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I giorni dell’ira
PREMESSA
NOTA BIBLIOGRAFICA
Antonio Montanari, I giorni dell'ira
PAG. 5
CAPITOLO I
10 GIUGNO 1940: «VINCERE!»
CAPITOLO II
«GIOVINEZZA», ADDIO
CAPITOLO III
DOPO IL 25 LUGLIO 1943
Il Cln di Rimini non si era ancora costituito alla data del 12 set-
tembre ’43. Aveva cominciato a prendere forma dopo l’8 settembre,
ma nascerà ufficialmente soltanto nel marzo 1944. Lo ricorda
Giuseppe Babbi, aggiungendo: «Inizialmente eravamo in tre con il
socialista Gomberto Bordoni e il repubblicano maestro Dario Celli. A
noi si unirono poi appartenenti ad altri partiti, come il comunista
Isaia Pagliarani, che però più tardi si distaccò da noi in seguito ad un
fiero litigio con Bordoni. Lo scopo delle nostre riunioni (talvolta ci
vedevamo nella casa del signor [Giovanni] Grossi nel borgo San
Giuliano, talaltra in altri posti sicuri) era di svolgere un’attività
Antonio Montanari, I giorni dell'ira
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condizioni».
Il primo novembre Mussolini annuncia ad Hitler il richiamo alle
armi dei giovani del ’24. Ma con il bando del 9 novembre sono
chiamati i militari nati nel secondo e terzo quadrimestre del ’24,
quelli del ’23 e ’24 in congedo provvisorio (ossia, gente scappata l’8
settembre), e tutti quelli del ’25 della leva di terra. I prefetti sono
impegnati «personalmente» da Mussolini a far rispettare la chiamata:
«Il successo della presentazione sarà il segno sicuro della ripresa
nazionale».
I giovani rispondono in 51.162, secondo le cifre fornite a dicem-
bre da Graziani. Quelli dell’Emilia-Romagna sono in testa, con 16.415
militari. La nostra regione, con i suoi 72 mila iscritti al pfr, è la più
neofascista: ecco la ragione dell’alto numero di reclute. Una gran
parte di questi ragazzi scappa alla prima occasione. Ha scritto
Bertoldi: «Ognuno ha nella valigetta un secondo abito borghese per qu-
ando quello che indossa sarà ritirato e sostituito dalla divisa. L’abito
borghese è stato la grande risorsa dell’otto settembre. Chi
prudentemente lo aveva si è salvato. Chi non lo possedeva è finito in
Germania. I ragazzi sanno che anche stavolta c’è il rischio di finire in
Germania e si preparano. La lezione è servita».
Salò ordina in novembre di «passare per le armi» gli «elementi
antinazionali al soldo del nemico» che compiano «atti proditori nei
riguardi dei fascisti repubblichini».
bunale i capifamiglia».
L’immagine della morte accompagna la repubblica di Salò sin
dal suo nascere. Il 5 novembre, il segretario del pfr Alessandro
Pavolini incita i suoi uomini ad applicare i metodi di repressione usati
dai tedeschi: «Di fronte al ripetersi di atti proditori nei riguardi dei
fascisti repubblicani per parte di elementi antinazionali al soldo del
nemico», egli «ordina alle squadre del partito di procedere
all’immediato arresto degli esecutori materiali o dei mandanti morali
degli assassinii», e di passarli per le armi «previo giudizio dei Tri-
bunali speciali». «Praticamente», osserva Arrigo Petacco, «le squadre
hanno carta bianca di arrestare chi meglio credono. È l’inizio di una
spirale di violenza che insanguinerà il paese e della quale Pavolini
sarà il principale responsabile». Intanto, i tedeschi deportano 600
mila soldati italiani.
CAPITOLO IV
REPUBBLICHINI E NAZISTI
scrissero i partigiani nella relazione sul fatto? O anche lui una vittima
degli eventi? Celli si sarebbe trovato coinvolto casualmente nella
vicenda. Assieme ad altre persone verso l'8 agosto, aveva assistito
alle minacce rivolte da un contadino ad una vecchietta che
raccoglieva frutta da un albero del podere. Celli ne prese le difese,
minacciando il contadino per il tono violento usato contro la donna,
eccessivo rispetto all'entità del furto subìto. Qualche giorno dopo
quell'episodio, è incendiata una trebbiatrice, il 12 agosto. Celli viene
sospettato di essere l'autore del sabotaggio. Fermato dai
repubblichini, forse perché picchiato o forse per evitare guai peggiori,
scambiò la propria salvezza con la delazione: «So dove ci sono dei
partigiani», avrebbe detto. Lui, come barbiere, in via Ducale, c'era
stato qualche volta.
Quando furono arrestati i Tre Martiri? Il 13 agosto verso le
17.30, secondo un articolo di Montemaggi del ’64 in cui si riportava
una testimonianza di Paolo Tacchi. Montemaggi nel ’94 ha spostato
l'evento al giorno 14 in base al «Rapporto riservato» (stilato il 30
agosto), del 471° Gruppo germanico. Nel «Diario di guerra» del
Comando Supremo della Decima Armata tedesca, la notizia è
registrata il 15 agosto: lì si trova anche scritto che la cattura dei tre
«banditen» avvenne «nell'ospizio Marino (poco a sud-est di Rimini)» in
località Comasco: è un errore. I tre giovani sono stati catturati
nell'Ospedalino Infantile (Aiuto Materno, via Ducale). Padre Carpani
ricorda il 14 agosto. In altre fonti si parla di quanto tempo i tre
giovani restarono nelle mani dei nazi-fascisti. Secondo Maria
Pascucci («Il ras di Rimini [Tacchi] li tortura per far loro confessare i
nomi. Essi tacciono e resistono…»), si tratta di «tre giorni». Essendo
stata eseguita l'esecuzione capitale il 16 mattina, la cattura sarebbe
dunque avvenuta il 13 pomeriggio. Per Guido Nozzoli, tra l'arresto e
l'esecuzione non passarono che trentasei ore. Quindi la cattura
sarebbe del 14. Chi vi era presente? Secondo Montemaggi (1994),
c'era Alfredo Cecchetti [Cicchetti]. Per Nozzoli, Cicchetti non era
nella base di via Ducale al momento dell'irruzione.
CAPITOLO V
IL DELITTO PAOLINI
cioè agli ordini per arruolarsi che i fascisti facevano diffondere anche
dall’altare.
«Duilio Paolini viveva diviso dalla moglie. In paese si era legato
con Olga Geri che da lui ebbe un figlio», morto a Roma verso la metà
degli anni Ottanta: la Geri, mi spiega Pippo Bartoli, abitava in un’altra
casa, vicina a quella di Paolini, che aveva sul retro una porta da cui
era possibile uscire nei campi. «Bastava che si fosse nascosto lì quella
notte, ma forse era destino che finisse così».
CAPITOLO VI
TRA RIMINI E SAN MARINO
parte mia di dieci italiani scelti a mio piacimento fra i rifugiati di San
Marino», in cambio della libertà per il gruppo arrestato il 29 agosto.
Bigi riesce ad ottenere il 4 settembre la consegna di tutti i prigionieri
senza contropartita, e li fa trasferire nel carcere della Rocca, «per
ragioni di sicurezza nel timore che venissero nuovamente arrestati o
prelevati».
Nella notte tra il 31 agosto ed il primo settembre i tedeschi
hanno ucciso, a furia di botte, i due partigiani torturati nel ‘carcere’ di
Montegrimano, Renato Parlanti (22 anni) e Mario Galli (30). Erano
stati «catturati armati in una zona liberata dagli inglesi», come aveva
confessato a Giuseppe Maiani lo stesso Parlanti. Maiani aggiunge un
particolare: durante il ritorno a San Marino, il 4 settembre, «siamo
ripassati dai bagni di Meleto e lì ci ha investito un irrespirabile fetore
di cadaveri in decomposizione. Dopo il passaggio del fronte venimmo
a sapere che nel fosso di quella località erano stati trovati i corpi di
Parlanti e Galli ammazzati dai tedeschi».
Perché i nazisti hanno graziato il gruppo degli arrestati il 29
agosto? Il Comando germanico era consapevole «che la fucilazione di
innocenti cittadini sammarinesi, in quanto sudditi di uno stato neu-
trale, avrebbe suscitato non poche proteste diplomatiche», sostiene
Francesco Balsimelli. Del fatto, avrebbe poi approfittato
inevitabilmente la propaganda alleata. Infine, conclude Balsimelli, «a
Montegrimano cominciavano ad arrivare le granate alleate».
CAPITOLO VII
FASCISTI E TEDESCHI DI CASA SUL TITANO
Quando sale a San Marino, Erwin Rommel è già famoso. Nato nel
1891, combattente nella prima guerra mondiale, dopo aver aderito al
nazismo, compie una fortunata carriera militare. Nella seconda
guerra mondiale combatte in Polonia e in Francia, poi nel ’41 viene
posto a capo dell’Afrika Korps in Libia. Qui rivela grandi doti di
strategia, conquistando Tobruk e spingendosi fino ad El-Alamein.
Quest’ultima impresa gli vale il titolo di feldmaresciallo. Ma la lunga
avanzata, determinando un allontanamento dalle basi, consentì la
controffensiva del maresciallo inglese Montgomery, che lo costrinse
ad una sia pur abile ritirata in Tunisia (1942). Rimpatriato, combatte
in Italia ed in Normandia, dove rimane gravemente ferito. Sospettato
(pur essendo ancora degente) di partecipazione all’attentato del 20
luglio ’44 contro Hitler, si ucciderà per evitare il processo.
Il generale Eisenhower su Rommel dà un giudizio poco benevolo,
affermando che scappò velocemente dalla Tunisia per mettere in
salvo la pelle. Per il colonnello delle SS Eugenio Dollmann, Rommel
era un uomo molto duro. Secondo Montemaggi, quando si reca a San
Marino, «Rommel non andava d’accordo col collega, feldmaresciallo
Albert Kesselring. Il disaccordo era in fase acuta. Rommel voleva
abbandonare l’Italia peninsulare e impostare le difese del Terzo Reich
proprio sulla ‘Linea degli Appennini’ - con San Marino come punto
cruciale della sua linea difensiva. Kesselring voleva invece difendersi
lungo tutta la penisola, logorando i nemici anglo-americani metro per
metro». Anche questo commento di Montemaggi conferma che il
viaggio di Rommel a San Marino fu una vera e propria ispezione
militare.
CAPITOLO VIII
L’ARRESTO DI GIUSEPPE BABBI
CAPITOLO IX
LE BOMBE INGLESI
CAPITOLO X
I RICATTI NAZISTI
dell’Intelligence inglese.
Zanardi era giunto a San Marino ai primi di giugno del 1944,
poco prima cioè del bombardamento. Grazie al compito affidatogli sul
Titano, di tenere i contatti con gli Alleati, Zanardi poté inserirsi
tranquillamente nelle stanze dei bottoni senza destare alcun sospetto:
l’ex Reggente Balsimelli, a guerra conclusa, parlerà di lui come di un
«ardimentoso ufficiale» che accettò rischiosi incarichi per «ripagare in
qualche modo la generosa ospitalità ricevuta».
Zanardi lascia San Marino il 15 agosto, va a Roma, spiega la
situazione agli Alleati, ritorna sul Titano il 18 settembre: nel frat-
tempo un altro tentativo di evitare che gli inglesi attacchino San
Marino, viene condotto a termine dal sergente della Confinaria
Virginio Reffi che s’avventura nelle Marche.
Arrestato dalle SS, Reffi riesce a fuggire, passa il Foglia e ad Ur-
bino s’incontra con l’Alto Comando inglese, a cui precisa che «sulla
vetta e nei centri abitati non vi erano truppe nemiche», avendo
piazzato i tedeschi qualche batteria solo ai margini del territorio.
«Il crollo della linea gotica consentì, con il decreto del 23 set-
tembre 1944, di restituire il potere al Consiglio dei LX e di
estromettere i fascisti dal Governo», mi spiega Cristoforo Buscarini
ripercorrendo velocemente gli avvenimenti della Repubblica dopo la
liberazione del territorio riminese dall’occupazione tedesca, av-
venuta il 21 settembre. «Con la legge del 23 ottobre dello stesso ’44,
fu poi avviato un procedimento penale contro i responsabili fascisti.
Si badi bene, però. Il procedimento era limitato agli atti compiuti
dopo il 28 ottobre 1943, e quindi si riferiva unicamente a coloro che
militarono nel partito fascista repubblichino, e compirono atti di vio-
lenza».
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CAPITOLO XI
I GIORNI DEL SILENZIO
A San Marino dopo la fine della guerra operò il Consiglio dei XII
per le sanzioni contro il fascismo. Ne fece parte anche il professor
Giovanni Franciosi (1894-1981), nipote di quel Pietro Franciosi
(1864-1935) che «storico, filosofo pubblicista e giornalista, fu la
mente del socialismo sammarinese che egli non vide mai disgiunto
dai concetti di democrazia e libertà» [F. Bigi].
Giovanni Franciosi era stato allievo di Righi all’Università di
Bologna, prima di diventare insegnante di matematica e fisica, molto
apprezzato ed amato, al liceo scientifico Serpieri di Rimini. Nel corso
del Ventennio anche lui era stato costretto alle adunate fasciste in
divisa. Nel ’27, apostrofato in maniera arrogante dal seniore Lancia,
si era poi rifiutato di partecipare ad ulteriori manifestazioni. Ed ebbe
ovviamente delle grane. In suo aiuto andò il segretario agli Interni di
San Marino, Giuliano Gozi che Franciosi si trovò a giudicare nel
Consiglio dei XII.
Grazie agli appunti redatti allora da Giovanni Franciosi nel
corso delle sedute del Consiglio, è possibile ricostruire i momenti
principali del processo ai repubblichini del Titano.
CAPITOLO XII
IL CREPUSCOLO DEGLI EROI
emiliane nel tardo autunno ’44, lui stesso, come capo della zona di
operazioni, il 21 dicembre convocò a rapporto i maggiori responsabili
politici e militari del fascismo. In quell’occasione Von Senger accusò
le brigate nere di compiere azioni «che hanno tutte le caratteristiche
di assassinii da strada».
Dopo la guerra, Pagliani fu condannato e scontò un lungo pe-
riodo di detenzione prima di tornare a fare il chirurgo, non più a
Bologna, ma a Perugia.
L’ambiente della brigata nera Pappalardo, nel quale questa
testimonianza inedita inserisce la figura di Paolo Tacchi, è uno dei più
terribili dell’Italia di Salò. Circa la presenza di Tacchi a Modena non
esistono atti ufficiali, come precisa una lettera del 26 novembre 1990
scrittami dall’Anpi di Modena: «Delle nefaste gesta della Pappalardo
nel Modenese, possediamo solo documentazioni e nomi di apparte-
nenti alla medesima, ricavati dal processo celebrato contro il
‘comandante’ Franz Pagliani ed altri, ma il Tacchi non figura tra essi.
Abbiamo interessato l’Istituto Storico della Resistenza di Modena
della questione, ma nulla è stato trovato nei suoi archivi sul Tacchi».
Anche Bianca Rosa Succi non porta lumi al riguardo: nell’intervista
concessa a Il Garibaldino del 14 settembre ’45, accenna soltanto a
«rastrellamenti contro i Partigiani in Val Sesia e in altre località del
Nord», compiuti da Tacchi che «divenne comandante del reparto
operativo di Como».
«Perché i partigiani modenesi oggi non sanno nulla di Tacchi?»,
ho chiesto al gappista che mi ha fornito la notizia. La sua risposta: «I
partigiani hanno nascosto le notizie perché anche loro avevano le loro
pecche da coprire».
CAPITOLO XIII
ALLA RICERCA DELLA VERGINITÀ PERDUTA
CAPITOLO XIV
TRA IERI ED OGGI
Lombardini sta per essere picchiato dal più giovane del gruppo, un
ragazzo sui diciassette anni, che ha al collo un fazzoletto rosso.
In soccorso di Lombardini giunge «un ‘vecchio camerata’ che
occupa un posto di rilievo nel Comitato di Liberazione», il comunista
Arnaldo Zangheri.
Antonio Montanari, I giorni dell'ira
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NOTA BIBLIOGRAFICA
Per gli esatti riferimenti bibliografici delle singole citazioni, qui omessi
per motivi di spazio, rimando ai miei articoli della serie «I GIORNI DELL’IRA»
pubblicati nel settimanale riminese Il Ponte, dai quali questo libro prende
spunto. PARTE PRIMA , IL DELITTO PAOLINI: 1. «Papà mio, dove lo portate?» (3.
12. 1989), 2. La caccia all’uomo (17. 12. 1989), 3. L’agosto di passione (7. 1.
1990); PARTE SECONDA, SAN MARINO: 4. 28 luglio 1943, San Marino volta
pagina (4. 3. 1990), 5. Chi minaccia San Marino (18. 3. 1990), 6. L’attentato
a Casali (1. 4. 1990), 7. La prof. che faceva la spia (29. 4. 1990), 8. Tra saluti
romani e bombe alleate (20. 5. 1990), 9. Fascisti alla sbarra (10. 6. 1990);
PARTE TERZA, RIMINI : 10. La pacificazione impossibile (29. 7. 1990), 11. Foto
di gruppo in camicia nera (30. 9.1990), 12. “Sbandati” al muro (21. 10.
1990), 13. Il Venerdì Santo di Fragheto (4. 11. 1990), 14. Scampoli di
retorica sopra le macerie (15. 11. 1990), 15. Giovani senza più «Giovinezza»
(9. 12. 1990), 16. L’ora delle scelte (6. 1. 1991), 17. Un ducetto di provincia
(3. 2. 1991), 18. La carovana repubblichina in fuga (24. 2. 1991), 19. I mi-
steri del Dopoguerra (10. 3. 1991). Di tutta la serie degli articoli intitolati «I
GIORNI DELL’IRA», è disponibile alla Biblioteca Gambalunghiana di Rimini una
raccolta in volume [segn. M 500 150]. Il presente volume non rispetta la
successione degli articoli, ed è stato integrato in varie parti. Gli articoli della
serie «RIMINI IERI 1939 - 1940» sono stati pubblicati sullo stesso settimanale:
L’ultima estate di pace, 10. 9. 1989; “Chi dei due” è Mat, 24. 9. 1989; Il
Comune se ne fregia, 1. 10. 1989; L’ombra della guerra oscura il sole delle
vacanze, 24. 6. 1990.