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In poco più di un trentennio, la pornografia, da

prodotto clandestino, è diventata un prodotto di


massa. Il fatturato dell’industria a luci rosse ha
raggiunto dimensioni vastissime. Un rapporto
dell’Unione Europea ha calcolato un giro d’affari
persino superiore a quello dell’industria militare.
Che cosa ha decretato un successo di tali
proporzioni?

In “Il Porno di Massa Percorsi dell’Hard


Contemporaneo" (Raffaello Cortina Editore, 2004),
Pietro Adamo racconta l’epopea che ha fatto
diventare il porno un “bene di massa”. Adamo,
docente di Storia Moderna, è stato una firma
autorevole di Videoimpulse, unica rivista italiana di
critica del cinema porno, recentemente scomparsa
dalle edicole (e addirittura dal Web, nella sua
versione online). Nei suoi dodici anni di vita,
Videoimpulse ha trattato il mondo della
pornografia, dei set, dei registi, dei performers e
delle produzioni, come parte dell’universo cinema,
come un genere, in grado di contaminare l’area del
mainstream.

Otto anni dopo “La Pornografia e i Suoi Nemici” (Il Saggiatore), Adamo riprende il filo di
una personale ricerca all’interno di ciò che si delinea, come recita il sottotitolo, una analisi
dei percorsi dell’hard contemporaneo. Secondo Adamo, seppur il porno sia diventato col
tempo un fenomeno culturale di massa, e quindi "pop", nel senso di popolare, soffre
tuttavia di una generale assenza di una critica “capace di scavare nei suoi meandri, di
decodificarne i tic nervosi, i procedimenti occulti, la strutturazione delle sottocategorie, di
rivelarne le genealogie e le fenomenologie interne”.

Del resto, lo dice lui stesso, […] fare i conti con l’hardcore non è impresa da poco. Da noi,
voci isolate hanno avuto cognizione di un prodotto culturale che ha rotto i vincoli della
rappresentazione, penetrando a fondo, violentemente, nell’immaginario collettivo. Al
porno, Carmelo Bene riconosceva l’altrove della macchina da presa e di qualsivoglia
pretesa autoriale: “Siamo nel porno”, amava ripetere, sicuro che in pochi avrebbero capito.
[…].

Adamo, che è un sostenitore del porno (e forse anche un pornodipendente, ndr) conduce
dunque il lettore all’interno di una storia culturale del genere, interpretandone i riflessi
sociali e politici, quindi riassumendo le tappe che hanno determinato tanto la nascita negli
States di uno star system autoctono, quanto il successo commerciale di prodotti
amatoriali, e, ancora, l’imporsi di una nuova generazione di registi provenienti dalla
pubblicità o dai videoclip musicali, nel passaggio dalle produzioni in pellicola a quelle in
video. Un viaggio, dunque, che parte dalla pornografia anni ’70, legata alla liberalizzazione
sessuale, fino alle recenti affermazioni più estreme e violente del genere.

PORNO LIBERAZIONE
In origine, la pornografia fu salutata come figlia della rivoluzione sessuale, quella che negli
anni ’60 predicava la liberazione del corpo dalle inibizioni borghesi classiste e sessiste.

Certamente, la confidenza con la pornografia, con il corpo mostrato oscenamente nella


sua interezza, ha abbassato i limiti della tolleranza. Progressivamente, il fenomeno è
degenerato nella mercificazione, nel consumismo e nel porno di massa.

Oggi, uno spot osé, dopo la massiccia esposizione a materiali pornografici di ogni tipo,
difficilmente produce scandalo. È per questo che oggi i pubblicitari possono osare,
forzando tali limiti, senza preoccuparsi più di tanto delle reazioni, comunque limitate.

Il porno di massa è diventato un fenomeno commerciale di enorme rilevanza, e in


Occidente si è sempre più restii a perseguitarlo. Anche governi che tendenzialmente
sceglierebbero la repressione, se ne astengono proprio a causa delle dimensioni
economiche del fenomeno e, ovviamente, degli interessi che vi girano intorno. Si tratta
però di un giro d’affari con parecchie zone d’ombra: prostituzione, sfruttamento dei minori,
violenza.

Il porno delle origini, soprattutto quello americano, finì ben presto, in gran parte, nelle mani
della mafia. Ancora oggi, la pornografia viene utilizzata come mezzo di riciclaggio di
denaro sporco. Ma è bene chiarire un punto: oggi è più facile distinguere una pornografia
legale, cioè riconosciuta come tale dalle leggi di maggior parte dei paesi occidentali, e una
pornografia illegale, fondata sulla violenza estrema e soprattutto sullo sfruttamento dei
minori. La pornografia di massa, quella che si può comperare nelle edicole o nei sexy
shop, che viene realizzata e distribuita alla luce del sole, da aziende formate secondo i
criteri di legge, che pagano tasse e contributi, non ha nulla di illegale. Anche se continuano
certo ad esistere sacche di illegalità, come accade in tutte le attività economiche
d’impresa.

Adamo cita la testimonianza di Linda Lovelace, la protagonista del porno cult “Gola
Profonda”, che descrive una realtà caratterizzata da violenze e soprusi. Non a caso, il
racconto della Lovelace è stato molto sfruttato dalle femministe anti-porno. Ancor prima
che fosse coinvolta nel porno, la Lovelace aveva subito durissime violenze da parte del
marito, che l'ha costretta a girare “Gola Profonda”, anche se il regista, i suoi colleghi e i
produttori del film probabilmente non lo sapevano, o almeno non sospettavano sino a che
punto era giunto il marito. E comunque, come sottolinea Adamo, non è generalmente vero
che le interpreti dei film porno siano obbligate a girare i film con la violenza.

Oggi, gli aspiranti attori e attrici porno sono una moltitudine. Con le attrici c’è meno
abbondanza, ma, tra dilettanti allo sbaraglio e “professioniste” varie (prostitute, sex
workers, spogliarelliste ecc.), c’è veramente ampia scelta. Inoltre, oggi sono in molti a
pensare che girare film porno sia un buon metodo per diventare famosi. Il problema della
violenza nella pornografia legale è un altro. C’è, eccome, nel porno, il problema della
violenza, che è quello della sua rappresentazione. Negli ultimi anni, ad esempio, sono
aumentati a dismisura i film che mettono in scena lo stupro, esasperando l'elemento della
subordinazione femminile, della sua riduzione a “oggetto” a tutti i livelli, come dicono le
femministe, che è sempre stato caratteristico del porno di massa.

Secondo Adamo, dunque, il porno di massa si riduce a una liberalizzazione sessuale delle
fantasie sadiche maschili. Anche se ci sono state molte variazioni sul tema e, soprattutto
negli anni ’70, il tema della liberazione sessuale ha indotto molti, anche tra i pornografi, a
contemplare la liberazione della donna. D’altro canto, è indubbio che il porno, nel suo
aspetto di massa, esprima la struttura del desiderio sessuale maschile, dato che la
stragrande maggioranza dei consumatori di prodotti pornografici è maschile, che il porno è
di fatto pensato e realizzato per la masturbazione maschile.

Ma esiste una pornografia al femminile? Ci sono stati tentativi di crearla. Esiste almeno
una nota casa di produzione, gestita da una donna (l’ex pornostar Candida Royalle), che
ha creato film porno al femminile. Si tratta di una pornografia che concede poco alle
riprese di penetrazioni, spesso concentrandosi sui preliminari. Il sesso è dolce, privo di
perversioni. Ma il suo successo, in un mercato fatto essenzialmente da uomini, è stato
molto limitato. Va anche ricordato che, per quanto riguarda i meccanismi di consumo e
l’immaginario sessuale, molti studi sociologici tendono ad individuare il corrispondente
femminile alla pornografia nel “romance” di massa, anche molto spinto. E, difatti, esistono
numerose collane di narrativa popolare, anche molto audace, che sono concepite
unicamente per un pubblico femminile.

Con l’avvento di Internet come è cambiato il mercato del porno? È vero che l’anonimato
del web ha alimentato la proliferazione del genere estremo? Purtroppo sì. In effetti,
Internet ha contribuito a dare sfogo a forme di violenza represse favorendo la diffusione
dei generi più estremi. Anche se, va detto, nel porno l’estremo ha sempre proliferato. Ed è
proprio nelle varianti estreme, qualsiasi sia la loro forma narrativa o “patologia”, che
domina la tendenza a umiliare sempre più la donna. Ma forse la questione è un'altra: con
l'avvento di Internet si assiste ad una proliferazione della pornografia illegale, specie
quella pedopornografica, che ha per oggetto gli abusi sui minori (che sfociano spesso in
abominevoli rituali di morte). I film porno, inoltre, oltre che più estremi, sono diventati
anche più brutti. Nel senso che più che film sono un insieme di atti sessuali violenti
variamente legati da una debolissima trama.

Negli anni ’70, il porno era in larga parte cinema. Veniva girato come cinema e veniva
proiettato nelle sale. Da questo punto di vista era certamente un “genere” cinematografico,
seppur osceno. Con l’avvento del videoregistratore è cambiato tutto: non c’è più bisogno di
trame e di costruzioni cinematografiche, basta l’atto sessuale. Anche se ci sono stati molti
tentativi, come quello della linea Andrew Blake - Michael Ninn, di fare qualcosa di più
creativo, di più stimolante dal punto di vista estetico, i film porno sono stati ridotti a pura
bestialità.

Il porno è comunque diventato di massa, nonostante i suoi innumerevoli nemici, in tutti gli
schieramenti: le critiche piovono dal mondo cattolico, dalla sinistra, dalle femministe, dal
mondo civile. Poco tempo fa venne proposta addirittura una porno-tassa. Per quanto
riguarda il mondo cattolico e benpensante in generale, l’attacco, più che contro la
pornografia, è rivolto contro la società libera in genere, contro la “società aperta”
d’Occidente, contro il principio di libertà individuale. Il discorso è diverso per quanto
riguarda le critiche anti-porno della sinistra, che attaccano la pornografia in quanto
mercificazione, bieca estrinsecazione delle leggi di mercato. La società civile invece
contesta al porno l’indebita e malsana influenza sulla psiche, capace di influenzare le
nostre scelte.

Secondo Adamo, l’unica critica culturale seria alla pornografia è venuta dal femminismo.
Lui che, paradossalmente, si definisce un “pornologo femminista”, poiché ritiene che
l’approccio femminista, che accusa la pornografia di essere uno strumento di
discriminazione sessuale verso la donna, sia sostanzialmente giusto. Come discorso
complessivo, la pornografia propone infatti una rappresentazione della donna come
“oggetto” della sessualità maschile. Si dice però contrario alla richiesta di censure e
limitazioni alla produzione e alla circolazione di materiale pornografico.

In conclusione, la lettura critica di Adamo è rivolta verso la contaminazione sempre più


marcata, e sempre più ammorbante con il mondo affine dello sfruttamento sessuale. È
questo il motivo per cui il porno di massa, secondo Adamo, ha smarrito completamente la
forza propulsiva e liberatoria delle origini. L’idea che il sesso – e in parte e di conseguenza
anche la pornografia – potesse contribuire alla liberazione delle persone, sembra ormai
definitivamente tramontata.

Negli anni ’70, i pornografi si sono presentati come parte integrante della rivoluzione
sessuale. Nei decenni seguenti, invece, c’è stato un cambiamento reale e sostanziale.
Oggi, chi fa il porno sembra in linea di massima rappresentare un punto di vista
conservatore. Il porno attuale, così perfetto per l’occhio maschile, manca non solo di forza
liberatoria, ma spesso propone anche un vero e proprio discorso reazionario. Cresce
sempre più una pornografia che tende ad oggettivizzare la donna, e magari a farne
oggetto, nella rappresentazione, di violenza. C’è sicuramente un forte legame tra questo
fenomeno e i casi estremi di violenze familiari dell’uomo contro la donna. Spesso si tratta
di uomini che “puniscono” le donne perché non rispettano il loro ruolo socialmente
determinato.

La pornografia di massa tende sempre più a riflettere l’immaginario di una società


maschilista sempre più violenta.

PORNO POP

Tutto cominciò nel 1972,


quando Chuck e Linda Traynor
ebbero l’idea di farsi
immortalare in un "loop", uno di
quei filmetti per soli adulti che
giravano, allora
clandestinamente, gli States
attraverso i peepshow o il
sistema di vendita per
corrispondenza. Chuck Traynor
era il gestore di un topless bar, il
marito di Linda, grande
sostenitore della tecnica "deep
throat", più atletica che erotica,
importata in occidente dalle
prostitute giapponesi (da cui
Traynor l’aveva scoperta), che
consiste in una fellatio in cui la
donna ingoia fin nell’esofago il
membro maschile.

Linda era una ragazza


qualunque, completamente
assoggettata al marito, mero
strumento di esibizione. L’aspirante coppia a luci rosse finisce così nell’ufficio di New York
di un certo Gerard Damiano, un ex parrucchiere del Queens, uno che si era reinventato
regista di film hard alla fine degli anni ‘60 (per arrotondare le entrate, su suggerimento del
proprio commercialista), e nel 1972 non era ancora nessuno. Ma i tempi andavano
maturando un profondo cambiamento, che non coinvolgerà solo Linda, Damiano e il
popolo dei "raincoat crowd" (gli abituali frequentatori dei cinema a luci rosse), ma che
sconvolgerà un’idea di nazione, uno stile di vita, un modo di pensare. La voglia di
cambiare nasce e prende forza nella cultura underground dell’epoca, che cresce e
prospera all’ombra dell’élite americana, e del sogno che ne alimenta il fascino e il limite
insieme. Una cultura fatta di fuorilegge ("The Godfather"), di frustrazione ("Taxi Driver"), di
sacrificio ("Apocalypse Now"), di voglia di fuga ("Easy Rider"), di contestazione ( di
rivoluzione. C'è una grande voglia di libertà (sessuale, sociale e politica) che attraverso la
pornografia diventa una forma di dialogo privilegiato con la borghesia americana, almeno
all'inizio, prima che si trasfomi inevitabilmente in mercato.

Quella stagione iniziò una mattina d’inverno del 1972, a New York. Nel suo ufficio, Gerard
Damiano è talmente colpito dalla performance di Linda, da decidere di scriverci sopra un
film. Linda Traynor, ribattezzata Linda Lovelace, sarà la star femminile. Chuck Traynor
(gelosissimo della moglie) si accontenta di diventare il factotum di Damiano. Il film si
intitolerà "Deep Throat", ovvero "Gola Profonda" (in Italia uscirà nel 1977 con il titolo "La
Vera Gola Profonda", per distinguerlo dal sequel uscito nel 1973). Il film esce il 15
novembre del 1972 al New World Theater di New York: è un enorme successo non solo di
pubblico, ma anche di critica, che ne esalta la libertà d’espressione.

"Gola Profonda" è il film che ha


cambiato il mondo. Perché Ha
cambiato il modo di vedere i film
pornografici, perché ha
cambiato la pornografia, perché
ha cambiato la gente, perché ha
portato la gente a vedere i film
porno, e perché ha cambiato il
mercato del porno,
immettendolo nel mondo del
pop.

Sebbene sia stato definito il


primo “porno d’autore”, non è un
film che ha particolari meriti artistici, né ha introdotto alcuna novità tecnica. È solo grazie
ad una trovata geni(t)ale, puramente concettuale (Linda Lovelace non riesce a godere
sessualmente per via di un piccolo inconveniente fisico: ha il clitoride in fondo alla gola;
sarà il dottor Young ad insegnarle la tecnica della “gola profonda” in modo da raggiungere
l’orgasmo, ndr), che è diventato leggenda.

Figlio del Rapporto Kinsey e della rivoluzione sessuale, ha avuto un forte impatto sui
costumi sessuali, modificando la mentalità dominante, rendendo accettabile la pornografia
(questo è stato il danno maggiore, ndr). In seguito, la "deregulation" della pornografia,
iniziata negli anni ’60 e ‘70 in America (con Sturman e Damiano) e in Europa (con Lasse
Braun e Rasmussen), produrrà effetti devastanti.
Nel 1972, i film pornografici
sono ancora fortemente

censurati:
il corpo nudo si può vedere solo
nei "peepshow" di Sturman,
oppure nei documentari sui campi nudisti, i cosiddetti “nudies”. In Europa, Lasse Braun sta
facendo crescere la domanda di pornografia fornendo con ogni mezzo, legale e illegale,
materiale per soli adulti. In Danimarca, nel 1966, il parlamento danese autorizza, per la
prima volta, la pubblicazione di scritti pornografici (ma non di immagini), mentre nel 1969,
a Copenaghen, si svolge la prima fiera del sesso (con relativo documentario: “Censorship
in Denmark”).

Intanto, in America, il sotterfugio dei nudies viene a poco a poco scavalcato da film sempre
più audaci, come “The Immoral Mr. Teas”, di Russ Meyer, che per primo aveva introdotto,
nel 1959, il senso dell’umorismo e del grottesco nei suoi particolarissimi film erotici. Negli
anni seguenti, fra il 1966 e il 1967, il regista diresse quelli che, secondo molti, sono
considerati i suoi capolavori. "Motorpsycho", del 1964, nasce sullo spunto di "The Wild
Angels" di Roger Corman. Per delineare i personaggi principali del film, Meyer fece una
estenuante ricerca sulle gang di motociclisti, mentre la trama è il solito concentrato di
sesso e violenza, con prevalenza di quest'ultima, ma non priva di elementi umoristici. Da
"Motorpsycho", un nuovo elemento si aggiunge alla personalità autoriale di Meyer, che
diverrà una ulteriore costante della sua produzione a seguire: i personaggi femminili, per
quanto sottoposti a stupri, maltrattamenti e umiliazioni varie (che hanno portato alcuni
critici a considerare il cinema di Meyer misogino e fascista), sono solo apparentemente
delle vittime, riuscendo sempre a vincere il confronto morale e fisico con i personaggi
maschili, sempre rappresentati sotto una luce negativa con gravi difetti mentali o fisici.

Questa caratteristica è
ancora più marcata e
evidente nell'opera
successiva del regista,
"Faster Pussycat Kill! Kill!
Kill!", il suo film più
celebre, osannato per la
cura tecnica e
l'eccellente fotografia in
bianco e nero anche da
Wim Wenders (ha
dichiarato di aver usato il
cinema di Meyer come
modello per alcuni
aspetti tecnici di "Paris,
Texas"). In "Faster
Pussycat", le donne sono
il sesso forte: fisicamente eccessive e conturbanti protagoniste (come la bizzarra Tura
Satana, l'interprete più carismatica del film), non esitano ad usare la violenza per umiliare
e prevalere sugli uomini, rappresentati
come dei minorati mentali incapaci di
azioni coerenti. La successiva produzione
del regista non è all'altezza dei suoi
esordi. Sempre più eccessivo e esplicito,
il suo cinema si colorerà man mano di
aspetti surreali e cartoonistici,
sacrificando la coerenza della trama e del
linguaggio per una gioiosa e obnubilante
sarabanda di starlettes dai nomi
improbabili (come Kitten Natividad,
Babette Bardot, Melissa Mounds o la già
citata Tura Satana) impegnate in
provocanti prestazioni sessuali, mostrate
al pubblico con una sfrontata impudicizia
che rende labile il confine con il cinema
hard-core (genere che, in ogni caso,
Meyer ha sempre rifiutato a priori,
preferendo il sesso simulato perché, a
suo dire, stimolava di più la libido degli
attori restituendo interpretazioni più
coinvolgenti per il pubblico). La famosa
serie di film con la parola "Vixen" nel titolo
è esemplare di questa trasformazione. In
"Supervixen", ad esempio, l'eroina di
turno viene uccisa da un maniaco
impotente, risorge dalla tomba e si
ricongiunge (in tutti i sensi) al suo
ragazzo, il tutto scandito da un montaggio
indiavolato e da una sceneggiatura
provocatoriamente priva di punti di
riferimento precisi. Gli ultimi due film del regista, "Up" e "Beneath The Valley of the
Ultravixens", rappresentano la definitiva visione dell'autore riguardo al concetto di parodia
porno-erotica. A ben vedere, le due pellicole hanno molti punti in comune, essendo per la
maggior parte costituite da episodi autonomi montati con ritmo delirante seguendo un
intreccio visionario e caotico. La maggiore indulgenza censoria e la possibilità di avere a
disposizione canali di distribuzione estremamente variegati (fra cui quello, molto amato dal
regista, dell'home-video), ha permesso a Meyer di esprimersi e filmare senza restrizioni di
alcun tipo (soprattutto morali), seguendo le due direttive principali della sua arte, cioè
"faccio i film che vorrei vedere per farmelo venire duro" e "...non faccio film per fare soldi,
ma per fare MOLTI soldi" (brani tratti da interviste rilasciate dal regista).

Ormai impegnato soprattutto ad amministrare l'ingente patrimonio derivante dalla


distribuzione in videocassetta e laser-disc della sua opera omnia (in edizioni integrali da lui
personalmente curate e supervisionate), Meyer ha più volte annunciato l'imminente
edizione in video di un documentario sulla sua carriera dal titolo "The Breast of Russ
Meyer" (letteralmente "Il Petto di Russ Meyer"), progetto non ancora realizzato che ha
suscitato l'entusiasmo dei suoi ancora numerosissimi fan (fra cui John Landis che ne
avrebbe già ordinate due copie per la sua collezione personale). In Italia solo
recentemente è stato possibile accedere alla visione delle pellicole integrali
(precedentemente alcuni film di Meyer, come "Up", erano stati illecitamente rimontati con
scene aggiunte da altre opere e i credits completamente stravolti), grazie all'interesse del
mercato home-video e alla lungimiranza di alcune televisioni che, infischiandosene della
censura, hanno mostrato con grandissimo successo le opere più importanti del regista.

Negli anni ’70, il mercato dei film pornografici è ancora relegato ai confini dell’industria
cinematografica, nella periferia del "zero budget". I film porno sono artigianali, girati in
condizioni precarie, con una distribuzione altrettanto limitata, anche se con ottimi ritorni
economici, perché rispondono ad una domanda che è sempre più in crescita. Basti
pensare che nel 1971, anche il re del cinema a costo zero, Ed Wood, gira un sex-horror
(“Necromania”). Intanto, anche le regole di vigilanza del codice etico dei film subiscono
una flessione e si mostrano più comprensive nei confronti del nuovo clima sociale: i film,
che dal 1954 rientrano nel Primo Emendamento, che protegge la libertà di parola e
d’espressione, dal 1968 non saranno più sottoposti al codice "Hays" della MPAA (la
commissione di vigilanza per la censura) che introduce la classificazione in base al rating,
cioè all’età dello spettatore. I tempi sono maturi per il grande salto, la pornografia è pronta
a confrontarsi a viso aperto, legalmente, con il grande pubblico.

L'uscita di "Gola Profonda" al New World Theater è un successo assoluto: in poche


settimane incassa, solo a New York, più di un milione di dollari. Ma, soprattutto, è un
grande successo morale e giuridico per tutta la pornografia (e non solo nello stato di New
York). Il film inizialmente viene definito osceno dal giudice (“questa è una gola che merita
di essere tagliata”), mentre i proprietari del New World Theater sono trascinati in processo
e condannati per oscenità. Ma, in appello, la nuova giuria assolve "Gola Profonda" e il film
può venire proiettato liberamente: rimarrà in cartellone fino al 1980 (per ben otto anni),
incassando in tutto il mondo 100 milioni di dollari (qualcuno dice addirittura 600 milioni),
cifra che lo colloca a pieno titolo nella classifica dei dieci migliori incassi di tutti i tempi
assieme a "Titanic", "E.T." e "Biancaneve e i sette nani”, per non parlare delle 500.000
videocassette vendute solo negli Stati Uniti. Non male per un film costato 23.000 dollari e
sei giorni di riprese tra Fort Lauderdale e New York.

Sull'onda del "porno-entusiasmo", anche Jack Nicholson, Warren Beatty e altre eminenti
personalità del mondo dello spettacolo si schierano senza indugi dalla parte del cinema
pornografico (arrivando addirittura a pagare l’avvocato più costoso d’America per
difendere Harry Reems dall’accusa di possesso illegale di materiale pornografico). Il New
York Times conia l’etichetta “porno-chic”, mentre il Washington Post soprannomina “Deep
Throat” l’informatore del caso Watergate. Le sale che proiettano il film sono prese
d’assalto da ogni genere di spettatori: manager, gruppi di amici, coppie borghesi, signore e
signorine.

"Gola Profonda" offre lo specchio di un certo clima sociale e culturale, quello della
liberazione sessuale della fine degli anni ’60, trasformandosi in un catalizzatore di
atteggiamenti e mentalità. Diventa l’argomento più “in” delle serate mondane, i suoi
protagonisti vengono invitati a tenere conferenze nelle più prestigiose università
americane, l’immaginario e la terminologia del film penetrano in ambiti seri come la politica
e la teoria cinematografica. Ma, soprattutto, "Gola Profonda" riesce a valicare i confini
ristretti del film culto per farsi simbolo dello spirito di un’intera epoca.

Ma quali sono i suoi meriti effettivi, a livello tecnico, di contenuti e di stile? Da un certo
punto di vista, "Gola Profonda" non inventa nulla e non si eleva oltre la media della
pornografia del suo tempo. A livello di
contenuti pornografici non propone niente
di nuovo. D'altonde, la pornografia è nata
“adulta”, non solo perché agli adulti si è
sempre rivolta, ma perché ha scoperto da
subito i propri limiti: il nudo e l’atto sessuale
da ogni punto di vista.

I primi film pornografici nascono quando


nasce il cinema: sono i “French Films”, con
lo scopo dichiarato di eccitare
sessualmente il pubblico (maschile)
mostrando le nudità (femminili). E per
eccitare sessualmente non servono molti
minuti, non serve una trama: basta
mostrare quello che di solito non viene
mostrato. Risalendo ad origini ancora più
antiche, si possono citare le figure dipinte
sui vasi della dinastia Han del 200 a.C. o gli
affreschi erotici del lupanare di Pompei. La
prima donna nuda della storia del cinema
appare in un french film del 1896 (“Le Bain”), poi vengono mostrati i dettagli dei genitali
(“El Satario”, 1907), e infine l’atto sessuale completo. All’inizio del secolo, in Francia, ma
anche in America, Inghilterra, Argentina e nel resto del mondo, la pornografia ha già
esplorato e conquistato il pubblico delle fiere di paese e dei bordelli l’intero universo
sessuale: voyeurismo, sado-masochismo, lesbismo, zoofilia.

Da questo punto di vista, "Gola Profonda" non produce nessuna innovazione. Anzi, rimane
persino indietro rispetto alle conquiste più ardite della pornografia del suo tempo, nel
senso che presenta una pornografia con un grado di oscenità contenuto. La vera novità
che introduce è una narrazione che prevede una recitazione, dei dialoghi e dei personaggi
che si evolvono in base ad una trama. Inoltre, contiene una grande dose di ironia, inusuale
in un porno, e lo stile del regista Damiano ricerca una connotazione d’autore.

"Gola Profonda" aspira dunque ad avere una forma narrativa tradizionale e ad essere
accettato da parte del grande pubblico e del cinema ufficiale, come in effetti sarà. Per
questo può essere considerato il primo film “porno popolare” della storia del cinema.
Anche se in realtà non è il primo porno narrativo della storia (l’aveva preceduto, nel 1970,
“Mona, The Virgin Nimph”, di Bill Osco), anche se è recitato pessimamente (nelle parti non
pornografiche), e anche se presenta numerose ingenuità narrative. La trama narrativa
serve a Damiano più che altro per imbastire un meta-discorso sulla pornografia, che, per
la prima volta nella storia, si rifiuta di avere come audience il ristretto popolo dei
frequentatori delle sale a luci rosse e si rivolge decisamente verso il grande pubblico, le
coppie e le donne in particolare. Damiano è convinto che il porno possa parlare alla gente
comune, ma per far questo deve indossare gli abiti del racconto borghese.

A livello narrativo domina la figura del Dottor Young (Harry Reems), maestro iniziatore ai
piaceri sessuali, ma la vera protagonista della storia è una donna e la sua ricerca del
piacere. All’interno di questi due poli narrativi, il dottore che svezza la novella, e la donna
alla ricerca del proprio “oggetto di valore” (l’orgasmo), la struttura espositiva è semplice,
lineare. L’escamotage della tecnica gola profonda ha la funzione di presentare un
qualcosa tradizionalmente umiliante per la donna, da un punto di vista femminile: la donna
è ben contenta di prestarsi alla pratica, non per sottomettersi al desiderio maschile, bensì
per soddisfare la propria sessualità. La trovata della gola profonda, inoltre, trasporta
l’oscenità delle scene di sesso su una dimensione surreale, rendendola meno scabrosa e
perfino comica.

A livello stilistico, domina la "jump cutting technique". Non potendo avere a che fare con
grandi mezzi, Damiano decide di saccheggiare un culto cinematografico del calibro di
"Arancia Meccanica" e utilizzare la tecnica del collage per illustrare l’unica cosa che nella
pornografia non può essere mostrata: l’orgasmo femminile. Per definizione, un film è
considerato pornografico quando mostra il congiungimento dei genitali, ma un film
pornografico è considerato serio (dagli addetti ai lavori) solo quando mostra il cosiddetto
“money shot”, ovvero l’eiaculazione maschile. Mentre, invece, l’orgasmo femminile non
offre nessuna possibilità di rappresentazione. La donna gode o finge di godere? E quando
la donna gode cosa prova? Damiano ha risposto a queste domande offrendo una sua
pesonale rappresentazione.

Secondo Bazin, l’atto sessuale e la morte sono due momenti irripetibili, che non possono
essere replicati nella rappresentazione: “l’amore si vive non si rappresenta […] o almeno
non lo si rappresenta senza violazione della sua natura. Questa violazione si chiama
oscenità”. Stanley Kubrick aveva paragonato la rappresentazione della morte e del sesso
nel cinema all’ “oscenità del linguaggio della ripetizione e della serialità” proprio della
comunicazione commerciale. In "Arancia Meccanica", aveva sostituito l’oscenità con la
sua riproduzione culturale. Era un discorso alto.

Damiano, in "Gola Profonda", non può contare né sull’oscenità né sulla sua riproduzione
culturale. Il cinema pornografico, infatti, è un mezzo che non può mediare tra oscenità e
rappresentazione, proprio perché la pornografia non è nient’altro che rappresentazione e
ripetizione dell'oscenità. In una rappresentazione pornografica del mondo, dove ogni cosa
viene mostrata, e ogni cosa viene ridotta ad una quantità di ripetizioni senza qualità (tanti
rapporti sessuali, tante posizioni, tanti partner, tante eiaculazioni), la vera oscenità è
rappresentata da ciò che non è passibile di quantificazione e ripetizione, ovvero i
sentimenti: il tempo qualitativo per eccellenza.

Damiano decide allora di rappresentare le sensazioni femminili durante l’orgasmo. In


questo modo, la censura dei sentimenti della pornografia viene aggirata con ironia, e
Damiano può permettersi di rappresentare il sesso e, insieme, il suo sentire. Se il sesso è
osceno, il piacere è incomunicabile. Al momento dell’orgasmo, attraverso un montaggio
alternato, noi vediamo quello che vede Linda Lovelace quando gode: fuochi d’artificio,
campane che suonano, razzi che decollano. Oltre che con il registro fantastico e il tono
umoristico, il problema dell’oscenità è ribaltato: il problema di Linda (ovvero di tutta la
pornografia prima di Damiano) non è fare sesso, ma trarne piacere. La conquista di Linda
diventa allora l’emancipazione della donna e la conquista di una società.

Damiano, inventando la rappresentazione dell’orgasmo femminile nel cinema


pornografico, apre la strada ad una emancipazione sessuale della donna che però è solo
rappresentazione. La storia di Linda è, infatti, la storia di tutte le donne che, come lei, in
quegli anni rivendicavano una via femminile alla sessualità. La realtà sociale a cui fa
riferimento "Gola Profonda" è quella del "free love", la pratica del sesso libera da ogni
falso moralismo e dogmatismo. Damiano mette alla berlina le teorie psicanalitiche e i
camici bianchi della rivoluzione sessuale che furoreggiavano in quegli anni nella società
americana: l’unica regola è aver cura di sé e godere dei piaceri del sesso. Il Dottor Young
è una parodia degli psicanalisti, la sua scienza, la patafisica, è una scienza da strapazzo,
mentre il problema di Linda non è psicologico ma fisico.

Damiano continuerà ad esplorare il tema anche nei suoi film successivi, nei quali l’oscenità
del sesso sarà sempre accoppiata con il senso di colpa dell’atto impuro, tipico di società
puritane come quelle anglosassoni; i toni si faranno più cupi, il comico lascerà il campo al
drammatico (già dal film successivo, “The Devil in Miss Jones”, 1972); sesso e
rappresentazione vivranno di questo contrasto in maniera sempre più consapevole e
pessimistica.

Il progetto di Damiano in fondo era chiaro: inserire la pornografia nelle regole del genere
più popolare in assoluto: la "fabula". "Gola Profonda" è popolare soprattutto perché è
capace di rappresentarsi attraverso le forme di una favola
moderna, comunicare attraverso una serie di “maschere”
stilizzate.

Ma anche la più bella delle favole finisce. Il mito sarà


incrinato dalla storia della sua stessa protagonista. A quanto
dichiarato dalla stessa Lovelace (scomparsa nel 2002 a
causa di un incidente stradale), fu costretta a girare il film
(realizzato a Miami in una settimana), e quelli che seguirono,
dal primo marito, un violento, che la minacciò con una
pistola e non le fece mai vedere un provento del suo lavoro,
e che, oltre a picchiarla e stuprarla ripetutamente, la
costringeva anche a prostituirsi. In seguito ad un tumore da
cui guarì, la Lovelace è diventata una crocerossina, dedita
alla difesa della donna, si è risposata, ha avuto due figli, e si
è schierata nella lotta contro l’industria pornografica,
testimoniando al Congresso e dando conferenze in diverse
università e congressi femministi.

Il caso "Gola Profonda" rimarrà un episodio isolato. Ma, quel che è peggio, è che i suoi
effetti sono andati in tutt'altra direzione rispetto le intenzioni originali. Dissacrando i canoni
della rappresentazione pornografica, Damiano ha dovuto forzare anche quei sentimenti,
come il pudore, che regolano i comportamenti sessuali dell’animale umano, aprendo il
campo all’industria pornografica di massa.

Di fatto, dopo aver raggiunto il successo popolare, la pornografia è tornata a


rappresentare perlopiù un immaginario sessuale prevalentemente maschilista,
consumista, cinico, violento e privo di affabulazione, svuotato di ogni qualità sovversiva.

La rivoluzione sessuale pornografica ha prodotto un mondo di psico-sesso-patologici


mentre l’emancipazione sessuale della donna si è trasformata nel suo opposto,
l’emancipazione della donna-oggetto.

Gli Spietati - Gola Profonda

GOLA PROFONDA. LA PORNOGRAFIA PRIMA E DOPO LINDA LOVELACE, A CURA


DI PIERO CALÒ E GIUSEPPE GROSSO CIPONTE
La doppia vita di Linda Lovelace

Deep Throat (film) - Wikipedia

Porno chic - Wikipedia

Morto Gerard Damiano: sdoganò il porno con «Gola profonda»

Note:

“Il pudore è l’unica forza che si oppone alla scopophilia” (Freud, "Tre Saggi sulla
Psicosessualità").

La “scopophilia”, piacere di guardare, secondo Freud diventa una perversione se è


esclusivamente limitata agli organi genitali, se oltrepassa il senso del gusto (come nel
caso di voyeurs maniaci che godono nell’osservare defecazioni, mutilazioni, stupri e
omicidi), se, invece di costituire una funzione preparatoria del normale scopo sessuale, lo
sostituisce. Quest’ultima situazione è tipica degli esibizionisti, che mostrano i propri
genitali per ottenere in cambio la visione dei genitali del partner. “Dai nostri studi sulle
perversioni si rileva che l’istinto sessuale deve lottare contro alcune forze psichiche che si
comportano come resistenze, fra le quali le più importanti sono il pudore e il disgusto.
Possiamo dunque supporre che queste forze servono a contenere l'istinto nei limiti che si
considerano normali”.

Nel momento in cui queste forze perdono la loro funzione psico-sessuale e psico-sociale,
plasmata culturalmente, in cui si sfaldano i confini tra comportamenti osceni e dignitosi, tra
pubblico e privato, tra lecito e proibito, le capacità individuali di raziocinio vengono
irrimediabilmente minate e sprofondano nel caos, ovvero nell’indifferenziato, producendo
nevrosi e perversioni psicopatologiche destinate a sfociare in atti di cruenta irrazionalità. È
per questo che ogni cultura, ogni società umana, si fonda sull’instaurazione di tabù. Senza
proibizioni socialmente funzionali, atte a governare la violenza del desiderio (sessuale e
non), le società possono solo auto-distruggersi.

«In ciò da cui gli esseri traggono la loro origine, ivi si compie altresì la loro dissoluzione...»
(Anassimandro).

GOLA PROFONDA IN ITALIA

(di Franco Grattarola e Andrea Napoli pubblicato in “Blue Dossier” - Blue n. 141 febbraio
2003).

L'eco dell'enorme successo ottenuto in USA da “Gola


profonda”, giunge nel nostro paese in un periodo
caratterizzato da un frenetico attivismo della magistratura
sul fronte dei sequestri di opera cinematografiche,
contrassegnate da un più o meno accentuato erotismo,
tacciate di oscenità. La pornografia dura, il cosiddetto
genere “hard-core”, caratterizzato dagli atti sessuali ripresi
in dettaglio e non simulati, è invece nel "nuovo mondo" una
realtà consolidata a partire dalla fine degli anni '60, prima
con i loops (brevi cortometraggi pornografici della durata
appunto di un loop, un anello di pellicola) e i blue movies (filmini porno contenuti in bobine
mute da 8 millimetri) e poi con veri e propri mediometraggi e lungometraggi a soggetto.

“Gola Profonda” è diventato un caso, in patria e nel resto del mondo, non tanto per la
programmatica bizzarria del soggetto (l'odissea sessuale di una donna che scopre di
avere il clitoride in fondo alla gola), ma per l'incredibile interesse che cresce intorno al film,
alimentato dalla lunga sequela di sequestri e processi, fino a creare un fenomeno di
costume e a trasformare la pornografia in una voga diffusa. "Il cinema pornografico è
quasi un obbligo", testimonia lo scrittore Goffredo Parise sulle austere colonne del Corriere
della Sera, "giornali serissimi e talvolta, in materia di critica, molto poco attendibili come il
New York Times, vi dedicano ampio spazio".

Il mito di “Gola Profonda” si consolida sull'arida ragioneria dei costi e dei ricavi: il film,
girato in pochi giorni con un modesto budget di 25.000 dollari, incassa nell'arco di un
trentennio, secondo un calcolo fatto da Piero Calò e Giuseppe Grosso Ciponte in “Gola
Profonda - La pornografia prima e dopo Linda Lovelace” (Lindau, 2002), 100 milioni di
dollari al botteghino, escludendo dal consuntivo le royalties ricavate sul mercato dell'home
video. Il settimanale Panorama è uno dei primi periodici italiani, se non il primo in assoluto,
a registrare l'enorme popolarità (e i relativi problemi di ordine giudiziario) conseguita negli
Stati Uniti dalla pellicola di Damiano. "Gola profonda", scrive il settimanale, "si è già
conquistato un posto nella storia del cinema. Prodotto in Florida in due settimane e
mezzo, costato poco più di 15 milioni di lire, in trenta settimane ha fatto affluire ai
botteghini dei cinema di 73 città americane circa due miliardi di lire. Nella sola città di New
York, dove lo si proietta otto volte al giorno in un locale di 390 posti, 3 mila lire al biglietto,
il film ha incassato in poco più di sei mesi mezzo miliardo" (“Presa per la gola”, Panorama
01/02/1973). L'articolo, inoltre, accredita un certo Fulvio Parisi, "italo-americano, nato a
Chicago ed educato a Moncalieri, nel collegio dell'aristocrazia piemontese", come uno dei
produttori del film, a differenza di tutte le altre fonti, ufficiali e ufficiose, che attribuiscono la
produzione del film a William J. Links, coadiuvato dai fratelli Lou e Phil Peraino (longa
manus, secondo alcuni, di Cosa Nostra nel mondo dell'hard-core) nel ruolo di produttori
esecutivi.

Un altro glorioso rotocalco italiano, L'Europeo, in un lungo reportage da Los Angeles, farà
il punto, quasi due anni dopo il pezzo del settimanale concorrente, sul fondamentale ruolo
svolto da Gola Profonda nell'evoluzione dell'industria della pornografia in USA: "Con
buona pace dei censori e di certi critici, è certo che Gola Profonda resterà, nella storia del
cinema e del costume, accanto a una data: il 1974. Perché nel 1974, in America, è
accaduto che un film decisamente pornografico (e su questo non ci sono dubbi) è uscito
dalle squallide salette specializzate per arrivare ai normali circuiti di programmazione, ai
cinematografi più eleganti. [...] C'è di più: Gola profonda ha creato la prima porno-star
della storia di Hollywood. [...] La ragazza, si sa, è Linda Lovelace [...] negli USA, è più
famosa di Kissinger". (Sandro Ottolenghi, “Gli eros dollari”, L'Europeo 05/12/1974).

Il 16 gennaio 1975, Luca Scafardi, amministratore delegato della Arden Cinematografica


srl, in una dichiarazione alla stampa annuncia l'imminente uscita sugli schermi italiani di
Gola Profonda: "Molti mi hanno detto che è semplicemente assurdo pensare che questo
film possa venire proiettato in Italia; qualcuno, malignamente, ha aggiunto che con questo
annuncio io non intendo distribuire effettivamente il film ma farmi soltanto della pubblicità.
Io ritengo invece che Gola Profonda supererà in Italia, sia pure attraverso qualche
difficoltà, lo scoglio della censura e dell'eventuale intervento della magistratura, anche
perché non si tratta della identica versione proiettata negli Stati Uniti, in Svezia e in
Danimarca, ma di una versione adattata per l'esportazione all'estero attraverso
l'inserimento di nuove scene girate espressamente dallo stesso regista con la stessa
attrice e con l'alleggerimento di quelle più scabrose". La notizia è accolta con un certo
scetticismo dalla stampa: "Non sappiamo se la Gola Profonda di Linda Lovelace vedrà
mai la luce in Italia, ma di una cosa siamo sicuri: a Catanzaro c'è già un giudice [il
riferimento è al procuratore generale di Catanzaro, Donato Massimo Bartolomei, famoso
per i reiterati sequestri di film - n.d.r.] che, pennello dalla tintura di iodio in pugno, è
prontissimo a disinfettarla". (G. Ran, “In Italia sarà meno profonda”, Paese Sera,
17/01/1975).

Le affermazioni di Scafardi, paventata censura a parte, non chiariscono se la versione


destinata al mercato italiano sarà quella originale, emendata nelle scene più
esplicitamente pornografiche, o una versione tipo "esportazione" completamente
differente. Della proclamata uscita di Gola Profonda non si ha più notizia, finché,
inopinatamente, sull'ultima pagine del Giornale dello Spettacolo del 13 settembre 1975,
appare un enorme annuncio pubblicitario a tutta pagina che reclamizza "Linda Lovelace in
Deep Throat - Gola profonda", seguito da questo testo: "La Eurogroup Film Distributors of
Italy si è assicurata in esclusiva la distribuzione per l'Italia e la Grecia della versione
europea del VERO [tutto maiuscolo a caratteri rossi] Deep Throat - Gola Profonda". La
Eurogroup Film Distributors of Italy è una società, al pari di quella di Scafardi, attiva
principalmente nel settore della distribuzione cinematografica, il cui procuratore generale è
il regista e produttore Oscar Righini.

Il 18 settembre 1975, al cinema filodrammatico di Trieste,


viene proiettata una versione di Gola Profonda – “Deep
Throat 2” - sprovvista del visto ministeriale. Il gestore del
cinema, secondo quanto riporta la stampa, dichiara di aver
consegnato la pellicola al dirigente della squadra mobile il
giorno seguente la proiezione, non appena verificata
l'assenza del nulla osta ministeriale. Il film, in soli cinque
spettacoli giornalieri, è visionato da circa 4 mila spettatori. Il
sostituto procuratore della Repubblica di Trieste, Claudio
Coassin, il 20 settembre, dopo aver esaminato la pellicola,
dispone il sequestro del film per oscenità. Intorno a questa
solitaria visione si crea un piccolo giallo: la Arden Cinematografica nega di aver fornito
all'esercente triestino la copia del film, ancora in attesa del nulla osta, e insinua che le
bobine possano essere state sottratte in maniera fraudolenta. Il titolare del cinema, da
parte sua, è in possesso non solo della pellicola, ma anche di tutto il materiale pubblicitario
inerente al film, "prossimamente" compresi, fornito dalla Arden Cinematografica. A
complicare ancora di più tutta la faccenda, la società londinese Vaughan Film, titolare dei
diritti del film originale, diffida la Arden Cinematografica a mettere in circolazione una
pellicola che si avvale dello stesso titolo e della stessa interprete, ma che non ha niente a
che fare con il film di Damiano, i cui diritti per la distribuzione in Italia e in Grecia sono
detenuti dalla Eurogroup Film Distributors of Italy. Nel comunicato della Vaughan Film, in
realtà, si attribuiscono alla Eurogroup i dirittti di distribuzione di un'edizione del film di
Damiano "tipo esportazione", una definizione questa usata anche dall'amministratore
delegato della Arden Cinematografica al momento del suo clamoroso annuncio.

Intanto, la casa editrice Olympia Press, etichetta benemerita che aveva già diffuso nel
nostro paese il romanzo erotico cult “Emmanuelle”, riesce a far arrivare nelle edicole un
fascicolo a tiratura limitata, vendito alla modica somma di 1500 lire, che contiene tutte le
scene più calde di Gola Profonda. Il 14 novembre 1975, il giudice istruttore del tribunale di
Trieste, Giancarlo Fermo, compiuti gli accertamenti di rito, stabilisce che il sequestro del
film Gola Profonda – “Deep Throat 2” - non può essere esteso al film di proprietà della
Arden Cinematografica e dispone la restituzione alla stessa di tutti i materiali di sua
proprietà. “Deep Throat 2” ottiene il visto di censura il 5 dicembre 1975. La lunghezza
accertata dalla commissione è equivalente a 92 minuti, la regia è accreditata a Joseph W.
[Joe] Sarno, la produzione indicata è una presunta Damiano Films e il divieto è
ovviamente ai minori di 18 anni. Il 6 dicembre 1975, distribuito dalla Arden
Cinematografica, il film esce contemporaneamente a Roma, Milano, Torino, Genova,
Bologna, Ancona, Catania, Cagliari e Messina.

Questa tanto attesa versione di Gola Profonda non è altro che il presunto sequel, girato
nel 1973 e in versione più soft, del celeberrimo film di Damiano. Il 7 dicembre 1975, dietro
segnalazione di alcuni cittadini, il film è sequestrato nella città di Bologna, con effetto
valido su tutto il teritorio nazionale. Dissequestrato dalla magistratura il 22 gennaio 1976, il
film riprende la programmazione nelle sale cinematografiche. Al termine della stagione
(dati Agis a fine giugno 1976 relativi alle prime visioni nelle 16 città capozona), lo pseudo
Gola Profonda si piazza a sorpresa al 71° posto nella classifica totale degli incassi
stagionali, entrando cioè nel gruppo dei 72 film che hanno superato i 400 milioni di lire di
incasso nelle prime visioni capozona. L'incasso totale lordo è di 412.399.000 lire per 420
giorni complessivi di programmazione in 15 città. L'unica città capozona in cui il film non è
uscito è proprio Trieste. I maggiori incassi si sono registrati a Bologna (36.843.000 lire in
27 giorni), sicuramente anche per l'eco del sequestro, a Milano (92.958.000 lire in 82
giorni), Roma (67.200.000 lire in 51 giorni) e Torino (60.220.000 lire in 35 giorni).

La Eurogroup, bruciata sul tempo dalla Arden Cinematografica, presenta la sua versione di
Gola profonda, intitolata per evitare confusioni “La Vera Gola Profonda v.e. (versione
europea)”, nella stagione successiva. Il film ottiene il visto di censura il 6 ottobre 1976. La
nazionalità ufficiale dichiarata è USA-Francia, il titolo originale figura come “Deep Throat -
Gorge Profonde” e la durata verificata è di circa 85 minuti. La regia è attribuita a Gerad
Damiano e a Andrée Koob che, all'epoca dell'uscita del film, molti critici individuano in una
regista francese. Questo nuovo film è totalmente soft e contiene venti minuti,
completamente censuratii, del film di Damiano, piazzati all'inizio del primo tempo e durante
il secondo tempo (due apparizioni di Linda Lovelace), ma per il resto non ha niente a che
vedere con l'originale. La pellicola, o meglio la maggior parte delle sequenza spurie, è
comunemente attribuita all'opera di questa Andrée Koob, che avrebbe girato un altro film
(forse è proprio questa la versione "adatta per l'esportazione attraverso l'inserimento di
nuove scene espressamente girate" di cui parlava Luca Scafardi all'inizio del 1975) con la
partecipazione del protagonsita maschile di Gola profonda, Harry Reems, oltreché
dell'attrice qui ribattezzata Laura Lovelace. Resta da aggiungere che la presunta regista
Andréè Koob, mai riconosciuta con certezza, nascondeva quasi certamente il francese
André Koob, a cui in Italia viene attribuita anche la regia di un altro erotico d'oltralpe, “Le
Feu Sous la Peau”, diretto in realtà da Gerard Kikoine e sceneggiato (pare) da questo
Koob (il film è arrivato in Italia nel 1986/1987 con il titolo “Il Calore Sotto la Pelle”).

“La Vera Gola Profonda v.e.” esce il 14 ottobre 1976 in prima visione nazionale a Genova
ed è distribuito dall'Eurogroup di Righini con l'ausilio degli Indipendenti Regionali. Il
successo non arride a questa nuova edizione del film di Damiano, che incassa al
botteghino molti meno soldi del suo predecessore. A fine stagione (dati Agis per le prime
visioni delle 16 città capozona aggiornati al 24 luglio 1977) il film, uscito in 13 città per un
totale di 145 giorni di programmazione, registra un incasso lordo complessivo di
98.515.000 lire. A Roma, Cagliari e Triste il film non viene neanche distribuito: nella
capitale uscirà solo nel corso della stagione successiva (novembre 1977). I maggiori
incassi, anche in questa occasione, si registrano a Bologna (22.586.000 lire in 18 giorni) e
a Milano (17.002.000 lire in 20 giorni).

Il 3 maggio 1979, a due anni e mezzo dall'uscita dell'ultima Gola taroccata, al cinema
Embassy di Milano viene proiettata l'edizione integrale in francese del film originale di
Damiano. Senza alcuna apparente cautela, la gestione del locale annuncia la
programmazione con un flano pubblicitario su vari giornali, il quale recita: "L'unico, vero ed
indiscutibile Gola Profonda (in edizione francese)". La gestione del cinema Embassy è la
prima a proporre, all'inizio del 1979, proprio nei mesi in cui sugli schermi del nord Italia
cominciano a apparire immagini e sequenze a carattere pornografico, i primi inserti hard
montati all'interno di innocui filmetti sexy stranieri; ed è sempre l'Embassy a proiettare, il
17 febbraio di quell'anno, il film di Renato Polselli “Casa dell'Amore”. La direzione di
questo locale a luce rossa, quel memorabile giovedì 3 maggio 1979, propone dunque al
pubblico milanese, che affolla la sala sin dalla prima proiezione pomeridiana, l'unica e sola
versione integrale (in lingua francese) del film di Damiano circolata nei cinema del nostro
paese.

Il film è subito sequestrato, il 4 maggio 1979, perché sprovvisto di visto di censura. In una
cronaca dell'epoca, non esente da errori sostanziali, troviamo particolari sapidi sul
sequestro del film: "Ieri sera, intorno alle 20,30, al cinema Embassy di via Faà di Bruno,
dove si proiettava Deep Throat in una versione francese alleggerita rispetto al famoso
porno americano [notizia falsa, il film era l'originale hard integrale, ndr] è intervenuta la
polizia imponendo al gestore del locale l'interruzione delle proiezioni e la consegna delle
pizze della pellicola. In mancanza di un ordine scritto di sequestro, il gestore, trincerandosi
dietro il regolare visto di censura [si trattava del visto intestato a Gola Profonda ma relativo
al film di Sarno, con cui il locale proseguirà le proiezioni dopo il sequestro del film
originale, ndr] si rifiutava di attenersi agli ordini. Soltanto l'intervento del vice questore,
presentatosi a nome del vice procuratore della Repubblica di Milano, ha costretto il
gestore a cedere alle richieste. nel frattempo, una gran folla di curiosi si era assiepata
all'ingresso del locale, attirata anche dalle ingenti forze di polizia intervenute" (“La polizia
interrompe la proiezione di Gola Profonda”, Corriere della Sera 05/05/1979).

L'unica traccia di quella proiezione, al di là delle nude cronache del sequestro, e peraltro
reticente sulle caratteristiche dell'evento, consiste in un breve pezzo apparso su La Notte
a firma Dif. [Fabrizio Di Fernando]. "Un'altra barriera è caduta", scrive Di Fernando, "sul
fronte del porno: dopo un'interdizione di sei anni, e accompagnato da una fama
leggendaria, nel suo genere, è infine sbarcato sugli schermi italiani il notissimo Gola
Profonda, il pornofilm americano che vanta il maggior numero di tentativi di imitazione.
Dopo aver fatto allibire i pur sempre puritani americani, Gola Profonda aveva fatto il giro
del mondo [...], mentre in Italia non aveva mai superato gli scogli della censura. Da noi era
stata surrogata da una sequela di bidoni, che del film originale avevano solo il titolo. [...] Il
film è in sostanza una interminabile fellatio con numerose varianti. Ma nonostante la sua
fama, appare segnato dal tempo: non fa certo più l'impressione che poteva fare qualche
anno fa, quando sui nostri schermi il massimo dell'erotismo era rappresentato dagli
ancheggiamenti della Buccella. È arrivato un po' tardi, spintonato tra pornoestasi,
pornomanie, schiave di piacere, calori intimi vari". (Dif., La Notte 04/05/1979).

La sola versione integrale di Gola Profonda conosciuta in Italia, esclusa la copia francese
proiettata brevemente all'Embassy, è dunque quella distribuita in vhs a partire dagli anni
'80, mai passata al vaglio delle commissioni di censura. Gli autori del citato libro sul film di
Damiano, Piero Calò e Giuseppe Grosso Ciponte, che hanno confrontato la versione
italiana di Gola Profonda con l'originale americano, affermano che "la versione italiana si è
preoccupata di lasciare intatte le scene di sesso ma ha completamente capovolto la
trama, lo spirito e alcune battute esilaranti"; la responsabilità di questa scelta viene
attribuita a Oscar Righini, traduttore dei dialoghi, e a Giorgio Piferi, adattore dei dialoghi.
La versione in vhs, che riproduce integralmente i titoli di testa de “La Vera Gola profonda
v.e.” distribuita dalla Eurogroup di Righini, accredita in verità il solo Piferi come autore dei
dialoghi italiani, ed è identica alla copia che lo stesso Piferi ha fornito a Calò e Grosso
Ciponte.

A questo punto possiamo concludere, e pensiamo sia l'ipotesi più vicina alla realtà dei fatti,
che Righini e Piferi avessero approntato, già nel 1975-1976, una versione di Gola
Profonda tradotta in italiano e completa delle sequenze hard-core, adattando però la storia
in maniera differente rispetto all'originale, ma che poi abbiano utilizzato solo alcuni
spezzoni, montati insieme ad altro materiale, per l'edizione uscita nei cinema a cura
dell'Eurogroup. Negli anni '80, venuto meno l'interesse per una nuova distribuzione
cinematografica, la versione hard Righini/Piferi di Gola profonda trova la giusta
collocazione nel nascente e redditizio mercato dell'home video.

La vera gola profonda - Wikipedia

INSIDE DEEP THROAT

«È cambiato tutto». Si dice sempre così quando il discorso cade sulla Golden Age dei
genitali in pellicola 35mm e si incappa una volta di più nel grossolano errore di sempre: la
pornografia dentro il discorso piuttosto che fuori.

Le giovani performers modellate da bisturi e silicone


che nelle ultime sequenze di “Inside Deep Throat”,
documentario del 2005 firmato dalla coppia
Bailey/Barbato, guardano in macchina e dichiarano di
non aver mai visto Deep Throat ,fanno parte della
generazione Vivid, Wicked, Private, Platinum X, Red
Light District, VCA. Improprio etichettarle come le
nipotine di Linda Lovelace. Sono le starlettes
dell’Eldorado hard di questo millennio, un business che
(alla faccia dei bigotti e dei latrati dell’amministrazione
Bush) nel 2004 ha dato origine a un volume d’affari di
dieci miliardi di dollari, come ha rivelato recentemente
Paul Fishbein, boss di A.V.N., alla rivista francese Hot
Video.

Lontano il 1972 di Gerard Damiano (aka Jerry Gerard),


ex parrucchiere del Queens reinventatosi filmaker in
un’epoca in cui negli ambienti della controcultura e
della contestazione si auspicava una normalizzazione
culturale della pornografia guardando ad essa come a
un fattore trascinante per la rivoluzione sessuale. L’età di Radley Metzger e Annette
Haven, di Cecil Howard e dell’O’Farrell Theater di San Francisco, del matrimonio in
convalescenza dopo la botta ricevuta dal libero amore, della Corte Suprema tra le grinfie
di Nixon e anche della mafia italoamericana (Louis Peraino & Co) che si butta nell’affare
generato dal più famoso lungometraggio hard della storia.

Gola Profonda: 600 milioni di dollari d’incasso contro i 25.000 bigliettoni spesi per
realizzarlo in Florida (nella magione di un sedicente conte libertino) e in appena sei giorni
di riprese nel gennaio del ‘72. Prima proiezione pubblica al New World Theater di New
York. Lunghe code davanti ai cinema. Frank Sinatra ne acquista una copia da proiettare
tra le mura domestiche. Jackie Onassis e Truman Capote vanno a vederlo. Johnny Carson
ne parla. Bob Hope ne parla. Il New York Times ne parla. Gli intellettuali vaneggiano di
“Porno Chic”. I maniaci religiosi insorgono. Un po’ di gente trova un impiego pagato in nero
contando gli spettatori per Cosa Nostra o partecipando alla distribuzione nei diversi Stati.
La polizia fa quel che può, ovvero blocca le proiezioni, spacca tutto, effettua degli arresti.
Harry Reems, protagonista maschile preso di mira dai giudici federali come capro
espiatorio, rischia cinque anni di galera (in alcune immagini di repertorio lo vediamo
insieme a Jack Nicholson e Warren Beatty) e cade nella spirale dell’alcolismo.

Linda Lovelace (New York, 1949 - Denver, 2002), all’anagrafe Linda Susan Boreman,
diventa una celebrità, tuffa il naso nella coca e nel 1981, passato da un pezzo il momento
magico, prova a reinventarsi fervente religiosa, femminista convinta, pornostar redenta:
“Quando guardate il film Gola profonda, mi guardate mentre mi stuprano, è un crimine che
il film sia ancora proiettato; c’era una pistola puntata alla mia testa in ogni momento”.

“Inside Gola Profonda”, non-fiction proposta dal produttore Brian Grazer a Fenton Bailey e
Randy Barbato, autori di “Monica in Black and White” (sul caso Lewinsky) e “Party
Monster”, interpretato da Macaulay Culkin, raccota tutto questo. “Gola Profonda innescò
una sorta di reazione a catena”, sostiene Grazer. “perché accanto all’enorme quantità di
gente che voleva vedere il film e che lo amava, c’era un’altrettanto grande quantità di
persone, soprattutto tra le autorità politiche e legali, che voleva che il film venisse tolto
dalle sale, e questo aprì un dibattito nel paese”. Curiose, anzi inquietanti, le non poche
similitudini tra l’America attuale e quella di ieri sul piano della repressione culturale
finalizzata a dirottare l’attenzione dell’opinione pubblica lontano dai veri mali a stelle e
strisce.

Presentato nella sezione “Panorama” al 55° Festival di Berlino (la voce narrante della
versione originale è quella di Dennis Hopper), “Inside Gola Profonda” si avvale di contributi
eccezionali scelti tra oltre 800 ore di interviste: Wes Craven che conferma le voci su un
suo apprendistato nel porno, gli scrittori Norman Mailer e Gore Vidal, il boss di Playboy
Hugh Hefner e il suo sempre combattivo rivale Larry Flynt, Erica Jong e Camille Paglia.
Damiano, oggi felicemente a riposo, racconta come gli venne in mente di rendere sullo
schermo l’orgasmo femminile attraverso la tecnica kubrickiana del jump-cutting: primi piani
della Lovelace alternati a fuochi d’artificio e alla sequenza sminuzzata di un razzo in fase
di decollo.

Personaggi grandi e piccoli della vicenda riferiscono aneddoti, sparano battute, tornano
con la memoria al clima sociale dei ’70: femministe pro-pornografia, femministe contro;
Vietnam e Watergate. Un anno e mezzo di lavoro in sala di montaggio si vede tutto: ritmo,
musica, immagini suggestive. Si respira ancora un alone mitico che avvolge i pionieri di
quell’età d’oro in un’aura forzosa di ingenuità, entusiasmo e disinteresse. La morte di quel
cinema comunque è solo illusoria perché carsicamente sta a poco a poco contaminando il
cinema tutto (a partire da quello più festivaliero), risorgendo dalle proprie ceneri. La morte
di Linda Lovelace è invece vera e trasmette l’idea di un film mancato sulla sua vita,
contagiando lo spettatore col suo candore, con la sua disarmante, immensa tenerezza.

INSIDE GOLA PROFONDA

RAPPORTO KINSEY

I rapporti di Kinsey, che era uno uno zoologo, e


quindi un descrittivista, sono stati rivoluzionari
perché hanno abbattuto la dicotomia etica tra
normalità e patologia mediante un approccio
statistico, quantitativo, informatico, moralmente
neutro, che ha posto in risalto l’enormità delle
differenze, la varietà del vivente e dei suoi
comportamenti, irriducibile a qualunque
controllo.

Tra il 1938 e il 1963, Alfred C. Kinsey raccolse


una serie di dati per descrivere le varianti
individuali e di gruppo relative al comportamento
sessuale umano utilizzando le tecniche
tassonomiche della biologia. Egli effettuò i suoi
studi sui maschi e sulle femmine
separatemente, considerando i fattori che
potessero essere responsabili delle varianti del comportamento sessuale, incluso lo stato
maritale, l'età, la professione, il contesto urbano o rurale, il livello di istruzione, i gruppi
religiosi, le origini geografiche e l'età adolescenziale.

Kinsey effettuò delle interviste con 5300 maschi e 5940 femmine: ad ognuno furono fatte
domande fino a 521 argomenti, a seconda della loro specifica esperienza. I risultati dei
suoi studi furono infine raccolti in due libri: "Sexual Behavior in the Human Male" e "Sexual
Behavior in the Human Female". Dalle interviste, Kinsey fece un'interessante scoperta:
non solo la sessualità umana non può essere semplicisticamente classificata in
eterosessuale e omosessuale, ma l'orientamento sessuale può anche essere differente
nel corso della vita (a conferma di quanto aveva già sostenuto Freud, ndr). Nei suoi libri,
Kinsey afferma: "Il mondo non può essere diviso in pecore e capre. È un fondamento della
tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie ben definite... Il mondo
vivente è una continuità in ognuno dei suoi aspetti".

Il Rapporto Kinsey è diventato famoso soprattutto per la sua scala del rapporto tra
componente eterosessuale e omosessuale. "Mettendo in evidenza la continuità delle
gradazioni tra individui esclusivamente eterosessuali e individui esclusivamente
omosessuali, è sembrato opportuno sviluppare una sorta di classificazione che potrebbe
basarsi sulle relativa quantità di esperienze eterosessuali e omosessuali relative ad ogni
individuo e alla sua storia... Ad ognuno si può assegnare una posizione all'interno di
questa scala, per ogni periodo della sua vita... Una scala a 7 punti sembra avvicinarsi
abbastanza alla realtà delle gradazioni che esistono in natura". La scala è la seguente: 0)
Esclusivamente eterosessuale, con nessuna componente omosessuale; 1) In
predominanza eterosessuale, solo occasionalmente omosessuale; 2) In predominanza
eterosessuale, ma più che occasionalmente omosessuale; 3) Egualmente eterosessuale e
omosessuale (bisessuale); 4) In predominanza omosessuale, ma più che occasionalmente
eterosessuale; 5) In predominanza omosessuale, solo occasionalmente eterosessuale; 6)
Esclusivamente omosessuale.

Se ne evince che le distinzioni nette non sono naturali, che la classificazione della
popolazione in 90-95% eterosessuale e 5-10% omosessuale è puramente un'invenzione
umana. La distribuzione reale è invece di tipo gaussiano, con un numero minore di estremi
ai lati e la varietà che diventa più ampia al centro. Questo risulta in un minore numero di
gay puri e di etero puri e un'ampia maggioranza di persone che portano in sé entrambi gli
estremi in differenti proporzioni. Allora, come spieghiamo la percezione che abbiamo di
una società divisa solo in due estremi con una maggioranza etero e una minoranza omo?
La risposta sta nella visibilità. Molti degli omosessuali che vengono allo scoperto o hanno
forti personalità oppure sono più o meno omosessuali puri. Mentre coloro che hanno una
natura debole o hanno una componente da minima a media di omosessualità seguiranno il
flusso e giocheranno, consciamente o inconsciamente, a vestire il ruolo tradizionale del
buon padre di famiglia.

Grazie al Rapporto Kinsey, si è dovuto per forza rimettere in discussione il tema della
costruzione culturale della sessualità, e dei generi sessuali, discussione a cui hanno
partecipato in seguito personalità illustri come Betty Friedan, Michel Foucault, Philippe
Ariès, Evelyn Fox Keller, Françoise Héritier, Judith Butler.

Alfred Kinsey, professore di biologia, decide di


studiare la sessualità di un animale particolarmente
interessante: l’uomo. Sulla scia di Freud, applica al
sesso i principi dell’indagine scientifica, allo scopo
d’individuare, con il sostegno della statistica, una
presunta normalità che in realtà non esiste, dato che
“tutto è diversità”. Per questo, Kinsey fu bollato
come sovversivo dal maccartismo, e, ancora oggi,
non è facile affrontare questi temi.

Tanto è vero che “Kinsey”, il film di Bill Condon del


2004, è stato accolto negli Stati Uniti da furori
preventivi e frettolosi linciaggi, mentre ha avuto il
merito di riportare alla ribalta le figura dello
scandaloso biologo in un periodo segnato da
ipocrite restaurazioni a tutto campo. Anche se il
regista pone in secondo piano l’attività di Kinsey,
accontentandosi di evocarla attraverso brevi
frammenti d’interviste: tutto il film è strutturato come
un colloquio “di prova” fra il professore e i suoi
collaboratori, e si concentra sull’uomo, ricco di
ardore scientifico quanto di lati poco edificanti, e sul suo entourage, in cui spiccano le
figure della moglie Clara e di Clyde, allievo prediletto e amante sporadico di entrambi i
coniugi Kinsey.

Il film finisce per assomigliare ad una sceneggiata televisiva, sapientemente edulcorata,


convenientemente freudiana (complesso di Edipo e nevrosi sessuali) e fin troppo puritana:
Kinsey è presentato come un paladino della natura che si oppone alle perversioni, alle
censure e alle flagellazioni promosse dagli uomini.
Sono passati 57 anni dalla pubblicazione dalla
sua prima ricerca, «Il Comportamento Sessuale
dell’Uomo», e 52 dalla seconda, «Il
Comportamento Sessuale della Donna». Ma il
professor Alfred Kinsey, "Prok" per gli amici,
continua a far parlare di sé.

Kinsey e i suoi rapporti oramai dovrebbero essere considerati preistoria, visto che negli
anni sono usciti altri studi sull’argomento, (dal "Rapporto Hite" di Shire Hite a "La Risposta
Sessuale Umana" di Masters e Johnson Masters and Johnson). Invece, è bastata l'uscita
di una biografia cinematogafica per risvegliare i conservatori americani, che ritengono
Kinsey un eroe negativo (è accusato di essere stato un pedofilo e un pervertito, ndr).

Gli attivissimi gruppi per la difesa della famiglia, attribuiscono al biologo il declino morale
dell'America. La sessoterapista Laura Schlessinger, conduttrice di un programma
radiofonico, ha chiesto ai suoi ascoltatori di non andare a vedere il film "se hanno a cuore
anche un poco il bene dei bambini". Lo stesso ha fatto una biografa di Kinsey, Judith
Reisman, citatissima dalla destra cristiana. "Basta chiedersi: come ha fatto a sostenere
che bambini di due mesi hanno avuto un orgasmo. O che un bimbo di 4 anni ha avuto 26
orgasmi in 24 ore. Kinsey chiama scienza quel che dovrebbe esser chiamato stupro", ha
sostenuto la Reisman, autrice di "Kinsey: Delitti e Conseguenze" e "Kinsey: Sesso e
Frode".

Con la Schlessinger, e con i soldi delle associazioni della destra cristiana, Reisman aveva
tentato, mentre ancora il film era in lavorazione, di acquistare una pagina di pubblicità su
Variety, la bibbia del mondo dello spettacolo, per scoraggiare la visione del film. La pagina
mostrava un bambino che piange e la didascalia: "Avete paura che i pedofili adeschino i
vostri figli?". Variety ha respinto l'inserzione giudicandola di cattivo gusto. Ma non è stata
la sola offensiva. "Il film non avrebbe dovuto trovare un distributore ma ai botteghini uscirà
la verità. Dimostreremo che le controversie sui pedofili non vendono", ha scritto in una
chat room sul web Scripstar da Santa Clara, in California, che ha definito Kinsey "il Dottor
Mengele del sesso e un pervertito che fa sembrare Michael Jackson un boy scout".

Liam Neeson, protagonista del film nei panni di Kinsey, si è detto consapevole delle
passioni negative che il film ha suscitato: "Gli Stati Uniti sono un paese schizofrenico: da
un lato hai il successo di trasmissioni come Sex and the City e Queer Eye for the Straight
Guy, i cui protagonisti sono quattro gay che danno consigli a un eterosessuale, poi però fa
scandalo la tetta scoperta di Janet Jackson o una coppia omosessuale che si sposa a San
Francisco".

Polemiche molto simili a quelle che i due rapporti di Kinsey suscitarono nell’America
perbenista degli anni ’50, quando si pensò che minassero le basi del matrimonio e della
società. Quando una commissione congressuale, guidata dal senatore Mc Carthy, accusò
Kinsey di fare parte di un complotto comunista per indebolire i valori americani. Risultato:
nel 1954 la Fondazione Rockefeller gli negò i fondi per altre ricerche. Ma intanto, grazie ai
suoi rapporti, l’America cominciò a parlare di sesso. I suoi due libri divennero bestseller e
abbatterono diversi tabù, aprendo le porte alla rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e
all’accettazione dell’omosessualità.
Intervistando 5.300 maschi e 5.940 femmine, Kinsey tracciò un quadro rivoluzionario per
l’epoca: il 46% degli uomini aveva avuto esperienze bisessuali; il 69% era stato con
prostitute; il 92% praticava la masturbazione; le donne adolescenti sostenevano di avere
tre rapporti a settimana; le trentenni almeno due a settimana, prima del matrimonio; il 29%
delle donne e il 21% degli uomini confessava l’adulterio. In Italia, i due rapporti Kinsey
furono portati da Valentino Bompiani, che ne comprò i diritti e li pubblicò rispettivamente
nel 1950 e nel 1955. Entrambi, accompagnarono una ventata di trasgressione, in un
periodo in cui le donne italiane andavano ancora in prigione per adulterio. Soprattutto,
aiutarono a capire che di sesso anche gli italiani sapevano poco o niente.

«Dopo il rapporto Kinsey, parlare di orgasmo divenne quasi una banalità - racconta
l’avvocato matrimonialista Annamaria Bernardini De Pace - e noi ragazze, che ci
nutrivamo al massimo di giornaletti come Duepiù, finalmente riuscimmo a porci domande
su argomenti considerati proibiti». Per la psicoanalista Vera Slepoj, l’effetto di quel
rapporto sugli italiani fu ancora più profondo: «Modificò i comportamenti sessuali di uomini
e donne, avviando una grande rivoluzione culturale». In più, col rapporto Kinsey, secondo
il sessuologo Willy Pasini, «i cattolicissimi italiani scoprirono che il sesso non era solo
procreativo, ma poteva avere anche molte varianti, alcune addirittura patologiche
(evidentemente non avevano letto Freud, ndr)».

I tempi da allora non sono poi così tanto cambiati. Un'inchiesta pubblicata dal New York
Times dimostra come sia tuttora difficile per i sessuologi mandare avanti i loro progetti. "La
nazione che ha inventato il Viagra è ancora a disagio ad esplorare argomenti come il
desiderio e gli stimoli dell'eccitazione sessuale anche quando le ricerche in questi campi
sono indispensabili ai fini della salute pubblica". Il quotidiano di New York ha citato le
minacce fatte dal Congresso di censurare alcuni stimati studi sul sesso e il rifiuto del
governo federale di finanziare tre importanti università che volevano creare corsi di
perfezionamento per studenti interessati a studiare la sessualità. "Sono nel campo da 30
anni e il livello di intimidazione e di paura è più alto oggi di quando ho cominciato", ha
detto al giornale Gilbert Herdt, ricercatore del National Sexuality Research Center della
San Francisco State University.

Ma, a distanza di tempo, quanto è rimasto degli insegnamenti di Kinsey? In realtà, molto
poco. Nel senso che, se dal punto di vista tecnico e informativo oggi si sa tanto, dall’altro
si assiste ad una regressione nei rapporti interpersonali, in particolare tra i giovani. Le
ragazze pensano, secondo Bernardini De Pace, «che il rapporto sessuale è solo uno
scambio, un modo di essere. Hanno conoscenza solo delle nozioni base. E usano il sesso
con facilità estrema, senza prestare attenzione alla cura dei rapporti. Anzi, spesso
abbandonando ogni progetto di coppia». Risultato? Che i maschi si trovano davanti a un
bivio. O «infarcire i rapporti di romanticismo, in modo da tenere sotto controllo la paura
che provano per il sesso», spiega Slepoj. Oppure, secondo Pasini, «affrontare le coetanee
ricorrendo ad aiuti farmaceutici. Non è un caso che io abbia sempre più pazienti ventenni
che non riescono ad avere rapporti sessuali sereni con le loro coetanee. Troppa ansia,
troppa paura di non essere all’altezza. Così mi chiedono medicine come il Cialis, che è il
nuovo Viagra». Ma non va bene neppure per la generazione dei trenta-quarantenni. «Le
donne italiane di questa età — racconta Bernardini De Pace — banalizzano il sesso e
hanno abbandonato il progetto di coppia. L’effetto, per quello che vedo dal mio
osservatorio, sono matrimoni che vanno in frantumi per colpa di donne che nella storia a
due credono sempre meno e di uomini terrorizzati da un’eccessiva consapevolezza
femminile».
Che la vita sessuale degli italiani, dagli anni ’50 a oggi, non sia migliorata, lo sostiene
anche Vera Slepoj, per la quale si può parlare addirittura di «un’involuzione. Perché se da
un lato è aumentata la conoscenza, dall’altro non si conoscono gli strumenti giusti per
vivere i rapporti in maniera matura. Le quaranta-cinquantenni hanno raggiunto solo una
visione teorica del sesso. E gli uomini, spaventati, sono attenti in maniera nevrotica al
piacere femminile». Di questo è convinto anche Willy Pasini: «La sessualità delle donne
italiane in questi anni è migliorata tecnicamente. Mentre quella degli uomini è solo
peggiorata, perché sono paralizzati dall’ansia».

Kinsey Reports - Wikipedia

Kinsey, il sesso, le nuove trasgressioni Corriere della Sera 17


marzo 2005

LE CINESI IL SESSO E LA NUOVA RIVOLUZIONE

Il professore Ma Xiaonian è un'autorità


internazionale nel suo campo, è stato
nominato anche nell'American Board of
Sexology. All'età di 59 anni, il professor
Ma è riuscito a coronare il suo sogno
impossibile: è diventato il "Kinsey
cinese". Superando la mancanza di
mezzi, le resistenze culturali e le
diffidenze politiche, ha realizzato il primo
studio moderno sulle donne cinesi e il
sesso.

È un rapporto che esplora con metodo


scientifico un terreno esplosivo, osa
affrontare questioni a lungo proibite, per
esempio l'autoerotismo, il petting, la
frequenza degli orgasmi e il grado di
soddisfazione femminile. Realizzato fra
agosto e settembre del 2004 su un
campione di quattrocentomila donne,
approvato dall'ordine dei medici,
sponsorizzato dal sito Internet Sina.com,
il questionario di 35 domande rivoluziona
la rappresentazione consolidata della
donna cinese. "È uno studio che segna
una vera svolta, ha saputo porci le
domande che non ci erano mai state
rivolte, e ha ottenuto risposte spesso
sorprendenti", dice la ricercatrice Chen
Xinxin del centro studi della Federazione delle donne (una sorta di sindacato di ispirazione
governativa la cui missione ufficiale è promuovere la parità dei diritti).

Dalle risposte esce l'identikit di una donna cinese molto più liberata e disinibita di quel che
si credeva. "Non ci si aspettava - osserva Chen Xinxin - una così schiacciante
maggioranza (93,8%) di donne che attribuiscono ad un buon rapporto sessuale
un'importanza determinante per il successo del loro matrimonio. Molte mettono il sesso
prima della ricchezza. L'indagine rivela anche una percentuale sorprendentemente elevata
- il 74% - di donne che affermano di praticare regolarmente la masturbazione per provare
piacere. Il 54% sono fiduciose delle proprie capacità a letto, l'82% prova regolarmente
l'orgasmo e il 47% ne ha di frequenti e ripetuti". Emerge il ritratto di una società meno
tradizionalista del previsto. Il 45% delle donne che hanno risposto al questionario del
professor Ma sono single e tuttavia fra di loro il 75,5% ha rapporti sessuali. Tra le sposate
il 32% ammette di avere avuto relazioni extraconiugali e l'8% di averne avute più d'una.

Sono risposte che non stupirebbero nessuno se venissero dall'Occidente, 60 anni dopo il
primo Rapporto Kinsey, 40 anni dopo la pillola, la liberalizzazione del divorzio e dell'aborto;
in paesi dove le vallette televisive sono sempre seminude o dove la pubblicità del Viagra
va in onda all'ora in cui i bambini guardano la tv. Ma la Cina era parte di un altro mondo.
Nella sua civiltà antica e nella sua politica più recente, la stratificazione successiva di
valori orientali, etica confuciana e comunismo l'aveva resa diversa. L'odioso costume dei
"piedi fasciati" nell'epoca imperiale. I matrimoni combinati d'autorità e la semischiavitù di
molte ragazze al servizio della famiglia del marito. Gli infanticidi di massa delle bambine
nelle campagne. Sono tutti sintomi di una società dove l'inferiorità della donna ha
conosciuto livelli estremi. Sotto il maoismo e in particolare durante gli anni della
Rivoluzione culturale (1965-75) l'emancipazione femminile è stata promossa con discreto
successo nel lavoro, ma il puritanesimo ufficiale manteneva una cappa di repressione sui
costumi e sulla sessualità. Nella Pechino degli anni Settanta una relazione extraconiugale
veniva denunciata dai vicini di casa, diventava un caso politico, coinvolgeva il capo-
caseggiato e il poliziotto di quartiere, poteva finire con un processo collettivo e una
umiliante autocritica in pubblico. L'erotismo poi rientrava nelle patologie della "decadenza
borghese e capitalista" da combattere con forza.

La censura di Stato a Pechino esiste tuttora e


ancora in tempi recenti sul sesso i suoi limiti erano
severi. Ne fece le spese un caso letterario del
2000, il romanzo erotico-autobiografico “Shanghai
Baby” della 28enne Zhou Weihui (tradotto in Italia
da Rizzoli), figlia di un ufficiale dell'Esercito di
Liberazione Popolare, giornalista, attrice e regista.
Passato inizialmente fra le maglie della censura,
ebbe un successo di massa che prese alla
sprovvista le autorità. Pochi mesi dopo la sua
uscita arrivò la reazione: fu bollato dai media
governativi come "decadente, depravato, schiavo
di una cultura straniera". La censura lo mise al
bando e 40.000 copie di “Shanghai Baby” furono
bruciate in pubblico nell'aprile del 2000 in uno
spettacolare autodafè (che aumentò la popolarità
dell'autrice).

Oggi, anche quell'episodio sembra sbiadire nei


ricordi. L'evoluzione dei costumi avanza
inesorabilmente. Nelle librerie un best-seller del
momento si intitola “Storie vere di una notte. 19
impiegate d'ufficio confessano le loro vite
notturne”. Il cinema di massa sposta ogni anno un po' più in là i confini del lecito. Scene
come la danza dei sette veli in stile kung-fu con cui la giovane protagonista Ziyi Zhang
apre il film “La foresta dei pugnali volanti”, ancora pochi anni fa non sarebbero arrivate
intatte sui grandi schermi di Pechino e Shanghai.

La Cina è grande, però, e l'evoluzione dei ruoli sessuali non penetra ovunque. L'immagine
offerta dal "Rapporto Kinsey" di Ma Xiaonian è parziale. Quattro anni prima di lui, senza
avere gli stessi mezzi e con tecniche rudimentali, il professor Pan Suiming dell'università
Renmin aveva sondato le coppie cinesi sul sesso raggiungendo conclusioni opposte: solo
il 38% delle intervistate diceva di aver raggiunto l'orgasmo, contro il 62% degli uomini;
quasi un terzo delle coppie aveva rapporti sessuali meno di una volta al mese; il 60% delle
donne si dichiaravano "non attirate" dal sesso. Quell'indagine del 2000, pur con ambizioni
limitate e con un questionario meno sofisticato, aveva però un pregio: aveva sondato
anche le provincie della Cina profonda e le zone rurali. Un mondo dove la condizione
femminile è inchiodata al passato. "È un'altra Cina - dice la ricercatrice Chen Xinxin - dove
molte donne non sanno cosa sia un orgasmo e cercano di respingere le avances dei
mariti a letto. Alla fine subiscono il sesso, per senso di colpa o per paura del divorzio, ma
si sentono violentate, amareggiate e piene di risentimenti". Dalle campagne povere
arrivano ancora echi di una società dura e arcaica come testimonia la piaga di massa dei
suicidi, per il 70% di donne, che si uccidono inghiottendo pesticidi.

Il sessuologo Ma Xiaonian non lo ha mai nascosto: perché la sua inchiesta superasse la


barriera morale del pudore e della riservatezza, per ridurre al minimo le "distorsioni
culturali", il rischio di risposte convenzionali o dell'autocensura, ha dovuto scegliere il
mezzo di comunicazione più neutro e impersonale, Internet. L'attendibilità dei risultati ci ha
guadagnato, rispetto alle interviste faccia a faccia con i medici dove la tensione
psicologica può rovinare tutto. Ma il suo campione demografico ne è stato condizionato.
"Forse dovrei cambiare il titolo del mio studio - scherza l'autore - e ribattezzarlo Prima
Indagine sul Sesso delle Cinesi-che-hanno-Internet. Certo, il livello di piacere sessuale è
strettamente legato al profilo delle donne interrogate. La loro età media è di 30 anni.
L'80% hanno una laurea. Più della metà di loro vive nelle maggiori città come Pechino,
Shanghai, Chongqing, Guangzhou. Sono donne indipendenti, sicure di sé, che osano
esprimere i loro sentimenti. Il mio rapporto offre il ritratto realistico di questa generazione.
È la giovane cinese urbana, istruita, molto diversa anche da sua madre: appena si sale
sopra i 50 anni di età, i livelli dichiarati di soddisfazione sessuale crollano d'un tratto".

In questa generazione fotografata dal rapporto di Ma Xiaonian, il vero dramma sono i


cinesi: loro non riescono a cambiare, o non abbastanza in fretta. "Sì, il problema sono gli
uomini - dice Chen Xinxin - il ritratto che ne fanno le cinesi nel rispondere al questionario è
desolante. La curiosità sessuale dei partner maschili è limitata. Soddisfare le richieste
femminili ancora non è entrato nelle loro priorità. A letto solo il 18% indulge nei
preliminari". L'evoluzione dei costumi li destabilizza e gli uomini nelle grandi città
tradiscono sintomi di insicurezza. Crescono del 30% all'anno i mariti che chiedono il test
del DNA sui figli. Sotto la regola del figlio unico, e con il retaggio di una cultura patriarcale
che idolatrava la discendenza maschile, il sospetto dell'infedeltà coniugale è
insopportabile. L'anno scorso c'è stato un boom dei divorzi: 1,6 milioni, in aumento del
20% dal 2003.

In questo divario fra la velocità di evoluzione dei due sessi, concentrato in quell'angolo di
Cina che è la punta avanzata della modernità, si afferma il fenomeno che qui chiamano
“Generazione-Lei”: un esercito di donne scelgono di rimanere nubili, rifiutano di
accomodarsi nel ruolo di mogli madri e nuore che per millenni fu il loro. Nelle due
metropoli post-moderne Pechino e Shanghai, si calcola che ci siano oggi 500.000 single
(15 anni anni fa erano appena un quinto), di cui il 60% sono donne. La shanghainese
Liang Chen, 30 anni, designer grafica, nel suo diario-weblog descrive una vita riempita di
carriera, yoga, nuoto, letture, feste mondane e relazioni sentimentali brevi: "Con tante
cose da fare, perché farsi inchiodare da un marito? Molti maschi adulti sembrano affetti da
un'autostima bassissima. Nella loro vita non c'è posto per una donna con una forte
personalità individuale". Il ricercatore di marketing Yuan Yue riassume le quattro opzioni di
vita di questa Generazione-Lei: "È accettabile avere: l'amore senza il matrimonio; il sesso
senza l'amore; il matrimonio senza figli; o un figlio fuori dal matrimonio". Un'altra
shanghainese di questa generazione, la 29enne giornalista Wang Ting, racconta che
"nella Cina settentrionale le zitelle venivano chiamate beidahuang, come le terre aride e
sterili. Ma guardateci oggi, noi single diventiamo sempre più belle. Quando accendo la tv e
vedo una puntata della serie americana Sex and the City mi chiedo: quante volte capita di
vedere delle donne vestite davvero così bene, a New York? Quella non è New York.
Quella è Shanghai".

Le cinesi e il sesso la nuova rivoluzione Repubblica 20 marzo 2005

Sex, Please We're Young and Chinese Time 15 gennaio 2006

China's Sexual Revolution 08 novembre 2007

Studies on women's sexuality in China since 1980: a critical review 01 maggio 2007

THE OPEN PORNOGRAPHY

Il porno come bandiera di libertà, realizzazione


estrema del sogno americano. La sfida di Forman
funziona in “Larry Flint” (USA, 1966), pirotecnica
biografia dell’uomo che inventò la rivista Hustler e
creò un impero dal nulla, e che, per un divertito
contrappasso, appare nel film nella parte del
giudice agli infiniti processi che dovette affrontare.

In Italia è stata boicottata la locandina con Woody


Harrelson, protagonista nei panni di Larry Flint,
crocifisso su un pube femminile, calzato in un
costume con la bandiera americana. Il film
rappresenta l'ascesa e la caduta, e poi di nuovo
l'apoteosi, del sogno americano. Oggi Larry Flint
è un editore di successo, dirige ben 29 testate,
nonostante le difficoltà politico-giudiziarie e
l'handicap fisico inflittogli da un fantomatico
cecchino, probabilmente assoldato
dall'establishment. La sua vicenda si conclude
con la vittoria del primo emendamento della
costituzione americana, che sancisce la libertà di
pensiero e di parola perfino al re del cattivo gusto e delle riviste porno.
L’occhio di Forman registra i fatti in modo
piuttosto neutro, risaltando l’interpretazione di
Harrelson e di una scatenata Courtney Love,
nella parte di Althea Leasure, moglie di Larry
Flint: povero in canna alla nascita, proprietario
di un miserabile locale di spogliarello, editore
infine di Hustler (letteralmente: armeggione,
intrigante, oppure prostituto), principale rivale di
Playboy, accusato di contrabbandare donne-
oggetto patinate dietro l'alibi del suo pseudo-
intellettualismo. Hustler lo rende celebre e
milionario con la pubblicazione di foto osè di
Jackie Onassis, ex-presidentessa, ripresa
integralmente sull'isola di Skorpios. La reazione
dell'America ipocrita e moralista gli vale l'ira dei
predicatori e l'interesse ambiguo delle
predicatrici (la sorella del presidente Carter);
insieme alle pallottole di un presunto fanatico
che gli causano la paralisi e l'impotenza. Ma se
Larry Flint era probabilmente anche peggio del
più squallido pornografo (non disdegnò
l'antisemitismo ed il revisionismo delle camere a
gas e rinunciò a malincuore alla
rappresentazione pedofila), ciò non gli impedì di farsi paladino del primo emendamento:
"Se proteggono uno schifo come me, proteggeranno pure voi", dice Flynt alla folla che lo
attende all'uscita del tribunale.

PORNO LIBERO SU INTERNET

Per proteggere un grande ed essenziale bene comune, la libertà di espressione, la Corte


Suprema deve turarsi il naso e accettare un male, la pornografia.

Nella scelta lancinante e forse impossibile tra la libertà di espressione e la protezione dei
bambini, la Corte costituzionale americana è stata costretta a schierarsi dalla parte della
libertà di espressione e difendere, recalcitrante, ciò che non avrebbe voluto difendere, gli
spacciatori di sesso via internet. Bloccare il porno in Internet è incostituzionale.

Divisi, contrastati, niente affatto sicuri di avere fatto la scelta giusta come invece due giorni
or sono fecero a larga maggioranza sui diritti legali dei sequestrati di Guantanamo negati
da George Bush, le vestali della Costituzione hanno deciso per cinque voti contro quattro
che lo stato dell'arte, la tecnologia, non consentono di "filtrare", come si dice nel ciber-
gergo, di bloccare l'accesso dei minori alla infinita galassia dell'osceno senza limitare il
diritto di tutti alla libertà di comunicazione di espressione.

Erano stati prima Clinton e poi Bush, per una volta allineati su un terreno che unisce liberal
e conservatori, destra e sinistra, a muovere il ministro della Giustizia all'attacco dei siti
porno che stanno proliferando ovunque come parassiti nel campo di Internet e non
soltanto coinvolgono, ma puntano alla seduzione del pubblico più vulnerabile, i più giovani.
Attraverso una nuova legge, e con querele contro i mercanti di "smut", di porcherie,
avevano chiesto ai tribunali ordinari di imporre meccanismi per oscurare quei siti e
impedire l'accesso ai minori di 18 anni.
Si era tentato con le carte di credito, le "password", le firme elettroniche per assicurare che
l'utente fosse un adulto. Ma come già in passato aveva fatto vittoriosamente Larry Flint,
l'editore di Hustler, uno dei più truci settimanali porno, anche i produttori dei 372 milioni di
pagine elettroniche dedicate a ogni forma di sesso e di perversione in 68 milioni di siti, si
erano difesi agitando il Primo Emendamento della Costituzione, quello che proibisce al
Parlamento, e all'Esecutivo, di promulgare leggi o prendere misure che limitino la libertà di
espressione. E il caso è inevitabilmente rotolato laddove tutte la grandi controversie
sociali, legali e costituzionali finiscono negli Stati Uniti, sul lungo tavolo dei nove Supreme
Justices a Washington, le due donne e i sette uomini della Corte Suprema. Tra i quali un
giudice, Clarence Thomas, che fu accusato pubblicamente durante le udienze in Senato
per la sua conferma di essere un entusiastico consumatore di film sexy. E cinque di loro,
con il dispositivo finale scritto dal settantenne giudice Kennedy, hanno dovuto a
malincuore concludere che la tecnologia dell'oscenità ha saputo correre più veloce della
giurisprudenza. Gli strumenti indicati dal Parlamento per bloccare l'accesso erano troppo
rudimentali e drastici e avrebbero "limitato il legittimo accesso di cittadini adulti al medium
di Internet" che devono mantenere il loro diritto a vedere e leggere e produrre.

Come ha commentato uno degli avvocati della American Civil Liberties Union,
l'associazione libertaria che sempre difende la sacralità dei diritti costituzionale anche a
prezzo di grande impopolarità come in questo caso, la "Corte ha dovuto riconoscere che la
situazione era quella di una famiglia costretta bruciare la casa per distruggere gli
scarafaggi" e per difendere la casa della Costituzione, allo stato attuale della tecnologia, si
è costretti a sopportare la presenza degli insetti. Ma neppure le cinque "toghe nere" che
hanno scelto di stare dalla parte della libertà di espressione infestata da parassiti che
incassano 12 miliardi di dollari all'anno via Internet soltanto negli Usa (più delle tre
massime network televisive nazionali) sono convinti che pornografia e libertà siano
sinonimi. Hanno rinviato il caso ai tribunali di grado inferiore, perché riesaminino, insieme
con gli avvocati del governo, il caso e studino quali modifiche possano essere fatte alla
legge per renderla compatibile con il sacrosanto "primo emendamento".

Usa, porno libero su Internet la Corte Suprema boccia i "filtri" Vittorio Zucconi
Repubblica, 30 giugno 2004

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