7Q5 il vangelo a Qumran?: Una discussione sull’antichità ed attendibilità storica delle narrazioni evangeliche alla luce dei rotoli del Mar Morto
By Giuseppe Guarino and Wilbur Pickering
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Nel 1972 Josè O’ Callaghan avanzò l'ipotesi che il frammento di papiro in greco chiamato 7Q5 fosse quanto restava di una copia del Vangelo di Marco. Una tale eventualità mette in discussione le datazioni dei Vangeli date dagli studiosi, per renderle più coerenti con l’antica tradizione cristiana.
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7Q5 il vangelo a Qumran? - Giuseppe Guarino
Giuseppe Guarino
7Q5
Il Vangelo a Qumran?
Una discussione sull’antichità ed attendibilità storica delle narrazioni evangeliche alla luce dei rotoli del Mar Morto
Copyright © 2014-2021 Giuseppe Guarino
All rights reserved
ISBN 9798373229678
Dedicato con rispetto e stima
alla prof.ssa Emanuela Fogliadini
INDICE
Introduzione 009
1. I manoscritti del Mar Morto 011
2. Il fenomeno della lingua greca ed Israele 025
3. New Testament Books in Cave 7 ? 031
4. 7Q5 039
5. Il testo del frammento 045
6. La datazione dei vangeli 055
7. I manoscritti del Nuovo Testamento 067
8. Il vangelo ebraico di Matteo 076
9. Prassi ebraica nel Nuovo Testamento 081
Conclusione 090
Appendici
I. 7Q5 di Wilbur N. Pickering 97
II. Scritti cristiani antichi e vangeli apocrifi 109
III. La lingua del Nuovo Testamento 119
IV. Variant reading in 7Q5 135
V. The book of Daniel at Qumran 137
Bibliografia 143
Introduzione
Non ho mai sentito l’odore di un sito archeologico, di una delle grotte di Qumran. Non ho mai visto quei luoghi, né tantomeno toccato le cose che custodivano. Ma negli ultimi anni poche cose hanno occupato i miei pensieri e le mie riflessioni quanto la ricerca del senso delle tracce che il passato remoto della nostra fede ha lasciato all’inizio della nostra era, quasi due millenni fa.
A volte al passato rendono testimonianza delle prove eclatanti, maestose, come le piramidi dell’Egitto. Altre volte soltanto piccoli frammenti e tocca al genio deduttivo dell’uomo andare a caccia delle verità che così piccole tracce possono nascondere.
È questo il caso dell’affascinante reperto definito 7Q5. Piccolo quanto un appunto lasciato sul frigo, con scarse tracce di inchiostro che tramandano appena venti lettere dell’alfabeto greco: è di questo che stiamo parlando. Sono però i suoi 2000 mila venerabili anni a fare la differenza. Diversi i tentativi di capire quale indizio rappresenta un così antico testimone: chissà a quanti studiosi ha tolto il sonno!
Nelle pagine che seguono, troverete le riflessioni che hanno occupato alcune delle mie notti insonni, raccolte qui per chi come me sente di poter capire il presente solo vedendolo come la diretta conseguenza del passato.
Il mio lavoro non ha pretese, se non una soltanto: comunicare al lettore il senso di una possibile scoperta e contribuire affinché non vada perduto il lavoro di uomini dediti alla ricerca della Verità o, in ultima analisi, incapaci di tacere per insinuare la vivacità del dubbio e della curiosità scientifica, nel mondo piatto ed intriso di scetticismo che sta divenendo quello della critica ufficiale del testo biblico.
Una sola vera certezza: we nearly scratched the surface – abbiamo appena grattato in superficie. Ma se il più lungo dei viaggi è comunque l’insieme di infiniti piccoli passi in avanti, allora lascio anche io il mio modesto contributo sull’argomento.
Alla fine, forse, la più grande ambizione alla quale chi scrive può veramente aspirare è solo sognare di lasciare delle macchie di inchiostro che tolgano il sonno ai curiosi del futuro.
1
I manoscritti del Mar Morto
Fra non molti anni saremo al centenario della scoperta dei famosi rotoli di Qumran, avvenuta verso la metà del XX secolo, ma il fermento suscitato dalla loro testimonianza al testo biblico è ancora lontano dal diminuire.
Fu nel lontano 1947 che, casualmente, un pastore si imbatté nel ritrovamento di alcuni manoscritti all’interno di una grotta presso il Mar Morto. Da qui in avanti, cominciò la scoperta, una dietro l’altra, delle undici caverne che noi oggi conosciamo e che hanno restituito al mondo un tesoro di documenti datati dagli studiosi fra il 250 a.C. ed il 68 d.C.
Lo studio di questi ritrovamenti ha condotto in un primo momento a teorie fantasiose e sensazionalistiche che volevano rileggere in un certo senso l’intera storia del cristianesimo e dei suoi rapporti con la fede giudaica. Ma il tempo ed un approccio più serio e scientifico ha ridimensionato il senso della scoperta, riportandoci con i piedi per terra. Sostanzialmente il ritrovamento ci ha permesso:
1. Di ottenere una migliore conoscenza della realtà della fede ebraica del secondo tempio, in particolare del periodo precedente la distruzione operata dai romani.
2. Di avere la disponibilità di prove manoscritte per l’Antico Testamento, databili fra il III secolo a.C. e di sicuro non più tardi del 68 d.C., che hanno permesso di esaminarne il testo alla luce di testimoni circa mille anni più antichi di quelli fino a quel momento disponibili.
Stephen Hodge ha scritto un libro sull’argomento, pubblicato in Italia nel 2011 da Newton Compton editori, per la collana Tascabili Newton, che ritengo davvero molto interessante.
È un libro che non posso condividere interamente – sono conscio di essere più un apologeta che uno studioso; ma nella lettura del quale ho rinvenuto un ottimo ed attendibile lavoro di ricerca che espone sostanzialmente, in maniera quasi imparziale, lo stato delle ricerche sui rotoli e le varie teorie attuali sulla loro origine. Lo consiglio vivamente per un approfondimento sulla questione. Molti altri libri sono disponibili sull’argomento, soprattutto in lingua inglese, ma pochi sono i testi scientifici rinvenibili in libreria se messi a confronto con quelli proponenti teorie più o meno fantasiose e con nulla di realmente scientifico ed attendibile. Da questi ultimi testi metto in guardia il lettore.
Hodges riferisce che i resti riportati alla luce nelle ricerche condotte nelle varie grotte con il tempo riscoperte, sono frammenti, nella gran parte, che testimoniano l’esistenza ed il testo di circa 850 libri. Molti di questi libri sono sopravvissuti in frammenti.
Il famosissimo rotolo di Isaia (qui nell’immagine) è un’eccezione. Si tratta di un manoscritto completo, un testimone impossibile da sottovalutare.
La sua esistenza e lo stato del suo testo dimostrano l’attendibilità del testo Masoretico utilizzato sia dagli ebrei che dai cristiani come base per le traduzioni dell’ Antico Testamento dai testi originali oggi comunemente utilizzati. Appena gli studiosi ebbero avuto l’opportunità di studiare il grande rotolo di Isaia proveniente dalla caverna 1 (1QIsa, copiato approssimativamente nell’anno 100 a.C.) e poterono C:\Users\giuseppe\Desktop\websites\studibiblici rev 29 settembre 2013\Cave_Map.jpg confrontarlo con il testo Masoretico, essi furono impressionati dai risultati. Nonostante il rotolo di Isaia fosse circa mille anni più antico della versione masoretica di Isaia, i due erano virtualmente identici ad eccezione di qualche dettaglio minore che raramente andava ad alterare il significato del testo... I risultati ottenuti dagli studi comparativi di questo tipo sono stati ripetuti per molti altri testi biblici rinvenuti a Qumran. La grande maggioranza dei nuovi rotoli appartengono alla stessa tradizione del testo Masoretico. Essi sono, comunque, più antichi di secoli e dimostrano così in maniera molto convincente quanto siano stati attenti gli scribi ebrei nel trasmettere quel testo negli anni
.[1]
La più antica ed accreditata teoria sui manoscritti del Mar Morto vuole che questi siano i sopravvissuti della biblioteca
di una comunità monastica essena insediata a Qumran.
Gli esseni sono una setta
ebraica. Nel Nuovo Testamento non vengono menzionati, mentre lo sono invece il movimento dei farisei e dei sadducei, la casta degli scribi e dei sacerdoti. Ciò ha sollevato dei dubbi sui rapporti di questo movimento con Giovanni Battista o con lo stesso Gesù.
Sebbene la supposta esistenza di un insediamento monastico goda di un certo consenso, non è per nulla certo che quanto ritrovato a Qumran dagli archeologi fosse realmente tale. Vi sono indizi a favore di questa teoria, ma non prove. E non è nemmeno certo che gli scritti che sono legati al movimento della supposta comunità
, siano realmente esseni, cioè che le grotte custodivano veramente i testi sacri del monastero esseno.