteri e dei Diaconi. La seconda sar nel 1989. Ledizione italiana della prima tipica del 1979; ledizione italiana della seconda tipica del 1992. * Tra il 1970 e il 1972 esce ledizione tipica latina dellIstituzione dei ministeri, della Consacrazione delle Vergini e della Benedizione abbaziale. Ledizione italiana del 1980. * Nel 1970 esce ledizione tipica latina del Rito della Professione religiosa. Ledizione italiana del 1975. * Tra il 1970 e il 1977 esce ledizione tipica latina della Benedizione degli oli e della Dedicazione della chiesa e dellaltare. Ledizione italiana del 1980. * Nel 1984 esce ledizione tipica latina del Cerimoniale dei Vescovi, che finora non ha avuto ledizione italiana.

- libri liturgici per celebrare lufficio divino


* Nel 1971 esce la prima edizione tipica latina della Liturgia delle Ore in 4 volumi. Segue nel 1985 la seconda edizione. Ledizione italiana, sempre in 4 volumi, del 1976. La Chiesa di Milano ha pubblicato il medesimo libro liturgico secondo il rito ambrosiano, in 5 volumi negli anni 1983-1984.

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APPENDICE IL MOTU PROPRIO SUMMORUM PONTIFICUM DI BENEDETTO XVI


Il 7 luglio 2007 Benedetto XVI ha firmato la Lettera Apostolica, motu proprio data, Summorum Pontificum sulluso della liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970, fissandone al successivo 14 settembre lentrata in vigore. Il documento pontificio stato accompagnato da una Lettera di presentazione ai Vescovi di tutto il mondo dello stesso Santo Padre; uninterpretazione autorevole della Lettera Apostolica per dissipare i due timori che a questo documento si opponevano pi direttamente: - Che venga intaccata lAutorit del Concilio Vaticano II, mettendo in dubbio una delle sue decisioni essenziali, vale a dire la riforma liturgica; - Che si ingenerino disordini o addirittura spaccature nelle comunit parrocchiali. Tale Lettera indica infine un tempo e un metodo di verifica degli effetti del Motu Proprio: Vi invito, cari Confratelli, a scrivere alla Santa Sede un resoconto sulle vostre esperienze, tre anni dopo lentrata in vigore di questo Motu Proprio. La Summorum Pontificum, con la Lettera esplicativa del Santo Padre, enuncia alcuni criteri di carattere generale, ai quali consegue una normativa per disciplinare la prassi ecclesiale. Qualche criterio generale Il Missale Romanum promulgato da Paolo VI nel 1970, e di recente (2002) ripubblicato in terza edizione da Giovanni Paolo II, va inteso come lespressione ordinaria, ma non unica, della lex orandi (legge della preghiera) della Chiesa cattolica di rito latino. La prima parte dellaffermazione (espressione ordinaria) rappresenta una solenne conferma da parte del Santo Padre della piena autenticit e legittimit della riforma liturgica attuata a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II, sia nelle sue linee teologiche portanti, sia nel dettaglio dei testi, dei riti e delle preghiere che la compongono. La seconda parte (non unica), apre lo spazio a quella che il Motu Proprio chiama una espressione extraordinaria della stessa lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino, e cio il Missale Romanum promulgato da san Pio V nel 1570 e assunto secondo ledizione voluta dal beato Giovanni XXIII nel 1962, nella quale avvenivano alcune semplificazioni rubricali. Merita di essere annotato che luno e laltro sono messali romani in lingua latina per luso liturgico, con la differenza che quello promulgato da Paolo VI ha conosciuto tante versioni ufficiali nelle lingue parlate quanto sono state le Conferenze Episcopali che ne hanno fatto richiesta alla Santa Sede, mentre quello promulgato da san Pio V non ha conosciuto versioni ufficiali in altre lingue e perci, nella vulgata giornalistica, diventato tout court il messale latino. Anche la dicitura di rito latino usata dal Motu Proprio, che di per s potrebbe rinviare a diverse tradizioni liturgiche latine, ricondotta subito dopo dalla Summorum Pontificum al suo alveo specifico: Queste due espressioni della lex orandi della Chiesa sono infatti due usi dellunico Rito romano. 118

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Tenendo conto che il Missale Romanum promulgato da Paolo VI ha accolto in s gran parte del Missale Romanum promulgato da san Pio V (nelledizione del beato Giovanni XXIII), integrandolo con elementi liturgici, sia provenienti dalla tradizione liturgica del primo millennio, sia esemplati su quella, ci si pu ragionevolmente domandare il senso preciso delluso del Missale Romanum del 1962 come forma extraordinaria della Liturgia della Messa. La risposta data dal Santo Padre nella Lettera di presentazione duplice: aiutare unermeneutica conciliare della continuit della tradizione, superando quella spesso propagandata dai media e da qualche teologo della rottura; venire incontro a coloro che, senza negare il carattere vincolante del Concilio Vaticano II, restano fortemente legati a questo uso del Rito romano e aprire contemporaneamente ogni spazio disponibile alla riconciliazione allinterna alla Chiesa (vedi in specifico auspicato ritorno degli appartenenti alla Fraternit di San Pio X alla piena unit con il Successore di Pietro). Detto in altro modo: la possibilit di celebrare la messa secondo lordinamento, i testi e il cerimoniale del Missale Romanum del 1962 va guardata come un positivo contributo per tutti i fedeli alla comprensione secundum traditionem del Missale Romanum promulgato da Paolo VI e come un positivo contributo al superamento delle difficolt che si frappongono alla piena unit con il Successore di Pietro da parte del movimento lefevriano. Una normativa pratica Dalle premesse finora considerate consegue la liceit di celebrare la santa Messa secondo il Missale Romanum promulgato nel 1962 dal beato Giovanni XXIII, regolata da una normativa pratica nuova che supera e ingloba le regole dellIndulto del 1984 e della Lettera Apostolica, motu proprio data, Ecclesia Dei del 1988. Il primo caso contemplato quello riguardante le Messe celebrate senza il popolo. data discrezione al singolo sacerdote cattolico di rito latino, sia secolare che religioso, di scegliere con quale dei due messali romani celebrare, senza dover richiedere alcun permesso e non si pu impedire ai fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volont di assistere a tali celebrazioni. Il secondo caso quello delle Messe conventuali o comunitarie delle comunit degli Istituti di vita consacrata e delle Societ di vita apostolica. Anche in questo caso la scelta discrezionale delle stesse comunit e solo per una celebrazione abituale o permanente con il Missale Romanum del 1962 occorre che la decisione sia presa dai Superiori maggiori. Pi articolata la normativa riguardante la richiesta da parte dei fedeli di celebrare con il Missale Romanum del 1962. Nelle parrocchie il referente il parroco, mentre nelle chiese non parrocchiali n conventuali, il referente il Rettore della Chiesa. La fattispecie pi importante quella di parrocchie in cui esiste stabilmente (continenter) un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica. Tutte queste condizioni insieme (gruppo, stabilit, parrocchialit e legame alla tradizione liturgica preconciliare) rendono possibile laccoglienza della richiesta da parte del parroco. A queste condizioni si aggiunge la sapiente osservazione fatta dal Santo Padre nella Lettera di presentazione: Luso del Messale antico presuppone una certa misura di formazione liturgica e un accesso alla lingua latina; sia luna che laltra non si trovano tanto di frequente. Gi da questi presupposti concreti si vede chiaramente che il nuovo Messale rimarr, certamente, la forma ordinaria del Rito romano, non soltanto a causa

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com della normativa giuridica, ma anche della reale situazione in cui si trovano le comunit di fedeli. A corollario di quanto disciplinato circa la liceit di celebrare con il Missale Romanum del 1962 viene introdotta: - la facolt data al parroco di concedere la licenza di usare il rituale pi antico nellamministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dellUnzione, se questo lo consiglia il bene delle anime; la facolt data agli Ordinari di celebrare il sacramento della Confermazione usando il precedente antico Pontificale Romano; - e la liceit data ai chierici di usare il Breviario Romano promulgato dal beato Giovanni XXIII nel 1962. Rimane sottinteso che anche in questi casi, per analogia con il caso del Missale Romanum, si ammette, insieme alla forma ordinaria del Rituale, del Pontificale e del Breviario Romani, quella extraordinaria della liturgia romana precedente la riforma conciliare. Quali infine le istanze dappello? La Summorum Pontificum introduce a questo punto la figura del Vescovo diocesano come istanza dappello per un gruppo di fedeli laici che non abbia ottenuto soddisfazione alle sue richieste da parte del parroco e affida alla Commissione Pontifica Ecclesia Dei, eretta da Giovanni Paolo II nel 1988, lesercizio dellautorit della Santa Sede in ordine alla vigilanza sullosservanza e lapplicazione di queste disposizioni. Orientamenti diocesani La diocesi di Milano da sempre di Rito ambrosiano, pur contemplando al suo interno alcune parrocchie di Rito romano. Operando nella piena comunione della fede cattolica e nella piena unit con il Successore di Pietro, il Rito ambrosiano da oltre un millennio custodisce la sua specifica tradizione attraverso ledizione dei propri libri liturgici, che - nella prassi a noi pi vicina - curata dalla Congregazione del Rito Ambrosiano, approvata dal Cardinale Arcivescovo quale Capo Rito ed riconosciuta ufficialmente dalla Sede Apostolica. Cos avvenne con i Vescovi Carlo Borromeo e Gaspare Visconti dopo il Concilio di Trento, cos hanno fatto i Vescovi Giovanni Colombo e Carlo Maria Martini dopo il Concilio Vaticano II; nelluno e nellaltro caso operando sempre con lesplicito consenso della Sede Apostolica e in dialogo fecondo con la concomitante riforma dei libri liturgici romani. Questa relazione profonda tra Rito romano e Rito ambrosiano, pur nella distinzione delle due tradizioni liturgiche, fa s che gli interventi della Sede Apostolica riguardanti il Rito romano vengano sempre attentamente considerati anche nella Chiesa di Rito ambrosiano per verificarne le eventuali ricadute. Cos avvenuto nel 1984 per lo speciale Indulto Quattuor abhinc annos, emesso dalla Congregazione per il Culto Divino; cos avviene ora per il Motu Proprio Summorum Pontificum. Nel primo caso ci fu una Lettera della Congregazione del Rito Ambrosiano al Vicario Episcopale della Citt di Milano in data 31 luglio 1985. Essa, dopo aver affermato in partenza di non ritenere opportuna lemanazione di un indulto particolare riguardante la celebrazione della Messa con luso dellantico nostro Messale, suggeriva che nel caso di richiesta di gruppi di fedeli, si potessero fare concessioni ad experimentum, in analogia con quanto stabilito nellIndulto di Sua Santit Giovanni Paolo II relativamente alluso del Messale Romano del 1962. Fu indentificata una chiesa in Mila-

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com no (San Rocco al Gentilino) dove con frequenza al massimo settimanale era data facolt di celebrare in lingua latina usando il Messale Ambrosiano plenario del 1954. A seguito della Summorum Pontificum e prima della sua entrata in vigore, in data 24 agosto 2007, il Vicario Episcopale per lEvangelizzazione e i Sacramenti e Pro Presidente della Congregazione del Rito Ambrosiano ha inviato un Comunicato a tutti i sacerdoti della Diocesi per offrire un primo orientamento pratico. Il testo di tale Comunicato distinto in due parti, luna dedicata alle parrocchie e comunit di Rito romano presenti in Diocesi, laltra dedicata alle parrocchie e comunit di Rito ambrosiano. La distinzione risulta doverosa e necessaria per la diversa implicazione delle due condizioni rituali. Per le parrocchie e comunit di Rito romano il Motu Proprio pontificio entra in vigore secondo le modalit ivi stabilite. Il Comunicato si permette solo di ricordare che, rispetto ad altri contesti ecclesiali, la porzione romana della Diocesi non ha evidenziato dal 1984 (anno dellIndulto) a oggi situazioni di particolare tensione o rischi di rottura dellunit ecclesiale a causa della riforma liturgica. Le celebrazioni con il Messale Romano promulgato da Paolo VI sono state accolte con favore dai fedeli e hanno alimentato la loro normale vita di fede e la loro preghiera. In altre parole, luso del Missale Romanum promulgato da Paolo VI stato finora veicolo di profonda comunione ecclesiale e di crescita spirituale. La controprova data dallassenza di gruppi stabili di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica. Nessuna preclusione a tali gruppi, ma anche la dovuta constatazione della loro assenza. Per le parrocchie e comunit di Rito ambrosiano vengono invece confermate le indicazioni date ad experimentum al Vicario Episcopale per la Citt di Milano il 31 luglio 1985. Viene confermata la prudente concessione di uno spazio per la celebrazione secondo il Missale Ambrosianum anteriore alla riforma liturgica, verso il quale convogliare le eventuali richieste di fedeli in questo senso21.

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Dallavvento 2008 tre sono le chiese in cui si celebra la messa secondo il rito extra-ordinario ambrsiano: la chiesa di San Rocco al Giambellino in Milano; la chiesa di SantAmbrogio in Legnano e la chiesa di San Giuseppe a Induno Olona (VA).

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CAPITOLO VII LANNO LITURGICO: NOTE INTRODUTTIVE


Il termine anno liturgico, oggi universalmente utilizzato nel linguaggio ecclesiastico occidentale, entr a poco a poco nel linguaggio comune della Chiesa grazie allopera di Prospero Guranger (1805-1875)1. Con questa nomenclatura laccento posto decisa- mente sul momento liturgico - celebrativo (testi e riti) dei tempi e delle feste cristiani, per il cui tramite la Chiesa ricondotta ai misteri della vita del Signore e ne attinge tutta lefficacia salvifica. Lanno liturgico perci, anzitutto, lanno del Signore o lanno della salvezza nel senso che la Chiesa, nel ciclo annuale delle sue feste, rivive liturgicamente, in modo quasi-sacramentale, i principali misteri della vita del Signore, di Maria e dei Santi, attingendo dalla loro celebrazione la realt viva della propria santificazione.

1.

La definizione conciliare di anno liturgico

Il Concilio Vaticano II (1962-1965), e la successiva riforma del Calendario romano e ambrosiano (1969 / 1976), consacreranno definitivamente luso di questa terminologia come - almeno per ora - la pi adeguata a esprimere lessenza e il senso della realt in gioco. Una sorta di primo abbozzo di definizione perci rintracciabile in SC 102, l dove si afferma che La santa madre Chiesa considera suo dovere celebrare con sacra memoria, in determinati giorni nel corso dellanno, lopera salvifica del suo sposo divino. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, fa la memoria della resurrezione del Signore, che una volta allanno, unitamente alla sua beata passione, celebra a pasqua, la pi grande delle solennit. Nel ciclo annuale poi presenta tutto il mistero di Cristo, dallincarnazione e nativit fino allascensione, al giorno di pentecoste e allattesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli i tesori di potenza e di meriti del suo Signore, cos che siano resi in qualche modo presenti in ogni tempo, perch i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza. Laccento della definizione conciliare va sulle espressioni celebrare con sacra memoria, fare memoria, ricordare, presentare il mistero. cos che, in analogia con il funzionamento sacramentale (parola, eucaristia, preghiera ecclesiale), e proprio grazie ad esso, viene rimessa in primo piano la qualit memoriale del tempo liturgico e la sua straordinaria efficacia in ordine allincontro dei fedeli con la grazia della salvezza. Ancora un poco incerta resta invece la modalit specifica con cui tutto ci avviene: da un lato, sembra che il tempo liturgico, nella sua scansione annuale, i tesori di potenza e di meriti di Cristo, racchiusi nei misteri della redenzione che, come tali rimangono passati; dallaltra, sembra che il tempo liturgico, in qualche modo fa presenti a noi gli stessi misteri della redenzione con il loro carico di grazia e di salvezza. Nelluno come nellaltro caso la qualit memoriale dellanno liturgico cristiano appa- re in forte continuit con la qualit memoriale dellanno liturgico ebraico, che
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GURANGER PROSPERO, Lanne liturgique 15 Voll., Paris 61902-1907.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com viene cos a costituire il presupposto necessario, anche se non sufficiente (manca infatti della singo- larit di Cristo e della sua Pasqua), della sua comprensione. quanto intende esprimere l abate Salvatore Marsili, commentanto il testo conciliare: Lanno liturgico cristiano si presenta organizzato come un ciclo annuale dei misteri di Cristo e delle feste di Maria e dei Santi, che degli stessi misteri di Cristo sono la concreta realizzazione nella Chiesa... In certo senso dunque lanno liturgico cristiano dipende essenzialmente da Cristo, dal quale non pu essere in alcun modo distaccato. Ma se si considera la sua organizzazione almeno a livello di struttura essenziale, si deve riconoscere che lanno liturgico cristiano si inserisce profondamente in quello ebraico. Come infatti il cristianesimo si sviluppato dal terreno di fede dellebraismo, cos molte delle sue strutture liturgiche essenziali altro non sono che uno sviluppo di quelle preesistenti nellAntico Testamento, di modo per che il culto cristiano diventa di esse il compimento - adempimento, nel senso che il loro contenuto soteriologico, solo adombrato e figurato nellAntico Testamento, divenuto realt e verit2. 2. La formazione e la struttura globale dellanno liturgico

Lanno liturgico appare dunque a prima vista come una complessa organizzazione di feste, ossia di giorni caratterizzati da una celebrazione liturgica di determinati avvenimenti della vita di Cristo, con laggiunta, tra luno e laltro, del ricordo festivo di Maria e dei Santi. Linsieme di queste celebrazioni disposto secondo il succedersi dei giorni nei mesi dellanno, ma in realt i giorni del mese, come tali, legano prevalentemente con la commemorazione dei santi (il proprio dei santi o santorale), mentre gli avvenimenti della vita di Cristo (i misteri del Signore) legano piuttosto con il ritmo dei tempi stagio- nali (il proprio del tempo): - il ciclo inverno - primavera (pars hiemalis); - il ciclo estate - autunno (pars aestiva). Di queste due parti, la prima assegnata principalmente al mistero di Cristo per la Chiesa, la seconda al mistero della Chiesa in Cristo. La celebrazione del mistero di Cristo per la Chiesa racchiude in inverno il tempo dellavvento-attesa (6 o 4 settimane prima di Natale) e dellavvento-manifestazione (Na-ale, Epifania, Battesimo di Cristo), e nella primavera il tempo della preparazione alla Pasqua (Quaresima) e quello della Pasqua-Pentecoste (Triduo pasquale-Tempo pasquale). La celebrazione del mistero della Chiesa in Cristo occupa invece tutta lestate e buona parte dellautunno ed il tempo in cui la Chiesa, frutto del Mistero di Cristo, attende alla propria maturazione (tempo per annum; per gli ambrosiani, tempo dopo Pentecoste) e loda Dio per quei suoi membri eccelsi, santa Maria e tutti Santi, nei quali la maturazione spirituale si compiuta in modo eminente e definitivo. Tutto questo complesso, abbastanza armoniosamente organizzato, non tuttavia il frutto di unidea o di un progetto preliminare. Esso piuttosto lesito, per altro ancora aperto, di un lento processo di maturazione e di sviluppo che, prendendo le mosse dalle parole eucaristico-istitutive di Cristo fate questo in memoria di me, giunge a una precisa e articolata forma storica, qual quella dellattuale calendario liturgico, diversificato
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MARSILI SALVATORE, Teologia liturgica: anno liturgico, [pro manuscripto], Roma 1977, p. 20.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com secondo le diverse tradizioni liturgiche doriente e doccidente, ma convergente sui nuclei fondamentali. Poich non possiamo studiare analiticamente le singole sezioni dellanno liturgico, diamo qui uno sguardo sintetico sulla formazione dellanno liturgico cristiano, dal suo nucleo germinale (la celebrazione della Pasqua) alle sue successive espansioni. eredit ebraica Nella strutturazione del calendario festivo ebraico i ritmi stagionali e la loro relazione al lavoro umano (agricoltura e pastorizia) giocavano un ruolo determinante. Pasqua / Azzimi, Pentecoste, Tende, anche nella pi profonda rilettura teologica della corrente deuteronomista (feste di alleanza), rimasero saldamente ancorate al loro sostrato cosmico - naturalistico. Anche nella strutturazione del calendario festivo cristiano continua a essere in primo piano la valorizzazione dei ritmi stagionali, sia in continuit con le principali feste ebraiche (Pasqua e Pentecoste), sia in una pi libera creativit liturgica, e sotto linflusso di diverse interferenze culturali (per es. la collocazione del natale del Signore dopo il solstizio dinverno [25 dicembre] e del natale del Battista, dopo il solstizio destate[24 giugno]). Va notato che, proprio questa dipendenza dalla strutturazione stagionale, conserver alle grandi solennit della Pasqua e della Pentecoste, e ai tempi e alle feste loro connessi (quaresima e tempo pasquale; Ascensione, Santissima Trinit, Corpus Domini, ecc), la caratteristica della mobilit. In Israele il ritorno ebdomadario del sabato, che chiudeva e compiva la settimana, era la struttura portante dellanno religioso, liturgico e sociale insieme. Ogni otto giorni la festa del sabato interrompeva il ritmo delle attivit produttive e poneva al centro della vita del popolo dIsraele lopera buona della creazione e lopera ancora pi eccellente della liberazione dalla schiavit. Anche se la domenica cristiana non immediatamente giustificabile come sostituzio- ne della pratica giudaica del sabato3, di tale pratica, e della sua scansione temporale, essa vive come di uneredit indelebile. Infine, il computo del giorno ebraico da sera a sera e il duplice sacrificio quotidiano che scandiva il culto ufficiale quotidiano, non fu estraneo alla scansione della preghiera cristiana lungo le ore della giornata, con inizio dai primi vespri al tramonto del sole. accenti neotestamentari Esiste nellambito del Nuovo Testamento un tendenziale processo di relativizzazione delle feste del calendario giudaico, senza per altro accedere mai ad una precisa volont di soppressione. Tale processo, radicato nella coscienza dellassoluta novit della fede in Cristo morto e risorto e del culto che a essa consegue, trova le sue espressioni pi chiare nella controversia di Ges con gli scribi e i farisei a proposito del sabato [cf Mt 12, 8; Mc 2, 27; Gv 5, 16.18] e in alcuni passaggi degli scritti paolini,

Presso molte chiese (ad esempio, la chiesa milanese), in epoca patristica, il sabato rimane giorno particolare di festa, accanto alla domenica, che comunque la festa per eccellenza.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com dove lApostolo mette in guardia dal rischio di tornare a confidare, per la propria salvezza, nellosservanza delle istituzioni della legge antica: Nessuno dunque vi condanni pi in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati: tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realt invece Cristo (Col 2, 16); Voi infatti osservate scrupolosamente giorni speciali, mesi, stagioni e anni. Temo per voi che io mi sia affaticato invano a vostro riguardo (Gal 4, 10-11); Il rilievo dato al processo di relativizzazione del calendario giudaico in ambito neotestamentario si accompagna alla constatazione di un influsso, pi o meno accentuato, del calendario giudaico sulla composizione dei Vangeli e, prima ancora, sulla catechesi di cui i Vangeli sono lo specchio fedele. Marco organizzerebbe la sua narrazione da autunno ad autunno, riportando poi in modo autonomo la narrazione della Passione e della Risurrezione in riferimento alla Pasqua giudaica (primavera). Anche Luca farebbe altrettanto, ma con una diversa disposizione di alcuni episodi. Giovanni invece, assumendo lo schema della lettura triennale della Legge in uso nella sinagoga, strutturerebbe tutto il suo vangelo da Nisan a Nisan (febbraio / marzo), passando per tre volte dalla festa di Pasqua. Queste diversit farebbero supporre che ogni narrazione evangelica rispecchi un particolare piano di predicazione, distribuito in un ciclo liturgico annuale (Marco Luca) o triennale (Giovanni), ancora gravitante sul calendario giudaico, anche se di alcune feste (Pasqua, Pentecoste) gi in atto una loro rilettura cristologica. Luso di distribuire le grandi pagine della Legge e dei Profeti nelle solennit liturgiche ebraiche sarebbe ripreso in chiave cristiana e darebbe ragione della dipendenza dei vangeli dal calendario giudaico4. presente infine nel Nuovo Testamento una linea di rinnovamento dellanno liturgico giudaico nella direzione della singolarit cristologica: le antiche feste giudaiche di Pasqua e di Pentecoste racchiudono una realt storico salvifica nuova; vengono creati momenti festivi nuovi, in primo luogo la domenica, per dire e fare nella Chiesa il senso dellassoluta novit dellevento di Cristo. quadro sintetico dellevoluzione storica Nella linea, contemporaneamente, della relativizzazione delle feste giudaiche e del loro rinnovamento in senso originalmente cristiano non meraviglia che nel suo momento germinale lanno liturgico cristiano appaia sostanzialmente come un semplice susseguirsi di domeniche, cui si aggiunge ben presto la celebrazione annuale della Pasqua. La domenica, giorno della memoria del Signore risorto, giorno dellassemblea e dellEucaristia, risulta essere, nel suo ritmo ebdomadario, il nucleo sorgivo e incandescen- te di tutto il complesso organismo festivo cristiano e gode della diretta testimonianza biblica. Celebrata fin da epoca apostolica come giorno dellincontro sacramentale con il Signore risorto, nel sec. IV si arricch della valenza festiva del riposo, recuperando almento in parte la teologia del riposo sabbatico.

Cf ulteriori dati a comprova di questipotesi in TALLEY THOMAS, Le origini dellanno liturgico, Queriniana, Brescia 1991.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com La Pasqua annuale, giorno memoriale e anniversario dellintera vicenda pasquale di Cristo (Passione - morte - risurrezione - ascensione - effusione dello Spirito), forse gi allusa in 1Cor 5,7-8, sicuramente testimoniata dal sec. II. Nata come veglia nella notte, che con una singolare ricchezza teologico - liturgica ricapitolava lintera opera salvifica di Dio culminante nella Pasqua del Figlio suo, essa si svilupp, da una parte, nella cinquan- tina pasquale, da celebrarsi come un solo giorno di festa e culminante nella duplice festa dellAscensione (il 40o giorno) e della Pentecoste (il 50o giorno), e dallaltra soprat- tutto per influsso della prassi gerosolimitana, nel Triduo Pasquale, cio nella celebra- zione analitica e storicizzante degli eventi della passione, morte e risurrezione di Ges. Alla Pasqua annuale gi nel sec. IV troviamo premesso un intenso periodo di preparazione, la Quaresima, strutturato sulla logica degli antichi istituti catecumenale (normal- mente i catecumeni competenti ricevevano i sacramenti delliniziazione durante la veglia pasquale) e penitenziale (i penitenti venivano riammessi alla comunione sacramentale ed ecclesiale il mercoled o il giovedi santo). In relazione diretta con questo grandioso ciclo pasquale che insieme al ciclo delle domeniche costituisce in senso sia storico che teologico, la parte originaria e imprescindi- bile dellanno liturgico cristiano, sta il capitolo del culto dei martiri, di coloro cio che pi di altri sono stati intimamente associati alla Pasqua dolorosa e gloriosa del Maestro. Esso sorge gi durante lepoca apostolica (Giovanni il Battista, Stefano protomartire, ecc), si sviluppa durante la lunga epoca delle persecuzioni (secc. II-III) e costituisce, insieme con il culto degli apostoli e degli evangelisti e dei confessori della fede, il nucleo originale di tutto il santorale. Con la prima met del sec. IV lanno liturgico cristiano subisce una seconda decisiva espansione in quello che possiamo chiamare, dalle due principali solennit, il ciclo natalizio-epifanico o ciclo dellincarnazione, includente la solennit dellottava (il primo gennaio) e le diverse manifestazioni (Battesimo al Giordano, Cana di Galilea, la moltiplicazione dei pani). Pi tardi, a partire dal sec. V, si svilupper in analogia con la Quaresima anche un tempo di preparazione al Natale, il tempo di Avvento, che a Roma si strutturer su quattro settimane, mentre a Milano continuer a distribuirsi su sei settimane. Senza perdere di vista il cuore della redenzione (mistero pasquale) questo ciclo mette in primo piano il mistero dellincarnazione, secondo gli eventi narrati dai vangeli dellinfanzia e dal prologo giovanneo. nellalveo di questo secondo grande ciclo liturgico che emerge una sempre pi ampia attenzione liturgica a Maria santissima, colei che ha partecipato in modo mirabile e unico al compiersi dellincarnazione del Verbo. Dalla festa della Divina Maternit di Maria, la prima festa mariana (met del sec. V) del calendario collocata a Roma il 1o gennaio e a Milano nella VI domenica di Avvento precedesi strutturer un vero e proprio ciclo di feste di Maria5. Tra le feste del primo millennio, patrimonio comune delloriente e delloccidente, si possono ricordare: Annunciazione del Signore (25 marzo); Assunzione (o Dormizione) di Maria (15 agosto); Presentazione di Ges al
5

Cf SARTOR DANILO, Le feste della Madonna. Note storiche e liturgiche per una celebrazione partecipata = Liturgia e Vita, Dehoniane, Bologna 1987, pp. 176; BEINERT WOLFGANG, Il culto di Maria oggi. Teologia - Liturgia - Pastorale = Parola e Liturgia 13, Paoline, Roma 1985, pp. 353.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com tempio e la purificazione di Maria (2 febbraio); Nativit di Maria (8 settembre). Tra le feste del secondo millennio, prevalentemente occidentali, si possono ricordare: Immacolata concezione di Maria (8 dicembre); Visitazione della beata vergine Maria (31 maggio); Presentazione della beata vergine Maria (21 novembre); Maria vergine del Rosario (7 ottobre).

3.

Un approfondimento specifico: la domenica

Sacrosanctum Concilium ha un articolo specifico dedicato alla festa cristiana per eccellenza che la domenica, Pasqua di ogni settimana. Non avendo la possibilit di sviluppare tutti i capitoli dellanno liturgico, facciamo un breve approfondimento proprio sulla domenica. Secondo la tradizione apostolica, che trae origine dal giorno stesso della resurre- zione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente giorno del Signore o domenica. In questo giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea perch, ascoltando la Parola di Dio e parteci- pando alleucaristia, facciano memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Ges, e rendano grazie a Dio che li ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Ges Cristo dai morti. Per questo la domenica il giorno di festa primordiale che deve essere proposto e inculcato alla piet dei fedeli, in modo che divenga anche giorno di gioia e di astensione dal lavoro. Non vengano anteposte a essa altre solennit che non siano di grandissima import- anza, perch la domenica il fondamento e il nucleo di tutto lanno liturgico (SC 106). a) La prima parte argomenta dellesistenza della domenica e del suo radicamento apostolico secondo un procedimento di stampo fenomenologico. Si parte dal rilevamento del fatto per risalire alle sue ragioni di verit storica e teologica. * Listituto domenicale esiste dalla prima epoca apostolica come fatto ecclesiale a scadenza ebdomadaria (la Chiesa celebra... ogni otto giorni). Sono questi i tratti pi visibili ed esterni: la tradizione ininterrotta dalla prima epoca apostolica; limplicazione determinante del soggetto ecclesiale; lassunzione della scansione settimanale del tempo. * Esso trova la sua ragione teologica nel mistero pasquale, di cui celebrazione memoriale. Viene qui precisata la singolarit della domenica cristiana, sia quanto al suo fondamento (essa ha origine dalla Pasqua del Signore), sia quanto al suo esito (essa genera lincontro dei credenti con la Pasqua del Signore e fa di questo incontro la ragione della festa). Viene inoltre dichiarata la necessit costitutiva del momento liturgico-sacramentale, che permette alla domenica di essere memoriale in senso forte. * Esso trova la sua norma nella tradizione degli apostoli, la quale trae origine dal giorno stesso della resurrezione di Cristo. Senza riportare alcuna citazione6, il testo
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Tre sono le citazioni neotestamentarie dirette: At 20, 7 (Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane); 1Cor 16, 2 (Ogni primo giorno della settimana ciascuno metta da parte

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com conciliare riconosce nella prassi della Chiesa apostolica la presenza dellistituto domenicale e in essa ritrova la norma perenne della Chiesa. Gi gli apostoli, cio, hanno celebrato la domenica e a essi risale il comando di continuare a celebrarla ogni otto giorni7. Tale prassi della Chiesa apostolica viene poi correlata al giorno stesso della resurre- zione del Signore, facendone la ragione istitutiva ultima e insuperabile8. Il testo sottolinea perci la congruenza di chiamare questo giorno giorno del Signore (cf Apc 1, 10), in quanto esso affonda le sue radici proprio nel giorno in cui Ges apparso come il Signore risorto. b) La seconda parte si concentra sulle dimensioni costitutive della celebrazione della domenica e sulle sue finalit. * Celebrare la domenica significa anzitutto riunirsi in assemblea liturgica per ascoltare la parola e partecipare alleucaristia, attuando e manifestando lunit della Chiesa attorno al suo Signore. A fronte di una pratica del precetto festivo come assistenza individuale alla messa, la forte e primaria sottolineatura della dimensione ecclesiale-comunitaria appare del tutto intenzionale. La domenica sembra dire il testo conciliare va adeguatamente recuperata come il giorno della comunit cristiana che si edifica e si manifesta come Chiesa del Signore nellascolto della parola e nella frazione del pane. Anche lesplicitazione cos chiara dei due poli della celebrazione (parola pane) dovuta, forse, alla necessit di richiamare lintegralit della partecipazione alla santa messa a fronte di una tendenziale svalutazione (propria di tutta lepoca postridentina) della sua prima parte. La verit teologica della Chiesa convocata dalla parola a celebrare il sacramento pasquale deve tradursi, nella mens conciliare, in modalit nuove di celebra- zione. Esplicitando, infine, le finalit dellassemblea eucaristica domenicale (perch facciano memoria della passione, della resurrezione e della gloria del Signore Ges, e rendano grazie a Dio che li ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Ges Cristo dai morti), il testo conciliare ribadisce con forza la necessit assoluta della celebrazione liturgico-sacramentale per dare senso compiuto al giorno del Signore. * Lassemblea dei fedeli per ascoltare la parola e celebrare la memoria viva della Pasqua considerata ragione sufficiente per fare della domenica un giorno di festa, anzi per fare di essa il giorno di festa primordiale (Per questo la domenica il giorno di festa primordiale che deve essere proposto e inculcato alla piet dei fedeli). La caratteristica festiva della domenica non ha dunque ragioni primariamente
ci che gli riuscito di risparmiare); Ap 1, 10 (Io, Giovanni... rapito in estasi, nel giorno del Signore, udii dietro di me una voce potente). Nellapparizione giovannea del Risorto ai suoi discepoli otto giorni dopo rintracciabile una quasi istituzione della domenica come ritmo festivo cristiano ebdomadario da parte del Signore stesso (Gv 20, 26: Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e cera con loro anche Tommaso. Venne Ges a porte chiuse, si ferm in mezzo a loro e disse: Pace a voi). Per il quarto evangelista, pi esplicitamente che per gli altri, il primo giorno della settimana non solo il giorno della risurrezione e delle prime apparizioni, ma anche il giorno del ripetersi regolare della presenza del Risorto in mezzo ai suoi. Il rimando ai vari racconti pasquali di resurrezione / apparizione del Risorto che, in modo costante concorde nei quattro Vangeli, danno come riferimento temporale il primo giorno dopo il sabato: Cf Mc 16, 9ss; Mt 28, 1ss - Mc 16, 1ss - Lc 24, 1ss - Gv 20, 1ss.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com antropologi- che (il bisogno della festa) o sociologiche (il bisogno del riposo sociale), ma teologiche: la memoria della pasqua, lincontro salvifico con il Signore risorto, il riconoscimento ecclesiale. Essa potr e dovr opportunamente essere vissuta come giorno di gioia e giorno di astensione dal lavoro, sia perch la gioia e il riposo dischiudono la via a una pi autentica esperienza del Risorto, sia perch lesperienza del Risorto riqualifica e porta a maturazione il senso immediato, religioso e civile della festa. Scrive in proposito il liturgista Armando Cuva: Lastensione dal lavoro non fu collegata originariamente con la celebrazione della domenica, ma fu introdotta da una legge emanata da Costantino nel 321 (d. C.) e successivamente fatta propria dalla Chiesa. un elemento secondario della cele- brazione domenicale; ciononostante, ha una grande importanza: tale astensione, infatti, animata dal sentimento di gioia proprio della domenica, oltre che facilitare ai fedeli una serena partecipazione alle azioni liturgiche, permette loro di attendere a qualche attivit apostolica e di concedersi una sana distensione nellambito della famiglia o di pi ampie comunit ecclesiali9. La riflessione del Cuva ripresa e sviluppata pi in profondit dal teologo Adriano Caprioli, ora vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, e dallallora teologo Joseph Ratzinger, ora papa Benedetto XVI. Ascoltiamo luno e laltro: Si profila cos un secondo aspetto della figura della festa, specificamente antropologico, oltre quello sacramentale. La festa domenicale, gi sotto il profilo antropologico, ha un significato particolare. La festa non solo un giorno dopo laltro, il giorno dopo il sabato, ma un altro giorno, un giorno diverso. La diversit del giorno di festa - scrive Guardini - gi avvertita dalla psicologia umana che sente il bisogno di un ulteriore equilibrio alla tensione accumulata nei giorni della settimana, tensione che il riposo al termine di ogni giorno non basta a placare. Rimane un residuo che giorno per giorno cresce e richiede un pi profon- do equilibrio10. Ma il giorno di festa non solo il bisogno di riposo insito nella serie dei giorni e nelloperare umano, ma pi radicalmente il simbolo concreto della mta, dellorizzonte entro il quale iscritta lesistenza umana. Il giorno di festa ha una dignit propria e una ragion dessere oltre il giorno usuale e loperare umano, e non in dipendenza da questultimo, come nel caso della festa intesa come riposo settimanale. La festa per natura espressione di gratuit. Il riposo invece dovuto. Il senso della festa, gi sotto il profilo antropologico, quello di richiamare tutto ci che non dovuto, ma gratuito. Tutta la nostra vita scrive Heschel deve essere come un pellegrinaggio verso il settimo giorno; il pensiero e lapprezzamento di ci che questo giorno pu apportarci dovrebbe essere sempre presente alla nostra mente11. Dare del tempo alla festa senza
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CUVA ARMANDO, La celebrazione del mistero pasquale: domenica e pasqua, in Liturgia opera divina e umana. Studi sulla riforma liturgica offerti a sua eccellenza mons. Annibale Bugnini in occasione del suo 70o compleanno, a cura di JOUNEL PIERRE-KACZYNSKI REINER-PASQUALETTI GOTTARDO = Bibliotheca Ephemerides Liturgicae. Subsidia 26, CLV-Edizioni Liturgiche, Roma 1982, pp. 657-658. GUARDINI ROMANO, La domenica: ieri, oggi e sempre, in Ansia per luomo, Morcelliana, Brescia, 1970, pp. 202-241: 204 HESCHEL ABRAHAM, Il sabato, Rusconi, Milano 1972, p. 131.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com considerarlo in qualche modo sottratto o comunque funzionale alloperare umano gi per se stesso un segno di libert. Tale segno, addirittura, dato il carattere di ripetitivit e di relativa stabilit delle feste, acquista il significato di istituzione di libert. In questo senso listituzione della festa potenzialmente esercita un ruolo critico nei confronti della necessit del progresso tecnico. Scrive testualmente Guardini: Il problema della domenica connesso con un problema che interessa le radici della nostra esistenza. Nasce dalla realt di fatto che luomo moderno ha pagato le enormi realizzazioni scientifiche degli ultimi secoli con perdite della cui portata ci rendiamo sempre pi drasticamente conto; egli diventato un attivista. Si a lungo considerato questo attivismo come un passo in avanti verso i valori superiori e verso pi serie responsabilit morali. Ma ad un numero sempre pi crescente di persone ormai risulta chiaro quanto c di falso in una simile opinione. Senza dubbio molto di grande stato conquistato, ma anche molto di importante andato perduto: tutto ci che va precisamente sotto il nome di valori contemplativi, le forze del silenzio e del raccoglimento, del sapere profondo che affiora dal fondo dellanima, del sentimento capace di cogliere indicazioni e moniti che salgono da zone ben pi interiori della pura ragione o della pura utilit (GUARDINI ROMANO, o. c., pp. 235-236)12. " valso in tutte le culture il principio che la festa presuppone unautorizzazione che i partecipanti alla festa non possono darsi da se stessi. Non si pu decidere di celebrare una festa, essa ha invece bisogno di un fondamento e per di pi oggettivo, che anteriore ai propri desideri. In altri termini: io posso rappresentare la libert quando io sono effettivamente libero (la gioia la rappresentazione della libert nota mia); altrimenti la rappresentazione della libert diventa una tragica auto-illusione. Io posso rappresentare la gioia solo quando il mondo e lumanit danno veramente motivo di rallegrarsi... La festa presuppone lautorizzazione alla gioia; questautorizzazione valida solo se in grado di far fronte alla domanda sulla morte. Proprio per questo la festa ha sempre avuto carattere cosmico e universale nella storia delle religioni: cercava di rispondere alla domanda sulla morte riferendosi alluniversale potenza vitale del cosmo. Ma ora si potr obiettare che nel nostro caso si tratta proprio di ricercare lo spe- cifico cristiano e che non affatto possibile sviluppare lessenza della liturgia cri- stiana dalla storia delle religioni. Ci perfettamente giusto per quel che concerne laffermazione positiva e la struttura della festa cristiana; ma contemporaneamente va da s che linderivabile novit del cristianesimo la risposta alla domanda comune di tutti gli uomini e quindi deve essere riferita a un fondamentale contesto antropologico senza il quale proprio questa verit rester incompresa. Questa novit consiste poi nel fatto che la risurrezione di Cristo d lautorizzazione alla gioia ricercata da tutta la storia e che nessuno era in grado di fornire. Perci la liturgia - eucaristia per sua natura festa della

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CAPRIOLI ADRIANO, Ancora sulla festa, una teologia da fare, La Scuola Cattolica 110 (1982) pp. 182-205: 199-200

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com resurrezione, mysterium paschae. In quanto tale essa porta in s il mistero della croce, che poi lintima premessa della resurrezione13.

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RATZINGER JOSEPH, La struttura della celebrazione liturgica, Communio 41 (1978) pp. 24-34. Ripreso in RATZINGER JOSEPH, La festa della fede. Saggi di teologia liturgica, Jaca Book, Milano 1984, pp. 67-81. Il brano citato stralciato dalle pp. 69-72.

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CAPITOLO VIII LA LITURGIA DELLE ORE: NOTE INTRODUTTIVE


La liturgia delle ore una prassi liturgica propriamente cristiana (orazione della comunit dei credenti in Ges Cristo) e come tale affonda le sue radici nella tradizione apostolica, la quale rimanda a sua volta allesemplarit personale di Cristo e al comando di pregare senza stancarsi, dato ai suoi discepoli. Nelle note seguenti svilupperemo tre piste di ricerca: - i nomi della preghiera liturgica oraria, con particolare attenzione al nuovo nome imposto dal concilio; fenomenologia ed ermeneutica delle ore liturgiche; - teologia e spiritualit della liturgia delle ore1.

1.

I nomi della preghiera liturgica oraria

Ci che oggi chiamiamo Liturgia delle ore conosce anche altre denominazioni, tra le quali ufficio divino e breviario. Dal momento che il vocabolario sempre, in certa misura, strumento di conoscenza e di interpretazione del reale, iniziamo il nostro studio, mettendo a punto il senso della terminologia tradizionale e il senso e la pretesa della nuova terminologia2.

1.1. Ufficio divino il termine che servito a designare pi comunemente nel corso dei secoli fino ad oggi la celebrazione della preghiera ecclesiale coordinata con le ore del giorno. Nell antichit cristiana il termine officium, da opus facere, era applicato in modo generico a tutti gli atti di culto (i sacramenti, i sacramentali e la preghiera oraria) che oggi siamo soliti indicare con la parola liturgia, e ne sottolineava anche la sfumatura giuridica di obbligo, dovere, cosa da farsi. probabile che la sua accezione selettiva, nel senso cio di preghiera liturgica delle ore, abbia prevalso per influsso dellesperienza monastica benedettina, dove la preghiera in coro veniva definita opus Dei (= opera che termina alla gloria di Dio; ma anche, e pi radicalmente, opera che viene da Dio e che prolunga nel tempo quotidiano lazione salvifica (opus salutiferum) di Cristo. Cos, dalla fine del sec. VI, officium divinum e opus Dei diventano il linguaggio ecclesiastico pi usuale per esprimere la preghiera oraria della Chiesa, sia in ambito secolare (ufficio basilicale - ufficio canonicale - ufficio individuale), sia in ambito monasti- co.

Per un approccio globale alla liturgia delle ore romana: PATERNOSTER MAURO, Erano assidui nella preghiera. Riflessione sulla liturgia delle ore = Liturgia. Studi e Sussidi 4, Paoline, Roma 1990, pp. 292; per la liturgia delle ore ambrosiana: NAVONI MARCO, La liturgia delle ore. Storia e spiritualit, Centro Ambrosiano, Milano 2003, pp. 94. Riprendo con libert da PINELL JORDI, Anmnesis 5. Liturgia delle ore, Marietti, Genova 1990, pp. 11-13.

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1.2. Breviario Con linizio del sec. XII, accanto al termine ufficio divino, troviamo anche il termine breviario. Funzionale a indicare il libro liturgico nel quale riportato, abbreviato per luso personale, il complesso dellufficiatura divina corale, esso manifesta un preciso passaggio di mentalit nella Chiesa: dalla celebrazione in coro, quale forma propria e ordinaria dellufficio divino, alla recitazione individuale, cui ogni chierico, religioso o secolare, giuridicamente obbligato in forza della sua professione religiosa o della sua ordinazione. Per molti secoli dire il breviario sar la modalit pi comune di celebrare lufficio divino.

1.3. Liturgia delle ore Il concilio Vaticano II mette la sordina al termine breviario, continua a valorizzare il sintagma ufficio divino, ma inventa un nuovo lessico che la riforma liturgica imporr nel linguaggio ecclesiastico: liturgia delle ore. Questa nuova terminologia: accentua il legame organico della preghiera oraria della Chiesa con il complesso degli atti liturgico - sacramentali (liturgia in senso ampio), in specie con la celebrazione eucaristica; fissa nellorariet (= preghiera di santificazione delle ore del giorno e della notte) lelemento caratteristico e peculiare di questa porzione dellagire liturgico della Chiesa. preghiera liturgica della Chiesa Spetta in modo particolare alla Liturgia delle ore la funzione di condurre i cristiani a una partecipazione progressiva al mistero di Cristo mediante lorazione. Sottolineiamo fin dal principio che la celebrazione dellufficio divino essenzialmente orazione: una ora- zione, programmata dalla Chiesa, ma che deve essere realizzata ogni volta con lapporto del dono di orazione, che ognuno di coloro che prendono parte alla celebrazione pos- siede in forza del battesimo 3. La Chiesa ha istituito, e ha successivamente elaborato, gli schemi e i repertori liturgici dellufficio divino, con lintenzione di obbedire allesortazione del Signore: Occorre pregare sempre, senza stancarsi (cf Lc 18, 1); parola del kerygma evangelico, che uno degli inni della primitiva comunit cristiana (cf 1Ts 5, 15-22) trasform in un quasi - comandamento istitutivo: Pregate senza interruzione (1Ts 5, 17). Come nota Origene di Alessandria (185-254ca), lunico modo possibile di compiere questo precetto procurare che la vita del cristiano diventi essa stessa ununica orazione. I tempi espressamente dedicati alla preghiera le ore appunto diventano necessarie alla Chiesa per fomentare, consolidare e arricchire lhabitus di unorazione costante. Nella composizione dellufficio divino rientrano formulari di vario genere: testi biblici (salmi, cantici, letture); canti biblici elaborati (antifone, responsori); testi poetici (inni); testi eucologici (orazioni - intercessioni - acclamazioni). In ogni tempo si cercato di dare un armonico ordinamento ai formulari per la celebrazione delle ore,
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Cf la regola data da san Benedetto ai suoi monaci: salmodiare in modo che mens concordet voci (la mente concordi con la voce).

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com sfruttando la variet dei generi letterari della liturgia per suscitare una preghiera pi efficace mediante una pi grande ricchezza di toni e di contenuti. Cos nella celebrazione dellufficio divino dovrebbe attuarsi in modo equilibrato la riflessione, la confessione-proclamazione, la lode, la sup- plica e lintercessione. Bench lufficio divino sia, per la sua stessa istituzione, una celebrazione di carattere ecclesiale, sin dagli inizi del monachesimo fu assorbito dai movimenti ascetici dell antichit come un mezzo importante per realizzare lideale della vita religiosa. In tutti i riti, orientali ed occidentali, linflusso dellambiente monastico e degli usi monastici nell ufficio cattedrale stato considerevole. Siccome lufficio divino la parte della liturgia che ogni Chiesa locale si elaborata con la pi grande autonomia, il contributo del monachesimo alla formazione della liturgia delle ore dovrebbe essere visto caso per caso con molte sfumature. In ogni modo si deve affermare, come indicazione generale, che il monachesimo ha influito nella celebrazione della lode ecclesiale, incrementando sempre la dimensione contemplativa, che lufficio divino possiede gi per sua natura. In quanto mezzo indispensabile per fomentare la vita dello Spirito nel cristiano, creando in lui pazientemente lhabitus di unorazione costante, la liturgia delle ore fu stimata sin dallinizio come continuit dentro la Chiesa di una tradizione apostolica, che risaliva allesemplarit personale di Ges Cristo. Da Ges, maestro supremo della preghiera, la comunit cristiana deve imparare il modo di rivolgersi a Dio. Per questo, ogni cristiano deve penetrare nel tesoro insondabile dellamore di Dio, che si manifestato al mondo quando Ges ha donato la sua vita per salvare e redimere lumanit. La liturgia delle ore stata concepita e ordinata come un mezzo per realizzare continuamente questa ricerca. Da Ges il cristiano deve imparare a pregare, esaminando i ricchissimi contenuti del Padre Nostro, lorazione che egli insegn ai suoi discepoli. Alcuni autori mettono in stretto rapporto il Padre Nostro con le ore di preghiera della tradizione cristiana. Essi intendono mostrare, al di l del valore storico - critico dell ipotesi, che tutto ci che va scoperto, sul concetto di orazione, con lanalisi e la meditazione del Padre Nostro, deve essere realizzato in modo esistenziale con la prassi dei momenti tradizionali della preghiera liturgica. orariet e rappresentativit La Liturgia delle ore, come celebrazione della preghiera comune della Chiesa, che attua il comando di Cristo alla preghiera, ha come primo vantaggio quello di fondarsi su un orario stabilito dalla Chiesa. Costituisce ogni volta una chiamata del Signore per mezzo della voce della Chiesa, una pausa nel ritmo della vita, pausa che ci permette di passare dallo stretto momento in cui viviamo alla vasta panoramica della storia della salvezza. Un secondo vantaggio viene dal fatto di essere per sua natura preghiera rappresentativa. La comunit orante, grande o piccola, segno e rappresentanza dellintero popolo di Dio e attua la potenza dintercessione che Dio ha concesso collettivamente alla sua Chiesa. questo uno degli aspetti fondamentali della preghiera oraria della Chiesa, che scaturisce dal cosiddetto sacerdozio universale o comune, cui ogni fedele partecipa in forza del suo battesimo. Per questo la recitazione dellufficio divino stabilita anche come delega della Chiesa a quei cristiani che, per vocazione, assumono

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com uno speciale impegno nello sviluppo del regno di Dio (monaci religiosi chierici laici consacrati). In ogni caso, lobbedienza al precetto di pregare senza interruzione non va incontro soltanto alla necessit personale del cristiano (= vita di piet personale), ma costituisce allo stesso tempo il compimento di una missione per il bene della collettivit ecclesiale.

2.

Le ore liturgiche: i tempi, le motivazioni e i modi della loro celebrazione

Nel riordino postconciliare la Chiesa ha rinnovato pi o meno profondamente i tempi, le motivazioni e i modi della celebrazione delle ore dellufficio divino. Aiutati da Principi e Norme per la liturgia delle ore romana (in sigla IR) e ambrosiana (in sigla IA)4, trattiamo in modo distinto le tre questioni.

2.1. I tempi Con lultima riforma del breviario, la Chiesa latina santifica il giorno e la notte con un ritmo settenario di celebrazioni, che si impernia sui due cardini della preghiera vespertina e mattutina5: I vespri, preghiera liturgica al calare del giorno. Nel rito ambrosiano possono essere I o II. I primi Vespri sono dobbligo, quando si celebra una memoria, una festa o una solennit. Lufficio delle letture, preghiera liturgica raccomandata per santificare le ore notturne, ma adattato in modo che possa essere recitato in qualsiasi ora del giorno (IR, n. 57; IA, n. 59); Le lodi, preghiera liturgica allo spuntare del giorno, possibilmente (ma non obbligatoriamente) a ufficio delle letture gi celebrato; Lora di terza, preghiera liturgica da attuarsi verso le nove del mattino; Lora di sesta, preghiera liturgica da attuarsi verso mezzogiorno; Lora di nona, preghiera liturgica da attuarsi verso le tre del pomeriggio 6; La compieta, preghiera liturgica posta a sigillo dellintera giornata lavorativa, anche dopo la mezzanotte (IR, n. 84; IA, n. 85).

2.2. Le motivazioni Grazie al secondo capitolo della IA (nn. 35-100), in buona parte coincidente con il secondo capitolo della IR, possibile evidenziale la specifica ragione liturgico spirituale di ogni singola ora.

4 5

Il testo riportato nel primo volume della Liturgia delle Ore, sia romana che ambrosiana. Cf IR, n. 37; Cf IA, n. 35. La institutio il testo che disciplina globalmente la celebrazione della liturgia delle ore e. Le tre ore distinte di terza, sesta e nona sono obbligatorie nella recitazione corale, ma sono riducibili a ununica ora durante la giornata (la cosiddetta ora media), al di fuori di essa.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com vespri I vespri si celebrano quando si fa sera e il giorno ormai declina (Lc 24, 29), per rendere grazie di ci che nel medesimo giorno ci stato donato o con rettitudine abbiamo compiuto (BASILIO MAGNO, Regole trattate diffusamente). Con lorazione che innalziamo come incenso davanti al Signore e sacrificio della sera (Sal 140, 2) ricordiamo anche la nostra redenzione. E questo si pu intendere, con un significato pi spirituale, dellautentico sacrificio vespertino: sia di quello che il Signore e Salvatore affid nellora serale, agli apostoli durante la cena, quando inaugur i santi misteri della Chiesa, sia di quello stesso del giorno dopo, quando con lelevazione delle sue mani in croce, offr al Padre per la salvezza del mondo intero se stesso, quale sacrificio della sera, cio come sacrificio della fine dei secoli (CASSIANO, Istituzioni cenobitiche). La prima ragione liturgico - spirituale, offerta a giustificazione della lode vespertina, tratta dalle Regole monastiche di san Basilio nella loro trattazione pi asmpia e collega questora della preghiera liturgica alla giornata appena trascorsa: con la celebrazione della sera la Chiesa rende grazie a Dio per i doni ricevuti dalla sua bont nellarco dellintera giornata, e per il bene da lei compiuto in ciascuno dei suoi membri. Pi in profondit, lintera preghiera dei vespri memoria orante (con lorazione che innalziamo ... ricordiamo) della pasqua di Cristo, nella sua qualit di sacrificio unico e definitivo della nostra redenzione, istituito sacramentalmente nellultima cena e attuato in modo cruento il giorno successivo sullaltare della croce. Nei vespri ambrosiani, la memoria del pasqua, quale vero e definitivo sacrificio della nostra redenzione, conosce due sviluppi spirituale e rituali specifici: la tonalit escato- logica del rito della luce7 e la tonalit sacramentale della commemorazione del battesi- mo 8. C nel rito lucernale, costantemente utilizzato nei vespri ambrosiani, un forte gioco di contrasto nelluso dei simboli (sole che tramonta - lucerna che risplende), attraverso il quale il rimando cosmico allevento drammatico della croce (tramonto = morte) viene integrato nel rimando liturgico alla piena e definitiva vittoria di Cristo (luce della fiamma = vita e salvezza). Il sacrificio, che ci ha redento, ci ha introdotto nel giorno senza tramonto e la luce di Cristo, che vince nelluomo le tenebre del peccato, accesa per sempre. La tonalit battesimale, ripresa con forza nellattuale riforma dei vespri ambrosiani, permette alla comunit cristiana, e a ogni singolo credente, di estendere la memoria quotidiana della redenzione, non solo a quel vertice sacramentale, che leucaristia, ma anche a quella grazia originale, che il lavacro della rigenerazione.

BIFFI INOS, Commento alla Diurna Laus ambrosiana 1. I lucernari, Ambrosius 57 (1981) pp. 318-343. BIFFI INOS, Commento alla Diurna Laus ambrosiana 2. Le commemorazioni battesimali dei Vespri, Ambrosius 57 (1981) pp. 398-444.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ufficio delle letture Lufficio delle letture, a norma della Costituzione Sacrosanctum Concilium, pur conservando nel coro il carattere di preghiera notturna, deve essere adattato in modo che possa essere recitato in qualsiasi ora del giorno (IA, n. 59). La scelta di connotare lufficio delle letture come preghiera notturna o come preghi- era nella giornata, ha portato la IA a formulare, per il significato proprio di questora, una ragione liturgico - spirituale generale, valida in ogni caso, e una ragione liturgico - spirituale specifica, adatta cio al caso in cui essa venga celebrata come preghiera nottur- na. a) Ragione generale Lufficio delle letture ha lo scopo di proporre al popolo di Dio, e specialmente a quelli che sono consacrati al Signore in modo particolare, una meditazione pi sostanziosa della Sacra Scrittura e le migliori pagine degli autori spirituali. Seb- bene, infatti, la messa quotidiana offra un ciclo di letture della Sacra Scrittura pi abbondante, quel tesoro della rivelazione e della tradizione contenuto nell ufficio delle letture sar di grande profitto per lo spirito (IA, n. 57). Lufficio delle letture qui proposto come una celebrazione di lode, incentrata sulla meditazione della Sacra Scrittura e degli scritti dei Padri della Chiesa, o di altri significativi autori ecclesiastici, al fine di sostenere, vivificare e promuovere la vita spirituale di quanti, in modo speciale (ministri ordinati, religiosi e religiose) o in modo ordinario (semplici bat- tezzati), sono consacrati al Signore. La caratterizzazione in senso meditativo dellufficio delle letture chieder, specialmente nella celebrazione (recitazione) individuale, una pi forte valorizzazione del silenzio liturgico (cf IA, nn. 198-200). b) Ragione specifica Coloro, pertanto, che in forza del loro diritto particolare devono conservare a questo ufficio il carattere di lode notturna, come pure coloro che lodevolmente lo desiderano, sia che lo recitino di notte, sia che lo recitino di buon mattino e prima delle lodi mattutine, scelgano linno da quella serie destinata a questo scopo (IA, n. 60). I Padri e gli autori spirituali spessissimo hanno esortato i fedeli, specialmente coloro che fanno vita contemplativa, alla preghiera notturna, con la quale si esprime e si incita allattesa del Signore che ritorner: A mezzanotte si lev un grido: ecco lo sposo, andategli incontro! (Mt 25, 6); Vigilate, dunque, poich non sapete quando il padrone di casa ritorner, se alla sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo, o al mattino, perch non giunga allimprovviso, trovandovi addormentati (Mc 13, 35-36). E santAmbrogio ci ha ammoniti perch preveniamo il sole del mattino: Previeni - dice - il sole che vedi; sorgi tu che dormi; levati dai morti affinch risplenda per te Cristo. Se tu previeni questo sole prima che esso sorga, potrai vedere Cristo che ti illumina. Egli risplende prima nel segreto del tuo cuore. Per te, che dici: dalla

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com notte veglia verso di te il mio spirito, far brillare la luce del mattino nel cuore della notte, se mediterai la Parola di Dio. Quando poi il giorno ti avr trovato nella meditazione della Parola di Dio e una cos gradevole occupazione di pregare e di cantare i salmi avr dilettato la tua mente, dirai di nuovo al Signore Ges: tu ricolmi di gioia le porte del mattino e della sera (AMBROGIO, Commento al Salmo 118, sermone 19, n. 30). Sono, dunque, degni di lode tutti coloro che conservano allufficio delle letture il suo carattere notturno (IA, n. 73). La ragione liturgico-spirituale dellufficio delle letture, in quanto preghiera notturna, quella dellattesa vigilante dello Sposo - Cristo. La meditazione della Parola e degli scritti ecclesiastici, presente in ogni celebrazione dellufficio delle letture, nella sua figura notturna si configura in senso escatologico - nuziale: chi medita la Parola vigilante e attende con amore la venuta dello Sposo - Cristo. lodi Questora, che si celebra allo spuntare della nuova luce, ricorda la resurrezione del Signore Ges, luce vera che illumina ogni uomo (Gv 1, 9) e sole di giustizia (Mt 4, 2), che sorge dallalto (Lc 1, 78). Perci ben si comprende la raccomandazione di Cipriano: bisogna pregare il mattino per celebrare con la preghiera mattutina la resurrezione del Signore (IA, n. 50). Anche le lodi, al pari dei vespri sono preghiera memoriale della nostra redenzione (ricorda ...), ma in riferimento a un diverso momento del giorno (il mattino) esse fanno memoria del versante glorioso della redenzione, la resurrezione di Cristo. Cristo risorto il mattino di pasqua e la luce che ritorna a rischiarare il giorno dopo le tenebre della notte rinvio simbolico a quellevento. Le lodi ambrosiane accentuano questo riferimento storico - salvifico, quale loro propria ragione liturgico - spirituale, attraverso tre elementi strutturali: Il benedictus, che, posto allinizio, assume una tonalit decisamente pasquale in quanto celebra Cristo, che viene per illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nellombra della morte e procurare la Redenzione del suo popolo (IA, n. 52); Le acclamazioni a Cristo, che, accompagnate dal Kyrie eleison (12 volte), si presentano come un quotidiano canto di lode a Colui che, fattosi obbediente fino alla morte di croce, stato insignito del nome che al di sopra di ogni altro nome (cf Fil 2, 6-11)9; Lantifona ad crucem nelle domeniche e nelle grandi festivit10.

ora media Luso liturgico, tanto delloriente che delloccidente, ha conservato terza, sesta e nona, specialmente perch a queste ore si collegava il ricordo degli eventi della passione del Signore e della prima propagazione del Vangelo (IA, n. 76).

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BIFFI INOS, Commento alla Diurna Laus ambrosiana 2. Le acclamazioni a Cristo Signore nelle lodi, Ambrosius 58 (1982) pp. 75-81. NAVONI MARCO, Le antifone ad crucem: appunti per una storia dellufficiatura mattutina ambrosiana, La Scuola Cattolica 112 (1984) pp. 449-462.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Anche in questo caso la ragione liturgico spirituale delle tre ore lungo la giornata viene declinata in chiave memoriale: memoria della Passione del Signore e memoria degli eventi che segnano il cammino della Chiesa apostolica. Sono soprattutto gli inni e le orazioni a sottolineare di volta in volta lelemento memoriale specifico: A terza si fa memoria, soprattutto, della pentecoste (cf linno Nunc, Sancte nobis Spiritus) e si invoca il dono dello Spirito santo; A sesta si fa memoria della crocifissione del Signore, ma si rammenta anche lesperienza di Pietro a Giaffa e la prima intuizione delluniversalit della missione della Chiesa (At 10,9-35); A nona si fa memoria, soprattutto, della morte redentrice di Cristo.

compieta Compieta lultima preghiera del giorno, da recitarsi prima del riposo notturno, eventualmente anche dopo la mezzanotte (IA, n. 85). Due indicazioni di qualche rilievo: il valore di conclusione della giornata e il tono fiduciale dei salmi scelti (cf IA, n. 88). La comunit o, pi spesso, il singolo fedele, al momento di abbandonarsi al riposo del sonno formula unultima preghiera, rinnovando la sua fiducia in Dio e invocandolo perch lo accompagni attraverso le incognite e le insidie della notte. C forse unallusione al sepolcro di Ges, ma con la certezza che Dio non lascer giacere il suo Servo nella tomba, ma lo rialzer, innalzandolo alla gloria. 2.3. I modi Insieme alleucaristia e agli altri atti liturgico - sacramentali la liturgia delle ore edifica il corpo di Cristo, realizzando nella sua modalit specifica la santit dei suoi membri, e ne manifesta lintima natura: un popolo santo, radunato dalla pasqua del Signore nella potenza dello Spirito santo, per dare gloria al Padre, in Cristo, con Cristo e per Cristo. La modalit concreta, visibile e storica della sua celebrazione deve, perci, garantire che la preghiera liturgica delle Ore ci sia e che essa esprima nella sua concreta modalit celebrativa, quanto pi possibile, il mistero della Chiesa. Con lesplicita intenzione di salvaguardare luna e laltra esigenza, lultima parte del primo capitolo della IA (nn. 20-34) sviluppa il discorso relativo ai soggetti della celebrazione della liturgia delle ore. Viene, dapprima, individuata la modalit che esprime pi compiutamente il compito storico della liturgia delle ore di edificare e rivelare la Chiesa, cio, la celebrazione corale o comunitaria. In un secondo tempo viene affrontato il tema del particolare affidamento della liturgia delle ore ai ministri sacri (vescovi, presbiteri, diaconi), anche nella modalit della celebrazione (recitazione) individuale. celebrazione corale La celebrazione in comune manifesta pi chiaramente la natura ecclesiale della Liturgia delle Ore e favorisce la partecipazione attiva di tutti secondo la condizione di ciascuno ... Perci, tutte le volte che si rende possibile la celebrazione comune con la frequenza e la partecipazione attiva dei fedeli da preferirsi alla celebrazione individuale e quasi privata (IA, n. 34).

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Come si vede la IA non contrappone le due modalit celebrative, n contesta la legittimit teologica e liturgica della celebrazione (recitazione) individuale. Il discorso posto, invece, sul versante della dimensione segnico-espressiva. Se la ricchezza teologica e spirituale, racchiusa nei misteri liturgici, giunge alluomo sempre mediata da una concreta e specifica forma rituale, questa pu risultare pi o meno espressiva della realt di cui portatrice e, di conseguenza, pi o meno capace di far cogliere ai fedeli il dono divino celebrato. Inquadrato cos il problema, non ci possono essere dubbi sul fatto che la celebrazione corale - comunitaria della liturgia delle ore da considerarsi la modalit normale o tipica della celebrazione dellufficio divino, e questo in ragione del segno ecclesiale, che essa meglio esprime. Infatti, nellassemblea dei fedeli, riuniti a celebrare sotto la presidenza del Vescovo con il suo presbiterio (= comunit diocesana), nell assemblea liturgica parrocchiale e nelle assemblee liturgiche particolari (= comunit religiosa, gruppi, associazioni, movimenti, ecc ...), anche se in misura progressivamente decrescente, la portata ecclesiale della preghiera delle ore appare immediatamente riconoscibile e, quindi, sperimentabile. Non solo, ma nella celebrazione corale / comuni- taria della liturgia delle ore ogni fedele riscopre pi facilmente la dignit del proprio battesimo, che lo abilita a esercitare lo stesso sacerdozio con il quale Cristo eleva la sua lode incessante al Padre. celebrazione (recitazione) individuale Resta da capire il senso e la ragione di un affidamento speciale della liturgia delle ore ai ministri sacri con lobbligo personale di celebrarla, anche se assente il popolo, che legittima la modalit liturgica della celebrazione (recitazione) individuale: la deputazione ai ministri sacri, con lobbligo della celebrazione anche individuale, non presentata dalla IA in alternativa o in sostituzione dellaffidamento primario della preghiera liturgica delle ore a tutta la Chiesa e alle singole comunit locali, con modalit celebrativa corale, ma garan- tisce che il compito di tutta la comunit sia adempiuto in modo sicuro e costante almeno per mezzo loro, e la preghiera di Cristo continui incessantemente nella Chiesa (IA, n. 29). I ministri ordinati, mantenendo fede allimpegno assunto11, compiono il ministero del Buon Pastore, che prega per i suoi, perch abbiano la vita e siano perfetti nellunit (IA, n. 29). Lobbligo della celebrazione integrale dellufficio divino nel corso della giornata, anche in forma individuale, rientra, cos, tra i compiti propriamente ministeriali e pastorali di coloro che mediante il sacramento dellordine sono stati configurati a Cristo capo, a vantaggio del suo corpo ecclesiale. Perci, la modalit individuale della celebrazione (recitazione) dellufficio divino, pur carente sul versante della ratio signi (= la ragione espressiva del segno liturgico) e, dunque, da superare appena possibile, rimane radicalmente preghiera della Chiesa, fatta cio a nome e a vantaggio di tutta la Chiesa.
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Dal rito di ordinazione diaconale: Volete, conformemente al vostro nuovo stato di vita, custodire e alimentare lo spirito di preghiera e in quello spirito secondo la vostra condizione di sacri ministri adempiere ogni giorno al fedele servizio della liturgia delle Ore per la Chiesa e per il mondo? (n. 178). Cf CJC, cann. 276, 2 e 1174, 1.

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3.

Teologia e spiritualit della liturgia delle ore

Mi rifaccio al primo capitolo della IA dove si parla dellimportanza della liturgia delle ore nella vita della Chiesa (nn. 1-34). Ne emerge una riflessione in due tempi12: la prima riguarda la liturgicit dellufficio Divino e risponde alla domanda: A quali condizioni lufficio divino preghiera liturgica e partecipa della liturgia della Chiesa?; -la seconda si interroga sullo specifico della liturgia delle ore: Qual lelemento distintivo della liturgia delle ore, specialmente in relazione alla celebrazione eucaristica?. 3.1. Lufficio divino preghiera liturgica In riferimento alla natura liturgica della liturgia delle ore raccolgo, anzitutto, la definizione di IA, n. 2: "Essa... principalmente preghiera di lode e di supplica, e precisamente preghiera della Chiesa con Cristo e a Cristo". Ci troviamo di fronte a una definizione non precisiva della liturgia delle ore, bens ampia e generale, ma, proprio per questo, particolarmente adatta a suscitare il riconoscimento della pertinenza dellufficio divino alla liturgia della Chiesa. Di ogni azione liturgica, infatti, possiamo affermare che essa principalmente preghiera di lode e di supplica ... preghiera della Chiesa con Cristo e a Cristo, e questo alla luce dellinsegnamento conciliare, dove si afferma che ogni azione liturgica opera nella quale Cristo associa a s la Chiesa, sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di Lui rende culto alleterno Padre (SC, n. 7). Esordendo con la definizione sopra riportata, risulta evidente che la IA preoccupata, anzitutto, di rinnovare la coscienza della vera natura liturgica della liturgia delle ore. Svolgendo la definizione sintetica sopra citata, il discorso si deve sdoppiare, sottolineando ora il versante cristologico, ora il versante ecclesiologico: dapprima, si fa parola della preghiera di Cristo al Padre, preghiera da sempre in atto nella perfetta lode del Verbo, divenuta storia nella carne di Ges, e perennemente rinnovata dalla voce della Chiesa; oltre che essere preghiera di Cristo, essa anche preghiera a Cristo, perch nella dossologia, negli inni, nei responsori, nelle acclamazioni e in non pochi salmi Cristo non solo il mediatore della preghiera cristiana, ma il termine stesso di tale preghiera. successivamente, si passa alla preghiera della Chiesa, resa possibile dallo Spirito santo, per il quale essa continua e manifesta nel tempo e nello spazio umano la preghiera di Cristo. un procedimento storico e teologico insieme, che permette alla IA di evidenziare con pi accuratezza il rapporto che intercorre tra la preghiera di Cristo e preghiera della Chiesa in forza dello Spirito.

12

Per questa parte riprendo con libert MAGNOLI CLAUDIO, Un direttorio non solo per la celebrazione ma anche per la meditazione. Confronto tra la institutio ambrosiana delle ore e quella romana, La Scuola Cattolica 114 (1986) pp. 325-351: 329-336.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Il principio cristico (-pneumatico) La preghiera di Cristo presentata, in primo luogo, come testimonianza, modello ed esempio per la preghiera della Chiesa, anzi, come sua norma e comandamento. Ges Cristo ha pregato incessantemente il Padre, distribuendo la sua lode e supplica nelle varie ore del giorno e della notte e ha insistito presso i suoi discepoli perch pregassero in ogni tempo senza mai stancarsi (Lc 18, 1). Cos, il modo con cui egli ha pregato (parole, atteggiamenti interiori ed esteriori, orari) e ha insegnato a pregare divenuto per la Chiesa di ogni tempo e di ogni latitudine la norma insuperabile della sua preghiera. Senza affermarlo esplicitamente, ma in analogia con quanto la Chiesa fa per tutti i suoi atti liturgico - sacramentali, la IA pare ricercare gi nel NT, nellesempio e nell insegnamento di Ges Cristo, il momento propriamente istitutivo e fondante della liturgia delle ore. Se ne ricava limpressione finale che anchessa, secondo la sua modalit specifica, attuazione del comando propriamente eucaristico fate questo in memoria di me. Senza nulla togliere al valore della dimensione esemplare e normativa della preghiera di Cristo, la relazione tra la preghiera di Cristo e la preghiera della Chiesa messa in evidenza dalla IA ancora pi profonda: la preghiera della Chiesa, cio, come vedremo, la preghiera propriamente liturgica, perenne attuazione misterico sacramentale della preghiera di Cristo; o, girando la frase, la preghiera della Chiesa la visibilit in mysterio della preghiera che Cristo eleva incessantemente al Padre. Ne consegue che la preghiera della Chiesa autentica solo nella misura in cui preghiera di Cristo e con Cristo e a Cristo. In Cristo, infatti, unico ed eterno sacerdote della nuova alleanza, la preghiera sempre vero e perfetto atto liturgico. Nella sua preghiera si raccoglie la lode e la supplica della Chiesa, dellintera umanit e dell intero cosmo. La preghiera della Chiesa , dunque, preghiera liturgica, cio preghiera pubblica e comune dellintero popolo di Dio, se e in quanto partecipa della preghiera di Cristo, se e in quanto volta costantemente a Cristo. Di conseguenza anche la liturgia delle ore, in quanto partecipa della lode e della supplica che Cristo eleva al Padre nello Spirito santo a nome della Chiesa, con la Chiesa e a vantaggio della Chiesa, a pieno titolo preghiera liturgica. Ci che fa della Liturgia delle Ore una oratio cum Christo e ad Christum o una oratio per Christum ad Patrem lazione potente dello Spirito santo. Dice IA, n. 8: Lunit della Chiesa orante opera dello Spirito santo, che lo stesso in Cristo, in tutta la Chiesa e nei singoli battezzati. Lo stesso Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili (Rm 8, 26); egli stesso, in quanto Spirito del Figlio, infonde in noi lo spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abb, Padre! (Rm 8, 15; cf Gal 4, 6; 1Cor 12, 3; Ef 5, 18; Gd 20). Non vi pu essere dunque nessuna preghiera cristiana senza lazione dello Spirito santo che, unificando tutta la Chiesa, per mezzo del Figlio la conduce al Padre. Lo spazio dedicato ex professo al principio pneumatico come chiave di volta del principio cristico sopra enunciato, indice di una pi matura consapevolezza pneumatologica, ma rivela, al contempo, lo stato ancora provvisorio o precario della riflessione in proposito.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Formulando il pensiero che nella IA rimane ancora implicito, potremmo dire che, teologicamente parlando, lo Spirito santo che fa della voce della Chiesa la voce del Cristo totale, e ancora lo Spirito santo che permette alla Chiesa di superare la falsa dicotomia tra preghiera personale e preghiera liturgica, inserendo la voce del singolo fedele nella grande voce della Chiesa e, per converso, facendo della preghiera della Chiesa la preghiera del singolo fedele rivolta a Cristo e per Cristo al Padre in un solo Spirito. Il principio ecclesiale Individuato il fondamento cristico - pneumatico della preghiera liturgica della Chiesa e, quindi, della stessa liturgia delle ore, lIA si preoccupa, ulteriormente, di mettere a fuoco il principio ecclesiale della preghiera sacerdotale di Cristo. Ogni preghiera cristiana (preghiera liturgica, pratica dei pii esercizi, orazione mentale, ecc ...) autenticamente cristiana, quando orazione cum Christo e ad Christum. Ci che, invece, specifica in senso liturgico la preghiera cristiana linnesto, sul principio cristico - pneumatico, del principio dellecclesialit: orazione della Chiesa con Cristo e a Cristo: Un vincolo speciale e strettissimo intercorre tra Cristo e quegli uomini che egli, per mezzo del sacramento della rigenerazione unisce a s come membra del suo corpo, che la Chiesa... Anche il sacerdozio di Cristo condiviso da tutto il corpo della Chiesa, cos che i battezzati, mediante la rigenerazione e lunzione dello Spirito santo, vengono consacrati in edificio spirituale e sacerdozio santo e sono abilitati ad esercitare il culto del Nuovo Testamento (IA, n. 7). La Chiesa di cui si parla linsieme di coloro che sono stati rigenerati da acqua e Spirito santo, e di conseguenza la liturgia delle ore preghiera liturgica in quanto la preghiera dellintero corpo ecclesiale, che condivide, in forza dei sacramenti dell iniziazione cristiana, il sacerdozio di Cristo. Non , perci, la deputazione a coloro che nella Chiesa garantiscono lattuazione effettiva e completa dellufficio divino a giustificare la liturgicit di questultimo. Piuttosto, ogni deputazione, proprio per essere tale, dovr sempre esibire la capacit di manifestare lesercizio sacerdotale dellintero popolo dei battezzati (preghiera a nome della Chiesa). Per questo, nella riforma conciliare, la liturgia delle ore, sia romana che ambrosiana, riconsegnata allintera comunit cristiana e, in modo pi determinato, alle singole chiese locali affidate al Vescovo. In linea di principio, la conformazione a Cristo operata nei sacramenti delliniziazione cristiana dallo Spirito santo fa del popolo dei battezzati il soggetto adeguato alla celebrazione della liturgia delle ore, e fa della liturgia delle ore, unitamente alle celebrazioni sacramentali, uno dei momenti cardine della preghiera pub- blica e comune del popolo di Dio. Cos, sul piano propriamente pastorale e spirituale, la liturgia delle ore non potr pi essere considerata uno strumento di perfezione per alcune categorie particolari di persone, ma potr e dovr diventare sempre pi parte integrante di una robusta spiritualit battesimale. Si comprende, infine, in questa direzione la preoccupazione della IA di ridare dignit e preminenza alla celebrazione corale o comunitaria della liturgia delle ore: la presenza di tutte le componenti del popolo di Dio, ciascuno secondo il proprio dono e

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com compito, manifesta pi chiaramente lintima essenza della Chiesa medesima (IA, n. 9). In conclusione, la IA ci dice che la liturgia delle ore preghiera liturgica, se e in quanto preghiera della Chiesa con Cristo e a Cristo in forza dello Spirito, che opera la presenza di Cristo alla sua Chiesa, ladunanza dei battezzati in corpo del risorto e la partecipazione di ogni battezzato al sacerdozio di Cristo, abilitandolo a esercitare il vero culto al Padre.

3.2. Il proprio della liturgia delle ore Dopo aver mostrato la piena appartenenza dellUfficio Divino alla liturgia della Chiesa, passo ad approfondire le caratteristiche peculiari e le finalit specifiche della Liturgia delle Ore, percorrendo ancora una volta il tragitto metodologico proposto dalla IA, vale a dire, la messa a punto del rapporto che intercorre tra il vertice della liturgia della Chiesa, la liturgia eucaristica, e la liturgia delle ore. Si legge in IA, n. 12: "La liturgia delle ore estende alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero eucaristico, centro e culmine di tutta la vita della comunit cristiana: la lode, il rendimento di grazie, la memoria dei misteri di salvezza, le suppliche e le pregustazioni della gloria celeste. La celebrazione delleucaristia viene anche preparata ottimamente mediante la liturgia delle ore, in quanto per suo mezzo vengono suscitate e accresciute le disposizioni necessarie alla fruttuosa celebrazione delleucaristia, quali sono la fede, la speranza, la carit, la devozione e il desiderio dellabnegazione di s". Viene, anzitutto, richiamata la centralit del mistero pasquale di Cristo, di cui leucaristia , con la sua dimensione celebrativo - rituale, il sacramento memoriale. La liturgia delle ore, atto liturgico interamente votato alla memoria di Ges e della pasqua nella forma dellorazione biblica, principalmente salmica, non pu che risultare strutturalmente relativa alla celebrazione eucaristica: da un lato, estende alle diverse ore del giorno e della notte le prerogative della celebrazione eucaristica (la lode, il rendimento di grazie, la memoria dei misteri di salvezza, le suppliche e le pregustazioni della gloria celeste), consegnando alla logica della grazia delleucaristia tutto il tempo delluomo; dallaltro, prepara nella comunit e nei singoli le disposizioni necessarie alla fruttuosa celebrazione dellEucaristia, quali sono la fede, la speranza, la carit, la devozione e il desiderio dellabnegazione di s. Scriveva in proposito il benedettino Odo Casel: Lufficio divino lanello doro che tiene incastonata la pietra brillante del Sacrificio. I pensieri possenti e grandiosi che lazione sacrificale cela silenziosa- mente in s, e che il canone della messa cerca di esprimere, si riflettono nellufficio che, per esprimerci con unimmagine, li suddivide nelle loro componenti, cos come il prisma decompone nei suoi raggi la luce bianca che lattraversa. Molti elementi, che nella messa sono solo accennati, ora si mostrano sotto molteplici aspetti e possono essere meditati con amore anche nei particolari. Il cammino verso la salvezza, proprio dellAntico Testamento, la preparazione alla venuta del redento- re, la figura umano - divina di Cristo, il suo insegnamento, la passione, la morte, la risurrezione, la sua forma mistica di vita nella Chiesa, le sofferenze e i trionfi dei martiri e dei santi, lapplicazione dellopera redentrice nella vita della Chiesa e delle singole anime, insomma i misteri della grazia e del piano salvifico di Dio, tro- vano

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com tutti quanti la loro amorosa rappresentazione e commemorazione nella preghiera quotidiana della liturgia. E la liturgia trova il suo compimento e corona- mento, senza il quale resterebbe monca, nel mistero sacramentale della celebra- zione sacrificale, nel quale convergono le ricche molteplici linee del quadro e si ricompongono in una raggiante, candida unit i colori del prisma13. Se la liturgia delle ore ha, anzitutto, lo scopo di favorire, liturgicamente, la piena fruttuosit della celebrazione eucaristica (domenicale - quotidiana), solo a partire da questa sua radicale dipendenza dal sacramento dellaltare, e facendo costante riferimento a essa, possibile sviluppare una riflessione seria sulle sue ragioni peculiari. Il proprio della Liturgia delle Ore viene formulato dalla IA come santificazione del corso del giorno e della notte (n. 10) o santificazione del giorno e dellintera attivit umana (n. 11). Non si tratta di una sacralizzazione del tempo, che sottragga certi tempi della giornata al ritmo delle attivit profane, ma di unimmersione del tempo e delle attivit umane nel tempo qualificato che Cristo nei suoi misteri di salvezza: Cristo compie lopera della redenzione e della perfetta glorificazione di Dio nello Spirito santo per mezzo della Chiesa non soltanto quando si celebra leucaristia, ma anche, a preferenza di altri modi, quando si celebra la liturgia delle Ore (IA, n. 13). Se lanno liturgico estende lopera della redenzione, che si rinnova sacramentalmente nelleucaristia e negli altri sacramenti, nel ritmo delle stagioni, delle settimane e dei giorni, la liturgia delle ore prosegue questopera di riconduzione di ogni realt temporale a Cristo nel ritmo stesso delle ore della giornata. Che cosa significa questopera di santificazione del tempo quotidiano? Il fatto che la IA usa lo stesso termine sanctificatio per il tempo, per le attivit umane e per luomo ci pone sulla strada di una risposta convincente. Interesse ultimo della liturgia delle ore non il tempo in quanto tale, n le attivit umane in se stesse, ma, attraverso il tempo e le attivit delluomo, luomo stesso, unica realt capace di accogliere il dono dello Spirito che santifica: Nella Liturgia delle Ore si compie la santificazione delluomo" (IA, n. 14). Siamo, cos, ricondotti al primo dei due fini essenziali di ogni azione liturgica, che la liturgia delle ore raggiunge mediante il suo apporto specifico, che lorariet, cio la preghiera ritmata dalle ore nel corso del giorno e della notte. Ma, poich solo luomo santo nel corpo e nello spirito d gloria a Dio, nella liturgia delle ore si realizza, indisgiun- gibilmente anche il secondo fine di ogni azione liturgica: "Nella Liturgia delle ore si esercita il culto divino in modo da realizzare in essa quasi quello scambio o dialogo tra Dio e gli uomini nel quale Dio parla al suo popolo... il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e con la preghiera (IA, n. 14). pienamente comprensibile, a questo punto, come la riflessione sulla liturgia delle ore, mentre, da un lato, ribadisce il primato dei suoi valori oggettivi, si faccia attenta, dallaltro, ai suoi risvolti soggettivi: Le letture e le preghiere della Liturgia delle Ore costituiscono una genuina fonte di vita cristiana. Come a dire che, nel rispetto del compito teologico per cui stata istituita per la Chiesa, si possono e si devono sottolineare i frutti spirituali, di fede e di piet, che essa alimenta e matura nei singoli e
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CASEL ODO, Il mistero del culto cristiano, Borla, Torino, 1966, pp. 123-124.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com delle comunit. Cos, mediante la liturgia delle Ore cresce e matura quella vita secondo lo Spirito, che dono di Dio e compito e meta di ogni battezzato. Ma anche, e in misura ancora pi grande, mediante la Liturgia delle Ore, i ministri ordinati (e tutti i fedeli, ciascuno secondo il proprio stato di vita) trovano quellabbondanza di contemplazione da cui attingere alimento e stimolo per lazione pastorale e missionaria a conforto di tutta la Chiesa di Dio (IA, n. 29).

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CAPITOLO IX IL LEZIONARIO AMBROSIANO A NORMA DEI DECRETI DEL CONCILIO VATICANO II


Note di presentazione
* Si tratta del testo della relazione tenuta al Convegno dei Professori di Liturgia, il 2 settembre 2010, ora pubblicata in Lomelia. Atti della XXXVIII Settimana di Studio dellAPL, Capaccio, 30 agosto 3 settembre 2010, a cura di Pierangelo Chiaramello = BELS 160, pp. 243-265.

Il sacro Concilio, in fedele ossequio alla tradizione, dichiara che la santa madre Chiesa considera su una stessa base di diritto e di onore tutti i riti legittimamente riconosciuti, e vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati, e desidera che, ove sia necessario, vengano prudentemente e integralmente riveduti nello spirito della sana tradizione, e venga loro dato nuovo vigore come richiedono le circostanze e le necessit del nostro tempo1. Con queste parole i padri conciliari, senza esplicitarne il nome, ribadivano il diritto allesistenza anche del rito ambrosiano, rinnovavano la stima della Chiesa universale nei suoi confronti e si mostravano favorevoli a una sua riforma generale, in analogia con quanto sarebbe avvenuto per il rito romano: conservazione del patrimonio tradizionale; revisione e incremento dello stesso secondo le circostanze e le necessit del nostro tempo. Con il sostegno dellintera assisi conciliare, e con il personale incoraggiamento di papa Paolo VI, che aveva conosciuto il rito ambrosiano negli anni del suo episcopato milanese, la Chiesa di Milano mise mano alla riforma dei libri liturgici ambrosiani a norma dei decreti del concilio Vaticano II, impresa che con la recente promulgazione del Lezionario ambrosiano ha conosciuto un ulteriore passo verso la sua piena realizzazione. In questa relazione intendo dare conto del nuovo Lezionario ambrosiano, nelle due sezioni per i tempi liturgici (de tempore)2 e per le celebrazioni dei santi (de sanctis), ricostruendo prima le tappe della loro formazione e indentificando poi i principali criteri della loro composizione. Un cenno finale riguarder la scelta delle immagini che corredano luna e laltra sezione.

1.

Cronistoria ragionata di una riforma in atto

Per una buona ermeneutica di un libro liturgico importante conoscere, almeno nei suoi tratti essenziali, litinerario della sua preparazione. Prendendo le mosse dalla prima tappa della riforma liturgica ambrosiana (anni 70 e 80 del sec. XX), ricostruiamo il cammino che ha portato alla recente promulgazione del Lezionario ambrosiano de tempore (2008)3 e de sanctis (2010).

1 2

CONCILIO VATICANO II, Costituzione conciliare sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 4. Per una presentazione pi completa di questa sezione del Lezionario ambrosiano si vedano: C. MAGNOLI, Piccola guida al nuovo Lezionario ambrosiano, Ancora, Milano 2008; N. VALLI, Il Lezionario Ambrosiano. Guida introduttiva, Seminario Arcivescovile di Milano, Venegono Inferiore (VA) 2008; C. MAGNOLI ET ALII, Il Lezionario secondo il rito della santa Chiesa di Milano, Ambrosius 85 (2009), fasc. 1 (speciale). 3 Per questa parte si veda anche L. MANGANINI, La Congregazione del rito ambrosiano e liter della promulgazione, in Ambrosius 85 (2009) fasc. 1 (speciale), 69-78.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 1.1. La riforma liturgica ambrosiana degli anni 70 e 80, prima grande tappa di un itinerario da completare

Dal 1976 al 1984, sempre in accordo con la Sede Apostolica, prima il card. Giovanni Colombo e poi il card. Carlo Maria Martini, in quanto arcivescovi di Milano e Capi rito, promulgarono, direttamente in lingua italiana, alcuni libri liturgici ambrosiani a norma dei decreti del Concilio Vaticano II: il Messale nel 19764; il Rito delle esequie nel 19775; la Liturgia delle ore nel 1983/846 e il rituale de La comunione e il culto eucaristico fuori della messa nel 1984. Al Messale si accompagnava ad experimentum il Lezionario nella forma di un supplemento ambrosiano ai volumi del Lezionario romano7. Esso conteneva le letture per i tempi di avvento, di natale e di quaresima, per la settimana santa, per il triduo pasquale e lottava di pasqua, per il proprio di alcuni santi e per alcune specifiche messe ad diversa. Per le restanti parti dellanno liturgico (il tempo pasquale e tutto il tempo ordinario) e per le altre esigenze celebrative (santi, messe votive e ad diversa, messe rituali) rimaneva in uso anche per le comunit di rito ambrosiano il Lezionario romano. La connotazione sperimentale del Lezionario ambrosiano pubblicato nel 1976, significata anche dalla mancanza di un decreto ufficiale di conferma della Sede Apostolica, rivelava in partenza la sua precariet e provvisoriet. Se, da un lato, questo Lezionario permetteva alla Chiesa di Milano di mantenere viva nella sua liturgia una parte del tesoro biblico ereditato dal passato, dallaltro, poneva le basi per un ripensamento completo e organico dellordinamento delle letture, capace di tenere insieme, su tutto larco dellanno, il patrimonio di una tradizione e le esigenze di una riforma adatta al tempo presente.

1.2.

Il Sinodo diocesano milanese XLVII (1995): la verifica e il rilancio di una prospettiva riformatrice

A richiedere con forza il compimento della riforma della liturgia ambrosiana e la revisione dei libri liturgici gi promulgati, tra i quali il Lezionario... ancora ad experimentum, fu, nel 1995, la Costituzione n. 87 del Sinodo diocesano milanese XLVII8. Essa non entrava nei dettagli del progetto, ma segnalava una questione aperta, cui occorreva dare una risposta operativa. Cos, nel febbraio del 1996 il card. Carlo Maria Martini inviava una lettera alla Congregazione del rito ambrosiano nella quale istituiva due distinte commissioni al suo interno una per la revisione del gi fatto; laltra per il compimento del da farsi allo scopo di dare concreta attuazione alla richiesta sinodale. La questione del Lezionario da completare, che di per s era elencata insieme alle altre, alla fine prevalse su tutte e divent quella da cui partire.

Ledizione latina segu nel 1981. Lultima ristampa aggiornata del 1990. Le addende per la celebrazione dei santi e dei beati immessi nel Calendario dopo il 1990 sono del 2007. 5 Lultima ristampa aggiornata del 2002. 6 Lultima ritstampa aggiornata del 1988. Le addende per la celebrazione dei santi e dei beati immessi nel Calendario dopo il 1984 sono del 2007. 7 Cfr. E. GALBIATI, Presentazione, in Lezionario ambrosiano edito per ordine del sig. cardinale Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, Milano 1976, p. VII. 8 Diocesi di Milano. Sinodo 47, Milano 1995, Cost. 87, 1.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 1.3. I lavori della Congregazione del rito ambrosiano dal 1998 al 2006: la costruzione del Lezionario ambrosiano de tempore e la rettifica delle Norme generali per lordinamento dellAnno liturgico e del Calendario.

La Congregazione del rito ambrosiano accolse il compito affidatole dal Sinodo a proposito del Lezionario e lo intese nel suo senso pi ampio: esplorare la possibilit di un Lezionario ambrosiano de tempore festivo e feriale e di un Lezionario de sanctis, completi per lintero arco dellanno liturgico. Non pi un semplice supplemento ambrosiano ai volumi del Lezionario romano, ma un organico e originale sistema di letture bibliche ambrosiano per i tempi liturgici e per le celebrazioni dei santi esteso a tutto lanno liturgico. Si inizi dal Lezionario de tempore. La sua preparazione, durata allincirca dal 1998 al 2006, ha consapevolmente incrociato il criterio della salvaguardia e della valorizzazione dellintero patrimonio lezionale ambrosiano con quello, altrettanto importante, della promozione, in quantit e qualit, dellascolto della parola di Dio, di modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la parte migliore della sacra Scrittura9. Per laccurata ricostruzione della tradizione del Lezionario de tempore della Chiesa di Milano si rivelata di straordinaria importanza lampia ricerca sulle fonti promossa dal prof. Cesare Alzati, esperto studioso del rito ambrosiano e membro della Congregazione del medesimo rito10. A questa ricerca si deve limpianto generale del Lezionario de tempore, con alcune significative ricadute sulla struttura dellAnno liturgico e del Calendario, la distribuzione dei diversi libri biblici nei tempi liturgici, i metodi di raccordo tra le letture nellambito di un singolo formulario e la diretta e positiva selezione di non poche pericopi. Per la promozione, quantitativa e qualitativa, dellascolto della parola di Dio risultata preziosa la riproposizione, pur con modalit talvolta originali, di alcune scelte metodologiche che le comunit ambrosiane avevano imparato ad apprezzare nella pratica provvisoria, ma pi che trentennale, del Lezionario romano. Si veda, ad esempio: la distinzione tra il lezionario festivo e quello feriale; luso di diversi cicli annuali di letture (anno A, B e C per il festivo; anno I e II, per il feriale); lapplicazione di diversi sistemi quotidiani di letture (a letture multiple per le grandi vigilie; a tre letture per i giorni festivi, i sabati e alcuni tipi di ferie; a due letture per le altre ferie); il genere letterario del salmo responsoriale, ecc... Poich la proposta del Lezionario de tempore si appoggiava su alcune rilevanti novit di struttura, vuoi interne alla liturgia della parola, vuoi relative allordinamento dellAnno liturgico e del Calendario, nella sua preparazione entr anche la stesura delle Premesse al Lezionario (sul modello di quelle romane)11 e la rettifica del testo delle Norme generali per lordinamento dellAnnno liturgico e del Calendario12. Le novit pi rilevanti delle une e delle altre sono state la ricomprensione di tutto lanno liturgico nei tre misteri
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CONCILIO VATICANO II, Costituzione conciliare sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 51. Il frutto di questa ricerca oggi disponibile nel volume C. ALZATI, Il Lezionario della Chiesa ambrosiana. La tradizione liturgica e il rinnovato ordo lectionum = Monumenta Studia Instrumenta Liturgica 50, Citt del Vaticano Milano 2009. 11 Oltre che nel primo volume festivo del Lezionario (pp. XIII-LVI), il testo delle Premesse riportato in Promulgazione del Lezionario Ambrosiano. Supplemento alla Rivista Diocesana Milanese 99 (2008) fasc. 3, pp. 19-74 e I Praenotanda dei libri liturgici (romani e ambrosiani), a cura di L. F. CONTI C. MONZIO COMPAGNONI, ncora, Milano 2009, pp. 358-412. 12 Il testo delle Norme generali... riportato in Promulgazione del Lezionario Ambrosiano... o. c., pp. 75-88 e in I Praenotanda dei libri liturgici... o. c., pp. 516-529.
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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com dellIncarnazione del Signore (avvento, natale, tempo dopo lepifania), della Pasqua del Signore (quaresima e tempo pasquale) e della pentecoste e il ripristino del tempo dopo lepifania e del tempo dopo pentecoste, questultimo ulteriormente scandito in settimane dopo pentecoste, settimane dopo il martirio di san Giovanni il precursore e settimane dopo la dedicazione (III domenica di ottobre), che prendono il posto di quelle che erano state le due sezioni del tempo ordinario. Il progetto definitivo del Lezionario de tempore, approvato dalla Congregazione del rito ambrosiano nellaprile del 2006 e confermato dal card. Dionigi Tettamanzi nella sua qualit di arcivescovo di Milano e Capo rito, venne presentato alla Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti nel novembre 2006 per la ricognizione della Sede Apostolica.

1.4.

Promulgazione ed entrata in vigore del Lezionario ambrosiano de tempore

Ci fu un intenso scambio tra le due Congregazioni, che port ad alcune integrazioni e ad alcuni cambiamenti. La conferma definitiva del Lezionario de tempore da parte della Sede Apostolica fu data il 16 marzo 2008, preceduta dal decreto di conferma delle variazioni alle Norme generali per lordinamento dellAnno liturgico e del Calendario (22 febbraio 2008)13. Il 20 marzo 2008, davanti al clero diocesano radunato per la messa crismale, il card. Dionigi Tettamanzi promulgava il Lezionario ambrosiano de tempore, chiudendo la fase sperimentale in atto dal 197614, e fissava la sua entrata in vigore per tutte le comunit di rito ambrosiano, interne ed esterne alla diocesi di Milano15, a partire dal 16 novembre 2008 (I domenica di Avvento) con inizio dal ciclo B festivo e dal ciclo I feriale. Il Lezionario ambrosiano de tempore, che risult alla fine di complessivi sette volumi (tre festivi, uno per ogni mistero e quattro feriali, il terzo mistero si sdoppia), fu editato tra il mese di ottobre del 2008 e il mese di maggio del 200916 e ha innescato un processo di riassestamento liturgico ambrosiano che si concluder solo con la riedizione del Messale ambrosiano e della Liturgia ambrosiana delle Ore. Il Lezionario ambrosiano de tempore, lungi dallessere un ripristino archeologico del passato, un libro liturgico voluto per il rinnovamento liturgico, spirituale e pastorale delle comunit di rito ambrosiano, perch come annotava il card. Dionigi Tettamanzi nel discorso programmatico alla Congregazione del rito ambrosiano del 4 febbraio 2005 mediante lorganizzazione della proclamazione liturgica delle sacre Scritture si modula una peculiare proposta catechetica e mistagogica e si veicola una specifica sensibilit teologica e spirituale17.

13

I due decreti romani si possono leggere in Promulgazione del Lezionario Ambrosiano... o. c., pp. 9-10. 13.14. Il terzo decreto, relativo al Calendario dei santi, poi di fatto decaduto allatto dellapprovazione della revisione del Calendario ambrosiano dei santi avvenuta due anni dopo. 14 Cfr. Promulgazione del Lezionario Ambrosiano... o. c., pp. 15-18. 15 Fuori della Diocesi di Milano il rito ambrosiano in uso nella diocesi di Bergamo (37 parrocchie), nella diocesi di Lugano (55 parrocchie) e nella diocesi di Novara (13 parrocchie). 16 Una presentazione analitica dei sette volumi in C. MAGNOLI, Il Lezionario ambrosiano per i tempi liturgici, Rivista Liturgica 96 (2009) pp. 487-507. 17 Rivista Diocesana Milanese 96 (2005) p. 181.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 1.5. I lavori della Congregazione del rito ambrosiano dal 2006 al 2010: la costruzione del Lezionario ambrosiano de sanctis e la rettifica del Calendario ambrosiano.

Nel settembre 2006 la Congregazione del rito ambrosiano, in attesa dellesito della ricognizione romana sul Lezionario per i tempi, iniziava a lavorare al Lezionario per le celebrazioni dei santi, mettendo mano anzitutto alla revisione del Calendario ambrosiano dei santi. In partenza, lesigenza era quella di un semplice aggiornamento del Calendario ambrosiano per inserirvi i santi e i beati subentrati nel culto liturgico a livello di Chiesa universale e a livello di Chiesa locale dopo il 1990, anno dellultima edizione del Messale Ambrosiano. A questesigenza si affianc ben presto la proposta di una distinzione pi chiara tra il Calendario ambrosiano comune e il Calendario proprio delle varie diocesi implicate dal rito ambrosiano (Milano, Bergamo, Novara, Lugano), cos da dare migliore visibilit al fatto che il rito ambrosiano non coincide semplicemente con la diocesi di Milano, ma comprende una geografia ecclesiale pi ampia e articolata. Da ultimo, matur anche lidea di avere un Calendario dei santi specifico (urbano) della citt di Milano o Sede metropolitana, nel quale raccogliere i santi in specie i santi vescovi milanesi del primo millennio la cui memoria, con o senza la presenza di reliquie, stata custodita nei secoli dalle pi insigni basiliche e chiese della Citt (Duomo o Chiesa metropolitana, S. Ambrogio, S. Vittore al Corpo, SS. Apostoli e Nazro Maggiore, S. Stefano, S. Simpliciano, S. Lorenzo Maggiore, ecc). Stabilito dunque il Calendario nella sua triplice articolazione di comune, proprio e urbano, si pass a elaborare il Lezionario ambrosiano de sanctis partendo dallordinamento delle letture del Comune dei santi per passare allordinamento delle letture del Proprio dei santi. Vennero recuperati alcuni criteri specifici della tradizione ambrosiana tre letture (lettura, epistola e vangelo), qualunque sia il grado celebrativo; letture specifiche, intrecciate a letture dal Comune; la possibile sostituzione della lettura biblica con la lettura agiografica nelle celebrazioni patronali da comporre con altri criteri derivanti dalla riforma del Lezionario romano dei santi e in uso da pi di trentanni anche nel rito ambrosiano quali: lobbligatoriet delle letture proprie per le solennit e le feste, a fronte del loro uso facoltativo per le memorie; il salmo responsoriale dopo la lettura che nella normalit dei casi prende il posto del salmello; lintercambiabilit dei testi allinterno di una tipologia agiologica del Comune, ecc... Il progetto definitivo del Lezionario ambrosiano de sanctis e, previamente, del Calendario ambrosiano dei santi, approvato dalla Congregazione del rito ambrosiano e confermato dal card. Dionigi Tettamanzi, fu presentato alla Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti nellaprile del 2009 per la ricognizione della Sede Apostolica.

1.6.

La promulgazione del Lezionario ambrosiano de sanctis e la sua entrata in vigore.

La conferma da parte della Sede Apostolica giunta il 19 marzo 2010 ed stata preceduta da due distinti decreti relativi al Calendario: luno, concernente le variazioni al Calendario ambrosiano comune; laltro, relativo al Calendario ambrosiano proprio di Milano (cui si aggiungeranno presto i Calendari ambrosiani propri di Bergamo, Novara e

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Lugano) e, come a un suo corollario, al Calendario ambrosiano urbano della Sede metropolitana. Il 1 aprile 2010 il card. Dionigi Tettamanzi ha promulgato il Lezionario ambrosiano de sanctis relativo al Calendario comune, al Calendario proprio di Milano e al Calendario urbano, chiudendo anche in questo caso la fase sperimentale in atto dal 1976. La sua entrata in vigore, prevista per lavvento del 2010, supera il precedente ibridismo romano ambrosiano e consegna alle comunit ambrosiane un Lezionario ambrosiano de sanctis completo. Esso, in funzione del suo utilizzo pratico, consta di due volumi (il primo, con i santi dall11 novembre al 30 giugno; il secondo, con i santi dall1 luglio al 10 novembre) e avvia un processo di riassestamento nellambito delle celebrazioni dei santi che si concluder solo con la riedizione del Messale ambrosiano e della Liturgia ambrosiana delle Ore. Criteri strutturanti lordo lectionum ambrosiano de tempore

2.

Passando dalla cronistoria di una riforma in atto alla presentazione dellordo lectionum codificato nel Lezionario ambrosiano de tempore, mi pare possibile ricorrere a un concetto quasi ossimorico come quello di fedelt creativa, applicato simultaneamente alla tradizione liturgica ambrosiana e al progetto conciliare. Fedelt creativa dice custodia di uneredit ricevuta e uso rinnovato della stessa, salvaguardia della radice e nuova fioritura. In certo modo questo stato il procedimento adottato: fedelt alla tradizione ambrosiana senza bloccarsi in una pura riproposizione archeologica della stessa, ma aprendola significativamente a nuovi sviluppi coerenti; fedelt al progetto conciliare di aprire pi ampiamente ai fedeli i tesori della sacra Scrittura, senza riprodurre tale e quale il modello romano, ma arricchendolo di nuove forme congruenti.

2.1.

Fedelt creativa alla tradizione liturgica ambrosiana

Per articolare un discorso sensato sulla fedelt creativa alla tradizione liturgica ambrosiana opportuno distinguere accuratamente le annotazioni relative allordinamento festivo-domenicale da quelle relative allordinamento sabbatico-feriale. Se per immediato appare luso del binomio festivo-domenicale per dire insieme le domeniche e le grandi feste del Signore a data fissa, una parola va spesa sulluso del binomio sabbatico-feriale, comodo per tenere insieme i giorni della settimana che non sono la domenica, poco adatto a salvaguardare loriginalit del sabato ambrosiano che, in consonanza con lantica disciplina delle Chiese orientali, mantiene un singolare carattere festivo. 2.1.1. Annotazioni allordo lectionum festivo-domenicale Tra le molte possibili annotazioni sullordinamento delle letture festivo-domenicale tre mi sembrano particolarmente capaci di raccontarne i tratti pi caratteristici. a) La dimensione vigiliare della Parola proclamata e la sua singolare valenza dossologica

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Il Lezionario ambrosiano de tempore d un forte impulso alla liturgia vigiliare vespertina nelle grandi solennit del Signore e in tutte le domeniche dellanno, aiutando cos a riscoprire la dimensione vigiliare della Parola proclamata e la sua singolare valenza dossologica. Sul presupposto che la celebrazione della domenica, delle solennit, delle feste e delle memorie, secondo lantica e costante tradizione ambrosiana, comincia dai vespri del giorno precedente18, il Lezionario ambrosiano de tempore rende ora pi facilmente praticabili e, almeno in parte, obbligatorie in ogni comunit le celebrazioni di tipo vigiliare unite alla messa. Il prototipo la veglia pasquale, composta di letture vigiliari veterotestamentarie, con i loro rispettivi salmelli e orazioni19, che si saldano senza soluzione di continuit con la celebrazione eucaristica. La messa della veglia anche lunica eucaristia celebrata nellarco dellintera giornata del sabato santo e, con la sua collocazione serale e/o notturna, costituisce la solenne apertura della domenica di pasqua. Il Lezionario ambrosiano riporta le sei letture veterotestamentarie, con i loro rispettivi salmelli o cantici, e lordinamento della liturgia della parola della messa di veglia, cio la lettura neotestamentaria, il salmo, lepistola, il canto al vangelo e il vangelo. Sul modello della veglia pasquale, anche se adattato a una celebrazione vesperale non notturna20, sono ordinate le tre grandi vigilie del natale, dellepifania e della pentecoste, che la Chiesa di Milano, in sintonia con la Chiesa di Costantinopoli, celebra da antichissima data. Il Lezionario ambrosiano riporta i testi delle quattro letture vigiliari veterotestamentarie, con i loro rispettivi salmelli, e lepistola, il canto al vangelo e il vangelo della liturgia della parola della messa di vigilia. Se, per serie ragioni pastorali, non si pu celebrare la solenne liturgia vigiliare con le quattro letture, resta dobbligo la celebrazione della messa di vigilia, che attinge la lettura da una delle quattro letture vigiliare, prosegue con il salmello corrispettivo (o con un salmo responsoriale sostitutivo), lepistola, il canto al vangelo e il vangelo. Sviluppando una non debole analogia con la veglia pasquale e con le tre grandi vigilie, anche la messa del sabato sera ovviamente non liturgia prefestiva, ma solenne apertura del giorno del Signore21 si configura nel Lezionario ambrosiano de tempore come una celebrazione vigiliare vespertina (o speciale messa tra i vespri), arricchita di una speciale proclamazione evangelica che pone al centro dellattenzione lannuncio pasquale della risurrezione di Cristo o nel tempo quaresimale di una sua diretta prefigurazione (tre racconti di trasfigurazione; il segno di Giona - Mt 12, 38-40; il segno del tempio - Gv 2, 13-22). In tal modo, se la messa tra i vespri non cosa nuova nelle consuetudini liturgiche ambrosiane, linserzione dopo il rito della luce, linno e il responsorio di un vangelo della risurrezione (o, in quaresima, di una lettura vigiliare), diventa una scelta originale e di grande impatto liturgico e spirituale, che destinata a riqualificare in modo profondo la comprensione della domenica cristiana e il suo avvio nel vespro in cui gi splendono le luci del giorno del Signore. Dal punto di vista storico, lintroduzione del vangelo della risurrezione nella celebrazione vigiliare vespertina che apre la domenica rielabora, con viva sensibilit ecumenica e in profonda sintonia con lantica tradizione vigiliare ambrosiana, un patrimonio liturgico che affonda le sue radici nellantica veglia matutinale della Chiesa di
18 19

Norme generali per lordinamento dellAnno liturgico e del Calendario, n. 2. Premesse, n. 71. 20 Ibid., n. 72. 21 Ibid., n. 73.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Gerusalemme e rivive ancora oggi in alcune liturgie domenicali doriente (lorthrs greco) e doccidente (la vigilia notturna latina nella basilica del Santo Sepolcro; la vigilia notturna nella monastica e anglicana comunit della risurrezione; la vigilia notturna nella monastica ed ecumenica comunit di Taiz). Lidea soggiacente che la prima liturgia eucaristica domenicale, celebrata tra i vespri, smetta di essere pensata come una delle tante messe domenicali, ma torni ad essere nella mente e nel cuore dei fedeli la liturgia che introduce in forma solenne al giorno che il Signore nostro Ges Cristo, risorgendo da morte, ha fatto per noi: un giorno diverso e nuovo da ogni altro, perch ci autorizza alla gioia della festa, ci consente di sperimentare la comunione con Dio e tra noi e ci ridona viva la speranza. Il vangelo della risurrezione, di cui stata prevista una serie di dodici esemplari, non un brano biblico in pi, ma un annuncio festoso, un canto di lode e un grido di esultanza da qui la sua singolare valenza dossologica per il prodigio antico e sempre nuovo della risurrezione del Signore. Proprio per questo esso viene proclamato solo dal sacerdote celebrante e, come avviene per lannuncio del Signore risorto nella veglia pasquale, non dallambone, ma dallaltare. Lomelia lo potr anche utilizzare per una riflessione sul senso cristiano della domenica, ma esso non stato inserito nellordinamento domenicale con questa principale finalit. Il suo scopo primario quello di dare parola biblica al canto di lode della Chiesa che ogni domenica rivive, quale sposa fedele, lesperienza pasquale della presenza del Risorto, il suo amatissimo Sposo. b) Lo schema ternario (lettura, epistola, vangelo) e lunit misterico-tematica delle letture per unomiletica catechetico-mistagogica

Per quanto la pratica festiva sia diminuita in termini percentuali, la partecipazione alla messa domenicale e alle grandi feste rimasta il luogo primo e insostituibile dellespressione della fede e della formazione biblica, liturgica, spirituale e morale del popolo di Dio. Lordinamento festivo delle letture grazie al quale dato ai fedeli di ascoltare la parte pi importante della parola di Dio22 costituisce allora il principale strumento ecclesiale per la conoscenza della parola di Dio come principio guida della vita cristiana e, ancor pi, come esperienza di incontro con Cristo, che illumina i suoi amici con la luce della sua parola e li introduce alla pienezza della comunione sacramentale. In termini quantitativi e qui la consonanza con il Lezionario romano del tutto evidente la parte pi importante della parola di Dio entra nel Lezionario ambrosiano festivo de tempore su tre letture (pi il salmo responsoriale), moltiplicate per tre cicli annuali, denominati A, B e C. Il lessico che designa le tre letture riprende il linguaggio della tradizione e lo ripropone nel suo senso specifico: la lettura (cos designata la prima lettura) normalmente una pericope veterotestamentaria, ma nel tempo pasquale e in altri contesti celebrativi pu essere anche una pericope neotestamentaria non evangelica e non paolina tratta dagli Atti, dalle Lettere cattoliche o dallApocalisse; lepistola (cos designata la seconda lettura) una pericope tratta esclusivamente dagli scritti di san Paolo, lettera agli Ebrei compresa; il vangelo una pericope presa dai quattro vangeli canonici. Lo stesso modo di introdurre la proclamazione delle tre letture riprende il linguaggio della tradizione: non dal libro (del profeta, ecc...) dalla lettera (di san Paolo, ecc...) dal vangelo (secondo...), ma lettura (del profeta, ecc...) lettera (di san Paolo, ecc...)

22

Ibid., n. 78.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com lettura del vangelo (secondo...). In primo piano lintero libro biblico di cui la pericope parte. In termini qualitativi il Lezionario ambrosiano festivo de tempore estende a tutte le domeniche e le feste dellanno il criterio metodologico, ben rintracciabile nella sua lunga tradizione, della convergenza tematica delle tre letture bibliche proclamate. Il tema su cui convergono le letture anzitutto il mistero celebrato in quella domenica, solennit o festa. Questo avviene, ovviamente, per le festivit del Signore e per le domeniche dei tempi di avvento, natale, quaresima e pasqua, che tematizzano di volta in volta un aspetto del mistero del tempo. Va qui sottolineato il fatto che, pur con scelte testuali anche molto differenti, questo modo di procedere risulta comune anche al Lezionario romano. Il Lezionario ambrosiano de tempore per, estende tale criterio anche alle domeniche dei tempi dopo lepifania e dopo pentecoste che, come gi accennato, vanno a ricoprire il ruolo finora attribuito alle due sezioni del tempo ordinario. Nel primo caso (tempo dopo lepifania), il mistero celebrato dato, sulla scia della solennit dellepifania, da un segno epifanico, cio da uno dei segni manifestativi della pienezza della gloria divina che abita la santa umanit di Ges: il battesimo al Giordano; le nozze di Cana; la moltiplicazione dei pani; la tempesta sedata e il cammino sulle acque; i miracoli di guarigione che manifestano la signoria del Cristo sulla vita; i miracoli di guarigione che manifestano la filantropia del Cristo verso lumanit dolente; i segni della vittoria del Cristo sul demonio. Nel secondo caso, il mistero celebrato dato da una tappa della storia della salvezza con cui Dio ha educato il popolo dIsraele, predisponendolo a ricevere la rivelazione del suo amore trinitario nella pienezza dei tempi. Nellun caso e nellaltro viene meno la scelta di stampo monastico della lectio continua o semi-continua del vangelo (in riferimento al quale scelta la prima lettura) e della seconda lettura. La perdit del cosiddetto vangelo dellanno (Matteo, per lanno A; Marco, per lanno B; Luca, per lanno C), di cui si molto parlato allindomani della promulgazione del Lezionario ambrosiano de tempore, la ricaduta pi originale o, a secondo della valutazione, la pi problematica dellintera impresa, quella che pi chiede allomileta, oltre che alla comunit, una modifica delle abitudini mentali e liturgico-spirituali. Egli infatti chiamato a prendersi carico in toto delle tre letture bibliche s. Ambrogio usava lespressione raffrontare insieme le Scritture (scriptorum conlatione Premesse n. 10) a ricercarne il filo rosso che le collega, tenendo conto che, se imprescindibile il fatto che tutta la Scrittura, antico e nuovo testamento, annuncia Cristo e la sua Chiesa, a lui intimamente congiunta, diversi sono i moduli con cui questo avviene: dal vangelo alla lettura, passando dallepistola; dalla lettura al vangelo, sempre passando dallepistola; dallepistola, passando vuoi dalla lettura, vuoi dal vangelo. Il tutto vissuto nella consapevolezza che il compito dellomelia inscindibilmente catechetico-mistagogico: deve istruire nella fede e nella vita morale e spirituale, ma soprattutto deve introdurre allincontro con il mistero di Cristo, che si d inscindibilmente nella parola proclamata e nel sacramento. Una circolarit virtuosa deve cio instaurarsi tra ascolto / comprensione del testo e incontro nella Chiesa, per il tramite della parola e del sacramento, con colui che il testo ci fa riconoscere come Signore. Di conseguenza, nel Lezionario ambrosiano de tempore i tre anni del ciclo festivo non si distinguono pi in ragione del vangelo dellanno, ma in forza della diversa prospettiva di lettura del medesimo mistero celebrato. Pu cos capitare che nello stesso anno ad esempio, lanno A il vangelo della III domenica dopo lepifania sia preso da Luca, quello della IV domenica da Matteo e quello della V domenica da Giovanni, in ragione dellunit misterico-tematica di quelle domeniche.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Non sempre il tema su cui le tre letture festive convergono avr levidenza di un mistero cristiano celebrato. A volte potr essere percepito piuttosto come una categoria della fede o un argomento cristiano maggiore. Per fare qualche esempio, possiamo citare: la divina clemenza e il perdono (penultima e ultima domenica dopo lepifania); il precetto dellamore (quinta domenica dopo il martirio di san Giovanni il precursore); il mandato missionario e luniversale vocazione dei popoli alla salvezza (I e II domenica dopo la dedicazione). Anche in questi casi vale quanto detto sopra: non sar pi il vangelo dellanno a comandare lordinamento delle letture di una domenica, ma il tema domenicale, che viene specificato di volta in volta entro la complessiva articolazione di un tempo liturgico. c) La disposizione di itinerari biblici organicamente connessi alla scansione liturgica del tempo (saggio esemplificativo sullordo lectionum del tempo dopo pentecoste)

Un caso specifico dato dallordinamento delle letture nelle domeniche che intercorrono tra la solennit di pentecoste e la festa del martirio di san Giovanni il precursore, che a secondo degli anni, possono andare da un massimo di 15 a un minimo di 11. Tolta la domenica della ss. Trinit, che segue immediatamente la domenica di pentecoste, dalla seconda domenica dopo pentecoste alla domenica che precede il martirio di san Giovanni il precursore, il Lezionario ambrosiano de tempore propone lascolto del disegno damore di Dio per luomo nella storia, che, a partire dal mistero della creazione, giunge alle soglie del mistero dellincarnazione. un esempio particolarmente qualificato di quello che mi piace definire la disposizione di itinerari biblici organicamente connessi alla scansione liturgica del tempo. Da pentecoste al martirio del Battista, la comprensione del mistero della Chiesa, corpo vivo del Signore, avviene attraverso un ordo lectionum incentrato su alcuni significativi passaggi della storia della salvezza in Israele, da rileggere, alla luce dellepistola e del vangelo, come storia di salvezza che appartiene a tutte le genti chiamate a costituire il popolo della nuova alleanza. Semplificando al massimo, la lettura, nel ciclo dei tre anni, propone questo itinerario, che lapostolo Paolo e lannuncio evangelico permettono di cogliere come itinerario della fede cristiana: La creazione e il suo splendore (domenica II); La creazione delluomo e la sua originaria relazione con Dio (domenica III); Il peccato dorigine e la presenza del male nella storia (domenica IV); La vocazione e la fede di Abramo (domenica V); Il ministero di Mos (domenica VI); Il servizio di Giosu (domenica VII); Samuele e i Giudici in Israele (domenica VIII); La figura regale di Davide (domenica IX); La figura regale di Salomone (domenica X); La figura profetica di Elia (domenica XI); Il dramma di Geremia e la caduta di Gerusalemme (domenica XII); Il ritorno dallesilio (domenica XIII); Esdra e Neemia e la nuova vita religiosa di Israele (domenica XIV); La testimonianza dei Maccabei (domenica che precede il 29 agosto, da celebrarsi obbligatoriamente). Nella sequenze di queste domeniche la dimensione catechetica della parola di Dio proclamata la conoscenza della storia della salvezza si salda, senza soluzione di continuit, con la sua dimensione mistagogica il riconoscimento dei misteri di Cristo in figura .

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com 2.1.2. Annotazioni allordo lectionum sabbatico e feriale Come gi preannunciato, distinguo tra il sabato e i giorni feriali, anche se, a livello di pubblicazione, luno e gli altri sono editati insieme. a) La configurazione festiva del sabato e il suo speciale ordinamento biblico

Allorigine di questa scelta sta lobbedienza della Chiesa ambrosiana al magistero di santAmbrogio che, in consonanza con lantica disciplina delle chiese orientali, aveva riaffermato il carattere festivo assegnato da Dio al sabato, proibendo lestensione del digiuno quaresimale a tale giorno23. In altri termini, si potrebbe affermare che il santo vescovo di Milano, recependo lantica disciplina ecumenica, si faceva paladino nella Chiesa di Milano di un fine settimana della fede da vivere, prima (il sabato), nella gioia riposante della meditazione della Legge e, poi (la domenica), nella sobria ebbrezza della comunione sponsale con il Signore risorto. Un riflesso di questantica e persistente fedelt alla qualit festiva del sabato, attestato nel tufo pi profondo della tradizione ambrosiana e ripreso gi con il supplemento ambrosiano del 1976, quello dello speciale ordinamento festivo delle letture dei sabati quaresimali, a forte tonalit battesimale. Sullo spunto di questo tradizionale paradigma quaresimale, il nuovo Lezionario ambrosiano de tempore ha esteso ai sabati di tutto lanno la struttura festiva delle letture (lettura, epistola, vangelo): Geremia o Ezechiele, Ebrei, Matteo nei sabati di avvento; Atti, Paolo e Giovanni nei sabati del tempo di pasqua. La novit di questa scelta appare soprattutto nei tempi dopo lepifania e dopo pentecoste. La lettura sempre tratta dai libri del Pentateuco (ad esclusione del libro della Genesi gi utilizzato per le ferie quaresimali), sulla scia della proclamazione sabbatica della Legge, che ha alimentato lesperienza religiosa dei primi discepoli e li ha preparati a riconoscere in Ges il Cristo di Dio24. Alle pagine del Pentateuco corrisponde di volta in volta un salmo responsoriale assunto dalla sezione del salterio che va dal salmo 94 (95) al salmo 98 (99). Questo dato stato presentato giornalisticamente come un elemento di incontro con la tradizione ebraica. La cosa ha una sua parte di verit, purch non si dimetichi che lascolto della Legge (lettura) sempre accompagnata da unepistola paolina e da un vangelo, che si incaricano di darne una piena comprensione nella luce di Cristo. b) La variet degli schemi di lettura feriali: dallo schema base binario (lettura, vangelo) allo speciale schema ternario a base veterotestamentaria (lettura, lettura, vangelo)

Rispetto alla semplicit del Lezionario feriale romano dobbiamo parlare per il Lezionario ambrosiano feriale de tempore di una certa maggiore complessit. Lo schema base si attiene alla struttura binaria lettura (dallAntico o dal Nuovo Testamento - ad es. le ferie dopo il martirio di san Giovanni il precursore) e vangelo. Esso praticato nei tempi di pasqua, dopo lepifania e dopo pentecoste. A questo schema base si accompagna una speciale struttura ternaria (due letture veterotestamentarie e il vangelo) prevista dalla celebrazione eucaristica delle ferie quaresimali fino al mercoled della settimana autentica e, per analogia, dalla celebrazione eucaristica delle ferie di avvento, ferie prenatalizie
23

In quaresima si digiuna tutti i giorni, eccetto il sabato e la domenica (AMBROGIO, De Helia et ieiunio 10, 34). 24 Premesse, n. 127.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com dellAccolto (de Exceptato) comprese. Si rapportano a questo peculiare modello anche la celebrazione della passione del Signore del venerd santo e la celebrazione vespertina nella deposizione del Signore di quello stesso giorno.

2.2.

Fedelt creativa al progetto conciliare di aprire pi ampiamente ai fedeli i tesori della sacra Scrittura

Volendo recuperare gli elementi di una fedelt creativa al progetto conciliare di aprire pi ampiamente ai fedeli i tesori della sacra Scrittura, ci dobbiamo spostare su quattro criteri di natura metodologica.

2.2.1. I tre cicli festivi e i due cicli feriali: abbondanza testuale, ricchezza dellannuncio, impegnativit ermeneutica Il primo la conferma per il Lezionario ambosiano de tempore dei tre cicli festivi (A B C) e dei due cicli feriali (I II) parziali (doppio ciclo di lettura, unico ciclo di vangelo). Lapplicazione pu prevedere modalit attuative differenti (si consideri, ad es. il caso delle domeniche di quaresima dove la ciclicit triennale vale per la lettura e lepistola, ma non per il vangelo, che resta a ciclo unico), ma la logica la stessa: garantire un ampio ascolto delle sacre Scritture in modo da attivare un processo virtuoso di conoscenza delle stesse, attesa la parola di san Girolamo: Lignoranza della Scrittura ignoranza di Cristo25. Si parte dunque da unabbondanza testuale (circa un 20% in pi rispetto alluso precedente) al servizio della ricchezza dellannuncio in vista di abbondanti frutti di vita secondo lo Spirito. Tutto questo comporta un grande impegno ermeneutico da parte dei destinatari del Lezionario (dai pastori ai fedeli), fatto di competenza biblica e liturgica, luna e laltra messe al servizio del cammino spirituale delle comunit nel corso degli anni. Come si legge nelle Premesse, il Lezionario ambrosiano de tempore posto primariamente al servizio della celebrazione dei misteri, pu considerarsi a buon diritto anche uno strumento pedagogico e catechetico di straordinaria efficacia per incrementare la formazione cristiana dei fedeli. Lordinamento delle letture della messa, mettendo a disposizione dei fedeli le ricchezze della sacra Scrittura, li rende familiari con i grandi temi e i grandi eventi della storia della salvezza che hanno la loro piena attuazione nel mistero pasquale, di cui la celebrazione eucaristica la continua ripresentazione sacramentale26. La parola ora passa dal Lezionario ai sussidi necessari per la sua recezione e il suo migliore utilizzo27.

2.2.2. Il salmo responsoriale: il salterio per la celebrazione eucaristica Il secondo criterio la conferma del salmo responsoriale come modalit ordinaria di utilizzo del salterio allinterno della celebrazione eucaristica. Il salmello, che era la
25 26

Citato in CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, Dei Verbum, n. 25. Premesse, n. 63. 27 Tra questi si segnalano: il commento alle letture del Lezionario ambrosiano festivo, previsto in nove volumi, del biblista F. MANZI, per i tipi della casa editrice ncora; le meditazioni sulle letture del Lezionario ambrosiano feriale, previsto in quattro volumi, del prevosto di Lecco, F. CECCHIN, in uscita presso la stessa casa editrice.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com forma ambrosiana di utilizzo del salterio prima della riforma liturgica, stata mantenuto solo nel caso delle letture vigiliari, mentre il salmo responsoriale diventato il modo consueto di rispondere alla lettura biblica con una preghiera altrettanto biblica. Grazie allarticolazione festiva feriale del Lezionario, i fedeli possono familiarizzare con la preghiera dIsraele, che la Chiesa, fin dallinizio, sullesempio di Ges e degli apostoli, ha fatto propria.

2.2.3. Il criterio della lectio continua modulata sui tempi liturgici Il terzo criterio luso della lectio continua o semi-continua nellordinamento del Lezionario ambrosiano feriale de tempore. I fedeli che partecipano regolarmente alla messa feriale ovviamente molti di meno rispetto ai partecipanti alla messa festiva hanno cos lopportunit di frequentare in modo pi assiduo e metodico le sacre Scritture. In una tabella si pu avere il quadro riassuntivo delle principali scelte operate:
TEMPO LITURGICO LETTURA LETTURA VANGELO

tempo di avvento

I: Geremia I-II: Profeti II: Ez minori tempo dopo lepifania I-II: Libri sapienziali -----(Sir; Sap; Qo) tempo di quaresima I-II: Gen I-II: Pr tempo di pasqua I-II: At -----settimane dopo I-II: Libri storici -----(Es; Lv; Nm; Dt; pentecoste Gs; Gdc; 1Sam; 2Sam; 1Cr; 2Cr; 1Re; 2Re; Esd; Ne; Gdt; 1Mac; 2Mac) settimane dopo il I-II: Lettere -----martirio apostoliche di san Giovanni il (1Gv; 1Pt; 3Gv; Gc; precursore 2Pt; Gd; Fm; 1Tm; 2Tm) settimane dopo la I-II: Ap -----dedicazione

I-II: Mt 4-23 I-II: Mt 1-13 I-II: Mt 5-7 I-II: Gv 1-14 I-II: Lc 4-15

I-II: Lc 15-24

I-II: evangelisti

Vari

Un esempio di applicazione della lectio continua (o semi-continua) nel Lezionario feriale de tempore quello della distribuzione dei vangeli in rapporto ai vari tempi liturgici. Il vangelo di Matteo (capp. 4-23) letto in lettura semi-continua nelle ferie di avvento, fino alle ferie prenatalizie dellAccolto escluse, con lomissione dei capitoli 5-7, letti in lettura continua nelle ferie delle prime quattro settimane di quaresima. Il vangelo di Marco (capp. 1-13) letto in lettura semi-continua nelle ferie del tempo dopo lepifania; il vangelo di Giovanni (capp. 1-14) letto in lettura semi-continua nelle ferie del tempo pasquale (dato in comune con il Lezionario romano); il vangelo di Luca (capp. 4-24), lunico di cui abbiamo un commento di s. Ambrogio, letto in lettura semi-continua nelle

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com ferie delle settimane dopo pentecoste e dopo il martirio, da pentecoste alla III domenica di ottobre (domenica della dedicazione).

2.2.4. La parola di Dio proclamata nella lingua viva dei fedeli Lultimo criterio, il pi scontato alle nostre orecchie, ma tuttaltro che da trascurare, quello della proclamazione della parola di Dio nella lingua viva dei fedeli, che per il rito ambrosiano significa la lingua italiana. A proposito della versione italiana della bibbia adottata nel Lezionario ambrosiano de tempore le Premesse si esprimono in modo lapidario: Il testo italiano concorda con la nuova versione CEI (2007), approvata ufficialmente per luso liturgico28. Ci significa che con la prima domenica di avvento 2008, insieme al nuovo ordinamento ambrosiano delle letture, entrato in vigore anche per le comunit di rito ambrosiano la nuova versione italiana della bibbia, approvata dalla Conferenza Episcopale Italiana e confermata dalla Sede Apostolica per luso liturgico. Grazie al Lezionario ambrosiano de tempore anche i fedeli ambrosiani hanno cominciato a familiarizzare con la nuova versione italiana, rendendosi conto di quanto la memoria biblica venga plasmata domenica dopo domenica, giorno dopo giorno, dalla semplice proclamazione liturgica delle sacre Scritture. Criteri strutturanti lordo lectionum ambrosiano de sanctis

3.

Dei tre Calendari (comune, proprio di Milano, urbano della Sede metropolitana), che fanno da base al Lezionario ambrosiano de sanctis ho gi fatto cenno nella prima parte. Espongo qui, in forma necessariamente sintetica alcuni dei criteri adottati per la composizione dellordo lectionum ambrosiano de sanctis.

3.1.

La generalizzazione dello schema festivo ternario Lettura Epistola Vangelo e luso alternativo della lettura agiografica nelle celebrazioni dei santi patroni

Secondo luso ambrosiano i formulari di letture sono tutti a schema festivo ternario lettura, epistola (paolina), vangelo, a prescindere dal grado della celebrazione. In questa ripresa di un dato caratteristico della tradizione ambrosiana si evidenziano almeno due significati complementari: offrire la possibilit di tratteggiare la figura spirituale del santo in modo pi ricco; onorare la santit di questi figli della Chiesa come un riflesso luminoso della santit di Dio rivelata nelle Sacre Scritture. Le tre letture sono da usarsi obbligatoriamente nelle solennit e feste, mentre restano una possibilit nelle memorie, sia obbligatorie che facoltative. Qualora per, per buone ragioni pastorali, si decidesse di valorizzarle, anche nel caso di una semplice memoria facoltativa non si possono ridurre arbitrariamente. Alla lettura, tratta dallantico testamento o dagli scritti apostolici non paolini, segue ordinariamente il salmo responsoriale. Ecco perch nei testi alternativi del Comune si trova sempre insieme la lettura con il suo salmo. Fanno eccezione le quattro celebrazioni vigiliari delle solennit di s. Ambrogio (7 dicembre), della nativit di s. Giovanni Battista (24 giugno), dei ss. Pietro e Paolo (29 giugno), dellassunzione della beata Vergine Maria (15 agosto), che, dopo la
28

Premesse, n. 226.

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com lettura vigiliare, recuperano il salmello e lorazione. La presenza nel Lezionario ambrosiano de sanctis di queste quattro celebrazioni vigiliari conferma la sensibilit vigiliare del rito ambrosiano, gi fortemente sottolineata nel Lezionario ambrosiano de tempore. Peculiarit ambrosiana anche la possibile sostituzione, nella celebrazione dei santi patroni, della lettura biblica con una lettura agiografica. Lintento appare chiaro: dare modo a tutti i fedeli di conoscere meglio la vita e lopera di un santo patrono, perch ne venga imitato lesempio. La vita del santo patrono diventa essa stessa, in certo modo, parola di Dio, e la storia della Chiesa, a livello locale, nazionale o europeo, nei santi Patroni si mostra come una storia di salvezza. Nel Lezionario sono riportate otto letture agiografiche: per i patroni della diocesi, Ambrogio e Carlo; per i patroni dItalia, Caterina da Siena e Francesco dAssisi; per i patroni dEuropa Cirillo e Metodio, Benedetto, Brigida, Teresa Benedetta della Croce. La nona il racconto della traslazione delle reliquie di san Nazro martire, tratto dalla Vita di s. Ambrogio di Paolino, per la solennit del 10 maggio, a Milano, nella basilica dei Santi Apostoli e Nazro Maggiore. La lettura agiografica termina con lacclamazione Onore e gloria al Signore Nostro Ges Cristo, che regna nei secoli dei secoli, cui corrisponde lAmen dellintera ssemblea. Larricchimento del Lezionario comune per una migliore caratterizzazione delle tipologie santorali

3.2.

Una cura particolare stata posta nellelaborazione del Lezionario comune dei santi, dove si raccolgono i formulari biblici relativi alle diverse tipologie di santit. Le grandi tipologie della santit i martiri, i pastori, i dottori della Chiesa, le vergini, i santi e le sante che non rientrano nelle categorie precedenti, cui si aggiunge il comune della dedicazione non sono mutate. Pi ricca e articolata appare invece la suddivisione interna ad ogni tipologia, che presenta, tra laltro, alcune significative novit. La prima riguarda la presenza nel formulario per un martire e una martire di testi alternativi per santi innocenti, uomini e donne che, pur non essendo stati uccisi direttamente in odio alla fede (ragione specifica del martirio), sono venerati dalla Chiesa come martiri. Si pensi, ad es., ai santi Giovanni Fischer e Tommaso More (22 giugno), Massimiliano Kolbe (17 agosto), Giosafat (12 novembre), Tommaso Becket (29 dicembre). La loro vita fu offerta in sacrificio in unione allAgnello immolato, anche se i carnefici furono purtroppo dei fratelli nella fede. La seconda quella di uno specifico formulario di letture per un santo Vescovo della Chiesa milanese, a sottolineare che la santit episcopale acquista tratti distintivi entro una specifica tradizione ecclesiale come la nostra. Queste letture sono soprattutto valorizzate per celebrare i santi vescovi milanesi del Calendario urbano della Sede Metropolitana (s. Protaso e s. Benigno 26 novembre; s. Castriziano 1 dicembre; s. Mirocle 2 dicembre; s. Martiniano 3 gennaio; s. Dazio 14 gennaio; s. Giovanni Bono 15 gennaio, ecc). La terza quella di peculiari indicazioni di letture per santi sposi allinterno della grande e un po generica tipologia dei santi e delle sante. Con questa scelta si voluto dare un giusto rilievo al fatto che alcuni dei santi celebrati hanno maturato il loro cammino di santit nella vocazione sponsale, anche nel caso in cui la loro esistenza sia poi sfociata in una vera e propria consacrazione al Signore nella vita religiosa. Per fare qualche esempio: s. Margherita di Scozia (16 novembre); s. Elisabetta di Ungheria (17 novembre); s. Enrico

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Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com (13 luglio); s. Luigi (IX di Francia 25 agosto), traggono anche da specifiche letture per santi sposi il loro ordo lectionum.

3.3.

La connotazione esclusiva delle feste della beata Vergine Maria e degli apostoli

Nellelencare le grandi tipologie agiologiche che compongono il Comune dei santi non ho parlato del comune della beata Vergine Maria e del comune degli apostoli. Tale silenzio dovuto al fatto che nel Proprio dei santi ogni celebrazione mariana ha il suo specifico lezionario, obbligatorio nel caso di una solennit o festa, ad libitum nel caso di una memoria obbligatoria o facoltativa, mentre ogni festa di apostolo ha il suo lezionario obbligatorio. Ma, dal momento che le messe mariane sono frequenti anche al di fuori delle feste liturgiche in calendario, sia in occasione di pellegrinaggi ai santuari, sia per specifiche ragioni votive, il Lezionario ambrosiano de sanctis anticipa in appendice i formulari di letture per le messe votive della beata Vergine Maria distribuiti secondo i misteri e i tempi dellanno liturgico. Un sistema articolato di letture proprie e di rinvii al comune nellordo lectionum delle memorie

3.4.

In ciascuno dei due volumi del Lezionario ambrosiano de sanctis previsto il Proprio e il Comune dei santi, cio dapprima lordinamento delle letture riguardante i santi e i beati nella loro data di celebrazione (Proprio) e successivamente lordinamento delle letture relativo alle grandi tipologie santorali dei martiri, dei pastori, dei dottori della Chiesa, delle vergini, dei santi e sante (Comune) o meglio ancora alle diverse categorie che compongono ciascuna delle cinque tipologie generali (ad es. nella tipologia dei martiri: per un martire o una martire, per un vescovo martire, per un missionario martire, per una vergine martire, per pi martiri). Lintreccio tra le due sezioni si attiva per le memorie (obbligatorie e facoltative) dei santi qualora si valutasse pastoralmente utile abbandonare le letture del giorno corrente per accedere al Lezionario ambrosiano de sanctis: il Proprio dei santi in molti casi rinvia al Comune, per singoli testi o per interi formulari; il Comune dispone pi formulari, quelli base e quelli alternativi, usabili in tutto o in parte con un ampio margine di scelte opzionali. Uso questo modo di esprimermi perch le letture per le memorie sono sempre introdotte da una rubrica del tipo: Letture del giorno corrente oppure dal comune (se tutte le letture sono tratte dal Comune dei santi); Letture del giorno corrente oppure le seguenti (se le letture sono in tutto o in parte specifiche e quindi assenti dal Comune dei santi). Questo avviene in ragione del fatto che il sacerdote che celebra con la partecipazione del popolo avr la massima cura nel favorire la proclamazione delle letture assegnate per i singoli giorni dal Lezionario feriale, evitando di ometterle troppo spesso e senza una vera utilit pastorale29.

4.

Il corredo iconografico

Non posso concludere questa presentazione senza accennare al corredo iconografico del Lezionario ambrosiano de tempore e de sanctis, fortemente voluto dal
29

Ibid., n. 89.

162

Simpo PDF Merge and Split Unregistered Version - http://www.simpopdf.com Capo rito e dalla Congregazione del rito ambrosiano in collaborazione con lUfficio beni culturali della diocesi di Milano30 affinch anche attraverso limmagine artistica risultasse potenziata la forza comunicativa della Parola. Per non procedere a caso nella scelta delle immagini da inserire nei volumi festivi del Lezionario ambrosiano de tempore e nei volumi del Lezionario ambrosiano de sanctis la Commissione preposta ha individuato i seguenti criteri generali: la territorialit ambrosiana; la diacronia e multiespressivit; lapertura allarte contemporanea. In primo luogo, tutte le immagini riportate sono state prese dallambito territoriale ambrosiano, comprensivo non solo della diocesi di Milano, ma anche della val Canobina nel novarese, delle Tre Valli svizzere del Canton Ticino, della vicaria di Calolziocorte e dellAlta val Brembana nella bergamasca. In questa scelta si voluto evidenziare il rapporto fecondo tra rito e arte, tra rito e cultura, senza per dimenticare che il territorio ambrosiano stato nei secoli luogo di interscambio culturale che lo ha reso spazio aperto e permeabile alle grandi avventure della comunicazione artistica europea e mondiale. Nasce da questultima considerazione lulteriore criterio di non escludere alcun periodo storico (la diacronia), n linguaggio particolare o tecnica specifica (la multiespressivit). Come scrive Domenico Sguaitamatti, coordinatore del progetto, la ricerca iconografica ha spaziato davvero ad ampio raggio, scontrandosi ovviamente con la ricchezza quantitativa, la straordinaria bellezza qualitativa e la profonda pregnanza tematica e di contenuto che caratterizza la nostra arte sacra31. La scelta di non escludere alcuna stagione o tecnica artistica non poteva che sortire unultima decisione, quella di fare spazio al linguaggio dellarte moderna e contemporanea, purch religiosamente corretta e fedele espressione artistica del nostro tempo32. Ci avvenuto collocando le immagini di arte moderna e contemporanea ad apertura delle parti strutturalmente pi ampie dei volumi, allo scopo di porre luomo contemporaneo di fronte al Mistero Eterno che a lui si rivela, nella sua molteplice verit, lungo lanno liturgico33.

30

Cfr. D. SGUAITAMATTI, Il persorso iconografico. Criteri, scelte, lettura pastorale di alcune immagini poste a servizio della Parola, in Ambrosius 85 (2009) fasc. 1 (speciale), 225-235. 31 Ibid., p. 228. 32 Ibid., p. 228. 33 Ibid., p. 229.

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INDICE GENERALE
PREMESSE METODOLOGICHE 1. Lo studio della liturgia nelle indicazioni del Magistero 1.1. La Deus Scientiarum Dominus 2 1.2. Sacrosanctum Concilium 16 2 1.3. La Ratio fundamentalis (1970) 3 1.4. La Formazione liturgica nei Seminari (1979) 4 1.5. Rilievi conclusivi Per lesame Per ulteriori approfondimenti Capitolo I LA VISIONE TEOLOGICA DELLA LITURGIA SECONDO IL VATICANO II 1. Il punto di partenza 2. La liturgia ultimo momento nella storia della salvezza 3. La presenza personale di Cristo nella liturgia 3.1. La presenza nella persona del ministro 3.2. La presenza nella Parola proclamata 14 3.3. La presenza nellassemblea adunata in preghiera 4. La definizione conciliare di liturgia 5. Necessit non esaustivit della liturgia 6. La reformabilit della liturgia Capitolo II LA LITURGIA DELLE ORIGINI CRISTIANE 1. La prassi rito cultuale del Nuovo Testamento 1.1. Gli atti rito cultuali 19 1.2. Il luogo dellassemblea liturgica 1.3. Il tempo della celebrazione 2. Liturgia e culto in Spirito e Verit 2.1. Leiturga dallAntico al Nuovo Testamento 2.2. Culto (latrea) dallAntico al Nuovo Testamento 23 3. Sacrificio altare tempio e sacerdozio nella rilettura del NT 3.1. Il sacrificio 3.2. L'altare 3.3. Il tempio 3.4. Il sacerdozio 4. Rilievi conclusivi Capitolo III LA LITURGIA ALLEPOCA DEI PADRI (SECC. II-VII) I. LA LITURGIA CRISTIANA AL TEMPO DELLE PERSECUZIONI (SECC. II-III) II. LA LITURGIA CRISTIANA NELLA GRANDE PATRISTICA (SECC. IV-VII) 1. Lincidenza della svolta costantiniana 35 1.1. Culto cristiano a dimensione pubblica 35 1.2. Cambio di prospettiva dellazione pastorale della Chiesa 37 2. Il dogma alla prova della liturgia 38 9 9 11 12 14 2 2

5 8 8

15 15 17 18 19 19

20 21 21 21

25 25 25 25 27 30 32 32 35

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2.1. Ut legem credendi lex statuat supplicandi 39 2.1.1. La frase nel suo contesto 2.1.2. I criteri per la sua corretta applicazione 2.2. Ut legem supplicandi lex statuat credendi 41 2.2.1. 42 2.2.2. 2.2.3. Linvocazione di Maria madre di Dio Le solennit dellEpifania e del Natale 43 La dossologia trinitaria 40 40

44 3. Creazione e fissazione dei testi liturgici: alle sorgenti del patrimonio eucologico cristiano 48 3.1. Dire secondo le proprie capacit 48 3.2. Scrivere quanto si deve dire 49 3.2.1. Le anafore 51 3.2.2. Le orazioni 51 4. La liturgia tra teologia e pastorale 54 4.1. Leone Magno (440-461) 54 4.2. Gregorio Magno (590-604) 57 EXCURSUS I: UNICA LITURGIA PLURALIT DI RITI 59 Capitolo IV LA LITURGIA LUNGO IL MEDIOEVO (SECC. VII-XV) I. LA LITURGIA NELLALTO MEDIOEVO 1. Lordinamento liturgico romano 2. Il passaggio al mondo franco germanico 2.1. Novit nella preghiera presidenziale 2.2. Una nuova temperie liturgico spirituale Ii. DALLA RIFORMA GREGORIANA AI LIBRI LITURGICI DELLA CURIA ROMANA 1. La riforma gregoriana in campo liturgico 2. Il secolo XII 3. Il secolo XIII 4. Rilievi conclusivi Capitolo V LA LITURGIA IN EPOCA TRIDENTINA (SECC. XVI-XIX) I. LA RIFORMA LITURGICA TRIDENTINA 1. Prima del concilio 1.1. Il Libellus del 1513 1.2. Martin Lutero (1483-1546) 2. Al concilio (1545-1563) 3. Limmediato dopo concilio II. IL SEICENTO E IL SETTECENTO LITURGICI 1. La prassi liturgica in epoca barocca 1.1. Orientamenti controriformisti in campo liturgico 1.2. Lo iato tra liturgia ufficiale e piet popolare 1.3. Canto e musica 2. La prassi liturgica nei secoli dei lumi 2.1. Linteresse storico - erudito 2.2. Lesigenza di riforma Capitolo VI OTTOCENTO NOVECENTO LITURGICI 1. I prodromi del Movimento Liturgico 1.1. La situazione di partenza 1.2. Lavvio di un cammino 2. Il Movimento Liturgico nel sec. XX e lenciclia Mediator Dei 75 75 75 75 76 78 79 80 81 81 84 85 86 86 87 90 90 90 91 93 62 62 62 63 65 66 68 68 70 72 74

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2.1. Lambert Beauduin (1873-1953) 2.2. Odo Casel (1886-1948) 2.3. La sintesi della Mediator Dei (1947) 96 Lapprodo conciliare e il cammino della riforma dopo il concilio 3.1. La struttura della Sacrosanctum Concilium 3.2. La riforma postconciliare Appendice: Il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI 109 93 95

3.

99 100 106

Capitolo VII LANNO LITURGICO: NOTE INTRODUTTIVE 1. La definizione conciliare di anno liturgico 2. La formazione e la struttura globale dellanno liturgico 3. Un approfondimento specifico: la domenica Capitolo VIII LA LITURGIA DELLE ORE: NOTE INTRODUTTIVE 1. I nomi della preghiera liturgica oraria 122 1.1. Ufficio divino 1.2. Breviario 1.3. Liturgia delle ore 2. Le ore liturgiche: i tempi, le motivazioni e i modi della loro celebrazione 2.1. I tempi 2.2. Le motivazioni 2.3. I modi 3. Teologia e spiritualit della liturgia delle ore 3.1. Lufficio divino preghiera liturgica 3.2. Il proprio della liturgia delle ore 133 Capitolo IX Il Lezionario ambrosiano a norma dei decreti del Concilio Vaticano II 1. Cronistoria ragionata di una riforma 2. Criteri strutturanti lordo lectionum ambrosiano de tempore 3. Criteri strutturanti lordo lectionum ambrosiano de sanctis 4. Il corredo iconografico INDICE GENERALE 122

113 113 114 117

122 123 123 125 125 125 128 130 130

135 135 140 147 150 151

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