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Juan Enriquez, presidente della nuova compagnia, ex direttore del Life Sciences Project alla Harvard
Business School, e capo esecutivo della Biotechonomy, che finanzia la Synthetic Genomics, ha rilasciato
alcune dichiarazioni: “La nuova azienda sarà in grado di sintetizzare interamente nuove catene di DNA con
l’obiettivo di comandare particolari funzioni vitali una volta inserite nelle cellule”.
Si sta dunque per materializzare l’incubo che Mary Shelley aveva già cercato di esorcizzare, con scarso
successo, in epoca illuministica: la prima fabbrica di “frankstencells”, come sono state ribattezzate in
America, sta per aprire i battenti. Niente esseri mostruosi in carne ed ossa, almeno per il momento, ma pur
sempre forme di vita create artificialmente in laboratorio.
“Abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi sui grandi problemi globali”, continua Enriquez, “come le fonti
di energia e il riscaldamento globale. In particolare, stiamo cercando di ottimizzare i microorganismi che
generano etanolo e idrogeno per poterli utilizzare nell’industria basata sul carbonio, Un volta che riusciamo a
programmare individualmente il funzionamento di una cellula, possiamo rivoluzionare l’industria globale su
larga scala”.
E, perché no, anche finire di compromettere le poche, sane, forme di vita rimaste.
“Terremo in gran conto anche la questione etica”, dice ancora Enriquez, “crediamo fermamente nella Green
Revolution che vediamo come la prossima rivoluzione industriale”. È per questo che si sentono in diritto di
appropriarsi della vita altrui o forse per andare incontro alla loro “volontà di onnipotenza” ?
Tre organizzazioni - il Massachusetts Institute of Technology (MIT), il J Craig Venter Institute, il Center for
Strategic and International Studies - hanno avviato nello stesso periodo uno studio di 15 mesi per esaminare
a fondo le diverse implicazioni, sia benefici che rischi, della biologia sintetica commerciale, in modo da
prevenire eventuali abusi (c'è da starne certi, ndr), come la possibile creazione di terribili armi biologiche.
“Il campo della genomica sintetica offre il potenziale per un avanzamento scientifico senza precedenti”, ha
dichiarato Venter (che altro poteva dire, ndr), “incluso lo sviluppo di sorgenti di energia alternative e la
produzione di nuovi vaccini e nuove medicine”.
Il primo virus sintetico è stato assemblato nel 2002 da un team della State University of New York per un
programma di guerra biologica finanziato dal Pentagono. Il virus è stato creato da 0 usando la sequenza
genetica del virus polio, un virus non proprio innocuo. Agli inizi di quest'anno, scienziati della Rockefeller
University hanno prodotto piccole vescicole sintetiche in grado di processare l'informazione genetica nello
stesso modo in cui lo fanno i batteri.
Il movimento, guidato dalla “genomica sintetica” dello spregiudicato Craig Venter, sta attraendo grandi
investimenti e tutti I big del settore, che si sono ritrovati lo scorso agosto al “Life Engineering Symposium” di
San Francisco. “La biologia sintetica non è altro che una forma più avanzata di ingegneria genetica”, dice
George Church, ricercatore dell’Harvard Medical Center, “è una sfida alla distinzione tra naturale e
artificiale”.
Creare un sistema biologico personalizzato significa in pratica scrivere sequenze di DNA partendo da 0. I
biologi sintetici hanno già creato svariati virus artificiali, come il polio, partendo da singoli geni acquistati dalle
compagnie biotech, mentre in Isreaele si sta realizzando il primo computer al DNA in grado di eseguire
funzioni matematiche. La fondazione di Bill Gates sta finanziando con 42 milioni di dollari un gruppo di
ricercatori della Berkeley per creare un nuovo vaccino contro la malaria ricombinando il materiale genetico
del batterio E.Coli. “Stiamo costruendo parti separate che poi potranno essere assemblate e trasformate in
sistemi biologici funzionanti”, dice Jay Keasling, a capo del dipartimento di Biologia Sintetica del Lawrence
Berkeley National Laboratory.
Secondo l’attuale tasso di crescita e sviluppo delle biotecnologie, entro il 2010 un singolo biologo sintetico
sarà in grado di sintetizzare una coppia di genomi umani al giorno partendo da 0. Semplicemente scrivendo
la sequenza e sintetizzandola. Le “curve di Carlson” (un sistema di predizione sviluppato da Rob Carlson,
esperto di biotecnologie, ndr) hanno anche mostrato come il prezzo del DNA sintetico scemerà
drasticamente. Nel 2000, il costo di un sequenziamento genetico si aggirava tra i 10 e 12 dollari per un paio
di basi. Oggi è già sceso a 2 dollari. Tra un paio di anni, il genoma di un batterio varrà quanto una
automobile.
Da allora, gli studenti del suo corso di biologia sintetica al MIT, stanno realizzando circuiti genetici progettati
specificatamente per comandare determinate sequenze genetiche, per accendere o spegnere un certo gene
o per sintetizzare una certa proteina. Una volta fatti tutti i test in laboratorio, le specifiche vengono spedite via
Internet alla Blue Heron, una ditta di Seatle specializzata in sintesi genetica, che provederà a “fabbricare” il
relativo DNA e a rispedirlo indietro al laboratorio del MIT, dove verrà inserito in un campione di E.Coli.
Nel 2000, Michael Elowitz, oggi professore al Caltech, descrisse come aveva ingegnerizzato un circuito
genetico all’interno dell’E.Coli che consisteva di tre cosiddetti “geni repressori” spegnendoli e accendendoli
ritmicamente. Allacciando una proteina fluorescente ad uno di questi geni realizzò un batterio che lampeggia
come una lucciola. Elowitz chiamò il suo sistema “repressillatore”, ovvero un oscillatore fatto di repressori.
Ma le cose sono più complicate di quanto sembrano. La Blue Heron non può riprodurre qualsiasi sequenza.
È successo che la compagnia abbia provato a iniettare il DNA sintetico nelle cellule da replicare e queste si
siano rifiutate di collaborare. È successo anche che le cellule spedite dalla Blue Heron al MIT e poi inserite
nei batteri non abbiano funzionato.
Non basta dunque far coincidere i tasselli del mosaico genetico. Dato che si tratta di materia organica,
vivente, le risposte sono il più delle volte imprevedibili. Il mistero della vita rimane ancora imperscrutabile.
Quando Richard Feynman abbandonò definitivamente l’ufficio della Caltech nel 1988, disse: “Ciò che non
posso creare, non posso capire”. È proprio il caso della biologia sintetica.
“C'è il rischio che la biologia sintetica finisca nelle mani di ricercatori senza scrupoli”, fa notare Jim Thomas
dell'ETC Group, una organizzazione canadese che vigila sul “lato oscuro” delle nuove tecnologie.
“Agli scienziati che creano nuove forme di vita in laboratorio non può essere concesso di agire come giudici
e giurati”, dice Sue Mayer, di GeneWatch UK, “le possibili implicazioni sociali, ambientali e bio-terroristiche
sono troppo gravi, la questione non può essere lasciata trattare dagli stessi scienziati coinvolti, c'è un chiaro
conflitto di interessi”.
In questi ultimi anni, i biologi sintetici, nel tentativo di ri-scrivere il codice genetico del DNA hanno dimostrato
di essere in grado di produrre artificialmente nuovi virus e nuove forme di vita. Nell'ottobre dello scorso anno,
allo US Center for Disease Control è stato ri-creato il virus della Spagnola che ha ucciso milioni di persone;
scienziati della University of Wisconsin-Madison hanno creato una nuova versione del batterio E. coli;
mentre il guru della genomica Craig Venter, diventato famoso per aver guidato, con la Celera, la corsa
commerciale al sequenziamento del genoma umano, è ora a capo di una nuova compagnia, la Synthetic
Genomics, che intende commercializzare microbi artificiali da usare nella produzione energetica, agricola, e
come rimedio ai cambiamenti climatici. La Synthetic Genomics è solo una della compagnie di biologia
sintetica specializzate in sisntesi genica e produzione di DNA artificiale.
“La biologia sintetica è una sorta di ingegneria genetica sugli steoridi”, dice Doreen Stabinsky di Greenpeace
International, “fabbricare organismi viventi che possono essere rilasciati nell'ambiente pone gravi problemi di
bio-sicurezza”.
Nell'ottobre del 2004, un editoriale di Nature chiamava in causa lo storico meeting del 1975 di Asilomar che
vide riunirsi la comunità scientifica internazionale per discutere i rischi legati all'ingegneria genetica e che
optò per l'auto-regolazione, evitando così l'intervento di regolazioni governative. Proprio richiamandosi a quel
modello, l'attuale comunità scientifica impegnata nella biologia sintetica ha indetto una conferenza per
adottare un codice di auto-governo relativo alla bio-sicurezza.
“La scienza non può continuare a vivere in un regno astratto disconnesso dal resto della società”, ha detto
Alexis Vlandas dell'associazione International Engineers and Scientists for Global Responsibility (INES).
La Biologia Sintetica aspira a commercializzare nuove parti biologiche, dispositivi e organismi viventi - inclusi
pericolosi agenti patogeni - costruiti a partire da DNA sintetico. I biologi sintetici stanno cercando di usare le
cellule come micro-fabbriche per la produzione industiale di sostanze chimiche utilizzabili in campo
farmaceutico o come bio-combustibili.
Un recente rapporto, alla cui stesura hanno partecipato bio-ingegneri del J. Craig Venter Institute, del
Massachusetts Institute of Technology (MIT) e del Center for Strategic & International Studies (CSIS) di
Washington, finanziato con mezzo milione d dollari dalla Alfred P. Sloan Foundation, è stato presentato come
"progetto per esaminare le implicazioni sociali della genomica sintetica". Lo studio, realizzato nell'arco di due
anni, non chiama però in causa né la politica né la società civile. Anche se gli autori parlano di possibili "bio-
errori", ovvero di possibili incidenti di percorso che causerebbero una grave minaccia alla salute pubblica e
all'ambiente, l'enfasi è tutta indirizzata su eventuali bio-terroristi attivi in "un mondo post-11 settembre".
"Si tratta di uno studio evidentemente partigiano", dice Jim Thomas dell'ETC Group, "gli autori sono tutti
'sintusiasti', impegnati a tessere le lodi della biologia sintetica. Si preoccupano solo di come abbassare i
costi della nuova industria. Non si preoccupano affatto delle questioni più importanti, ovvero la sicurezza e il
controllo. Chi deciderà? Chi controllerà la tecnologia? Quali saranno gli impatti potenziali a livello sociale,
economico e politico?". C'era da aspettarselo, visto che tra gli autori vi sono molti rappresentanti di istituzioni
che hanno tutto l'interesse a commercializzare la biologia sintetica. Proprio di recente, il J. Craig Venter
Institute ha annunciato la creazione del primo organismo artificiale provvisto di DNA sintetico, che sta per
essere brevettato. Nel rapporto però non si parla affatto delle questioni inerenti alla proprietà, e al monopolio,
di simili forme di vita.
Le barriere economiche e tecniche alla genomica sintetica stanno crollando. Usando un laptop computer, le
sequenze genetiche disponibli nei database pubblici, DNA sintetico su ordinazione, diventerà presto routine
costruire geni o interi genomi - anche di agenti patogeni letali - a partire da 0. Gli strumenti per le tecnologie
di sintesi del DNA stanno avanzando rapidamente, diventando sempre meno costosi, più veloci e largamente
accessibili. Di tutto questo nel rapporto non si parla. Perdipiù, le Institutional Biosafety Committees (IBC) -
Commissioni Istituzionali sulla Biosicurezza - nate negli USA con il compito specifico di valutare eventuali
rischi derivanti dagli esperimenti genetici basati sul DNA ricombinante, si sono rivelate un disastro. "Non
sono state capaci di vigilare sulle ricerche di ingegneria genetica", dice Edward Hammond, direttore del
Sunshine Project, che vigila sul settore biotech, "ancor meno potranno fare per la biologia sintetica".
È improponibile che il governo della biologia sintetica sia affidato agli stessi biologi sintetici. Occorre un
ampio dibattito che coinvolga l'intera società civile. L'ETC Group ha proposto che sia bandito il rilascio
nell'ambiente di organismi sintetici finché questo dibattito non abbia corso e non siano fissate regole e
responsabilità.
Civil Society Organizations Respond to Report on Synthetic Biology Governance from the J.
Craig Venter Institute and Alfred P. Sloan Foundation 18 ottobre 2007
Un nuovo rapporto, intitolato “Extreme Genetic Engineering: An Introduction to Synthetic Biology”, dell'ETC
Group - organizzazione non governativa
canadese impegnata nella lotta contro il “sublime
neo-tecnologico” - sostiene che le minacce sociali,
ambientali e bio-terroristiche legate alla biologia
sintetica sorpassano i possibili pericoli e abusi
derivanti dalle biotecnologie. “Gli scienziati non
stanno più mappando i genomi e manipolando i
geni”, dice Pat Mooney, Direttore Esecutivo
dell'ETC Group, “stanno costruendo vite artificiali
a partire da 0, e lo stanno facendo in assenza di
un ampio dibattito sociale e una regolazione in
materia”.
Alcuni biologi sintetici sperano di riuscire a riconfigurare il patrimonio genetico di organismi già esistenti in
modo da creare nuove funzioni volte in particolare alla produzione di farmaci o molecole di alto valore
(commerciale). Vi sono già compagnie di biologia sintetica, come quella del “biopirata” J. Craig Venter,
finanziate dal governo e dal capitale di ventura, che intendono commercializzare parti, sistemi, dispositivi
biologici che non esistono nel mondo naturale. Alcuni dei quali, stando a quanto dichiarano le compagnie,
saranno fondamentali per lo sviluppo dei biocombustibili, di nuove cure per la malaria, e addirittura di rimedi
contro i cambiamenti climatici. Si sospetta che in realtà questa propaganda di facciata serva a nascondere i
molti timori espressi da più parti verso i possibili usi di questa tecnologia.
Biologia sintetica più realisticamente significa strumenti economici e ampiamente accessibili per creare
bioarmi di distruzione di massa come patogeni virulenti e organismi artificiali in grado di porre una seria
minaccia alle persone e all'intero pianeta. “Il pericolo non è solo il bio-terrore, ma anche il bio-errore”, dice
l'ETC Group.
Inoltre, infischiandosene della biologia open source, gli scienziati corporativi e accademici si stanno
aggiudicando licenze esclusive per formare un monopolio sui bio-prodotti e sui processi relativi alla genetica
sintetica. Come nel caso delle compagnie biotech, o di “Big Pharma”, il potere di creare vita sintetica rimarrà
concentrato nelle mani delle maggiori compagnie multinazionali. Più la sintesi genica diverrà economica e
veloce, più facile sarà per queste compagnie sintetizzare microbi piuttosto che ricercarli in natura o ricrearli
da una banca genetica. I campioni biologici, sequenziati e immagazzinati in forma digitale, saranno
accessibili istantaneamente lungo il tutto globo e potranno essere resuscitati simultaneamente nei laboratori
corporativi di tutto il mondo.
Questa pratica pone fin d'ora nuove sfide alle negoziazioni internazionali sulla biodiversità (ma tanto chi le
rispetta?).
“Lo scorso anno, 38 organizzazioni della società civile hanno respinto la proposta di auto-regolazione della
biologia sintetica venuta da un piccolo gruppo di biologi sintetici”, ha detto Kathy Jo Wetter dell'ETC Group,
“ci deve essere prima un dibattito globale sulle implicazioni sociali, economiche e etiche della synbio, non
limitato solo alle questioni della bio-sicurezza”. Il rapporto dell'ETC Group conclude dicendo che non basta
una regolazione della biologia sintetica a livello nazionale. Le decisioni dovranno essere considerate in un
contesto globale, con una ampia partecipazione della società civile e dei movimenti sociali.
In linea con il Principio di Precauzione, l'ETC Group dichiara che, almeno, è necessario un bando immediato
riguardo il rilascio nell'ambiente di nuovi organismi sintetici, almeno finché non avrà luogo un pubblico
dibattito e non verranno stabilite delle regole.
EVOLUZIONE SINTETICA
Una nuova ricerca del Biodesign Institute, guidata da John Chaput, ha riprodotto in laboratorio il processo
Darwiniano facendo evolvere da 0 nuove proteine. Usando nuovi
trucchetti messi a disposizione dalla biologia molecolare, Chaput e
colleghi hanno fatto evolvere in pochissimo tempo diverse nuove
proteine mai esistite prima in natura: il processo è stato chiamato
“evoluzione sintetica” (i risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla
rivista PLoS ONE) “L'obiettivo della nostra ricerca è di capire certe
questioni fondamentali riguardanti l'origine e l'evoluzione delle proteine”,
ha detto Chaput, che fa il ricercatore al Center for BioOptical
Nanotechnology del Biodesign Institute e il professore al dipartimento di
chimica e biochimica dell'Arizona State University, “per questo le stiamo
crescendo in laboratorio. Magari, un giorno, riusciremo a creare nuovi catalizzatori che potranno essere usati
a fini terapeutici nella medicina molecolare, oppure dei biocatalizzatori da usare come biotecnologia”.
I blocchi costituenti delle proteine sono 20 differenti aminoacidi che si legano insieme in varie forme a
seconda della funzione di ogni proteina. Il mix e gli abbinamenti che avvengono nella catena di aminoacidi è
proprio ciò che favorisce la creazione delle giuste combinazioni che generano la diversità biologica. Ancora
nessuno può dire in anticipo come la sequenza di aminoacidi si formerà per dare vita alla struttura funzionale
tridimensionale di una proteina. Per selezionare gli ingredienti base necessari a formare le proteine, il gruppo
di Chaput ha cominciato ad evolvere una proteina che era stata precedentemente selezionata da una
vastissima “libreria” di sequenze casuali (circa 400 trilioni, cioè 400 mila miliardi).
“Il problema maggiore”, racconta Chaput, “è raggiungere una certa stabilità. Più della metà dei 30.000 geni
scoperti dallo Human Genome Project contengono proteine la cui struttura ci è sconosciuta, e di
conseguenza non abbiamo informazioni sulla loro stabilità. Per questo dobbiamo studiare come le proteine si
evolvono”. Il gruppo ha dunque deciso di accelerare l'evoluzione della proteina sempre mediante mutazioni
selezionate specificatamente per migliorarne la stabilità, giungendo così a dei frammenti identificabili
mediante una determinata sequenza di aminoacidi e la relativa struttura cristallina tridimensionale. Il gruppo
ha battezzato la proteina sintetica “DX”. “Siamo rimasti scioccati, perché quando abbiamo comparato la
struttura ottenuta con quella della proteina da cui eravamo partiti non abbiamo rilevato cambiamenti
significativi”, racconta ancora Chaput. Solo due variazioni negli aminoacidi hanno determinato un
miglioramento nella stabilità rispetto alla proteina di partenza.
Il gruppo di Chaput ha quindi sviluppato la tecnologia potenziale per migliorare in laboratorio la stabilità di
qualsiasi proteina naturale (ma siamo davvero sicuri che la stabilità costituisca un miglioramento ?, ndr).
“Rispetto alla natura, abbiamo il vantaggio di poter controllare direttamente il processo evolutivo delle nostre
proteine sintetiche, in modo da guidarlo verso dove vogliamo”, ha concluso Chaput.
Il bio-pirata J. Craig Venter vuole registrare all'ufficio brevetti americano un metodo per la creazione del
primo organismo artificiale. La richiesta del J. Craig Venter Institute, il laboratorio creato da Venter dopo
essere stato sbattuto fuori dalla Celera Genomics, da lui stesso fondata, riguarda la proprietà esclusiva di un
certo set di geni e del relativo “organismo non parassitario
capace di crescere e replicarsi”.
Venter, dal canto suo, sostiene, come al solito, che il lavoro che sta facendo sarà in grado di portare vantaggi
sostanziali all'umanità intera, tipo batteri in grado di “mangiare” i gas serra e quindi ridurre a zero
l'inquinamento ambientale o di generare biocombustibili come l'etanolo e l'idrogeno che non inquinino l'aria.
“È pura speculazione propagandistica”, dice Jim Thomas dell'ETC Group, “lo stesso microbo ridotto al
minimo di geni potrebbe anche essere utilizzato come un'arma biologica di distruzione di massa”. “I biologi
sintetici hanno già assemblato un virus sintetico usando la sequenza genetica del polio”, dice Silvia Ribeiro
dell'ETC Group, “dichiarano che le forme di vita sintetiche risolveranno il problema dei cambiamenti climatici
solo per nascondere i timori che possano venire usate come armi biologiche”.
Allo stesso modo, si possono sviluppare farmaci a base di proteine che colpiscono solo determinati target
oppure che spezzano più efficientemente le tossine nel sangue. “I biologi molecolari assomiglieranno
sempre più a degli ingegneri”, sentenzia Danner.
Un team di scienziati al soldo del “biopirata” Craig Venter ha costruito in laboratorio un cromosoma sintetico
(geneticamente modificato) e starebbe per annunciare la creazione della prima forma di vita artificiale. Si
tratta di un grande balzo in avanti nello sviluppo della biologia sintetica, ha osservato il corrispondente da
New York del quotidiano britannico The Guardian.
La nuova forma di vita dipenderà però per il metabolismo e la capacità di riprodursi dalle strutture della
cellula in cui viene impiantata, e in questo senso non può essere detta interamente sintetica. Secondo
Venter, si tratta di «scienza buona», prima di tutto a fargli guadagnare un
sacco di soldi. Il genetista richiederà infatti un brevetto per il suo batterio
sintetico che poi venderà a caro prezzo.
«Le premesse perché Venter riesca nel suo intento, cioè introdurre un
cromosoma artificiale in un micoplasma, ci sono tutte - ha dichiarato
Fabrizio d'Adda dell'IFOM (Istituto Firc di Oncologia Molecolare) di
Milano – si tratta di un enorme passo in avanti da un punto di vista
tecnologico, ma concettualmente non è tanto distante da quello che, a
partire dagli anni Ottanta, hanno e continuano a fare tutti i ricercatori. È
infatti ormai una routine selezionare un gene e farlo esprimere all'interno
di microrganismi. Il concetto di prendere un essere vivente, modificarlo e
fargli esprimere qualcosa di diverso è quindi una tecnica già nota e
usata». Tecnica, tra l'altro, che ha proprio come padri i vincitori del
premio Nobel per la medicina assegnati a Mario Capecchi, Oliver
Smithies e Martin Evans. Craig Venter è quindi “figlio” di questa scoperta. Ma non è certo il solo. «Il
vantaggio di Venter – continua d'Adda – è di aver trasferito i geni con una tecnologia molto più avanzata.
Finora eravamo in grado di trasportare in una cellula da uno a tre geni, con la sua tecnica i geni possono
essere molti di più».
Secondo d'Adda, «ciò che potrebbe dargli davvero la gloria, sarà la creazione di un cromosoma umano
artificiale, perché a quel punto rivoluzionerebbe in maniera radicale la terapia genica. Alla base della cura
delle malattie genetiche c'è infatti l'inserimento del gene sano attraverso un vettore, che oggi è un virus
inattivato. Ma non sempre la terapia funziona, perché il virus-trasportatore potrebbe inserirsi in una zona non
corretta del genoma, attivando o disattivando geni che non sono implicati nella malattia. Diverso è invece
aggiungere un cromosoma artificiale che porta l'informazione giusta per correggere il difetto genetico. In
altre parole, il cromosoma artificiale non interferisce sul DNA, ma fornisce un'informazione in più». Tuttavia,
«malattie come il cancro o i trapianti sono troppo complesse per beneficiare di questa scoperta». Nel primo
caso il problema è riuscire a far entrare il cromosoma artificiale che trasporta il gene che rallenta la crescita
tumorale in tutte le cellule neoplastiche; nel secondo, l'ostacolo è legato al polimorfismo del genoma: non è
possibile realizzare un cromosoma artificiale utile per tutti da usare come terapia anti-rigetto. Ne occorre uno
per ogni singolo paziente.
I am creating artificial life, declares US gene pioneer The Guardian 06 ottobre 2007
New use for stem cells found in war on terrorism 25 settembre 2007
Ai chimici, di solito, occorrono ore per sintetizzare gli stessi composti che le cellule producono in pochi
minuti. Bradley Moore, della Scripps Institution of Oceanography, e alcuni colleghi della University of Arizona,
hanno sintetizzato l'enterocina, un antibiotico a largo spettro trovato nell'organismo marino “Streptomyces
maritimus”: la complessa struttura della molecola e le reazioni chimiche necessarie sono state ottenute con
una nuova tecnica (lo studio è apparso online su Nature Chemical Biology).
Quando gli scienziati scoprono qualcosa di utile in un microbo o in una pianta, in genere procedono isolando
il composto dalla sorgente originale. Ma per poterlo studiare e svilupparlo come farmaco, devono trovare il
modo di sintetizzarlo in grandi quantità. I metodi convenzionali per sintetizzare prodotti naturali sono molto
potenti ma anche molto laboriosi.
PROGETTO PROTOCELLULA
Al Los Alamos National Laboratory è in corso un esperimento volto a creare la vita in laboratorio,
combinando alcuni dei più basici elementi, cercando il modo di trasformare la chimica inorganica in organica,
nel tentativo di valicare la sottile e misteriosa barriera tra vita e non-vita. Sperando così di scoprire in che
modo si è originata la vita sulla Terra, oppure da qualche parte nell'Universo. Astrobiology Magazine ha
intervistato Leslie Mullen e Hans Ziock, della Los Alamos Earth and Environmental Sciences Division, per
sapere a che punto è il progetto “protocellula”.
Astrobiology Magazine (AM): Nel vostro esperimento state cercando di sviluppare una protocellula con
proprietà organiche. Da dove siete partiti ?
Hans Ziock (HZ): Ci siamo chiesti innanzitutto quali sono le proprietà più comuni della vita. La vita è un
sistema che genera e scambia informazione: necessita di un metabolismo per generare l'informazione, di
componenti genetiche per trasportarla, e di una fonte energetica per poter compiere queste funzioni. Poi ci
siamo chiesti qual'è il modo più semplice per mettere insieme tutto ciò. La protocellula che abbiamo
disegnato ha dei bordi composti da molecole amfifiliche, che si attaccano all'acqua e all'olio. Queste
molecole si auto-assemblano automaticamente formando doppi strati, lo stesso tipo di strutture che
compongono il muro delle nostre cellule.
Il doppio strato di molecole anfifiliche forma una sostanza appiccicosa a cui altre molecole, con simili
proprietà, si attaccano, consentendo di radunare e concentrare l'informazione, il metabolismo e il “cibo” delle
molecole. Nelle nostre cellule, la molecola che contiene l'informazione è il DNA, che trasporta il codice per la
costruzione delle proteine che agiscono come catalizzatrici. Ma il DNA non deve essere decodificato per
poter essere letto, perché partecipa direttamente al metabolismo. Dunque, abbiamo cominciato con
una"zuppa" uniforme di tutti i componenti dissolti. Poi abbiamo fatto assorbire alla zuppa un po' di luce, in
modo da “eccitarla”.
La nostra molecola informativa ha stabilizzato la molecola che assorbe la luce donando un elettrone. La
molecola è rimasta così in uno stato eccitato stabile abbastanza a lungo per trasferire l'energia necessaria
per rompere i legami di un'altra molecola e formare una molecola amfifilica. Abbiamo poi dato altra luce in
modo da romperla in due parti e formare il doppio strato. Lasciando ripetere la reazione, abbiamo aspettato
che si fossero formate abbastanza di queste molecole amfifiliche, che spontaneamente hanno formato dei
contenitori sferici. Questo sistema usa una molecola informativa accoppiata con un metabolismo, che,
insieme, producono dei contenitori. Al contrario delle cellule moderne, dove il doppio strato separa l'ambiente
esterno dal volume interno, dove accadono le reazioni chimiche, tutte le reazioni avvengono sulla superficie
del doppio strato o al suo interno. Ma siamo ancora lontani dal far riprodurre queste protocellule. Possiamo
usare lo stesso tipo di metabolismo per riprodurre l'informazione, ovvero il materiale genetico. La molecola
informativa potrebbe essere una molecola simile a quella del DNA.
HZ: Una versione modificata di un nucleo base, una delle basi che partecipa nel DNA: abbiamo trasformato
una guanina in una oxoguanina, che ha il potenziale per donare un elettrone al nostro fotosensibilizzatore
metabolico, in modo da stabilizzarlo e intrappolare l'energia. L'oxoguanina si trova naturalmente nei nostri
corpi, ma viene rimossa. Abbiamo dovuto aggiungere altri elementi chimici per fare in modo che l'oxoguanina
legasse con la molecola che assorbe la luce.
AM: Cos'altro avete dovuto modificare nel vostro esperimento rispetto a ciò che era disponibile sulla Terra
primigenia?
HZ: Abbiamo creato una molecola-risorsa, quella che viene rotta in due dal metabolismo per produrre i
componenti del contenitore. Questi acidi grassi oggi si trovano facilmente. Sono uno dei componenti che
usiamo per fare saponi, e possono essere sintetizzati in condizioni prebiotiche. L'intero sistema si basa su
un ambiente acquatico. L'unico componente fuori dall'ordinario è il nostro composto metabolico che assorbe
l'energia luminosa: stiamo usando un metallo complesso di rutenio che richiede un disegno specifico. È solo
da tre anni che stiamo facendo i primi tentativi. Molto probabilmente, questo tipo di reazioni sono avvenute in
miliardi di piccole regioni della Terra primigenia. Ci vorranno ancora molte prove e, soprattutto, molti errori.
HZ: Usiamo luce visibile, perché è più facile da controllare - basta accenderla e spengerla - e, se vogliamo,
possiamo scegliere delle specifiche lunghezze d'onda. Quando si è originata la vita sulla Terra, tutta l'energia
necessaria era disponibile nei materiali esistenti a quel tempo. Probabilmente, la vita primigenia ha usato un
sistema energetico chimico simile a quello dei “black smokers” che si trovano nel fondo dell'oceano: le alte
temperature potrebbero essere state mitigate da venti freddi che hanno contribuito a generare un ambiente
stabile. Michael Russell, del JPL, ha proposto per primo l'idea che questi venti freddi abbiano fatto da
incubatrici per la vita. Anche se, non sappiamo quanto trasparente alla luce fosse l'atmosfera della Terra.
HZ: Dobbiamo fare in modo che il contenitore produca un altro contenitore con la stessa molecola
informativa, usando l'energia esterna per guidare la reazione metabolica. Sarebbe ancora meglio avere una
catena di molecole informative complementari in modo che l'informazione si possa riprodurre e moltiplicare.
Usando il laser per incidere dati in proteine microbiche, ricercatori della University of Connecticut hanno
mostrato come sarà possibile produrre memorie bio-olografiche riscrivibili. La memoria olografica
immagazzina i dati in tre dimensioni invece che in due ed è in grado di rendere l'accesso ai dati centinaia di
volte più veloce. I primi sistemi a memoria olografica, commercializzati
di recente, non consentono però la riscittura.
I ricercatori hanno scoperto che illuminando la proteina con luce rossa quando è vicino alla fine del suo ciclo
chimico possono forzarla in uno stato utile conosciuto come “stato Q” che può durare per anni. Il problema è
che questo stato è difficile da produrre naturalmente. Così, alcuni biologi molecolari della University of
Connecticut, guidati da Robert Birge, del dipartimento di chimica, stanno manipolando geneticamente
l'Halobacterium salinarum per indurlo a produrre proteine che entrino più facilmente nello stato Q.
Per poterla utilizzare come parte di un sistema olografico, la proteina viene sospesa in un gel polimerico. Un
laser verde viene diviso in due e in uno dei fasci di luce vengono codificati i dati. I due fasci di luce vengono
poi ricombinati insieme nel gel in modo da formare nelle proteine un pattern di interferenza che immagazzina
i dati. Per leggere i dati, il sistema invia un singolo, debole, fascio di luce laser rossa attraverso il pattern di
interferenza. Un fascio di luce laser blu invece cancella i dati.
Tim Harvey di Starzent, una compagnia finanziata dalla U.S. Defense Advanced Research Projects Agency
(DARPA), che sta sviluppando un mini-drive olografico, dice: “I dispositivi di memoria olografici basati su
proteine offrono il potenziale per realizzare memorie riscrivibili fino a 10 milioni di volte”. Se i ricercatori
troveranno la giusta variante genetica, sarà possibile produrre grandi quantitativi di proteine modificate a
basso costo. I dispositivi di memoria olografica in generale consentiranno di trasferire un file da 30 gigabtye,
contenente ad esempio un film ad alta definizione, in meno di 10 secondi.
La Codon Devices, Inc., una “Constructive Biology Company”, ha annunciato la sua espansione in Europa
attraverso la formazione di Codon Devices U.K. Ltd., e la nomina di Michael Dyson alla nuova carica di
consigliere delegato per l'Europa. “Siamo eccitati per l'apertura della nostra nuova sede centrale in Europa
che costituisce uno dei passi principali per i nostri piani di espansione”, ha dichiarato John P. Danner,
presidente e direttore generale della Codon Devices, “mentre industrializziamo la biologia sintetica e
guidiamo un nuovo paradigma nella ricerca definito Constructive Biology™, stiamo osservando una rapida
adozione della nostra sintesi avanzata di geni e delle offerte per l'ingegneria delle proteine. L'interesse da
parte del mercato europeo è straordinario e viviamo nell'attesa di rifornire questi clienti in maniera più
efficace attraverso questa nuova sede per le operazioni”.
Michael Dyson guiderà la Codon Devices U.K., Ltd., facendo rapporto a Michael J. Fitzpatrick,
vicepresidente e responsabile per le vendite a livello mondiale della Codon Devices, Inc. Il Dr. Dyson ha più
di 20 anni di esperienza nella guida del customer service europeo e nell'organizzazione delle vendite nel
settore delle scienza umane. Prima di entrare a far parte della Codon Devices, il Dr. Dyson era
amministratore delegato per Sequenom, GmbH e direttore per le vendite in Europa ed il Marketing per
MicroCal, LLC. “Mike porta con sè una straordinaria capacità di leadership e una conoscenza approfondita
del mercato europeo”, ha commentato Michael Fitzpatrick. “Codon Devices ha stabilito della forti relazioni
con molte società europee nel settore farmaceutico, della biotecnologia e del business agricolo, così come
con dei rinomati centri accademici di ricerca”, ha detto Dyson, “sono emozionato dalla possibilità di
migliorare la forte posizione della Codon nel mercato attraverso questa nuova sede centrale e attraverso la
rapida messa in atto di interventi per la vendita diretta in tutta Europa”.
Codon Devices, Inc., è una società biotecnologica privata con base a Cambridge, Massachussets,
concentrata sullo sviluppo di applicazioni commerciali della biologia sintetica. Gli obiettivi della Società sono
lo sviluppo e la consegna di prodotti di alto livello, oltre ai servizi di progettazione in molte aree applicative,
fra le quali ci sono librerie di geni artificiali, cellule artificiali che producono nuovi prodotti farmaceutici, vaccini
migliorati, prodotti agricoli, bioraffinerie per la produzione di sostanze chimiche industriali ed energia. La
piattaforma di produzione “BioFAB™” della Codon Devices utilizza strumenti informatici sofisticati, robotica e
tecnologie di ordinamento in sequenza per sintetizzare importanti ordinativi di codici genetici mediante
tecnologie all'avanguardia.
In Inghilterra, è stata presentata la RATE (Regulatory Authority for Tissue and Embryos), la nuova agenzia
governativa che si occuperà di bioetica. Ad annunciarlo è stato il ministro della Sanità, Caroline Flint, che nel
dare via libera definitivo agli esperimenti chimerici ha chiarito i termini della nuova agenzia che nel 2008
sostituirà l'HFEA (Human Fertilisation and Embryology Authority) che si unirà alla Human Tissue Authority,
degradando così lo statuto dell'embrione al rango di materiale da laboratorio, come il tessuto della pelle.
In Italia, Protolife, con sede Venezia, fa parte del consorzio europeo PACE (Programmable Artificial Cell
Evolution), che coinvolge nove università europee, due laboratori di ricerca statunitensi e due società private
italiane, oltre alla Protolife Telecom Italia. Finanziato dal VI Programma Quadro dell'UE con 8,5 milioni di
euro, il progetto PACE “si propone di costruire una nuova generazione di sistemi informativi complessi in
scala molecolare, utilizzando cellule artificiali programmabili”.
A Berkley, negli States, anche grazie ad un finanziamento di 42.5 milioni di dollari della Bill and Melinda
Gates Foundation, Jay Keasling sta lavorando agli stabilimenti chimici del futuro, delle vere e proprie
“fabbriche viventi” per produrre biofarmaci, a costi inferiori rispetto a quelli attuali, programmando
microrganismi capaci di generarli, anziché continuare a utilizzare costosissime sintesi di laboratorio.
Tutto questo sta succedendo, così come per la nanotecnologia, in totale assenza di regole condivise e di un
dibattito pubblico.
Biologia_sintetica2_ETC_Group
Story of "Synthia" the (theoretical) human-made synthetic microbe (YouTube)
“In futuro - ha detto Romesberg - pensiamo di usare le nuove basi artificiali per sintetizzare DNA con
caratteristiche nuove e non previste dalla natura. Ad esempio, innesti specifici per l'amplificazione del DNA;
etichette molecolari per materiali a rischio, come esplosivi, rilevabili senza rischiare la contaminazione con il
DNA naturale, ecc.”. Inoltre, sempre secondo Romesberg, si potranno utilizzare il DNA e l'RNA per
moltiplicare e diversificare le tante applicazioni per le quali sono oggi già usati come ad esempio costruire
nanostrutture complesse o geni alterati (portatori di malattie) silenziati. Anche se l'obiettivo principe rimane
quello di riuscire ad incorporare le due basi artificiali nel codice genetico di un organismo vivente: “Vogliamo
espandere il codice genetico e la capacità di sviluppo di un organismo”, confessa Romesberg.
C'è anche chi è in cerca di codici genetici alieni. Il biochimico Steven Benner, fondatore di diverse società
come la, nel 1987 ha realizzato una molecola di DNA espansa, aggiungendo due nuove unità di base a
quelle esistenti in natura. Il suo collega Eric Kool, della Stanford University, ha dichiarato: “Questo DNA non
può funzionare sulla terra, ma un giorno potrebbe generare materiale per una nuova forma di vita, qui
oppure in un altro pianeta”.
Wired Science Reveals Secret Codes in Craig Venter’s Artificial Genome 28 gennaio 2008
ProtoLife
ETC Group
Steven Benner
Keasling Laboratory
iGem
Synthetic Biology
Biosingularity
Big Pharma
MICRO RNA
EVOLUZIONE SISTEMICA 2
Cellule Artificiali