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In questo capitolo sono raccolte le relazioni fondamentali sulle quali si fonda tutta la trattazione di questa dispensa dedicata al metodo degli elementi finiti o, pi precisamente, al metodo degli spostamenti, cio, a quel metodo degli elementi finiti in cui le incognite primarie sono spostamenti e rotazioni e loro derivate di vario ordine. Nel primo paragrafo vengono ricavate le relazioni che definiscono le matrici di rigidezza, di massa ed il vettore dei carichi nodali di un elemento, facendo anche cenno alle procedure di assemblaggio. Il secondo paragrafo contiene una breve trattazione delle tecniche di integrazione numerica di funzioni in una e due variabili indipendenti. Nel terzo paragrafo vengono ricavate le matrici che legano le derivate parziali prime e seconde di funzioni rispetto a due diversi sistemi di coordinate.
17.1 Introduzione
Come noto, il metodo degli elementi finiti una metodologia per la ricerca di soluzioni approssimate a problemi di varia natura fisica, che ottimamente si presta alle esigenze del calcolo automatico. L'originalit del metodo sta nel fatto che esso consente di costruire una soluzione approssimata facendo uso di approssimazioni locali, cio, il sistema di funzioni base i utilizzate per sviluppare la soluzione approssimata definito su ciascun sottodominio De in cui si pensa di suddividere il dominio totale D di definizione del problema. Facciamo unipotesi sulla geometria del problema:
D = D(e)
e =1
S = S (e)
e =1
E'
(17.1)
avendo indicato con E il numero totale di sottodomini (o elementi finiti) in cui si suddiviso il dominio D ed E il numero di elementi finiti che hanno almeno un lato sul contorno S. Ovviamente, risulta E E. In realt, le condizioni (17.1) difficilmente sono soddisfatte in quanto sul contorno si pu perdere qualche fettina di dominio.
Figura 17.1 Esempio di suddivisione del dominio in sottodomini o elementi finiti. Le regioni tratteggiate sono prese nelle sommatorie
{u } = N {q }
(e) (e) (e)
(17.2)
{u } {u}delle
(e)
componenti di
{ } = B {q }
(e) (e) (e)
(17.3)
(e) dove gli elementi della matrice B possono essere espressi come combinazione lineare (e) degli elementi della matrice N .
{ }
ovvero
= {u1,1 u2,2
{ } = [ D ]{u }
dove
(..),1 = 0 0 0 (..),2 0 0 0 (..),3 (..),2 (..),1 0 (..),3 0 (..),1 0 (..),3 (..),2
(17.4)
[ D]
Quindi,
(17.5)
(e) (e) B = [ D] N
(17.6)
{ } = [C ]{ }
(e) (e)
(17.7)
abbiamo
{ } = [C ] B {q }
(e) (e) (e)
(17.8)
17.2.2Espressione discretizzata del potenziale elastico, energia cinetica e potenziale dei carichi applicati
Scriviamo ora lenergia potenziale elastica per un corpo elastico:
1 T { } { } dV 2V
(17.9)
Ec =
1 T {u } {u } dV 2V
(17.10)
in pi sappiamo che per un dato sistema di carichi per unit di volume X V possiamo scrivere lenergia potenziale come: superficie X S
T dV + {u }T X dS U = L = {u } X V S S V
{ }
{ } e per unit di
(17.11)
{ }
{ }
Se vale la discretizzazione operata in precedenza possiamo scrivere le espressioni (17.9), (17.10) e (17.11) per ogni elemento finito, sostituendo i risultati ottenuti nelle (17.2), (17.8) e portando fuori dagli integrali ci che non dipende dalle variabili spaziali. In questa maniera otteniamo:
(e) =
(e) EC
1 (e) q 2 1 (e) = q 2
{ }
T
{ }
(17.12)
{ }
{ }
U (e) = q (e)
{ }
(e) F
dove
(e) (e) (e) (e) K = V B C B dV (e)
T T
(e) F = Sp( e ) N
}dS + {X
N V (e)
}dV {X
{ }
( e ) U ( e ) + + =0 (e) q (e) q
{ } { }
(17.14)
{ }
{ } { }
(17.15)
ovvero lequazione del moto non smorzato, discretizzata per un generico elemento finito e. Per chiarire i concetti, supponiamo si voglia analizzare la configurazione di equilibrio del sistema di molle rappresentato in Figura 17.21 Per la formulazione della matrice di rigidezza possiamo utilizzare il metodo diretto o il metodo energetico. Con riferimento allo schema di Figura 17.3, si ha:
Metodo diretto: Per la legge di Hooke, possiamo scrivere
{F } = K {u }
(e) (e) (e)
essendo k(e) la costante della molla e. La sopralineatura sta ad indicare che le grandezze sono valutate nel sistema locale della molla indicato in Figura 17.3. Si noti che
F1( e ) F1( e ) F2( e ) F2( e ) (e) (e) (e) (e) (e) (e) (e) k K k K k K = = = = = = = k ( e ) = K 22 ; ; ; 11 12 21 u1( e ) u2( e ) u1( e ) u2( e )
e, in generale,
(e) Kij =
Fi ( e ) u j( e )
E importante sottolineare che non si tratta di un'analisi agli elementi finiti, ma semplicemente di un'analisi matriciale che contiene in s molti degli aspetti connessi con la procedura agli elementi finiti.
Metodo energetico Sappiamo che l'energia di deformazione elastica della molla vale
(e) = 1 (e) (e) k u2 u1( e ) 2
2 (e) ui( e ) u j( e )
Si noti che
(e) k ( e ) u1( e ) 1 (e) 1 (e) T (e) k (e) ovvero = u } K (e) u (e) } u u { { 1 2 (e) (e) (e) 2 2 k u2 k cio, l'energia di deformazione elastica una forma quadratica dei gradi di libert nodali.
(e) =
{q }
(e)
locale; {q (e) } il vettore dei gradi di libert nodali dell'elemento nel sistema di riferimento
g
globale; (e) la matrice dei coseni direttori del sistema di riferimento locale rispetto a
{q }
(e)
(e) (e) = q
{ }
(17.16)
{ }
(e) + K
{q } = { F }
(e) (e) g
(17.17)
dove
(e) (e) (e) (e) K g = K l T
matrice di rigidezza dellelemento nel sistema di riferimento globale matrice di rigidezza dellelemento nel sistema di riferimento globale (17.18) vettore dei carichi nodali equivalenti nel sistema di riferimento globale
(e) T
{F }
(e)
(e) T
{F }
(e)
Con riferimento all'elemento molla ed allo schema di figura 3.4, possiamo scrivere
avendo indicato con s(e)i lo spostamento del generico nodo i. Moltiplicando scalarmente per i(e)l, ottengo
ui( e ) = ui( e )il( e ) ig + vi( e )il( e ) jg = ui( e )l ( e ) + vi( e ) m( e )
il( e ) ig = cos ( e ) = l ( e ) ; jl( e ) ig = cos + ( e ) = sin ( e ) = m( e ) ; 2 (e) (e) (e) (e) (e) il jg = sin ; jl jg = cos = l
( l(e), m(e) ) coseni direttori di i(e)l rispetto a ig e jg; ( -m(e), l(e) ) coseni direttori di j(e)l rispetto a ig e jg. In forma matriciale
ui( e ) l ( e ) (e) = (e) vi m m( e ) ui( e ) l ( e ) vi( e )
0 0 0 0 l (e) m(e)
m(e ) l (e)
m(e) 0 l
0
(e)
e, in forma compatta
{u } = {u }
(e) (e) (e)
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17.2.5 Assemblaggio
Se la struttura stata discretizzata in un numero E di elementi finiti, l'energia di deformazione elastica dell'intera struttura data da
= (e)
e =1
(17.19)
dove
1 (e) T 1 (e) T (e) (e) = q K q q K (e) q(e) l g l l g 2 2 Ora, espandiamo la matrice di rigidezza globale come segue
(e) =
{ }
{ }
{ }
{ }
(17.20)
[ 0] [ 0] ( e ) [ 0] K ( e ) g K = [ 0] [ 0]
[ 0 ] [ 0 ] [ 0 ]
essendo z il numero dei gradi di libert di tutta la struttura discretizzata. Sia {q} il vettore dei gradi di libert nodali di tutta la struttura; supponiamo, per semplicit di trattazione, che esso sia stato organizzato in modo che i gradi di libert nodali (e) dell'elemento e occupino le posizioni corrispondenti agli elementi della matrice K
g
(e) =
1 (e) q 2
{ }
T g
(e) (e) K g q
{ }
1 (e) q 2
{ }
(e) q (e) K g
{ }
(17.21)
(17.22)
(e) K [ K ] = e g =1
(17.23)
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La stessa procedura vale anche per la matrice delle masse. Per quel che riguarda il vettore dei carichi nodali equivalenti, va ricordato che in questa operazione, le forze interne si annullano in quanto a due a due uguali e contrarie e, quindi, nel vettore dei carichi nodali {F}compaiono solo i carichi esterni applicati. Da un punto di vista meccanico, l'assemblaggio equivale ad imporre le condizioni di congruenza e di equilibrio ai nodi: 1. la congruenza degli spostamenti nodali; cio gli spostamenti generalizzati di un nodo debbono avere lo stesso valore per tutti gli elementi di cui il nodo fa parte; 2. l'equilibrio nel nodo delle forze esterne; cio le forze esterne applicate in un nodo devono essere equilibrate dalle forze interne trasmesse dagli elementi che concorrono in quel nodo. Concludendo, per l'intera struttura possiamo scrivere