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Erba alta e un abete, ci che resta di una promessa

Lultima traccia risale allaprile 2012 quando si scrisse che, in attesa che si decidessero i destini della Biblioteca europea di informazione e cultura (Beic), nellarea di 30mila metri quadri che le erano destinati nellarea dellex stazione di Porta Vittoria sarebbe nato un parco. Provvisorio, almeno quanto il titanico progetto firmato da Peter Wilson che vinse nel 2001 un concorso internazionale perch si realizzasse un edificio che avrebbe ospitato 900mila volumi, 50mila documenti audiovisivi, sale di lettura con 3.500 posti a sedere, unemeroteca e un auditorium. Un investimento da 300 milioni di euro ( gi costata 5 milioni di progettazione e, paradossalmente, sarebbe gi cantierabile) e per far funzionare la quale sarebbero serviti 10 milioni ogni anno. Molti allora, troppi oggi. Lo ammette la stessa Fondazione presieduta da Antonio Padoa Schioppa, annotando sul suo sito che ferma restando lubicazione della Beic nellarea dello scalo Porta Vittoria, bisogner rimodulare attentamente il progetto Wilson per poi passare alla costruzione. In totale, non ci vorranno meno di sei anni a partire dal 2013. Se non una resa, almeno, un lungo armistizio malgrado alla Fondazione partecipino il Ministero dei Beni Culturali, il Comune di Milano, la Regione Lombardia, il Ministero dell'Istruzione, dell'Universit e della Ricerca, l'Universit degli Studi, il Politecnico, l'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere e l'Associazione "Milano Biblioteca del 2000. Tanti sponsor senza un euro da investire se non i 60 milioni che il Cipe pareva pronto a mettere a disposizione (nel 2012) ma che sono restati virtuali. Nellattesa, il Comune pensava a unoperazione molto pi semplice. Un prato non ci vuole nulla a farlo come a disfarlo: meglio un tappeto verde che un cantiere ebbe a dire con grande buonsenso lallora assessore allUrbanistica Ada Lucia De Cesaris. Che, forse con eccessivo entusiasmo, promise linaugurazione di un nuovo parco da 30mila metri quadrati nel giugno 2013. Ma l dove via Monte Ortigara incrocia viale Umbria oggi, in un quadrante di cerchio di non pi di 40 metri, c solo un abete scampato al Natale, malamente puntellato e ormai quasi disseccato, assediato dallerba alta. Lo protegge un recinto inviolabile prima che si alzi, ancora pi alto, quello che costeggia la spianata dasfalto usata dai camion del cantiere come parcheggio fino al remoto viale Molise. Duecento metri di asfalto interrotti da via Cervignano oltre la quale un altro fazzoletto di sterpaglie recintate si affaccia su viale Molise. Di l, via Monte Ortigara si insinua sul margine di un altro pratone abbandonato che si interrompe dove i binari del Passante si interrano annunciandosi con gli accessi alla stazione Vittoria che spuntano dal nulla in uno scenario quasi post-bellico.

A disposizione del passante, niente aiuole, arbusti, sentieri e panchine (se non quelle alle fermate dellautobus della linea 45), ma un rettangolo di alte spighe che si muovono nel vento caldo di fine estate e un solitario, monumentale acero circondato da misteriose tracce di vernice rossa quasi ad annunciarne un prossimo espianto. Anche se la promessa fosse stata mantenuta, quei 30mila metri quadri di verde avrebbero plasticamente raffigurata la propria provvisoriet, un po come nei prati circondati dai raccordi autostradali dove James Ballard fece genialmente naufragare Robert Maitland, il protagonista del suo Lisola di cemento. A pochi passi dalloasi verde di largo Marinai dItalia, ma separata dal fiume di auto che scorre lungo viale Umbria e, al capo opposto, segregata dal confine quasi invalicabile di viale Molise. Sulla destra, la massa imponente del cemento del nuovo quartiere edificato fra grandi difficolt attraverso le crisi immobiliari dei gruppi Zunino e Coppola fino allapprodo (nel 2009) allIpi e le proteste di un quartiere bloccato per anni da cantieri infiniti. A sinistra unaltra sfilata di palazzoni che fanno schermo al verde urbano di piazzale Martini. Una enclosure si direbbe in gergo militar-urbanistico che tale resterebbe anche per gli abitanti di quel nuovo quartiere che hanno visto, anno dopo anno, ridursi gli spazi di socialit: in costruzione ci sono un centro commerciale e un albergo (nato con capitali arabi), poi verr un centro sportivo. Gli altri progetti sono stati ridimensionati e sostituiti da qualche residenza in pi. Sarebbe allora il caso di lasciarlo l quellabete solitario e spelacchiato, anche quando - e se - gli faranno compagnia le nuove essenze che popoleranno quel grande spazio vuoto, con le panchine, le aiuole, i giochi per i bambini e i vialetti. Servirebbe a segnalare un fallimento lungo 13 anni, un progetto irrealizzato che proprio come il parco si gi virtualizzato spostando sulla rete tutte le attivit della Biblioteca digitale. Non c molto di pi che quellabete possa annunciare. Perch non si ripeter il caso storico del Parco Sempione nato sullarea che il Banca Romana prima degli scandali e del crack (1893) aveva destinata alla costruzione di un nuovo quartiere per ricchi. Un progetto, per fortuna, mai realizzato. Ma a Porta Vittoria il cemento gi arrivato, e sono solo i grandi prefabbricati che attendono il montaggio ad arredare lintera area. (la Repubblica Milano, 8 settembre 2013)

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