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Jobs Act: cosa ne penso?

N 75 Gennaio 2014

Trifir & Partners Avvocati

Diritto del Lavoro Attualit 2 Le Nostre Sentenze 4 Cassazione 7 Diritto Civile, Commerciale, Assicurativo Le Nostre Sentenze 8 Assicurazioni 9 Il Punto su 10 Eventi 12 R. Stampa 13 Contatti 14

Al di l del termine che evoca legislazioni di altri Paesi (ma lItalia non era una volta la culla del diritto?), resta il fatto che, se alle parole seguiranno i fatti, avremmo nalmente una importante svolta nel nostro diritto del lavoro. A mio avviso, tuttavia, occorre un reset di quanto n qui si accumulato e straticato in un! groviglio inestricabile di leggi, leggine, regolamenti, circolari che un Legislatore, incolto e incompetente, nonch le molteplici Amministrazioni dello Stato ci hanno n qui propinato. Senza un reset non si va da nessuna parte e si rischia di aggiungere confusione a confusione. Resettare dovrebbe essere, dunque, la parola dordine. Ben venga, tuttavia la semplicazione delle norme (altri Governi hanno in precedenza predicato, a vuoto, la delegicazione). Ben venga un codice del lavoro. Ma, per carit, non si proponga un codice del lavoro che racchiuda e semplichi tutte le regole attualmente esistenti. Le regole esistenti non vanno racchiuse: vanno in massima parte eliminate. !Dovrebbe essere data prevalenza ai contratti che prevedono il lavoro autonomo nellambito dellimpresa. Dovrebbe essere data, nellambito del lavoro subordinato, la prevalenza al contratto a tempo indeterminato (cos da dare ducia e motivazione ai giovani: con progressioni di carriera ed economiche in base al merito), ma con possibilit di risoluzione per giusticato motivo tipizzato (s da non impantanarsi nelle aule giudiziarie alla merc di un Giudice che tuttavia rispetta la legge. La Legge, infatti, (la beneamata Fornero!) consente al Giudice di poter condurre il giudizio nel modo che ritiene pi opportuno, vanicando cos anche lopera dellAvvocato. Il contratto a tempo determinato andrebbe limitato a casi specici. Andrebbe soprattutto incoraggiato il lavoro autonomo afnch i giovani possano essere stimolati a lanciarsi in nuove intraprese: liberi dal giogo delle opposte Organizzazioni Sindacali e Datoriali. Un ultimo rilievo: i posti di lavoro non si creano per decreto; n si mantengono in vita le Aziende con i sussidi. necessaria, come tutti dicono, la crescita. Ma ! non si cresce se ogni sera, quando torni dal lavoro, uno Stato canaglia inla, con destrezza, nella tua tasca la sua mano vorace per sottrarti oltre il 65% di quanto hai faticosamente guadagnato.

Salvatore Trir Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera, Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trir e Giovanna Vaglio Bianco
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N75 Gennaio 2014

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A cura di Damiana Lesce

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Lavoro somministrato: la violazione dei limiti numerici ha effetto sulla disciplina del licenziamento per i dipendenti dellutilizzatore
Nella disciplina sul lavoro somministrato di cui al d.lgs. 276/2003, oltre ai casi di nullit del contratto di somministrazione privo di forma scritta, o di somministrazione fraudolenta, contemplata la possibilit di costituzione del rapporto lavorativo in capo allutilizzatore nellipotesi di somministrazione irregolare che si verica: i) nei casi di contratto di somministrazione concluso da un soggetto privo di autorizzazione, o senza che ne siano indicati gli estremi; ii) nei casi di inosservanza delle ragioni giusticative per la somministrazione a termine; iii) nei casi in cui si prescinda dalle esigenze indicate all'art. 20, comma 3 o di mancata indicazione delle stesse nel contratto; iv) per la somministrazione a tempo indeterminato, nei casi di violazione dei limiti quantitativi indicati dalla contrattazione collettiva (cd. clausole di contingentamento); v) in caso di mancata indicazione di eventuali rischi per lintegrit e la salute del lavoratore; vi) quando nel contratto manchi lindicazione della data di inizio e della durata prevista. Ferma restando la disciplina di cui sopra, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 26654 del 28 novembre 2013, ha posto in rilevo una diversa ed ulteriore conseguenza della violazione della normativa in materia di somministrazione di lavoro. Lart. 20, comma 4, d.lgs. 276 del 2003 rimette ai contratti collettivi nazionali di lavoro la individuazione dei limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha affermato che il superamento del limite numerico di ricorso al lavoro somministrato stabilito dalla contrattazione collettiva e, quindi, la violazione dellart. 20, comma 4, del d.lgs. 276/2003, impedisce allutilizzatore di invocare lapplicabilit dellart. 22, comma 5, del medesimo decreto legislativo, che esclude la computabilit del prestatore di lavoro nellorganico dellutilizzatore ai ni dell'applicazione di normative di legge, tra cui anche quella in tema di tutela reale conseguente al recesso datoriale. Si legge nella sentenza che, nel! caso in cui il giudice di merito accerti che si tratta di somministrazione fraudolenta e/o irregolare, lart. 22 comma 5 non applicabile e il lavoratore deve essere necessariamente computato nellorganico dellutilizzatore. Lincidenza della violazione, spiega la Corte, si riverbera, a titolo di conseguenza sanzionatoria, sul piano della disciplina applicabile in caso di recesso intimato a lavoratori diversi da quelli somministrati che possono beneciare della tutela reale ove il datore di lavoro abbia contravvenuto alla disposizione che ssa la soglia del requisito numerico nell'assunzione di lavoratori somministrati.

Il regime della risoluzione del rapporto di lavoro regolato esclusivamente dalla legge e non demandabile alla contrattazione collettiva
A cura di Antonio Cazzella
Con sentenza n. 27058 del 3 dicembre 2013, la Corte di Cassazione ha esaminato una fattispecie nella quale una compagnia aerea, non potendo pi effettuare il servizio nellambito di uno scalo, aveva concluso un accordo sindacale che prevedeva il passaggio di 38 addetti al predetto scalo ad altra compagnia aerea.

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A seguito di tale accordo, i lavoratori avevano ricevuto una lettera di licenziamento, impugnato da alcuni lavoratori in sede giudiziale in quanto non era stata rispettata la procedura prevista dalla legge n. 223/1991 per il licenziamento collettivo. La Suprema Corte ha evidenziato che, nellambito del contratto di lavoro subordinato, lautonomia privata si estrinseca essenzialmente nel consenso allinsorgenza del vincolo, mentre il contenuto quasi esclusivamente determinato da fonti eteronome (la legge e le c.d. fonti sociali), salva la possibilit di pattuire condizioni di maggior favore per il prestatore dopera. Peraltro, i casi in cui la contrattazione collettiva pu derogare a norme imperative rispetto al contratto individuale devono, comunque, essere espressamente oggetto di una previsione di legge. La Corte ha evidenziato che il nostro sistema giuridico deve essere interpretato nel senso che lattivit lavorativa subordinata pu essere prestata esclusivamente in conformit delle tipologie contrattuali previste dalla legge, che sono identicate non sulla base del mero nomen iuris utilizzato dalle parti, ma in base al reale atteggiarsi del rapporto. Come rilevato dalla Suprema Corte, nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, la volont delle parti di porre ne egli effetti del rapporto di lavoro pu essere attuata soltanto mediante un negozio unilaterale di recesso (licenziamento o dimissioni), con la conseguenza che, sebbene si sia in presenza di un contratto a prestazioni corrispettive, non si applica, ad esempio,! la disciplina della rescissione, della risoluzione per eccessiva onerosit, etc.. Pertanto, allautonomia privata non consentito linserimento nel contratto di lavoro di clausole di durata del rapporto di lavoro se non nei casi espressamente consentiti dalla legge e neppure di condizioni risolutive ai sensi dellart. 1353 c.c. o di condizioni risolutive espresse ai sensi dellart. 1456 c.c., in quanto non pu essere consentito al datore di lavoro, attraverso la pattuizione di termini o di condizioni risolutive, di sottrarsi alla disciplina limitativa dei licenziamenti (individuali e collettivi) o anche, solamente, allobbligo del preavviso.

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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE

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I 270 GIORNI EX L. 183/10 PER IL DEPOSITO DEL RICORSO DECORRONO DAL 24.11.2010 PER I LICENZIAMENTI INTIMATI PRIMA DI TALE DATA (Tribunale di Salerno, ordinanza del 12 dicembre 2013)

Un lavoratore licenziato per giusta causa nellottobre 2009, dopo aver impugnato il recesso entro il termine di 60 giorni, adiva il Tribunale di Salerno con ricorso ex art.1, comma 48, L. 92/12 depositato nel settembre 2013. Si costituiva in giudizio la Societ eccependo, preliminarmente, linammissibilit del ricorso per intervenuta decadenza sullassunto che il termine di 270 giorni previsto dallart. 32 L. 183/10 (c.d. Collegato Lavoro) per il deposito del ricorso, viste le nalit della legge stessa, doveva intendersi applicabile anche ai licenziamenti intimati ed impugnati prima del 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del Collegato Lavoro) e con decorrenza da tale data. Il Tribunale di Salerno, accogliendo integralmente leccezione della Societ, ha dichiarato linammissibilit del ricorso rilevando che il il termine di decadenza di 270 giorni, ridotti a 180 dalla l.n. 92/12, ha incontestabilmente natura processuale e, in quanto tale, idonea a produrre i propri effetti n dalla data di entrata in vigore determinando la decorrenza del termine ivi previsto per lesercizio dellazione giudiziale avente ad oggetto limpugnativa di licenziamento senza che dal relativo onere possano ritenersi escluse le azioni relative a licenziamenti intimati in epoca anteriore. Il Tribunale ha, altres, precisato che la tesi prospettata dal lavoratore - secondo cui il termine in esame trovava applicazione solo per i licenziamenti intimati dopo lentrata in vigore del Collegato Lavoro - contrasterebbe con levidente intento del legislatore di garantire la certezza delle situazioni giuridico - soggettive derivanti dal rapporto di lavoro subordinato entro termini maggiormente congrui rispetto al termine quinquennale di prescrizione, nonch con le ulteriori previsioni contenute nellart. 32 L.183/10 che non prevedono, in relazione allapplicazione del termine di decadenza di 270 giorni, una disciplina transitoria in considerazione dellepoca di intimazione del recesso. Inne, Il Tribunale ha anche espressamente escluso la decorrenza del termine di 270 giorni dal 31 dicembre 2011 avendo il c.d. Milleproroghe posticipato, sino a tale data, esclusivamente il termine per limpugnazione stragiudiziale, peraltro, limitatamente alle ipotesi di licenziamento non rientranti nellambito di applicazione dellart. 6 l. n. 604 nella previgente formulazione. Causa seguita da Marina Tona e Francesco Chiarelli

ALTRE SENTENZE
INEFFICACE LIMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO QUANDO LAZIONE VENGA PROMOSSA DOPO 180 GIORNI DALLINVIO DELLA CONTESTAZIONE STRAGIUDIZIALE (Tribunale di Milano, 20 dicembre 2013, n. 4709) Un lavoratore, licenziato per superamento del periodo di comporto, aveva impugnato, in via stragiudiziale, il recesso nel termine di 60 giorni e, in seguito, presentato ricorso al Giudice.

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Il datore di lavoro, costituendosi, aveva eccepito linefcacia dellimpugnazione, sostenendo che lazione giudiziaria era stata promossa quando era ormai decorso il successivo termine di 180 giorni, stabilito dallart. 6, L. n. 604/1966 (come modicato dallart. 32 del Collegato Lavoro e dalla Riforma Fornero). Il Tribunale di Milano, investito della vicenda, ha accolto le ragioni dellazienda, rilevando la decadenza dallazione, dopo aver constatato che il ricorso era stato depositato oltre 180 giorni dallinvio della contestazione stragiudiziale. Infatti - secondo il Tribunale - lart. 6 citato, laddove stabilisce che limpugnazione inefcace se non seguita, entro il successivo termine di 180 giorni dal deposito del ricorso., va interpretato nel senso che detto termine decorre non gi dalla scadenza dei 60 giorni concessi per limpugnazione stragiudiziale, bens dalla data dellinvio dellatto di impugnazione, individuata, in fattispecie, nella data di invio della raccomandata, coincidente con quella di consegna allufcio postale per la spedizione. Il principio si applica anche al licenziamento per comporto perch il c.d. Collegato lavoro (art. 32, comma 2) ha esteso lobbligo di impugnazione - ed i relativi termini - a tutti i casi di invalidit del licenziamento. Causa seguita da Marina Olgiati e Andrea Beretta NEL PUBBLICO IMPIEGO NON SERVE IL NULLA OSTA EX ART. 22 ST. LAV. SE IL DIRIGENTE SINDACALE SPOSTATO DI REPARTO (Tribunale di Busto Arsizio, 3 dicembre 2013, decr.) Unorganizzazione sindacale ha promosso un procedimento ex art. 28 Stat. Lav., lamentando la pretesa antisindacalit del comportamento tenuto da unazienda pubblica, consistente nellaver spostato un proprio dirigente da un reparto ad un altro, allinterno della struttura aziendale, senza aver previamente chiesto (ed ottenuto) il nulla osta di cui allart. 22 Stat. Lav.. Il Tribunale ha respinto il ricorso proposto dallorganizzazione sindacale, rilevando che - come gi affermato dalla Cassazione con sentenza 15 dicembre 2011 n. 27048 - lart. 18, quarto comma, dellaccordo quadro del 7 agosto 1998, sottoscritto anche dal sindacato ricorrente, richiede il nulla osta unicamente per il caso di trasferimento di sede del dirigente, con conseguente mutamento del luogo di lavoro e non anche nel caso di mero spostamento di reparto del medesimo, allinterno della stessa struttura aziendale. Il Tribunale ha, altres, precisato che tale conclusione coerente con quanto stabilito dal previgente art. 18, primo comma, Stat. Lav.; ci in quanto detta norma - nel far riferimento alla possibile presenza di pi unit produttive nellambito di uno stesso Comune - palesava che, per unit produttiva, si deve intendere lintero ed unico luogo in cui si trova lazienda e non un singolo reparto della medesima, come erroneamente preteso dal sindacato ricorrente. Causa seguita da Stefano Beretta ART. 18 SECONDO LA RIFORMA FORNERO: LA SUSSISTENZA DEL FATTO COMPRENDE LA SUA ANTIGIURIDICIT E IMPUTABILIT AL LAVORATORE (Tribunale di Milano, ordinanza del 5 dicembre 2013) Lart. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori, come modicato dalla riforma Fornero, prevede la reintegrazione - in ipotesi di licenziamento disciplinare - solo se il fatto addebitato non sussiste, oppure quando il CCNL di categoria dispone, per tale illecito, una sanzione conservativa. La sussistenza delladdebito presuppone laccertamento sia della materialit della condotta contestata, che della sua antigiuridicit e imputabilit al lavoratore. Il concetto di condotte punibili con sanzioni conservative ha una connotazione rigida, per cui il licenziamento pu ritenersi illegittimo solo laddove, per lo specico fatto commesso, prevista dal CCNL una sanzione conservativa. La pretesa illegittimit del licenziamento non pu, invece, essere desunta a contrario dal fatto che il CCNL non prevede la condotta addebitata tra quelle per cui previsto il licenziamento disciplinare.
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Lordinanza in commento ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa di un lavoratore, operante nellambito della gestione del personale, che - in presenza di colleghi di reparto - ha ingiuriato un dipendente denendolo alcolista, contestandogli di aver chiesto assistenza ad una organizzazione sindacale per impugnare una sanzione disciplinare (peraltro, pacicamente illegittima) ed esplicitando lintenzione di cercare ogni cavillo possibile per licenziarlo. Tale comportamento, oltre che materialmente commesso, senzaltro qualicabile come una violazione degli obblighi di legge e di contratto, imputabile al lavoratore perch posto in essere con coscienza e volont, e persino con premeditazione. In particolare, lordinanza ha evidenziato che lepiteto alcolista offensivo, oltre che riconducibile ad un dato sensibile, e per nulla giusticabile in relazione a problemi di dipendenza avuti nel lontano passato e ormai risolti. Tanto pi se tali problemi sono noti al lavoratore licenziato perch, operando nellambito della gestione del personale, se ne era occupato per gestire una richiesta di aspettativa non retribuita per ragioni di salute. Causa seguita da Salvatore Trir e Tommaso Targa

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A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella

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OSSERVATORIO SULLA CASSAZIONE


LINSUBORDINAZIONE NON LEGITTIMA IL LICENZIAMENTO SE UNA REAZIONE AL PRESSING DEL DATORE Con sentenza n. 589 del 14 novembre 2013 la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva abbandonato il posto di lavoro dopo un diverbio con la security, originato dal sospetto di un furto di beni aziendali. Nel caso di specie, il lavoratore era gi stato licenziato per un sospetto furto ed era stato riassunto a seguito di una conciliazione della controversia da lui instaurata per limpugnazione del licenziamento. Successivamente, il lavoratore - che svolgeva mansioni di caposquadra - si trovato ad essere soggetto ai controlli interni da parte dei suoi ex sottoposti, entrati a far parte della sicurezza interna. Con specico riferimento ai fatti di causa, accaduto che la sirena di segnalazione si sia attivata al passaggio del lavoratore, che aveva indosso solo un piccolo marsupio; la security ha chiesto al lavoratore di poter effettuare una perquisizione, posto che lazienda produce piccoli meccanismi di precisione, che ben potevano essere nascosti in un borsello; il lavoratore si per allontanato senza consentire lispezione. La sanzione del licenziamento stata tuttavia ritenuta sproporzionata, nonostante lesistenza di precedenti sanzioni disciplinari per abbandono del posto di lavoro e per utilizzo personale del computer aziendale. LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER OMESSA COMUNICAZIONE DEL DOMICILIO TEMPORANEO Con sentenza n. 27057 del 3 dicembre 2013 la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore (per assenza ingiusticata), che non aveva comunicato il suo domicilio durante lassenza per ferie. Nel caso di specie, il lavoratore era stato richiamato in servizio durante lassenza per ferie e tale comunicazione era stata inviata presso il suo domicilio; poich il lavoratore si trovava in altra localit, non aveva ricevuto la predetta comunicazione ed era stato quindi licenziato. La Corte di Cassazione ha confermato lillegittimit del licenziamento, rilevando che - contrariamente a quanto accade durante il periodo di malattia (in cui, peraltro, il datore di lavoro ha diritto di disporre una visita scale) - stante la natura costituzionalmente tutelata del bene, ivi compresa lesigenza di privacy, durante il legittimo godimento delle ferie (che il lavoratore libero di godere, salve differenti pattuizioni, secondo le modalit e nelle localit che ritenga pi congeniali al recupero delle sue energie psicosiche), egli non obbligato a comunicare la sua destinazione, in quanto un siffatto obbligo costringerebbe il lavoratore - che, magari, potrebbe trovarsi in viaggio - non solo a far conoscere i suoi spostamenti, ma anche ad una gravosa attivit di comunicazione formale, magari anche giornaliera, dei suoi spostamenti. LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E DEMANSIONAMENTO Con sentenza n. 902 del 17 gennaio 2014 la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusticato motivo oggettivo di un dipendente che aveva subito, nel corso del tempo, un progressivo demansionamento. Nella fattispecie esaminata, il lavoratore - che, in precedenza, svolgeva le funzioni di responsabile del personale e della qualit - aveva subito un progressivo demansionamento, in quanto le mansioni svolte erano state assegnate ad un altro collega nonch ad una serie di lavoratori precari, assunti con la generica motivazione dellapertura di nuovi mercati. Pertanto, stato accertato non solo che la soppressione della posizione era stata artatamente preordinata dal datore di lavoro, ma, altres, che non si era vericata alcuna contrazione dellattivit commerciale, considerato che lazienda aveva continuato ad effettuare assunzioni anche successivamente al licenziamento del dipendente.
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Civile, Commerciale, Assicurativo


LE NOSTRE SENTENZE
LACQUIESCENZA DELLASSICURATO ALLILLECITO DELLAGENTE ESCLUDE LA RESPONSABILIT SOLIDALE DELLASSICURATORE (Tribunale di Lecco, 3 dicembre 2013)
Un assicurato citava in giudizio una compagnia di assicurazione lamentando lillecita appropriazione da parte di un suo agente dei premi versati per la stipulazione di polizze che non risultavano ritualmente emesse chiedendo, ex art. 2049 c.c., il risarcimento dei danni commisurati ai premi versati per la stipulazione delle polizze. In relazione, poi, ad unaltra polizza, che invece la compagnia non contestava, chiedeva il pagamento del controvalore dei premi asseritamente versati e solo parzialmente riconosciuti dallassicuratore. La Compagnia si difendeva sostenendo che tra lassicurato e lagente era intercorso un parallelo rapporto privato nellambito del quale le due parti si scambiavano vicendevolmente somme di denaro per ragioni estranee al contratto assicurativo. Tale rapporto parallelo era dimostrato sia dallesistenza di note manoscritte dellagente, riportanti il tasso di interesse che gli investimenti posti in essere avrebbero dovuto fruttare, sia da una serie di assegni, emessi da terzi soggetti e consegnati dallagente allattore, che non avevano nessun nesso con le polizze sottoscritte e che erano, quindi, privi di legittima causale. Inoltre, in relazione alle polizze artefatte - che erano state sottoscritte dallassicurato successivamente alla loro decorrenza - lassicurato non aveva ricevuto dalla compagnia i regolari rendiconti che invece riceveva in relazione alle polizze validamente emesse; tale anomalia era stata inspiegabilmente tollerata dallattore. Il Tribunale, valutate le suddette circostanze, riteneva che lassicurato fosse consapevole ed acquiescente al fatto che lagente, dietro il paravento dellagenzia - ed alloscuro della compagnia - proponeva e stipulava operazioni nanziarie che nulla avevano a che fare con le polizze - false - che erano state sottoscritte dallassicurato. Di conseguenza il Giudice, seguendo la linea di recente enunciata dalla Cassazione (n. 8236/12), respingeva le domande dellattore, ribadendo il principio per cui il nesso di occasionalit necessaria tra lillecito dellagente e le mansioni dallo stesso svolte nellambito del mandato conferito dalla Compagnia (presupposto perch si possa affermare la responsabilit oggettiva dellassicuratore) viene meno allorquando emerga una situazione di consapevole cooperazione o di fattiva acquiescenza del danneggiato allillecito commesso dallagente. Sul piano strettamente probatorio, il Giudice rilevava altres la carenza della prova del danno, ritenendo che essa non possa essere fornita dalle sole quietanze di pagamento sottoscritte dallagente, che sono imputabili al solo agente, se la sottoscrizione dellassicuratore sul modulo utilizzato per la quietanza riprodotta a stampa e non olografa. Con riferimento alla domanda relativa alla polizza validamente emessa (e riconosciuta dalla compagnia) il Giudice, seguendo le difese della convenuta, respingeva la domanda in quanto la stessa semmai - doveva essere formulata entro i canoni della responsabilit per inadempimento contrattuale e non ai sensi dellart. 2049 c.c. Causa seguita da Bonaventura Minutolo e Francesco Torniamenti
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Assicurazioni!
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano

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AGENZIA - PRIVILEGIO

La disposizione di cui all'art. 2751-bis, numero 3), cod. civ., inserito dall'art. 2 della legge 29 luglio 1975, n. 426 (Modicazioni al codice civile e alla legge 30 aprile 1969, n. 153, in materia di privilegi) - secondo la quale Hanno privilegio generale sui mobili i crediti riguardanti: [...] 3) le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l'ultimo anno di prestazione e le indennit dovute per la cessazione del rapporto medesimo -, deve essere interpretata, in conformit con l'art. 3 Cost. ed in sintonia con la ratio dello stesso art. 2751-bis cod. civ., nel senso che il privilegio dei crediti ivi previsto non assiste i crediti per provvigioni spettanti alla societ di capitali che eserciti l'attivit di agente. (Cassazione Sez. Unite, 16 dicembre 2013, n. 27986) Nei contratti di assicurazione a premio variabile, analoghi a quello di specie, l'obbligo dell'assicurato di comunicare periodicamente all'assicuratore le variazioni dei dati rilevanti ai ni dell'integrazione del premio costituisce oggetto di un'obbligazione civile diversa da quelle indicate nell'art. 1901 c.c., il cui inadempimento non comporta l'automatica sospensione della garanzia, ma pu giusticare un tale effetto, cos come la risoluzione del contratto, solo in base ai principi generali in tema di importanza dell'inadempimento e di buona fede nell'esecuzione del contratto. (Cassazione, 19 dicembre 2013, n. 28472) Va esclusa la possibilit di qualicare il cosiddetto cordolo come anomalia della pista da sci: sia in quanto normale e naturale risultato della stessa attivit di individuazione, sulla pendice innevata, di una pista destinata ad essere percorsa con gli sci; sia in quanto immediatamente percepibile, dai fruitori, come componente e delimitazione della pista stessa; sia in quanto strutturalmente e originariamente privo di ogni destinazione protettiva dei fruitori della pista o di prevenzione della loro fuoriuscita da questa. Va allora valutato come di per s solo idoneo ad escludere il nesso eziologico tra l'evento idoneo a produrre il danno e la colpa - soprattutto se grave - del danneggiato nell'utilizzo della cosa secondo un criterio di normale prudenza, dovendo quest'ultima necessariamente rapportarsi alle condizioni in cui normale aspettarsi che si trovi la cosa stessa in rapporto alla sua struttura ed alla sua destinazione o funzione. (Cassazione, 20 dicembre 2013, n. 28616)

CONTRATTO DI
ASSICURAZIONE A PREMIO VARIABILE SOSPENSIONE DELLA GARANZIA

RESPONSABILIT DA
COSE IN CUSTODIA

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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera

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MAXI MULTE PER DIPENDENTI IN NERO E MANCATA CONCESSIONE DI RIPOSI SETTIMANALI


Il Decreto Legge 23 dicembre 2013 n. 145, pubblicato nella Gazzetta Ufciale del 23 dicembre 2013 ribattezzato anche Decreto Destinazione Italia contiene, fra gli altri, un notevole inasprimento delle sanzioni a carico delle imprese che si rendano responsabili di mancata regolarizzazione dei rapporti di lavoro con i dipendenti o del non rispetto dei riposi settimanali periodici. Nel medesimo decreto si previsto che i maggiori importi derivanti dallaumento delle sanzioni di cui tratteremo tra breve, siano destinati al nanziamento delle misure, anche di carattere organizzativo ed economico, poste in essere dalle Direzioni Territoriali del Lavoro, con lo scopo di rendere pi incisive le attivit di vigilanza in materia di contrasto del lavoro sommerso, nonch di prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza. Nel dettaglio, stabilito che le sanzioni introdotte dallarticolo 3 del D. L. del 2002 (convertito nella legge n. 73/2002), nonch le somme aggiuntive di cui allarticolo 14 co. 4 lettera c) D. L.vo n. 81/2008, siano aumentate del 30%. Si tratta dei casi in cui viene accertato limpiego di personale senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, nonch delle somme aggiuntive (rispetto allapplicazione delle sanzioni penali, civili e amministrative) applicate in caso di violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro ed a fronte del riscontro di impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria. A seguito di tali inasprimenti, per ogni accertamento di impiego di dipendente in nero, le sanzioni passano ora da un minimo di Euro 1.950,00 ad un massimo di Euro 15.600,00. Inoltre, sale ad Euro 1.950,00 la sanzione che segue alla chiusura dellattivit, qualora pi di un terzo dei dipendenti risulti nella predetta situazione di irregolarit. E ancora, la nuova disciplina ha precisato che, nelle ipotesi di impiego dei lavoratori subordinati senza preventiva regolare comunicazione della instaurazione del rapporto di lavoro, non sar applicabile la procedura di difda di cui al D. L.vo n. 124 del 2004 (in base al quale il personale ispettivo che rilevava linosservanza delle norme di legge o di contratto collettivo provvedeva a difdare il trasgressore e leventuale obbligato in solido alla regolarizzazione dellinosservanza, materialmente sanabile entro il termine di trenta giorni dalla data di noticazione del verbale di accertamento). Ancor pi grave stato linasprimento delle sanzioni amministrative (ora decuplicate) di cui ai commi 3 e 4 dellarticolo 18 bis del D. L.vo n. 66 del 2003, in presenza di violazione delle norme sulla durata media settimanale dellorario di lavoro (che per ogni periodo di 7 giorni, non pu superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario) ed in caso di mancato godimento dei riposi. Si ricorda che la durata media dellorario deve essere calcolata con riferimento ad un periodo non superiore a 4 mesi (salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva).

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Orbene, la violazione dei limiti sulla durata media ora punita con la sanzione amministrativa base che va da un minimo di Euro 1.000,00 ad un massimo di Euro 7.500,00 per ogni lavoratore e per ciascun periodo in cui si verica la violazione. La stessa sanzione si applica in ipotesi di non osservanza del periodo di riposo di 24 ore consecutive ogni sette giorni. Per quanto concerne la disciplina riguardante il diritto, per ogni lavoratore, ad almeno 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, la violazione sanzionata da un minimo di Euro 500,00 ad un massimo di Euro 1.500,00. Tutte le predette sanzioni sono ulteriormente incrementate nel caso in cui lillecito si riferisca a pi di 5 ed a pi di 10 lavoratori, ovvero a pi periodi di riferimento previsti dalla normativa. Nel medesimo decreto previsto che il Ministero del Lavoro possa aumentare la dotazione organica del personale ispettivo di 250 unit; inne stata introdotta una pi stringente forma di coordinamento da parte del Ministero, con la nalit di assicurare un pi razionale impiego del personale ispettivo e superare la problematica concernente la sovrapposizione di interventi ad opera di diversi Organi Ispettivi (Ministero del Lavoro, INPS, INAIL). Da segnalare che dette disposizioni sono state oggetto di critica ad opera dellAssociazione Nazionale degli Ispettori di vigilanza dellINPS, secondo cui laumento delle sanzioni dovrebbe essere soprattutto mirato a colpire i casi di recidiva comportamentale dellazienda. Inoltre, potrebbe porsi un conitto di interessi, con rischio di incostituzionalit di quelle norme che destinano i maggiori introiti delle sanzioni a vantaggio dei soggetti che comminano le medesime, in quanto ci pregiudicherebbe limparzialit dellazione della Pubblica Amministrazione.

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Milano, 13 Febbraio 2014 Convegno Optime: La gestione delle eccedenze !di personale GLI STRUMENTI CONSERVATIVI!DEL RAPPORTO DI LAVORO Il trasferimento e il distacco Trasferimento e distacco: nozioni e differenze Il quadro legale e i principali orientamenti giurisprudenziali Il regime sanzionatorio e le conseguenze per le imprese in caso di violazioni I contratti collettivi nazionali e aziendali Relatore: Avv. Giacinto Favalli PROGRAMMA

Archivio Convegni:
Firenze, 27 Gennaio 2014 Meeting Nazionale FIPE Federazione italiana pubblici esercizi Avv. Stefano Beretta

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Rassegna Stampa

Corriere della Sera: 23/01/2014 Interventi & Repliche Lavoro: il Jobs Act Lettera di Salvatore Trir Diritto24! Il Sole 24 Ore: 17/01/2014 I 270 giorni ex L. 183/2010 per il deposito del ricorso decorrono dal 24.11.2010 per i licenziamenti intimati prima di tale data di Marina Tona e Francesco Chiarelli Diritto24! Il Sole 24 Ore: 13/01/2014 Maxi multe per dipendenti in nero e mancata concessione di riposi settimanali di Vittorio Provera JOB24 Il Sole 24 Ore: 08/01/2014 Job Act. Il contratto unico: di che cosa si parla? Videointervista a Tommaso Targa Highlights T&P 2013 A cura di Trir & Partners Avvocati Dossier Lombardia il Giornale: Dicembre 2013 Se la riforma frena la crescita Intervista a Salvatore Trir Diritto24! Il Sole 24 Ore: 20/12/2013 Il lavoratore promuove lazione oltre il termine di decadenza, con motivi pretestuosi: condannato per lite temeraria di Damiana Lesce e Valeria De Lucia

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