You are on page 1of 4

Avv.

GIACOMO PERRECA
Via A. De Curtis, 55 - Tel. 081/5233595 Fax 5236528

80070 - BACOLI (NA)

Al Commissario Prefettizio
del COMUNE DI BACOLI

È fatto notorio che il Comune di Bacoli, destina i propri reflui al depuratore di


Cuma, affinché tali acque, vengano opportunamente depurate prima di essere
sversate in mare.
Considerato il susseguirsi delle notizie drammatiche che negli ultimi giorni
hanno riguardato lo stato delle acque marine della costa nostrana e dei comuni
limitrofi, e loro balneabilità, in ragione del grave danno ambientale procurato dal
recente sciopero del personale addetto all’impianto di depurazione di Cuma, è
opportuno rendere noto alla cittadinanza alcune circostanze sulle reali condizioni di
operatività del predetto depuratore, e non solo ai giorni nostri, ma andando a ritroso
negli anni.
In effetti l’impianto di depurazione di Cuma, non ha mai correttamente
funzionato, come è dato apprendere in primis dalla sent. n. 4351 resa dal Tribunale
penale di Napoli – Sezione Distaccata di Pozzuoli il 19.3.09, deposita in cancelleria
il 15.6.09, a conclusione di un procedimento penale promosso a carico
dell’amministratore unico e del responsabile tecnico della ditta Pianese (incaricata
dalla Regione Campania della gestione dell’impianto di depurazione di Cuma) per
diversi capi di imputazione tra cui: capo c) e capo d):
- capo c) “del delitto p. c.p. dell’art. 81 cpv 110, 355 I e III comma c.p. perché, in
concorso tra loro, nelle su indicate qualità, con più azioni esecutive di un medesimo
disegno criminoso, non adempiendo agli obblighi derivanti dal contratto e
capitolato d’oneri stipulato tra la Ditta Pianese e la Regione Campania relativo
alla gestione dell’impianto di depurazione di Cuma, ed in particolare contribuendo
in modo significativo all’ammaloramento delle strutture e dei macchinari deputati
alle varie fasi della depurazione, ricevendo ed immettendo nel ciclo depurativo
rifiuti liquidi diversi per qualità dalle acque reflue urbane, eseguendo irrituali
analisi sui reflui in ingresso nell’impianto, non attivando specifiche fasi di
depurazione pur esistenti, pregiudicavano il regolare funzionamento dell’impianto
di depurazione di Cuma ed in generale la sua efficienza depurativa”.
- capo d) “del delitto p.c.p. degli artt. 110, 635 cpv c.p. perché in concorso tra loro,
nelle su indicate qualità, con più azioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso, con le condotte di cui al capo che precede danneggiavano o comunque

1
deterioravano il litorale di Cuma e le sue acque marino costiere, nonché i
macchinari e le strutture dell’impianto di depurazione di Cuma”.
I predetti capi di imputazione sono stati provati dalla pubblica accusa a
seguito di una complessa istruttoria in cui è emerso che, sino all’anno 2002, ossia
sia a quando non veniva disposto il sequestro del depuratore in conseguenza delle
numerose denunce sporte dai privati e si dava perciò inizio alle indagini della
Procura, presso l’impianto di depurazione di Cuma, si legge nella su citata sentenza:
“le fasi della grigliatura grossolana…..risultano essere state addirittura by-passate,
e cioè, sistematicamente scavalcate, permettendo sin dall’origine del trattamento,
la presenza costante di materiali aventi dimensioni maggiori che compromettevano,
quindi, ineluttabilmente tutte le fasi successive a questo trattamento preliminare…..
ugualmente va detto per i mancati interventi necessari al ripristino della fase di
sollevamento e della fase preliminare di dissabbiaggio – pura a dire testualmente
dal teste, totalmente by-passate……..In definitiva ….tutta la fase del pre-
trattamento preliminare che è importante per assicurare che le fasi successive al
trattamento depurativo possano avere un efficace rendimento, veniva by-passato e
quindi questo comprometteva non soltanto la funzionalità delle fasi successive a
questo pre-trattamento preliminare, ma poteva, senza alcun dubbio, incidere
anche sulla funzionabilità delle macchine degli apparati a servizio dell’impianto
di depurazione, perché la presenza di materiale estraneo, legno, etc, può portare
alla corrosione od alla intasatura di tubature, alla rottura anche di parti
meccaniche in movimento in un impianto di depurazione…..e resta compromessa
anche l’azione dei fanghi attivi, e cioè di quei composti prodotti e producenti
l’ossidazione degli elementi inquinanti e, quindi la depurazione degli stessi. A ciò
si aggiunga il mancato funzionamento di ben nove vasche di depurazione su
quattordici. Ancora il comportamento del gestore in riguardo al conferimento dei
fanghi reflui dall’Asl di Giugliano che venivano fatti confluire direttamente in mare.
Ed ancora il trattamento di bottini contenenti percolato di discarica non
preventivamente trattato, e accettato, ed infine immesso nel ciclo di depurazione,
compromettendo ancora una volta l’attività ossidante e depurativa dei fanghi
attivi. Conferimenti che venivano effettuati senza alcun controllo da parte del
personale tecnico dell’impianto. …..Ancora sono stati confermati i medesimi fatti
nella deposizione del teste – omissis- che riferisce anche sulla circostanza che i
trasportatori che conferivano il materiale degli auto spurghi, non effettuavano
alcun tipo di indagine sul contenuto degli autobotti, nonostante la normativa che
aveva anche autorizzato l’emissione dei reflui a condizione che questi fossero
accompagnati da un certificato di analisi che invece non veniva affatto compilato…
…Riferisce di aver visto con i suoi occhi la quantità di materiale spiaggiato sul
litorale cumano intorno allo scarico, che si presentava estremamente sporco……..
Senz’altro, quindi, i comportamenti omissivi e commissivi posti in atto dagli
2
imputati nelle rispettive qualità sono da ritenere deliberatamente volti in modo
significativo all’ammaloramento delle strutture e dei macchinari deputati alle
varie fasi di depurazione, ricevendo ed immettendo nel ciclo depurativo rifiuti
diversi per qualità e quantità eseguendo irrituali analisi sui reflui in ingresso e
non attivando le specifiche fasi di depurazione pure esistenti, pregiudicando così
il funzionamento regolare dell’impianto ed in generale la sua efficienza
depurativa”.
L’avvenuto accertamento di tali fatti, da parte dell’Autorità Giudiziaria, ha portato
ad un pronuncia di condanna degli imputati per i capi di imputazione di cui alla
lettera c) e d); per tutti gli altri capi di imputazione è stato disposto il non luogo a
procedere, esclusivamente per intervenuta prescrizione dei reati contestati.
Alle vicende sin qui enunciate, va ad aggiungersi la notizia, recentemente appresa
(due mesi fa or sono) dalle dichiarazioni rese alla stampa dal Direttore Generale
dell’ARPAC, dott. Capobianco, relativa alla circostanza che “tutti i depuratori della
Regione, ad eccezione di quelli di Sarno, non sono adeguati. Ciò significa che anche
se gli impianti funzionassero a regime, in ogni caso non sarebbero in grado di
rispettare l’insieme dei parametri previsti dalla legge” si legge nell’articolo dal titolo
“L’Arpac: i depuratori? Sono tutti fuorilegge” tratto dal Corriere del Mezzogiorno
del 25.4.2009. Dunque, secondo quanto asserito dal dott. Capobianco, anche
l’impianto di depurazione di Cuma opera al di fuori della legge.
E la riprova di una tale affermazione è il fatto che da un impianto di depurazione,
regolarmente funzionante, al termine del ciclo di depurazione devono provenire: 1)
emissione di acqua per irrigazione; 2) fanghi idonei alla concimazione.
Poiché nessuno dei due elementi proviene o è prodotto al termine del ciclo di
depurazione presso l’impianto di Cuma, è ragionevole dedurre che tale impianto non
è affatto operativo, secondo i dettami prescritti dalla vigente normativa.
In definitiva, in ragione degli accertamenti giudiziali di cui alla sentenza n. 4351/09
ed in ragione delle dichiarazioni rese dal Direttore dell’Arpac, deve considerarsi
provata la circostanza che il depuratore regionale di Cuma, anziché rendere più
salubri le acque marine, inquina le nostre coste; il fatto sconcertante è che tale
inquinamento, a mezzo della catena alimentare, “pesci e molluschi”, compromette
irrimediabilmente la salute pubblica.
Considerato, tra l’altro, che recente sentenza della Corte Cost. n. 235/2008, ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, legge 5.1.1994 n. 36,
sia nel testo originario sia nel testo modificato dall’art. 28 della legge 31.7.2002 n.
179, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di
depurazione è dovuta dagli utenti “anche nel caso in cui la fognatura sia
sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano
temporaneamente inattivi”, nonché ha dichiarato, ai sensi dell’art. 27 della legge
11.3.1953 n. 87 l’illegittimità costituzionale dell’art. 155, comma 1, primo periodo,
3
del decreto legislativo 3.4.2006, n. 152, nella parte in cui prevede che la quota di
tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti “anche nel caso
in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente
inattivi”.
In ragioni di tali premesse e della non debenza della quota di tariffa per il servizio di
depurazione, allorquando l’impianto di depurazione non sia operativo,
CHIEDO CHE
1) Il Comune di Bacoli attivi immediatamente, un servizio teso a verificare e
monitorare costantemente la balneabilità delle acque costiere nostrane
(analogamente a quanto disposto ex lege per la verifica della potabilità
dell’acqua destinata al consumo umano), ponendo le risultanze di tali
accertamenti a confronto con i dati rilasciati dall’Arpac;
2) Il Comune di Bacoli provveda ad adire l’Autorità Giudiziaria, presso tutte le
sedi competenti, per l’accertamento delle responsabilità civili e penali, in
relazione al continuo inquinamento procurato alle acque marine nostrane,
nonché per il risarcimento di tutti i danni arrecati alle attività commerciali
presenti sul territorio ed alla salute pubblica, in relazione anche al
gravissimo disastro ambientale provocato dal recente sciopero del personale
addetto all’impianto di depurazione di Cuma;
3) il Comune di Bacoli, costituisca in mora e/o agisca giudiziariamente nei
confronti della Regione Campania per la ripetizione delle quote di tariffa
illegittimamente incamerate, negli ultimi dieci anni, per un servizio di
depurazione delle acque reflue, mai reso, con onere per il Comune stesso di
distribuirne il ricavato a favore della collettività;
4) il Comune di Bacoli, provveda, sin dalla prossima fatturazione dei consumi
idrici, ad eliminare la posta relativa alla quota di tariffa per il servizio di
depurazione, ad oggi non reso;
5) il Comune di Bacoli provveda ad interessare della questione il Ministero
dell’Ambiente nonché il Governo, affinché vengano adottati i provvedimenti
necessari a salvaguardare la salute pubblica, nonché ad indennizzare le
attività commerciali, ad oggi seriamente danneggiate.
Si allega copia sentenza n. 4351 del 15.6.2009, resa dal Tribunale penale di
Napoli - Sezione Distaccata di Pozzuoli.
Bacoli, sei luglio 2009

Avv. Giacomo Perreca

You might also like