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PRIMO CONGRESSO PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

La conferma di una scelta. Contro il governo Prodi e il trasformismo delle sinistre


RELAZIONE INTRODUTTIVA di Marco Ferrando Cari compagni, care compagne, siamo giunti qui, al Congresso Fondativo del Partito Comunista dei Lavoratori, a coronamento di un anno e mezzo di intenso lavoro politico. Un anno e mezzo difficile, faticoso, come tutti noi ben sappiamo, ma che ha visto confermate, nella forma pi clamorosa, tutte le ragioni della nostra scelta. Un anno e mezzo fa, alla vigilia della nostra rottura col PRC, e quindi del suo ingresso al governo, mentre il gruppo dirigente di quel partito annunciava sui muri di tutta Italia che lItalia sarebbe cambiata davvero; mentre le future sinistre critiche chiedevano lappoggio esterno al governo, da influenzare con il movimento, noi, controcorrente, dichiaravamo che lannunciato governo Prodi avrebbe rappresentato il blocco dominante delle grandi imprese e delle banche, formulando una previsione precisa , che cito : il programma dellannunciato governo risponde pienamente al programma di Confindustria. Il progetto di riduzione di 5 punti del cuneo fiscale, mira a travasare alle imprese e ai loro profitti un enorme mole di risorse. Il combinarsi della nuova offerta alle imprese di decine e decine di miliardi con la riduzione del debito pubblico ed il rilancio dellavanzo primario, ha una sola e unica conclusione: una nuova stagione di attacco allo stato sociale, di rinunce, di sacrifici per i lavoratori. Le classi dirigenti del Paese chiedono al PRC non solo di corresponsabilizzarsi a quel programma, ma anche di controllare le reazioni sociali a quel programma*+. Lunica scelta possibile dei comunisti, per noi irrinunciabile, quella dellopposizione (11 febbraio 2006) Per aver detto questo, da soli, in innumerevoli sedi interne ed esterne al PRC, fummo oggetto di attacchi pesanti e talvolta di sarcasmo. Oggi, milioni di lavoratori hanno sperimentato sulla propria pelle, per un anno e mezzo, la cruda verit di quella previsione. E del resto, se solo volessimo restare per un attimo alla superficie della cronaca di questi mesi, e persino degli ultimi giorni, potremmo dire a noi stessi che quando vediamo un Presidente del Consiglio che nella conferenza stampa di fine anno ostenta candidamente i propri doni di Natale alle grandi imprese senza che nessuno a sinistra muova, non dico uno scandalo, ma neppure un appunto ; quando vediamo un Oliviero Diliberto che evoca la salma di Lenin mentre continua a votare le missioni di guerra del proprio imperialismo; quando vediamo un Fausto Bertinotti, gi laudatore della Folgore, che negozia con Berlusconi leggi elettorali reazionarie e presenta le encicliche di Papa Ratzinger ( proprio mentre la sua alleata Binetti, su ispirazione di Dio, vota contro i diritti degli omosessuali) beh, lasciatemelo dire, abbiamo non solo la conferma plastica delle nostre scelte, ma per ci stesso la distanza politica e persino morale che ci separa dall Unione e dalle sinistre in essa coinvolte. Ma noi non abbiamo voluto e non vogliamo restare in superficie. Perch le ragioni del nostro nuovo partito non stanno semplicemente nellopposizione a Prodi, ma hanno le loro radici in ventanni di storia italiana e nel richiamo esemplare di quei ventanni al bilancio dellintero Novecento. In questi ventanni, molto cambiato nel mondo, in Europa e di riflesso in Italia. Il crollo del muro di Berlino, e dunque il crollo dello stalinismo, con limpetuosa restaurazione del capitalismo ad est. La nascita dellUnione Europea, dentro la nuova competizione mondiale. La riorganizzazione profonda del capitalismo italiano economica, politica, istituzionale inseparabile dal nuovo contesto internazionale. E qui, in questa svolta depoca, maturata quella profonda ricomposizione della sinistra italiana e dei suoi assetti di rappresentanza, che proprio oggi sta completando la propria parabola. La larga maggioranza della burocrazia dirigente del PCI che dopo l89 si liber in fretta e furia della zavorra ingombrante del vecchio partito per scalare un governo borghese divenuto finalmente accessibile, conclude il proprio tragitto ventanni dopo nel partito delle imprese di Walter Veltroni: quel partito democratico allamericana che fa dellintrattenimento (persino telefonico) con vecchi e nuovi faccendieri della finanza la sua nuova vocazione.

Parallelamente, un PRC nato formalmente come cuore dellopposizione al maggioritario, alla concertazione, allEuropa di Maastriicht, ma senza bilancio della storia, senza principi, senza rottura col riformismo, come pura occupazione di uno spazio politico ed elettorale rimasto scoperto, ha concluso il proprio tragitto, dopo infinite giravolte, nel governo dei sacrifici e della guerra, nellabbraccio arcobaleno con Pecoraro Scanio e Mussi, quale aspirante vassallo del Partito Democratico. Storie diverse, certo, ma correlate tra loro; e che non solo sono tutte corresponsabili, come poi dir, delle sconfitte dei lavoratori e dei movimenti, ma che hanno costruito e accelerato proprio dentro la sconfitta operaia, la propria mutazione progressiva, il proprio trasformismo. Con effetti enormi di disorientamento, crisi, abbandono presso grandi masse del popolo della sinistra. Ebbene, non c rimonta da quella sconfitta, non c ricostruzione di una prospettiva alternativa del movimento operaio se non con la ricostruzione di unaltra sinistra italiana, di unaltra direzione. Che nasca dalla rottura totale con la socialdemocrazia, con lo stalinismo, con la loro deriva. Questo il senso del Partito Comunista dei Lavoratori. Questa la ragione che ha sospinto la lunga battaglia politica che ha accompagnato la sua formazione. Il PCL nasce oggi, ma ha una sua storia. Non solo quella di un anno e mezzo del movimento costitutivo. Ma quella di quasi ventanni di battaglia politica contro la deriva della sinistra italiana: una battaglia controcorrente dentro lo spazio storico nuovo liberato dal crollo dello stalinismo e dallo scioglimento del PCI. Anche noi, dunque, nasciamo nella svolta depoca del fine 900. La nostra piccola storia sta nella storia pi grande del movimento operaio internazionale. Cos il nostro progetto. Quello di un partito dei lavoratori: che assume il mondo del lavoro e le sue ragioni indipendenti come propria radice sociale e scelta di campo. Quella di un partito comunista: che vuole ricondurre le rivendicazioni e le lotte del mondo del lavoro e di tutti gli oppressi ad unalternativa anticapitalistica di societ e di potere. Questo nostro progetto non astratto, ideologico, velleitario. Risponde alla necessit concreta di ricostruire una rappresentanza politica di classe indipendente, di fronte alloffensiva capitalistica contro i lavoratori e alla crisi della loro rappresentanza. Dispone di spazi concreti nelle difficolt e contraddizioni che, nonostante tutto, disseminano non solo lavanzata del capitale, ma anche la riorganizzazione delle sinistre che si pongono al suo servizio. Questo il quadro dinsieme del documento congressuale che abbiamo proposto al congresso.

La borghesia domina. La sua egemonia si riduce La borghesia italiana ha riportato affermazioni significative in questi ventanni. Sul terreno della lotta di classe, dove i morti della Tyssen-Krupp, assassinati dal capitalismo italiano, misurano tragicamente larretramento della condizione operaia; sul terreno della riorganizzazione capitalistica, attraverso la lunga rivoluzione passiva degli anni Novanta; sul terreno della politica internazionale, attraverso linserimento nella spartizione mondiale delle zone dinfluenza, e la partecipazione alla corsa verso i nuovi mercati. E proprio il quadro della nuova competizione mondiale detta lincessante offensiva sociale contro i lavoratori. Altro che la borghesia buona di Marchionne salutata da Bertinotti ! Il capitalismo italiano migliora le sue posizioni nel mondo (ed in particolare i propri profitti) sulla pelle di milioni di operai, di giovani precari, di immigrati. Il fatto che Romano Prodi, col suo ineffabile sorriso, prometta oggi qualche elemosina sociale sui salari, nel momento stesso in cui le sue finanziarie regalano in due anni 15 miliardi a imprese e banche e preservano la legge 30 di Berlusconi, solo una recita ipocrita che serve a mascherare la verit: e la verit che la borghesia italiana non ha nulla da offrire e redistribuire. E non perch in astratto le manchino le risorse, ma perch la nuova concorrenza capitalistica internazionale spinge a investire quelle risorse, ricavate dallo sfruttamento dei lavoratori, in ulteriore riduzione del debito pubblico, nuove detassazioni dei profitti, ristrutturazioni antioperaie, acquisizioni e fusioni, delocalizzazioni, cio, in altri termini, in nuovo sfruttamento. Come oggi avviene a tutte le latitudini del mondo, sotto i governi borghesi di ogni colore. Peraltro non un caso che le promesse di qualche piccola detassazione dei salari, servano oggi a coprire la nuova annunciata concertazione tra Prodi, Epifani, Montezemolo sulle cosiddette regole contrattuali: che significa, in parole povere, attaccare il contratto nazionale, prolungare la parte economica dei contratti, subordinare ancor pi i salari alla produttivit (cio allo sfruttamento ), come Prodi ha apertamente detto, dividere ancor pi e impoverire il grosso del mondo del lavoro.

N un caso se le politiche e missioni di guerra, utili al posizionamento del capitalismo italiano nel mondo, non solo vengono confermate e persino rafforzate in Libano, in Afghanistan, nei Balcani, ma ricevono una nuova pioggia di miliardi a scapito della spesa sociale e contro i diritti di autodeterminazione di altri popoli. E tuttavia la marcia offensiva della borghesia italiana si combina con due contraddizioni rilevanti. La prima la crisi di consenso. La borghesia domina pi di prima, ma si riduce la sua egemonia sulla societ italiana. La crisi di consenso non ha valore congiunturale e di superficie. Ha un carattere di fondo e una base materiale. Limpoverimento progressivo del lavoro dipendente; lespansione enorme del precariato; la proletarizzazione di ampi settori impiegatizi; lindebitamento drammatico di milioni di famiglie; e persino la crisi sociale di ampie fasce di piccola borghesia e di lavoro autonomo, hanno scavato negli anni, nel loro insieme, un fossato profondo tra la maggioranza della societ e le politiche dominanti. Questo non determina meccanicamente una radicalizzazione di lotta, ed anzi spesso si accompagna a processi di demotivazione e passivizzazione. E tuttavia accumula fascine. Gli stessi circoli dominanti manifestano una preoccupazione crescente. Se addirittura il governatore Draghi e Montezemolo, nel mentre rapinano i salari, riconoscono la questione salariale, non lo fanno certo per sensi bilit sociale, n solo perch preoccupati di un eccessivo calo dei consumi. Lo fanno anche perch temono il rischio, a distanza, di una rottura sociale. La seconda la crisi delle forme di rappresentanza politica ed istituzionale. Quindici anni fa, proprio per aggirare la crisi di consenso delle proprie politiche e la dissoluzione della vecchia DC, la borghesia appoggi leggi elettorali maggioritarie e il bipolarismo, col fine di assicurarsi formule di governo pi stabili e intercambiabili nella gestione delle politiche antioperaie, ottenendo indubbi risultati. E tuttavia i due poli dalternanza forgiati dalla storia politica di ventanni hanno accumulato contraddizioni interne esplosive, e sono oggi a pezzi. Il Centrodestra esploso, sotto leffetto dirompente di un ritorno populistico del berlusconismo che conferma lanomalia del fenomeno Berlusconi, dei suoi interessi privatistici, aziendali, di clan, della sua congenita difficolt sia a rappresentare, sia a ricomporre attorno a s un normale partito borghese conservatore. Ma anche il Centrosinistra in crisi, perch in crisi il suo blocco sociale di riferimento, come gi accadde nella sua legislatura precedente. Tenere insieme Montezemolo e i suoi operai, le banche e le famiglie indebitate, impresa improba, quando non si pu ridistribuire ricchezze. La crisi del governo Prodi e dellUnione ha, al fondo, questa radice. Il fatto che la crisi si sia approfondita proprio con la nascita di quel PD che si candidava a fattore di stabilizzazione, d la misura della sua seriet. E certo oggi, lasse tra Veltroni e Berlusconi, nel peggior mercimonio reazionario di riforme elettorali e istituzionali, non solo la conferma, al di l delle recite, della convergenza programmatica di fondo tra i partiti dominanti di Centrosinistra e Centrodestra: anche la misura della crisi del vecchio bipolarismo della seconda repubblica e della difficolt a trovare un nuovo equilibrio.

La responsabilit storica delle sinistre italiane Le contraddizioni della nuova socialdemocrazia arcobaleno Ma proprio qui stanno le enormi responsabilit delle sinistre e dei loro gruppi dirigenti in questi ventanni. Invece che investire le proprie forze nellopposizione alle classi dominanti, ai loro partiti, ai loro governi, in cuneandosi nella loro crisi politica e di consenso, le sinistre hanno fatto lopposto: hanno utilizzato quella crisi di consenso e quelle contraddizioni politiche per offrire alle classi dominanti il proprio servizio prezioso; di pi, per valorizzare limportanza, lindispensabilit, del proprio soccorso. E in tutti i passaggi pi difficili degli ultimi dieci anni, dallingresso nei parametri di Maastriicht del 96 sino allattu ale stretta sociale, quel ruolo stato davvero indispensabile per la borghesia italiana. Altro che la cosiddetta politica del meno peggio! Proprio le peggiori misure antioperaie e antipopolari del decennio hanno avuto il voto e il sostegno dei gruppi dirigenti delle sinistre: a partire dalle leggi famigerate di precarizzazione del lavoro, dal pacchetto Treu del 97 al protocollo del 23 luglio. E proprio quel sostegno stato decisivo per far passare nella societ italiana e tra le masse misure che, altrimenti, avrebbero incontrato ben altre reazioni e resistenze.

Peraltro, quando quelle reazioni e resistenze si sono prodotte, come negli anni di Berlusconi e contro Berlusconi; quando non solo la classe operaia, ma vasti movimenti di massa irruppero sulla scena per chiedere una svolta, con una potenzialit e una massa critica imponente , tutta la politica degli apparati sindacali e delle sinistre lavor a liquidare quelle potenzialit: prima privandole di una piattaforma unificante e di uno sbocco, poi subordinandole progressivamente a una nuova prospettiva di Centrosinistra, e quindi agli avversari politici e sociali di quelle lotte. In cambio di un posto al tavolo della concertazione, sul piano sindacale; e di sottosegretariati, ministeri, una presidenza della Camera, sul piano politico. Un anno e mezzo di governo Prodi lesito e il prezzo di quella svendita. Altro che una politica incoerente con le domande dei movimenti, come si attardano ad affermare le sinistre critiche! E una politica che ha usato i movimenti per una scalata ministeriale e istituzionale contro i movimenti. Che ha usato le lotte e i voti degli operai per portarli in dote a Confindustria. Che ha usato le lotte e i voti dei pacifisti per portarli in dote alle missioni di guerra. Che ha usato le lotte e i voti dei giovani no global per avere De Gennaro al Viminale e decenni di galera per i manifestanti di Genova e di Cosenza. E certo Carlo Giuliani non avrebbe mai pensato che le sue lotte e persino il suo sacrificio avrebbero potuto essere un giorno usati e traditi per un governo nemico delle attese e delle ragioni di tanta parte della sua generazione. Questa dunque la natura reale dei gruppi dirigenti della sinistra italiana. Non una sinistra che sbaglia nella ricerca di un altro mondo possibile. Ma una sinistra che opera come agenzia delle classi dominanti di questo mondo capitalistico allinterno delle classi subalterne. La Sinistra Arcobaleno non altro che la nuova veste arlecchino, certo appropriata, di questo ruolo. La sua cancellazione di falce e martello non altro che il riflesso simbolico della cancellazione delle ragioni del lavoro. E il fatto che il Presidente della Camera voglia partorire la nuova creatura col taglio cesareo di una legge elettorale concordata a tavolino con Veltroni, anche al prezzo di governare con Berlusconi, d non solo la misura della difficolt del parto, ma anche lassenza di ogni pi elementare principio nello stesso codice genetico del nuovo soggetto. E tuttavia questo disegno, se ha un suo punto di forza, ha anche una sua debolezza. Il suo punto di forza sta nellesigenza reale del sistema borghese di disporre di un ammortizzatore a sinistra, o al governo o allopposizione. E una necessit fisiologica della democrazia borghese, tanto pi in un quadro perdurante di sacrifici sociali e di malessere operaio e popolare. Questo ruolo non pu essere pienamente assolto da un PD che ha tagliato i ponti con la vecchia socialdemocrazia DS. N pu essere interamente scaricato sulla burocrazia CGIL, attribuendole una funzione permanente di supplenza politica impropria. E un ruolo che richiede una forza politica specifica. Il progetto della Sinistra Arcobaleno ha qui la sua missione: non semplicemente quella di occupare uno spazio elettorale a sinistra del PD, ma di costruire e consolidare la funzione sociale di una nuova socialdemocrazia, come canale di integrazione e subordinazione del movimento operaio. E tuttavia questo progetto strategico si scontra con limiti e contraddizioni profonde. Non solo col groviglio di contrasti interni ai gruppi dirigenti e ai loro equilibri (che il negoziato sulla legge elettorale alimenta); n solo nella difficolt a trovare un punto di equilibro col PD o con la burocrazia CGIL. Ma in fattori di fondo che vanno al di l del contingente. In primo luogo, nella massa critica modesta della nuova costituenda socialdemocrazia: nella sua debolezza di radicamento sociale allinterno del movimento operaio e delle stesse burocrazie sindacali, che contrasta con lambizione di un ruolo di controllo dello scontro di classe come merce di scambio con la borghesia e il PD. Di certo la socialdemocrazia della seconda repubblica appare infinitamente lontana dal ruolo e dalla forza che il PC aveva nella prima. In secondo luogo, limpraticabilit di uno scambio sociale reale, di una contropartita vera, seppur modesta, da offrire alla propria base sociale, come un anno e mezzo di governo Prodi ha dimostrato impietosamente. Da qui una grande difficolt a reggere il compromesso ambito col PD. Da qui la difficolt ancora pi grande ad alimentare entusiasmo per il nuovo soggetto, a produrre un effetto di trascinamento e di identificazione in esso. La bastonata inferta al popolo del 20 ottobre e alle sue speranze col voto a favore del protocollo di luglio indicativa. Ed anzi il parto della Sinistra Arcobaleno coincide non a caso con la crisi profonda di Rifondazione Comunista, la pi acuta della sua storia politica. La nuova socialdemocrazia che si annuncia non nasce dunque col vento in poppa di una pressione di massa, ma con la zavorra della compromissione di governo, del disincanto, del distacco di migliaia di militanti, iscritti, elettori.

Il Partito Comunista dei Lavoratori come forza autonoma e alternativa

E in questo quadro generale e a fronte di questo bilancio; a fronte delloffensiva dominante, della completa capitolazione delle sinistre, delle nuove contraddizioni e dei nuovi spazi che si aprono, che ci siamo assunti la responsabilit di costituire il Partito Comunista dei Lavoratori, in coerenza con un lungo percorso. A differenza di altri, come Sinistra Critica, che dopo aver sostenuto per sei anni il bertinottismo, dopo aver votato 22 volte la fiducia al governo Prodi, dopo aver disertato sino al 9 Giugno tutti gli appuntamenti di piazza dellopposizione, oggi abbandonano la nave di Rifondazione che affonda ( salvo non fare un partito ); noi, che per 15 anni abbiamo combattuto il gruppo dirigente del PRC, noi che per un anno e mezzo abbiamo agito allopposizione (anche allopposizione di finanziarie di sacrifici e di guerra che altri votavano), noi facciamo un partito. Perch il problema non fuggire dalla vecchia nave per salvare la propria scialuppa. Il problema costruire una nuova nave per il movimento operaio, una nuova rotta, un nuovo progetto. E di costruirlo ora, nel momento della nuova riorganizzazione generale della sinistra italiana, nel momento di massimo scollamento tra quella sinistra e la sua base sociale. Per questo diamo vita al nostro partito. Non un ennesimo partito in vendita sul mercato, ma un partito autonomo, estraneo al bipolarismo, alternativo allintero ordine dominante, impegnato in ogni lotta a difendere lautonomia dei lavoratori e dei movimenti, impegnato a portare in ogni movimento presente, come affermava Marx, il futuro del movimento operaio. Ossia la prospettiva socialista. Questo il partito che manca da troppo tempo nella lunga storia del movimento operaio italiano. Non sono certo mancati in questa lunga storia grandi movimenti e potenzialit radicali: penso al moto della Resistenza; allascesa di massa del 68 -69; su scala diversa, agli stessi movimenti di massa degli ultimi anni. Ci che mancato un partito che, in quelle lotte, sapesse costruire una prospettiva indipendente allaltezza delle loro potenzialit. Col risultato che le immense energie e generosit di quelle generazioni sono state usate e piegate, da vecchi e nuovi apparati, per scopi e ragioni totalmente contraddittori con le loro domande. In altri termini, sono state tradite. La costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori vuol essere la risposta a questo bilancio. Vuol essere un investimento decisivo nel futuro delle lotte e dei movimenti delle nuove generazioni, per evitare che rivivano le sconfitte delle generazioni precedenti. Quando diciamo costruiamo una sinistra che non tradisca, non evochiamo uno slogan. Descriviamo esattamente il nostro impegno: quello di ripartire da un quadro di principi saldi, quegli stessi principi di fondo sui quali nacque il Partito Comunista dItalia delle origini, il partito di Lenin e dellOttobre: lopposizione alle classi dirigenti e ai loro governi; la volont di connettere gli obiettivi immediati alla prospettiva socialista; il respiro internazionale della nostra azione e costruzione. Perch non si pu costruire nulla di serio in una prospettiva storica, nulla capace di durare, nulla allaltezza delle nuove sfide, se non si costruisce sul granito. E non si costruisce sul granito se non si recupera la fermezza dei principi e dei fini, la lealt politica e morale verso la propria classe e il suo futuro. Qui sta lautonomia e lunicit del nostro partito nella sinistra italiana. Il nostro impegno a tenere la barra, la nostra volont di rompere definitivamente con quella lunga tradizione dellopportunismo che gi Engels cos definiva oltre un secolo fa: la dimenticanza delle grandi questioni di principio di fronte agli interessi passeggeri del giorno Da qui la volont del PCL di presentarsi pubblicamente ovunque, davanti ai cancelli delle fabbriche, come alle prossime elezioni, amministrative, politiche, europee per quello che semplicemente siamo, senza infingimenti o autocensure: con quel simbolo do falce e martello che non per noi n la copertura a termine di una doppiezza n unimprovvisazi one elettoralistica, ma labito naturale delle ragioni e delle origini, pi attuali oggi che mai : le ragioni del lavoro e del socialismo.

La battaglia di massa per la rottura con la borghesia Contro ogni logica minoritaria Al tempo stesso la nostra autonomia non e non sar isolamento. Confondere il rigore dei principi con lautorecinzione, sarebbe non solo dannoso per la nostra costruzione, ma profondamente contrario proprio alla natura del nostro programma. Lautonomia del PCL vuol essere infatti al servizio dellindipendenza di classe e di una politica di massa. Vuol essere lo strumento per affermare in ogni lotta, in ogni movimento, tra le masse, lesigenza della rottura con le classi dominanti: il concetto di fondo secondo cui solo rompendo con la borghesia, i suoi partiti, i suoi governi; solo unendo le proprie forze attorno a un proprio programma indipendente, le grandi masse possono costruire uno sbocco per le proprie ragioni di fondo ed anche strappare risultati parziali; e viceversa: senza quella rottura, senza una propria indipendenza, ogni lotta,

ogni movimento, per quanto grandi, sono condannati alla subordinazione e alla sconfitta. E questa la lezione degli ultimi ventanni e dellintera storia del movimento operaio. Qui sta il senso della nostra parola dordine centrale di polo autonomo di classe anticapitalistico. Non un cartello delle attuali sinistre di opposizione a Prodi, o la nostra pratica unitaria con queste sinistre su obiettivi comuni di lotta (pratica che abbiamo attuato e attuiamo lealmente in funzione dello sviluppo del movimento). E una linea politica di massa rivolta alle classi subalterne di questo Paese. E una linea di lotta per legemonia, fuori da ogni minoritarismo. Proprio perch siamo rivoluzionari non confondiamo il nostro ombelico col mondo. Altre culture e tradizioni, genericamente antagoniste e/o centriste, possono scambiare spesso i propri desideri per la realt, e nutrirsi della propria autorappresentazione amplificata e retorica per cui un movimento in cui sono egemoni, diventa il movimento; un proprio sindacato di riferimento, per quanto limitato, diventa il sindacato (o addirittura il soggetto politico onnicomprensivo sostitutivo del partito); una propria azione di sciopero, positiva ma parziale, diventa lo sciopero generale. (Concezioni peraltro che spesso esprimono una totale incomprensione dei rapporti di forza reali con le sinistre di governo e i loro apparati). Ma un partito che lotta per la rivoluzione sociale ha e deve avere la misura della realt, della distanza che oggi separa la coscienza delle masse da quella prospettiva, e del divario tra la propria piccola forza e il ruolo decisivo di quelle grandi masse. Per questo non ci limitiamo a stare nei movimenti. Ma lavoriamo e dovremo lavorare in ogni movimento per unificare il fronte di classe, sviluppare la sua coscienza politica, liberare le masse e innanzitutto la loro avanguardia dal controllo o dallinfluenza di vecchi e nuovi apparati. In una parola: per conquistare la maggioranza della classe e innanzitutto la sua avanguardia ad una prospettiva anticapitalista, con un lavoro quotidiano e paziente di intervento e di radicamento.

La centralit della classe operaia La proposta della vertenza generale In primo luogo nella classe operaia. Contro tutte le ideologie e i vaniloqui che in tanti anni e da tante parti si sono affrettati a sentenziarne la scomparsa o la marginalit, resta un fatto inequivocabile: la classe operaia non solo esiste, ma cresce. Si estende in Italia il lavoro dipendente. Si accresce persino la classe operaia industriale. E nonostante i drammatici arretramenti, la precarizzazione dilagante e i processi di demoralizzazione, quello resta, anche in termini soggettivi, il principale crinale di contraddizione con le politiche dominanti. Cosa significa se un milione di operai dice no al protocollo del 23 luglio, nonostante il carattere burocratico e truffaldino della consultazione? Cosa significa se quel milione si concentra in primo luogo in quelle grandi fabbriche che hanno fatto la storia del movimento operaio e sindacale italiano, a partire da tutti gli stabilimenti della FIAT? Significa che contro tutti i ricercatori vecchi e nuovi, di nuove centralit sostitutive e di nuovi surrogati, la contraddizione tra capitale e lavoro si ripropone come perno centrale dello scontro. Senza partire da qui non si ricostruisce unopposizione reale e di massa. Tanto meno si ricostruisce un pi ampio blocco sociale alternativo. Qui sta la nostra proposta di una vertenza generale unificante del mondo del lavoro. Sono decenni che la classe operaia italiana privata di una piattaforma di lotta indipendente. E sono decenni che essa subisce sulla propria pelle il negoziato sulle piattaforme padronali, senza che nessun soggetto politico e sindacale, anche tra le forze anticoncertative, avanzi una proposta reale di ricomposizione e di svolta. Noi ci proviamo. Quando rivendichiamo una piattaforma generale che combini consistenti aumenti salariali, labolizione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, il salario garantito ai disoccupati che cercano lavoro e ai giovani in attesa di prima occupazione, il ritorno della previdenza a ripartizione; quando indichiamo la fonte di finanziamento di queste misure nelle tasche e nei portafogli di chi non ha mai pagato (a partire dai grandi profitti, dalle grandi rendite, dai grandi patrimoni), non facciamo una lista letteraria della spesa, n proponiamo una nuova politica economica a qualche simposio intellettuale. Avanziamo una proposta generale di lotta che tracci una linea di ricomposizione, nellazione, tra loperaio, il precario, il disoccupato, limmigrato, le grandi masse del Meridione, con la consapevolezza che tanto pi oggi, tanto pi nel quadro di una crisi sociale che ha diviso, frammentato, indebolito il mondo del lavoro, solo una lotta generale pu ricomporre la sua unit; solo una lotta generale pu replicare allaggressione del capitale contro i lavoratori, al livello attuale dello scontro; solo una lotta generale pu dare un riferimento vero, oltretutto, non solo a milioni di giovani precari o disoccupati, ma anche a quasi 3 milioni di lavoratori immigrati, arabi, senegalesi, albanesi,

rumeni, altrimenti destinati non solo al supersfruttamento della marginalit, del ricatto odioso delle espulsioni e delle vessazioni poliziesche, ma ad essere usati cinicamente contro i lavoratori italiani, come strumento di divisione sociale, o come pretesto di campagne politiche contro i diritti di tutti. Certo non siamo noi, con le nostre sole forze, a poter determinare una vertenza generale unificante del mondo del lavoro. Ma possiamo e dobbiamo batterci in ogni movimento e in ogni lotta per avanzare questa prospettiva. Perch se le sinistre di governo hanno il mandato di disinnescare il conflitto e dividere i lavoratori, il nostro partito investe, al contrario, nella prospettiva di unesplosione sociale generale, concentrata e radicale. Lunica che possa ribaltare i rapporti di forza e dischiudere dal basso uno scenario nuovo. E proprio la crisi diffusa di consenso verso le politiche dominanti, nonostante le immense difficolt, fornisce una base oggettiva a questa nostra proposta.

Limpostazione della nostra battaglia sindacale Questo il senso del nostro stesso lavoro sindacale, su cui svilupperemo dopo il congresso, uno specifico approfondimento. Il lavoro sindacale dei comunisti non una sfera separata, parte di una battaglia di massa tesa a conquistare la maggioranza della classe ad una prospettiva politica indipendente. Per questo non ci identifichiamo, come PCL, in questo o quellaltro sindacato. Ci identifichiamo in un progetto politico complessivo da condurre in tutti i sindacati. In tutti i sindacati in cui i nostri compagni sono collocati, nella CGIL, nella CUB, nello SDL, tra i COBAS, nello SLAI-COBAS, portiamo avanti la nostra proposta di indipendenza e unificazione del fronte di classe: in primo luogo contro la politica della burocrazia sindacale, e della CGIL in particolare, che porta tra i lavoratori gli interessi del capitalismo italiano; ma anche contro ogni logica che subordini lo sviluppo e la radicalizzazione del movimento di lotta allinteresse conservativo, reale o presunto, di questa o quellaltra sigla o componente. Con questo metodo ci siamo battuti e ci battiamo per lunit dazione di tutte le forze del sindacalismo di classe, ovunque collocate, come in occasione degli scioperi generali contro le finanziarie del governo Prodi o il protocollo di luglio. Con questo metodo abbiamo proposto una grande assemblea nazionale dei delegati del NO al protocollo come momento di autorganizzazione democratica e di unificazione dellavanguardia sociale, per consentire a quel milione di lavoratori che si opposto allaccordo non solo di contrastare la svendita parlamentare del loro no, ma di porsi come soggetto di riferimento di pi vaste masse, di definire finalmente una propria piattaforma e una propria proposta di lotta da rivolgere allinsieme del movimento operaio, provando ad aprire una pagina nuova. Ed significativo, lasciatemelo dire, che mentre questa proposta stata accolta e rilanciata da settori limitati ma preziosi dellavanguardia operaia (dal comitato del NO della FIAT di Cassino al comitato del NO del porto di Genova, passando per le avanguardie delle meccaniche FIAT di Mirafiori ) quella proposta elementare stata invece respinta o ignorata, non solo com ovvio dalle sinistre di governo, da subito protese alla svendita, ma anche dallinsieme delle sinistre critiche o antagoniste: ognuna in realt preoccupata non di unire e sviluppare il movimento reale, ma di difendere prioritariamente la propria rendita di posizione dal movimento reale e da una possibile dialettica libera, su basi democratiche e senza steccati che avrebbe potuto svilupparsi al suo interno. E stata unesperienza preziosa perch anche qui passa, vedete, la distinzione tra il nostro partito e le altre sinistre. Chi vuole semplicemente proteggere il proprio spazio di sinistra critica o antagonista, finisce con lessere settario verso il movimento reale e il suo sviluppo. Chi vuole costruire un partito rivoluzionario non ha altro interesse da difendere che il movimento reale delle masse e, in esso, una libera battaglia anticapitalistica per legemonia.

Centralit operaia non economicismo Per una risposta di classe a tutte le domande di liberazione Al tempo stesso la centralit della classe operaia non significa per noi economicismo: un curarsi dei temi sindacali a scapito di altre domande e tematiche di emancipazione e liberazione, quasi vi fosse una sorta di superiorit di valore del tema del salario o della pensione rispetto alla difesa dellambiente, alla lotta antimperialista, alla liberazione della donna. No. Per noi centralit della classe operaia significa, al contrario, assumere la classe come leva centrale di ricomposizione, sul terreno anticapitalistico, di tutte le domande di emancipazione e liberazione: perch nessuna di quelle domande pu trovare soddisfazione fuori da una prospettiva anticapitalistica; e nessuna prospettiva anticapitalistica pu darsi senza lirruzione decisiva della classe operaia.

Ma proprio per questo il PCL rompe con una tradizione politica e culturale di lungo corso, che ha attraversato DP, passata per il PRC, approdata in parte in Sinistra Critica, secondo cui in buona sostanza si tratterebbe di sommare il marxismo, lecologismo, il pacifismo, il femminismo, come somma arcobaleno di valori e culture critiche. E una visione subalterna: che da un lato riduce il marxismo a filosofia tra le filosofie, disimpegnandolo paradossalmente proprio dallelaborazione programmatica su terreni complessi e impegnativi; e che dallaltro priva quelle bandiere dellecologismo, del pacifismo, del femminismo, che pure impugna, di una prospettiva reale di trasformazione, o riducendole a icone inoffensive, o assumendone le espressioni ideologiche neoriformiste. Vogliamo fare lopposto. Vogliamo sviluppare il programma rivoluzionario del marxismo su tutti i temi dellemancipazione umana, dare una risposta di classe e comunista a tutte le domande di liberazione; che non solo il modo di sviluppare il marxismo sul suo proprio terreno, come affermava Gramsci, ma anche e soprattutto indicare lunica risposta reale, non ideologica, ai bisogni di emancipazione di vaste masse. Perch non c risposta reale alla tematica di liberazione della donna senza mettere in discussione quellorganizzazione capitalistica della societ che rialimenta e riproduce ogni giorno loppressione di genere. Non c risposta reale alla domanda ecologico-ambientale senza colpire un sistema capitalista basato sulla legge cieca del profitto: che riduce a merce non solo il lavoro ma la natura, e dunque lo stesso rapporto tra luomo e la natura; come rivela il business dei rifiuti, lintossicazione dei cibi, lo scempio delle coste, ed oggi persino lassunzione della stessa sensibilit ecologica di pi ampi settori di massa come terreno di nuove speculazioni di mercato e di nuovi inquinamenti. Non c risposta reale alla domanda di pace senza laperta rottura con limperialismo e innanzitutto il nostro imperialismo: quindi senza andare al di l del pacifismo, chiamando in causa gli interessi delle nostre classi dominanti e i crimini delle nostre truppe tricolori: come quelli compiuti in Iraq nella battaglia dei Ponti con lassassinio impunito di decine di irakeni. Perch tutti ricordano i militari italiani uccisi a Nassiriya. Nessuno ricorda bimbi e donne gravide colpiti dal piombo delle truppe italiane in quella terra. Nessuno denuncia lo scandaloso silenzio bipartisan che copre ancora oggi le menzogne dei nostri generali e le false informazioni del governo. Ecco: a differenza delle Sinistra arcobaleno, il partito che vogliamo costruire non piegher mai la verit alla retorica tricolore, al codice del silenzio e della complicit. E cos nella lotta contro la Chiesa. Non c una risposta reale alla stessa domanda laica e anticlericale, cos presente in larga parte della societ italiana, senza ricondurre le lotte importanti per i diritti civili alla messa in discussione del potere materiale della Chiesa e della sua connessione profonda con il capitalismo italiano e internazionale: senza rivendicare, ad esempio, non solo la soppressione dei finanziamenti pubblici oggi elargiti a scuola e sanit private, ma lesproprio del gigantesco patrimonio immobiliare della Chiesa e la sua devoluzione ai bisogni e alle esigenze sociali di milioni di lavoratori e di diseredati. Il cardinal Bertone rivendichi pure il Togliatti dellarticolo 7 come modello per Walter Veltroni, noi allopposto vogliamo rompere con la lunga, ossequiosa sudditanza storica della sinistra italiana al Vaticano. Quando diciamo che siamo coerentemente anticlericali perch coerentemente anticapitalisti, vogliamo esattamente intendere questo. Insomma: lanticapitalismo non per noi unideologia. E la cifra concreta di quel programma di trasformazione dellordine materiale della societ senza la quale tutte le domande di emancipazione finiscono sul binario morto delle evocazioni vuote, magari imprigionate nel finto ping pong di unalternanza senza alternativa. Per questo in ogni movimento di lotta, nel movimento contro la guerra, nelle lotte contro linquinamento, gli inceneritori o la privatizzazione dellacqua, nelle manifestazioni del movimento delle donne, nelle mobilitazioni per i diritti civili, dobbiamo combinare la partecipazione piena ai movimenti, che anche lavoro di costruzione e unificazione delle loro lotte, con larticolazione di una proposta programmatica di rottura con la borghesia. Proprio lelaborazione e larticolazione di una nostra proposta programmatica anticapitalista in ogni sett ore di intervento, che superi i limiti del nostro primo documento congressuale (come sul tema dellambiente), sar un compito importante del nuovo partito, dei suoi gruppi dirigenti, delle sue commissioni di lavoro.

Nelle lotte di ogni giorno la prospettiva anticapitalista Via la dittatura degli industriali e delle banche Proprio perch lanticapitalismo e una prospettiva socialista non sono per noi, a differenza di altri, un orpello ideologico, ma un fine reale, la vera bussola della nostra azione e delle nostre scelte, nelle grandi come nelle piccole cose, non riduciamo il socialismo a convegnistica intellettuale, ma lo incorporiamo nella nostra politica. C una tradizione un po curiosa, che accomuna gruppi estremisti o aree centriste di diverso segno, che combina il minimalismo politico delle proposte con lapparente radicalit della propaganda. Nei giorni feriali, si fa per dire, la lotta per il salario. In qualche canonica festivit la commemorazione della rivoluzione dOttobre (quando va bene) o levocazione del socialismo come immaginario della letteratura. In mezzo, il nulla. Il PCL rompe con questa tradizione e ne recupera unaltra, quella originaria dei comunisti, di Marx,di Lenin, di Trotskj: quella che costruisce il ponte tra il presente e il futuro; che fa vivere la prospettiva anticapitalista in ogni piega della propria azione; che in ogni movimento, in ogni lotta, cerca di sviluppare la sua coscienza e le sue potenzialit verso la rottura con lordine costituito. Verso la comprensione che solo la rottura col capitalismo, solo un governo dei lavoratori, basato sui loro interessi e sulla loro forza, possono aprire una prospettiva nuova e realizzare un alternativa vera. Per questo, a differenza di tutte le altre sinistre, le nostre rivendicazioni programmatiche non rispettano le colonne dErcole di questo sistema; non si limitano agli obiettivi cosiddetti realizzabili dentro questa societ, ma assumono come unico vincolo le necessit reali delle classi subalterne contro quelle compatibilit. Con una radicalit uguale e contraria alla radicalit dello sfruttamento capitalistico e delloppressione quotidiana di milioni di uomini e di donne. Di fronte a migliaia di aziende in crisi, di padroni che licenziano i lavoratori, non ci accodiamo alle compravendite di mercato e alla negoziazione dei cosiddetti esuberi. Rivendichiamo il licenziamento di quei padroni, cio la nazionalizzazione delle loro aziende sotto il controllo dei lavoratori. Di fronte ad aziende assassine, responsabili di migliaia di omicidi bianchi di lavoratori impoveriti e ricattati, non ci accodiamo agli appelli ipocriti, al codice etico o allannuncio di nuovi ispettori (compiacenti): chiediamo la galera per i responsabili, lesproprio delle loro fabbriche, il controllo operaio su tutti gli aspetti dellorganizzazione del lavoro, in tutte le aziende di questo Paese. Che lunica risposta reale al cinismo criminale del capitalismo e del mercato. Di fronte allo strapotere delle banche, vero bastione della seconda repubblica, che oltre ad essere responsabili di infinite truffe e crimini finanziari, impiccano a mutui usurai milioni di famiglie, non ci affidiamo alle rituali risoluzioni dellantitrust o alle platoniche sentenze della magistratura: noi rivendichiamo la nazionalizzazione delle banche, con la stessa logica con cui si rivendica il sequestro di unassociazione a delinquere. Ed anzi il PCL vuol fare della battaglia di massa contro questa associazione a delinquere non solo un elemento riconoscibile del suo profilo pubblico, ma una proposta politica di massa sul terreno della ricomposizione di un vasto blocco sociale alternativo che unisca loperaio, il precario, il pensionato, ma anche un vasto settore del piccolo lavoro autonomo e del piccolo risparmio: a riprova del fatto che proprio un programma anticapitalistico radicale pu saldare attorno al movimento operaio tutta la rabbia sociale contro gli attuali poteri dominanti.

Per il potere dei lavoratori e delle lavoratrici Una risposta rivoluzionaria allantipolitica e al populismo A chi ci obbietta che questo programma irrealizzabile, rispondiamo che proprio questo paradossalmente il suo punto di forza: dimostra che tutte le necessit pi elementari delle grandi masse richiedono il rovesciamento delle attuali classi dominanti, il potere dei lavoratori e delle lavoratrici. Questo, in definitiva, ci che segna pi nel profondo la natura e lidentit del nostro partito. Noi poniamo in ultima analisi al centro della nostra politica la questione del potere, la questione di chi comanda, la questione della forza. Senza questa prospettiva tutto il vocabolario anticapitalista resta retorica vuota o si riduce, per dirla con Marx, alle armi della critica. Senza mettere in discussione il potere reale di quella minoranza di industriali e di banchieri che concentra nelle proprie mani tutte le leve di comando, in osmosi profonda con lapparato dello stato e con i partiti dominanti (in Italia come in tutte le democrazie borghesi), non si dischiude alcuna prospettiva di alternativa di societ, come ci rivela la lunga storia italiana.

Vogliamo introdurre in ogni lotta il seme di questa consapevolezza. A chi ci obbietta, in nome del realismo, che non questo il tempo di evocare la prospettiva della rivoluzione, ma solo di agitare temi sociali immediati, facciamo osservare che proprio la realt della crisi sociale pone la radicalit delle soluzioni politiche. A loro modo ne sono oggi coscienti persino settori dominanti. E un caso che a fronte del disarmo politico e culturale di una sinistra sempre pi omologata siano oggi ambienti borghesi e reazionari a sdoganare paradossalmente il termine rivoluzione? La seconda repubblica stata presentata come rivoluzione liberale. La Lega di Bossi evoca la rivoluzione padana, e persino limmagine dei fucili. Berlusconi presenta il suo nuovo partito come linizio di una avventura rivoluzionaria. La verit che il disincanto di massa verso le politiche dominanti, combinato con lassenza di unopposizione di sinistra antisistema, ha spianato la strada ad una demagogia populista anche allinterno di settori operai e popolari. Ed oggi talmente profondo il disincanto popolare che le operazioni politiche pi conservatrici, e persino reazionarie, devono cercare di presentarsi come rivoluzionarie per esercitare suggestione e raccogliere consenso. Sarebbe davvero paradossale, tanto pi oggi, se fossero proprio i comunisti a temere di parlare di rivoluzione. Di pi, sarebbe irresponsabile. Perch significherebbe avallare ed ampliare lo spazio di suggestione del populismo pi reazionario. La necessit che abbiamo esattamente opposta: quella di dare al disincanto popolare e allumore di massa una traduzione di classe, totalmente alternativa al populismo ma altrettanto radicale e di rottura. Restituendo al termine di rivoluzione il significato che Gramsci gli diede quando disse, sullo sfondo dellavanzata dello squadrismo, che lunica vera rivoluzione possibile in Italia la rivoluzione socialista. E questa prospettiva socialista va fatta vivere nella nostra politica con il linguaggio pi accessibile e popolare, fuori dal finto bon ton del politichese. Per questo, a fronte della marea montante dellantipolitica e del suo veleno qualunquista, non dobbiamo temere di essere noi a rivendicare un altro potere e un altro stato: ad esempio con deputati revocabili dai loro elettori, con lo stipendio di un deputato del popolo pari a duemila euro mensili, con labolizione di ogni privilegio, di ogni barriera divisoria, materiale e simbolica, tra le grandi masse e la politica; ma anzi restituendo alla maggioranza della societ il potere non solo di votare, ma di decidere sulla propria vita e sul proprio futuro. Che poi il vero potere reale. E su questi temi crediamo importante che il nuovo partito appronti nella prossima fase una precisa iniziativa politica e pubblica.

La costruzione autonoma del PCL al di l delle varianti dello scenario politico Questo programma generale, proprio perch ancora la nostra stessa esistenza a un progetto di fondo, uno strumento essenziale per tenere oggi la rotta della nostra impresa, al di l dei mutamenti della situazione politica e delle sue infinite variabili. Il PCL nasce per vivere a lungo. E dunque per misurarsi col saliscendi inevitabile degli avvenimenti politici e sociali. Gli scenari politici futuri, anche prossimi, potrebbero vedere, come tutti sappiamo, modifiche sensibili del quadro politico. Il governo Prodi in larga parte consunto, al di l della sua formale sopravvivenza. Una parte importante di quei poteri forti che lhanno sostenuto e che hanno beneficiato della sua politica, guarda gi oltre. Lasse negoziale tra Veltroni, Berlusconi e Bertinotti attorno alla ricerca di una nuova legge elettorale, introduce un ulteriore fattore di destabilizzazione. Sia che si concluda attorno alle ipotesi formulate, sia che fallisca. Nellun caso come nellaltro, le risultanti possibili sono molto diverse tra loro: dalla continuit ancor pi precaria di questo governo, alla corsa verso elezioni anticipate con la presente legge elettorale, sino addirittura a ipotesi, alquanto improbabili ma non impossibili, di governi istituzionali di unit nazionale. Su questo scenario pi prossimo e sui nostri compiti pi immediati presenteremo, a conclusione del congresso, un breve e specifico ordine del giorno. Ma evidente che dobbiamo esser pronti ad ogni evenienza, a fronteggiare ogni possibile variante.

Denunciando in ogni caso, sin dai prossimi giorni, lipocrisia di una cosiddetta verifica di governo che non riguarda i salari ma le convenienze elettorali, non linteresse dei lavoratori ma quello di coloro che li usano per i propri specif ici interessi. Sviluppando una nostra battaglia controcorrente per una legge elettorale proporzionale pura, contro tutte le proposte dominanti funzionali a rafforzare esclusivamente la stabilit dei governi borghesi, e quindi la governabilit delle loro rapine contro i lavoratori. Rivendicando pi che mai il bilancio del fallimento generale del Centrosinistra e delle sinistre che lhanno sorretto: indipendentemente dal fatto che continuino a sostenere Prodi, o che vengano scaricate allopposizione dopo il lavoro sporco prestato, o che persino decidano di staccare la spina al governo per negoziare pi liberamente con Berlusconi una legge elettorale che consenta domani di ricomporre un governo con Veltroni. In ogni caso, le ragioni del Partito Comunista dei Lavoratori, di una nuova sinistra italiana, sono e saranno documentate dai fatti. Proprio perch forti delle nostre ragioni dovremo nel nostro lavoro, gi nella prossima fase, combinare la difesa intransigente della nostra autonomia con la pi ampia proiezione esterna. Predisponendoci a intercettare, sulle nostre basi politiche e sui nostri programmi, tutto ci che lesperienza dei fatti potr liberare verso di noi. Tra i tanti compagni di base del PRC, che oggi si interrogano pi di ieri, pi di un anno e mezzo fa, sul proprio destino politico: ai quali il voto sul protocollo, lannullamento del simbolo, il rinvio del congresso, sta ponendo lonere di decisioni non pi rinviabili. E soprattutto nellavanguardia sociale dei movimenti e della classe operaia, dove abbiamo registrato nellultima fase un interesse crescente verso di noi da parte di settori preziosi davanguardia, in particolare in alcune grandi fabbriche. Peraltro, laffllusso pi ampio di nuove richieste di adesione al PCL che ci sono pervenute via e -mail nellultima fase, e in particolare nellultimo mese, non sono solo ragione di soddisfazione, pur nella consapevolezza della modestia ancora delle nostre forze: sono anche la spia di potenzialit nuove e pi ampie, iscritte nella crisi profonda della sinistra italiana che sta a noi cercare di capitalizzare. Lavorando a combinare, magari meglio che in passato, i due elementi decisivi di metodo che nel documento congressuale abbiamo richiamato: il rigore e lapertura. Il rigore, perch senza il rigore dei principi non si costruisce nulla di nuovo, perch senza un partito di militanti e di quadri non si va da nessuna parte, men che meno si persegue il nostro fine. Lapertura nellazione di raggruppamento e di costruzione del PCL, perch a differenza di altri non ci diamo come compito quello di conservare noi stessi, ma di costruire, sulle nostre basi, una nuova direzione dei movimento operaio italiano.

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