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La guerra nel pensiero cristiano dalle origini alle crociate


Firenze, Sansoni, 1963 (Pubblicazioni della Facolt di Lettere e Filosofia dell'Universit degli Studi di Milano, 29)

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PUBBLICAZIONI DELLA FACOLT D I LETTERE E FILOSOFIA DELLUNIVERSIT D I MILANO X X IX

MOEISI

LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO


DALLE ORIGINI ALLE CROCIATE

SA NSO NI F IE E N Z E

COPYRIGHT

1963

G.

c.

SANSONI EDITORE s.p .A .

Firenze

Capitolo P eimo LA GUEEBA E I PRIMI SCRITTORI CRISTIANI

I primi secoli della nostra era videro il cristianesimo im pegnato a definire i rapporti della nuova fede con il vecchio mondo e con la vita civile nelle sue varie e molteplici mani festazioni ; tuttavia i documenti dellepoca, che ci portano la eco di numerosissime discussioni, su tutti gli altri aspetti del vivere sociale (stato e famiglia, schiavit e lavoro, e perfino digiuni ed altre particolarissime questioni) sono, per quanto riguarda il problema della guerra, quasi del tutto muti. Solo poche frasi, a volte poche parole, che si trovano qua e l nei testi, e che sono state variamente e spesso arbitraria mente interpz'etate, sembrano alludere, almeno vagamente, al lesistenza di questo problema ; tuttavia non pongono mai apertamente la questione. La mancanza di quel che A. Harnack definisce una Soldatenfrage fra tanto fervore di discussione, pu stupire ; non sembra possibile infatti che tutti i testi concernenti questar gomento siano andati perduti, e non neppure molto probabile che venisse accettato, per quanto riguarda un problema cos delicato ed importante, uno stato di fatto, senza che fosse sottoposto minimamente a giudizio. C chi, come il Vacandard * e il Leclercq , ha voluto leg^ A . H a r n a c k , Militia Christi, Die christliche Beligion un der Solda tenstand in den ersten drei Jahrhunderten, Tiibingen 1905. ^ E. V a c a n d a k d , tudes de critique et d'histoire religieuse, Parigi 1914 (suppl. I l i ed.). * H. L e c l e r c q , in Dictionnaire d'archeologie chretienney t. I (1907),

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(jrUERlA JNEL PENSIERO CRISTIANO

gerc nelle i)arole di uno dei primi autori cristiani, un elogio aperto ed incondizionato dellesercito romano. Yerso Fanno 96 infatti, Clemente Romano scriveva alla comunit di Corinto, che minacciava uno scisma, j)er esortare i fedeli allordine e allobbedienza, e poneva loro dinnanzi, come esempio da imitale, la perfetta organizzazione gerarchica dellesercito romano e la sua tradizionale disciplina : '8- , , . (2) , , , ,. (3) ,

Indubbiamente un aperto riconosciinento alla disciplina e alla solida organizzazione militare romana, doti queste, che nessuno ha mai disconosciuto a quellesercito che era riuscito a conquistare il mondo ; non mi sembra tuttavia che ci im plichi un giudizio definitivo sulla questione della guerra in rapporto alla morale ed alla religione. Probabilmente Clemente Eomano non aveva qui nessuna intenzione di mettere in campo tale problema ; quello che lo interessava era un fatto discipUnare : in una delle maggiori comunit cristiane, la discordia interna minacciava di pro vocare tra i membri della comunit stessa uno scisma, con grave danno sia per i fedeli, sia per coloro ai quali, estranei a quella chiesa, veniva offerto un esemi)io cos poco edificante. Tutta la lettera, nella quale solo di scorcio entrano problemi teologici e filosofici vari, scritta esclusivamente allo scopo di ricondurre allordine i dissenzienti.
col. 294, voce Accusalons cantre les chrtiens, 8, La rpugianee au Service militaire, c t. XI (1934), col. II08, voce: Miliiarisme. 1 Obbediamo dunque, fratelli, con ogni impegno ai smo ordini (di Dio) ; prendiamo esempio dai soldati che obbediscono agli ordini dei nostri comandanti, che disciplina, che zelo, che sottomissione nella esecuzione degli ordini ! Non tutti sono prefetti, n chiliarchi, n pentecontarchi, n tribimi, ma ognuno secondo il suo grado esegue gli ordini del re e dei comandanti (I Ep. ai Corinziy c. 37, 1-3, ed. H . H e m m e r , Parigi 1926, p. 78).

LA GUERKA R I PRISII SCRITTORI CRISTIANI

Lautore cerca di persuaderli del male che stanno compiendo, e li esorta, portando uno degli esempi pii chiari che gli si po tessero offrire. Forse la scelta di questesempio non del tutto casuale, ma il suo valore credo non vada ricercato al di fuori di quella tradizione di linguaggio per cos dire militarista , che per vade tutta la tradizione cristiana, che ha le sue radici nei Van geli e, ancor pi indietro, nellAntico Testamento, e che crea il concetto della Militia Christi. Gi il giudaismo, nel quale il cristianesimo ha la sua ma trice, possiede un linguaggio in cui parole ed espressioni tratte da un vocabolario militare , sono frequentissime, ed hanno un duplice valore e significato : da un lato sono lesaltazione della gueira e delle virt guerresche del popolo ebreo, il popolo eletto, dallaltro esprimono una concezione della vita intesa come milizia al servizio di Dio contro le forze del male. La lingua dei salmisti e dei profeti ricca di simili allegorie, che poi vengono in gran parte ereditate dal cristianesimo. Ci particolarmente evidente nei primi testi cristiani, e soprattutto ntiWAjiOcalisse, in cui lescatologia messianica la guerra del Cristo ; ma la tradizione particolarmente viva in Paolo che spesso si serve di immagini tratte dagli antichi profeti Egli concepisce tutta la Ata come una battaglia. Chiama commilitoni i compagni di fede parla di stipendia e di castra ma un linguaggio del tutto spirituale, come dimostra chiara mente il pi importante di questi passi, quello della lettera agli Efesii che in nulla contrasta con il Vangelo della pace . Il concetto del Miles Christi chiaramente espresso nella lettera a Timoteo dove, secondo linterpretazione di A. Harnack. Paolo teorizza la sua concezione dellapostolato come mi lizia svolta per Dio nella vita civile, anticipando cos una de finizione del monacheSimo.
' I Tess. 5, 8 ; I I Oor. 6, 7 ; Rorn. 6, 13-23 ; e 13,12 ; Efes. 6, 10-18. - liom. 16, 7 ; Coloss. 4, 10 ; Filipp. 23. I I Cor. 10, 4 e 11, 8. ^ 6. 10-18. " I. 1, 18 c II, 2, 3.

LA GUERRA IS^EL PENSIERO CRISTIANO

Questa Militia Christi deve organizzarsi con una sua di sciplina, e lesempio pu essere preso dalla disciplina e dalla vita che soldati ed atleti conducono nei loro campi. SuUa linea di questa tradizione credo vada accolto il passo di Clemente. Che tale concetto non gli sia estraneo, si pu ve dere anche in altri passi della stessa lettera ^ e, se sua, nella seconda epistola ai Corinzi Che poi qui abbia voluto portare un semplice esempio, lo si capisce dal seguito del capitolo, nel quale, sulla scorta di Paolo paragona ancora la vita della Chiesa alla vita delluomo, che ha bisogno di un corpo integro in tutte le sue membra. Mi sembra quindi che in questo passo non vada ricercato alcun giudizio esplicito sul problema della guerra, ma il Leclercq, che peraltro valorizza solo un passo avulso da tutto il resto del capitolo, pone laccento su quel possessivo , riferito a ovoL, per concludere che Clemente accettava senza discussione il comando di questi ufficiali e quasi se ne gloriava. Non so se si possa arrivare cos semplicemente a questa conclusione, tanto piii che il testo, proprio in questo punto presenta una lacuna che molti filologi vorrebbero completare con , mentre altri, e tra questi il Migne, accettano la vecchia lezione dello Junius del 1632, e mantengono , in terpretando per come Imperatori e non come capi militari^ sullesempio di un passo analogo della stessa lettera Che Clemente non fosse n un oppositore n un fautore entusiasta del servizio militare lo dimostra anche un passo delle costituzioni apostoliche che gli attribuito
^ Gap. 21, 4 : , . (scil. ) , ed. cit. . 50, e cap. 28 : Sh Ttva * , . 62. I verbi e , indicano la diserzione militare. ^ I I ai Corinzi, cap. 18 : . Ed. cit. . 166. I Cor. 12, 14, 27. ^ Cap. 5, 7, ed. cit. . 16. Costituzioni apostoliche, V ili, 32, a proposito delle persone alle quali non si pu dare il battesimo, detto : ... , * * , -

LA GUERRA E I PRIMI SCRITTORI CRISTIANI

Un valore analogo hanno le parole di Ignazio di Antiochia che, qualche decennio pi tardi, scrivendo a Policarpo, diceva :
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Anche qui si tratta di un linguaggio metaforico : la milizia milizia divina, i deposita sono le buone opere dalle quali il cristiano trarr beneficio alla fine del servizio. Di maggior importanza lopera di Giustino, lapologista che verso il 150, rivolgendosi ad Antonino il Pio, precisa la posizione dei cristiani di fronte allimpero che nel cristianesimo potr trovare il pi valido sostegno ed alleato :

tema questo che sar ripreso spesso in seguito, e che costituir uno dei motivi dellapologetica del cristianesimo come dot trina conciliabile anche con le esigenze della vita civile e po litica. Il fine di questa comune azione , come si vede, linstau razione della pax terrena. Il cristiano, prosegue lapologista, riconosce ed adora un solo Dio ma per il resto ligio agli ordini dellimperatore e prega perch questi possa adempiere con laiuto divino, ai suoi doveri ; altrove parlando del cam . (Se si presenta un soldato, gli si insegni a non commettere ingiustizie n estorsioni e ad accontentarsi del suo compenso [cir. Luca III, 14], se accetta lo si battezzi, se rifiuta, no). F. X. Funk, Didascalia et Constitutiones apostolorumy v. I, pp, 543-46, Paderborn 1905. Ma lattribuzione di questo canone non sicura. 1 I g n a z i o , Ad Polycarp. V I , 2 ; Amate colui per il quale combattete, e che vi compensa, non si trovi tra di voi nessun disertore, che il battesimo vi serva da spada, la fede da elmo, Tamore da lancia e la perseveranza da armatura, i vostri deposita siano le buone azioni, perch possiate conse guire cose degne Ed. P. Th. C a m e l o t , Parigi 1951, p. 176. ^ Noi vi siamo amici ed alleati pi dogni altro uomo per il consegui mento della pace , Apoi. I, XII, 1 Corpus apologetarum christianorum, V. I, parte I, ed. D e O t t o , 3 ed., Jena 1 8 7 6 , p. 36. 3 A poi I, XVII, 3, p. 54. * Apoi. I, XIV, 3, p. 44 : ... - ,

LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

biamento di vita iniziatosi dopo la morte del Cristo, dice che dovere del cristiano di amare anche quelli che lo perseguitano. Qual allora la posizione di Giustino di fronte al problema della guerra? In genere il suo atteggiamento nei confronti dellimpero conciliante. Egli non ne rinnega la cultura come non ne rin nega la vita, ma la concepisce tutta alla luce della nuova fede. DelPesercito parla con stima, gli sembra di riconoscere lo stemma di Cristo nei Vexilla e nei trofei delle legioni, nei Signa che dovunque precedono la vostra autorit e la vostra potenza Altrove, commentando la profezia di Isaia (05, 2), dice che i cristiani sopportano ogni martirio e per Cristo sanno anche morire, ma , (
, -. , , , ,

Per queste sue espressioni il Lorson e il Lods hanno vo luto classificare Giustino tra gli avversari dello stato militare, e citano a sostegno di questa tesi anche il dialogo di Trifone. Infatti al capitolo CVIII ^ di questopera, lautore riprende il concetto dellamore cristiano verso tutti e prosegue al cap. CIX, commentando la profezia di Michea (4, 1-7), con la visione di un mondo conciliato con Dio nella pace : (21)

: ^ 1 ., , LV, 6, ). 150-2. ^ Sarebbe ridicolo che i soldati, ingaggiati ed arruolati da voi, per voi accettassero di sacrificare i genitori, la patria, il focolare, per mantenere la parola, mentre voi non potete dar loro una ricompensa incorruttibile, e noi die attendiamo limmortalit, non possiamo sopportare tutto . ApoL, 1, XX X IX , 5, p. 112. P. L o r s o n , Un chrtien peut-il tre objecteur de conscience ?, Parigi 1950 ; M. IjO d s, L'glise du sicle devant le Service de Vtat, confe renza pubblicata nel Bull. trim. de la Faoult libre de thol. protestante^ n. XXXV, Parigi 1950. * Corpus Apot, voi. II, Jena 1877, pp. 384-8G.

. GUERRA E I PRIMI SCRITTORI CRISTIANI

, , , , ^ ; ma questo, continua, non ancora avvenuto ; gli

uomini non capiscono che ci debbono essere due ^enute del Cristo, luna terminante con il suo martirio, laltra con la sua gloria. Solo allora gli uomini che ora sono accomunati nella sventura e nella guerra, cambieranno le armi in strumenti di pace : ol , , , , ...

analogo a questo passo di Giustino il commento che Ireneo fa allo stesso passo di Michea : Si autem libertatis Icx, id est verbum Dei, ab apostolis, qui ab Hierusalem exie runt, annuntiantum in universam terram, in tantum transmu tationem fecit ut gladios et lanceas bellatorias in aratra fal)ricaverit, ipsae (sci. gentes) et in falces, quae donavit ad me tendum frumentum, demutaverint, et iam nesciunt pugnivre, sed perculsi et alteram praebent maxillam : non de aliquo jilio prophaetae dixerunt haec, sed de eo qui fecit ea . Interpretare questi pochi testi come documenti di decisiva importanza per dimostrare la posiziono dei primi scrittori cri stiani di fronte a questo problema, non mi sembra possibile. Visti nel complesso del testo, questi giudizi isolati non appaiono I)i determinanti su tale questione, ma corrispondono, gli uni ad un generico pacifismo, gli altri ad un semplice riconosci mento del A^alore dellesercito romano e ad un invito ad imitarlo, ma in tu ttaltro campo.

^ ... e trasformeranno le loro spade in aratri e le loro lance in falci, e nessun popolo porter le armi contro un altro popolo, e ormai non sapranno pili combattere , p. 388. ^ E i mali della guerra e della strage, e di ogni altra calamit, cesse ranno su tutta la terra, e tutti muteranno i loro strumenti di guerra, cambieremo le spade in aratri, le lance in strumenti agricoli, e coltiveremo la piet e la giustizia . Dial. con Trifone, cap. CX, ed. (iit., p. 390. Adversus Haereses, IV, 34, 4 P.G. VII, 1086. Cfr. anche T e r t u l l i a n o , Adv. Judaeos, c. 3.

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iessuno degli autori, del 1 e del II secolo, i cui scritti ci siano giunti, assume una posizione precisa in proposito, negando o affermando lincompatibilit del cristianesimo con la guerra. La quasi assoluta mancanza di tale questione non pu es sere spiegata, almeno in parte, che con lassenza delle condi zioni che a questo problema avrebbero potuto dare origine. In altre parole, bisogna vedere se i cristiani erano direttamente impegnati con lobbligo del servizio militare. Il Mommsen ^ mette in luce lestensione ed i limiti del do vere e del diritto delle armi presso i Eomani. Il servizio mili tare, pi che un dovere vero e proprio era una prerogativa delluomo libero e cittadino romano, un diritto di cittadinanza, dunque, intimamente legato al diritto di voto, e del quale i Eomani dovevano essere gelosissimi se non ammettevano nel lesercito come legionari neppure i latini che risiedevano a Eoma dove ricoprivano cariche pubbliche, e che perci pote vano votare nei comizi. La conseguenza di questo stato giuridico era che soltanto ai figli dei legionari, quando avessero raggiunta let di di ciassette anni, spettava il diritto di portare le armi, e tra questi, almeno in un primo momento, i cristiani non dovevano essere numerosi I primi documenti infatti dimostrano come il cristianesimo si diffondesse dapprima tra i provinciali, e soprattutto nelle classi pi povere, tra schiavi, liberti ed artigiani. Non mancano vero, esempi di personaggi dellaristocrazia romana che si convertirono alla nuoA^a fede, e tra questi il Console T. Flavio Clemente, e sua moglie Domitilla, che fu rono esiliati nel 95 o 96 Gli Atti ricordano inoltre il nome
^ Bmischer Staatsrecht, t. II, 23 e Die Konscriptionsordnung der rmischen Kaiserzeit, in Hermes, n. X IX (1884), p. 1 sgg. ^ Il fatto dimostrato e accettato da tutti, tra gli altri v. A. H a r n a c k , Missione e propagazione del cristianesimo nei primi tre secoli^ Trad. ital., Milano 1906, pp. 371 sg.; P. B r e z z i , La composizione sociale delle comunit cristiane nei primi secoli^ in Studi e materiali di storia delle religioni, X XII, 1949-50, pp. 22-50. C a s s i o D i o n e , LXVII, 15 S v e t o n i o , Domiziano 15 E u s e b i o , Hht. Ece. ITI, 17.

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del proconsole Sergio Paolo, e del centurione della coorte Italica, Cornelio ; ma la precisione stessa con la quale questi Romani sono ricordati, sembrerebbe indicare leccezionaUt del fatto. Comunque anche i cristiani in pieno possesso del diritto di cittadinanza avrebbero potuto evitare, volendolo, ladempi mento del servizio militare. Lesenzione, in genere, fin dai tempi pi antichi, era con cessa, solo in casi rarissimi, agli infermi (e con molte lim ita zioni) e ai sacerdoti, e gravissime pene, che potevano arrivare anche alla schiavit o alla morte, erano inflitte a chi cercasse di eludere questobbligo Tuttavia rimaneva sempre la pos sibilit, per chi volesse, di farsi sostituire. Le leggi sulla co scrizione, che erano di epoca repubblicana, rimasero in vigore anche durante limpero *, tuttavia non ci fu nei primi secoli, troppa severit. La consistenza numerica dellesercito, nonostante il limi tato numero di coloro che potevano essere coscritti, fu sempre rilevante, per la lunga durata del servizio (20 anni in media) ; inoltre, accanto aUe legioni, entravano a formare lesercito i contingenti degli alleati e dei popoli soggetti, che non furono per mai riconosciuti come soldati romani, neppure al tempo dellimpero. Cerano poi i volontari, spesso schiavi o liberti, che entravano a far parte di certi corpi militari, adibiti a parti colari compiti. Il numero degli uomini alle armi era per suf ficiente anche in rapporto alla smisurata estensione dellimpero e non si ha notizia di coscrizioni obbligatorie fino agli ultimi decenni del II secolo, fino a quando, cio il fabbisogno del lesercito era abbondantemente coperto dai legionari e dai nu merosissimi volontari *.
^ In periodo repubblicano chi non rispondeva alla chiamata alle armi, veniva mutilato ( L i v i o V ili, 4 A u l o G e l l i o II, 1) oppure fustigato (L i v i o II, 55 ) o messo in prigione (L i v i o VIII, 4) ; poteva anche esser venduto come schiavo (C i c e r o n e , Pro Caecilio 99 e Dig. XLIX, 16, 4). 2 SVETONIO, Augusto 24 ; Nero 44 ; Vitell. 15. T a c i t o , H ist III, 58. Il Mommsen calcola che fossero necessari solo 20.000 uomini allanno (Hermes, n. X IX , p. 4). * Digesto, XLIX, 16, 4, n . 10... p l e r u m q u e v o l u n t a r i o m i l i t e n u m e r i s u p p le n t u r , e d . M o m m s e n , B e r l in o 1868, p. 894.

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l.A GI^EKRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Stando cos le cose, nulla avrebbe impedito ai cristiani che non avessero voluto prestar servizio, di non presentarsi come volontari o di farsi sostituire. Se poi, come dimostra A. Hariack, il cristianesimo fece il maggior numero dei suoi proseliti Ira gli schiavi, a questi, almeno teoricamente, fu per lungo toinpo proibito dentrare nellesercito ^ Alcuni hanno anche voluto sostenere lesistenza di unesen zione ufficiale dei cristiani dal servizio militare. C infatti un passo di Giuseppe Flavio nel quale detto che essi furono per lungo tempo considerati Ebrei. Basandosi su questo passo, lo Schiirer ed il \^acandard ^ hanno pensato, contrariamente a quanto dice il Mommsen, che anche i cristiani fossero esentati dal compiere azioni che potessero contrastare con i loro prin cipi morali, in base alle concessioni fatte agli Ebrei Secondo il Mommsen, questa conclusione assolutamente arbitraria, non essendo confermata dalle fonti. Inoltre si po trebbe aggiungere che i documenti che rendono nota questa particolare situazione degli Ebrei, si riferiscono soltanto alle cariche civili. Data questa situazione giuridica, si potrebbe spiegare la ragione della mancanza di una, questione militare nel cri stianesimo dei primi secoli ; credo tuttavia che tale stato di cose, pi che giustificare di per s questa mancanza, servisse ai primi apologisti per evitare, forse a ragion -eduta, il porsi di un problema che, per il momento almeno, non volevano chiarire e risolvere con precisione. E questo per i particolari j apporti che intercorrono tra cristianesimo ed impero fin verso la fine del II secolo. Durante il I secolo il cristianesimo ancora una piccola setta, che non ha agli occhi dei profani, neppure il pregio del-

^ 'Digesto X IJX , IG, M : ... ab omni militia servi prohibentur, p. 896. AiUciU XIV. 10, (> . ^ ScitTiEK, GcechcUc des Jndiscien Volks, I, pp. 458-66 e E. VacanD Ai-M ), o\). cU. ^ Big. L, 11, 3, 3 : Eis qui iudaicam superstitionem sequuntur, divi Severus et Antoninus, honores adipisci permiserunt, sed et necessitates eis imposiiernni, qui superstitionem twum non laederent .

LA GUERRA E I PRIMI SCRITTORI CRISTIAINI

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lantichit di cui, ad esempio, gli Ebrei potevano gloriarsi ; praticamente ignorata, mentre i suoi scrittori si occupano di preferenza di problemi interni, poco curandosi dei loro rap porti con la societ. Ma verso la fine del II secolo, unulteriore elaborazione del pensiero cristiano ed i mutati rapporti con il mondo pagano, che incomincia a prestare attenzione a questa nuova super stitio che progredisce cos rapidamente, danno luogo ad una ampia fioritura apologetica, volta soprattutto a precisare la posizione del cristianesimo di fronte alla societ profana. 1 di sprezzo e, spesso, alle beffe che gli scrittori latini lanciano contro la religione cristiana, gli apologisti rispondono con una polemica che, se da un lato negativa, dallaltro tende a pre parare un terreno daccordo ricco di infinite possibiht di svi luppo. La critica degli scrittori cristiani si rivolge, spietata e bru ciante, contro lidolatria e la superstizione della societ pagana e contro le aberrazioni morali della sua filosofia ; ma proprio da questa filosofia essi traggono lesempio nella polemica ; nello studio dello stoicismo affilano le armi della loro dialettica e si preparano ad accogliere suUa base delle possibili afnit elet tive, il patrimonio culturale classico, anche se, come Tertul liano, ostentano un grande disprezzo per la cultura profana. Infatti sul problema dello stato, cristianesimo e stoicismo sono particolarmente vicini : entrambi teoricamente favorevoli alla partecipazione alla vita pubblica, se ne astengono poi, sia pure per ragioni diverse. Lo stoicismo ebbe unalta concezione dello stato ed una rigorosa etica sociale, ma lo stato che teorizzava non era quello politico, empirico, bens uno stato ideale, possibile solo in un astratto mondo di pura razionalit, nel quale la legge non avrebbe dovuto pi essere la costrizione che viene alluomo dal di fuori, ma il prodotto dellattivit razionale dellindividuo. Per, se anche lo stoicismo fu anzitutto una dottrina so ciale, questa sua tendenza veniva arrestata dalla realt em pirica delle cose e naufragava in un moralismo individualistico. Da parte sua il cristianesimo partiva da principi che non costituivano certamente una buona premessa per una efficace

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LA tUEllRA NBL PENSIERO CRISTIANO

attivit sociale. La concezione di una vita futura, al di l di ogni contingenza, come unica meta degna di essere raggiunta, portava inevitabilmente ad una svalutazione della vita ter rena e delle sue occupazioni. Che valore poteva avere lo stato empirico, per chi mirava ad un regno ultraterreno? ... Nulla magis res ahena quam pubUca , arriv a dire TertuUiano E non solo Tertulliano, questo estremista dot trinario, ma anche Origene, il pi filosofo degli apologisti, il meno vicino alla mentalit apocalittica dei rigoristi, rivendic al cristianesimo un ufficio ben pi importante di quello poli tico, anche se ammise la complementarit e la reciproca utilit di questi due compiti. Teoricamente non ci fu quasi mai una netta posizione anti statale, ma praticamente lo stato, quando non venne subito come ima dolorosa necessit, fu valorizzato solo in funzione di qualcosa di superiore, che trascendeva i suoi limiti umani ; il che profondamente antisociale. I termini del contrasto tra le due vite e le due societ si fanno pi chiari in periodo di persecuzione, ma nei primi se coli, quando le repressioni contro i cristiani, non pi numerose di quelle esercitate contro i seguaci di altri culti, rientrano nel lambito di comuni provvedimenti di polizia, gli apologisti ten dono a mettere in luce il momento positivo dincontro tra cri stianesimo e societ. Unico elemento di disaccordo rimane lido latria, che essi combattono con tutte le loro forze, per poter poi partecipare pienamente alla vita dello stato. Infatti nulla impedisce loro di considerare legittimo il po tere statale che in Paolo il & ; quando la legge scritta consona alla legge naturale, impero e cristianesimo devono e possono collaborare : Giustino riconosce, come gi Atenagora aUo stato, il compito di provvedere alla pace ter rena ; Melitone ricordando linizio del Vangelo di Luca, af^ Apologetico, c. 38. A t e n a g o r a , Apologia a M, Aurelio e Gomnodo, 1 : Per la vostra pru denza tutta la terra abitata gode di una pace profonda . P.G. VI, 892. Presso E u s e b i o , H ist Eccles. IV, 26, 7-8 : rivolto a M. Aurelio ; La nostra filosofa germogli dapprima presso i barbari, poi, essendo venuta in

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ferma che Chiesa e Stato sono stretti da un vincolo fraterno e devono procedere afiftancat perch limpero, espressamente vo luto da Dio, sia lo strumento che prepari e faciliti la missione universale del cristianesimo. Solo Ippolito notando lanalogia che c tra i due istituti, arriva a considerare limpero come una diabolica contraffazione della Chiesa. Non c quindi una precisa ostilit del cristianesimo verso lo stato, e se anche molti fedeli si erano incamminati sulla via della carriera civile o militare (non mancano esempi di soldati cristiani nellesercito romano e basterebbe lepisodio della Legio fulminata Melitensis a dimostrarlo) non viene posto alcun ostacolo, n vengono approfonditi i possibili elementi di dis sidio, mentre si sottolineano, spesso in modo del tutto ideale, le possibilit di accordo e di pacifica collaborazione. Accordo e collaborazione che si realizzeranno solo pi tardi, dopo una sanguinosa e sofferta esperienza, durante la quale la Chiesa,

luce tra i tuoi popoli, sotto il grande impero del tuo antenato Augusto, costi tu un buon presagio per il tuo regno, giacch dallora in poi crebbe in splen dore e grandezza limpero dei Romani, di cui tu sei deventato erede deside rato, e lo sarai con il figlio se custodirai questa filosofa allevata con il prin cipato ed iniziata con Augusto... e che il nostro verbo sia cresciuto a buon effetto, insieme alla ben iniziantesi monarchia, ne gran segno che daUimpero di Augusto, in poi nulla successo di male, ma tutto andato bene secondo i voti comuni. Ed. S c h w a r t z M o m m s e n , voi. I, Lipsia 1903, pp. 384-87. ^ In Daniele, IV, 9, 2-3 : Allo stesso modo ohe il regno signoreggia per la forza di satana , effettu la contraffazione ( ) e parimenti anchegli, raccogliendo tutti i popoli della terra, apparecchia i pi generosi alla guerra, avendoli chiamati Romani, e quelli credenti nel re celeste, cristiani, (in Die griechischen Schriftsteller, ed. B o n w e t s c h e A c h e l i s , Lipsia 1897, pp, 206-8). ^ La notizia, data da T e r t u l l i a n o , Apologetico V, 40 e da E u s e b i o , RisU Eccles. V, 5 (ed. M o m m s e n , pp. 434-38), considerata la pi antica testimonianza della presenza di soldati cristiani nellesercito ; non pro babile tuttavia che solo da questo momento inizi tale partecipazione. Su questo lo studio dello H a r n a c k : Die Quellen der Berichte ilber das Begen wunder im Fldzuge Marc Aurels gegen die Quaden, in Sitzungsberichte der Akademie der Wissenschaft, giugno 1894, pp. 853 sg. e in M o m m s e n , Die Eegenswunder der Marcus Saule, in Hermes, n. X X X , 1895, pp. 90-100.

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NEL PENSIERO CRISTIANO

non abbandonando, neppure nei momenti pi burrascosi, il proposito di una pacificazione, prender maggior coscienza di s e della sua priorit come elemento unificatore della citt terrena e di quella divina.

C a p ito lo S e c o n d o

CLEMENTE ALESSANDRINO

Nel nuovo clima di discordia e di lotta, venutosi a creare alla fine del II secolo, la reazione psicologica della massa dei cristiani, che fino ad allora aveva partecipato alla vita comune, d origine aUe prime ribellioni, specialmente nellesercito, dove alcuni soldati, primi obiettori di coscienza, mettono in rilievo gli elementi di incompatibilit della loro fede con la milizia e con lo stato pagano in generale. A. Harnack ^ enumera ben otto motivi che avrebbero po tuto tener lontano il cristiano dallesercito, m otivi che pos sono essere riassunti in tre punti fondamentali : 1) La ripugnanza che un cristiano doveva provare per lo spargimento di sangue, sia nelle battaglie, sia nelle esecu zioni capitali, che gli uificiali decretavano e i soldati dovevano eseguire. 2) Il rifiuto ad associarsi a cerimonie ed atti di culto ido latrici che, specialmente per i membri dellesercito, erano ine vitabili. Questi atti consistevano nel culto dellimperatore, nei .sacrifici che gU ufficiali compivano e ai quali la truppa assisteva. Inoltre il servizio militare comportava dei doveri, per cos dire (( sacri , quali la veglia presso i templi degU dei, luso di corone militari, ecc. 3) Il comportamento dei soldati, che in genere non era troppo lodevole per gli atti di prepotenza che essi compivano anche in tempo di pace. Cos i tradizionali giochi e scherzi
^ In Militia Christi, cit., p. 50.

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contro i capi erano affatto contrari alletica cristiana e pote vano spesso sconfinare nellidolatria. Questi m otivi vengono variamente ripresi e sviluppati dagli scrittori che costituiscono la tradizione (abbastanza limitata) antimilitarista del cristianesimo, dal terzo secolo in poi, e ven gono fatti valere dai soldati che, per la loro fede, abbandonano lesercito. Il primo di questi soldati del quale si abbia notizia Mas similiano che nel 250 rifiut di farsi arruolare nellesercito, ma gi al principio del III secolo dovettero cominciare i primi fermenti nellarmata romana. Uno dei casi pi notevoli ci noto attraverso la notizia data da Eusebio che riferisce, in modo un po troppo sommario, lepisodio del soldato Basilide. Il fatto pare sia avvenuto ad Alessandria, nel 202 o 203, quando BasiUde, incaricato di condurre a morte una certa Potamiena, dovette difenderla dagli insulti della folla mentre si recava sul luogo dellesecuzione. Prima di morire, la donna ringrazi il soldato di averla protetta, e promise di pregare per lui. Questi allora, commosso, pare si sia convertito (non ri cevette per il battesimo) e rifiut il giuramento allimperatore, dichiarandolo contrario ai principi della sua fede. Eusebio non dice di pi, ma il fatto significativo perch dimostra lesistenza dei primi sintomi di rivolta ; inoltre, dal racconto di Eusebio, pare che il motivo addotto da Basilide per giustificare il suo rifiuto alla professione delle armi, sia lincompatibilit delletica cristiana con un sistema di vita idolatrico. notevole come questo motivo, non solo compaia in tutti gli scrittori contrari alla milizia e nelle dichiarazioni dei mar tiri militari, ma venga sempre sottolineato maggiormente di
^ In R u i n a r t , Acta sincera martyrum^ Ratisboiia 1859, p. 340. ^ Historia ecclesiastica, VI, 5 sg. Ed. S c h w a r t z M o m m s e n , voi. II, 2, Lipsia 1908, pp. 530-32. Il Salvatorelli nota, a questo proposito, che i testi degli atti dei mar tiri non corrispondono alle parole effettivamente pronunciate dai protago nisti, ma sono dovuti a chi, in un secondo tempo ha interpretato il loro

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fronte a quello che oggi noi, in base agli esempi pi recenti, saremmo portati a considerare la causa fondamentale dellobiezione di coscienza : il rifiuto ad uccidere. Non che questo elemento venga, nellantichit, trascurato, ma costituisce piuttosto un motivo aggiunto ad avvalorare maggiormente una tesi, e non quasi mai, ad eccezione che per Lattanzio, Punica causa che dovrebbe impedire al cristiano di partecipare alla guerra. In questo periodo, accanto agli scrittori che assumono un atteggiamento ben definito di fronte a questo problema, c Clemente Alessandrino, la cui opera viene spesso citata come fondamentale a questo proposito, per la sua impostazione con ciliante che costituirebbe, in opposizione al rigorismo di Ter tulliano, la vera posizione della Chiesa di fronte agli estremismi eretici dello scrittore cartaginese e dei suoi seguaci. A me sembra che Clemente Alessandrino sia sulla linea dei precedenti apologisti, tanto che, facendo uso di brani, opportu namente avulsi dal testo s potuto vedere in lui un nemico e, nello stesso tempo, un fautore dello stato militare. Il Vacandard, ad esempio, cita il passo X, 100 del Protrepticoy dove detto che lopera propriamente umana leser cizio della fede, il riconoscere razionalmente Dio, indipendente mente dalla professione che ciascuno pu esercitare : ,
, , , , * * Cita anche un altro passo del Paedagogus ^ pensiero. Per non c motivo di dubitare che questi documenti siano molto lontani dalla realt. Il pensiero del cristianesimo antico intorno allo statoy dagli Apologisti ad Origene^ in Bilychnis, IX, f. X e XI, 1920, pp. 264-79 c 233-52. ^ Se sei contadino gli diciamo coltiva la terra, ma mentre lavori, conosci Dio, e naviga, tu a cui piace navigare, ma invocando il i>ilota celeste, se la fede ti ha colto sotto le armi, obbedisci al comandante che ti ordina ci che giusto . (Protr., X, 100, 4, ed. 0 . S t a h l i n , Lipsia 1905, p. 72). ^ Paedag., I li, XII, 91, 1-3, p. 286: e per quanto riguarda la tolle ranza, se sbaglia dice il tuo frateUo, rimproveralo, e se si pente, per donalo. Se pecca contro di te sette volte al giorno, e per sette volte si ri

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LA (UERRA ^'EL PENSIERO CKISTIANO

che, in commento a Luca (III, 14), ribadisce il motivo prece dente : (( ... * )
, , ), . , , , , * ... * {> -^ .

Per contro il Lods ed il Leclercq, si rifanno al capitolo 111, 11, lOG del Paedagogus^ dove vietata la semplice raffigurazione delle armi perch strumenti di morte :
, , , * -

1, mentre pi avanti Fautore giunge perfino a proibire Fuso degli strumenti musicali che, presso certi popoli, ser\ Oiio ad incitare lanimo dei soldati durante le battaglie. Volendo attribuire a queste espressioni un valore assoluto, non si pu non rilevare una notevole contraddizione nel pen siero dellautore che, anche se a volte un po farraginoso e non sempre riesce ad evitare certe aporie che disturbano larmonia della sua concezione, tuttavia non si sarebbe certo lasciato sfuggire giudizi troppo categorici e contrastanti su di un pro blema cos grave. Bisogna perci vedere come questi pensieri si inquadrino nel complesso di tutta lopera del dottore alessandrino, per capire quale di questi corrisponda a verit, o se lautore ebbe mai idee precise in proposito. Linteresse culturale di Clemente fu soprattutto teorico ; proseguendo sulla strada aperta da Giustino, nellintento di contrapporre alle varie sette gnostiche una gnosi cristiana, egli

volge a te dicendo : mi pento, perdonalo e ai soldati secondo la predica zione di Giovanni, bisogna insegnare ad accontentarsi degli stipendi e dei tributi e a non far nulla al di fuori degli ordini... e per lo stato (dice) dato a Cesare quello che di Cesare e a Dio quello che di Dio. ^ ... Non bisogna infatti rappresentare gli idoli, ai quali non si deve portar venerazione, n spade o archi, con i quali si scaccia la pace . Paedagogus, IIT, XI, 9, 2. Ed. oit. p. 270.

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cerca di operare una sintesi tra la cultura classica, nella sua pi alta espressione filosofica, e la dottrina del cristianesimo, fa vorito in ci dallambiente sincretistico di Alessandria, dove svolse la sua attivit. Soprattutto dal platonismo e dallo stoicismo egU attinse i temi della sua speculazione rivolta a definire, in campo etico, il destino delluomo. Nel libro II degU Stromateis ^ egli identifica questo destino con lo sforzo di realizzare nellanimo umano la somiglinz con Dio. Pi avanti egH espone una teoria per cui questo motivo platonico dellassimilazione divina fuso con il motivo stoico dellassimilazione al , la retta ragione, che anche . In un vivere secondo natura consiste perci lideale di vita cristiano. Ma dopo aver tracciato con molta cultura le linee fondamentali di una soluzione del problema etico. Clemente non prosegue nella costruzione di una dottrina sociale, nella quale avrebbero trovato posto i molti angosciosi problemi che agi tavano il mondo cristiano del II e III secolo. Tipico rappresentante di un clima culturale greco-orientale, lautore non si stacca dal cielo cristallino della pura teoria e dei grandi problemi teologici, pago del risultato della , che dovrebbe essere il coronamento della vita del saggio, a dif ferenza dei pensatori occidentali, eredi diretti del realismo e dellutilitarismo giuridico romano ; sminuisce limportanza di ogni problema pratico e contingente, ed anche quando affronta le questioni della carit, dellamore, ecc., lo fa in termini cos vaghi che non sarebbe certamente stato facile servirsi delle sue teorie come di guida per la vita
Sehriftsteller der ersten drei Jahrhunderten, ed. 1906, p. 113. - Lib. IV, c. X X II, p. 308 sg. Con questo non voglio affermare che un autore possa aver impor tanza solo in campo teorico o solo nellattivit pratica, come se lazione ed il pensiero potessero sussistere affatto indipendentemente lima dallaltro o, peggio, che luna abbia avuto diritto di cittadinanza solo in Occidente e laltro solo in Oriente. per vero che Clemente Alessandrino, un po per la sua stessa formazione spirituale, un po perch il tempo e lambiente in cui visse non lo richiedevano, non riusc a dare, o non sent la necessit di dare un codice di vita morale valido per tutti. 1 C oll. Die griecMschen O. S t a h l i n , v o i . II, Lipsia

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> GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Lamore, la oharitas dice Clemente accordo delle idee, deUa vita e del costume comunit di vita ( ), ma, sulla base della tripartizione gnostica, considera lumanit come fratellanza di eletti che partecipano ad uno stesso spirito, di , e solo nellambito di questa aristocrazia di credenti si pu realizzare il vero amore, la vera amicizia, che per tutti gU altri si risolve nel complesso dei comuni rapporti sociali, che Clemente rifiuta di prendere in considerazione. Lo gnostico infatti prosegue estraneo al mondo tuttavia Dio ha fatto gli uomini , per cui essi possono ricompensare questa assenza apostolica ( ) vivendo la vita comune, purch questa non impedisca loro di compiere il pi alto ed importante dovere, che la ragione ed il fine della vita umana. Date queste premesse, facile comprendere come i passi X , 100 del Protreptico e III, 32, 91 del Paedagogus, non abbiano, nelle intenzioni dellautore, il valore di norme definitive ri guardo un problema che evidentemente non oggetto di un interesse immediato da parte di Clemente. Il primo una con ferma della teoria che la condizione sociale e giuridica del fedele non ha alcuna importanza per il raggiungimento della perfe zione morale ; il secondo un completamento del precedente giudizio secondo cui il cristiano pu vivere nel mondo, purch questa sua vita non costituisca un ostacolo troppo grave nel ladempimento del suo dovere verso Dio. Non si pu negare che in queste frasi Clemente abbia espresso la sua opinione sulla questione dei soldati, ma non si pu qui parlare di una posizione tollerante o fllomiUtarista in antitesi ad una posizione rigorista a antimilitarista quale fu quella di Tertulliano. Tertulliano affronta decisamente il pro blema, Clemente no. Egli si mantiene su di un piano del tutto diverso, in cui certe questioni non entrano che di riflesso, e perci non ricevono una soluzione adeguata alla loro importanza.
^ Stromateis, II, c, 9, p. 134. ^ Cfr. la Lettera a Diogneto, V, 9-10 (in Opera Justini addubitata, voi. I li, ed. O t t o , 3^ ed., Jena 1879, p p . 176-78).

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Questa soluzione sar data dai pensatori occidentali, o, pi precisamente, dagli africani, maggiormente interessati di quanto non fossero gli orientali ai problemi della vita pratica e della responsabilit umana. Per quanto riguarda il passo II, 11, del Paedagogus^ per il quale lautore presentato come un pacifista ad oltranza, ancor pi facile vedere come il grave problema della guerra abbia qui ben poca importanza, anche se, a conferma di una diversa tesi, si possano citare i capitoli II, 18-19 e IV, 13 degli Stromateis, in cui si insegna anche lamore per i nemici ed il perdono delle ingiurie Nel passo citato del Paedagogus, Clemente d consigli sul modo di vestirsi meglio e pi decorosamente, parla della petti natura, dei gioielli ed infine dei vestiti che possono essere de corati in vario modo; ma il cristiano dovr preferire quelli che portano disegnati i simboli della pace, come le colombe, e della prosperit (navi, ecc.), mentre dovr evitare quelli ornati con disegni di lance ed archi, simboli della discordia, e, a maggior ragione, quelU che raffigurano divinit pagane. Mi sembra quindi arbitrario voler forzare il significato di certe espressioni di Clemente Alessandrino, e di altri precedenti scrittori, o in favore di una particolare tesi, o per poter trovare in autori quanto pi antichi, la presenza di una questione che non aveva ancora nessuna ragione dessere. A suo tempo e a suo modo questo problema nascer e si imporr alla attenzione degli scrittori cristiani tra quali, TertUiano per primo, gii dedicher unintera opera.

. eit., voi. II, Lipsia 1906, pp. 153-69 e 287-90.

C a p ito lo

T erzo

GLI SCRITTOEI DEL III SECOLO

1.

IL TERZO SECOLO.

Il segno dei mutati rapporti tra cristiauesimo e impero allalba del III secolo, si manifesta anche nel mutato atteggia mento degli scrittori per quanto riguarda il problema della guerra. questo il secolo di Tertulliano, di Origene, di Lattanzio, pensatori con i quali la posizione del cristianesimo si fa pi precisa, mentre, daltro canto, si chiariscono anche agli occhi degU imperatori, i motivi del contrasto. A met del secolo (249-251), Decio inizia le grandi persecuzioni che saranno con tinuate da Valeriano e culmineranno poi in quella di D io cleziano. Essa fu lestremo tentativo di distruggere con la vio lenza un movimento che per la sua vastit non poteva pi essere ignorato ne assorbito neUa compagine religioso-sociale dello stato, mentre minava le basi stesse dellimpero. Per il periodo precedente non si pu parlare di vere e proprie repressioni dirette in particolare contro il cristianesimo ; anzi, per un certo tempo le sporadiche e disorganiche repressioni, colpirono indistintamente ebrei e cristiani, che non costitui vano per i gentili due sette ben distinte, ma erano accomunate per il loro intransigente monoteismo, ostile in entrambi i casi alla vecchia religione di stato, in ununica accusa di ateismo
1 Cos si possono interpretare le persecuzioni di Claudio, Nerone, Doiniziano. Questultimo colp proprio i cristiani, ma la sua azione fu di breve

oO

LA

(ifJEKKA

NKL PENSIERO

CRISTIANO

Ma dopo un periodo di strana incertezza da parte degli imperatori che, pnr considerando fuori legge la professione del cristianesimo, non riuscivano a definirlo giuridicamente \ alla jne del II secolo i motivi delle repressioni si fanno pi chiari ed i mezzi per attuarle pi i)recisi. Il primo imperatore che si mise coscientemente su questa strada fu Settimio Severo, che, senza giungere a vere e proprie persecuzioni, gett le basi di una legislazione anticristiana, proibendo nuove c onversioni sia al giudaismo che al cristianesimo Nel 202, infatti, reduce da una spedizione in Siria, dopo aver potuto constatare personal mente la preoccupante diffusione ed organizzazione della Chiesa., limperatore si decise ad uscire da una situazione di indifferenza, pi che di tolleranza, della quale il cristianesimo aveva saputo approfittare costituendo un serio pericolo per lunit religioso politica dellimpero^, in questo tempo, infatti, esso si organizza con disciplina e con rito unitario, raccogliendo i fedeli in col-

e non el)be se g u ilo . ( i u s k b i o , llisioriv. ecdesiasiica, III, 17, 18, ; !:0, i)-7, cd. M o m m s e n , voi. i, p. 230, Cfr. anche IjA T T a n z io , De pfrfipciiforunt, 3 ; > S v k t o n io , Oomiziavo, 15 ; D i o n e C a s s i o , Historia ro mana, L X Y ll, 14). Sull( i)erseciizioi)i : P. A l l a r d , Histoire des perscuiiois, :- e<l., l^ar{.>'i 1908 ; V . F k a c a s s i n i , Jj impero romano e il cristiane simo ila Neroie a Conianlinoy Perugia 1913. ^ Questa iacertezza - diinostrata dalle fauose let.tcre 96 e 97 deir<j>i stolario di Plinio e Traiano e da cjuella che in unoccasione analoga Adriano scrive a ( Minu(io Fundaio, governaiore dAsia. Cfr. lioMO, Les eniperc'urs romains et le chrislianisioie, Piirigi i032, p. 43 sg. Historia Angusta, Severus, cap. XV^IT. ^ S p a r z i a n o , autoi'e del capitolo della Historia Augusta, dedicato a Severo, dico che rimpevatore : ... ludaeos fieri sub gravi poena vetuit, idem etiam de christianis sanxit . Lautenticit di questo provvedimento (non si sa sia stato una legge o un rescritto) stata messa in dubbio da molti, ma la notizia sembra attendibile, se si considera il fatto che proprio in questi anni ci furono varie repressioni ed in particolaro contro i nuovi pro seliti, come S. Perpetua ed i suoi compagni, che erano tutti catecumeni (v. Passio S. Perpetuae, in Aus. Mari., Berlino 1902, p. 61 sg.) Eusebio ricorda anche la morte di Leonida, padre di Origene, avvenuta in questa occasione (Hist. EccL, VI, 1, ed. M o m m s e n , II, 2, p. 518), e aggiunge (VI, 7, p. 520) che la violenza della persecuzione fu tale che si parl della A^enuta deirAnticristo.
(Liiraia

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legia, che davano ombra allimperatore Su questa base, inol tre, e di fronte alla maggior chiarezza dellazione imperiale nei confronti della Chiesa, si viene sviluppando un altro elemento nel seno della Chiesa stessa, elemento che era gi implicito nella precedente predicazione e soprattutto nel pensiero di Ippolito, il quale, ponendo lantitesi tra mondo celeste e mondo terreno, considerato il primo opera di Dio, il secondo regno dei demoni e di ogni corruzione, distingueva gli uomini in due societ, quella dei fedeli e quella degli infedeli, quella dei buoni e quella dei malvagi, ponendo cos le basi sulle quali in seguito fu possi bile al cristianesimo crearsi una coscienza politica. Questo motivo, che costituisce uno dei nuovi temi dellapo logetica del III secolo, permette anche di distinguere netta mente il cristianesimo dallo stoicismo, che per tanti aspetti gli cos vicino. Accedet vir sapiens rempublicam, aveva detto Ze none nisi quid impedierit , ma questimpedimento, cui fa cenno il filosofo, allo svolgimento di unazione politica, si pre sentava continuamente allo stoico che, vivendo nel miraggio di una teorica societ jjerfetta, non poteva non sentirsi urtato dalla volgarit della societ reale. Perci se Marco Aurelio, pur sentendosi cittadino del mondo, fu costretto dalla sua posizione a contaminare questo astratto umanitarismo con una politica nazionalistica e romana, a Seneca fu lecito isolarsi in una orgo gliosa astensione da ogni attivit che lo avrebbe costretto a venir meno ai suoi principi. {De otio, De vita beata, De tranquil litate, sono le opere pi significative a questo riguardo). Tutta via se anche lo stoicismo non pot esplicare una diretta ed effi cace azione nella vita politica, non avrebbe mai concepita una societ diversa da quella degli uomini comuni. Il suo supernazionalismo non ostilit contro le societ storiche, ma il tenta tivo di distruggerne i confini nazionalistici, per riassumerle tutte nel comune denominatore deUumanit. Il cristianesimo invece, prendendo coscienza di s come tertium genus contrapposto
* Cfr. Digesto, I, 12, 1, 14: Divus Severus rescripsit eos etiam qui illicitum collegium coisse dicuntur, apud praefectum urbis accusandos , od. M o m m s e n , voi. I, Berlino 1868, p. 29.

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LA GUERKA NEL PENSIERO CRISTIAMO

ad ebrei e gentili, istituisce una divisione dellumanit, di cui, una parte fa capo a Dio, laltra alla potenza del male. Perci la Chiesa non solo una societ spirituale, ma anche un popolo, e come tale, ha bisogno di una organizzazione gerar chica e di una legge distinta che al cristianesimo primitivo, per la sua limitatezza ed il suo sistema di vita comunistico, erano completamente estranee. Questo processo nel suo pieno svi luppo nel III secolo e si riflette particolarmente in Tertulliano. Tuttavia non basta a giustificare quanto s detto, lavver sione aUa guerra degli scrittori del III secolo, perch se questi avessero condannata la guerra soltanto per opporsi allo stato che li perseguitava o perch si sentivano membri di un altro stato, che poco aveva a che fare con quello in cui erano costretti a vivere, si sarebbe verificata unopposizione generale contro limpero e tutte le sue manifestazioni, come se si trattasse di un impero nemico. Questo invece non avvenne che in casi estremi ; daltra parte un fatto del genere impUcherebbe una perfetta coscienza dei motivi del dissidio tra luna e laltra potenza, e anche questo non mi sembra probabile. Pi proba bile invece che questi elementi concorrano insieme ad altri a creare una particolare atmosfera che non imputabile solo ai cristiani. Infatti, per quanto riguarda in particolare la questione della guerra, per essere buoni soldati, quali richiedeva lo stato militare instaurato dai Severi, il cittadino doveva essere soste nuto da grandi ideali patriottici, dallorgogho di essere soldato, e perci superiore a tu tti gli altri uomini, e daUa violenza del carattere. I primi due punti sostanzialmente si identificano, sia per la loro origine, sia per i motivi che condussero alla loro dissoluzione. J noto infatti che nellimpero di questepoca, non molto rimaneva dellantico patriottismo, non solo nei cri stiani che aveva eletto a loro patria il regno dei cieli e si senti vano pellegrini su questa terra, ma anche negli altri cittadini. Un tempo, il prestare la propria opera allo stato, era non solo il maggior dovere ma anche una ragione di vita. Mai un cittadino romano avrebbe cercato di sottrarvisi, ne avrebbe anteposto alcunch allamore di patria, di cui era fierissimo, quasi esso accentrasse in se ogni dignit. Dice Valerio Massimo :

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Arctissimis sanguinis vinculis pietas satisfecit : restat nunc ut patriae exibeatur, cuius maiestati etiam illa, que deorum numinibus sequatur, auctoritas parentum, vires suos subiecit Lo stesso Marco Aurelio, che come filosofo si sentiva cittadino del mondo, come romano si mostrava fiero di questa grandiosa tradizione patriottica Ma gi in questi tempi lindifferenza cominciava a diffon dersi tra i cittadini che, pi preoccupati di un tempo dei loro interessi personali, provavano una certa ripugnanza a distrarre la propria attivit dalle cose loro per dedicarla allo stato. Ne un esempio latteggiamento di Apollonio di Tyana il quale preferisce non svolgere alcuna attivit pubblica, come tutti coloro che dedicano la pi grande attenzione alla loro vita interiore. Probabilmente non fu estraneo al sorgere di questa menta lit, il fatto che, con linstaurazione di un regime militare asso lutistico, sera venuta formando nellambito stesso della societ una classe privilegiata, quella dei soldati, che costituiva lari stocrazia attiva dellimpero, mentre gU altri cittadini, sminuiti nella loro importanza, erano portati a disinteressarsi dei pro blemi dello stato e a chiudersi in un loro mondo egoistico. Que sto disinteresse era cos diffuso che non tard a far sentire le sue conseguenze. Infatti, soltanto qualora i cittadini fossero stati sostenuti da forti ideali si sarebbe potuto reclutare un esercito di volontari che, secondo le necessit dellassolutismo imperiale, avrebbero dovuto costituire una milizia dellimperatore che era la base stessa del suo potere, cos come fin dagli inizi la potenza di Eoma sera appoggiata alle armi e alla concordia dei suoi cittadini Gi al tempo degli Antonini serano viste le disastrose con seguenze di questo disinteresse, per lo stato. Eenan, citando Capitolino, ricorda come Marco Aurelio, in procinto di fare una
V, VI, 1. I, 31, XI, 4. * In PiLOSTRATO, V ili,

22.

* Cfr. V a l e r i o M a s s i m o ,

II, VII, 1.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

spedizione contro i Quadi, fu costretto ad arruolare un esercito composto in prevalenza di vagabondi e di ladri, perch ben pochi cittadini avevano risposto allappello Questa indifferenza nei confronti di ogni servizio civile e militare, diffusa in larghi strati della popolazione, era acuita nei cristiani daUa loro stessa religione, fondamentalmente con traria a ci che pu legare troppo luomo al mondo facendogli dimenticare la patria celeste. Il mio regno non di questa ter ra aveva detto Ges, e perci pi di ogni altro cittadino il cristiano era portato ad abolire in s ogni traccia di patriotti smo e di campanilismo. A questo proposito il Le Blant, nel suo studio sulle antiche lapidi tombali ha notato che tra le notizie che come di con sueto si davano del defunto, il nome della patria appare solo raramente, e ancor pi di rado viene ricordato il servizio prestato nellesercito. Secondo lautore soltanto il 5% delle lapidi da lui prese in esame, porta la notizia che il defunto era stato sol dato. Se da questo fatto non si pu concludere addirittura, come fa il Le Blant, che i cristiani erano affatto contrari ad ogni attivit svolta in favore dello stato ed in particolare al servizio militare, certo si pu dire che non lo consideravano un merito. Mancando questo motivo patriottico che un tempo era stato lorgoglio del popolo romano e laveva guidato nelle sue con quiste, non poteva certo aver molta importanza il vanto di essere soldati di Roma, e sempre meno ne ebbe via via che leser cito si allontanava dalla societ cittadina aUa quale, al tempo della repubblica, era indissolubilmente unito, sia per il sistema di reclutamento, sia per il genere di vita. N limperatore avrebbe potuto far leva con i cristiani sulla violenza. Essi non potevano, per principio, nutrire un animo violento, senza contraddire con questo ai pi elementari e fondamentali precetti evangelici. Stando cos le cose, compren1 C a p i t o l i n o , X XI, 23, presso E. R e n a n , Mare Aurle, Parigi 1882, pp. 253-55. ^ Les inscriptions chrtiennes de la Gaulle romaine, voi. I, Parigi 1890, p. 128 sg.

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sibile che non solo Tertulliano ed i fedeli che come lui erano im pegnati da unetica tanto intransigente, ma anche i cristiani meno zelanti accettassero, pi o meno passivamente, come tutti gli altri cittadini, una situazione politica, senza preoccuparsi affatto di potervi svolgere una efficace e determinante azione. Per essi inoltre, a complicare maggiormente i loro rapporti con limpero e a staccarli sempre pi dal resto della societ, interveniva il fattore religioso, a causa dellidolatria che per meava tutte le manifestazioni deUa vita civile e pohtica. Que sto fondamentale motivo di discordia tra cristianesimo e mondo pagano sempre presente allattenzione di Tertulliano e costi tuisce quasi il filo conduttore della sua polemica. 2. TERTULLIANO. Fin dalle prime opere, infatti, scritte tra il 197 e il 200, in un periodo cio dei pi felici, in cui Tertulliano si sente pi concihante di quanto non si sia mostrato in seguito, egli com batte tutto quanto pu aver attinenza con il paganesimo e con sidera quasi lidolatria come lunico ostacolo posto tra il cri stiano e il resto della societ, nella quale il fedele avrebbe dovuto vivere purch si fosse astenuto da atti contrari alla sua religione. Il Monceaux ^ ha giustamente osservato che Tertulliano, fingendo la massima libert e ponendo solo questo limite alla convivenza tra pagani e cristiani, veniva praticamente ad im pedire a questi ultim i ogni partecipazione aUa vita pubblica. Non so se il nostro scrittore si sia reso conto che il mo mento reUgiosonon era per la societ pagana una sovrastruttura, qualcosa di estraneo, imposto dal di fuori e accettato per abi tudine, ma lespressione vitale di una determinata mentalit, e che perci, combattere lidolatria voleva dire combattere tutto un mondo che pi di ogni altro aveva nella religione una delle sue maggiori manifestazioni. Certo che egli non si illuse mai, come Origene, che un giorno il mondo pagano potesse conver1 Histoire littraire de lAfrique ehrtienne, voi. I, c. II, Parigi 190L

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, GUERRA NBL PENSIERO CRlSTIAiNO

tirsi in massa al cristianesimo, e fin da quando scriveva VAd nationes, si rese conto che una efficace lotta contro lidolatria, si poteva svolgere solo combattendo nella societ stessa le cause che lavevano originata E in seguito scrisse tutta una serie di operette dirette contro lo stato e la vita civile nelle loro varie espressioni, opere nelle quali il motivo della lotta contro il paga nesimo costante e fondamentale. Nel 211, e probabilmente nel campo militare di Lambesa, avvenne un fatto che offr a Tertulliano loccasione di pronun ciarsi su di un argomento che gi in precedenza, sia pure meno direttamente, laveva interessato. Ecco come lo scrittore cartaginese rifer il fatto nelloperetta che gU dedic : Proxime factum est : liberaUtas praestantissimorum imperatorum expungebatur in castris, miUtes laureati adibant. Adhibetur quidam illic magis Dei miles ceteris constantior fratribus, qui se duobus dominis servire posse praesumpse rant. Solus, libero capite, coronamento in manu otioso, vulgato iam et ista disciplina christiano, relucebat. Denique singuli designare, eludere eminus, infrendere comminus, continuo murmur : tribuno <nomen > defertur, et persona iam ex or dine accesserat. Statim tribunus : Cur inquit tam diversus habitus? Negavit iUe sibi cum ceteris licere. Causas expostu latus ; Christianus sum respondit
1 Ad nationes, II, 1 ; CSEL, ed. R e i p f e r s c h e i d -VVi s s o w a , 1890, pp. 93-95. ^ De Corona, c. 1 ; ed. M a r r a , Milano 1950, p. 39. Che il fatto sia acca duto a Lambesa, ormai accettato da tutti i critici ; lautore non lo dice espressamente, ma parla come se ci si fosse verificato in un luogo molto vicino alla localit dove lui stesso risiedeva, a Cartagine, si potrebbe pen sare se, contro questipotesi non ci fosse la notizia che il soldato fu inter rogato successivamente da un tribuno e da un prefetto, il che implica la presenza al campo di ufficiali superiori e questi probabilmente si trovavano a Lambesa, che era 11 distaccamento militare pi importante della zona (cfr. C a g n a t R., L arme romaine d'Afrique, Parigi 1892, pp. 261-65). Minor accordo c sulla data di composizione dellopera che dovrebbe esser stata scritta, secondo laSermazione dello stesso autore, subito dopo il fatto che le diede origine. Oggi per prevale la tesi del Monceaux (voi. I, p. 106) che, sulla base di unanalisi interna delle opere di Tertulliano, no tando come al c. VI, 16-23, lautore rinvi al De spectaculis, e come al c. I,

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Questo soldato, dunque, forse sotto linflusso delle ultime opere polemiche di Tertulliano, come vorrebbe Harnack, rifiut di porsi in capo una corona dalloro distribuita tra i soldati per festeggiare larrivo al campo dei figli dellimperatore S. Severo, Caracalla e Geta o, con minore probabilit, dellimperatore stesso accompagnato dal suo primogenito, (se il fatto avvenne prima del 2 febbraio dello stesso anno, giorno in cui il vecchio imperatore mori). A differenza dei suoi compagni di fede che, per ammissione dello stesso Tertulliano, erano ormai numerosi nellesercito, rimase con la corona in mano, provocando cos la curiosit e la riprovazione degli altri soldati. E quando il tribuno gli chiese il perch della sua strana condotta, la risposta del soldato, sem plice ed inequivocabile fu tale da procurargli, da parte dellammirato Tertulliano, un caloroso elogio : O militem gloriosum in Deo ! . forse la prima volta che un cristiano ribelle allordine costituito riceve una cos cordiale approvazione ; non sarebbero stati tanto indulgenti gli apologisti del II secolo, e forse neppure il Tertulliano del primo periodo, che, scrivendo VApologetico, aveva protestata lassoluta identit dei cristiani con gli altri cittadini in ogni manifestazione della vita sociale, non esclusa la guerra, per la quale aveva detto, quasi compiacendosene : ... vobiscum militamus ^ e ... castra vestra omnia im ple vimus Ma non solo su questo Tertulliano ha qualcosa di nuovo da dire : c infatti anzitutto il motivo che diede occasione al sol dato di Lambesa di manifestare la sua contrariet. Si trattava di festeggiare larrivo degli imperatori al campo. Ora, ci poteva dar luogo a manifestazioni e cerimonie contrarie alletica cri stiana, nonch al buon costume in genere, e lautore, prendendo
32-33 ci sia una notizia che annuncia il De fuga, colloca l opera e, di conse guenza, il fatto narrato al 211. Di diversa opinione invece il Noldechen (Die Abfasmngzeit der Sehriften Tertulliane, 1898, pp. 35-39), seguito in ci da A. Hamack. * Apologetico, CSEL, ed. II. H o p p e , Vienna 1939, o. 42, 3, p. 101. C. 37, 4, p. 88.

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in considerazione una simile eventualit, aveva gi espressa la sua opinione in proposito ueWApologetico giudicando im morale per un cristiano labbandonarsi ad atti immorali ed idolatrici, ma consentendo che per il resto anchegli potesse partecipare alle feste in onore dellimperatore, al quale doveva assoluta fedelt e rispetto. Nel De corona la conclusione diversa, ma anche largomenta zione che neWApologetico si svolge sul dovere del cristiano verso limperatore, si limita in questopera ad una particolare que stione : luso delle corone ; da questa poi si estende a considerare la conciliabilit del cristianesimo con la milizia. C inoltre un altro fattore importantissimo che differenzia la impostazione delVApologetico da quella del De corona, oltre a quelli gi osservati, e che rivelano la particolare evoluzione del pensiero dellautore. Questa differenza consiste nel fatto che nel De corona non c soltanto la polemica contro il paganesimo, ma entrano in discussione anche problemi interni al cristiane simo stesso, che neWApologetico era invece presentato come una forza unica ed indivisibile. Si potrebbe anzi dire che qui il mag gior rilievo dato alla polemica contro la tiepidezza dei molti cristiani che facevano parte dellesercito. E questo spiegabile per molti motA ; sia perch lautore ha lentusiasmo intransigente proprio dei neofiti, sia perch il montanismo, a cui s recentemente convertito rappresentando la pi rigida espressione della dottrina cristiana gli fa sentire il bisogno di giustificare quasi questa sua nuova posizione di fronte ai compagni di un tempo e di polemizzare sui problemi che pi recentemente lo avevano interessato, sia infine perch U suo passaggio al montanismo gli aveva fatto concepire verso gli altri cristiani la severit propria di chi passa da un ordine di idee ad un altro ordine che pure gli affine. Da questa posizione la lotta contro il paganesimo vista sotto una luce diversa : non c pi, come nVApologetico, lim pegno di polemizzare con gli avversari nella sia pur tenue spe ranza che questi si ravvedano o almeno accettino di fare la pace,
1 C. 5, pp. 14-15.

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ma la lotta tende a distruggere tutto ci che sta nel campo avverso e a badare che nuUa di questo penetri nelle proprie file. Perci Tertulliano, annunciando al c. I il programma del suo lavoro che avr lo scopo di consigliare i dubbiosi, et qui ex sollicitudine ignorantiae quaerunt instruantur, et qui in defensionem deUcti contendunt, revincantur, ipsi vel maxime Christiani laureati, quibus id solum quaestio est, quasi aut nuUum aut incertum saltem haberi possit delictum, quod pa tiatur quaestionem. Nec nullum autem nec incertum hic (au tem ostendam) , imposta precisamente la critica contro coloro che credono di poter conciliare Dio e il mondo, e che per il loro opportunismo sarebbero capaci di tradire la propria fede sottraendosi aUe persecuzioni, rifiutandosi di ascoltare lispira zione dello Spirito e che fuggono poi nel momento del pericolo, rimproverando coloro che non si comportano in tal modo, quasi volessero dimostrarsi pi cristiani degli altri E tale dimostrazione si svolge sempre su due temi : reli gioso e giuridico, che non sempre sono ben distinti ; essa porta con s una valanga di argomenti che soffocano il lettore dub bioso e chi, non avendo labilit dialettica dellautore, non fa in tempo a capire che certe dimostrazioni sono inconsistenti e paradossali. Premesse alcune osservazioni sul valore di una discussione in tal senso *, dopo aver dichiarato che si rivolger non a chi vuole un dibattito, ma a chi chiede un consiglio , lautore affronta subito il primo argomento : quello delle corone in ge nere e della loro liceit per il cristiano. Questo primo punto, la cui dimostrazione occupa ben sette capitoli (II/V III) dei quindici di cui si compone lopera, non ha grande importanza nella soluzione della questione principale : la guerra e il servizio militare, perch qui lautore parla in gene rale delluso deUe corone, lasciando da parte il motivo che aveva suscitato tale questione. per interessante osservare il sistema con cui Tertulliano conduce largomentazione e vedere come ne
* De corona, c. I, 2, pp. 40-41. 2 C. II, 1-2, p. 42. C. II, 3, p. 42.

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deduca una prima soluzione che costituir lostacolo principale per la partecipazione di un cristiano allesercito. un ragionamento lungo e capzioso, impostato su di un paradosso giuridico che ha interessato soprattutto gU specialisti, quali il Vitton che lavorando su questo come su altri testi di Tertulliano, hanno cercato di affermare o di negare lidentit dellapologista con lomonimo e contemporaneo giurista. Comunque si possa risolvere tale questione, una cosa certa, che egli ebbe una efficiente preparazione giuridica e, volendo considerare il cristianesimo come una nuova legge che andasse difesa razionalmente, fece spesso ricorso ai principi regolatori della legislazione umana. Anche in questopera, la prima dimo strazione vuole chiarire i fondamenti razionali del precetto che sta per essere enunciato : in questo, infatti, come in molti altri casi, manca una norma di legge esplicita, oppure tale norma, poco precisa, ha dato luogo ad usi contrastanti tra di loro Il problema sta nel decidere quale sia linfluenza della tradi zione e della consuetudine suUa legge, e quale la loro eficacia suppletiva e derogativa; se si possa insomma ricorrere alltisitatum ius^. Tertulliano afferma questo, con un concetto che perfetta mente consono al pensiero giuridico romano ma nel De co rona egli fa un passo pi avanti : Nam si adeo dicetur coronari licere, quia non prohibetur scriptura, aeque retorquebitur ideo coronari non licere, quia scriptura non iubeat , illazione que sta affatto arbitraria e contrastante con i pi elementari prin cipi interpretativi del diritto. Tertulliano per non considera questultima deduzione meno legittima della precedente, non solo, ma non le distingue nep^ P. V i t t o n , I concetti (jiuridici nelle opere di Tertulliano, Roma 1924. Nam nec semper quaeritur de isto, et laudo idem, quae ante credit observandum esse quam didicit. Et facile est statim exigere, ubi scriptum sit ne coronemur. At etenim, ubi scriptum est ut coronemur? Expostu lantes enim scripturae patrocinium in parte diversa praeiudicant suae quoque parti scripturae patrocinium adesse debere , c. II, 4, p. 43. Un problema analogo si era presentato nel De virginibus velandis,
II, 1.

^ Digesto, X X X Il, 1, 1, 3 ; ed.

M om m sen,

voi. II, p. 71.

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pure e ad illustrare la validit del principio brevemente enun ciato, porta in seguito numerosi esempi che si giustificano, gli uni in forza della prima, gli altri della seconda norma (cap. I l i e IV). Dopo aver dimostrato con alcuni esempi che presso gli Ebrei, e non solo presso di essi, la consuetudine ha valore di legge, di chiara che con ci il problema si sposta e non occorre pi chie dersi se sia vero, ma perch sia vero Il primo motivo per cui il cristiano deve evitare luso delle corone che tale uso contro natura. Nulla infatti proibisce a chi professi la religione di Cristo di servirsi dei fiori per suo diletto, o per sentirne il profumo (questo argomento gi tbWA pologetico) ma il porsi questi sul capo non ha alcuno scopo plausibile, anzi addirittura contrario aUa natura stessa dei sensi. Il ragionamento paradossale, anche se a suo sostegno lautore invoca numerosi esempi, facendo ampio sfoggio di cultura Ma Tertulliano non ammette repliche e, a chi gli pu osser vare che anche a Cristo fu posta in capo ima corona, con un ar dito colpo di penna, osserva che solo una corona come quella pu essere permessa al cristiano. Per al cap. X un nuovo argomento, pi seriamente dimo strato, viene preso in esame dallautore : largomento dellido latria con cui viene introdotta la discussione sul caso particolare delle corone militari. Se non c traccia di uso di corone per Dio, questo perch tale uso riservato agU idoli e ai morti, che, come tali sono in certo senso divinizzati. Ora, se il cristiano usasse le corone, cadrebbe nellidolatria, che deve assolutamente essere fuggita, come dice Giovanni {Lettera i , V, 21) ; e non solo bisogna evi tare lidolatria come costume e modo di vita, ma anche gli idoli
1 C. IV. 8, pp. 46-47. ^ C. IX, pp. 56-57. Afferma che neUAntico Testamento non compaiono mai corone. La notizia per non vera, si parla di corone in Esodo, XXV, 11 e X X X , 3 ; Eccles., XLV, 14; Isaia, LXI, 10; Ezechiele, XXIV, 23 e X X III, 42. * Cfr. C l e m e n t e A l e s s a n d r i n o , Pedagogo, II, 8.

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stessi e la loro effigie, perch indegno che il fedele, immagine del Dio vivente, si comporti come un idolo o come un morto. Cos farebbe ponendosi in capo quella corona che nellambiente pagano vien posta suUe porte dei tempU, sugli altari, sul capo delle vittim e e dei sacerdoti, cose tutte che dimostrano come tale uso sia, non solo estraneo alla tradizione ma anche contrario. Condannato cos in genere luso delle corone, lautore limita la sua attenzione alluso delle corone militari. Ma per far que sto dice bisogna vedere se la milizia non sia gi di per s contraria alletica cristiana. Etenim, ut ipsam causam coronae militaris aggrediar, puto prius conquirendum an in totum Christianis militia conve niat. Quale est alioquin de accidentibus retractare, cum a prae cedentibus culpa sit? Credimusne humanum sacramentum di vino superduci licere, et in alium dominum respondere post Christum, et eierare patrem ac matrem {Esodo X X , 12) et omnem proximum, quos et lex onorari et post deum diligi praecepit (Matt. X , 37), quos et evangelium, solum Christum pluris faciens, sic quoque honoravit ? Licebit in gladio conver sari, domino pronuntiante gladio periturum qui gladio fuerit usus ? E t proelio operabitur filius pacis, cui nec litigare conve niet? Et vincula et carcerem et tormenta et supplicia admini strabit, nec suarum ultor iniuriarum? lam et stationes aut aliis magis faciet quam Christo, aut et dominico die, quando nec Christo? Et excubabit pro templis, quibus renuntiavit? E t cenabit iUic ubi apostolo non placet? (Paolo, I cor., V III, 10). E t quos interdiu exorcismis fugavit, noctibus defensabit, incumbens et requiescens super pilum quo perfossum est latus Christi? Vexillum quoque portabit aemulum Christi? E t si gnum postulabit a principe, qui iam a Deo accepit? Mortuus etiam a tuba inquietabitur aenatoriis, qui excitari a tuba angeU expectat? E t cremabitur ex disciplina castrensi Christianus cui cremari non licuit? Cui Christus merita ignis indulsit? Quanta alia inde delicta circumspici possunt castrensium mu nium transgressioni interpretanda ! Ipsum de castris lucis in castra tenebrarum nomen deferre transgressionis est
J C. XI, 22, p]>. Gl-62.

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I m otivi che dovrebbero allontanare il cristiano dallesercito non sono pochi ne di scarsa inportanza ; sembra, per che qui Tertulliano, nonostante metta in luce lassurdit di una simile convivenza, non la escluda del tutto : Piane, si quos militia praeventos fides posterior invenit, alia condicio est, ut illorum quos Johannes admittebat ad lavacrum, ut centurionum fide lissimorum, quem Christus probat et quem Petrus catechizat, dum tamen, suscepta fide, atque signata, aut deserendum statim sit, ut a multis actum, aut omnibus modis cavillandum ne quid adversus deum committatur, quae nec extra militiam permittuntur, aut novissime perpetiendum pro deo, quod aeque fides pagana condixit Quindi il soldato, convertendosi quando gi fa parte delleser cito, potr rimanervi, ma presto sar costretto a decidere se disertare^ o cercare in ogni modo di cavillare per tenersi in equilibrio e non cadere in azioni illecite, o sopportare quel che per questi casi il mondo pagano ha stabilito : la morte. Certo, prosegue Tertulliano, la vita nellesercito sar diffi cile per un cristiano, ch nulla garantisce che il soldato non sia indotto a compiere azioni malvage o che, qualora non le com pia, sia esente da ogni persecuzione. Ma la sua fede non ammette titubanze, non ammette obblighi estranei : unico obbligo quello di non peccare, e al momento della scelta, una sola la via da scegliere. Spesso la volont di non commettere il male e la necessit

I C. XI, 23, p. 62. ^ Lespressione : aut deserendum, ut a moltis actum , non chiara. Per lo pi si intende : bisogna disertare le file dellesercito, come molti hanno gi fatto , ma lOehler (nota al passo cit. nella ed. Teubner, Lipsia 1853) interpreta come fosse deserenda est ides modo praecepta atque signata . Grammaticalmente e stilisticamente questa seconda interpreta zione e migliore (c una gradazione tra i tre membri della frase : aut... aut... aut...), inoltre, se si accetta la prima interpretazione, non ci sono documenti che provino che molti soldati abbandonarono lesercito, come vorrebbe lautore (ut a multis actum), ma non neppure molto probabile che se quei multi rinunciarono alla loro fede per paura, Tertulliano abbia tenuto a metterlo in rilievo con una affermazione che non strettamente indispensabile alla comprensione del testo.

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di seguire un determinato costume possono venire in conflitto, e questo il caso preso in esame in questopera, per cui, o ci si allontana da determinati uffici, per non compiere tali azioni, o si subisce il martirio per essersene allontanati. Se questo passo pu dar luogo a qualche dubbio, unulte riore precisazione nel De idololatria, stabilisce definitivamente, a distanza di pochi mesi, quale sia il vero pensiero di Tertul liano in proposito : De isto quaeritur, an fideUs ad militiam converti et an militia ad fidem admitti, etiam caligata vel in ferior quaeque, cui non sit necessitas immolationum vel capi talium indiciorum. Non convenit sacramento divino et humano signo Christi et signo diaboli, castris lucis et castris tenebra rum, non potest una anima duobus deberi, Deo et Caesari Quomodo autem bellabit, immo quomodo etiam in pace mih tabit sine gladio quem dominus abstulit? Nam etsi adierant miUtes ad Johannem et forman conservationis acceperant, si etiam centurio crediderat, omnem postea militem Dominus in Petro exarmando discinxit. Nullus habitus licitus est apud nos illicito actui adscriptus Con questa singolare interpretazione del Vangelo, egli esprime il suo ultimo giudizio, chiaro, inequivocabile. Se nel De corona si pu credere di trovare ancora una via di mezzo perch il soldato possa rimanere nellesercito senza abbandonare la fede qui viene completata e, in parte, corretta la precedente affer mazione con unargomentazione che riproduce punto per punto nello stesso ordine, i motivi trattati nel primo testo, quasi lau tore fosse stato invitato, proprio in base a quel testo, a chiarire il suo pensiero. Egli esclude categoricamente per il cristiano la possibilit di entrare nellesercito, anche nel caso si tratti di un soldato semplice che non avrebbe, come gh ufficiali, compiti che possano essere in contrasto con i precetti della sua religione. Non si tratta qui solo dellastensione da determinati atti, come era stato raccomandato nelle prime opere, n di semplice indifferenza verso una delle pi importanti attivit dello stato.
1 De idoloUtria, c. XIX, . 53.

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Qui la milizia dichiarata castra tenebrarum, Cesare contrap posto a Dio, quasi fosse lo spirito del male opposto allo spirito del bene. Si tratta qui di una vera e propria dichiarazione di guerra ad un mondo intimamente compenetrato di idolatria, di quellidolatria che si rivela in ogni sua manifestazione, anche nella pi innocua. Infatti, ritornando a quanto aveva gi detto sulluso delle corone militari, al cap. X II lautore ricorda che se queste sono di alloro, hanno la loro origine nel culto di Apollo e di Bacco, i quali vengono incoronati, luno come Dio delle armi, laltro come dio dei trionfi ^ ; se poi questa di mirto si ricollega al culto di Venere, che a sua volta connesso a quello di Marte : se di ulivo, ricorda la corona che Nettuno diede a Minerva, dea della guerra. Da tutto ci TertuDiano deduce che per una duplice ragione luso delle corone deve essere vietato ai cristiani. Se poi le orgini di questuso vanno cercate nellidolatria, anche i m otivi per cui vengono usate sono deUa stessa specie. Ohe pu ri spondere un cristiano a chi gU rinfacci questo? NuUa, ma ... etiamsi tacet Ole christianus ore, coronatus capite respondit . Lo stesso succede nelle feste per i donativi militari, e poich queste manifestazioni di paganesimo non sono gratuite, il parte ciparvi un vendere Cristo come fece Giuda. Perci, prosegue Tertulliano, stato detto : non potete servire due padroni... non potete servire Dio e Mammona {Matt., VI, 24), e per que sto stato detto : date a Cesare quello che di Cesare {Matt. X X II, 21) perch non si pu restituire luomo a Dio e portar via il denaro a Cesare . Ci sarebbe poi unaltra milizia, quella che si occupa della persona dellimperatore ; ma il cristiano che vi facesse parte sarebbe cos effettivamente al servizio di due padroni, e non c motivo di credere che questa sia la miUzia migliore I capitoli seguenti sono una conclusione nella quale lautore dimostra con numerosi esempi come debba essere estranea ogni forma di idolatria al cristiano, e lo invita quindi ad astenersene, anche a costo di sacrifici che saranno poi ricompensati.
1 Cfr. P l i n i o , N. H - C. , pp. 63-65.
XV,

29, 30

e V a l e r i o M a ssim o , I I I ,

6, 5.

4:6

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Tertulliano cos conclude la sua opera che, Iniziata con lelo gio del soldato che aveva rifiutata la corona, termina con la promessa di una corona migliore, proiezione in una sfera pi alta di tutti i desideri e le aspirazioni che sulla terra non pos sono trovare che una imperfetta soddisfazione. In questa tenue trama egli riesce a far entrare di scorcio molti altri problemi che investono numerosi aspetti della vita, ma che sono tutti in funzione di quella prima fondamentale opposizione ad un mondo che gli era estraneo ed ostile. Gli argomenti che Tertulliano adduce per impedire al cri stiano la vita militare, sarebbero sufficienti, ognuno per s, allo scopo : il fedele non deve giurar fede ad un uomo, quando s gi impegnato totalmente con Dio, non deve usare le armi, dal momento che Cristo stesso glielha proibito; come figlio della pace, non potr combattere nelle battaglie, perch la sua legge gli vieta anche di litigare ^ ; non metter in prigione il suo pros simo per conto daltri, lui che non deve vendicarsi neppure delle ingiurie ricevute^. Servendo nellesercito, infine, condurrebbe una vita che assolutamente vietata dalla legge divina. Ma tutti questi motivi addotti da Tertulliano, hanno la loro spiegazione in quella prima domanda : Credimusne huma num sacramentum divino superduci licere? . Considerando tale questione alla luce della nostra moderna mentalit, questa opposizione della quale i precetti di non uc cidere e di non compiere atti idolatrici sembrano due corollari, ci riesce incomprensibile. vero che lultimo motivo, quello della idolatria, non ha pi ragione dessere, ma se un rifiuto oggi si oppone ad entrare nellesercito, tale rifiuto m otivato solo dalla ripugnanza per luccisione di altri uomini, mai dalla

1 Cfr. Apologetico, c. 37 : Si inimicos, ut supra diximus, iubemur obligere, quem habemus odisse? Item si laesi vicem referre prohibemur, ne de facto pares simus, quem possumus laedere ? , p. 88. E De Pallio, c. 5 : Ira non contendo, causas non elabo, non iudico, non milito, non regno, secessi de populo (ed. M a r r a , Milano 1932, p. 81). ^ In questo passo, 1indifferenza per lo stato e le sue funzioni, sembra far considerare alFautore, pi importante la vendetta privata della giustizia, e i sentimenti e risentimenti personali, pi legittimi dei doveri civili.

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pretesa inconciliabilit di un giuramento umano e di un giura mento divino. Questo fatto per trova la sua spiegazione considerando, da un lato la particolare mentalit di Tertulliano, dallaltro il mo mento in cui queste affermazioni sono state fatte. Linconciliabilit del cristianesimo con il giuramento reso allimperatore come Dio, era gi stata affermata da Tertul liano nftWAplogetico ^ e ci non ha nuUa di strano. Sembre rebbe invece singolare laccostamento di un sacramentum hu manum, inteso come obbligo al sem zio militare e di un sacramen tum divinum che imponga ai fedeK gU stessi obblighi che hanno i soldati, ma per il servizio di Dio. In realt Tertulliano nella sua opera usa il termine sacramentum in due accezioni : la prima come sacramentum, nel significato che comunemente data a questa parola, la seconda come giuramento militare, dal quale il cristiano, come miles Christi, deve essere impegnato totalm ente e per tutta la vita. Questa interpretazione appare evidente da diversi passi ^ e viene confermata anche dallinterpretazione che lautore d della struttura della Chiesa e della sua missione. Per Tertulliano infatti tutti i cristiani, e in particolare i martiri, sono milites Christi, che obbediscono agli ordini del loro celeste imperator . Il clero paragonato alla gerarchia degU ufficiali * mentre gli eretici sono definiti i rebelles della chiesa E ancora, le veglie e i digiuni vengono interpretati come funzioni caratteristiche

' Sed iuramus, sicut non per genios Caesarum, ita per salutem eorum, quae est augustior omnibus geniis. Nescitis genios daemonas d ic il.. Nos iudicium Dei suscipimus in imperatoribus, qui gerentibus illos praefecit. Id in eis scimus esse, quod voluit ; ideoque et salvum volumus esse quod Deus voluit, et pro magno id iuramento habemus. Caeteros daemonas, id est genios, adiurare consuevimus ut illos de hominibus exigamus, non deierare ut illis honorem divinitatis conferamus . A'plogeUco, c. 32, 2, p. 81. Ad Martyras, 3 ; De praescriptione haeretieorum, 20 ; Be idololatria, 19 ; Scorpiaee, 4 ; Be spectaculis, 24 ; De corona, 11. * De exhortatione, 12 ; De fuga, 10. * A d martyras, 3. De praescriptione haereticorum, 41.

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del servizio militare cristiano ^ secondo lespressione che gi aveva usato Erma, nel senso di montare la guardia Tertul liano parla anche della levis sareina domini^, di vexilla e di donativa e degU impedimenta che devono portare i martiri Tutte queste espressioni per non sono assolutamente in contrasto con il vangelo della pace, cosi come non lo erano state nel pensiero degli scrittori cristiani pi antichi, che avevano sem pre fatto uso di termini del linguaggio militare, in senso meta forico. Per Tertulliano per non si pu neppure parlare di un uso completamente allegorico di tali vocaboh ; egli interpreta realisticamente il cristianesimo come militia Christi, come im pegno al quale non se ne pu aggiungere alcun altro, come lotta aperta contro tutto ci che sta al di fuori di tale militia : per esempio limpero romano. Proprio per questo Tertulliano invita i cristiani ad essere come i soldati di Mitra, non solo perch esigano dalle autorit alcuni diritti come, pare, quello dellesenzione dal servizio m i litare, che gi era stato concesso a quei fedeli, ma anche per pro spettare loro un perfetto modello di organizzazione e di disci plina ; organizzazione e disciplina delle quali la Chiesa del terzo secolo, che si avviava a diventare una societ sempre pi numerosa, aveva bisogno, non bastando pi la rigorosa legge morale che aveva guidato la vita della primitiva comunit che, per la sua limitatezza, poteva veramente costituire la societ deg eletti e dei perfetti cristiani. Nel giro di questi anni tale necessit si fa sentire, ed anche le questioni pi semplici diventano oggetto di discussione tra chi vorrebbe conservare immutato lantico rigore entusiasta
* De corona, XI ; De ieiuniis, 1 ,10-13 ; De fuga, ] ; Adv. uxorem, 11,4; De orai., 19. Similitudine, V, 1 : , ed. F unk , Tiibingen 1881, p. 450. De monogamia, 2 ; De ieiunio, 12. * Come i n P a o l o , Efes., 4 , 8. De corona, c. XV, pp. 71-72. Il mitraiemo si era organizzato sul mo dello delle gerarchie militari ed i suoi fedeli, ad un certo grado della loro iniziazione assumevano il nome di milites e venivano arruolati, per cos dire con un sacramentum. P. C u m o n t , Les mistres de Mithra, Bruxelles 1900, p. 125 sg.

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e chi preme per far accettare uninterpretazione della legge pi adatta alla moltitudine, il che pu s condurre ad una ec cessiva debolezza, ma rivela sempre lesigenza di nuovi valori e di nuovi problemi. TertulUano un conservatore e vorrebbe che lantica au sterit, codificata in una legge e in una serie di norme discipli nari deg atti umani, non andasse perduta, anche se la comunit non pi quella di un tempo, anche a costo di non voler com prendere le nuove esigenze e di volersi isolare con una piccola lite di perfetti custodi della verit, secondo un principio che giustamente stato definito pi filosofico che cristiano. Questa esigenza di ordine e di severit disciplinare presente in tutta la sua polemica di moralista ^ ; egli si pone, in ogni questione, nelle vesti di un giudice che deve giudicare, ma non sempre trova nelle Scritture delle norme esplicite che gh diano armi sicure per la lotta. Solo il montanismo riesce a soddisfare la sua sete di giustizia ed il suo scrupolo morale con una legge che, se anche impone i sacrifici pi grandi, dettata dallo Spirito per mezzo dei suoi profeti ed quindi di origine divina. Tertul liano non ammette deroghe, di fronte ai numerosi cristiani che ormai si trovano nellesercito, si irrigidisce nel suo precetto ed abbandona al loro destino, bollandoli con il dispregiativo di psichici, coloro che non vogliono seguirlo
^ Ad eeempio contro il marcionismo, che egli considera una presa di posizione chimerica ed assurda, capace di portare ai peggiori disordini, perch egli sente lesigenza di una precisa norma che codifichi il sentimento morale in legge (cfr. Ad uxorem, T, 2 ; De exhortatione castitatis, ; Be ieuniis, 4 ; De virginibus velandis), perch ogni interpretazione possi bilistica del vangelo urta la sua mentalit, che potremmo definire di giu rista, come una mollezza imperdonabile. ^ bene notare che il soldato del De coroyia, non solo rifiut di accet tare la corona (perch in questo caso loperetta non avrebbe limportanza che in realt ha, nel pensiero di Tertulliano sulla guerra), ma non appena si trov di fronte agli ufficiali che dovevano interrogarlo : ... gravissimas paenulas posuit, relevari auspicatus, speculatoriam morosissimam de pe dibus absolvit, terrae sanctae insistere incipiens gladium nec dominicae defensioni necessarium reddidit ; laurea et de manu corruit, et nunc rufatus sanguinis sui spe, calceatus de evangelii paratura, succinctus acutiore verbo dei, ac totus do apostolo armatus, ut de martyrii candida melius coronan-

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Da questa posizione estrema ogni convivenza con il mondo pagano gli appare impossibile, non per singoli e particolari fattori, ma perch tutto il sistema di vita di questo mondo affatto contrario al cristianesimo. Certo in questa polemica egli aveva buon gioco, perch le condizioni che si erano create a causa della politica imperiale, giustamente preoccupata per il rapido sviluppo del cristianesimo, poneva spesso i cristiani di fronte a situazioni che non potevano essere accettate se non con un compromesso delluna o dellaltra parte. Ma allo scrittore montanista, e questo il tratto pi simpatico della sua persona lit, ogni compromesso ripugnava profondamente, tanto che credeva di vederlo anche l dove in realt non cera. Tuttavia la situazione poUtico-religiosa dellimpero e del cristianesimo era tale che poteva facilmente far nascere il so spetto ai pi scrupolosi di commettere una colpa, quando, come i soldati, prestavano la loro opera allo stato. A rigore, il fatto di essere seguaci di una determinata reli gione, pu anche oggi determinare un conflitto tra i doveri di un uomo come cittadino e i suoi obblighi religiosi ; ma questi sono casi assai rari ; per lo pi si tratta di casi personali, di vere e proprie obiezioni di coscienza, anche se non riguardano solo il caso di chi si rifiuti, facendo appello ad una legge inte riore e personale contro la legge della societ, di andare in guerra. Forse perch la cos detta morale comune, costituisce ormai una base da tutti accettata e che il punto dincontro tra leggi civili e leggi religiose. Certo oggi il fatto di aderire ad una de terminata reUgione, non implica la rinunzia alla patria e ai doveri civiU, a differenza di quanto avveniva nellantichit. D allopera di Tertulliano infatti appare evidente che il motivo costante di tutte le sue polemiche, contro la societ la lotta contro la vecchia religione di stato, e anche nel caso specifico del rifiuto di un soldato a rimanere nellesercito, la polemica
due donativum Christi in carcerem expectat (C. I, 2, p. 40). Quindi il fatto della corona fu solo un motivo occasionale che gli serv di pretesto per abbandonare la vita che non si oonfaceva pi alla sna condizione di cristiano.

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religiosa senza dubbio in primo piano, mentre i m otivi che a noi ovviamente sembrerebbero le cause fondamentali e forse uniche che possano determinare lobiezione di coscienza, non vengono posti in rilievo come ci aspetteremmo. A questo proposito il Guignebert ^ osserva che i cristiani non furono ostili al mondo in cui vivevano in nome della loro religione, ma a causa della religione nemica, e che perci il cristianesimo non che un termine di un problema religioso, morale, sociale, assai complesso, che non si risolve se non de terminandone gli altri elementi. Ci senza dubbio esatto : la religione pagana e limpero romano erano indissolubilmente legati e si condizionavano a vicenda, tanto che non si sarebbe potuto accettare questo senza accogliere anche quella. Ma non so se si possa dire, come mi sembra tenda a fare il Guignebert, che soltanto per reazione ad un determinato ambiente il cristianesimo ebbe la tendenza ad estraniarsi dal mondo e ad opporvisi, o piuttosto se questo non sia dovuto anche al suo particolare carattere religioso, almeno nella concezione di Tertulliano. Il cristianesimo infatti si impose al mondo come una ideo loga di carattere universale, che impegna tutto luomo in ogni momento della sua vita e in ogni sua attivit, e ne esige una dedizione totale. Perci pot crearsi il problema dellinconcihabilit dei due diversi impegni, e a maggior ragione in Tertul liano, il quale, in ci molto vicino alla mentalit romana, in terpreta precetti di carattere squisitamente rehgioso, dati dai Vangeli, come norme giuridiche. EgU non fa alcima distinzione tra religione e politica, come momenti indipendenti tra di loro, anche se luno e laltra sono aspetti di una stessa attivit etica ; il suo modo di apprendere la realt e di agire il modo categoriale delluomo religioso, per cui in determinati momenti tra lui e gli avversari ci pu essere accordo, ma sempre un consenso provvisorio creato da elementi che hanno cause del tutto diverse. A questo punto la questione parrebbe chiarita : secondo TerATertullien, Parigi 190L

G u ig n e b e r t,

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tulliano, il cristiano non pu prestar servizio nellesercito (in quello romano, naturalmente, dato che questo Punico in cui si possa effettivamente militare, n vien presa in considerazione leventualit di entrare in un esercito diverso, legato ad un altro stato). Non pu prestar servizio nellesercito n in tempo di pace n in tempo di guerra, perch i doveri del soldato sono assolutamente contrari aUa religione che egli professa. Tuttavia questa soluzione non soddisfacente, non esau risce completamente largomento, perch se risolve il problema nel suo aspetto religioso, non lo risolve invece da quel punto di vista morale, pi impegnativo per tutti, che gli ha permesso di sopravvivere attraverso i secoli fino ai giorni nostri. Sarebbe forse pi esatto dire che la questione qui risolta in funzione religiosa, per il carattere proprio di questo conflitto, che traduce appunto in termini religiosi lopposizione di due diverse mentalit, di due diverse culture. Ma la lotta che da una parte e dallaltra si svolge sempre sul piano religioso, rivela anche una complessit di m otivi tale che non si esaurisce tutta su quel piano, senza residui. Se quindi la polemica di Tertul liano logicamente impostata su tale piano, perch proprio su questo terreno la conduceva Patteggiamento degli avversari, essa ha anche un suo aspetto morale che a noi rimane parti colarmente difficile da comprendere, non solo perch pu avere per oggetto problemi ora completamente superati, ma anche per il sistema stesso con cui condotta dallautore che non tende tanto a far valere un sentimento morale, quanto ad inquadrare in un sistema di leggi formalmente definito ogni motivo religioso ed etico, anche se questo sfugge ad una tale sistemazione. Perci laccenno al precetto di non uccidere (cap. XII), come motivo che dovrebbe allontanare il cristiano dalla milizia, non ha tanto il valore che noi gli diamo, cio di unica causa che renda incompatibile il mestiere delle armi con il messaggio evangelico, quanto quello di una norma accostata ad altre di pari valore.

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3.

ORIGENE.

Questabisso profondo che sera ormai aperto tra il mondo pagano ed il mondo cristiano, non avvertito solo dai cristiani, ma anche dai fedeli al vecchio culto imperiale, i quali sentono nel cristianesimo qualcosa di assolutamente estraneo alla loro mentalit. Verso la fine del secolo secondo, Celso, con il suo Discorso di verit, muove agli avversari una critica serrata, tanto pi ef&cace in quanto non si basa sulle assurde accuse, facilmente contestabili, che fino ad allora erano state messe in campo, ma cerca, almeno secondo le notizie indirette che ci son giunte su questopera, purtroppo perduta, di cogliere e di analizzare i veri m otivi di discordia, pi o meno avvertiti e simulati dagU stessi suoi nemici. Celso non accetta pi i vecchi, inconsistenti capi daccusa, la sua critica pi rigorosa, pi intelligente, dice, ed a questo temibile avversario il cristianesimo dovette contrapporre un difensore di eguale statura, che fu costretto ad unanalisi e ad una difesa della sua dottrina, ben pi efficace di tu tti i precedenti tentativi. Nacque cos il Contra Celsum di Origene, la migliore rappre sentazione del cristianesimo come dottrina e come sistema di vita, opera pi impersonale e meno passionale di quella di Tertulliano, tocca si pu dire, tu tti gli aspetti della vita in unindagine minuziosa, volta a sviscerare il vero carattere del cristianesimo e a controbattere punto per punto tutte le argo mentazioni di Celso. Questi, tra le sue accuse, aveva insistito particolarmente sul fatto che i cristiani si rendevano colpevoli verso lo stato perch tendevano ad isolarsi e perch rifiutavano quei compiti ai quali nessun cittadino avrebbe dovuto sottrarsi. Origene cerca di dimostrare anche la falsit di questaccusa, ma che in questintento egli sia pienamente riuscito non mi

Contra Celsum, I, 12, in OHgenee Werke, ed. P. K O tsch a u , voi. I,

L ipsia 1899, p. 64.

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pare ; anzi, cercando di giustificare, ma sempre alla luce della sua fede e della sua mentalit, la vita del cristiano che Celso aveva combattuta, come ostile allimpero romano, egli viene a giustificare lestraneit delluno e dellaltro mondo e la impos sibilit di una loro pacifica convivenza a parit di condizioni. Origene di questo non saccorge, tutto compreso della sua fede, convinto dellassoluta verit della sua posizione, non rie sce ad intendere le intime ragioni di vita degli avversari ; egli guarda al loro mondo dal di fuori, e lo considera un insieme di vari elementi, parte da eliminare, parte da accogliere, riassumen doli su di un diverso piano, nel suo mondo, gi completo e per fetto di per s, e depositario assoluto di ogni potenziale perfe zione. D i qui sorge un equivoco che impedisce una chiara compren sione delle soluzioni che volta per volta Origene d ai problemi che Celso gli propone. Cos per il problema della guerra, per il quale lautore sembra, ora favorevole, ora assolutamente contrario ad una completa partecipazione dei cristiani ad essa. A questo riguardo Ugo Grozio e sul suo esempio vari altri studiosi che hanno considerato Origene come fondamentalmente favorevole alla guerra, videro una prima patente incongruenza con tutto il resto dellopera, nel passo V, 33 del Conira Celstim :
(( , * . )) ) > , , . ' . , , , , , ,

^ De iure belli ac pacis, libro [, cap. II, 0. . . . e a chi ci chiede donde veniamo e chi sia il nostro capo, rispon diamo che noi siamo venuti, chiamati per volere di Ges dopo aver fuso le spade in vomeri (Isaia, II, 4) delle quali prima ci servivamo per fare li* guerre, e abbiamo cambiato in falci le lance con le quali una volta ferivamo.

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un vecchio motivo, comune a molti apologisti ; non dir un pezzo dobbligo per ogni scrittore cristiano, tuttavia non si pu attribuire un valore assoluto a passi che, come questo, vagheggiano un regno di perpetua pace, cosa molto logica e comprensibile, non solo per un cristiano, ma per chiunque non faccia della violenza il motivo ispiratore della sua azione. D altra parte la bont e la pace universale sono idee limite, fini ultim i ai quali luomo tende attraverso una esistenza che non pu non scendere a compromesso con le necessit che la vita di volta in volta presenta. Ora, proprio neUesame di queste pratiche necessit. Origene si trova impegnato ad esprimere il suo giudizio sulla guerra, non in generale, facendo astrazione da ogni realt storica, n su questa o quella in particolare, ma sulla guerra come evento sempre possibile e spesso attuantesi nel mondo in cui vive. Senonch, anche per questi giudizi, linterpretazione tutt altro che facile perch, pur considerandola un fatto naturale, pare a volte che egli neghi ai cristiani la possibilit di accettarla, e dehneando, sia pure implicitamente, i concetti di guerra giusta ed ingiusta, risorge ineUminabile lambiguit che si ritrova nel suo pensiero suUo stato in genere e su quello romano in parti colare. Si pu dire che il pensiero politico del cristianesimo in quel periodo oscillasse tra una concezione negativa che, con una mentalit assai vicina a quella giudaico-apocalittica, vedeva nello stato lopera di forze malvage, ed una concezione positiva, antigiudaica, che teneva conto soprattutto della caduta del regno ebraico ad opera di Roma e tendeva ad un sincretismo tra cristianesimo ed ellenismo, tra chiesa ed impero. In Origene prevale questultimo momento per cui egli ha dellimpero una concezione anzitutto provvidenziale e lo riE ormai non portiamo pi le armi contro le genti, n sappiamo far guerra, fatti figli della pace da Ges lo seguiamo come condottiero, dopo aver abbandonati coloro ai quali obbedivano i nostri padri, tra i quali noi eravamo stranieri ai patti della promessa (Ephes., II, 12), perch abbiamo presa una legge per la quale accettiamo la eharitas e dalla quale diciamo di es sere difesi dallerrore . Contra Celsum, V, 33, ed. cit., voi. II, pp, 35-36. * Cantra Celsum, II, 30 ; ed. cit., voi. I, p. 1.58.

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LA GUEEBA NEL PENSIERO CRISTIANO

tiene capace non solo di portar pace ma anche giustizia ^ ; tu t tavia non pensa, come Melitone, alla possibilit di una convi venza allinfinito tra stato e chiesa ^ ; il risultato di questa collaborazione non potr essere alla fine lunificazione del primo con la chiesa stessa, quasi il cristianesimo fosse il naturale com pletamento della romanit Ma finch cristianesimo e stato sono due cose ben distinte, quale latteggiamento dei cristiani ? Celso li aveva accusati di disinteresse per ogni forma di attivit e di dovere civile. Origene non nega il contenuto dellaccusa, ma lo giustifica :
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Qui pare che il cristianesimo sia davvero qualcosa di estra neo alla vita dellimpero. L o non solo una speranza per il futuro o un elemento tutto spirituale, esso presente e terreno, e il cristiano deve serbargli tutte le sue

1 Commentarium in Joiannem, 6, 38 ; Origenes Werke, voi. IV, ed. Lipsia 1903, pp. 146-47. ^ Contra Celsum, I, 71 ; voi. I, pp. 124-25. Questa concezione particolarmente evidente nella teoria della so vranit elle Origene delinea nei commentari a Matteo e alla Lettera ai Bomani (particolarmente al cap. 9, 26). Secondo lo scrittore l imperatore ministro di Dio in terra, e a lui deve render conto delle sue grandissime responsabilit. presente anclie qui la concezione del principe giusto o ingiusto e a questo proposito la garanzia non pu essere data che dalla Chiesa, intesa come guida anche nellelezione del principe. Se invece lo stato pagano solo la ragione giustifica, in parte, e garantisce la giustizia. ^ Celso ci esorta a ricoprire magistrature per il bene della patria, se ci fosse necessario per difendere le leggi e la giustizia lo faremmo, ma noi che sappiamo che in ogni citt ci stata stabilita unaltra patria dalla legge di Dio, esortiamo coloro che hanno forti discorsi e costumi sani, a reggere la chiesa . Contra Celsum, V ili, 75 ; voi. II, p. 292. E prosegue dichiarando che tale loro atteggiamento dovuto al fatto che i cristiani non devono avere nessuna ambizione, n assumersi incarichi con troppa facilit, anche nellinterno della chiesa, ma con le loro parole e le loro azioni devono es sere esempio di onest e di rettitudine di vita. E.
F reuschen,

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forze, senza disperderle in opere dedite alla vita civile, anche se contro di questa egli non nutra una precisa ostilit. Perci non dovrebbe partecipare alla guerra :
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^ Dunque Celso ci esorta ad aiutare con tutte le nostre forze impe ratore, a partecipare alle sue giuste imprese, a prendere le armi per lui

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Secondo lautore, cio, laiuto che il cristiano pu portare allimperatore pregando per lui superiore a quello che gli darebbe combattendo. E questo un fatto ben comprensibile per chi possieda la fede che muove le montagne , per chi creda che un atto di fiducia in Dio valga pi di un esercito in campo, ma nessuno avrebbe impedito ai cristiani di pregare e insieme di compiere un dovere al quale tutti i cittadini indistintamente erano tenuti. Il definiate il proprio atteggiamento di fronte ad un fatto, ad un evento, e il giudizio che d questo fatto, di questevento si d, sono strettamente dipendenti luno dallaltro, e sotto questaspetto linterpretazione del passo citato difficile. Lautore considera la violazione dei patti, e di conseguenza
e, quando lo richieda, a combattere ai suoi ordini e a condurre con lui lesercito. A questo bisogna rispondere che invece di questo noi portiamo il nostro aiuto, ma divino, rivestiti, per cos dire delle armi di Dio (Ephes., VI, 11), cio qui operiamo in obbedienza alla voce apostolica : io esorto anzitutto a fare preghiere, orazioni, richieste e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono in potest (I Tim,, II, 1-2), e quanto pi uno eccelle per la sua piet, tanto pi validamente porta aiuto ai re, e opera di pi di quanto facciano i soldati che vanno in battaglia, e che uccidono quanti pi nemici possono. Inoltre a coloro che, lontani dalla nostra fede, chiedono che per il bene pubblico noi prendiamo le armi, cos si pu rispondere : i sacerdoti dei simulacri che avete presso di voi e i sacer doti dei vostri templi, mantengono le mani incruente per non offrire vit time ai vostri dei con mani insanguinate e impure per le stragi. Per cui se anche la guerra vi sovrasta, non li costringete ad arruolarsi, a maggior ragione, mentre gli altri combattono, anche questi combattono affinch i sacerdoti di Dio e i suoi ministri conservino le mani pure, combattendo veramente con offerte di preghiere a Dio per coloro che conducono una guerra giusta e per colui che giustamente regna, affinch tutto ci che contrario o nemico, agendo giustamente, sia sconfitto. Cos anche noi scon figgiamo con le preghiere i demoni che suscitano guerre e spingono a vio lare i patti, e turbano la pace. Per chi regna, siamo di maggior aiuto di coloro che si vedono portare le armi. E noi prendiamo parte anche agli affari dello stato, quando con giuste preghiere portiamo a compimento contratti e mediazioni, che insegnano a disprezzare i piaceri e a non abban donarsi ad essi. E pi di ogni altro combattiamo per limperatore, infatti non combatteremmo ai suoi ordini neppure se ci costringesse, ma combat tiamo per lui nel particolare campo della piet, con le preghiere rivolte a Dio . Contra Celsum^ VIII, 73, voi. II, j)p. 290-91.

GLI SCRITTORI DEL II I SECOLO

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la guerra, come opera diabolica ; se si volesse mettere in riUevo questo pensiero di Origene, e parallelamente dare un valore assoluto al gi citato brano (V, 33), nel quale auspicata la pace universale, interpretando cos questo nuovo capitolo come una condanna della guerra, non potrebbe non destar meraviglia il fatto che lautore proibisca ai cristiani di combattere, perch cos facendo commetterebbero un crimine, ed insieme li inviti a pregare perch altri, in vece loro, lo possano commettere con maggior facilit. Levitare di compiere personalmente unazione malvagia non assolve certo dalla corresponsabilit, quando poi si incorag gino e si aiutino gli altri perch la compiano, e Origene era pen satore troppo attento per lasciarsi sfuggire tale dichiarazione Eppure qui non si parla solo di un generico appoggio allim peratore ma espressamente detto che lo scopo delle preghiere dei cristiani devessere quello di sconfiggere tutto ci che contrario e nemico il che implica un pieno appoggio per coloro che conducono una guerra giusta, e per colui che giustamente regna . Ma anche se con ci si capovolge completamente lin terpretazione del testo, il pensiero dello scrittore non appare pi chiaro : se la guerra, pur essendo condannabile in via di massima, pu in alcuni casi essere guerra giusta e quindi ac cettabile, perch i cristiani se ne dovrebbero astenere? Forse per eccessivo scrupolo? Francamente, comunque lo si voglia interpretare, questo passo lascia sempre una sgradevole im pressione di qualcosa di intenzionalmente poco chiaro. Direi per che la seconda interpretazione sia preferibile. Infatti lautore dimostra anche in altri passi di non essere con trario in modo assoluto alla guerra. A Celso, che di fronte al pacifismo dei cristiani gli faceva notare come lAntico Testa mento fosse opera di esaltazione della guerra e della violenza, Origene risponde ^ che tale obiezione non ha valore perch ormai la nuova legge ha sostituito con laiuto della forza romana la legge antica. Per altrove non nega leredit che al cristia Contra Celsum, VII, 26, voi. II, pp. 176-78. ^ De reeta fide, c. I. Questo concetto anche nei Frammenti Libris
Stromateis.

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nesimo era venuta dal giudaismo. Dice che bisogna conciliare con il Nuovo Testamento lantico precetto dell occhio per occhio , e, proprio nel Gontra Celsum dichiara che la guerra in s un fatto naturale, perci non condannabile, come di mostrano le api e le formiche, nella cui vita sociale , sapientemente ordinata, trovano posto anche i conflitti Ma, una volta ammesso il principio della liceit deUa guerra, come si spiega la condotta che Origene vorrebbe tenessero i cristiani? Qui lautore sembra ancora ancorato al vecchio for malismo religioso romano ; egli concepisce il cristianesimo come laristocrazia della societ, vede nei suoi fedeli i futuri sacerdoti dellimpero, e come tali, esenti per diritto dalluso delle armi * ; il fatto di aver le mani letteralmente pure da ogni traccia di sangue che lo preoccupa, per poter con maggior efficacia pre gare affinch la guerra giusta abbia un esito felice. Spesso, parlando della guerra, Origene, accenna allesigenza che questa sia giusta , ma cosa intenda precisamente per guerra giusta non dice. Probabilmente la guerra dichiarata dallimperatore giusto, dal sovrano che, nelle speranze teocra tiche deUo scrittore, dovrebbe reggere limpero in nome della Chiesa e combattere in difesa della fede. Si ha limpressione che talvolta Origene, pur non perdendo del tutto di vista la realt delle cose e pur ammettendo la possi bilit della guerra che, essendo giusta, dovr essere combattuta contro le forze del male, dimentichi che limpero da lui vagheg giato come membro indivisibile della Chiesa, non una realt ma solo una speranza. Questa speranza per tale che ha in s la forza della certezza e quasi della presenza reale. Lo scrittore parla come se lunione di queste due forze fosse gi attuata 0 , per lo meno, non potesse tardare a verificarsi ; perci egli pu dare delle leggi che, se sembrano assurde per una situa zione quale realmente si presentava in quel momento, non lo sarebbero state il giorno in cui si fosse realizzata la societ che Origene auspicava.
^ Cantra Oehwm, IV, 81, voi. I, p. 350. * C i c e r o n e , Acad., II, 38, 121 : ... cum sacerdotes deorum vacationem habeant . Cfr. D i o n i s i o , II, 21 ; IV, 62 ; V, 1 ; e A p p i a n o , Bell, civ., II, 150.

GLI SCRITTORI DEL SECOLO

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In questa prospettiva si spiega anche la differenza che egli fa tra la sedizione e la guerra. In entrambi questi conflitti, la violenza non solo il fattore comune, ma certamente il fondamentale ; lescludere luna, condannandone proprio la violenza, come fa Origene dovrebbe logicamente portare ad una valu tazione negativa anche dellaltra. Ma lo scrittore che condanna in nome di Cristo le rivolte, ammette invece la liceit delle guerre, e questo non solo per motivi dordine e di disciplina, ma perch la sedizione non ha pi ragione dessere in un regno ormai giusto che cosi vicino e quasi presente, da far dimenticare ai cristiani desser stati un giorno oggetto di persecuzione.
' Oontra Gelmm, III, 7 ; voi. I, pp. 207-208.

C a p it o l o Q u a r t o

GLI SCEITTOEI DEL IV SECOLO I SOLDATI CRISTIANI

1 . G LI SCRITTORI D E L IV SECOLO.

Se le soluzioni puramente teoriche di Origene ci lasciano perplessi, in tu ttaltro clima ci trasporta la sconcertante moder nit di un suo contemporaneo : Cipriano. Non perch il vescovo africano ci offra unesposizione esauriente del suo pensiero in merito alla guerra, ma perch un solo passo della sua opera sufficiente nella sua chiarezza a condannarla come assassinio autorizzato, tanto pi detestabile in quanto ha lapprovazione della legge e il merito della gloria : Cerne tu itinera latronibus clausa, maria obsessa praedonibus, cruento horrore castrorum bella ubique divisa. Madet orbis mutuo sanguine : et homici dium cum admittunt singuli, crimen est ; virtus vocatur cum publice geritur. Inpunitatem sceleribus adquirit non innocentiae ratio, sed saevitiae magnitudo Qui, per la prima volta, ci troviamo di fronte ad un preciso giudizio che, diversamente da quanto era accaduto per lopera di Tertulliano e di Origene, potrebbe essere accettato da chiun que, indipendentemente dal particolare momento storico nel quale possa essere espresso e, direi, anche indipendentemente da ogni credo religioso. Se Tertulliano aveva invitato i cristiani a tenersi lontani
Epistola a Donato, c. 6 , CSEL, ed. H a r t e l , Vienna 1868, p. 6. Nell Epistola, X X X , Cipriano dice che i cristiani devono amare i loro nemici e servirsi contro di essi delle armi spirituali (CSEL, Vienna 1871, p. 549 sg.).

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dallesercito perch la vita militare era assolutamente incompa tibile con i precetti del cristianesimo e se Origene, considerando i cristiani come una classe privilegiata, era arrivato agli stessi risultati, pur senza prendere posizione su certi problemi di fondo, Cipriano rivela una precisa ostilit di principio e, sottolineando proprio il tema delluccisione, giunge ad una diversa soluzione. A questo proposito non va dimenticato che Cipriano conobbe la persecuzione, la prima grande persecuzione che port al massimo la tensione tra cristianesimo ed impero ; tuttavia non si pu interpretare questo problema in modo, per cosi dire, troppo meccanico, ammettendo che solo in epoca di persecu zione si risvegliassero nei cristiani sentimenti antimilitaristici, quasi che laccettazione della guerra da parte loro fosse una contropartita che essi olrissero alla benevolenza che limpero dimostrava nei loro riguardi. vero che lo scrittore pi anti militarista dei primi secoli fu Lattanzio che, contemporaneo a Diocleziano, vide le pi gravi repressioni compiute contro i cristiani, ma non si pu ignorare che una analoga concezione della guerra ebbero anche Martino di Tours, Basilio Magno, s. Gerolamo, s. Giovanni Crisostomo, PaoUno di Nola, Isidoro di Pelusio, personaggi che vissero in unepoca in cui, se il cri stianesimo non era ancora religione di stato, non si sentiva pi parlare di persecuzione. Ma un nuovo elemento si impone subito allattenzione di chi esamini i testi di questi nuovi autori, confrontandoli con i precedenti. In questi infatti, accanto al motivo religioso disci plinare c il motivo pi propriamente morale ed umano. TertuUiano si era opposto alla guerra ed al servizio militare, ma aveva posto laccento soprattutto sul fattore religioso di sciplinare, risolvendo in questo anche il problema morale, perch il cristiano, facendo parte dellesercito, anzitutto non avrebbe potuto dedicare tu tta la sua attivit e la sua attenzione alla vita religiosa, poi si sarebbe trovato di fronte a difficolt ben maggiori che in qualsiasi altra attivit pubblica o privata svolta nel mondo pagano. Origene, dal canto suo, aveva sentito la necessit di un ac cordo con limpero, ma aveva avvertito anche come fosse im possibile spesso mantener fede al proprio credo religioso e nello

G IJ SCHITTORI DEL IV SECOLO - I SOLDATI CKISTIANl

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stesso tempo partecipare alla vita di tutti, e il martirio del pa dre glielo confermava Perci sarebbe stato necessario far s che il mondo pagano potesse conciliarsi con il cristianesimo, convertendosi, ma nel frattempo sarebbe stato meglio astenersi da ogni attivit civile e militare, pur appoggiando le iniziative imperiali che potessero essere di giovamento a tutti. Ma Lattanzio, e Cipriano in un certo senso lo anticipa, vive in unepoca che, sia pur di poco, posteriore a quella di Tertulliano e di Origene. In questi anni, la posizione rigorista di Tertulliano superata dallo sviluppo stesso delle cose, perch la grande diffusione del cristianesimo che contava ormai i suoi fedeli in tutte le classi sociali ed in tu tti gli ambienti politici ed amministrativi dello stato, impo neva di considerare il problema della conciliazione con lo stato, non pi come ima semplice eventualit, ma come una meta che era assolutamente necessario raggiungere. Ora anche le questioni morali assumono un altro aspetto ; non si tratta pi di considerare la possibilit di una vita in co mune con gli altri uomini e di preferire a questa lisolamento ascetico che evita il sorgere di certi difiBciU problemi. Ora, anche se la persecuzione infuria come mai prima era accaduto, non si discute neppure su tale eventualit. Si sa gi che il cri stianesimo deve inserirsi nella societ, ehminando da essa ogni traccia di paganesimo, perci anche i problemi morali che questo processo crea non sono pi impostati e risolti soltanto in funzione religiosa. Cipriano e Lattanzio, infatti, quando parlano della guerra, sembrano fare astrazione, nella loro condanna, dal fattore rehgioso, anche se questa posizione ha la sua origine nella religione come esigenza di nuovi valori morali. Perci Lattanzio, deprecando ogni spargimento di sangue, afferma che Dio solo padre e padrone di tutte le anime che sono immortah e perci non potranno mai essere distrutte^, e pi avanti, riprendendo largomento, condanna ogni specie di omi cidio e, come tale, anche la guerra : Nam qui hominem quam E u s e b i o , Historia ecclesiastica, VI, 1, ed. M o m m s e n , voi. II, 2, Lipsia 1908, p . 618. Divinae Institutiones, V, 18,CSEL,ed. B e a n d t , Milano 1890, p p ., 468-61.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

vis ob merita damnatum, in conspectu suo iugulari pr voluptate computat, conscientiam suam polluit, tam scilicet, quam si homicidii quod fit occulte spectator et particeps fiat. Hos tamen ludos vocant, in quibus humanus sanguis effundittir... Huius igtur publici homicidii socios et particeps esse non con venit eos qui iustitiae viam tenere nituntur. Non enim cum occidere Deus vetat, latrocinari nos tantum prohibet, quod ne per leges quidem publicas licet, sed ea quoque ne fiant monet quae apud homines pro licitis habentur. Ita neque militare iusto licebit, cuius militia est ipsa iustitia, neque vero accu sare quemquam crimine capitali, quia nihil distat utrumne ferro an verbo potius occidas quoniam occisio ipsa prohibetur. Itaque in hoc dei praecepto nullam prorsum exceptionem fieri oportet, quin occidere hominem sit semper nefas solo una m atta bestialit pu spingere gli uomini alla strage, per qua lunque motivo essi la facciano. Ma di fronte a Lattanzio stava limpero romano, lo stato pi civile del mondo, che proprio con le armi aveva creato la sua grandezza e la sua civilt. Ci, dice lo scrittore, dipende dal fatto che gli di romani sono falsi e sanguinari, e solo per compiacere loro s potuto credere che perpetrando ogni violenza si possa acquistare gloria Ma guerre e stragi sono degne dei barbari, la vita di societ esige invece reciproco aiuto e pace . A chi gli obiettasse che la guerra spesso necessaria e giusta, Lattanzio riconosce questa eventualit, ma intravvede la possibilit di ima pace universale, assicurata dalla saggezza di tutti : Sapientis ergo boni viri non est veUe certare ac se periculo committere, quoniam et vincere non est in nostra potestate et est anceps omne certamen, sed est sa pientis atque optimi viri non adversarium veUe tollere, quod
^ Oivinae Institutiones, VI, 20, 10-16, pp. 557-58. ^ Oivinae Institutiones, I, 18, 8-9, p. 68. * mSummum igitur inter se liominum vinculum est humanitas : quod qui diruperit, nefarius et parricida existimandus est. Nam si ab uno homine quem De\is finxit omnes orimur certe consanguinei sumus et ideo maximum scelus putandum est odisse hominem vel nocentem. Propterea Deus prae cepit inimicitias per nos numquam faciendas, semper esse tollendas, scilicet ut eos qui sint nobis inimici, necessitudinis admonitos mitigemus . Divinae Institutiones, VI, 4-5, pp. 514-15.

GLI SCBITTOBI DEL IV SECOLO - I SOLDATI CRISTIANI

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fieri sine scelere ac perictilo non potest, sed certamen ipsum quod fieri et utiliter et iuste potest... notevole il fatto che gli scrittori che per un motivo o per laltro si sono dichiarati contrari alla guerra e al servizio mili tare, siano quasi tu tti africani. Questa terra infatti, per im lato aveva sempre dimostrato sentimenti di indipendenza di fronte allimpero, per laltro, dopo aver dato alla nuova religione un gran numero di proseliti, aveva sempre assunto atteggiamenti rigoristici e conservatori, che a volte sconfinavano nelleresia, di fronte alla maggior duttilit della Chiesa di Boma. Eppure proprio dallAfrica doveva venire Agostino, il primo che con lucidit e realismo politico veramente eccezionali, diede al pro blema la soluzione che poi fu la teoria ufSciale della Chiesa cat tolica lungo il corso dei secoU. Ma prima che la dottrina della guerra venisse fissata dai concili e dallautorit degli scrittori cattolici, lantimilitarismo degli Africani si manifest mentre ancora ferveva la polemica con un primo decreto disciplinare del quale si sa poco, ma che estremamente interessante perch rivela questa loro decisa presa di posizione. Si tra tta delle cos dette Costituzioni ecclesia stiche egiziane, il cui testo latino, frammentario, ad im certo punto suona cosi : C.XI, 9-Miles qui in potestate est, ne sinas eum homines interficere, si iubetur, ne sinas eum se obtrundere neque iurare ; si vero non vult, reicetur. 10 - Qui potestatem gladii habet vel rector urbis et purpura vestitus, aut desinat aut rieciatur. 11 - Si cathecumenus vel fidelis miles fieri vult, reiciantur, nam Deum contempserunt

^ Divinae Institutiones, VI, 18, 29, p. 552. ^ II testo latino in Funk, Didascaliae et constitutiones Apostolorum, voi. II, Paderborn 1906, p. 107. Loriginale di questopera, doveva essere in lingua greca, poi se ne fecero varie traduzioni in latino, copto, arabo, etiopico, diffuse soprattutto in Oriente. Tra queste ci sono molte varianti, ma su questo punto concordano tutte, come si pu vedere dalla traduzione tedesca fatta dal De Lagarde sui testi orientali (e particolarmente su quello

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LA GUERRA NBL PENSIERO CRISTIANO

In sostanza qui si riflette uno stato di cose analogo a quello preso in considerazione da Tertulliano ; ci si preoccupa che il soldato non uccida o non si faccia avanti per primo, che non presti giuramento aUimperatore ; e ci si preoccupa oltre che per il soldato, per chiunque altro occupi posizioni di comando ; forse per c una severit minore (c. 9) di quella dimostrata dallo scrittore cartaginese. Questo testo ha offerto loccasione per molte discussioni : non si sa di preciso chi ne sia lautore, ma il Duchesne ^ ac cettando la tesi dello Schwartz e del ConnoUy ^ lo attribuisce ad Ippolito con il titolo di Tradizioni apostliche Si tratterebbe cio di un gruppo di leggi e costumi che ri salgono ai primi tempi del cristianesimo e che furono poi rac colte ed ordinate dallapologista romano del III secolo, ma lori gine africana di questi decreti accettata da tutti. Da questo testo deriverebbero poi, ma isolatamente, alcuni scritti che, sotto il titolo di Testamento del Signore comprendono il cos detto Canone di Ippolito e la parte delle Costituzioni apostoliche attribuita da alcuni allo stesso Ippolito, da altri ad altri autori *. Questo Canone di Ippolito che ci giunto solo in una tarda redazione latina molto vicino alle Tradizioni apostoliche , e presenta i canoni 71, 72, 74, 75, che sono cos concepiti :
etiopico che il pi completo), pubblicata da H. A c h e l i s , Die Canones Ippoliti, in Texte und Ontersuchungcn, voi. VI, fase. IV, Lipsia 1891, pp. 82-83. * D uchesne, Origines du mite chrtien, Parigi 1920, Append., V ed.,
pp. 54,3-66.

^ M. ScHWARTZ, Ueber die pseudoapostolischen Kirohenordnungen, in Schripen der wissenschaftliohen Oesellsehaft, Strasburgo 1910 ; R. H. CONNOLLY, in Texte and Studies, voi. V ili, n. 4, Cambridge 1916. Questo titolo dato dairelenco delle opere di Ippolito, inciso sulla statua del Laterano. * Il Migne, ad esempio, lo pubblica in appendice alle opere di Clemente Romano, e a proposito di questautore io ho citato il passo 32 del Libro V ili che tratta dei soldati. Il testo latino pubblicato da H. A c h e l i s (op. cit., pp. 81-83) e dal P r it z nellarticolo Servwe militaire, in Oiot. de thol. eath., t. XIV (1939), col. 197.5.

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N. 71 - Homo qui accepit potestatem occidendi, vel miles, nunquam recipiatur omnino. 72 - Qui vero, cum essent milites, iussi sunt pugnare, ce terum autem ab omni mala loquela abstinuerunt, neque coronas capitibus imposuerunt, omne signum autem adepti sunt.., 74 - Christianus ne fiat propria voluntate miles, nisi sit coactus a duce, habeat gladium, caveat tamen ne criminis sanguinis effusi fiat reus. 75 - Si compertum est sanguinem ab eo esse effusum, a participatione mysteriorum abstineat, nisi forte singulari con versione morum, cum lacrimis et planctu correctus erit. A tta men eius donum ne sit fictum, sed cum timore Dei. Questi canoni parlano di mala loquela, che probabilmente il giuramento allimperatore e non sono di diffcile interpreta zione. Non facile invece sapere se quello che ci pervenuto sia il testo originale dellopera che probabilmente fu scritta in greco. La versione latina infatti stata fatta su di un testo arabo che a sua volta deriva da una traduzione copta delloriginale greco, che in queste condizioni molto difficile accertare. Anche per la datazione non ci sono elementi sicuri, sebbene oggi si preferisca seguire il Duchesne che, in polemica con il Funk, lo colloca al III secolo
2. I SOLDATI CRISTIANI.

Ma accanto allostilit dimostrata da alcuni scrittori, quale fu latteggiamento dei soldati cristiani ? Disertavano veramente lesercito o vi partecipavano come tutti gli altri cittadini? ormai dimostrato che in un primo tempo, volendo, essi avreb bero potuto sottrarsi agli impegni della milizia, ma in seguito, sia perch il servizio divenne obbligatorio, sia perch la diffu sione del Cristianesimo era di cos vasta portata da non poter pi passare inosservata, se unostilit ci fosse stata da parte dei
Histoire ancienne de Vglise, Parigi 1 9 0 6 , p , 5 3 4 , n. 3.

^ D

uchesne,

Mentre il Funk lo (onsidera del V secolo.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

soldati, ci sarebbe stata da parte dello stato una decisa presa di posizione contro di essi. Invece, non solo non ci sono documenti attestanti tale reazione (la mancanza di documenti non certamente un do cumento, ma spesso pu avere particolare importanza) ma ci sono anzi alcune testimonianze che provano la presenza dei cristiani nellesercito gi dal II secolo. Tra queste le pi antiche sono le notizie che riguardano For mai famoso episodio della Legio X II fulminata MeUtensis . Il fatto sembra sia accaduto nel 173-4, presso il fiume Gran, durante una campagna contro i Quadi. Lesercito romano si tro vava in difficolt per il clima al quale invece gli avversari erano abituati, ed avrebbe avuto la peggio se unabbondante pioggia non fosse venuta ad interrompere la lunga siccit e a mutare le sorti della guerra Lavvenimento fu sfruttato sia dai cristiani che dai pagani. Ma a prescindere dallindagine sullautenticit di certi particolari dati daUe fonti, come queUo del fulmine che non compare in tu tti gli scrittori, n suUa colonna antonina, o quello della lettera di M. Aurelio, cui accenna di sfuggita an-

1 ue fonti pi vicine sono : A p o l l i n a r e , vescovo di Hierapolis Frigia (presso E u s e b i o , Historia ecdesiatica, V, 5, ed. M o m m s e n , voi. II, parte I, Lipsia 1903, p. 434) che riferisce che i romani erano ormai sfiniti per la sete, (and un fulmine si abbatt suUe file nemiche, mentre la pioggia cadde sui soldati cristiani che, con grande stupore dei barbari, sperano messi in ginocchio a pregare. Lepisodio riferito anche da T e r t o l l i a n o (getico, c. V, e A d Scapulam, c. IV). Il primo passo ricordato anche da Eusebio che, sotto responsabilit di Tertulliano, parla anche di una lettera che in tale occasione M. Aurelio scrisse al senato, perch cessassero le per secuzioni. Pi tardi, D i o n e C a s s i o {Historia liomana, VI, LXXI, II) e C a p i t o l i n o (Marcus AntoninuSy XXIV, 4) riferirono lo stesso episodio attribuendone il merito, il primo ad un mago egizio, il secondo a M. Au relio stesso. Non questo lunico caso in cui si ricordi il gran numero di cristiani appartenenti a questa legione. Forse ci dipendeva dal recluta mento a base territoriale, per cui i soldati provenivano da una regione conquistata molto presto al cristianesimo. Per per quanto riguarda i 40 martiri di Sebaste, che si pensato appartenessero a questa legione e fos sero martiri militari, P. F r a n c h i D e C a v a l i e r i (in Note agiografiche, fase. 3, 1919) ha sostenuto la tesi che questi fossero soldati solo in senso fi<lurato.

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che Dione Cassio e di cui poi, e non prima del VI secolo, si cre un apocrifo, una cosa certa, che i soldati cristiani erano pre senti in quella legione e che gh scrittori cristiani, oltre a non considerarlo fatto da nascondere, contribuirono alla diffu sione di questa notizia, insistendo, come nota Eenan sui van taggi che limpero avrebbe potuto ottenere dal loro Dio se il cristianesimo fosse stato riconosciuto. Altri elementi che per mettono di ritenere che gi molti cristiani fossero nellesercito, sono forniti da Tertulliano stesso che proprio nel De corona polemizza contro i molti soldati che non seguivano il suo consi glio e, per un periodo successivo, dagli Acta martyrum, dai quali per risulta che i martiri mUitari erano in numero molto limi tato Dallesame dei testi che ci parlano di questi martiri militari, mi sembra risulti evidente limportanza che ebbero le perse cuzioni sul rifiuto da parte dei soldati cristiani a rimanere nel lesercito. Sarebbe utile a questo proposito avere dei documenti molto precisi sugli editti di persecuzione, ma, anche dalle no tizie indirette che possiamo averne, credo si possa concludere che ogni accentuazione della severit della politica imperiale in fatto di religione, corrisponde sempre alla pi alta concezione che i vari imperatori avevano della missione storica dellimpero. La persecuzione di Decio, ad esempio, ha la sua origine proprio negli ideali politici e nazionali che questimperatore nutriva come rappresentante dellantica tradizione e, volendo restaurare integralmente gU antichi usi, venne inevitabilmente in conflitto con il cristianesimo. Questo per si pu arguire solo dagli effetti che tale persecuzione ebbe, perch leditto che ci permet-

1 R e n a n , Marc Aurle, Parigi 1882, pp. 276-77. ^ Non capisco perch H a r n a c k (in Missione e diffusione, p. 308 sg.) parli di numerosi martiri militari dal momento che questi sono relati vamente pochi e ancor meno diventano se si considera che per parecchi di loro il fatto di essere o di essere stati soldati, non ha una precisa con nessione con il martirio, com il caso, ad esempio, del soldato-scrivano Cassio, che fu condannato per aver offeso un ufficiale durante il processo del centurione Marcello, al quale assisteva come segi'etaro.

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terebbe di conoscere i limiti ed i mezzi di questi provvedimenti non ci giunto Pare per accertato che Fazione di Decio, piuttosto che creare dei martiri mirasse a fare degli apostati, che riconoscessero la divinit imperiale come garanzia di stabilit politica dellimpero e perci compissero formali atti di culto che, secondo la legisla zione traianea li assolveva da ogni accusa. Date queste premesse, un conflitto tra soldati e impero, sa rebbe stato molto facile, tuttavia la persecuzione deciana, non fu rivolta in particolare contro lesercito che a quei tempi raccoglieva nelle sue file numerosissimi cristiani sebbene Epi fanio, Cipriano ed Eusebio riferiscano che i martiri furono nu merosi in ogni ambiente sociale, anche tra i soldati Ma questo non ha una particolare importanza per chiarire se i cristiani che servivano sotto le armi disertassero il loro posto di combat timento rendendosi cosi passibili di pena. Eusebio dice che la persecuzione colp uomini e donne... soldati e borghesi, per indicare che si estese a tutti gli strati della popolazione ma non dice che nellesercito la situazione fosse particolarmente diffi cile. In un altro passo Eusebio riferisce lepisodio che provoc la morte di un gruppo di soldati : (22)
, , , , , , , . (23) , , -, ' ,

1 . Harnack ha cercato di ricostruire leditto di Decio, prendendo a modello quello di Massimino Dai a del 308 (in Thelogische LiUraturzeitung, 1894, p. 38 sg.), ma questa ricostruzione non generalmente accettata. Historia Ecclesiastica, V ili, 1, 7, voi. II, parte II, p. 738. E p i f a n i o , Haereses, LVIII, 2. C i p r i a n o , Epistola, X X X IX , C S E L , ed. W. H a r t e l , Vienna 1871, pp. 581-85. E u s e b i o , Historia ecclesiastica, , 0, 20, voi. II, parlo li, p. 602 (riferisce da Dionisio dAlossandria).

GLI SCBITTOEI DEL IV SECOLO - I SOLDATI CRISTIANI

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, -, - -, . ,

Ma qui non si parla certo di soldati che abbiano abbando nata la milizia come attivit contraria ai loro principi etici e religiosi, anzi, contro questo assunto si potrebbe notare il fatto che il reparto che in quel giorno era di presidio al tribunale era composto in gran numero da cristiani e se ne ricordano anche i nomi. strano che ci sia avvenuto per caso ; il fatto lascia piuttosto credere che i fedeli erano ormai molto numerosi nel lesercito, oppure, come vorrebbero alcuni, che la particolare seriet e disciplina di questi soldati, li facesse oggetto della stima dei superiori per cui venivano designati di preferenza per incarichi di fiducia In questo processo, mentre limputato stava per cedere, essi si misero a far segni di incoraggiamento, in modo cos palese che furono notati dai giudici ; ma essi non si erano pre sentati spontaneamente, ne alcuno li avrebbe ricercati, perch probabilmente per i soldati semplici il fatto di indossare la divisa era sufficiente agli occhi degU inquisitori per esimerli da ogni interrogatorio. Per il tempo della persecuzione deciana non abbiamo notizia di altri soldati che siano stati processati ; solo nel 260, sotto limpero di Valeriano, a Cesarea, accadde il fatto dellufficiale Marino. Eusebio racconta che questi era riuscito a raggiungere un alto grado nellesercito senza mai essersi trovato combattuto tra il suo dovere di soldato e quello di cristiano. Alla vigilia della sua promozione un collega lo denunci come seguace del
1 Historia ecclesiastica, VI, XLI, 22-23, voi. II, parte II, pp. 608-10. ^ Eusebio dice che, specialmente al tempo di Galerio, questa bene volenza giimse al punto che i cristiani erano mandati anche come gover natori nelle provincie ed erano dispensati da ogni sacriflcio o atto idola trico che essi non potevano compiere {H. eccl., VIII, 1, voi. II, parte II, p. 736). E u s e b i o , Historia ecclesiastica, VII, 15.

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LA GtTEEBA NEL PENSIERO CRISTIANO

cristianesimo. Come tale non avrebbe potuto perci rendere il culto dovuto al genio imperiale. Laccusa era vera e, messo alle strette, Marino dovette scegliere tra la sua fede ed un atto che altrimenti, con ogni probabilit non gli sarebbe stato richiesto. Questo fatto perci non pu essere citato come esempio di in sofferenza di un soldato cristiano per lesercito : Marino aveva gi abbracciata la nuova fede prima che fosse proposta la sua candidatura ai gradi superiori deUufflcialit, e se non ci fosse stata una precisa accusa probabilmente avrebbe proseguito la sua carriera senza alcun intralcio. Alla morte di Valeriano, con Gallieno, si inaugur per il cristianesimo un periodo di pace e di tranquillit quale forge fino ad allora non sera mai avuto e che dur ininterrottamente fino al tempo di Diocleziano, mentre, secondo quanto dice Eusebio, i cristiani poterono fare rapidi progressi. Eppure pro prio in questo periodo di pace si presenta il primo autentico obiettore di coscienza. Con il documento degU Acta Maximiliani ci si trova per la prima volta di fronte ad un fatto sicuro e il testo che per i vari particolari della narrazione sembra attingere a fonti molto informate, rivela anzitutto la data ed il luogo in cui si svolse il fatto : 12 marzo 295 a Tevesta * * . Questa data, della quale non c ragione di dubitare^, di particolare importanza perch il fatto precedette di otto anni linizio della grande persecuzione ; perci latto del giovane Massimiliano non fu provocato dallinsopportazione per eccezionali imposizioni, n si verific per un improvviso ravvedimento, come avvenne per altri soldati, dopo anni di servizio, ma la sua contrariet alla guerra e alla milizia si rivela subito, non appena egli chiamato a far parte dellesercito, secondo il suo diritto e il suo dovere come figlio di legionario.
* Gli atti di Nereo ed Achille non hanno valore di documenti sicuri (in A c h e l i s , Texte u. Untersuehungen xur ltchrisUichen Literatwr, 1894, fase. 2). ^ Aeta MaximilioMi, in R u i n a k t , A<Ua aineera martyrum, Eatisbona 1859, p. 340 sg. Documentata da P a llu d e L e s s e r t , Fastes des provinces africainee, voi. 11, p. 4.

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Ho detto che Massimiliano il primo vero obiettore di co scienza, cos come possiamo intenderlo noi moderni, perch per motivare il suo atteggiamento egli fa ricorso alla legge morale che gli ispirata dalla sua fede, non accennando neppure ai divieti formali di una legislazione religiosa. Qui non si parla degli atti di idolatria che un soldato avrebbe potuto compiere, n si fa riferimento ad una legge esplicita che proibisca o consenta al Cristiano determinate azioni. Massimi liano si appella soltanto ad una legge interiore, personalissima, che egU non vuol neppure proclamare valida per tu tti i compagni di fede, ma solo per s : Dion dixit : Quis tibi hoc persuasit ? Maximilianus respondit : Animus meus et Deus qui me vo cavit... Dixit Dion proconsul : In sacro comitatu dominorum no strorum Diocletiani et Maximiani, Constanti et Maximi, milites Christiani sunt et militant. Maximilianus respondit : Ipsi sciunt quod ipsis expediat, ego tamen christianus sum, et non possum male facere . Si potrebbe notare che in questo testo non neppur detto chiaramente il perch del deciso rifiuto di Massimiliano. Egli dice : Christianus sum, non possum militare , ma non vi pu essere dubbio suUe sue risposte ^ : il giuramento che lha legato al Cristo gli impedisce di ricevere il signaculum saeculi. Ma que sto rifiuto non come per Origene il semplice riconoscimento della maggior importanza che la vita dello spirito ha rispetto ad ogni altra cosa, e insieme il desiderio che la preghiera e lazione sociale coUaborino per la creazione di un mondo migliore ; per Massimiliano il signum imperiale nihil valet, il che dimostra un assoluto disinteresse, non solo per la sua patria, ma per tutto ci che non concerne la vita religiosa. Queste affermazioni sono del massimo interesse, anche se
1 Cumque reluctaret respondit : Non accipio signaculum saeculi, et si signaveris rumpo illud, quia nihil valet. Ego christianus sum, non licet mihi plumbum collo portare, post signum salutare domini mei Jesu Christi filii dei vivi, quem tu ignoras, qtii passus est pro{| salute nostra, quem Deus tradidit pro peccatis nostris. Huic omnes christiani servimus, hunc sequimur vitae principem, salutis auctorem .

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isolate ed estreme, perch, come dice il De Sanctis rivelano la presenza di una concezione antimilitarista nellimpero pi militarista del mondo. Latteggiamento tenuto in questo pro cesso da Massimiliano, fu una grave insubordinazione che in correva nelle sanzioni della legislazione penale romana * ; per si molto discusso, se la gioA -ane recluta sia stata vittima di uneccessiva severit ; o se le leggi alle quali si era ribellato fossero davvero inesorabili. A questo proposito P. Allard afferma che le leggi stesse avreb bero consentito al giudice una maggior clemenza, che egli pro babilmente avrebbe usata, se il giovane si fosse appellato a principi diA ^ersi da quelli cristiani per giustificare il suo con tegno Tale problema rientra nella questione pi generale dei motivi che permisero ai Bomani di perseguitare il cristianesimo. Il Pincherle * ha giustamente affermato che il chiedersi se lim pero perseguitasse i cristiani secondo la normale procedura giu ridica, 0 si servisse per questo di leggi eccezionali, pu aver importanza soltanto dal punto di vista formale-giuridico, ma se davvero furono emanate leggi speciali, resta sempre la que stione del perch si sia sentita la necessit di tali leggi, come, in caso contrario, ci si pu chiedere come mai alcuni imperatori abbiano applicato con rigore la legge, e altri no. Il problema
^ In Contributo alla storia dei w,artiri militari, in Rivista di filoloijia e d'istruzione classica, N. S. II, fase. I, 1924, p. 64 sg. Digesto, XLIX, 16, 4, 10 : Gravius autem delictum est detrectare munus militiae quam adpetere (p. 894), a questepoca non era pi possi bile farsi sostituire da un volontario e per questo caso particolare ; con tumacia omnis adversus ducem vel praesidem militis capite punienda est , Digesto, XLIX, 16, 6, 2, p. 895. P, A l l a r d , La perscution de Diocletien, voi. I, 3^ ed., Parigi 1908, p. 97, cita A r r i o M e n a n d r o , Dig., XLIX, 16, 4, 15 : Ignoranti adhuc disciplinam tironi ignoscitur e ibid,, 3, 9 : Si plures simul prima deserue rint... tironibus parcendum est , e ancora, iti?., 4,15 : Examinantur autem causae emansionis et cur, et ubi fuerit, et qui egerit et datur venia vale tudini, affectioni parentum et officium . Anche Antonino il Pio stabil elle : Desertor qui a patre suo fuerat oblatus in deteriorem militiam... iussitne videatur patrem ad supplicium detulisse , ibid., 13, 6. ^ Cristianesimo e impero romano, in Rivista storica italiana, L, 1933.

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qui Sta nel determinare, per quanto possibile, il clima psicologico in cui si svolsero certi fatti. Indubbiamente si era creata tra i funzionari romani, una decisa antipatia per questa religione che induce a disinteressarsi degli uffici dello stato, e sotto que sto punto di vista si pu comprendere come lufficiale che giudic Massimiliano non abbia voluto salvarlo ; mentre, forse, lo avrebbe potuto. Tuttavia non si pu neppure dire che latteg giamento di Massimiliano rappresenti il vero pensiero di tutto il cristianesimo. Basterebbe a dimostrarlo il contegno del padre, Fabio Vittore, che pur lasciando il figlio completamente libero di comportarsi come la sua coscienza gli imponeva, approvan dolo anzi per la sua fermezza, rimase in quellesercito nel quale da tempo prestava servizio, e solo alcuni anni pi tardi fu pro cessato per essersi rifiutato di portare la bandiera (ammesso che si possa identificare il padre di Massimiliano con il Fabio Vit tore di cui parlano gli Atti ^ e che fu ucciso nel 299 o nel 304). Liniziativa di una persecuzione che prese di mira i soldati, perch pi facilmente controllabili, fu presa da Galerio che nel 303, andando contro il volere dello stesso Diocleziano, ordin ai suoi ufficiali di esigere dai soldati lobbedienza agli ordini imperiali, o, se si fossero rifiutati, di allontanarli dallesercito In questi anni, tra la fine del III e linizio del IV secolo, i soldati cristiani che subirono il martirio divennero pi numerosi ; difficile per voler trovare tra di essi degh obiettori di co scienza come era stato MassimiUano. Di questi martiri non si hanno altre notizie di quelle che ci danno gh Acta, documenti piuttosto tardi, difficilmente accertabili e con numerosi falsi. Ma se si accettano, almeno in linea generale, non si pu non notare una certa uniformit nei motivi che condussero i sol dati alla morte. Si tratta quasi sempre di uomini gi convertiti, che tu t tavia rimangono nellesercito finch, costretti a compiere certi atti di culto pagani, si rifiutano e subiscono il martirio. Per citare un processo dei pi noti, i cui resoconti si sono
1 Analecta Bolland., voi. IX, 1890, p. 123. Historia ecelesiastiea. V ili, 4, voi. II, parte II, pp. 744-46.

* E u s e b io ,

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

giunti in pi di un codice, si pu ricordare quello di Marcello, centurione ordinario della legione VII Gemina, di stanza nelle Asturie il quale in occasione del genetliaco dellimperatore Massimiliano, il 21 luglio 298, durante il convito sacro, ritenendo disdicevole al suo stato di cristiano il parteciparvi, abbandon pubblicamente le armi, incorrendo cos in un reato che pi tardi lo port alla condanna capitale Dal testo di questo atto una cosa pare certa : che Marcello gi da tempo serviva nellesercito, ma non detto da quanto fosse convertito al cristianesimo. Co munque si voglia rispondere a questa domanda, sia cio che Marcello era cristiano molto tempo prima di compiere Patto che lo condusse alla morte, sia che proprio in quel giorno gli parve evidente limpossibilit di continuare a servire sotto le bandiere di uno stato pagano, pare che il semplice motivo religioso labbia indotto a far ci, non un dovere pi largamente umano e morale. E non molto diversi da questo sono gli episodi che riguardano gli altri soldati uccisi negli anni successivi, quando gi infieriva la grande persecuzione. Gli Acta ci parlano di Teodoro di Amasia nel Ponto e di Cassiano di Tipasio e Fabio di Taraco, morto nel 304 a Tarso, perch si era rifiutato di sacrificare

^ Secondo il codice N, secondo altri era la legione VII di I^ione, op pure la II Traiana, come vuole il Baronio. I/esame dei codici stato fatto dal D e S a n c t i s {op. cit). A Tangeri, il 13 ott. dello stesso anno : In civitate Tingilniux, pro curante Fortunato praeside, advenit natalis dies imperatoris. Ibi cum omnes in conviviis epularentur atque sacrificarent, Marcellus quidam ex centurionibus legionis Traianae, profana reputans illa convivia, reiecto etiam cingulo militari, coram signis legionis quae tunc aderant, clara voce testatus est dicens : Jesu Christo regi aeterno milito. Obiecit quoque vitem et arma et addidit : ex hoc militare imperatoribus vestris desisto et deos vestros ligneos et lapideos adorare contemno, quae sunt idola surda et muta. Si talis est condicio militantium, ut diis et imperatoribus sacra fa cere compeUantur, ecce proicio vitem et cingulum, renuntio signis et mili tare recuso , R u i n a r t , p. 343. R u i n a r t , p . 506. * R u i n a r t , p , 314. Analecta B o li, IX, 1890, pp. 116-34.

GLI SCRITTORI DEL IV SECOLO - I SOLDATI CRISTIANI

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(ma era gi stato congedato) Anche Marciano e Nicandro non vogliono sacrificare Dasio non partecipa alle feste militari dei saturnali e il veterano Giulio, dopo aver servito per 27 anni nellesercito, pur essendo cristiano, quando fu costretto a sa crificare, prefer subire il martirio Lattanzio ^ ed Eusebio, parlando della persecuzione di Dio cleziano, dicono che questa fu rivolta soprattutto contro leser cito, eppure non si hanno notizie di grandi processi contro i soldati 0 , meglio, probabilmente la situazione di questi era si mile a quella degli altri cittadini, con la differenza che forse erano pi facilmente controllabili. Eiprendendo in esame gli atti di Marcello, o quelli di Giulio (gli uni e gli altri sono tra i pi sicuri), se il resoconto dei processi degno di fede anche nei particolari, non si pu non notare una straordinaria benevolenza da parte degli ufficiali superiori nei loro riguardi. Essi si dolgono dellatteggiamento dei loro subalterni, che li costringe ad agire nei loro confronti, come non vorrebbero. Massimo, praeses legionis^ arriva a prendere su di s tu tta la responsabilit che deriverebbe a Giulio, come cristiano, da unazione idolatrica, offrendogli come giustifica zione un ordine che non ha altra alternativa che la morte
1 O si era congedato (... militaris romanus natus autem in Claudiopoli civitate Isauriae. Et propterea quod christianus sum, renuntiavi mi litiae ), R u i n a r t , p. 57L
2 R u in a r t , p. 571.

3 Analecta B o ll, XVI, 1897, p. 11. Analecta BolL, X, 1891, p. 50.


^ L a t t a n z i o , De mortibus persecutorum, X, 1-4 (CSEL, ed. B r a n d t , Vienna 1893), p. 184, ricorda Tepisodio che diede inizio alla persecuzione, quando, mentre faceva un sacrificio, gli aruspici accusarono i soldati cri stiani presenti, perch il rito non si svolgeva come avrebbe dovuto. Allora Diocleziano ... ira furens, sacrificare non eos tantum qui sacris ministra bant, sed universos qui erant in palatio iussit et in eos, si detractassent, verberibus animadverti ; datisque ad praepositos litteris, etiam milites cogi ad nefanda sacrificia praecepit, ut qui non paruissent, militia solverentur . Forse la prima intenzione di Diocleziano era di porre ai soldati il dilemma : o accettare la legge o essere espulsi dairesercito con la gradus deiectio o la ignominiosa ruissio di cui parla il Digesto, XLIX, 16, 3, 1-9-14, p. 893. Maximus praeses dixit : Juli, video te sapientem virum et gravem. Immola ergo diis persuasum a me, ut remunerationem magnam consequaris.

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Infine, meravigliato che Giulio preferisca questultima, si vede costretto a punire un reato che le leggi condannavano esplicitamente. Quali per siano state queste leggi non si sa con precisione ; Eusebio ^ dice che Diocleziano esigeva lobbe dienza agli ordini ( ), ma non dice poi quali fossero tali ordini. Enfino ^ afferma che gli ufficiali, cum deli gerentur si qui essent inter milites christiani, ut aut immolan dum sibi scirent, aut militiam pariter vitamque ponendam ) > . Quanto agli ordini di cui parla Eusebio, si tratta quasi cer tamente di sacrifici che dovevano essere resi agli di nazionali ; meno probabile che si tratti, come vorrebbero alcuni, di una proslcynesisj tributata allimperatore stesso il quale pare non abbia mai voluto esser considerato un dio Per concludere, direi che parecchi soldati abbandonarono lesercito, cos come avrebbe voluto Tertulliano, per non com mettere atti di culto pagani, ma in confronto a tutti i cristiani che con ogni probabilit erano alle armi, questi martiri sono pochi, non solo, ma compirono il loro gesto soltanto quando le particolari condizioni politiche li misero di fronte ad un dilemma che come cristiani non avrebbero potuto risolvere diversamente. Queste condizioni si presentavano particolarmente gravi in pe riodo di persecuzione, per cui i soldati martiri trovarono tutti la morte tra la fine del terzo e linizio del quarto secolo.
Julius resiJOiidit : Non facio quiie desideras, no incuiram in poenani perpetuam. - - Maximus dixit : Si putas esse peccatum, me assequatur, ego tibi vim facio, ne videaris voluntate adquievisse. Postea vero securus vadis in domum tuam, accipiens decennalium pecuniam, et de cetero nemo tibi erit molestum . 1 Historia ecclesiastica. V ili, IV, 3, voi. II, parte II, ). 744.
-

Eusebius Werce,

Die

lateinische

Uehersetzung

dee

Buflnus

con

T h . M o m m s e n , Lipsia 1908, p. 747.

Chi accetta la tesi della proskynesis si meraviglia poi del fatto che un atto che aveva procurato la morte di tanti uomini sia, pochi anni dopo, alla corte di ('ostantino, accettato da tutti, anche dai cristiani. difficile infatti pensare che la mentalit comune sia in breve tempo cambiata tanto da dimenticare che questatto strettamente legato al culto religioso, non semplicemente airetichetta ; sebbene anche Agostino giustifichi, in certo senso, certi atti dettati da eccessiva umilt o da adulazione, perch solo Tatto cultuale del sacrifcio e legato indissolubilmente allazione religiosa (Oe Giv., X, 4).

GLI S(3RITT0KI DEL IV SECOLO - I SCINDATI CRISTIANI

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Ma non si pu dire che il mestiere delle armi fosse comune mente considerato, anche solo lontanamente, contrario alla religione. Non a torto il Delehaye ^ ricorda la particolare vene razione tributata a certi santi soldati. Gli esempi di autentico antimilitarismo sono assai rari ; forse noi conosciamo solo quello di Massimiliano, di Taraco, dei soldati della legione Tebana che, richiamati da Massimiano dallOriente in GaUia, perch costringessero gli abitanti di questa terra a tornare alla religione pagana, si rifiutarono di obbedire e furono uccisi tutti con il loro comandante Maurizio Ma sino alla fine del terzo secolo, non ci fu nessuna legge, nessun precetto esplicito che vietasse o permettesse luso delle armi al servizio dellimpero.
1 NeUintroduzione a Les lgendes greeques des saints militaires, Parigi 1909. Si potrebbe per notare che gli esempi presi in esame dallautore, si riferiscono tutti ad unepoca piii tarda, postcostantiniana, il che molto importante per un problema come questo. Il fatto della legione Tebana non accertato con sicurezza, soprat tutto perch le notizie in proposito non sono anteriori al VI secolo.

C a p it o l o Q u in t o

I PEIM I ATTI CONCILIARI

Quando i successori di Diocleziano, che avevano cercato di mantener viva la persecuzione contro il cristianesimo, furono soppressi e limpero venne nelle mani di Costantino, i rapporti tra lo stato e il cristianesimo assunsero un aspetto compietamente diverso. Lattivit politica e religiosa di questimperatore stata oggetto di vivaci discussioni : c chi vede in lui il primo sovrano cristiano, nel vero senso della parola, e chi, come lo Schwartz preferisce attribuire i suoi atti ad una consumata astuzia poli tica, trovando anzi in essi il sopravvivere di molti elementi pa ganeggianti, che i cristiani suoi contemporanei non videro o non vollero vedere. Certo Costantino si rese conto che il cristianesimo era diffuso a tal punto da assumere unimportanza di primo piano anche nelle lotte politiche e militari, specialmente in Oriente ^ e prima di Costantino se nera accorto Massenzio, che aveva dimostrato nei confronti di questa religione una certa benevolenza che Eu sebio, per amore di polemica, considera ipocrisia. Come per tutti gli imperatori romani, anche per Costantino il motivo religioso fondamentale nella sua attivit politica, ma mentre gli altri imperatori, per consolidare le propria posi^ E. ^ L.
ScHWARTZ, K aiser S a l v a t o r e l l i , La

Gonstantin u. die christL Kirche, Lipsia 1913. politica religiosa di Costantino^ in Eicerche

religiose. Luglio, IV, 1928, pp. 289-328. * nistoria ecclesiastica, , 14, 1, voi. II, parlo , p. 778.

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zione, avevano insistito nellesigere il culto imperiale, egli ag diversamente. Almeno in un primo tempo non abbandon gli antichi usi, ma contemporaneamente appoggi il cristianesimo, aiutandolo nellopera di perfezionamento della sua organizzazione, e quando questa fu completa e superiore a quella statale, se ne serv come di elemento vivificatore del vasto organismo imperiale. Quando, come suo primo atto di carattere religioso, egli pose il simbolo cristiano sui suoi vessilli ^ fece del cristianesimo una religio castrensis e stabil una prima alleanza di caratteie militare tra Stato e Chiesa, per cui ogni problema ad esso con nesso doveva esser visto sotto una nuova luce. Del resto il cristianesimo aveva gi sostenuto una parte molto importante neUa guerra, prima che con Costantino, con Licinio, al tempo della lotta contro Massimino Daia. Allora Licinio aveva preso le parti del cristianesimo, come fece pi tardi Costantino, quando Licinio si schier in difesa del paganesimo. La lotta assumeva cos anche un carattere re ligioso, e lesito fu considerato provvidenziale dai soldati che pregavano Dio perch desse la vittoria alle loro armi. Cos dice Lattanzio : Propinquantibus ergo exercitibus iam fu turum propediem proelium videbatur. Tum Maximinus eius modi votum Jovi vovit ut si victoriam cepisset, Christianorum nomen extingueret funditusque deleret. Tunc proxima nocte Licinio quiescenti adsistit angelus Dei monens ut ocius surgeret atque oraret Deum suum cum omni exercitu suo : iUius fore victoriam si fecisset. Post has voces cum surgere sibi visus esset, et cum ipse qui monebat, adstaret, timc docebat eum quomodo et quibus verbis esset orandum. Discusso deinde somno notarium iussit acciri et sicut audierat haec verba dicta vit : Summe Deus, te rogamus-Sancte Deus, te rogamus ; Omnem iustitiam tibi commendamus, Imperium nostrum tibi commendamus. Per te vivimus, per te victores et felices existimus. Summe, sancte Deus, praeces nostras exaudi : Brachia nostra ad te tendimus Exaudi sancte, summe
1 La notzia del famoso episodio in E u s e b i o , Vita Gonstantini, l, 28, 2, ed. A. , {Eusebius Werke, voi. I), Lipsia 1902, p. 2).

I PRIMI ATTI CONCILIARI

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Deus. Scribuntur haec in libellis pluribus, et per praepositos tribunosque mittuntur, ut suos quisque milites doceat. Crevit animus universis victoriam sibi credentibus de caelo nuntia tam,... erat iam utraque acies in conspectu. Liciniani scuta deponunt, galeas resolvunt, ad caelum manus tendunt, praeuntibus praepositis et pro imperatore precem dicunt Stando cos le cose, anche la dottrina cristiana della guerra doveva essere riveduta o, meglio formulata per la prima volta, dato che precedentemente non cerano state prese di posizione ufficiali. Ci avvenne, anche se non con la chiarezza che sarebbe stata necessaria, con i concili, e anzitutto con quello di Arles, convo cato il 10 agosto 314, per definire la controversia donatista. Il concilio si pronunci contro lo scisma e contemporanea mente colse loccasione per definire alcune questioni discipli nari. Tra queste interessante quella del canone III che prescri ve : De his, qui arma proiciunt in pace, placuit abstineri eos a communione Questo canone, che forse rientra nel quadro delle afferma zioni antidonatiste , non di facile interpretazione, ma stato discusso moltissimo, forse pi del necessario, il che lha reso anche meno chiaro. I dubbi maggiori riguardano le due espres sioni : arma proiciunt e in pace , che sono state tradotte in modi diversi e a volte addirittura sostituite con altre lezioni. Traducendo il testo cos come si presenta, letteralmente, e dando allespressione arma proicere il significato che ha nel latino classico, il canone vieterebbe ai soldati di gettare le armi in pace . Ma il Sirmond * sostiene che arma proicere , non significa gettare le armi , che invece si tradurrebbe con ar ma abicere , ma vale : arma in alium conicere , sicch si
^ De mortibus persecutorum, c. 46, CSEL, ed. B r a n d t , Vienna 1893, pp. 226-27, lo stesso fatto in E u s e b i o , Vita Const, I, 54, pp. 32-33. ^ H e f e l e - L e c l e r c q , Histoire des conciles, Parigi 1907, voi. I, p. 282. ^ Cosi il D u c h e s n e , Histoire ancienne de Vglise, 6 ed., Parigi 1911, voi. II, p. 113 sg. * Presso M a n s i , Concilia^ voi. 11, p. 492.

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dovrebbe interpretare : proibito usare le armi in tempo di pace . Il Miinchen seguito in ci dallHefele, sostiene che il canone si riferisce ai combattimenti dei gladiatori, che furono proibiti daUo stesso imperatore^. C poi lespressione in pace : il Surius la sostituiva con in bello che, a quanto dice, si trova in un non precisato codice vaticano, lemendamento del Surius affine aUa lezione in praelio accettata ai suoi tempi da Ivo di Chartres ma giudi cata poco probabile dai critici moderni. A. Harnack ha pole mizzato contro questi che egli definisce atti di violenza al testo , preferendo la lezione pi classica che interpreta in pace , come tregua religiosa . Questo canone cio proibirebbe ai soldati cristiani di abban donare le armi in un tempo di pace tra la Chiesa e lo Stato. Per quanto riguarda il significato del canone, dunque, tutte queste diverse traduzioni si possono riunire in due gruppi : secondo le prime, il concilio avrebbe ammesso con ci la liceit della professione delle armi, secondo le altre si tratterebbe di tu ttaltro argomento, che nuUa ha a che vedere con la questione del servizio militare. Per difendere la propria tesi i vari autori che ne hanno discusso, si sono rifatti tutti alla tradizione, gli uni per affermare che, dopo tanti anni di incertezza, questo canone stabiliva per la prima volta una necessaria regola di condotta, gU altri, al contrario, per dimostrare come fosse im possibile far ci, dato che la polemica sullargomento era in quegli anni in pieno fervore e continu ad esserlo anche dopo che il concilio ebbe prese le sue decisioni.
^ Ueber das erste Cond von Arles, in Bminer Zeitschrift jilr phiL-cath, Theologie, voi. XXVII, p. 74 v S g. - Con una legge del ottobre del 325. ^ Concilia omnia, tam generalia quam provincialia atque particularia. Colonia 1567, citato da H e f e l e - L e c l e r c q (loc. cit). ^ Presso D u g u e t , Confrences eccUsiastiques, III, Parigi 1799, p . 340, q. 28. ^ In M ilitia Christi, pp. 87-88 ; cos anche il L e B l a n t , Les inscriptions, voi. I, p. 82, n. 2 ; Aubespiie, presso M a n s i , voi. II, p. 492 e Oe i l l e r , Histoire defi aiitenrn sacre, voi. ITI, Parigi 1732, p. 705.

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forse pi facile suffragare la prima tesi, facendo ricorso ai decreti conciliari e disciplinari degli anni seguenti, decreti che, stabilendo alcune limitazioni alla partecipazione dei cri stiani allesercito, vengono implicitamente a confermare la liceit di tale partecipazione. Mi riferisco in particolare al canone LXXXIII dellottavo libro delle CostiUizioni apostoliche, che proibisce a chi fa parte del clero, di avere contemporaneamente incarichi civili e mi litari : , ' , * ,

II Drey pensa che questa legge sia stata fatta dopo la for mulazione del VII canone del concilio di Calcedonia, del 451 mentre il Bickell lo ritiene di un periodo precedente. Nel IV secolo, per, e precisamente al concilio di Nicea del 325, fu stabilita, per quanto riguarda la posizione dei soldati, unaltra norma, la cui interpretazione ha dato luogo a molti dubbi. Si tratta del X TI canone, che dice : ol S ()^
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F u n k , Didmcaliae (. cit), V, I, }>. 590. Neue Untersuch. Uber die Constitutionen u. Canonen der Apostel, Tu-

biiigen 1932. II VII canone di Calcedonia dice : ?, , 8t ', . (Coloro che sono entrati nel clero o che si sono fatti monaci, non devono pi prestare servizio neUesercito, o accettare una carica civile ; chi ha osato farlo e non se ne poi pentito, e chi ha anche abbandonata la vocazione ricevuta da Dio, deve essere scomunicato). H e f e l e - L e c l e r c q , t. II, parte 2 ^ , Parigi 1908, pp. 788-89. Questo canone che presuppone, a quanto pare, un prov vedimento ormai definitivo, per gli altri soldati, entrato poi nel Corpus iuris canonici, C. XX , q. 3, c. 3. ^ BrcKELL, Geschichte des Kirchenrechts, p . 84 (cit. d a H e f e l e , p . 789),

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La traduzione di questo testo non pjesenta grandi dubbi, ad eccezione del che si trova solo in alcuni codici ed , molto probabilmente, uninterpolazione. Comunque, se anche dovesse essere mantenuto, il significato non varierebbe troppo e var rebbe : (( essi considerano sufiBciente obbedire alla Chiesa, non facendo pi di quello che loro permesso come penitenti e non introducendosi in modo proibito nellassemblea di coloro che assistono alla missa fidelium . Anche la parola si riferisce certamente al cinturone militare, al cingulum che, come spesso dimostrano gli Acta martyrumj era un po il simbolo dei soldati, per cui deporlo si gnificava abbandonare lesercito. Ma le discussioni maggiori riguardano i soldati ai quali questo canone si riferisce. Secondo alcuni si riferirebbe a tutti i soldati che, dopo aver abbandonato lesercito, ritenendo disdicevole alla propria fede la professione delle armi, chiesero di esservi riammessi, si resero colpevoli di una grave mancanza.
^ Coloro che sentendosi chiamati dalla grazia, animati da zelo, ahmndonarono la divisa, ma subito dopo, come cani che tornano a quei che lianno vomitato, arrivano ad offrire danaro e regali per essere riammessi neiresercito, dovranno rimanere per 3 anni tra gli audientes, e 10 tra i substratif ma per questi penitenti bisogna aver cura di studiare il loro seu timento e il genere del loro pentimento. Infatti chi tra loro, con timore e con lacrime, accompagnate da penitenze e buone opere, mostra cos in fatti la sincerit di un ritorno reale, costoro, dopo aver fmito il periodo della loro penitenza tra gli audientes, potranno forse far parte di quelli che pre gano, e sta al vescovo il trattarli con benevolenza anche maggiore. Quanto a coloro che sopportano con calma (resclusione) e pensano che questa pe nitenza sia sufficiente per espiare i loro torti, essi saranno tenuti a fare tutto il tempo stabilito dalla legge. In Hefele-TECLekcq, voi. I, p. 591.

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Ma, secondo linterpretazione pi comune, questo canone si riferisce ai soldati che facevano parte dellesercito di Licinio, vinto definitivamente da Costantino lanno precedente nelle battaglie di Adrianopoli e Crisopoli. Licinio infatti sera fatto campione del paganesimo, contro lesercito cristiano di Costantino ^ ed aveva preteso che i suoi soldati compissero formali atti dapostasia e sacrificassero, mi nacciandoli, se si fossero rifiutati, di espellerli dallesercito Di fronte alle minacce di persecuzione di questimperatore, molti cristiani non avevano saputo resistere, per cui si ripro pose a questo concilio la questione dei lapsi. Ora, il primo gruppo di canoni, di cui fa parte anche questo, riguardano appunto le norme ed i limiti che dovevano regolare la loro riammissione nel seno della Chiesa, anzi, il canone XI parla esplicitamente di quei lapsi che avevano ceduto alle ingiunzioni di Licinio ed avevano sacrificato. Il concilio, quindi, non avrebbe proibito in Unea generale la professione deUe armi, ma avrebbe solo preso dei provvedimenti contro i soldati che, dopo aver abbandonato lesercito di Li cinio, che era un esercito pagano e in difesa deUa vecchia reli gione, avevano poi fatto di tutto per esservi riammessi, forse in vista dei molti vantaggi che il servizio militare offriva Ci sarebbe poi unaltra interpretazione che per ha poco seguito, secondo cui il provvedimento del concilio si riferisce a coloro che avevano deciso di passare la loro vita come peni tenti, mentre poi preferirono tornare alle occupazioni di prima.
* Di questo e della persecuzione di Licinio, parla Eusebio, Historia ecel., X, 8 (voi. II, parte II, p. 891-92). Uno studio completo in P. Ai.L A R D , Histoire des persoutions, voi. V, p. 306 sg. * S u l p i c i o S e v e r o , Historia sacra, II, 47, P. L., X X , col. 33. Cosi : H e f e l e , Ueber dm Bigorismus in dem Leben u. der Anschauung der alten Christen, in Theolog. Quartalschrift, n. X X III, 1841, p. 316 sg. * D e l l A u B E S P iN E , citato da H e f e l e , Histoire des Conciles, I, 592.

C a p ito lo S e s t o

SANTA G O STIN O

Se i canoni dei concili del IV secolo possono dar luogo ad alcuni dubbi sulla loro interpretazione, la migliore conferma del loro significato credo si possa trovare neUe vicende di quegli stessi anni e neUatteggiamento che soldati e scrittori cristiani assunsero di fronte a tale questione. Infatti, dopo che si fu stabilita unalleanza tra Impero e Chiesa, non si ha pi notizia di soldati che si siano rifiutati di portare le armi, in nome della loro fede, mentre la maggior parte di essi partecipava ormai senza scrupoli aUa vita dello stato, il che probabilmente non si sarebbe verificato se le decisioni uffi ciali della Chiesa lavessero categoricamente vietato, o solo se le maggiori autorit del mondo cristiano vi si fossero dichiarate contrarie. Invece anche i pi grandi scrittori assunsero un atteggia mento favorevole nei confronti di questattivit tanto impor tante e discussa, e tra questi SantAmbrogio, che per primo si prospett, sia pur vagamente, la necessit della guerra, inquantoch, difendendo per mezzo di essa lo stato e la giustizia, si difen deva, di conseguenza, anche la religione Non si pu certo attribuire ad Ambrogio lelogio della vio lenza solo egli giustifica tutte le attivit necessarie aUo stato.
^ De officiis ministrorum^ I, 27, 129 e II, 7, P. JD ., XVI, 66 e 118-21. ^ In Exaemeroriy VI, 8, 48, si indigna contro coloro ... qui interficiunt opus dei, qui humanum sanguinem fundimt, qui vitam quam deus donavit extorquent (CSEL, ed. C. S c h e n k l , Vienna 1897, p. 239). Questo passo

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e come la guerra, cos anche lesercizio della giustizia da parte dellautorit, e con qualsiasi mezzo Ma pi dogni altro Agostino fece sentire la sua autorit su tale questione e, anche se non compose mai unopera orga nica sullargomento, come fecero pi tardi i suoi discepoli, impost il problema con chiarezza e su basi completamente nuove, inserendolo nellorganico svolgimento di tutta la sua opera. Una ricerca su questaspetto del pensiero dAgostino di cos vasta portata, che richiederebbe uno studio a s, profondo e particolareggiato ; e ci tenendo conto, non soltanto della statura eccezionale dellautore, ma anche del suo atteggia mento di fronte al problema che ci riguarda, atteggiamento che non considera la questione della guerra come isolata e tale da risolversi sulla base di un particolare interesse, come era avvenuto per gli scrittori precedenti. Per Agostino essa trova la sua ragione di essere come pro blema morale ed insieme religioso, politico e sociale, e perci non pu essere risolto se non considerando tutto il pensiero dellautore, straordinariamente complesso ed insieme armo nioso ed organico. Per questo si presentano, a chi voglia fare unindagine in questo senso, notevoli difficolt, anche perch, non essendosi lautore mai proposto di scrivere in particolare su questo pro blema, ma essendosene occupato numerose volte ed essendo sempre sollecitato da cause reah e ben definite ad esprimere il suo giudizio su questo o su quel problema che la guerra pu presen tare, manca, a prima vista, uno svolgimento organico del suo pensiero in proposito, anzi, nel pensiero di Agostino si sono

per si riferisce aUomicidio in genere e alla vendetta privata, che sono sempre male. Cfr. Sermo L X I I , De bellico tumultu, P. L., XVII, 754-55. ^ Nel 387, scrivendo a Studio, che gli chiedeva con quale diritto si possano punire i colpevoli, risponde citando S. Paolo {Barn,., X III, 4) : anche gli antichi romani erano fieri di aver saputo dominare intiere regioni, senza aver compiuto atti di violenza ; perci il cristiano che riuscir ad essere clemente sar lodato, ma non sar biasimato se dovr ricorrere alla forza. Jip., X X V , P. L., XVI, 1803-86.

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potute vedere anche delle incongruenze che, in ultima analisi, non sono che lespressione della sua viva sensibilit per un pro blema cos delicato, che non pu certo essere risolto categori camente, senza tener conto di quanto di vero ci sia in ogni possibile soluzione. Non si tratta quindi di una mancanza di chiarezza da parte del nostro autore, e neppure di un evolversi progressivo del suo pensiero a questo proposito, perch un esame cronologico dei testi non rende affatto pi chiara questa apparente disparit di giudizio. Sembra quasi che la guerra non abbia costituito per lui un problema nel vero senso della parola. I suoi giudizi sono solu zioni che poggiano su principi generali, sicuri, e sono dettati da un senso dellequilibrio e della realt quale mai prima dora sera potuto notare. Equilibrio e realismo che fanno si che Agostino sia lontano, in tale questione, da tu tti gli errori e dalle conclusioni para dossali a cui pu giungere chi assuma una posizione, per cos dire, estremista ; in lui non ci sono n opportunismo n ecces siva durezza ; vengono giudicate le guerre del passato, e per il futm*o si danno norme che pur essendo definitive, non esclu dono volta per volta la discussione. La prima volta che Agostino si occup del problema della guerra fu nel 398, allorch Fausto di Mjlevi, che egli aveva gi conosciuto quando ancora apparteneva alla setta manichea scrisse un libello anticristiano, sottolineando tra le altre cose, che la storia narrata nellAntico Testamento ricca di episodi di violenza e di guerre crudeli : ... quod Moyses homicidium fecerit, quod spoliaverit Aegyptum, quod bella gesserit, quod crudelia multa et mandarit et fecerit II militarismo ebraico non poteva certo sfuggire allatten zione di chi esaminasse i testi sacri del cristianesimo, e in par ticolare non poteva sfuggire la differenza sostanziale che, pro-

Contese., V, 3, CSEL, ed. P. K n O l l , Vienna 1896, pp. 90-93. * C. Faugtwm, X X II, 6 (in Esodo, XVII, 9), CSEL, ed. Milano 1892, p. 595.

Z tc h a ,

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prie SU questo punto, c tra lAntico ed il Nuovo Testamento, che vangelo di pace. Di questo serano accorti gli scrittori precedenti, ed anche Agostino affront il problema pi duna volta In risposta alloperetta di Fausto di Milevi, scrisse il Contra FmisUim, nel quale sono gi contenuti gli elementi di giudizio che costituiscono la teoria agostiniana della guerra. Anzitutto, afferma lautore, prima di giudicare fatti di questo genere, bisogna rendersi conto se siano avvenuti per arbitrio umano o per volere di Dio, il quale ordina a ciascuno quello che giusto che faccia : ... nec bella per Moysen gesta miretur aut horreat, quia et in illis divina secutus imperia non saeviens, sed oboediens fuit : nec Deus, cum iubebat ista, saeviebat, sed digna dignis retribuebat, dignosque terrebat Aver dubbi su ci, prosegue Agostino, indice di timidezza, non di reli giosit ; la crudelt, il desiderio di vendicarsi, di far del male, questo biasimevole nella guerra, ma lobbedienza agU ordini di Dio o di qualsiasi autorit umana, doverosa. E, dopo una lunga digressione, prosegue dicendo che non si pu accusare Mos di aver commesso azioni ingiuste e tanto meno Dio, che fu lispiratore di tali azioni ; infatti, non in potere delluomo giudicare i disegni della provvidenza divina. Tutto ci ex occulto poenarum ordine venit et iUis in scrutabilibus iudiciis Dei apud quem non est iniquitas (i?om. IX, 14). Con ci la guerra viene legittimata, o per lo meno la guerra voluta da Dio, il quale arbitro dei destini umani e pu far s che lesito sia in favore deUuno o dellaltro contendente, in dipendentemente dalle azioni degli uomini *. Daltra parte con lavvento del cristianesimo, che non fu certo una predicazione militaristica, la guerra non venne defl^ Soprattutto nelle Quaestiones in Heptateucum del 419. ^ C. Faustum, X X II, 74, p. 672. 0. Faustum, X X II, 78, p. 679. ^ Questo concetto poi sviluppato in De Oiv., V, 22 (CSEL, ed. E. H o f MANN, voi. I, Vienna 1899, p. 259), dove si porta Tesempio di Kadagaiso, che fu vinto, nonostante la sua forza, perch empio e malvagio.

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nitTamente esclusa, solo verniero mitigate le sue dannose con seguenze ^ ; e parlando dei passi evangelici che possono far sorgere una discussione di questo genere, Agostino ha modo di chiarire definitivamente il problema del vangelo e della guerra, problema che nei secoli precedenti aveva lasciato molti dubbi agli scrittori cristiani. Infatti, dopo aver discusso delle guerre ebraiche, prendendo le mosse dal passo di Luca (III, 14) nel quale Giovanni risponde ai soldati, commenta : Alioquin Johannes, cum ad eum bapti zandi milites venirent, dicentes : et nos quid faciemus f responderet eis : arma abiicite, militiam istam deserite, neminem percutite, vulnerate, prosternite ; sed quia sciebat eos, cum haec militando facerent, non esse homicidas, sed ministros legis, et non ultores inuriarum suarum, sed salutis pubbUcae defensores, respondit eis ; neminem concusseritis, nulli calum niam feceritis, sufiBciat vobis stipendium vestrum \ II brano del massimo interesse, non solo perch linter pretazione che Agostino d del passo di Luca non lascia dubbi, ma anche perch vengono espressi alcuni concetti che sono fondamentali per la comprensione del suo pensiero. A questo proposito : nel passo precedente aveva detto che giusto il combattimento voluto da Dio, ma aveva soggiunto : ... sive aUquo legitimo imperio iubente , perch questa obbedienza sta nellordine delle cose umane, quindi i soldati non sono omicidi, ma strumenti della legge, e di conseguenza non vendicatori di offese personali, ma difensori del bene comune, e ci molto importante perch, da un lato conferma ci che dir ia seguito, scrivendo il De Civitate, a proposito delle guerre dei Eomani e in particolare delle guerre civili, dallaltro ammette anche un potere statale, che dia gli ordini e faccia combattere, con diritto, i cittadini. E con questo, se non viene ancora risolto il problema della guerra, viene per esclusa in partenza ogni discus sione sul problema del servizio militare, perch assolvendo da ogni responsabilit morale lindividuo al quale sia ordinato di fare
1 Cfr. De Giv., I li, 30, 31, pp. 157-61. - C. Faustum, X X I , 74, p. 672.

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qualcosa, anche se questa non gli sembra giusta, egli riconduce completamente questa responsabilit allautorit che lha imposta. Questo verr affermato, anche con maggior precisione, in seguito. Infatti, al cap. 26 del primo libro del De Civitate, par lando delle azioni che per s sono male, ma che possono essere anche un bene, in casi particolari, o che comunque non sono da ascriversi a colpa di chi le commette, trattando dellomi cidio dice : Nam et miles, cum obediens potestati, sub qua legitime constitutus est hominem occidit, nuUa civitatis suae lege reus est homicidii ; immo, nisi fecerit, reus est imperii deserti atque contempti. Quod si sua sponte atque auctoritate fecisset, in crimen effusi humani sanguinis incidisset. Itaque unde punitur si fecerit iniussus, inde punietur nisi fecerit iussus. Quod si ita est iubente imperatore, quanto magis iubente Crea tore ? Qui ergo audit non licere se occidere, faciat si iussit cuius non licet iussa contemnere : tantummodo videat, utrum divina iussio nullo nutet incerto . Con questo, naturalmente sorge un altro problema, quello dellautorit e della sua responsabilit. Agostino per non lo affronta qui, e prosegue : se dopo questo esempio i Manichei non volessero accettare le parole di Gio vanni, basta confrontarle con quelle che disse Ges : Date a Cesare quello che di Cesare {Matteo, XXII, 21). Perci, dice, bisogna pagare i tributi a Cesare, perch egli possa assoldare i soldati, daltra parte anche nel suo incontro con il centu rione, Ges non gli si dimostr contrario, perch non gli ordin di abbandonare la sua professione. Ma de iustis quidem iniiistisquebellis nunc disputare longum est et non necessarium Ma nonostante questa affermazione egli espone al capitolo seguente, i punti fondamentali della sua teoria della guerra giusta. Anzitutto bisogna osservare quibus causis quibusque aucto ribus homines gerenda bella suscipiant , infatti lordine natu rale degli uomini che paci accomodatus esige che lautorit ed il consiglio di un principe facciano intraprendere una guerra e che i soldati eseguano gli ordini per il bene di tutti.
^ 0. Fmistuw,, X X II, 74, p. 673.

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Le guerre che furono condotte per volere di Dio, non la sciano dubbi sulla loro legittimit, non cosi quelle volute dagli uomini, perch troppo spesso questi sono accecati dallira, daUa superbia, dalla sfrenata avidit di dominio. Ai re il vero dominio. Punica autorit, viene da Dio, e da lui solo che ordina e permette certe azioni. Ma nel caso il principe sia ingiusto, che deve fare il soldato? Cum ergo vir iustus, si forte sub rege homine, etiam sa crilego miUtet, recte possit illo iubente bellare, civicae pacis ordinem servans, qui quod iubetur, vel non esse contra Dei praeceptum certum est vel utrum sit, certum non est, ita ut fortasse reum regem faciat iniquitas imperandi, innocentem autem militem ostendat ordo serviendi quando magis in administratione bellorum innocentissime deversatur, qui Deo iubente belligerat, quem male aliquid iubere non posse nemo, qui ei servit, ignorat E con ci riconferma ci che aveva detto precedentemente. A questo punto per, dopo aver illustrato i passi evangelici che possono confermare la sua tesi, non trascura quelli che possono essere interpretati, come realmente avvenne, in senso contrario. Si autem propterea putent non potuisse Deum beUum gerendum iubere, quia dominus postea Jesus Christus- Ego inquit- dico vobis, non resistere adversus malum ; sed si quis te percusserit in maxillam tuam dexteram, praebe illi et si nistram intellegant hanc praeparationem non esse in corpore, sed in corde : ibi est enim sanctum cubile virtutis, quae in illis quoque antiquis iustis nostris patribus habitavit ; sed eam rerum dispensationem atque distributionem temporum ordo po scebat, ut prius optaret etiam ipsa bona terrena, in quibus et humana regna et ex hostibus victoriae deputantur, propter quae maxime civitas impiorum diffusa per mundum supplicare

1 Cfr. P a o l o , A i Romani, X III, 1. Questo concetto in De Civitate, voi. I, p. 188 sg. ' * C. Faustum, X X II, 75, pp. 673-74. Matteo, V, 3!).

meglio sviluppato

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LA GUBERA NBL PENSIERO CRISTIANO

idolis et daemonibus solet, non nigi ad unius Dei veri potestatem atque arbitrium pertineret . Con questo Agostino riconduce tutti questi precetti ad un significato allegorico o spirituale, negando la possibilit di una loro interpretazione letterale. Questi perci non sono in con trasto con letica veterotestamentaria perch il Nuovo Testa mento altro non che un perfezionamento dellAntico o una spiegazione di ci che anticamente era dato in modo quasi velato Gli stessi concetti sono contenuti in una lettera che pochi anni dopo, nel 412, egU invia al suo amico Marcellino, commis sario imperiale, che in quel momento era in polemica con Volusiano Questi racconta che una volta, in una riunione di amici, serano fatte varie discussioni, tra cui alcune di carat tere religioso, ed egli aveva sostenuto pubblicamente (come appare dalla lettera seguente) la incompatibilit del cristia nesimo con il servizio militare, citando Paolo (Rom. X II, 17) e Matteo (V, 39-41). Marcellino, preoccupato per i suoi impegni amministrativi, temendo che questo nichihsmo riuscisse di danno allo stato, si rivolge ad Agostino Con tale questione egli lo impegnava ad una risposta pre cisa, sia sul fatto della guerra, sia sul valore che un cristiano
^ G. Faustum, X X II, 76, pp. 674-76. Cfr. P a o l o , Eomani e Galat Volusiano era proconsole dAfrica, ed apparteneva alla famiglia dei Ceioni Albini, in parte convertita al cristianesimo, egli per era rimasto pagano, pur avendo stretto amicizia con Agostino. Cfr. le Ep.y CXXXV, CXXXVI, CXXXVIII, CSEL, E p,, t. I li, ed. A. G o l d b a c h e r , Vienna 1904, pp. 89-148. Su questo v. G. B o i s s i e r , La fin du 'paganismey "1 1T, Parigi 189I, p. 427. 3 CXXXV, pp. 89-92. ^ Ep,, CXXXVI, p. 9 5 : ... Tum deinde quod eius praedicatio atque doctrina, reipublicae moribus nulla ex parte conveniat, utpote sicut a multis dicitur, cuius hoc constat esse praeceptum, ut nulli malum pro malo reddere debeamus (Bom., XII, 17), et percutienti aliam praebere maxillam, et pal lium dare tunicam tollere persistenti, et cum eo, qui nos angariare voluerit, ire debere spatio itineris duplicato (M a t t ., V , 3 9 - 4 1 ), quae omnia reipu blicae moribus adserit esse contraria. Nam quis tolli sibi ab hoste aliquid patiatur vel Romanae provinciae depredatori non mala velit belli iure roponere .

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pu attribuire allo stato quando sia chiamato a scegliere tra questo ed i precetti della religione. La risposta chiara ed un aperto elogio a Eoma e alla virt dei suoi cittadini. Se questa domanda mi fosse rivolta da un uomo dappoco dice Agostino non risponderei neppure, ma, dato che chi mi interroga un cittadino liberalmente educato, devo fare tutto il possibile, per dimostrargli in che modo poterono ren dere grande limpero romano, uomini qui accepta iniuria igno scere quam persequi malebant (cfr. Sallustio, Col. 9,5), quomodo Caesari administratori utique reipublicae, mores eius extollens Cicero dicebat quod nihil obli\dsci soleret nisi iniurias (Pro Ligario 12,35) si tratta quindi di lodi che i posteri abbiano inventato per nobilitare gli antichi. Cicerone conosceva Cesare, perci lo pot lodare, se invece lo adul, ci significa che voleva farlo corrispondere al suo ideale di principe. Ma questa linea di condotta non corrisponde forse al pre cetto evangelico Non reddere malum pro malo? La differenza consiste in ci : che quando questa massima viene letta presso gli scrittori latini, del cui patriottismo nes suno dubita, viene esaltata, se invece ascoltata dalla parola di Dio, fa sorgere dei dubbi, perch si ha comunemente il pre concetto che la religione sia ostile allo stato Nel passo seguente Agostino tesse lelogio dello stato ro mano, esprimendosi con concetti tipicamente ciceroniani, o ad dirittura con espressioni che ricordano molto da vicino il De repuUica dellArpinate perch questi principi, secondo lautore, non sono affatto in contrasto con i principi cristiani che, se fossero seguiti rigorosamente, potrebbero rendere lo stato sempre pi saldo. Nam si Christiana disciplina omnia bella culparet, hoc potius militibus consilium salutis petentibus in Evangelio diceretur, ut abicerent arma, seque omnino militiae subtra herent. Dictum est eis autem : Neminem concusseritis, nulli
Ep., CXXXVIII, p. 134. 2 E p., CXXXVIII, 9-10, pp. 133-36. Cfr. M a u s b a c h , Die Ethik des HI. Augustinus, p. 326 sgg.

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I, Priburgo 1909,

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calummam feceritis, sufficiat vobis stipendium vestrum (Luca III, 14). Quibus propium stipendium sufficere debere praecepit, militare utique non prohibuit. Proinde, qui doctrinam Christi adversam dicunt esse reipublicae, dent exercitum talem, qualem doctrina Christi esse milites iussit ; ... et audeant eam dicere adversam esse rei publicae... Questa lettera non aggiunge nulla di nuovo a quanto era gi stato detto nel Contra Faustum per quel che riguarda lin terpretazione di certi passi del Vangelo, ma qui ci sono anche dei precisi giudizi suUo stato, e, quel che pi conta, su di un particolare stato, nel quale gU uomini cui egli si rivolge, svol gevano la loro attivit e per il quale dovevano combattere, o far combattere. Se il giudizio di Agostino sullo stato romano fosse tutto qui, in questa lettera, non lascerebbe nessun dubbio suUa sua am mirazione per Eoma e per le imprese che i Eomani compirono o erano in grado di compiere ; cosi come non ci sarebbero dubbi sullinterpretazione del suo pensiero suUa guerra, che non solo legittimata, ma per la quale si auspica un esercito com posto di soldati perfetti, quaU solo una societ cristiana pu fornire. Ma proprio nello stesso periodo di tempo, o poco dopo, egli inizi il De civitate, lopera sua pi importante e pi discussa, che di grande interesse per il nostro problema e che assume un particolare significato a questo proposito, quando venga confrontata con le apologie precedenti. Loccasione stessa che sugger ad Agostino la composizione di questopera, cio il fatto che i pagani attribuissero ai cri stiani e alla loro religione la colpa deUa distruzione di Eoma da parte dei Goti*, portava lautore a parlare della guerra, non della guerra in genere, ma di casi particolari, e solo occa sionalmente ad esprimere giudizi di carattere pi generale. Cos, per la prima volta egli si trov a giudicare la storia di Eoma e limperialismo che era stato il motivo ispiratore di tutte le
* Ep., CXXXVIII, 15, p. 141. ^ Betraekitiones, IT, C9 ; ed. P. K n ll, Vienna 1902, p. 180 sg.

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imprese che i Bomani avevano compiuto, diventando padroni del mondo. Largomento trattato nei primi 5 libri in modo tale che ancor oggi si discute quale sia il vero pensiero di Agostino sullo stato, in genere, sullo stato romano in particolare, sui diritti che esso ha e di conseguenza sulla guerra che una delle sue pi importanti attivit. Qui, nella prima parte dellopera, limperialismo romano condannato apertamente dallautore che vuol dimostrare come gU di dellantica Eoma non abbiano mai portato fortuna al limpero e come questo poggiasse su basi che non potevano permettergli una durata infinita. Sono queste le espressioni pi violente di Agostino contro la guerra ; egli conduce un esame storico e psicologico delle imprese militari romane che tanta parte ebbero nella forma zione dellimpero, dimostrando che le guerre degli antichi ave vano soltanto scopi feroci e sanguinari proprio perch al loro carattere e alla loro cultura era estraneo ogni senso di piet e di umanit. Allora i vinti non trovavano misericordia neppure rifugiandosi nei templi, perch la consuetudo bellorum non fa ceva risparmiare i luoghi pi sacri e se in seguito le cose cam biarono e ci fu una maggior umanit, tanto che le invasioni barbariche furono meno feroci delle guerre di Eoma, che avrebbe dovuto portare la civilt ai popoli, ci avvenne per merito del cristianesimo La storia dellimpero romano, prosegue Agostino, stata scritta col sangue, perch la violenza dei suoi cittadini non permise mai che lo stato godesse di un lungo periodo di pace. Se al tempo di Numa non ci furono guerre, ci dovuto al fatto che in quel tempo i nemici della citt rimasero tranquilli, forse per paura, non certamente aUa buona volont dei Eomani che alla prima occasione presero le armi contro Alba, com piendo una strage fraterna Ancor peggiori furono poi le guerre civili, a incominciare dalle rivolte che funestarono la citt al
* De civ., I, 2, voi. I, p. 6. - De civ., I, 7, voi. I, pp. 12-13. De civ.. I li, 14, t o I . I, pp. 126-29.

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tempo dei Gracchi ^ In seguito, a dimostrazione che ogni di scordia tra cittadini doveva cessare, fu costruito il tempio della Concordia, ma gli avvenimenti posteriori dimostrarono quanto poco vera fosse quella pace : infatti scoppi una guerra tra Mario e Siila, durante la quale furono compiute le peggiori atrocit Forse furono meno gravi le guerre dei Goti, perch questi risparmiarono molti uomini illustri, mentre Siila non ebbe piet per nessuno Anche Augusto, che credette di aver inaugurato lra della pace, combatt guerre civili e fece uccidere molti cittadini, tra cui Cicerone, che era sempre stato un paladino della pace e della libert . Ma ad un certo punto lautore disgustato interrompe questa enumerazione di guerre, ormai sufficientemente dimostrato quanto male esse abbiano portato a Boma : Proinde victoriae illae non soMa beatorum gaudia fuerunt, sed inania solacia miserorum et ad alia atque alia sterilia mala subeunda illecebrosa incitamenta, minime quietorum . Queste guerre portarono tanto male ai Eomani, proprio perch, tenendo gli animi in continua apprensione, non permettevano il raggiungimento della pace. A chi gli obiettasse che esse furono necessarie per la formazione e lespansione dellimpero, Agostino risponde che perch lo stato sia forte, non necessario si ingrandisca troppo , anzi, i successi che in questo modo furono conseguiti, costituirono soltanto un bene fittizio : Quamquam vellem prius paululum inquirere, quae sit ratio, quae prudentia, cum ho minum feUcitatem non possis ostendere, semper in bellicis cla dibus et in sanguine civili vel hostih, tamen humano cum tenebroso timore et cruenta cupiditate versantium, ut vitrea laetitia comparetur fragihter splendida, cui timeatur horribi1 De - De De * De De De De
eiv; Hv., civ., civ., d v ., civ., civ.,

III, III, III, III, III, III, III,

24-25, v. I, pp. 150-52. 26, v. I, pp. 152-53. 27-28, t. I, pp. 153-56. 29, v. I, pp. 156-57. 30, v. I, p. 158. 17, v. I, p. 136. 10, v. I, p. 119.

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lius ne repente frangatur, de imperii latitudine ac magnitudine velie gloriari Limportante non che lo stato sia grande, ma che sia efficiente dal punto di vista del benessere umano, che garan tisca cio la tranquillit e la felicit ai suoi cittadini. C nella considerazione dello stato, da parte di Agostino, un criterio eudemonistico, che si riscontra senzaltro in tu tta la sua opera ; ma qui, per amore di polemica, sembra voglia limitare di pro posito U suo giudizio al benessere o alla sofferenza individuali, affermando che poco potevano giovare a coloro che erano gi morti i successi conseguiti dallimpero, e che, in fondo, non vale la pena che sacrifichi la propria vita chi poi non vedr i frutti del suo sacrificio : Quid enim interest eorum, qui sub Romulo deos coluerunt et ohm sunt mortui, quod post eorum mortem Eomanum tantum crevit imperium? ... Hoc autem de omnibus intellegendum est, qui per ipsum imperium (quamvis decedentibus succedentibusque mortalibus in longa spatia pro tendatur), paucis diebus vitae suae cursim raptimque transie runt, actuum suorum sarcinas baiulantes Questaffermazione, a dire il vero, meraviglia, perch vero che lautore tiene sempre presente il valore dellindividuo nella societ, ma non attribuisce certo aUa felicit ed alla volont individuale un valore cos assoluto. A questo punto, contra riamente a quanto era apparso dai testi precedentemente ci tati, la posizione di Agostino non sembrerebbe molto diversa da quella degU apologisti che precedentemente avevano messo in stato daccusa limpero, se non per una maggiore precisione e concretezza nellindagare fatti particolari e nel passare da questi a giudizi di carattere pi generale. Ma proprio per questo la sua opera si distingue daUe altre e non solo rigidamente polemica anche se nei primi libri si adegua fin troppo al tono generale delle apologie antiromane.
^ De civ., IV, 3, V. I, p. 165. * De civ,, IV, 5. Si esprime cosi a proposito dei gladiatori che erano sfuggiti alla prigionia ed avevano raccolto un grande esercito, con il quale devastavano le terre delFimpero. Lautore paragona queste loro gesta alle imprese militari di Homa che aveva aggredito tanti altri popoli, v. I, p. 168.

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Come per ogni altro scrittore, anche per Agostino il pro blema della guerra solo un aspetto del pi grande problema dello stato ed anche i giudizi suUimperialismo romano vanno ricondotti allopinione che il nostro autore aveva dellimpero, opinione suUa quale i moderni non sono assolutamente con cordi. Non certo qui il caso di discuterne, n si pu preten dere di arrivare a dire la parola definitiva in questa vexata quaestio, ma forse la soluzione di questo problema generale non si potr ottenere che esaminando caso per caso i problemi pi particolari e mettendo in luce di volta in volta il perch di quellapparente disparit di giudizi che d, a prima vista, lim pressione di una mancanza di ordine. Si tratta in fondo solo di unimpressione dovuta soprattutto al carattere dello scrittore che si lascia prendere la mano dal lentusiasmo 0 dallindignazione, ma anche in questi primi libri del De civitate, che sembrano assolutamente contrari ad altri scritti precedenti, si pu trovare un filo conduttore che ricol lega questi giudizi agU altri. Nel terzo libro, infatti, deprecando le continue guerre che impedivano lo stabilirsi di una pace duratura, viene in un certo senso a giustificare una parte di queste : Sed piane pr tantis bellis susceptis et gestis insta defensio Eomanorum est, quod inruentibus sibi inportune inimicis resistere cogebat non avi ditas adipiscendae laudis humanae, sed necessitas tuendae sa lutis et Ubertatis ^ e prosegue citando Sallustio * per dimo strare che nel tempo pi antico i costumi dei Romani erano migliori e di conseguenza la popolazione pi felice ma che in seguito invidia ex opulentia orta est per cui il popolo non fu pi in pace, senza guerre esterne od interne. Due sono gli elementi nuovi in questo breve passo a) la iusta defensio che implica perci una guerra giusta, b) il con cetto della aviditas adipiscendae laudis humanae . Sulla base del primo Agostino giustifica alcune guerre romane, con il se condo le condanna e passando poi a discutere delle guerre in
^ De civ., I li, 10, v. I, p. 120. * De C at coniur.y VI.

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genere, fa di questi due concetti i due poli della legittimit e della illegittimit di esse Lelemento della giustizia fondamentale perch, secondo lautore, il solo che giustifichi lo stato, se manca la giustizia gli stati sono magna latrocinia * e le loro attivit assolutamente biasimevoli. I Eomani condussero, vero, guerre giuste ma il loro stato era basato sulla giustizia? La giustizia e la libert umana, dice Agostino non sono mai vere, perci il cri stiano deve sentirsi pellegrino su questa terra e non deve cu rarsi troppo in quale stato viva dato che solo Dio potr soddi sfare il suo desiderio di giustizia e di libert Ma lo stato necessario per quella naturale tendenza degli uomini a vivere in societ e Agostino aveva troppo vivo il senso della realt per non accorgersi di questo, bisogna quindi fare in modo che lo stato sia il migliore possibile, perch aiuti luomo nel suo compito che quello di diventare migliore. I Eomani costrui rono lo stato pi grande e forte del mondo, ma alla base di questo stava uno sfrenato desiderio di gloria e di potenza, che Agostino mette in rilievo in numerosi passi citando ripetutamente Sallustio e Virgilio . Per, mentre per i due scrittori latini questo un elemento positivo, che aveva permesso al loro popolo di conquistare prima la libert, poi il dominio del mondo, ed considerato dannoso solo quando male indirizzato, allambizione personale,

1 Non si deve poi dimenticare che i casi citati dallA. per condannare la guerra, si riferiscono soprattutto alle guerre civili, che sono sempre bia simevoli. Se poi non fa qui la necessaria distinzione tra i due tipi di guerra ci dovuto allardore della polemica. Ibid., p. 120. In ci segue la teoria ciceroniana e cita (De civ., IV, 4) lepisodio del pirata e di Alessandro Magno, che gi in Cicerone (Bep., I li, 14). Si ergo iusta gerendo bella, non impia, non iniqua, Eomani im perium tam magnum adquirere potuerunt, numquid tamquam aliqua dea colenda est eis etiam iniquitas aliena ! Multum enim ad istam latitudinem imperii eam cooperatam videmus, quae faciebat iniuriosos, ut essent cum quibus iueta bella gererentur et augeretur imperium. De civ., IV, 15, v. I, p. 182. * De Hv., IV, 17-18, v. I, pp. 184-86. * De Cat. Coniur., 7 ; Eneide, VI (De civ., V, 12, v. I, pp. 232-34).

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non al servizio dello stato, per lo scrittore cristiano ci mo ralmente negativo, dato che i Eomani non solo fecero le loro guerre ed esercitarono le virt civiche unicamente per la citt terrena ma si mantennero virtuosi solo per amore di gloria il che, se pu talvolta essere un bene relativo, sostanzial mente male Da questo punto di vista si capisce perch Agostino abbia condannato gran parte della storia di Eoma ; perch manca vano a questa gii elementi indispensabili a uno stato veramente giusto, ed accentuando qui la sua critica egli non vuole disco noscere i meriti che questa civilt realmente ebbe, ma vuol mettere in risalto quanto sia migliore lo stato informato ai principi cristiani. Infatti proseguendo nella storia e passando a parlare degli imperatori che serano fatti cristiani, tutto viene visto in una luce diversa, e anche le guerre, che purtroppo non sono ancora terminate, vengono giudicate diversamente. Questi imperatori eandem vindictam pro necessitate regendae tuendaeque reipubUcae, non pro saturandis inimicitiarum odiis exerunt *, il loro regno fu pi felice, come nel caso di Costantino che diu imperavit, universum orbem Eomanum unus Augustus tenuit et defendit ; in administrandis et gerendis bellis victo riosissimus fuit, in tyrannis obprimendis per omnia prosperatus est . Naturalmente, sotto la guida di tali capi, tutte le guerre vengono legittimate e la difesa dellimpero un preciso dovere
' De civ., V, 17, V. I, p. 244. ^ De civ., V, 12, V. I, pp. 232-38. Nam sanius videt, qui et amorem laudis vitium esse cognoscit, quod nec poetam fugit Horatium, qui ait : Laudis amore tumes, sunt certa piacula quae te / Ter pure lecto poterunt recreare libello (., I, I, 36). Idemque in carmine lyrico ad reprimendam dominandi libidinem ita cecinit : Latius regnes avidum domando / Spiritum, quam si Libyam remotis / Gadibus iungas et uterque Poenus / Serviat uni (Oarm., II, 2, 9). Verum tamen qui libidines turpiores fide pietatis impetrato Spiritu sancto et amore intellegibilis pul chritudinis non refrenat, melius saltem cupiditate humanae laudis et glo riae non quidem iam sancti, sed minus turpes sunt (De d v ., V, 13, v. I, p. 239). * De civ., V, 24, v. I, p. 261. * De civ., V, 25, v. I, p. 262.

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di ogni cittadino, poich la guerra difensiva, come s visto, sempre giusta. Le stesse cose egli ebbe occasione di ripetere, mentre ancora stava scrivendo il De civitate, nel rispondere a Bonifacio il quale in una sua lettera gli chiedeva vari consigli e fra laltro gU esponeva i suoi dubbi sulla legittimit deUa sua professione A questo proposito Agostino rispose : Noli existimare ne minem Deo placere posse, qui in armis beUicis militat , era soldato anche Davide, che certamente agiva per volont di vina, il centurione del Vangelo {Matteo V ili, 8, 10), il centu rione di cui parlano gli A tti (X, 4-8), i soldati che si recarono da Giovanni (Luca III, 14) \ La guerra sarebbe male se con dotta con cattive intenzioni, ma in questo modo, non enim pax quaeritur, ut bellum excitetur, sed bellum geritur, ut pax acquiratur Questo concetto della pace che deve essere lo scopo della guerra, non un accenno occasionale dello scrittore, ma forse lelemento fondamentale del suo pensiero su di essa. Infatti qualche anno pi tardi, scrivendo ancora a Bonifacio, egli ha modo di ribadire nuovamente questo pensiero per tranquil lizzare quello spirito inquieto. La guerra certamente un male, ma se essa pu evitare mali peggiori non la si pu biasimare : Quid autem dicam de vastatione Africae, quam faciunt Afri barbari resistente nullo, dum tu talibus tuis necessitatibus oc cuparis nec aUquid ordinas, unde ista calamitas avertatur ? Ora addirittura un rimprovero, sembra quasi che lo scrit tore accusi questo soldato che si arrovella con certi falsi scru poli e non si impegna come dovrebbe nel compiere il suo pre ciso dovere. Se non ci fosse nessuno che ristabilisca lordine, magari con la forza, a che punto sarebbero potuti arrivare i barbari? Essi avrebbero devastati e resi deserti luoghi ora
^ Bonifacio era tribuno militare in Africa, e in seguito combatt contro i Vandali {Ep., CCXX, 7, p. 436). ^ Ep., CLXXXIX, 4. Cfr. parte lY , ed. G oldbacher, Vienna 1911, pp. 133-34. Ep.y CLXXXrX, 6, p. 135. ^ Ep,, CCXX, 7, p. 436.

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ricchi di vita e di popolazione, ma, ima volta vinti, possono diventare soggetti e tributari dello stato romano. Qui Agostino parla come un esemplare cittadino romano, entusiasta dello stato e dei suoi successi, senza pi dubbi sulla liceit, per un cristiano, a prendere parte alle guerre, durante le quali, anzi, egli ha modo di fare del bene. Eagione per cui, conclude, ... ut in ipsis bellis, si adhuc in eis te versari opus est, Mem teneas, pacem quaeras ; ut es mundi bonis facias opera bona et propter mundi bona non facias opera mala... Anche negU scritti precedenti lautore aveva accennato ri petutamente alla pace, come al bene pi grande che gli uomini possano possedere, ma dora in poi questo pensiero si fa sempre pi vivo nelle sue opere ed assume unimportanza grandissima. Forse, dopo aver visto tante distruzioni e tante stragi, Agostino sente pi che mai la necessit della pace e la ripugnanza per la guerra che, sempre un male : An forte dispUcet bonis iniquissima inprobitate pugnare et finitimos quietos nullamque iniuriam facientes ad dilatandum regnum bello spontaneo pro vocare? Piane si ita sentiunt adprobo et laudo ^. Ma non solo la guerra che ha come scopo di aggredire altri popoli, anche la guerra giusta un male, perch presuppone un ne mico dalla parte del torto, e questo non pu non dispiacere a chi deve combattere : videant ergo ne forte non pertineat ad viros bonos gaudere de regni latitudine. Iniquitas enim eorum, cum quibus iusta beUa gesta sunt, regnum adiuvit ut cresceret, quod utique parvum esset, si quies et iustitia finitimorum contra se bellum geri nuUa provocaret iniuria ac si felicioribus rebus humanis omnia regna parva essent concordi vicinitate laetantia et ita essent in mundo regna plurima gentium, ut sunt in urbe domus plurimae civium. Proinde belligerare et perdomitis gen tibus dilatare regnum malis videtur felicitas, bonis necessitas. Sed quia peius esset, ut iniuriosi iustioribus dominarentur, ideo non incongrue dicitur etiam ista felicitas. Sed procul dubio felicitas maior est vicinum bonum habere concordem quam
1 Jip., CCXX, 12, p. 441. = De civ., IV ", 14, v. , pp. 181-82.

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vicinum malum subiugare bellantem. Mala vota sunt optare habere quem oderis vel quem timeas, ut possit esse quem vincas Come si vede, lideale agostiniano sempre stato quello di un ordiae che permetta ai vari stati di vivere pacificamente luno accanto allaltro, come vivono nellambito dello stato le famiglie, e nelle famiglie i singoli individui, ma se prima nei suoi scritti aveva lasciato forse maggior campo al problema della guerra, ora insiste sempre di pi sulla pace, sviluppando tale pensiero in modo a volte paradossale. 3 questo il tempo in cui scrive gU ultimi libri del De civitate, nei quali egli viene a dimostrare che se vero che ci sono delle guerre giuste e ne cessarie, queste per potrebbero essere sempre evitate se gli uomini fossero pi saggi e capissero che tutto il loro lavoro, tu tti i loro sforzi tendono solo alla pace. In fondo anche le guerre, nelle intenzioni dei belligeranti hanno un fine buono, perch, come non c nessuno che non desideri la propria fe licit, cos non c nessuno che non desideri la pace. Quando quidem et ipsi, qui bella volunt, nihil aliud quam vincere vo lunt, ad gloriosam ergo pacem beUando cupiunt pervenire. Nam quid est aliud victoria nisi subiectio repugnantium ? Quod cum factum fuerit, pax erit. Pacis igitur intentione geruntur et bella, ab his etiam, qui virtutem bellicam student exercere imperando atque pugnando. Unde pacem constat beUi esse optabilem finem. Omnis enim homo etiam belligerando pacem requirit ; nemo autem bellum pacificando *. Dopo questa premessa di carattere generale 1autore passa ad esempi pratici che spesso sono un po forzati : anche coloro che sembrano voler turbare la pace desiderano invece conqui starla, magari con una rivolta od un atto di violenza che cambi una situazione per loro intollerabile, gli stessi briganti devono per forza mantenere la pace tra di loro. Come nellambito della famiglia il padre pu ristabilire lordine e la tranquillit mi-

De &iv., IV, 16, V. I, p. 182. 2 De eiv., X I X , 5, v. II, Vienna 1900, pp. 380-81. De civ., XIX, 12, v. II, p. 390.

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nacciati, sgridando e punendo, perch la sua autorit sia ri spettata, cos lo stato conduce le guerre per imporre ad altri le sue leggi sottomettendoli aUa sua pace. Neppure gli esseri pi malvagi, prosegue lo scrittore, possono sottrarsi a questa legge di natura, e cita lesempio di Caco, il fantastico perso naggio virgiliano il quale, perpetrando tante malvagit, di mostrava se non altro di voler aver pace con se stesso, ed essere felice e tranquillo. Esempi di questo genere potrebbero far sorgere dei dubbi sulla validit morale del concetto della pace ; ma anche per questa, come per la guerra. Agostino fa una distinzione sulla base della giustizia. Ci pu essere una pace ingiusta ed quella desiderata da chi non ama la giustizia, che cosa divina, e da chi vuole so stituirsi a Dio nellesercizio di essa. Chi si comporta cos ac cecato dalla superbia e odit ergo iustam pacem Dei et amat iniquam pacem suam. Non amare tamen qualemcumque pacem nullo modo potest. NuUius quippe vitium ita contra naturam est, ut naturae deleat etiam extrema vestigia^. Naturalmente la pace e la giustizia che si possono ottenere sulla terra sono ben lontane da quelle che la civitas caelestis potr dare, tuttavia hanno la loro importanza ed Agostino lo ripete anche quando nel 429 scrive a Dario, giunto in Africa per sedare la rivolta provocata da Bonifacio. Agostino lo loda per aver saputo compiere la sua opera senza aver fatto uso delle armi : acquista merito presso Dio chi combatte per una giusta causa e per legittima difesa, ma degno di maggior lode chi riesce a ipsa bella verbo occidere quam homines ferro et adquirere vel obtinere pacem pace non bello. Nam et hi, qui pugnant, si boni sunt, procul dubio pacem sed tamen per san guinem quaerunt ; tu autem, ne cuiusquam sanguinis quaere retur, es missus. Est itaque aliis illa necessitas, tibi ista feli citas .

1 IJe civ., X IX , 12, v. II, pp. 391-92 ; Eneide, VIII, 195 sg. - De civ., X IX , 12, v. II, p. 393. Ep., CCXXIX, 2, p. 498.

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evidente, arrivati a questo punto, che Agostino per primo ha saputo affrontare e risolvere il problema della guerra, con realismo ed equilibrio, dimostrando di avere a questo proposito un pensiero ben definito, anche se tale pensiero non compiu tamente ed organicamente espresso in unapposita opera. Ci dovuto senzaltro aUa forte personalit dellautore, ma anche al fatto che, a differenza degli scrittori precedenti. Agostino vive in un periodo in cui il cristianesimo, non solo non era pi visto con diffidenza da parte dellautorit statale (il che ge nerava per reazione unaccentuazione di quanto nella dottrina cristiana vi era di antisociale), ma stava addirittura inseren dosi nello stato stesso, trovandosi quindi di fronte a problemi e responsabilit ben definite, che non poteva trascurare o ri solvere in modo vago od ipotetico. Cos aveva potuto fare Origene che si era espresso con una teoria quanto mai incerta e poco attuabile, mentre, nello stesso tempo, Tertulliano aveva potuto sostenere principi compietamente opposti, ma allora il cristianesimo era ancora un feno meno relativamente Umitato, e se anche, diffondendosi rapida mente, molti dei suoi membri si trovavano di fronte a deter minate responsabilit sociali, tali responsabilit potevano es sere risolte personalmente da ciascun individuo, caso per caso, mentre solo in via dipotesi si poteva costruire una dottrina sociale del cristianesimo, da contrapporre o da sostituire a quella dello stato romano. Ora, nel IV-V secolo, in atto un processo di trasformazione e, nonostante nello stato ci siano ancora molti pagani, la pre valenza numerica dei cristiani ed il fatto che alcuni imperatori si siano convertiti al cristianesimo, fa s che certe responsabilit sociali vadano risolte, non pi come caso di coscienza personale, ma in base a principi ben definiti e validi per tutti. Questo momento di passaggio, che il passaggio dallanti chit al medioevo, rappresentato da Agostino. Che egli ap partenga alla prima o aUa seconda di queste due epoche, problema assai difficile da risolvere ; certo egli ha accolto in s tu tta leredit del mondo classico e vi ha trasfuso nuovi valori e nuovi principi, che i suoi successori rielaboreranno in modo pi rigoroso. Cosi avviene per questargomento. Pur non po

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tendosi parlare di una compiuta teoria, in Agostino sono pre senti i principi sia di una filosofia della guerra, sia di un codice della guerra stessa Essi potrebbero essere cos brevemente riassunti : riallacciandosi alla dottrina della provvidenza, Ago stino considera la guerra necessaria e spesso voluta da Dio comunque sempre permessa dalla provvidenza essa quindi non pu essere condannata in modo assoluto *. Giudicare se sia un bene o un male sarebbe un presumere di poter giudicare il se greto di Dio * ; gli uomini devono solo preoccuparsi di evitarne gli eccessi e di agire in ogni occasione secondo i i)recetti della Chiesa Partendo da questo punto di vista, sembrerebbe logico con cludere che ogni guerra debba risolversi vittoriosamente per chi combatte per una giusta causa. Di solito piuttosto difficile stabilire chi si trovi dalla parte del torto e chi abbia invoco ragione ; Agostino non si preoccupa per di questo, ma osserva come spesso la vittoria arrida a chi molto evidentemente non ha ragione. Ci tuttavia non disturba eccessivamente la sua teoria che giustifica anche questo appoggiandosi al pensiero che la provvidenza pu permettere la guerra, anche se ingiusta, come prova, e con la guerra anche la sconfitta Questa concezione fortemente mistica, ma Agostino aveva troppo va ^ o il senso della responsabilit umana per fermarsi a questo punto. Perci si chiede quali siano le responsabilit di chi combatte e risponde, come s visto, che il soldato non mai colpevole quando obbedisce ad unautorit costituita, chi dichiara la guerra invece ne porta tutte le responsabilit e perci deve fare in modo di intraprendere solo guerre giuste.
1 Cfr. M o n c e a u x , St. Augustin et la guerre, in L'glise et le droil do guerre, P a r ig i 1913. De cAv., XV, 4, v. , pp. 63-64. 0. Favstum, X X II, 75, pp. 673-74. 0. Faustv/m, X X II, 74, 75 ; Quaestiones in Heptaf^ucum, IV, 42-44,

pp. 351-53 ; VI, 10, pp. 428-29. O. Faustum, X X II, 78, pp. 678-80. I)e eiv., X IX , 7, v. II, p. 384; G. Faustum, X X II, 74, pp. 671-73. De civ., I, V. I, p. 5 ; V, 22, v. I, pp. 257-58 ; XVI, 43, v. II, pp. 20(1203 ; X IX , 15, v. II, p. 400.

s a n t a g o s t in o

Ili)

Ma quando sono giuste? Anzitutto quando sono difensive ed hanno per scopo la salvezza dello stato : Scio in libro Ci ceronis tertio, nisi fallor, de republica disputari, nullum bellum suscipi a civitate optima, nisi aut pro Me, aut pro salute. Quid autem dicat pro salute, vel intellegi quam salutem veUt, alio loco demonstrans... Constat ergo cum pro ea salute voluisse beUum suscipi a civitate, qua Iit ut maneat hic civitas, sicut dicit, aeterna, quamvis morientibus et nascentibus singuUs,... Mors quippe, ut dicit, non hominum singulorum, sed universae poena est civitatis, quae a poena plerumque singulos vindicat Poi quando servono a reprimere 1ingiustizia dei nemico : Ini quitas enim partis adversae iusta beUa ingerit gerenda sapienti ; quae iniquitas utique hominis est dolenda, quia hominum est, etsi nulla ex ea beUandi necessitas nascerentur In breve poi cosi viene definita : Iusta autem bella ea definiri solent quae ulciscuntur iniurias, si qua gens, vel civitas, quae bello petenda est vel vindicare neglexerit quod a suis inprobe factum est vel reddere quod per iniurias ablatum est. Sed etiam hoc genus beUi sine dubitatione iustum est, quod Deus imperat . In tali guerre, ogni mezzo legittimo per conquistare la vittoria *, che il mezzo di cui Dio si serve per punire o cor reggere, anche lo stratagemma ammesso, anzi, Agostino ar riva al punto di pensare ad una violenza e ad una punizione misericordiosa . Il nostro autore dunque non considera mai la guerra semplicemente come fatto darmi che si esaurisce in s, ma la vede in una visione pi complessa come uno degli elementi capaci di realizzare la giustizia.

1 De civ., X X II, 6, v. II, pp. 593-94. 2 De civ., X IX , 7, v. II, p. 384. * Quaestiones in Heptateucum, VI, 10, ed. Z y c h a , Vienna 1895, p. 428. * Cum autem iustum bellum stisceperit, utrum aperta pugna, utrum insidiis vincat, nihil ad iustitiam interest . Quaestiones in Hept., VI, 10, p. 428. Ef . , CXXXVIII, 2, p. 127 ; De civ., X IX , 16, v. II, pp. 401-402-

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, GUERKA i\E L PENSIERO CRISTIANO

Ora proprio qui sta il punto pi debole della concezione agostiniana, perch attribuendo agli uomini il giudicare quando una gueiTa sia giusta (ad eccezione naturalmente del caso in cui Dio stesso la ordina), non si preoccupa del fatto che tale giudizio sempre relativo, dipendente dagli individui, dalle circostanze e da tanti altri fattori che non danno certo un fon damento obiettivo al criterio della giustizia. Questo sar com pito degli scrittori successivi che risolveranno il problema ap pellandosi al giudizio insindacabile della Chiesa.

C a p it o l o S e t t im o

LA GUERRA CONTRO GLI ERETICI

Nellesame dei testi agostiniani che interessano il problema della guerra, non si possono trascm^are quelli che si riferiscono alla persecuzione degli eretici da parte dello stato e con lap poggio della Chiesa. Oggi un tale problema non avrebbe pi diritto di cittadinanza, n ci riesce facile capire come possa essere inserito in queUo della guerra, ma ai tempi di Agostino non era ancora sorta la differenza tra diritto internazionale e diritto pubblico ; non solo, ma con lui, quella che prima era stata la voce isolata di qualche scrittore intollerante, comincia ad essere la parola ufficiale della Chiesa che chiede allo stato il suo intervento contro i ribelli allautorit religiosa. Nei secoli precedenti, accanto ai fautori di un intervento dello stato nelle questioni interne della Chiesa, non erano man cati coloro che si erano opposti allintolleranza religiosa ma non si pu attribuire agli scrittori anteriori al V secolo, unim1 Tra i primi, si pu citare a questo proposito Tertulliano che, rivol gendosi ad un ufficiale che perseguitava i cristiani in Africa, dice che la religione frutto di persuasione, non di costrizione (Ad Scapulaniy ed. O e h l e r , voi. I, Lipsia 1853, 2) per quanto non si debba dimenticare che Tertulliano scriveva durante una persecuzione e in difesa del cristianesimo. Considerando il carattere ed il pensiero di Tertulliano, quale appare dalle sue opere, non credo che sarebbe stato tanto tollerante se non fosse appar tenuto ad una religione che in quel momento veniva perseguitata e per di pi ad ima setta che nel cristianesimo stesso era in minoranza. Lo stesso dice anche Lattanzio in Epit. delle Div. I n s t, ed. F r i t z s c h e s , 54 e Div. Instit.y V, 20, in cui accenna anche allintolleranza del Vangelo, Ofr, E u s e b i o , H is t eccl, X, 4, 16.

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portanza eccessiva in questo senso, sebbene non manchi chi afferma che il concetto di guerra santa sia gi sorto con Co stantino Pi che nella guerra contro Licinio per, una tendenza di questo genere andrebbe vista nella questione dei donatisti prima, degli ariani poi. Indubbiamente questo un primo passo verso quel sistema che molto pi tardi porter al pensiero della guerra santa, ma per giungere a questo occorrono condizioni sociali 0 politiche, sia dello stato che della Chiesa, quali non esistevano assolutamente ai tempi di Costantino. Questimperatore, che cerc sempre di intromettersi in que stioni che sarebbero dovute essere di competenza esclusiva della Chiesa^, fu in realt molto pi tollerante verso i pagani che verso gli eretici, ed anche allora, da parte cristiana, ci fu chi gli si oppose in omaggio alla legge che garantisca la pi ampia libert religiosa Ma in seguito anche gli scrittori cristiani mutarono il loro atteggiamento. Il primo forse Giulio Firmico Materno che conclude il suo libello polemico De errore profanarum religionum^ con un invito allimperatore, in questo caso a Costanzo, a per seguitare il paganesimo, in obbedienza ai libri santi che vietano ladorazione degli idoli e degli di estranei al cristianesimo Cos facendo, dice lo scrittore, gli imperatori non solo segui ranno la volont divina, ma otterranno da Dio fortuna e vit toria, perch i popoH superbi furono soggiogati e ancora lo saranno, come premio ai re per la loro fede
^ B e k k h o f , Kirche u. Kaiser, Zurigo 1947, p. 72 sg. Konstantin, Briefe im Appendix zu Optatus, ree. Ziwsa, N. VII, p. 211, 22-24 e pp. 212, 7-13. ^ In occasione dei concili di Sardica e di Milano (a. 342 e 355) mentre i'gli cercava di imporre larianesimo, Ilario scriveva ribadendo il concetto della tolleranza religiosa che per Ini non aveva per un valore politico ma solo teologico (8. Hilarii ep. Pictav., Opera, pars IV, ree. A . F e d e r , ViennaLipsia 1916, CSEL, voi. LXV, pp. 65, 5 e 183-85, 3-13), e cos anche A t a n a s i o , Historia Arianorum, ed. O p i t z , 33, 1-3 ; 67, 2. ^ Cod. Teodos., IX, 16, 9. ^ C. 28, 6, CSEL, ed. C. H a l m , Vienna 1867, p. 125. C. 29, 3 e 4, p. 120.

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Con ci egli pone il principio del do ut des della Chiesa nei confronti dello stato, principio che nei secoli che seguiranno avr grandissimo sviluppo. 3 una promessa di reciproco aiuto che impegna il potere secolare ad armarsi in difesa della Chiesa e talvolta anche a passare alloffensiva contro chi pu turbare 0 non vuol sottoporsi aUordine da essa stabilito ; in cambio c la garanzia della protezione divina. Non si sentono pi ormai voci di tolleranza ; mentre una durezza spesso spietata viene esercitata dalla Chiesa contro i non cristiani. Basterebbe ricordare SantAmbrogio che in molte occasioni si dimostr contrario ad ogni violenza ; ma quando Teodosio pretese che fossero risarciti i danni per lincendio della sina goga di Callinico, egli si oppose dicendo che un dovere per seguitare gli eretici, perch cos insegna la Bibbia Ma lo scrittore che si espresse pi chiaramente, in questo senso, e che stabil dei principi che pi tardi portarono a con seguenze allora impensabili, fu proprio SantAgostino. In un primo tempo, come egli stesso ebbe occasione di dire scrivendo a Vincenzo, gli era parso di non dover trattare gli eretici con la forza ma con la persuasione della parola di Dio ma in se guito cambi opinione e trov giusto far ricorso alla legge e aUa costrizione, non per desiderio di vendetta, ma per poter correggere chi, altrimenti, non si sarebbe lasciato indirizzare sulla giusta via. Una condotta di questo genere oltre a suscitare la ribellione degU avversari, non poteva non far sorgere molti dubbi negli stessi cattolici, e per gli uni e per gli altri Agostino scrisse ri petutamente, sostenendo il suo punto di vista con argomenti che a volte sono evidentemente piuttosto deboli. Per ci mi sembra significativo che egU, come fecero spesso anche coloro che difesero questa posizione in seguito, quando
1 Ep., XL, P. L., voi. XVI, 1148-60 (a. 388), c.lr. Ep., XVII, I e De Fide, 16, 139, P o i, XVI, 612. * Ep. x e n i a Vincenzo, CSEL, voi. 34 (2), pp. 445-90. * Sed donatistae nimium inquieti sunt, quos per ordinatas a Dee poteeta.tee cohiberi atque corrigi non mihi videtur inutile . E]}, XCIII, I.

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- ( ilKKKA ., PKA'SIICKO (''

ormai non cera pi bisogno di giustificarla, insista sul fatto che, oltre ad essere unazione valida per se stessa, anche una legittima difesa dei cattolici contro chi per primo si era ribel lato ed aveva compiuto atti di violenza contxo di essi Non il caso di dubitare della verit di queste affermazioni, ma non si pu fare a meno di notare come Agostino vi insista, quasi per offrire a chi ancora dubiti della validit di tale con dotta, un argomento che la giustifichi sotto ogni aspetto. Cos nella lettera diretta a Marcellino ^ egli descrive a tinte piuttosto forti i soprusi di cui furono vittime i cattolici. Da queste violenze dice giusto che essi si difendano, ma la difesa diventa anche un loro dovere, anzitutto perch un in tervento tempestivo salutare per gh stessi nemici e inoltre perch espressamente stabilito dalla legge. Cerano infatti precise disposizioni che colpivano eretici e scismatici, e ad esse Agostino si appell pi di una volta, insistendo anche presso gli imperatori perch venissero applicate come gi era avvenuto precedentemente .
I Ep., x e n i , 1 e 8 ; Ep., XCVUI, CSEL, voi. 34 (2), pp. 516-20. JSp., CXXXIII, CSEL, voi. 44, pp. 80-84, 1 (a. 411), cfr. ., CXXXIV, pp. 84-88, part. 4, p. 87. Ce ne d notizia lo stesso Agostino in una lettera a Marcellino : Nam tt illud, quo in nos solent graviter inritari, quod reges terrae, quos tanto ante praedictum est Christo domino servituros, leges contra haereticos e t seismaticos pro catholica pace constituunt, credimus quod aliquando cogitaverint non esse culpandum, quia et antiqui reges non solum gentis Hebraicae sed etiam alienigenae ne quisquam contra deum Israhel, hoc est verum deum, non tantum faceret, sed vel dicere aliquid, omnes regni sui populos praeceptis minacissimis terruerunt. E p., CXXIX, CSEL, voi. 44, 4, p. 36 ; cfr. Ep., LXXXVIII, voi. 34 (2), pp. 413, 25 e 414, 2 ; Ep., XCVir, p. 517 e Ep., C X X X III, CSEL, voi. 44, pp. 80-84; Ep.. CLXXXV, CSEL, voi. 57, pp. 1-44. Dal punto di vista dei cattolici queste leggi trovano conferma, non solo nellA. T. ma anche nel Nuovo (Ep., x e n i , 4, 20 e LXXXVII, CSEL, voi. 34 (2), pp. 402-403 : ... nam et terrenae potestates cum schismaticos persequuntur ea regula se defendunt, qua dicit apostolus : qui resistit potestati, dei ordinationi resistit (Boni., 13, 2-4). Unespressione della lettera CXXIX mi pare sia particolarmente importante ... non solum gentis Hebraicae sed etiam alienigenae... ma non so fino a che punto si possa tradurre laggettivo alienigenae con stra niere, tanto pi che in seguito limitato da ... omnes regni sui populos . Si potrebbe forse pensare che con ci Agostino legittimi uneventuale

LA (iUERliA COLTRO GLI

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Egli non trascura mai di raccomandare di non voler infierire, ma di lasciarsi guidare solo dalla volont di salvare chi si vuol allontanare daUa verit, e si ispira su questo punto ad una dot trina pedagogica, per cos dire paternalistica, ben comprensi bile dal punto di vista di un vescovo del V secolo, non solo, ma anche da quello dellAgostino pi tardo, tanto pi severo e ri gidamente ecclesiastico di quello del primo periodo (nessuna di queste lettere anteriore al 405). Scrivendo a Bonifacio, nel 417, cos si esprimeva : Valde mihi gratum est, quod inter occupationes villicas curam quoque religionis habere non neglegis in homines in dispersione ac divisione constitutos ad viam salutis et pacis revocare desi deras Ma il documento pi interessante a questo riguardo la lettera a Vincenzo, nella quale sono riassunti tutti i motivi pi frammentariamente espressi in altri testi. Questo scritto diretto ad un cristiano che probabilmente aveva avanzato qualche dubbio sulla moralit della costrizione nei confronti degli scismatici, e del ricorso allautorit dello stato ; non c quindi limpronta polemica che si trova in altre lettere dirette ad avversari, ma il pensiero dellautore nitidamente espresso in una lunga trattazione che rende questepistola quasi un libello. La prima osservazione che in questoccasione verrebbe lo gico di fare la seguente : come si concilia questa linea di con dotta con il precetto evangelico di non rendere male per male ? Se non si punissero gli eretici, dice Agostino, si sic con temneremus et toleraremus, u t nihil omnino quod ad eos ter rendos ac corrigendos valere posset, excogitaretur et ageretur a nobis, vere malum pr malo redderemus. Si enim quisquam inimicum suum periculosis febribus phreneticum factum currere videret in praeceps, nonne tunc potius malum pro malo red deret, si eum sic currere permitteret, quam si corripiendum
azione di forza contro popoli stranieri, ma questo come problema cade se si pensa appunto che a quei tempi non ci sarebbe stata differenza dal punto di vista giuridico. Certamente questa frase non ha il significato che potrebbe avere in Gregorio Magno. 1 Ep., CLXXXV A, CSEL, voi. 57. p. 44.

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LA GUEHRA NEl PENSIERO OEISTIANO

ligandumque curaret? E t tamen tunc ei et molestissimus adversissimus videretur, quando utilissimus et misericordissimus extitisset : sed piane salute reparata tanto uberius ei gratias ageret, quanto sibi eum minus pepercisse sensisset Questo paragone degli eretici che sono come ammalati in capaci di controllare le proprie azioni, ricorre frequentemente e a questo pensiero sono informati i precetti con i quali Ago stino accompagna le lettere dirette agli ufficiali imperiali. Cos quando Marcellino fu mandato in Africa in seguito a disordini durante i quali circumcellioni e donatisti avevano ucciso due cattolici. Agostino gli raccomand di non punirli in modo pari al misfatto commesso, non per impedire con ci lo svolgimento di una giusta punizione, ma perch meglio lasciare in vita il colpevole, in modo che possa pentirsi delle sue azioni Il giudice cristiano deve sentire il dovere di pu nirli, non per vendetta, ma per far loro del bene, perci non li dovr torturare, ma baster che li faccia fustigare, come fanno i genitori e i maestri. In questi casi pi importante inquirere che giudicare, per poter rendere chiara la colpa in modo che essi possano pentirsene. La misericordia un vanto dei cri stiani (cfr. Phil. 4, 5 e TU. 3, 2) : anche Davide fu mansueto, pur punendo i suoi nemici, e questo rese ancor pi manifesta la sua potenza (I Re 24,1-8) Infine, prosegue Agostino, poich sei stato mandato come difensore della Chiesa, bada di non nuocerle con una cattiva fama. Se non vuoi ascoltarmi come amico che te lo chiede, ascoltami come vescovo che te lo consigUa, tratta costoro come ammalati che abbiano bisogno di cure . In riferimento a questa stessa lettera, poco dopo egU scrisse ad Apringio, raccomandando di usare con giustizia quella spada che lapostolo dice non essere portata invano .
1 Ep., XCIir, CSEL, voi. 34 (2), p. 445 e ]. - Ep., CX XX IIh CSEL, voi. 44, p. 83 ; Ep., CXXXIV, ibid., pp. 84-88 : Ep., CLXXIII, voi. 44, pp. 641 e 647. 3 Ep., CXXXIII, 1, pp. 80 81. Ihid., 2, p. 82. = Ihid., 3, p. 8.?. Ep., CXXXIV.

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Eimane per la domanda pi importante, che evidente mente anche Agostino si era rivolta : che valore ha una con versione imposta? Nella lettera a Vincenzo ^ egli risponde che la difficolt maggiore sta nel fatto che molti di questi eretici non vogliono abbandonare la tradizione famihare, forse per paura, per tor nare nella Chiesa, cosa che in fondo essi desiderano. Largo mento in verit non molto forte, e lautore passa subito a dimostrare che questo trova la migliore conferma nel Vangelo ^ : Non omnis qui parcit, amicus est ; nec omnis qui verberat, inimicus. Meliora sunt vulnera amici, quam voluntaria oscula inimici (Prov. XXVII, 6), anche amando meglio essere severi, infatti chi ci pu amare pi di Dio ? Eppure egli ci punisce ; e in questo senso va inteso il quoscumque inveneritis cogite intrare {Luca XIV, 23). Linterpretazione di questo brano evangelico che qui solo accennata, viene pi diffusamente esposta nella lettera a Do nato che accusava Agostino di non rispettare con ci il libero arbitrio.

x e n i, L

^ Ep,, x e n i , 2, 4 e prosegue ( 3, 9) dicendo clie esempi simili si trovano anche nellAntico Testamento (Psalm,, II, 10, 11, 12). In un primo tempo Nabucodonosor perseguitava queUi che non volevano adorare gli idoli, poi avvenne il contrario, cosi dapprima i cristiani erano perseguitati, poi dovranno perseguitare gli eretici ( 3, 10). Cos devono fare perch le leggi date dagli imperatori sono contrarie al paganesimo. Ep., CLXXIII, CSEL, voi. 4 4 , p. 6 4 7 : Hoc et in illa convivii si militudine satis evidenter ostendit, ubi misit ad invitatos et venire nolue runt, et alt servo {Luca, XIY, 21-23). Exi in plateas et vicos civitatis et pauperes et debiles et caecos et claudos introduc huc. Et ait servus domino : Factum est ut imperasti, et adhuc locus est . Et ait dominus servo : Exi in vias et saepes et compelle intrare, ut impleatur domus mea. Vide nunc, quam ad modum de his qui prius venerunt dictum est : Introduc eos -, non dictum est Compelle , ita significata sunt ecclesiae pri mordia adhuc crescentis, ut essent vires etiam compeUendi. Proinde, quia opertebat eius iam viribus et magnitudine roborata etiam compelli homines ad convivium salutis aeternae, posteaquam dictum est ; Factum est quod dixisti, et adhuc est lo c u s------- Exi inquit in vias et saepes et compelle intrare .

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LA GtiJBlUlA NBL PENSIERO OEISTIANO

La questione era assai grave e lautore, mi sembra, elude il problema, almeno dal punto di vista da cui lo vedeva linter locutore e ripete il motivo su cui gi aveva insistito, del dovere da parte del cristiano di salvare chi si vuol perdere : Dicis Deum dedisse liberum arbitrium, inde non debere cogi hominem nec ad bonum. Quare ergo iUi, de quibus supra dixi, coguntur ad bonum? Adtende ergo, quod considerare non vis, ideo vo luntas bona misericorditer impenditur, ut mala voluntas hominis dirigatur. Nam quis nesciat nec damnari hominem nisi merito malae voluntatis nec liberari, nisi bonam habuerit voluntatem % Non tamen ideo, qui diliguntur, malae suae voluntati impune et crudeliter permittendi sunt, sed, ubi potestas datur, et a malo prohibendi et ad bonum cogendi Anche questa volta Agostino polemizza con gli avversari e non si preoccupa di chiarire il problema nei suoi termini e nel suo sviluppo, dato che non gli sembra assolutamente da mettere in dubbio la legittimit di questa linea di condotta per la morale cristiana, n, tanto meno, il rispetto per il libero arbitrio. Questa polemica con gU avversari prende forma di dibattito nel Contra literas Petiliani, in cui non ci sono elementi sostan zialmente nuovi, e limpegno polemico non serve certo a ren dere pi chiari certi punti fondamentali. A Petiliano che obietta che la carit cristiana non usa la forza contro nessuno, lautore risponde ritorcendo laccusa, ed incolpando gli avversari di es sere lupi travestiti da agnelli Laccusa non infondata dato che per primi essi avevano chiesto laiuto del braccio secolare e che quindi, in questa occasione, non si sentivano offesi dalla poca tolleranza dei cat tolici nei loro riguardi, ma piuttosto dallostilit che anche lo stato dimostrava loro. Stabihto che la legge divina autorizza questa persecuzione degli eretici, Agostino non accetta pi la

1 Ihid., p. 641. ^ Contra literas Petiliani (CSEL, Vienna 1909, voi. 52), II, LXXVITI, 173-74, pp. 107-108. Ep., CXXIX, 4 (cit.), p. 36.

od.

M.

P e t sc h e r in g ,

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discussione sul fatto della tolleranza, si limita a citare o ad interpretare i passi delle Scritture Cos, con Agostino, lappello allintervento dello stato contro gli eretici, assume laspetto di una richiesta ufficiale. E questo uso continu perch in suo favore si espressero anche Leone Magno ^ e pi tardi il grande Gregorio con il quale questi prin cipi ebbero un ulteriore sviluppo. Infatti con Agostino e Leone I avevano significato un inizio di assolutismo da parte della Chiesa, non solo, ma anche una stretta interdipendenza tra questa lo stato (al quale Leone I attribuiva una missione provvidenziale) ; tuttavia gli eretici erano nemici, per cosi dire, interni e queste azioni ai loro danni si sarebbero potute vedere come una misura di polizia religioso politica Con Gregorio invece gli eretici non sono pi solo i nemici interni, ma vengono assimilati ai nemici esterni, e questo con

^ Qui peccat non peccat legis auctoritate, sed contra legis auctori tatem, quia vero interrogas quae sit ratio persequendi, vicissim te inter rogo, cuius sit vox in psalmo dicentis : detrahentem [secreto] proximo suo occulte, hunc persequebar (P., 100, 5). Quaere itaque persecutionis vel causam vel modum et noli tanta imperitia generaliter malorum persecutores reprehendere . Contra literas Petiliani, II, LX XIX , 176, p. 109. ^ Nella lettera al vescovo Teodorito {Ep., CXX, P. L,, LIV, 1046 sg.) afferma che per il bene della chiesa gli eretici vanno trattati con molta severit ( 1), e che Cristo aiuta a riportare su di essi la vittoria ( 2). Nel lepistola CLVI {ad Leonem Augustum, P. L., LIV, 1127-32) incoraggia limperatore a combattere gli Eutichiani che non volevano accettare le decisioni del sinodo di Calcedonia. Il tono molto vicino a quello di s. Ago stino, costoro insidiano la libert e la pace, quindi ... nulli correctio venia negaretur ( 1). Dato che Cristo ha fatto la chiesa una, sotto la guida di Pietro, questi ribelli non sono che l anticristo ( 2). Infine Apud christianissimum igitur principem, et inter christi praedicatores digno honorem numerandum, utor catholicae fidei libertate, et ad consortium te aposto lorum ac prophetarum securus exortor : ut constanter despicias ac depelles eos, qui ipsi se christiano nomine privavere ( 3). E poco dopo scrivendo ad Anatolio, vescovo di Costantinopoli, lo invita a sollecitare lintervento dellimperatore per sedare i disordini che si erano verificati in quella citt (Ep., CLVII, P. L, LIV, 1132-33). ^ Cos forse nacquero le leggi di Onorio contro i donatisti (396-423).

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maggior facilit dato che precedentemente i Goti erano ariani, i Longobardi poi erano eretici o pagani. Un punto di vista come questo poteva portare a due indi rizzi, a due tipi di guerra : o contro gli eretici in genere, per mantenere nella Chiesa lordine e la purezza, o ad una guerra di missione, per costringere i non cristiani a mettersi sulla retta via. In Agostino c solo il primo punto, in Gregorio anche il secondo Non che in questo periodo non si pensi che una conversione forzata sempre poco Ma, e lo stesso Gregorio mostra di capire la cosa quando, scrivendo a due vescovi di Marsiglia che, a quanto pare, avevano costretto gli Ebrei a farsi battezzare, prospetta loro la labilit di questa adesione al cristianesimo, pur non rimproverandoli perch tale azione, che oggi sembrerebbe poco encomiabile, era dettata da troppo zelo Un tale punto di vista, se pu essere un elemento fondamentale per un ideale missionario, non lo certamente per un pensiero di guerra santa. Lo stesso sembra possa dedursi dalla lettera scritta nel gennaio dello stesso anno a tutti i vescovi dItalia , nella quale il papa raccomanda loro di svolgere una intensa attivit missionaria nei confronti dei Longobardi. Da poco infatti era morto Autari, che aveva proibito al suo popolo di farsi battezzare e di aderire al cattolicesimo ; per questo, dice Gregorio, Dio lha punito, ed compito del clero cattolico mostrare a questi ariani che essendo il pericolo della morte imminente per tutti e in particolare per quelli contro cui Dio adirato, bene si convertano. Quos ergo admonete.
^ Dopo Leone Magno, altri papi chiesero laiuto dello stato anche per difendersi dagli assalti dei nemici. La cosa nuova che non si rivolsero pi solo allimperatore ma anche ai re. Infatti nel 550, Virgilio chiese aiuto a Childeberto contro Totila, con una lettera in cui il motivo religioso si mescola a quello politico. Raccomanda di far tener fede ai principi di Calcedonia e nello stesso tempo chiede quellaiuto che un re cristiano non pu negare al papa (M. G. Ep., I li, n. 45, pp. 66-68). Un documento analogo la lettera di Pelagio II (M, G. Ep., I li, Ep, Mer., 9, pp. 448-49, a. 580). ^ Beg, Greg.i I, 45 ; M, G. Ep,, p. 71, a. 591. " Eeg. Greg., I, 17 ; M. G. Ep,, p. 23, a. 591 ; cfr. Ep,, 75, p. 95, a. 591.

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quanta virtute valetis eos ad fidem rectam suadendo rapite, aeternam eis vitam sine cessatione praedicate, ut eum ad di stricti veneritis conspectum iudicis possitis ex vestra sollici tudine lucrum in vobis ostentare pastoris . Ci sono qui espressioni molto forti ma non si esce dal campo della missione pastorale, mentre nelle due lettere a Gennadio, scritte nellagosto del 591, la lotta contro gli eretici presentata quasi come una guerra santa. 8icut excellentiam vestram hostiUbus belUs in hac vita Do minus victoriarum fecit luce fulgere, ita oportet eam inimicis ecclesiae eius omni vivacitate mentis et corporis obviare, qua tenus eius ex utroque triumpho magis ac magis enitescat opinio, cum et forensibus bellis adversariis catholicae ecclesiae pro Christiano populo vehementer obsistitis, et ecclesiastica proelia sicut bellatores Domini fortiter dimicatis I termini obviare e utroque triumpho mi pare non lascino dubbi sul genere di guerra che Gennadio dovrebbe in traprendere contro i Donatisti. Costoro infatti, prosegue lo scrit tore, sono diventati baldanzosi ed arroganti, hanno iniziato lof fensiva contro i cattolici ed evidentemente vogliono far piegare loro il capo per prevalere. Sed eminentia vestra conatus eorum comprimat et superbas eorum cervices iugo rectitudinis premat . Evidentemente qui si fa appello allautorit pubblica perch intervenga con la forza in questioni religiose e si potrebbe anche notare che, come gi Agostino, anche Gregorio cerca di far ricadere la responsabilit della lotta sugli avversari ^ e di giustificare cos la duplice attivit svolta contro di loro da parte dellautorit politica e di quella religiosa. Tuttavia se possedessimo solo questo documento in pro posito, sarebbe azzardato dire che nel pensiero di Gregorio
' M. G. Ep., I, 72, pp. 91-92. ^ Anche quando tre anni pi tardi scrisse a Pantaleone, prefetto del pretorio in Africa, raccomand di perseguitare i donatisti che diventavano sempre pi arroganti Beg. Greg., IV, 32 ; M. G. Ep., P , pp. 267-68 luglio 594. Qui si parla della necessit di convocare un concilio che studi le misure da prendersi (cir. Ep., IV, 3.5, sullo stesso argomento).

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Magno ci sia gi stato un principio di guerra santa. La lotta che egli propone e raccomanda a Gennadio ha carattere difen sivo, e se Gennadio compir il suo dovere ...magna profecto excellentiae vestrae apud creatorem gloria proficit, si per eam dispersarum ecclesiarum potuerit societas restaurari. Dio in fatti largo di doni con chi si adopera per ampliare maggior mente la gloria del suo nome. ancora il principio del do ut des , che ricorre sempre quando il potere spirituale e queUo temporale si alleano per la conquista di uno scopo. Gli stessi concetti sono ripetuti nellaltra lettera a Gennadio, il quale ha ottenuto tanti successi, non per merito di potenze terrene ma perch ha avuto laiuto di Dio Ma in questa lettera ci sono anche elementi nuovi : Quae et beUa vos frequenter appetere, non desiderio fundendi san guinis, sed dilatandae causa rei publicae, in qua Deum coli conspicimus, loquitur, quatenus Christi nomen per subditas gentes fidei praedicatione circumquaque discurrat . Se quiadi la guerra un mezzo permesso da Dio per la diffusione del cristianesimo, bisogna ricercarla. Certamente azzardato paragonare una concezione come questa al Dijad islamico. In essa infatti non ci sono elementi beUicisti a s stanti, non si ricerca la guerra per la distruzione degU infedeli, anzi, bisogna risparmiare per quanto possibile i vinti, perch questi possano convertirsi. Ma se anche non si vuol parlare di guerra santa si deve riconoscere che si tratta per lo meno di una guerra morale che legittima anche dal punto di vista religioso, una istituzione di cui ancor pochi decenni prima si metteva in dubbio la tollerabilit dal punto di vista morale. Questo principio era gi in Agostino, ma qui si sottolinea anche il fatto che lappello proviene dallautorit papale, il che presuppone tutta una teoria che in Agostino non esisteva. Si potrebbe sempre pensare che fosse un incoraggiamento

Ofr.

r, 73, M. G. ., I, pp. 91-92. E b d m a n n , Kreuzzugsgedanke, o it ., p. 10.

LA GUERRA CONTRO GLI ERETICI

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alla difesa, ma certe espressioni sembrerebbero piuttosto al ludere ad una guerra anche offensiva ; Persolventes autem pa ternae charitatis alloquium, petimus dominum salvatoremque nostrum, qui eminentiam vestram pro solatio sanctae rei pu blicae misericorditer protegat et ad dilatandum per finitimas gentes nomen eius magis magisque brachii sui firmitate con fortet Che in Gregorio il principio della legittimit della guerra sia ormai accettato non pi da mettere in dubbio. Durante la guerra con il duca di Spoleto, Ariulfo, egli stesso d consigli perch si faccia tutto il possibile per vincere ^ ; si preoccupa perch i soldati possano spostarsi da un punto allaltro senza cadere nelle mani del nemico, ed esorta Maurizio e Vitaliano, nel caso Ariulfo si diriga verso Eoma, ad assalirlo alle spalle Se cos faranno non potr mancare laiuto di Dio che per mette guerre e devastazioni, quando siano giuste *. Scrive poi personalmente ai soldati per raccomandar loro lobbedienza agli ordini Eppure, nonostante ci, rimane sempre in dubbio che Gre gorio Magno abbia pensato ad una guerra offensiva come ele mento valido per s a creare una teoria di guerra. Infatti scri vendo a Sabiniano, diacono di Costantinopoli , gli esprime la sua ripugnanza per luccisione, e partendo da una condanna complessiva, passa poi a condannare anche luccisione del ne mico : ... si ego sevius eorum in morte vel Langobardorum me miscere voluissem, hodie Longobardorum gens nec reges nec duces nec comites haberet atque in summa confusione esset divisa, sed quia Deum timeo, in morte cuiuslibet hominis me miscere formido . sempre il motivo origeniano che, per quanto poco logico, stato codificato nel Codex iuris canonici
Ep., I, 73, cit. * Ep. II, 8, Veloci magistro militum, 27 sett. 591, M. G. Ep., I, 105-6. Ep., II, 32 ; M. O. Ep., I, 128-29, luglio 692. * Ep., II, 33 ; M. G. Ep., I, 129-30, luglio 592. E p., II, 34 ; M. G. Ep., I, 130-31, luglio 592, Universis militibus
in Neapoli. Ep., V, 6 : Jf. G. Ep., I^ 285-87, aett.-ott. 594. ' Codex iuris canonici, Priburgo 1918 ; Can. 121, p. 20 ; Can. 141, p. 31.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Origene aveva chiesta questimmunit per tutti i cristiani che avrebbero dovuto costituire la lite dello stato ; ora que stimmunit limitata al clero. Forse per questo non si potr mai parlare di guerra santa dal punto di vista cristiano, perch essendoci una fondamentale ripugnanza per la violenza, al clero fu sempre vietato luso delle armi e perci non si pot mai giungere a quella concezione di guerra per cui uccidere bene e nella quale proprio il clero avrebbe dovuto avere la parte maggiore. Da questo punto di vista mi sembra vada interpretata la lettera di Gregorio Magno, cio come se parlasse, non solo di s, il che sarebbe assurdo, ma di tutto il clero che a lui faceva capo. A meno che non la si debba interpretare nel senso che lautore intenda dire che egli personalmente (o altri, ma co munque per suo ordine), avrebbe potuto far uccidere i capi responsabili dei Longobardi, il che avrebbe facilitato la con quista di quel popolo. Una cosa mi sembra sicura : partito dallo stesso punto di Agostino, anche Gregorio appoggia la lotta contro gli eretici Ma trovandosi ora di fronte ad eretici che erano anche un po polo diverso da quello dellantico impero, ed in guerra con esso, naturalmente il suo pensiero sulla guerra fa un passo avanti ed assume un carattere pi spiccatamente politico.
1 II compelle intmre di s. Agostino anche in s. Gregorio : Homil. in Evang., 36, n. 8-9 (P. L., LXXVI, 1270 sg.).

C a p it o l o O t t a v o

LA LITUEGIA NEL PEIMO MEDIOEVO

Con lesame di questi testi di Agostino e Gregorio, s visto in quale misura e sotto quale aspetto la Chiesa abbia accettato il fatto della guerra ; vale a dire, non solo in modo passivo, accettando cio quello che lo stato impone, una volta ammessa e riconosciuta una ragion di stato, ma anche attivamente, come incoraggiamento alla guerra stessa, quando questa guerra coin volga anche degli interessi religiosi. Si anche visto come la ripugnanza alla violenza, che propria del Cristianesimo, abbia impedito il formarsi di certe posizioni per cos dire, miUtariste, che sarebbero in contrasto con i pi elementari principi del Vangelo, ma come alloccorrenza la Chiesa stessa possa sollecitare un conflitto, non per uccidere, ma per punire e risanare spiritualmente, chi la mi naccia. Tra i documenti ufficiali, che testimoniano lesistenza di questo pensiero nel periodo che va daUuno allaltro grande scrittore che lhanno quasi teorizzato, in primo piano sono i testi liturgici. Anzi, dal punto di vista ufficiale, questi, insieme agli atti conciliari, sono forse i soli documenti che dallinizio del medioevo, fino allottavo secolo, aUepoca cio del risorgere deUimpero, dimostrano il persistere di un pensiero o di un problema della guerra. Servirsi della liturgia come di una fonte storica non fa cile, anzitutto per la difficolt di un riconoscimento cronologico, poi perch i testi liturgici del primo medioevo non hanno unori gine ben chiara, ma affondano le loro radici in una tradizione

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LA GUBBBA NBL PENSIERO CRISTIANO

che sarebbe azzardato dire popolare. Indubbiamente essi sono diventati il linguaggio comune del popolo nella Chiesa, ed hanno guadagnato in efficacia quanto hanno perso in valore ufficiale. Per un primo periodo, poi, queste fonti mancano assolutamente ; certo una liturgia non dovette mancare fin dai primi tempi del cristianesimo, e ne fanno fede le costituzioni aposto liche ; in questa liturgia inoltre non dovevano mancare le pre ghiere per lo stato e per limperatore (e tra di esse dovremmo cercare i testi che riguardano la guerra) alle quali accennano spesso gli scrittori cristiani quali Clemente, Giustino, Tertulliano, per non parlare di Paolo. Ma questi scrittori non ci lasciano testi sicuri di una liturgia stabilita S cos come non ci dice nulla di preciso Origene ^ che, pur negando ai cristiani la possibilit di combattere nelleser cito a fianco degU altri cittadini, asserisce che essi pregano per lo stato e per un felice esito delle guerre da esso intraprese, affinch per mezzo di queste preghiere limperatore riesca ad ottenere la pace e a garantire aUa Chiesa la tranquillit necessa.ria allesplicazione della sua missione . Questo mi sembra sia in fondo il motivo ispiratore della liturgia per quanto riguarda la guerra anche nei secoli seguenti, quando essa sar ben definita ed avr un carattere ufficiale pi preciso. Si tratta cio di un primo passo suUa via dellidentificazione della pax romana con la pax christiana . A questa posizione il Cristianesimo era giunto attraverso un lungo processo di identificazione del suo universalismo, di carattere fondamentalmente religioso, almeno in parte eredi tato dal giudaismo, con luniversalismo romano che aveva le

^ Solo L a t t a n z i o (op. cit.) ci riporta il testo preciso di una preghiera recitata in occasione della guerra, ma questo dal punto di vista della li turgia non pu avere grande importanza. ^ 0 . Cehum, 73. Come Origene, anche G i o v a n n i C r i s o s t o m o , Omilia in Ep. I ad Timot. Questo pensiero anticipa quel diritto di immunit decretato fin dai tempi di Costantino ( W e r n z , I us decretalium, voi. II, Roma 1906, 1> . 256).

LA LITURGIA NEL PRIMO MEDIOEVO

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sue origini nel pensiero greco, ed in particolare in Panezio (che ebbe grande influenza in Roma attraverso il circolo degli Scipioni). Per questo la forza dellimpero non veniva considerata come una bruta manifestazione, ma come lopera di incivilimento nei confronti dei popoli barbari ai quali portava la libert deUa ragione, non la schiavit. Al tempo di Augusto, in particolare con Virgilio, diventa addirittura opera provvidenziale e giu stifica cos 1 imperium romanum , 1 orbis terrarum come ecumene. La pace era la condizione ideale per la prosperit deUiwperium, e se questa prosperit doveva essere ottenuta mediante la guerra, anche la guerra assumeva laspetto di unazione provvidenziale. Accanto aUidea della pax, si sviluppano parallelamente anche quelle della securitas e della Ubertas Romana, che della prima sono la conseguenza e il coronamento. Questo concetto, sebbene di origine greca, aveva fatto in Eoma un grande progresso perch non si trattava solo di unideale partecipazione allecumene in nome della ragione, ma sera costituita ununit anche politica che si identificava con limpero romano. Tutti questi pensieri ed i rapporti tra limpero e la Chiesa, ebbero ben presto un riflesso nelle opere cristiane ; e quando limpero cadde di fronte alla pressione barbarica e la Chiesa ne raccolse leredit, questo processo si riflett ancora negli scrittori, ed in particolare neUa liturgia, dove si trovano fre quentissime espressioni e modi di dire che erano stati comuni allepoca aurea dellimpero. questo il tempo in cui Leone Magno riprende lidea del limpero come opera provvidenziale, ma questa volta in senso cristiano ^ e stabilendo che il concilio di Calcedonia dovesse essere celebrato in tutte le provinole, fece veramente della

> Sermo, IjXXXII ; P. L., LIV, 423 : Ut autem hiiiua inenarrabilis gratiae per totum mundum diffunderetur effectus, Romanorum regnum divina providentia praeparavit .

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Chiesa il nocciolo dellantico impero Proprio in questo pe riodo dovette essere composta loratio fidelium , della quale non sono rimasti documenti precisi, ma che probabilmente non doveva essere troppo lontana da quelle che ancor oggi esistono. In origine essa veniva recitata prima delle oblazioni eucaristiche; in seguito fu spostata tanto che rimase fuori dalla Messa, e certamente doveva contenere preghiere per limpero romano, ormai diventato impero cristiano. Ma i primi documenti liturgici sicuri ci sono dati dal 8aeramentarimi Leonianum che probabilmente, nella redazione che ci giunta, non anteriore al VI secolo Esso racchiude un antico eucologio romano del IV-V secolo, le cui preghiere si lasciano individuare sia per la forma che per il contenuto (ci'sono molte invocazioni alla pace nelle quali si accenna evi dentemente alle invasioni barbariche) ; alcune di queste sono poi passate invariate in altri sacramentari di epoca posteriore, proprio per quel carattere di stretto conservatorismo che proprio della liturgia e che rende spesso molto diffcile classifi care cronologicamente questo genere di testi. Una delle preghiere pi significative e forse una delle pi antiche la seguente : Deus qui praedicando aeterni regni evangelio romanorum imperium praeparasti, praetende famulis tuis ili. principibus nostris arma caelestia, ut pax nulla tur betur tempestate bellorum Questa preghiera poi passata nella Missa pro rege del Gregoriano ^ e si avvicina molto al sermone di Leone Magno, tanto che si pensato che luno abbia influenzato laltra o viceversa Nel Leoniano, le preghiere per limperatore o i principes nostri sono numerose e pure frequenti sono le preghiere per
1 Ep.. CLXIV, 3 ; P. L., LIV, 1150. ^ D u c h e s n e , OrUjines du culte chrtien, 5^ ed., Parigi 1920, p. 143 sg. ; F . P r o b s t , Die ltesten rmischen 8 aerarnentarien u. Ordines^ Mnster 1892 (pp. 297-385) e Liturgie des 4. J a h rh .y 1893 ; il testo pubblicato da C. L. F e l t o e , The leonian sacramentary Cambridge 1896 e in P. X., LV. ^ G. T e l l e n b a c h , Brnischer u, ehristl. Beichsgedanke in der Liturgie dea frilhen. Ma., Heidelberg 1934, Appendice, n. 5. ^ ^ o o r a m e n ia r m m (jr e ^ o n a n u m , ed. W i l s o n -G r e a t , Londra 1915, p. 187. ^ T e l l e n b a c h , op. cit., p. 10, n. 1.

LA LITURGIA NEL PRIMO MEDIOEVO

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la pace, sia per la pace gi conseguita ^ che per quella invocata per il populus sanctus Dei , per imperium romanum In queste Dio viene invocato come Protector Eomani im perii ed evidente la fusione dei concetti della devotio ro mana con la devotio christiana ; cui sono strettamente legati i concetti della pax, securitas e libertas romano-cristiana. Questi tre concetti possono costituire il punto di partenza per un pensiero della guerra contro i non cristiani che si iden tificherebbero con i non Eomani, ed eflettivamente questo il pensiero che si sviluppa e si manifesta attraverso la liturgia, dal primo sacramentario al Gregoriano, Non mancano infatti in questo primo eucologio le preghiere contro i nemici, il loro valore per del tutto particolare se si confronta questo sacramentario con quelli posteriori, ad esempio con il Gregoriano che contiene addirittura delle Missae tempore
belli.

Nel Leoniano non ci sono messe specifiche per il tempo di guerra, e questo potrebbe essere giustificato anche dal fatto che non si tratta di un breviario organico e completo, ma si presenta frammentario e con spiccati caratteri arcaici e anche i testi in esso contenuti hanno un carattere diverso tra di loro. Insomma anche quando si parla di nemici si mette laccento pi sulla pace alla quale si tende che suUa guerra. vero che in tutti i tempi la liturgia cristiana ha avuto preghiere per la pace, in particolare il venerd santo, tanto che ancor oggi sono rimaste nel messale romano, ma laltro aspetto, quello della guerra, cambia profondamente nel corso dei secoli. Basterebbe confrontare i testi del Leoniano che sono en trati nel Gelasiano sotto il nome di Orationes tempore belli
^ Ed.
F eltoe,

pp. 131, 132, 139, 142, inoltre quelle de siccitate tempo-

ribus, 448, X X X II e la 296, p. 4.

2 P. 28, n. XI, 322, 375, 412, 359, 450, 369, 373, 375, 321. N. 375 : Nostris, quaesumus, domine, propitiare temporibus, ut tuo munere dirigantur et romana securitas et devotio christiana , p. 77. Questo linguaggio si trova anche in Gregorio Magno, cio fino al VII secolo. I, 16 (M. G, Ep., I, 17 sg.) ; 1, 73 (p. 93) ; 1, 73 (p. 94) ; VI, 61 (p. 436) ; V, 38 (p. 325). ^ Gelasiano, 728, pp. 272-73.

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LA GUEIIRA NEL PENSIBKO CKISXIANO

con altre parti del Gelasiano stesso. Nei primi il concetto della pace dominante, pace politica che si confonde con la pace spirituale e anche i nemici cui si accenna, non si sa bene se siano nemici dello stato o della religione ; le altre invece, si riferiscono evidentemente ai nemici dellimpero. Certo anche nel Leoniano ci sono testi che potrebbero stare benissimo in una missa tempore belli, ma dati cos avulsi non risultano perfettamente chiari. Prendiamone ad esempio una che sta tra le Preces et orationes diurnae del mese di luglio : Contere, quaesumus, Domine, hostes populi tui, et delicta nostra, quorum merito nobis dominantur emunda, et cum tibi placitam puritatem mentibus nostris infunderis, largiaris et pacem i. Katuralmente la pace lelemento fondamentale, ma come vanno intesi quegli hostes populi tui '? . meglio, che si intende per populus tuus ? . Bisognerebbe cio capire se lo si debba interpretare in senso politico o solo in senso spirituale, ma tu tta la raccolta, nono stante si riferisca spesso al populus romanus ecc. non ci d elementi sufficienti per rispondere a questa domanda. Anche nel caso non si debba intendere in senso politico, rimane sempre da vedere come vengano intesi questi nemici spirituali e soprattutto come si possa interpretare il verbo conterere , se in senso proprio o in senso traslato. Non sa rebbe cio esclusa la possibilit che questi hostes fossero gli eretici contro i quali la Chiesa invit ben presto gli impera tori a prendere le armi. Se cos fosse, sia pure in modo indiretto (indiretto in questo momento, non pi qualche secolo pi tardi), anche questi testi sarebbero da annoverare tra queUi che riguardano il problema della guerra. Pi chiara mi sembra una preghiera per il digiuno di settembre : Omnipotens et misericors Deus, propitiationis tuae dona multiplica, et cunctis hostibus cadesti virtute com pressis, augmentum nobis tribue religionis et pacis *. Qui pare

* 357, v i n i , F e l t o e , p . 61. Nel Gelasiano, III, 56 ( W i l s o n , p . 273, nella II Missa temyore belli, non nel Gregoriano n nel messale odierno). ^ X II, 437, p . 132.

LA LI'l'UllGIA NEL l iUMO MEDIOEVO

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non ci sia im senso politico, ma i nemici che turbano la reli gione e la pace devono essere combattuti. Analoga a questa laltra preghiera, pure per il digiuno di settembre mentre pi interessante quella In natale epi
scoporum.

Omnipotens sempiterne Deus, hostilia, quaesumus, arma conflige, ut imperturbatis mentibus agere tua sca possimus. Per Ch. Dom. . Ma tra questi testi e quelU dei sacramenti pi tardi che parlano pi esplicitamente di guerra e di pace po litica, il Leoniano offre gi alcuni esempi significativi : Exaudi Domine preces nostras et sicut profanas mundi cahgines Sancti Spiritus luce evacuasti ; sic hostes Eomani nominis, et inimicos cathoUcae professionis espugna. Per Ch. D. N. Qui liden tificazione dei nemici del nomen romanum con quelli della cathoUca professio fa pensare ad uno stretto legame tra lo stato e la Chiesa, sia contro i nemici politici che contro i nemici della religione, non solo, ma della religione cattoUca in parti colare (non si parla di professio christiana , e pare evidente lo si faccia in contrapposizione aUe eresie). A questa preghiera, ora citata, ne seguono poi altre che chiariscono ancor meglio questo punto * ; Omnipotens sem piterne Deus, Eomanis auxiliare principibus, ut tua virtute roboratis omnis hostiUtas nec viribus possit praevalere nec fraude. Per Ch. D. N. . Nobis quaesumus Domine propitiare temporibus, ut tuo munere dirigantur et Romana securitas et devotio christiana . A questa parte ne segue unaltra che riguarda evidentemente i nemici spirituali, poi ; Fidelem populum, quaesumus Do mine, potentiae tuae muniat invicta defensio scumque sibi cae lesti dispensatione percipiat ut pio tibi semper devotus affectu et ab infestis liberetur inimicis et in tua iugiter gratia perse veret. Per Ch. D. N. .
1 419, p. 117. N. 427, p. 124. * N. 321, p. 27. * X X X IIII, 375, p. 77 sotto il titolo : Incipiunt preces diurnae cum
sensibus necessariis.
10

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LA GUEKKA NEL PENSIERO (CRISTIANO

Qui non c dubbio si tratti di nemici politici e di pace po litica, chiesta per il nomen romanum o per i principes ro mani , pace che garantisca alla Chiesa la tranquillit Ma nel Gelasiano si trovano altre preghiere che non com paiono nel Leoniano e che pi evidentemente si riferiscono ai nemici dellimpero. Oltre quelle del venerd santo, che si con cludono con Voraito fidelium (qui stabilita fin dai tempi aposto lici e conservata anche nellordine delle deprecazioni), e che potrebbero sembrare un po generiche ci sono le orationes tempore belli ed altre quattro messe per la stessa occasione oltre ad una missa pr regibus che a questo riguardo contiene testi di grande interesse Vediamo ad esempio la prima delle orationes : < ( Deus, qui conteres bella, et impugnatores in te sperantium potentiae tuae defensionis expugnas, auxiHare implorantibus misericordiam tuam, ut, omnium gentium feritate compressa, indefessa te gratiam actione laudemus. Per Ch. D. N. . Se nei brani precedentemente esaminati si invocava la pace o si chiedeva a Dio di allontanare il pericolo dei nemici, qui laccento cade su 1 omnium gentium feritate compressa , il che evidentemente fa pensare ad unazione contro questi ne mici che sono i feri disturbatores della tranquillit del mondo civile. un ulteriore passo verso uno sviluppo pi vasto di certe idee che pi tardi si faranno strada. Anche il terzo di questi testi molto interessante : Deus cuius regnum est omnium saeculorum, supplicationes nostras clementer exaudi, et Eomanorum regum tibi subditum protege principatum, ut in tua virtute fidentes, et tibi placeant et super omnia regna praecellant , ed analogo al primo testo della
1 V. anche N. 321, 3o0, 359, 369, 373, 375, 381. Ed. W iLSON, Oxford 1894, p. 74. Orationes tempore belli, n. 728, pp. 272-73 ; item alia missa, LVIII, 729, pp. 273-74 ; item alia missa, LIX, 729, p. 274 ; item alia missa, LX, 730, p. 275 ; item alia missa, LXI, 731, p. 276 (nel Leoniano 755 postcom munio) ; Missa pro re(jibus, LXII, 732, p. 276. Questo sacramentario deve essere stato scritto in un periodo particolarmente inquieto perch delle 60 messe che vi sono contenute, 10 sono in tribulatione, 4 in tempore mortalitatis , 1 pro pace , ecc.
2

LA LITURGIA NEL PIUMO MEDIOKVO

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L V I I I I missa tempore belli e al quarto della stessa, dove frasi

come : ... super omnia regna praecellant... tua sint semper virtute victores,... omnibus sint hostibus fortiores,... hostium fortitudo, te pro nobis pugnante, frangatur,... tua opitulatione muniti, adversum omnia resistere sibi arma praevaleant,... bar barorum gentium comprimere feritate... non lasciano dubbi sullinterpretazione che si deve loro dare. evidente che si tratta di nemici dello stato, e il fatto che si accenni ripetutamente ai principes Romani imperii , alr imperium Eomanum , indica che lidentificazione dei ne mici di questi con quelli della Chiesa era gi avvenuta. Nel VII secolo fu poi composto il terzo grande sacramen tario italiano, il Gregoriano, che come il Gelasiano contiene sia delle Orationes che deUe Missae tempore belli nelle quali sono entrati alcuni brani dei sacramentari precedenti accanto ad altri che ribadiscono sempre gU stessi concetti : Omnipotens Deus, Eomani nominis inimicos virtute quaesumus tuae com prime maiestatis, ut populus tuus et Mei integritate laetetur, et temporum tranquillitate semper exultet Questa preghiera non ci d elementi sostanzialmente nuovi, ma chiarisce meglio, se mai ce ne fosse ancora bisogno, quanto era gi apparso nei testi precedenti. I nemici contro i quali si invoca la protezione di Dio sono i Bomani nominis inimicos il che evidentemente non lascia dubbi sul carattere, potremmo dire, politico, dellallusione, ma subito segue come conseguenza : ut populus tuus et Mei in tegritate laetetur, et temporum tranquillitate semper exultet , nella quale si vede come il beneficio di carattere politico e quello religioso si accompagnino e si identifichino. Questo si pu vedere anche in tutti gli altri testi deUe missae tempore belli nei quali detto che il fatto che il popolo romano cristiano sia libero dai nemici, permette allo stesso di com piere meglio i suoi doveri verso Dio. Vediamo cio come accanto al pensiero della pace ci sia quello della forza, ma intesa in senso cristiano.
1 Ed. W i l s o n , p. UO, 197-200. * Po. 137, p. 140 e fo. 192, LX XX I, p. 198.

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LA Gt'EBllA .\KL PEiNSIBXO CIUSTIANO

Chi potevano mai essere i nemici di cui parlano i testi dei sacramentari? Senza dubbio erano i barbari confinanti che te nevano in continua agitazione la popolazione e non va perduto di vista il fatto che spesso nelle varie edizioni il nomen romanum e il nomen christianum si alternano. Ci accade specialmente neUe redazioni italiane del Gelasiano e del Gre goriano. A Eoma infatti, per il sopravvivere dellidea imperiale, il pregare per limpero che romano e cristiano ha senso ; altrove, come in Gallia o in Britannia, dove questa idea molto impallidita, spesso si trovano lezioni leggermente di verse proprio a questo riguardo. La cosa della massima importanza perch non solo mette in rilievo la diversit fra la tradizione transalpina e quella ro mana, ma assegna a questultima i limiti entro i quali si pu intendere questo concetto. In altre parole, se fuori di lloma si pi'ega per i nemici christiani nominis , si vuole metter laccento sul fatto che questi nemici sono coloro che insidiano la religione, e perci possono essere sia i nemici interni, gli eretici, che quelli esterni, i barbari i quali essendo a loro volta pagani sono anche nemici religiosi. Questo un pensiero ormai corrente nel mondo cristiano, ma se a Roma gli si d un senso anche politico, evidente come qui sia ancor radicata unidea non solo nazionalistica ma addirittura imperialistica. Insomma non c pensiero di guerra se non c un ideale politico e nazionalistico, e quando prima la Francia, poi la Germania, diventeranno centri politici del limpero, la liturgia del tempo di guerra, e quella che riguarda re ed imperatori, ne porter i primi segni. Il primo passo su questa strada fatto dairitaha del VII se colo, dove il sopravvivere del grande ideale imperiale di Roma, faceva parlare Gregorio Magno della sancta, pia, christiana respubhca Per questo papa i barbari non sono gli incivili confinanti ma soprattutto i non cristiani : petimus dominus qui eminentiam vestram pro solatio sanctae rei publicae mi sericorditer protegat et ad dilatandum per finitimas gentes
> Beg. Greg. M., l, 16 a (U . G. Ep., I, 17 8g.) ; I, 73 (p. 94) ; V. 38 (p. 325) ; Vr, 61 (p. 436).

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nomen eius magis magisque brachii sui firmitate confortet ^ e ancora : Sed dilatandae causa rei publicae in qua Deum coli conspicimus, loquitur, quatenus Christi nomen per subditas gentes fidei praedicatione circumquaque discurrat E anche : Quousque compressis gentibus ad libertates omnes sacerdotes concilii sub sancta re publica perveniret et credimus, de victis gentibus, ad pristinam libertatem reduci *. Evidentemente queste espressioni di Gregorio e alcuni brani del sacramentario hanno una stessa origine, uno stesso motivo ispiratore, analogo ad altre espressioni che si trovano in alcuni testi del Idber Diurnus, e che dovettero essere scritti in questo periodo . Al di fuori del territorio in cui erano in uso i tre sa cramentari citati (lItalia centromeridionale) il tono dei testi liturgici un po diverso. A prescindere dalla liturgia mozarabica che ha caratteri del tutto particolari e che a proposito del problema della guerra presenta esempi, isolati, ispirati ad un pensiero quasi da guerra santa *, la liturgia gallicana, pur avendo molto in comune con la liturgia romana, se ne distacca, in questo primo periodo, proprio per la mancanza di quel carattere reUgioso-politico di certe parti, quale si trova invece nei sacramentari gi visti. Nella liturgia ambrosiana poi, che gallicana, ma ha mag giori contatti con il tipo romano, fin dal IV secolo sono pre senti le preghiere per limperatore e per lesercito, tuttavia queste non hanno il rilievo di quelle romane Sono in tutto pochi testi che si ripetono in varie parti del messale, come le Preces Quadragesimales, Domin. I, II et III Quadrag. che suonano cosi : Pro famulis tuis, N. imperatore et N. rege, duce nostro et omni exercitu eorum, precamur te
> Beg., I, 73 (I, 94). ^ Beg., 1, 73 (I, 93). ^ Beg., I, 16a (I, 18). * Beg., I, 16a (I, 20). Ed. SiECKEL, p. 54, n. 60 e p. 110, ii. 85. Il famoso inno mozarabico per la partenza per la guerra in : B l u m e , Analecta Ymnica, XXXVI, 269. V. M a g i s t r e t t i , La liturgia nella chiesa milanese del I V secolo, Milano 1899, p. 190.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

(n. 4) ; e nella Dom. II e ^ Quadrag. (n. 7) : Pro piissimis et a Dee custoditis regibus nostris, toto palatio et exercitu ipsorum. Dom. prec. b. Ut unam bellum gerat, et omnem ini micum et adversarium pedibus eorum subiciat, Dom. prec. La liturgia gallicana vera e propria, costituita da tre testi fondamentali : il Missale gothicum, seu gothicum galUcanum^ in uso nella Francia meridionale, il Missale Francorum, della Francia del nord e il Missale Gallicanum vetus usato nella Francia meridionale (tutti sono del V II-V ili secolo) non pre senta documenti che interessino in particolare la guerra. Il primo di questi messali non contiene neppure preghiere per i re, il secondo ha Voratio et preces pro regibus ^ nelle quali si invoca la pace per il regnum Francorum e per i suoi principes , ma mancano delle vere e proprie preghiere contro i nemici, anche se ci sono deUe preghiere per lesercito Tuttavia questo messale di grandissimo interesse perch gi risente dellinfluenza della liturgia romana e contiene alcuni testi presi da quella e leggermente modificati. Queste modifiche che qui si limitano a pochi brani, sono tuttavia di grande importanza perch sostituiscono al regnum Eomanum o Eomanorum lespressione regnum Fran corum E non si pu dire si tratti di un esempio isolato. Infatti quando con lintensificarsi dei rapporti con il mondo romano, la liturgia ne subir anche linfluenza, in un primo tempo ci avverr in modo per cos dire passivo, con laccettazione di formule che spesso hanno perso il loro significato, poi modifi^ Unam belkim : cos il testo. Gli stessi testi sono nello Stoioe Missal (F. E. W a r r e n , The Uturgy and ritual of th celtic Church, Oxford 1881, p. 229) e in EucoL Graecorum, ed. G o a r , p. 52. G. M a b i l l o n , Liturgia Gallicana, Parigi 1729, p. 316, n. XIII. ^ Anche nel Miss. Gali. Vetus ; Fro regibus ei face ; dalle Orationes in vigilia ; Paschae et pr solemnitate sancta, XXIV, pp. 359*60. ^ Proprio nelle preghiere citate a p. 316 ce ne sono alcune uguali a quelle dei sacramentari italiani, quali : Omnipotens sempiterne Deus, qm regnis omnibus aeterno dominaris imperio, inclina ad preces humilitatis nostrae aures misericordiae tuae, et Francorum regni adesto principibus... (cfr. Gei, 729, p. 384).

LA LITURGIA NEL PRIMO MEDIOEVO

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candole ed attribuendo loro un significato nuovo. Ma questo il risultato pratico di un processo che si pu osservare non solo in campo liturgico, ma anche politico ; inoltre non li mitato neppure alla Francia, ma si verifica anche in Inghil terra e in altre terre, dove il pregare per limpero e limperatore romano, non aveva pi senso, perch, a differenza di quel che accadeva a Eoma, dove sopravviveva sempre il mito impe riale, sera ormai perso questo senso dellunit dellEuropa come impero romano, o si stavano creando altri ideali poUtici, che avrebbero dimostrato poi la loro efficacia nei secoli seguenti ^
^ In un p r im o t e m p o a liomanum e Eommioriivi b s o s t it u i s c e chriBtiarmmy christianorum, p o i a d d i r i t t u r a Francorum : v . T e l l e n b a c h , p . 19 e H i r s c h , Der mittelalterliche Kaisergedanke in den liturgischen Gebeten, M. O. I. G., 1930, p p . 4, 5, 7.

C a p it o l o N o n o

LA GUERRA NEI SECOLI V ili E IX

Nel periodo che va da SantAgostino a Gregorio Magno, per merito di queste due grandi personalit, il pensiero della Chiesa nei confronti della guerra prese unimpronta che fu poi carat teristica di tutto il medioevo. Giustificata ormai in linea generale, come fatto darmi, e tracciata perfino a grandi linee una teoria di guerra giusta, rimaneva da compiere solo un breve passo per giungere ad una teoria di guerra non solo giusta e giustificabile, ma addirittura doverosa. S visto come questo principio, nato e sviluppatosi tra il V ed il VI secolo, sia poi stato messo in pratica da Gregorio Magno ; ma se ci fu possibile, evidente che nellopinione generale la guerra non creava pi nessun dubbio. Questo, na turalmente in linea generale, ma di fronte a nuovi fatti e nuovi problemi che lo stesso pensiero veniva creando, la teoria ago stiniana e gregoriana della guerra, anche se valida in linea di principio, non era pi sufficiente. I secoli V ili e IX, dal punto di vista teorico, non dicono nuUa di nuovo a questo proposito, ma dai principi formulati nei secoli precedenti si traggono ul teriori conseguenze che forse ai tempi di Agostino e Gregorio erano addirittura impensabili. Bisognerebbe per vedere questo processo nella cornice che lepoca stessa gU ha dato. Politicamente, aUa fine dellottavo secolo compare sul pal coscenico della storia una nuova forza che, partendo dalla Francia riuscir a riunire la vecchia Europa sotto il segno di un nuovo impero. Per un problema come quello della guerra.

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LA OTTERR .NEL PENSIERO CRISTIANO

il fatto non di secondaria importanza, perch si tratta di un problema anzitutto politico che, anche religiosamente, viene considerato e risolto sempre sulla base delle condizioni politiche che di volta in volta lo propongono. La dimostrazione migliore si pu trovare nei fatti : quando Agostino affrontava il pro blema, lo faceva sollecitato da una realt ; realt che era co stituita dal grande impero romano, occupato a respingere gli assalti di popoli barbari, o a sedare rivolte di ribelli che, come i barbari, secondo il diritto classico, non erano che anomalie nel perfetto sistema politico-giuridico dellimpero e che perci andavano eliminati. In seguito, venuto praticamente a mancare limi)ero, il mito imperiale di Eoma rimase a far vivere di riflesso certi problemi che da s non avrebbero avuto vigore sufficiente. Questo pro cesso evidente soprattutto nella liturgia, dove accanto al lidea del grande impero, che in realt non esisteva pi, rimane il principio della lotta contro i barbari e gU infedeli, nemici ad un tempo della Chiesa e dello stato. Ci sono anche alcuni ele menti nuovi che fanno s che tra la liturgia del V secolo e quella del VII ci sia una certa diversit ; ma questi elementi sinfil trano quasi nascostamente nei testi liturgici che da un punto di vista formale rispecchiano ancora una tradizione che non corrisponde pi pienamente alla realt. Ma nellottavo secolo, oltre a formarsi un nuovo centro di gravit politica, saffacciano alla ribalta della storia, come pro tagonisti, nuovi popoli che, se non hanno una vera civilt, hanno per un carattere che, a contatto con la cultura e la ci vilt romane, poteva dare qualcosa di completamente nuovo. Perci si potuto dire che linserimento del cristianesimo nel mondo germanico ha dato origine ad unetica delleroe cri stiano che proprio di questa tradizione ; perch quando la Chiesa si trova di fronte ad un costume o ad una istituzione

^ G . N e c k e l , Ohristliche Kriegsethik, in Zeitschrift f. deut. AUertum u. deut. Literatur, ^, Berlino 1920, pp. 233-38, e A. L. M a y e r , Altchristl. Liturgie u. Gerrnanentuni, in Jahrbueh f. Liiurgiewissensehaft,

V, 1925, pp. 80-96.

LA GUERKA NEI SECOLI V ili B IX

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che non riesce a sradicare, cerca di imprimere ad essi il suo carattere morale. Questo indubbiamente vero, ma non in senso assoluto, perch la questione posta in questi termini farebbe pensare che la Chiesa fosse stata contraria aUa guerra prima dellin gresso dei popoli doltralpe nella storia, e che poi sia arrivata a formulare il principio della guerra santa per avviare linsopprimibile tendenza dei popoli germanici per la guerra sui bi nari prestabiliti daUa Chiesa stessa. Questo, per dir la verit, un po troppo sempMce ; vero invece che la Chiesa non ha mai condannato radicalmente e decisamente la guerra, neppure quando i popoli germanici erano ombre pi o meno anonime ai margini dellimpero, ma ha sempre mantenuto una posizione, direi quasi passiva, di fronte ad un dato di fatto : che la maggioranza cio, se non tutto il popolo, accettava la guerra senza porne in dubbio la liceit dal punto di vista morale. E lo stesso atteggiamento tenne anche quando 1 bellicosi popoli franco-germanici diedero una nuova impronta alla vita poUtica e sociale, cercando a volte di forzare la mano aUa Chiesa stessa. Questultima, cerc sempre di imprimere il proprio carattere alle varie manifestazioni, ma non arriv certo immediatamente alla guerra santa. Il suo pensiero, a questo proposito, sub un lento sviluppo, e quando si giunse allidea della crociata, gU elementi che la componevano non si ridu cevano certo al solo bellicismo germanico trasfigurato dalletica cristiana. Ma, come dicevo, difficile seguire lo sviluppo di certe idee, perch non mai stata formulata una precisa teoria ; si pu invece dire che questo pensiero progredisce da s un po per volta e in diversi settori, tanto che non possibile indagarne lo svolgimento in senso strettamente cronologico. Lo si pu vedere solo attraverso lattivit pratica dei re e degli impera tori, da una parte, dei pontefici dallaltra, attraverso le neces sit che le vicende stesse creavano al popolo e al clero per la partecipazione alla guerra, e infine nella liturgia che rappre senterebbe un po la consacrazione ufficiale di certe attivit da parte della Chiesa, e che sostituisce quella completa teoria che non mai stata formulata.

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LA ( NFX PENSIEUO CRISTIANo

1. I RE K GLI IMPERATORI FRANCHI.

Perci non vanno trascurati i documenti che riguardano la posizione assunta da re ed imperatori, consenzienti le autorit ecclesiastiche. La Historia di Gregorio di Tours, parlando di Clodoveo, il primo dei Merovingi che si convert al cristianesimo, ce lo pre senta come un paladino della fede e del cattolicesimo, contro gli ariani La cosa particolarmente interessante perch, forse per la prima volta, una guerra viene condotta secondo i prin cipi che Gregorio Magno esprimer pochi decenni dopo. Pu anche darsi che nella sua interpretazione Gregorio di Tours si sia lasciato influenzare dal pensiero del suo grande contemporaneo, oppure da certe idee che ormai dovevano es sere molto diffuse, ma qualcosa di vero ci devessere, dato che la tradizione concorde nel vedere in Clodoveo (e in parte anche nel padre che pure era pagano), un difensore della chiesa cattolica. Questo un punto molto importante, perch il ruolo del defensor ecclesiae , che sar proprio dei carolingi e dei loro successori, porter la Chiesa alle soglie della guerra santa. In cambio della difesa che lautorit investita di tale titolo prestava alla Chiesa, cera la protezione divina Cos Clodoveo ebbe sempre lappoggio del clero e quando, dopo la vittoria di Tolbiaco, il cui merito era attribuito allintervento divino, egli attacc i Visigoti, lo fece con la complicit di alcuni vescovi soggetti ad Alarico . Questo fatto, che ai tempi di Clodoveo era forse una cosa eccezionale, poi ingigantito dalla tradizione, divenne di uso
1 G r e g o r io d i T o u r s, L. V, pref., p. 190. * Per portare un esempio degli ordini che poi erano stati ed esclama : Et ubi erit spea L. II, 37.
* P issA R D ,

Historia, L . II, c. 37 ; M. G. SS. B. M., I, p. 85 ;

: in nome di s. Martino il re aveva dato trasgrediti, sdegnato allora sfodera la spada victoriae, si beato Martino offendimus f ... .

La guerre sainte m pays chrlien, P a r ig i 1912, p. 7.

LA GUERRA NEI SECOLI V ili E I I

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pi frequente quando, col formarsi e definirsi dello stato pon tificio, il papa stesso cerc laiuto del braccio secolare in difesa del patrimonio di S. Pietro, oltre che per la diffusione della re ligione. Cos in una lettera del 29 aprile 550, scrivendo al vescovo di Arles, Vigilio lo invita a chiedere lintervento di Childeberto, anzitutto perch aiuti la Chiesa nella difesa dei principi che erano stati stabiliti dal concilio di Calcedonia, poi perch venga in aiuto di Eoma contro Totila, in modo che questi non possa occupare la citt ^ ; e prosegue : Dignum enim est catholico, sicut est regi conveniens, ut fidem et ecclesiam in qua Deus illum voluit baptizari, omni debeat virtute defendere ; scriptum est enim : vivo ego, dicit Dominus, quia glorificantes me glorificabo {Isaia 49, 18 cfr. I Re 2, 30) . E con gli stessi argomenti Pelagio II, scrivendo a Childeberto II, lo invita a venire a difendere Eoma, dalla quale ha ricevuto la vera fede, assicurandogli che non potr mancare n laiuto di Dio in suo vantaggio n la vendetta contro i suoi nemici^. Questi ed i re che seguirono, aderirono sempre alle richieste papali, ad eccezione di Carlo Martello, che rifiut il patriziato che il papa gli offriva in cambio del suo aiuto contro Liutprando

^ M. G. Ep,, III, 66-68 ; Ep. Arlat., 45. Nella prima parte si accenna espressamente alla lettera di papa Leone (n. 156), nella quale si chiede aiuto ai principi perch vengano rispettati i canoni di Calcedonia. ^ N. 9, Jf. (?. Ep., ITI, 448-49, 5 ott. 580 : ... Dominus noster de tri bulatione gaudium, quia qui nequiter agunt, exterminabuntur ; et inimici Dei mox ut exaltabuntur, sicut fumus deficient, et generaliter peribuntur, gentes de terra eius (P., 36, 20 ; Gerem.^ 10, 11), Propter quod vos decuerat, qui iUic catholicae membra estis aecclesiae, uni corporis, unius capitis, gubernatione coniuncta, omnibus quibus viribus valeretis, paci quietique nostrae pro ipsa sancti spiritus unitate concurrere . Codex Car,, M. G. Ep., III, 476, n. 1, a, 739. II papa Gregorio IIL II re dei Longobardi aveva da poco prestato aiuto a C. Martello contro gli Arabi. Dellanno seguente unaltra lettera (n. 2, pp. 477-79) in cui il papa chiede ancora aiuto al re esortandolo a non ascoltare i cattivi consiglieri e rimproverandolo per aver lanno precedente, rifiutato.

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LA GUERRA NEI. PEiNSIERO CRISTIAiNO

Con Pipino invece la cosa divenne, per cos dire ufficiale Il 6 gennaio a Ponthion, papa e re si giurarono reciproco aiuto, e quando il 28 luglio dello stesso anno a St. Denis Stefano II unse re Pipino, gli confer il titolo di patrizio dei Eomani con il quale lo impegnava ad essere il difensore di Eoma e conse guentemente della Chiesa. Come negli anni precedenti, Eoma si trovava minacciata dai Longobardi e di fronte a Bisanzio che laveva rifiutato, la Chiesa chiese laiuto di Pipino in difesa di quei territori che da lui stesso aveva ricevuti e la cui violazione doveva essere pu nita Dora in poi questa richiesta diventer insistente, pres sante ; vero che si tratter sempre di una guerra difensiva, ma sar sempre il papa a chiedere lintervento del re, non solo per difendere i suoi territori, ma anche per reclamarne la re stituzione. Quando Stefano mori, il suo successore Paolo I, riconferm il patto con Pipino , e nello stesso anno si rivolse ripetuta-

1 I li, del Codex Carol, ci sono gi alcuni principi che poi verranno ripresi (a. 747) ; cfr. H. G n t e r , Deutsche Kultur in ihrer EnU wicklung, Lipsia 1932, p. 96. ^ Liber pontif.. Vita Stephani, l i (ed. D u c h e s n e , t. I, pp. 442 48, 9). Questo gi succedeva prima dei patti di Ponthion e St. Denis, nei 753, Stefano II per mezzo deUabate Droctegango, chiede a Pipino e a tutti i duci dei Franchi di aiutare in ogni modo la chiesa contro i nemici (Cod. Car., n. 5, p. 487), ma soi^rattutto dopo il patto. Nella lettera 6 (a. 775, pp. 488-90) a Pipino e Carlomanno, si lamenta dei soprusi fatti dal re Astolfo e li prega di fare in modo che vengano restituite le donazioni in cambio dellunzione a re. Nella lettera seguente, n. 7 (a. 755, pp. 490-93) agli stessi, li esorta ancora a venire in suo aiuto perch i Longobardi non vogliono restituire nulla. Dice che la fede senza le opere non vale molto, otiosa (p. 493, n. 32) e che loro dovere aiutare il papa. ^ eW Ep, 8 (a. 756) chiede aiuti al pi presto perch Astolfo e i beneventani occupano Tagro romano (pp. 494-98). Lo stesso nellep. 10 (Aprile 757) con cui li ringrazia e annunzia che dopo la morte di Astolfo, Desiderio ha promesso di restituire tutte le citt tolte al patrimonio di S. Pietro. Ep.y 12, pp. 507-508, aprile-maggio 757, dello stesso anno sono altre richieste di restituzione {Epp., n. 13, pp. 508-10 ; n. 14, pp. 511-12, a. 758 ; n. 15 e 10, pp. 512-14, a. 758).

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mente al re per ottenere la restituzione di alcune localit e per lamentare il fatto che Desiderio minacciava i confini Cos il popolo dei Franchi venne ad assumere una posizione di preminenza nei confronti degli altri popoli. Se il fatto di chiedere aiuto al braccio secolare non una novit, perch anche Gregorio I laveva fatto, il rivolgersi ai re franchi invece che aUa corte bizantina costituisce veramente un fatto nuovo e della massima importanza anche per quanto riguarda il pen siero della guerra. Le conseguenze non sono forse abbastanza evidenti nel secolo V ili, ma lo saranno molto di pi in quello successivo, perch allora lesistenza di un nuovo impero, la cui influenza e la cui potenza, specialmente in terra francese sen tita molto pi di quanto non lo fosse quella del vecchio im pero romano, porr certi problemi politico-religiosi in modo molto pi concreto. Allassurgere della monarchia franca a tale posizione di pre minenza, non poco contribuirono i papi con le loro richieste e lo dimostrano tutte queste lettere il cui tono sempre pi o meno lo stesso. Si potrebbe prenderne in esame una delle pi interessanti, per esempio la 7 (p. 491) di Stefano II a Pipino, Carlo e Carlomanno, del 755, nella quale il papa lamenta la mancata restituzione di alcuni possedimenti da parte di Astolfo. In questa lettera espressa chiaramente la posizione di de fensores ecclesiae in cui il papa vedeva Pipino e i suoi figli. Da tale attributo dice papa Stefano vi potr venire una fama imperitura, purch assolviate il vostro dovere che : ... totis viribus ad exaltationem sanctae Dei ecclesiae, per quam et salus Christianorum existit, decertare Viene poi ribadito il solito principio che Dio non far mancare il suo aiuto

1 Ep., 17, pp. 514-17, a. 758 ; Ep., 34, pp. 540-42, a. 761-66 ; Ep., 35, pp. 542-44, a. 761-66. In ringraziamento per aver liberata la Chiesa : n. 38, a Pipino, pp. 550-51, a. 758-67 ; n. 39, ai Franchi, pp. 551-52. Di nuovo Stefano III chiede a Carlo e Carlomanno la restituzione : Ep., 44, pp. 558-60, a. 769-70. La notizia che Pipino fu chiamato in aiuto contro i Longobardi anche nelle Gestae Karli del monaco sangallese : 1. II, c. 15, M. G. SS., II, 758. * P. 491, 7-8.
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LA GUKKRA NEL PENSIERO CRISTIANO

a chi si assume il compito di difendere la Chiesa. Se Dio avesse voluto, prosegue il papa avrebbe potuto difenderla in qualsiasi altro modo, ma scegliendo i re franchi come strumenti della sua giustizia, ha voluto mettere alla prova la loro fede, perci ha voluto che il papa si rivolgesse a loro, affidando tutto nelle loro mani. E t vos beato Petro polUciti estis eius iustitiam exigere et defensionem sanctae Dei ecclesiae procurare et, ut vere fideles Deo, pura mente pr defensione Dei ecclesiae di micandum properastis Quando Dio ha voluto ha sempre sterminato i suoi nemici (cfr. Judith 9, 10 ; Matt. 23, 12 ; Ps. 13, 3 ; Isaia 26, 5), infatti ; Non enim gladius hominis, sed gladius Dei est, qui pugnat Astolfo non ha voluto lasciarsi persuadere con la dolcezza, ora deve essere costretto con la forza. Pro quo peto vos, excellentissimi et a Deo protecti flii, et nimis obsecro : doleat vobis pr sancta Dei ecclaesia et beati Petri causa, et, quae per donationem beato Petro offe rendum promisistis, ei possidendum contradere debeatis. Me mentote et semper in vestris precordiis firmiter tenete, quod promisistis eidem ianitori regni caelorum. Nulla iam vos se ducat suasio aut acceptilatio. Considerate, qualis fortis existit exactor isdem princeps apostolorum, beatus Petrus, videte omnia. Quae ei promisistis et per donationem offerendum pol liciti estis, contradere festinate, ut non lugeatis in aeternum et condemnati maneatis in futura vita (cfr. Ps. 101, 12)... De certare bonum opus, quod cepistis, implere et, quae per dona tionem manu vestra confirmatis, protectori vestro, beato Petro reddere festinate, quoniam scriptum est : Melius est non vo vere, quam vovere et votum non reddere (Eccles. 5, 4) . Pro segue insistendo per ottenere il loro aiuto, perch la fede ut scriptum est, stne operibus, otiosa est {lac. 2, 20)*. Da questo testo appare evidente che il papa considerava laiuto del braccio secolare, non solo come una buona cosa, ma addirittura come un dovere, trasgredendo al quale si sa1 P. " P. 3 P. * P. 491, 491, 492, 493, 26-28. 38. 22-34. 32.

LA GUEEUA NEI SECOLI V ili E IX

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rebbe commessa una grave mancanza ; come se ai re fosse stata affidata una parte delleredit apostolica Questo, come dimostrano anche gli altri documenti, va lido, sia in senso politico, contro gli aggressori, sia in senso religioso, per la difesa e la diffusione della fede : Sanctam suam cathoUcam et apostolicam ecclesiam atque ortodoxam Christianorum Mem vobis commisit exaltandam atque viriUter defendendam Questo ruolo di difensore della Chiesa, che Pipino assunse per volere dei papi, non fu una semplice finzione voluta per uno scopo politico ben preciso, cio quello di accentrare nelle mani dei re franchi leredit dellimpero romano, o di dar loro il diritto a mettersi a capo di un nuovo impero con lappoggio dellautorit ecclesiastica ; infatti questa nuova funzione dei re, trovava una viva rispondenza anche nella tradizione popolare. Per la vittoria del 796, riportata dal figlio di Carlo Magno, Pipino, sugli Avari, un poeta contemporaneo scrisse im carme in quindici strofe De P ippin i regis victoria avariea, in cui si sottolinea limpresa del re cattolico che sottomette gli infedeli ed impone la religione cristiana . Ma questo fatto che gi con Pipino si era delineato chiara mente, ebbe con Carlo Magno uno sviluppo anche maggiore, sia in senso politico, perch il papa si rivolse spesso a lui per averne aiuto sia in senso religioso, vale a dire nella difesa
* Princeps apostolus prae ceteris regibus et gentibus vos suos pecu liares laciens omnes suas causas vobis commisit (p. 493, 18). * Codex Car., Ep., 33, a Carlo e Carlomanno, p. 540, 11 ; cfr. Ep., 32, p. 639, 9-15, a. 761-66 a Pipino : ... inhianter meditantes atque insidiantes qualiter, Deo iUis contrario, sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam, humiliare atque conculcare et fidem sanctam ortodoxam atque sanctorum patrum tradicionem destruere possint. Sed tu, bone potentissime rex, viriliter sicut vere ortodoxus eisdem impiis resistere hereticis atque solite s a n c t a m Dei ecclesiam et C h r is tia n o r u m o r t o d o x a m fidem, t u o a Deo protecto solito auxilio atque congruo dispositio defendere digneris, quo niam magna post Deum in vestra excellentia et fortissimi regni vestri bra chio extitit fiducia. * Mon. Germ., Foetae Car., I (ed. E. D u m m le e , Berlino 1881), pp. 116-17. * Le richieste si susseguono con grande insistenza : Cod. Car., n. 44, pp. 558-60, a. 769-70 ; n. 53, pp. 574-76, a. 775 ; n. 54, pp. 576-77, a. 775

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LA GUERRA ISEL PEN>SIERO CRISTIANO

della purezza della Chiesa Lo dimostra meglio di ogni altra una lettera di Alenino, in cui detto che Dio, nella sua miseri cordia ha donato alla Chiesa un difensore contro gli eretici Con il suo elogio entusiasta. Alenino fa di Carlo un re in viato dalla provvidenza, e non a caso gli d lappellativo di Davide, avvicinandolo cos ad un re giusto e clemente, s, ma che seppe anche condurre il suo esercito alla vittoria. Del resto questa tradizione del militarismo ebraico sentita molto nel limpero carolingio, e soprattutto la liturgia ne porta le tracce pi evidenti, come riflesso di quella concezione che faceva del popolo franco (soprattutto dopo le vittorie sugli Arabi) il nuovo popolo eletto. Parlando ancora di Carlo Magno, Alenino nella vita di san Willibrord, dice : Scit namque omnis populus, quibus nobilissimus victor celebratur triumphis, vel quantum termi nos nostros dilatavit imperii, vel quid pro defensione sanctae ecclesiae apud extraneas exercuit gentes I popoli contro cui fu richiesto laiuto di Carlo Magno fu rono anzitutto i Longobardi, i tradizionali nemici del papa
n. 55, pp. 778-80, a. 775 ; n. 57, pp. 582-83, a. 775 ; n. 61, pp. 588-89, a. 778 ; n. 62, pp. 589-90, a. 774-80 ; n. 64, pp. 591-92, a. 779-80, pp. 622-23, a. 787-91. 1 N. 97, pp. 647-48, a. 785-91 : De haereticis coercendis (in questo caso si tratta di una questione interna). ^ Jf. G. E f ., IV, p. 176, 15-20, n. 121, a. 796 : Sed tota sancta Dei ecclesia unanimo caritatis concentu gratias agere Domino Deo omnipotenti debebit, qui tam pium prudentem et iustum his novissimis mundi et pe riculosis temporibus populo christiano perdonavit clementissimo munere rectorem atque defensorem ; qui prava corrigere et recta corroborare et sancta sublimare omni intentione studeat, et nomen domini Dei excelsi per multa terrarum spatia dilatare gaudeat, et catholicae fedei lumen in extremis partibus incedere conetur. Hoc est, o dulcissime David, gloria laus et merces tua in iudicio diei magni . Che Alcuino non metta in dubbio la legittimit della guerra, lo dimostra trattando il vecchio argomento delle due spade del quale d uninterpretazione del tutto allegorica {Ep., 136, pp. 205-10, a. 798 a Carlo). Naturalmente pensa che si debba evitare la guerra finch sia possibile (Ep., 211, pp. 351-52, a. 800-801) e cercare di risolvere le controversie con pacifiche trattative, ma quando questo impossibile, si de^e fare in modo che i fedeli ne subiscano il minor danno (p. 352). Vita S. TF., c. 23 ; J a f f , Bibl. B. Germ,, VI, p. 56. * M, G. Ep., I li, p. 498, nota 1. Es. lo scritto di Adriano 1 a C. M. Codex car., n. 62, p. 589 : Nos quidem die noctuque numquam desistimus...

LA GUERRA NEI SECOLI V ili E IX

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Ma in particolare nella campagna contro gli Avari si manifesta questo inviolabile foedus della defensio Eomanae eccle siae )) Contro i Longobardi, per volere del papa, Carlo Magno combatt sempre e con successo % tanto che nel 785, scrivendo allimperatrice Irene di Costantinopoli, Adriano I dice che Carlo, seguendo le sue raccomandazioni, ha sottomesso molti popoli barbari In tutte le lettere papaU si ripete che Dio aiuter il re, se questi aiuter la Chiesa, ma anche dai documenti non pontifici, pare evidente che Carlo intraprendesse alcune guerre con lo spirito essenzialmente religioso della missione contro i barbari Ad esempio nella guerra contro i Sassoni, sembra addirittura aver posto unalternativa da guerra santa : Consilium iniit, ut perfidam ac foedifragam Saxonum gentem bello adgrederetur

suppliciter exorare, ut victorem te super omnes barbaras nationes faciat . In particolare contro i Longobardi : Codex car., n. 8, p. 4 9 8 : Coniuramus te (scrive Stefano a Pipino nel 7 4 6 ) ... ut ad liberandum nos de manibus Langobardorum... nimis festinanter occurrere digneris, ut... victor... super omnes barbaras nationes efficiaris . Adriano I scrive a Carlo . nel 7 7 5 {Codex Car., E p., 5 3 , p. 5 7 5 ) : ... Omnipotens deus noster... regnum Lango bardorum tuae tradere iussit potestatis dicioni, et in antea magnam habeto fiduciam, quia... tuis regalibus vestigiis ceteras barbaras nationes omni potens Dominus substernat . Tra gli altri documenti ; Einhardi, Vita Caroli, c. 6 : ... rogatu et precibus Adriani, Eomanae urbis episcopi exoratus, bellum contra Langobardos suscepit . Anche nel caso di Pipino era successo lo stesso : Langobardis vel caeteris hostibus Romanos infetantibus, miserunt legatos ad eundem Pippinum, ut propter amorem sancti Petri sibi quantocius in auxilium venire dignaretur e cosi fu accolto dalla popolazione : Cives apostolorum et domestici Dei advenerunt hodie portantes pacem et illuminantes patriam, dare pacem gentibus, et liberare populus Domini . Monachi Sangall Gesta K . M., 1. II, c. 15 ; M, G. SS,, t. II, ed. P e r t z , Hannover 1 8 2 8 , p. 7 5 8 ; per C. M . cfr. cap. 17, p. 7 59 . ^ Annales regni Frane., ad. a. 796, ed. K u r z e , p. 98. Ne danno notizia le lettere del Codex caroUnus, n. 6, 7, 8, 10, 13, 24, 26, 30, 33, 35, 37, 44, 50, 52, 53, 62, 66, 68, 72, 88, 89, 99. Lep. 88 (p. 624) del 784-91, importante perch in essa il papa vieta luso delle armi ai religiosi. 2 J a e f , e . , 2448. * Vita Hludovici imperatoris, c. 1, M. G. SS.. II, p. 607.

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LA GUERRA SEL PENSIERO CRISTIAISO

et eo usque perseveraret, dum aut victi christianae religioni subicerentur, aut omnino tollerentur \

La pace poi non si sarebbe potuta stipulare se i Sassoni non si fossero fatti battezzare : Eaque conditione... bellum constat esse finitum, ut, abiecto daemonorum cultu et relicto patriis caerimoniis, christianae fidei atque religionis sacramenta susciperent et Francis adunatis unus cum eis populus effice rentur Alia fine infatti il loro re si fece battezzare * e, terminata la guerra, Carlo Magno chiese ed ottenne dal papa che lavve nimento fosse celebrato in tutto il mondo cristiano. Adriano stabili perci tre giorni di festa e augur al re altre vittorie sui pagani \ Dopo di che Carlo si preoccup dellorganizzazione religiosa missionaria dei popoli sottomessi ed intraprese contro gli Avari unaltra grande guerra, il cui carattere religioso forse ancor pi spiccato di quello dellimpresa contro i Sassoni. Cos si esprime il compilatore degli Annales regni Francorum : ... disposuerunt propter nimian malitiam et intolerabilem, quam fecerunt Avari contra sanctam ecclesiam vel populum Christianum... iter peragendi A questo proposito un documento molto significativo la lettera che Alcuino, a nome di Carlo, scrisse al papa Leone, che da poco era stato eletto, per chiedere, in favore del re, laiuto della Chiesa per lorganizzazione missionaria del cristianesimo in terra avara : Sicut enim cum beatissimo patre, predecessore vestro, sanctae paternitatis pactum inii, sic cum beatitudine vestra eiusdem fidei et caritatis inviolabile foedus statuere desidero ; quatenus, apostolicae sanctitatis vestrae divina gratia

^ Annales Einhardi, 88.B.G. (ed. K u b t z e , 1895), a. 775, p. 41 ; Vita 8. Bimberti, c. 1, M. O. 8 8 ., I, 765. ^ Einhardi Vita Caroli, c. 7, 88.B.G. (ed. W a it z , 1905), p. 9. Nel 785. In questa occasione gli Annales Begni Fr. dissero ; Kt tunc tota Saxonia subiugata est , 8 8 . . . (ed. K u r t z e , 1895), p. 70. * Codex Car., 76, p. 607. Vita S. Stwrmii, c. 22 ; M. G. 8 8 ., II, 376. * Annales regni Fr., I, a. 791, p. 88.

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advocata precibus, me ubique apostolica benedictio consequa tur, et sanctissima Eomanae ecclesiae sedes Deo donante no stra semper devotione defendatur. Nostrum est, secundum auxilium divinae pietatis, sanctam undique Christi ecclesiam ab incursu paganorum et ab infidelium devastatione armis defendere foris, et intus catholicae fidei agnitione munire. Vestrum est, sanctissime Pater, elevatis ad Deum cum Moyse manibus, nostram adiuvare militiam, quatenus vobis interce dentibus Deo auctore et datore populus Christianus super ini micos sui sancti nominis ubique semper habeat victoriam, et nomen domini nostri Jesu Christi toto clarificetur in orbe Questo scritto che sembrerebbe avere lo scopo di fare una distinzione di diritti e di doveri, mostra anche con chiarezza che il re coscientemente si era assunto il ruolo del difensore della Chiesa, con il consenso del papa Il testo da solo pi chiaro di ogni commento e mette in luce quali sono i punti su cui si basa la defensio ecclesiae : cio difendere la Chiesa allesterno dai nemici che, in quanto tali non possono essere che pagani e infedeli, e allinterno fare in modo che la fede sia rispettata. Si tratta quindi ancora di una difesa contro gli infedeli che stanno entro i confini dellimpero. Anche nel territorio conquistato agli Avari, infatti, sorsero monasteri e si svilupp lattivit missionaria promossa dal re stesso in alleanza con la Chiesa Questimpegno missionario che, come nel caso del padre, era

1 Ep., 93, p. 137, 27-35 e 138, 1-2, a. 796. * Il Brackmann interpreta questa lettera come una presa di posizione polemica di Carlo contro il papato al quale sarebbe negata ogni funzione politica. Questo perch gi Adriano I al 7 concilio di Nicea aveva gettate le basi di una politica che aveva trovato lopposizione dei Franchi (A. B b a c k MANN,

D ie Anfange der Slavenmission u. die Benovatio Im perii des J. 800,

Berlino 1931 ; Sonderausg. aus den Sitzugs. d. preuss. Ak. d. Wiss., Phil.Histor. Klasse, IX). Ep. Aleuini, 110, pp. 156-59, a. 796 ; n. I l i , pp. 159-62, a. 796 ; n. 112, pp. 162-63, a. 796; n. 113, pp. 163-66, a. 796 ; n. 68, p. 315. Salisburgo venne eletta a sede arcivescovile come baluardo contro gli Avari [M. G., Ep., V, 1, ep. 3, 4, 5, p. 58 sg.).

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LA GUEREA NEL BENSIERO CRISTIANO

riconosciuto a Carlo anche dai contemporanei ebbe per cos dire un riconoscimento ufficiale con lincoronazione, al cui pro posito il Liber pontificalis dice che : Tunc universi Meles Eomani, videntes tanta defensione et dilectione quam erga sanctam Eomanam ecclesiam et eius vicarium habuit lo ac clamarono imperatore^. La lettera di un ignoto, scritta attorno all809, riassume forse meglio di ogni altro documento lattivit di Carlo Magno nellaspirazione dei contemporanei e nellintenzione dellimpe ratore stesso. In essa si dice che egli ha assolto il compito affi datogli da Dio nel migliore dei modi, restituendo la pace e la tranquillit al regno, non solum enim ab impetu gentilium et omnium christiani nominis nimicorum, quos favente Domino vestra sublimitas terret atque prosternit, sunt protecti, sed per vestri imperii et sapientiae excellentiam, adductis ab idulorum cultu innumerabilibus populis ad fidei catholicae et ad divini cultus agnitionem cotidie in Christo credentium propa gatur numerus, et domus Dei in cunctis regni vestri terminis divino cultui et sacris pro vobis orationibus implendis vacans exultat; infatti il numero dei cristiani aumenta di giorno in giorno mentre i nemici vengono sconfitti Come s visto Carlo
1 '. Alcuini, 41, p. 84, 12-19, a. 794-95 ; n. 171, p. 282, a. 799 ; n. 202, p. 336, 20, a. 800 ; in queste difficile distinguere Telemento politico da quello religioso. Nel Codex car. {Ep., 62, p. 589) detto che per il re Carlo e per le sue imprese pregavano il papa e il popolo di Eoma. Alcuino in una lettera dell802 auspica la diffusione del suo regno affinch il cristianesimo trionfi e ut omnes unum sint in Christo (Ep., 257, p. 415, 27). ^ Ed. D u c h e s n e , voi. II ; Vita Leonis III, c. 23, p. 7 (cfr. c. 24). Anche Alcuino scrive che tanta dignit gli era data per opprimere i superbi e gli eretici e per beneficare gli umili, secondo la volont di Dio {Ep., 257, p. 414). Lincoronazione fu solo un rafforzamento di questo principio perch come patrizio dei Romani era stato definito defensor ecclesiae {Codex car,, n. 54, Vita Hadriani, II, 35, 39, 41 ; Lib, P o n t, I, 497 ; v. Ep., I li, 577 ; rex noster cum Deo defensor et protector). M, G. E p . y IV, appendix ep, Alcuini, n. 3, p. 490. Secondo i Gesta Archiepiscoporum Magdeburgensium, Carlo Magno, per la diffusione della religione condusse una guerra di 30 anni contro i Sassoni (c. 3, M.G.SS., XIV, p. 377) ed Helmold lo dichiara un vero paladino della fede {Chronica Slavorum, 8S.B,G., ed. B. S c h n e i d e r , II, ed. 1909, I, c. 3, p. 9). Anche la

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Ma^no aveva intrapreso queste guerre allo scopo di diffondere il cristianesimo e di distruggere gli infedeli, il che non avrebbe limportanza che effettivamente ha se i papi non avessero solle citato loro stessi queste guerre e non ne avessero applauditi i successi. veramente notevole che nel corso di pochi secoli tutti i dubbi sulla legittimit della guerra siano scomparsi per lasciar posto ad un pensiero di guerra giusta, voluta da Dio, anche se le guerre ispirate a questo principio hanno solo un carattere difensivo o preventivo, non aggressivo come potevano essere le guerre sante del mondo islamico. I documenti pontifici parlano chiaro a questo proposito : re ed imperatori sono i paladini della Chiesa ; la liturgia poi, porta la migliore conferma dellesistenza di questo pensiero. Tuttavia ancor molto mancava perch si potesse giungere alla guerra santa. Giustamente K. Erdmann ^ afferma che solo in un certo senso si pu parlare di guerra santa, perch neUimpero di Carlo Magno, la religione, pi che valere come motivo a s, era un attributo dello stato. Questo effettivamente spiega molte cose, altrimenti non si capirebbe come il pensiero della Chiesa sulla guerra non abbia preso subito in diverso sviluppo e soprattutto non sia stato chiarito dagli scrittori cristiani. Questo naturalmente non significa che se lelemento religioso nellimpero carolingio avesse avuto un ruolo diverso, la Chiesa sarebbe giunta per conto suo ad una anticipazione dellidea di crociata ; tu ttaltro, forse non ci sarebbe mai arrivata, ma questa asserzione serve a limitare dal punto di vista della Chiesa il valore della lunga serie di testi e documenti dei secoli V ili e IX,

sua canonizzazione da parte del Barbarossa fu motivata dal fatto che era fortis athleta et verus apostolus in fide Christi dilatanda et in conversione gentis barbaricae (. G . Kar., I, 295, p. 439 sg.) Questa era la tra dizione, ma anche nel pensiero dei contemporanei aveva la stessa fama. Cfr. il Planctu de obitu K a r oli (una volta attribuito a Kabano Mauro) ; M, G. Poetae Car,, I, 434-36, e VEpitaphium Karoli imperatoris, strofe X X I : Dextera magna Dei ecclesiam tueatur ab oste, / Hanc quoque multiplicet dextera magna Dei / ... . M, G. Poetae, c. I, 411.
1 K, Erdmann,

Entstehung des Kreiizzugsgedankens, c i t . , p . 2 0.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

che fanno pensare alla guerra come ad unazione di carat tere spiccatamente religioso. Quindi, nonostante i papi siano spesso i primi a sollecitare lintervento dello stato, limpronta, liniziativa viene sempre da questultimo. Questo comunque fu un sistema che pot avere efficacia finch i nemici dello stato erano anche nemici della religione. Allora luna e laltra cosa, la legittima difesa e la diffusione della fede, giustificavano pienamente il fatto della guerra. Ma quando popoli entrambi cristiani presero le armi luno contro laltro, il principio non resse pi. Un fatto di questo genere proprio di unepoca pi tarda (le guerre tra popoli cristiani si possono far iniziare alla fine del X secolo); ma gi subito dopo la morte di Carlo Magno si ebbero i primi turbamenti, nel periodo burra scoso del regno dei suoi successori, allorch la discordia familiare stava per compromettere la stabilit del regno. Il vescovo Agobardo in quel tempo rimprover Ludovico perch con la sua condotta, portava la discordia e il disordine nel suo stato invece di impegnare tutte le sue forze nella lotta contro i pagani Questo voler distogliere le forze dalle lotte interne, per de dicarle alla guerra santa, tipico della crociata. Gli antichi
1 Agohardi Libri duo pr filila et contra Judith uxorem Ludovici pii, 1. I, c. 3 : Cum enim deberet exercitus mitti adversus exteras gentes, et ipse imperator adversus barbaras nationes dimicare, nt eas fidei subiugaret ad dilatandum termini regni fidelium sic namque orat universalis ec clesia in solemnibus illis oracionibus passionis dominicae pro imperatoribus : ut Deus illis subiectas faciat barbaras nationes, nunc e contrario omne regnum cum extremitatibus suis conglobatur in unum in medio sui, diversa tamen intentione, dum alii parantur ad intestina viscera disrumpenda, alii ad pacandam, si fieri potest, iniustissimam discordiam, qui omnes pia mente perpendere debuerant quod dicitur in predictis orationibus, ubi sacerdos ammonet, dicens : oremus et pro christianissimo imperatore nostro, ut Deus et dominus noster subditas illi faciat omnes barbaras na tiones ad nostram perpetuam pacem. Domus ergo Dei, quae est ecclesia Dei vivi, columna et firmamentum veritatis (I Tim,, 3, 15), orat, ut christianissimo imperatori barbari subiciantur, non ut subiecti contur bentur et barbarizentur (M.G.8S., XV^ pp. 275-76, ed. W a i t z , Han nover 1887).

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cronisti insistono molto su ci e cos i predicatori delle crociate, come Urbano II. Condannata la guerra fratricida, essa sarebbe lantidoto proposto, lantiguerra, la pace di Dio Con ci si vede come lidea d.eUa guerra di missione fosse gi radicata nel pensiero dellepoca e come la Chiesa la consi derasse come lattivit fondamentale d.ello stato. Daltra parte Ludovico non aveva dubbi in proposito e, nonostante fosse meno abile del padre, svolse unintensa attivit missionaria specialmente nei confronti della Danimarca. La tradizione popolare esalt anche le gesta dei successori di Carlo Magno, nonostante le loro imprese siano state molto inferiori a quelle del grande imperatore. Anche dal punto di vista della guerra di missione, si trova in questo periodo un numero molto minore di documenti che ne confermino lesi stenza. Verso la met del IX secolo, un altro grave pericolo sorge per Eoma ; quello d.ei pirati. Contro di essi pare che lo stesso papa Leone IV abbia condotto una spedizione vittoriosa. Se la notizia attendibile, non certo di secondaria importanza, perch sarebbe questa la prima volta che un papa si occupa per sonalmente di operazioni belliche, nonostante sia ormai sta bilito che i religiosi non debbano in alcun modo prender parte attiva alla guerra. Se il fatto fosse vero, dicevo, Leone IV avrebbe anticipato il suo successore Giovanni X II, e Gregorio V Certo

SET,

^ Anche Bruno di Querfurt insiste molto sn questo punto (cfr. P. RousL'ide de croisade, in Belazioni al X Congr. Interri, di scienze storiche^ Roma, sett. 1955, voi. II, p. 552).

^ Q u e s t a m is s i o n e f u a f fid a t a n e U 8 2 3 a d E b o d i R e i m s ( E m o l d u s N i g e l l u s , I n honorem Hludovici Imperatoris libri 1 7 , M.G.SS,, II, IV, v e r s . 2 0 - 2 5 , p . 5 01 ; R i m b e r t , Vita 8. Anskarii, 88.B.G., e d . W a i t z , 1 8 8 4 , c. 13, p . 3 5 ; cfr. B. S i m s o n , Jahrb, d, frnk. Beiches u. Ludwig d. Fromm,, 2 v o l i . , L i p s i a 1 8 6 4 - 6 7 , v o i . I, p . 2 0 9 sg . e 3 2 2 s g .). Q u e s t a a t t i v i t m i s s i o n a r ia c u lm in c o n l a f o n d a z i o n e d e l l a r c i v e s c o v a d o d i A m b u r g o p e r v o le r e d e l c o n c ilio d e l l 8 31 p r e p o s t o d a L u d o v i c o ; Vita 8. Anskarii, I, c. 12, p . 3 7 .

Nell849, quando il papa riesce a riunire le flotte di Napoli, Amalfi e Gaeta. La notizia solo nel Liber Pontificalis, pp. 117 e 119. ^ Il primo nel 963 si mise personalmente alla testa del suo esercito, per cui gli apologisti posteriori lo considerarono un mostro ( B a r o n i o , An-

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

egli non dovette nutrire troppi dubbi sulla liceit della guerra, se, oltre a chiedere lintervento dello stato contro i Saraceni ^ e a dichiararsi disposto a difendere il suo popolo contro chiun que stabil che i soldati morti pr veritate fidei et salvatione animae ac defensione patriae Christianorum avrebbero otte nuto da Dio un pretitulatum premium Il significato di questo premio mi sembra evidente, comunque pochi anni dopo, neU872, scrivendo ad alcuni vescovi che chiedevano se i soldati potessero sperare nellindulgenza dei peccati, nel caso moris sero in guerra, Giovanni V ili rispose che ad essi era assicurata la vita eterna Ma queste deliberazioni papali, oltre ad avere importanza nei confronti dello stato, cio oltre ad essere un segno di al leanza con limperatore, hanno importanza anche dal punto di vista esclusivamente religioso, della cura delle anime, e in parti colare di quelle dei soldati. Questargomento per, merita una discussione a parte, pur essendo collegato al problema considerato dal punto di vista dello stato.
nales, ed. 1890, a. 1053, n. 15). Il secondo durante tutto il suo pontificato

fu occupatissimo a riconquistare i territori usurpati, tanto che i contempo ranei dicono che fosse costretto a nominare un sostituto per gli impegni ecclesiastici (Catalogo dei papi di Ekehard, ed. M u r a t o r i , , 2 parte, col. 340-42) citati da P i s s a r d (op. c it, pp. 10-11). 1 Bp., 1, M. G. Ep,, y , 585, sett. 852. ^ Ep., VII, p. 588, marzo-aprile 853. ^ Ep,y XXVIII, p. 601, a. 853 ; Exercitui Francorum, par. 3 : (O)mnium vestrum nosse volumus karitatem, quoniam quisquis (quod non optantes dicimus) in hoc belli certamine fideliter mortuus fuerit, regna illi celestia minime negabuntur. Novit enim omnipotens, si quislibet vestrum morietur, quod pro veritate fidei et salvatione anime ac defensione patrie Christia norum mortuus est, ideo ab eo pretitulatum premium consequetur . ^ Ep. CLXXXVI, a. 879, P. L., CXXVI, 816 ; A d episcopos in regno Ludovici constitutos. Questa lettera c poi passata nel Decretum Gratiani, Parte II, causa X X III, q. VIII, c. 9 ; P. L, CLXXXVfl, coi. 1248-49. Anche questo papa si rivolse spesso allimperatore per averne aiuto contro i Saraceni e i pirati : Ep., LV, P. L, 126, 708-709, a. 876, n. LVIII, col. 711713, a. 877 ; n. LX, col. 714-15, a. 877 ; n. LXII, coL 716-17, a. 877 ; n. LXX III, col. 726-27, a. 877 (di ringraziamento) ; n. LX X IX , col. 730-31, a. 877 ; n. CCIV, col. 825, a. 879 ; n. CCXV, col. 831, a. 879 ; n. CCXXVII, col. 839, a. 879; n. C C X m iI , col. 811-12, a. 880; n. CCCI, coL 914-15,

LA 6UEERA NEI SECOLI V ili E IX

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2 . LA LITUEGIA DELLv n i E IX SECOLO.

Anche in questo periodo, forse ancor pi che in quello pre cedente, i documenti pi importanti sono costituiti dai testi liturgici. Purtroppo non ci sono stati conservati gli ordini di incoronazione dei primi re e dei primi imperatori, ma la liturgia franca ha gi un carattere che la distingue da quella romana, non fossaltro che per la mancanza di quel carattere, che ab biamo definito politico, il che dimostra come la Chiesa (di cui la liturgia la voce ufficiale pi popolare) fosse nettamente staccata dallo stato. Quando poi ci saranno pi stretti legami tra luna e laltra forza, lo stato prender il sopravvento sulla Chiesa e cercher di piegarne certi usi alla sua utilit. Che a partire da Pipino i re franchi si siano di proposito occupati largamente della liturgia, imprimendole un carattere nazionale e politico, come vuole il Baumstark non forse abbastanza provato, cos come non si pu essere troppo sicuri che Carlo Magno abbia proseguito in questo senso lopera del padre con il preciso scopo di impedire che Roma si orientaliz zasse e potesse un giorno essergli nemica, dato che gi il mona cheSimo di tipo orientale stava diventando nella citt una forza enorme, mentre si moltiplicavano le chiese dedicate ai santi dellOriente. Con questa sua azione Carlo Magno avrebbe posto un freno allassorbimento di Eoma da parte di Bisanzio e nello stesso tempo, poich non teneva molto allidea dellUrbe come centro dellimpero, avrebbe cercato di accentuarne sempre pi il ca rattere franco. Certo, se una tesi cos radicale non trova tutti consenzienti, ci sono elementi nella liturgia che sono in suo favore, e ne fa

a. 880 ; n. CCCXX, col. 929-30, a. 881 ; n. CCCLXV, col. 957, a. 882. Il 2)ecretum G ratim i, riporta anche una lettera perduta in cui detto : Qui

crimina, cuum potest emendare non corrigit, ipse committit* (sempre a proposito dei pirati). 1 Vom gesehicMliehen Werden der Liturgie, Friburgo 1923, pp. 61-63.

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LA GUERRA i\E L PENSIERO CRISTIANO

fede il cos detto Sacramentario Gelasiano gallicanizzato ^ e le redazioni non italiane degli antichi sacramentari romani dove al nomen Eomanum e ai principes Eomani si sostituiscono il nomen e i principes Francoram . Una volta avvenuta questa sostituzione, voluta e con si gnificato ben preciso, anche nelle preghiere che riguardano la guerra e lesercito, queste ultime si moltiplicano notevolmente, non solo, ma col procedere del tempo diventano molto pi espli cite e particolari, il che elimina tutti i dubbi che i testi della liturgia romana lasciavano Ci sono le prime Benedictiones tempore belli ^ e le prime messe complete per la stessa occasione. Di queste ultime, la pi antica forse quella del sacramentario di Gellone che non pi una generica messa per il tempo di guerra, ma una Missa in profectionem hostium pontibus in prohelium e presenta tutti i caratteri della liturgia francese
^ Questo sacramentario (Vat. Reg. 316), rappresenta la fusione della liturgia locale con quella di tipo romano. Le concessioni alia tradizione gallicana sono evidenti appunto nelle preghiere politiche (K. H e l d m a n n , Das Kaisertum K arls des Gr., Weimar 1928, p. 44 e T e l l e n b a c h , oy. cit., p. 18). ^ Sacram, di Bheinau (fine V ili sec.) : Exultet : una cum patre nostro beatissimo viro ilio necnon et clementissimo rege nostro ilio coniugieque eius ac nliis cunctoque exercitu Francorum... in his Paschalibus conservare dignetur , in A. F r a n z , Die Hrchlichen Benedictionen in M. I (1909), p. 639, n. 3 (Parigi, Bibl. Nat., ms. lat. 13159). Laudes : omnibus iudicibus vel cuncto exercitui francorum vita et victoria in A. P r o s t , Caractre
et signification de quatre pices liturgiques, Mm. de la Soc, N a t des anti quaires de France, X X XV II, 1876. Cfr. anche di questo periodo (IX sec.) il Sacr, Gregorianum nach einem aachener Urexemplar, ed. L i e t z m a n n , Mnster 1921, Feria I I ad vincula, 113, 3, p. 72 ; Feria I I I ad sanctam Mariam maiorem, 41, 4, p. 28 e In tempore belli, n. 217, p. 128. Una benedictio in tempore belli, pubblicata secondo il sacramentario di Su Thierry neVOpera Gregorii Magni, ed. M a u r . (1744), 3, 644, poi in P. L., LXXVIII, 624, che si trova anche nel sacram, di Gellone (VIII secolo, Ms. parig. lat. 12048, f. 166) e nel benedizionale di Frisinga del IX secolo, forse la pi antica (cfr. E r d m a n n , Ber Heidenkrieg in der Liturgie u. Kaiserkrnung Ottos I ; M . J.G ., 1932, pp. 326-27). Il W i l e m a r t , Bevue bndectine, XLII, 222 pensa che sia del 770-80. In sostanza deriva da due

messe del Gelasiano (ed. W i l s o n , pp. 276 e 273) ma sono sostituiti i nomi che riguardano Timpero romano, ecc.). ^ Pubblicata d a T e l l e n b a c h , op. cit.. Appendice, p . 68.

LA GUERRA NEI SECOLI V ili E IX

I?5

di cui si parlato. Naturalmente si chiede la protezione per lesercito che va contro i nemici, e sono frequenti le espressioni e le formule tradizionali ^ ma ci sono anche elementi nuovi, di cui il pi interessante mi sembra consista nei continui riferi menti ad esempi deUAntico Testamento. Questa una caratte ristica particolare del periodo carolingio (e non limitata solo aUa liturgia) forse proprio per quel carattere pi battagliero e nazionalistico che la tradizione veterotestamentaria ha nei confronti della predicazione evangelica*. Inoltre, proprio per questo riallacciarsi aUa Bibbia, lintervento di Dio o degli an geli in favore dellesercito combattente, mi sembra abbia un rilievo particolare ; infatti, lidea che il merito di ogni vittoria vada attribuito a Dio, non nuovo, ma qui, come nellAntico Testamento, lintervento divino ha il sapore di una partecipa zione diretta e quasi di una presenza visibile. Prfbe, Domine, exercitui tuo eonti in tenebris claritatem, proflci(sc)endi augeas uolimtatem, et sicut IsraheU properanti ex Egypto securitatis pr^buisti munimen, ita tuo pr^distinato eunti in pr^lio populo lucis auctore adicias angelum, u t diem atque noctem qui (o, quasi) nubis ignisque claritatis tue, column non deserat (cfr. Uxod. 13, 21 sg.). Sit is iteranti sice labore protectus (o profectus), ubique prouidus eventus medi tatus sine fortitudine (o, sine formidine), conuersatio sine fa stidio, sine terrore copia, proeliandi uoluntas (o, uoluptas, il P sopra la riga), ut eum tum duce angelum (, tuo duce an gelo) uictur exteterit, non suis tribuat uiribus, sed uictori domino gratias referat de triumpho qui fuit beUiger Melibus in conflictu. Questo riallacciarsi alla tradizione biblica, sarebbe, secondo Heldmann, una delle pi significative espressioni di come i
^ P. es. : Post communionem, n. 3 e A d populum, n. 4, p. 70 : Hostium nostrorum, quesumus domine^ elide superbiam.., e ... Istius regni inimicos quesumus tue compreme maiestatis, entrambe dal Gelas. 728. ^ Cfr. la lettera 93 di Alcuino (gi cit.) nella quale si ricorda la preghiera di Mosper ottenere la vittoria, mentre, sempre da Alcuino (Ep., 121, c it.\ Carlo Magno viene paragonato a Davide come campione della cristianit. * Op. c it, p. 45 sg. Cfr. E. K a n t o b o w i c z , Laudes Begiae, 2 ed., Ber keley e Los Angeles 1958, p. 56 sg.

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carolingi e Carlo Magno in particolare consideravano limpero ; non cio un riallacciamento puro e semplice allantico impero romano, cosa alla quale Carlo Magno non credeva troppo seria mente, ma piuttosto ad un impero come espressione secolare della Chiesa, quale aveva appreso dalle fonti bibliche e patristiche, come un solo potere con due aspetti. Cos ha senso che Dio in tervenga a combattere con il suo esercito contro gli di pagani. I testi daltra parte sembrerebbero confermare questa tesi : Terrore omnium (o terrarum omnium) conditorem Deum, in cuius manu regum corda consistunt, cuius potentiam Guliam spurium David fortis manu prostrauit lapidis hictu suo et adversariorum ceteras (o, cateruas) te protegente fecit memento subcumbere, tu clementi^, licet indigni, lamentabili preconiam humiliter exoramus, ut qui tunc adfuisti Israheli, ne peririt uictus, uictor in certamine adsis nunc te tuis inuocationibus (o, tuis te inuocantibus) fideUbus, belliger, in uirtute, robor in brachii fortitudine, securitas in prohelium, aduersariorum ho stium a moda (o, amota) fortitudine Tutto questo, confrontato con la liturgia dei secoli precedenti, assume una intensit diversa, anche se i motivi non sono nuovi. E ancora : Te lecit anxiat, tota suplix gemensque postolat, omnipotens, cum regibus et principibus patria^, gentium in fidelium barbarorum debellatione contritate, summe rerum om nium conditor (h)ac patrie, gobernatorum, presentibus humili tatis nostre sacrificiis postulamur humilis, ne longius defferas gemitus nostris tue pietatis auxilium, quod possimus, utqui Gedeon cum trecentis adfuisti, trinitas uictrix, hostium in con flictu adsis gentibus nostris praeliantibus uictoria cum adver sariis in affectum, nec gens perfida exultet de uictoria qui se sine te suis uiribus extollit inanem gloriam Se anche sono sempre gli stessi i temi che ricorrono, come quello dellaiuto al popolo, ai principi, la forma completamente nuova e ha unimmediatezza che fa pensare ad una stesura del testo completamente libera da schemi tradizionali. Non bastano

> H e ld m a n n ,

op. eit;

p . 68.

2 P. 69.

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quindi pi le antiche preghiere che si potevano riprendere per loccasione ; qui il popolo, la patria, la gente per cui si prega, ha qualcosa di meno vago ; quella dei Franchi, come si speci fica poco dopo : ... dum fidelissime Christiane fidei Francorum gentem protegis. Mi sembra addirittura che in questo latino, certamente meno pulito di quello della liturgia romana, ci sia qualcosa di pi fresco, di pi sincero, forse perch quelle preghiere erano costituite solo di formule tradizionali che erano sopravvis sute per almeno tre secoli, mentre queste sono scritte o recitate per unoccasione particolare e hanno unampiezza che non per mette loro di passare invariate, come formule in altre messe e per altre occasioni, anche se si tratta sempre di occasioni di guerre. Cosi il carattere dellimpero carolingio si riflette nella li turgia ; le guerre erano guerre di missione, perch rivolte con tro i popoli confinanti che erano pagani, e lo spirito religioso che anim la campagna contro gli Avari, di Carlo Magno, pot forse suggerire la compilazione della Missa pr rege contra pa ganos che si trova nel sacramentario di Angoulme ^ e che sa rebbe la prima messa specifica contro i pagani. Il fatto di una messa contro i pagani nel IX secolo ancor raro, mentre sar molto pi frequente nei secoli X e XI. Sono invece frequenti le Utanie e le preghiere isolate per limperatore e il suo esercito Il numero di questi testi pressoch infinito
* Probabilmente fu scritto al tempo di Carlo Magno e la messa in questione rifletterebbe il momento della guerra avarica : E. P f e i l , Die frnkische u. die deut. Bomidee des inien M. A ., Mnchen 1929 ; e K. EkdMANN, neidenhrieg, M ..I.G., 1932, p. 132 ; M. B a n g , Der Kristusglaube Gttingen 1953, p. 34. Dal 8acram. di Corvey (827-40), Litania : < i Exaudi Christo, Hludo, vico imperatori vita. Exaudi Deus. Proli regali vita. Exaudi Christi. Exer citui Francorum vita (P. L e h m a n n , Oorveyer Studien, in Abh. d. Bayer. Alcphil.-hist. Klasse, X X X , 1919, 70). Da un pontiflcale di BaeUea (met del IX secolo). Litania : ... ut exercitui Francorum pacem et victoriam dones (. J. M e t z g e b , Zwei karolingieehe Poiitifiealien vom Oberrhein, in Freiburger theol. Stwdien, XVII, 1914, 70). Aggiunta posteriore al cod. Ottob. 313, Sacramentario di Parigi (met del IX secolo), Letania romana : Ut domnum imperatorem et exercitum Francorum conservare digneris (H. A. W i l s o n , The gregor. Saeramentary, XXXIV). La stessa compare in un sacramentario
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e non certo facile farne uno spoglio anche perch molti di que sti, contenuti in manoscritti non ancor letti, non sono mai stati pubblicati. Daltra parte non penso che potrebbero aggiungere molto di nuovo a quanto gi si potuto vedere attraverso il materiale reso pi accessbile dalle pubblicazioni. Conviene per considerare ancora un genere di documenti liturgici che si tro vano per la prima volta nel IX secolo : gli ordini di incoronazione. Questi primi testi non sono molto sicuri e se ne hanno ver sioni leggermente diverse, anche perch non sono attribuite con precisione ad un dato imperatore. Il primo probabilmente quello riportato da un pontificale scritto nel XIII-XIV se colo, ma originario del IX secolo ^ e che si compone di diverse parti. Sotto il titolo : Benedictio ad ordinandum imperatorem secundum occidentales^ c un passo interessante : ... Tribue ei, omnipotens deus, ut iste fortissimus protector patriae, et con solator, ecclesiarum ac cenobiorum sanctorum, maxima pietate regalis munificentiae, atque ut sit fortissimus regum, triumphator hostium ad opprimendos rebelles et paganas na tiones... II fatto che qui non ci si trovi di fronte ad una litania o ad una preghiera isolata, che potrebbero anche avere una origine non ufficiale, ma solo popolare, consacrata poi dalla tradizione e favorita da un determinato ambiente, rende questo testo ancor pi importante. Lordine di incoronazione consiste di solito in un complesso di formule con cui si accompagna la consegna al futuro imperatore dei simboli del potere ; queste

( 8 8 0 circa, D e l i s l e , Mmoires sur d'anciens sacramentaires, in Mmoires de Vacadeniie des Inscr, et B. lettres, Parigi 1 8 8 6 , 1 4 3 e 3 6 6 ). Dal sacr. di Corvey, Litania ( 8 8 7 -9 0 ) : Omnibus iudicibus v e l cuncto esercitui Francorum vita et victoria ( L e h m a n n , op. cit., p. 7 1). 1 Cod. Vat. Lat., 7114, fol. 94, pubblicato da E . E i c h m a n n , Kirche u. Staat (von 750-1122, voi. I), Quellensammlung zur hirchlichen Bechtsgesch. zum Kirchenreeht, P a d e r b o r n 1 9 1 2 . Cfr. Die Krnungsordnung des Cod. Gruundensis, M.G.LL., II, 78 e il Ghronicon Altinate, Archivio storico ita liano, A p p . V , 1 25. ^ P . 58. L o s t e s s o t e s t o in u n p o n t i f i c a l e in u s o n e l l a c h ie s a m i l a n e s e s o t t o i l t i t o l o : Benedictio ad ordinandum regem. Consecratio {Pontif, in usum ecclesiae Mediai., ex codicibus sec, I X - X V , e d . M a g i s t r e t t i , M i l a n o 1 8 9 7 , p . 6 2).

di Senlis

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formule, che poi in parte vengono ripetute e diventano tradi zionali nelle incoronazioni, esprimono anche quali sono gli at tributi imperiali e pongono tra di essi la difesa della patria e della Chiesa e la lotta contro gli infedeli. Anche in questo testo essi non mancano e mi pare che neUaugurare allimperatore di essere trionfatore dei nemici nellopprimere i ribelli e i popoli pagani , ci sia proprio una giustificazione della guerra in quanto diretta contro particolari nemici, quasi non fosse concepibile una guerra se non sotto questo punto di vista. Del resto questo confermato, ancor pi esplicitamente, in unaltra parte della stessa incoronazione, nella gladii traditio con la quale un vescovo, per autorizzazione della Chiesa, consegna la spada al nuovo imperatore perch adempia al suo compito che quello della difesa della Chiesa dai nemici, e non solo dai pagani, ma anche dai falsi cristiani, come se ancora il diritto di guerra contro gU infedeli e quello della lotta contro gli eretici si identificassero : Accipe gladium per manus apostolorum (, episcoporum) licet indignas, vice tamen et auctoritate sancto rum apostolorum consecratas, tibi regaUter impositum, nostraeque benedictionis officio in defensionem sanctae ecclesiae divi nitus ordinatum, et esto memor de quo psalmista prophetavit dicens : Accingere gladio tuo super femur tuum potentissime, ut in hoc per eundem vim equitatis exerceas (molem iniquitatis destruas, et sanctam Dei ecclesiam eiusque fideles propugnes ac protegas; nec minus sub fide falsos quam Christianis nominis hostes execres ac destruas...) Ancora una volta si pu notare

P. 59. Gli stessi testi, ma da altri manoscritti, sono riportati anche da G r. W a i t z , Die Formeln der deut. Knigs u. d. rtn. Kaiser-Krming
vom X bis zum X I I Jh., Ahh. der knigUch. Gesell. der Wissen. zu GUingen, iphil.-hist. KloBse, XVIII, 1873, pp. 64-67 la benedictio , a p. 73 la tra

ditio ensis secondo i mss. di Aachen-Berlino e Ivrea, B 2. 3. Questultima pi completa e termina assegnando allimperatore il compito di difendere anche i deboli e gli oppressi. A p. 82 lo stesso testo dalla formula di incoro nazione reale del ms. di Colonia, n. 141 ; a p. 81, nel testo per la consegna dellanello detto : ... per hunc scias triumphali potentia hostes repellere hereses destruere, subditos coadunare et conecti perseverabilitati fidei ca tholicae .

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il riferimento allAntico Testamento, in una frase che si trover ancora negli ordini dincoronazione del secolo seguente. Dello stesso genere il testo che riguarda Carlo il Calvo, dove si possono leggere espressioni come questa : ... Nos unani miter vos protectorem, dominum ac defensorem omnium no strorum eligimus. o anche ; Sicut domnus Johannes apostolicus et universalis papa primo Eomae elegit atque sacra unctione constituit omnesque Italici regni episcopi, abbates, comites et reliqui omnes, qui cum illis convenerunt, domnum nostrum gloriosum imperatorem Karolum Augustum, unanimi devotione elegerunt sibi protectorem ac defensorem esse... ) > In tutte le incoronazioni, naturalmente si insiste sul concetto della pace e della sicurezza che il re o limperatore devono ga rantire alle formule di incoronazione poi si aggiungono anche le (( petitiones episcoporum ad regem e la responsio regis nelle quali rispettivamente si chiede e si garantisce la difesa della Chiesa e del patrimonio ecclesiastico ; un altro esempio di tipico ordine di incoronazione quello del cos detto Ordo B h Ad gladium tradendum : Accipe hunc gladium cum Dei be nedictionem tibi collatum ad vindictam malefactorum, lau dem vero bonorum (frase ricorrente, cfr. I Petr. 2, 14) in quo per virtute Spiritus Sancti resistere et eicere valeas omnes tuos inimicos et cuncos sanctae Dei ecclesiae adversarios, regnumque tibi commissum tutari atque protegere castra Dei. Per auxi lium invictissimi triumphatori Domini nostri J. Christi, qui cum Patre in unitate eiusdem Spiritus Sancti vivit et regnat
^ E ic h m a n n ,

pp. 60-67 ; dagli atti del sinodo di Pontiion (870) ;

M, G, Gap., II, 348.

Cosi nella seconda incoronazione di Ludovico II, fatta da Gio vanni V ili a Troyes il 7 sett. 878 (Cod. Reims. Bibl. 214 del X-X I secolo) : ... tu presentem regein hunc cum exercitu suo per intercessionem sancto rum omnium uberi benedictione locupleta, et in solium regni firma stabi litate conecte , in P. E . S c h r a m m , Krnung.y p. 192, n. 5. Cfr. : Die Westfrnkischen Krnungsordymngen, dell 868 e dell877 in 31.G. Cap., , 456, 461. ^ A , 877-78, Cod. Paris. Bibl. Nat., coll. Baluze, 379, ff. 86-86\ S c h r a m m , D ie Krnung hei Westfranken und Anglsachsen von 878 bis zum 1000, in Zeitschr. Sav. St. Bechi. Kanon. Abteilung, X X III, 1934, p. 204, n. 8.

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in secula suculorum (altra formula ricorrente) Benedictio : Omnipotens Deus victoriarum atque triumphatorem de vi sibilibus et invisibilibus hostibus semper efficiat ^ Oratio super regem : Deus omnipotens, per quem reges regnant, et in cuius manu omnia iura regnorum consistunt (formula ri corrente, cfr. Sacram. Gelas., W il so n p. 78, n. 28) regnum tuum ad Ubertatem populi christiani magis ac magis corroboret, tuique potentatus plautis infidelium nationum cervices infle ctat Qualunque sia 1origine di questi primi ordini di incorona zione dellepoca carolingia, una cosa certa : questi testi espri mono chiaramente quali compiti la Chiesa assegnasse allimpe ratore. In alcuni casi, veramente, si parla anche di re e la cosa ha suscitato molte polemiche : era lobbligo di combattere i pagani una prerogativa del solo imperatore o anche degli altri principi cristiani? In origine la difesa della Chiesa, di cui poi la guerra contro i pagani laspetto pi importante, era legata al titolo di patrizio dei Romani, che a sua volta non necessa riamente indissolubile da quello di imperatore. Tutti 1 principi cristiani hanno il compito di questa difesa, sia nelle questioni interne che in quelle esterne, e portano il titolo di defensores ecclesiae , titolo che dal X secolo in poi si muta in quello di advocati ecclesiae , secondo listituzione delVadvocatia nel diritto ecclesiastico *. Nella questione che ci interessa, quindi, la differenza tra regno e impero solo di grado e non implica una differenza radicale tra i diritti e i doveri delluna e dellaltra istituzione. Resterebbe invece da stabilire quale sia la portata di questa difesa. In altre parole, se limperatore ha il dovere di combattere allinterno contro i nemici della religione (eretici, scismatici). Secondo il concetto agostiniano, anche i popoli pagani devono essere combattuti, in un modo per cui non si pu parlare di
1 P. 205, n. 15. = P. 206, n. 18. * E k d m a n n , M..T.Q., 1932, p. 136 (cit.) ; K i r s c h , M ..I.G., 1930 ( c i t .) , p. 14 ; T e l l e n b a c i i (op. cit.), p. 40. * M o m m s e n , Bni. Staatsreeht, II, 1887, pp. 1167 sg.

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aggressione ma tu ttal pi di difesa preventiva. Questo per nei secoli VIII-X non pi cosi semplice : almeno praticamente, se non teoricamente, c differenza tra diritto nazionale e inter nazionale e di conseguenza legittimo chiedersi se queste guerre contro i pagani debbano essere solo difensive o anche offensive perch limpegno di diffondere la fede tale non solo da giusti ficare ma addirittura da autorizzare unaggressione. Una cosa di questo genere presupporrebbe un pensiero com piuto che, per lo meno in questo periodo, la Chiesa non ha ; ma dellesame di certi documenti pi strettamente religiosi sar bene discutere a parte. Si possono invece prendere in considera zione qui le lettere papali con le quali si sollecita laiuto degU imperatori, in queste la guerra sembrerebbe avere uno scopo esclusivamente difensivo, e non sembrerebbe che i papi abbiano escluso la possibilit di una convivenza pacifica, basata sul re ciproco rispetto, anche tra nazioni di diversa religione (cosi in molte lettere che riguardano i Longobardi). Ma gli altri testi sono meno rassicuranti su questo punto. Non basta certo accu sare il nemico di nimia malitia contra sanctam ecclesiam vel populum christianum o di essere perfida ac foedifraga gens per giustificare unazione di forza nei suoi confronti. Inoltre ci sono documenti come quello di Agobardo, che inter preta le preghiere della Chiesa per limperatore come un impe gno a mandare lesercito adversus exteras gentes, et ipse im perator adversus barbaras nationes dimicare, ut eas fidei subiugaret ad dilatandum termini regni fidelium . Ma ammettendo che Agobardo rappresenti il punto estremo a cui si sia giunti in questo periodo, gli altri documenti sembre rebbero voler giustificare le varie guerre come difensive, e sa rebbe ozioso voler indagare sulla verit di certe affermazioni : tutte le guerre viste in una particolare prospettiva sono giuste e difensive, a meno che non ci siano dei principi come quelli della crociata che ne spostano la valutazione morale su di un piano
^ Annles regni Fr., 1, a. 291, e d . K u r t z e (c it.) , p 88. ^ Annales Einhardi, a. 7 7 5 , e d . K u r t z e ( c it.) , p . 4 1. ^ Agobardi Libri duo pr filiis et cantra thidith Uirorem Hludovict pii, L I, (. 3, e d . AV a i t z (cit.), |> 275.

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del tutto diverso (sebbene non manchi chi affermi che anche le crociate furono guerre difensive). Queste per, offensive o difensive che siano, sono guerre di missione e come tali vengono accettate daUa Chiesa, che ne applaude i successi e le sollecita in sua difesa ; ma qual il limite della partecipazione diretta della Chiesa stessa? Anche questo interrogativo esige unindagine a parte. 3.
I CONCILI E
l a t t iv it

PASTORALE TRA I SOLDATI.

Cos come si visto i papi avevano sanzionato praticamente la validit del ricorso al braccio secolare per difendersi dai ne mici e per costringerli aUobbedienza alla Chiesa. Questo ge nere di guerra molto vicino alla diretta guerra di missione e potrebbe anche venir confuso con questa, sebbene dal punto di vista teologico e canonico la differenza sia di non poco conto. In che consista la diretta guerra di missione, la guerra cio promossa dallautorit religiosa con il preciso scopo di andare a convertire popoU stranieri, non facile dire in poche parole ; una cosa per certa, e cio che essa abbisogna di una teoria compiuta di guerra morale, per la quale non ci sia assolutamente nessun dubbio sulla sua liceit ; ma per giungere a questo alla Chiesa mancava ancor molto perch, in fondo, nonostante i patti stipulati con re e imperatori, conservava sempre una certa ripugnanza per qualsiasi uccisione, anche se autorizzata e ne cessaria. La dimostrazione migliore data dallesclusione dei religiosi dallesercito, perch il famoso principio origeniano ri torna tutte le volte che si viene a discutere la partecipazione attiva del clero alle operazioni militari. Dal IV secolo in poi, spesso e insistentemente i concili vietano ai religiosi di prendere le armi, minacciandoli di scomunica o di altre pene e inter^ Secondo M. H o f m a n n , Zur MUitrjreiheit der kath. Geistlichen auch heutUch hegrundet u, zeitgemass f, in Zeitseh. /. kath. Theol.y XL, 3, 1916, p. 441 sg., il diritto di immunit gi decretato al tempo di Costantino avrebbe le sue origini in Paolo (I Tim., 3, 3 ; I I Tim., 2, 3-4 ; Tito, I, 7). Tra gii autori che pi tardi sostennero questo princiy)io baster ricordare

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dicono laccesso alla camera ecclesiastica a chi abbia fatto il soldato. E non si tratta solo di una distinzione tra le attivit secolari e quelle religiose ; il mestiere delle armi non si addice al monaco o al prete perch non lascia le mani pure dal sangue. poi notevole che queste prescrizioni conciliari, che fanno parte generalmente di una serie di norme disciplinari, siano accompa gnate dalla proibizione per i religiosi di commettere altre azioni che, essendo peccaminose anche per i laici, lo sono a maggior ragione per chi do\"rebbe dare il buon esempio anche a tutti gli altri uomini. Ma la guerra non mai vietata a chi non veste labito reli gioso, e, se desta ancora delle preoccupazioni, queste, come vedremo, non sono strettamente connesse al fatto della guerra ma piuttosto alla vita militare. Questo problema della partecipazione dei religiosi alle cam pagne militari, sembrer forse aver poco a che fare con quello della guerra in genere, ma a me sembra che denoti una fondamentale avversione che praticamente non si pu manifestare per moti\ forse inspiegabili, o che per lo meno non sono mai stati messi in luce. Le decisioni dei concili rappresentano la voce ufficiale della Chiesa, ma praticamente le cose dovevano andare ben diversamente, perch nonostante le ripetute ammonizioni di scrittori ed autorit ecclesiastiche, molti religiosi si trova vano nelle file deUesercito e non come semplici accompagnatori.

( to v .

Crisostomo ( i i o m . , XVIII, P, L.y LVII, 268, n . 38-40), S. Gerolamo {Ep., LX, 8-9, P. L X XII-X XX ), Paolino di Nola (Ep,, XVIII, 7, CSEL, V. 29, p. 133, Ep., XXV, ivi, p. 223), Leone Magno (Ep., CLXVII, P. L,

LIV, q. XII. col. 1206-207 e q. XIV, col. 1207-208). Il primo concilio che formul tale principio fu il Conc. Illirico ( H e f e l e , Konziliengeschichte I, 741), altri poi ne seguirono, e tra questi il C. Romano, c. 3 (a. 386, H e f e l e , 2, 45), C. Tolentino, c. 8 (a. 400, H e f e l e , 2, 79), C. Romano, c. 4 (a. 402, H e f e l e , 2, 88), IV C. ecumenico di Calcedonia, c. 7 (a. 451, H e f e l e , 2, 511), C. di Tours, c. 5 (nov, 461, H e f e l e , 2, 588), C. di Dovin, c. 13 (a. 527, H e f e l e , 2, 718), C. di Orlans, c. 11 (a. 511, H e f e l e , 2, 663), C. di Epaona, c. 23 (a. 517, H e f e l e , 2, 684), C. di Orlans, c. 25 (a. 538, H e f e l e , 2, 777), Sin. di Grado, c. 5 (a. 579, H e f e l e , 3, 36), C. Matisconense, c. 5 (1. nov. 583, MG.LL. sect, III, Conc., I, 155-56), C. Burdegalense, c. 1 (a. 663-75, MG, Cove., 1 \ 215), C. Latunense, c. 2 (a. 673-75, MG. Cono., l \ 217).

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La stessa frequenza con la quale i concili ribadiscono questo punto, fa sospettare che le leggi non fossero pienamente rispet tate. A conferma di questo ci sono poi alcuni documenti come quelli del concilio di Chlon del 579 durante il quale due ve scovi franchi furono deposti per aver partecipato alla guerra Anche nei secoli V ili e IX la situazione doveva essere pres sappoco la stessa. In fondo la cosa spiegabile anche sotto un altro punto di vista : tutte le leggi stabilite dalla Chiesa per i religiosi, tendono a fare del clero laristocrazia della societ, e in realt ci riuscirono, ma questa posizione di preminenza portava anche a pericoh che forse non erano stati previsti. Cos nella questione che ci interessa, la situazione in cui si trovavano per esempio i vescovi, faceva s che, in quanto vassalli alle dirette dipendenze del re o dellimperatore, essi dovessero mettersi alla testa delle loro truppe durante le guerre. Il fatto documentato anche da una deUe pi grandi personaht del mondo germanico dellepoca, san Bonifazio. Infatti quando Gregorio III mor e gU successe il papa Zaccaria, nel dicembre del 741, egli gli scrisse, lamentando tra laltro che ... inveniun tur quidam inter eos episcopi... qui pugnant in exercitu armati et effundebant sanguinem sive paganorum, sive Christianorum *. Che Bonifazio parli solo di vescovi non fa meravigUa per quel che s detto, ma unaltra espressione di questa lettera merita di essere osservata, e cio che il vescovo germanico li accusi di versare il sangue sive paganorum, sive Christianorum , quasi volesse dire che se il primo caso pu anche essere ammissibile, il secondo non lo assolutamente. Ma poco dopo il papa rispose chiarendo punto per punto le questioni prospettategli e stabilendo che non solo i vescovi, ma anche i presbiteri e i diaconi che si comportino senza tener conto dei canoni (conciliari) e dei principi espressi dai padri della Chiesa, si sanguinem christianorum sive paganorum efEunderunt , devono essere puniti, come per ogni altro reato.
1 A. M. KNiGER, Die Militarseelesorge der Karolingerzeit, Mincheii 1918, p. 9. ^ Die Briefe de$ Heil. BonifeUiun, e d . T a n g e l , B e r l i n o 1 9 1 6 , p . 8.S,
cit. da K dNiG ER, p. 9.

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... Sed et maiora committunt facinora, dum propriis manibus Christianos atque paganos homines necant, et fit, ut quorum in remissione peccatorum debuerunt lavacrum regenerationis impendere atque Christi sacramenta donare, ne in eternum perirent, eorundem sacrilegis manibus extinguantur. Quis enim sapiens habens cor eos estimet sacerdotes, qui neque a fornica tionibus abstineunt neque ab effusione sanguinum manus ser vant innoxias?... Isti namque... ne sacerdotes fungi ijatiantur, neque divina contingere ministeria commonemus Nessun prete quindi pu prendere le armi e per nessun mo tivo. A rendere ufficiale questa ennesima deliberazione papale, Bonifazio convoc nellaprile del 742, non si sa di preciso in quale citt, un concilio, conosciuto come il I Concilium Germa nicum, che, con il canone, ribadi la legge che sinodi e concili precedenti avevano gi stabilita Ma con questo concilio venne sancito anche un fatto nuovo : la partecipazione del clero alle spedizioni militari, non come forza combattente ma per aver cura delle anime dei soldati. Infatti il 2^ canone, dopo aver espressa la proibizione di cui s detto pro segue : Nisi tantummodo, qui propter divinum ministerium, missarum scilicet solemnia adimplenda et sanctorum patrocinia portanda, ad hoc electi sunt : id est unum vel duos episcopos cum cappellanis praesbiteris princeps secum habeat, et unusqui sque praefectus unum presbiterum, qui hominibus peccata confitentibus indicare et indicare poenitentiam possint . questa la prima volta che un concilio affronta tale pro blema legittimando la presenza di sacerdoti nellesercito, sia pur non permettendo loro di prender parte alle operazioni bel liche. Si trattava con questo di dare la possibilit ai soldati di avere una guida spirituale anche durante il servizio e nello stesso tempo di chiarire e giustificare la posizione di certi cos detti
^ Ep. 8. Bon. (cit.), pp 87-89 ; Koniger, p. 11. ^ Servis Dei omnia omnibus armaturam portare vel pugnare aut in exercitum et in hostem pergere omnino prohibuimus... Necnon et illas venationes et silvaticas vagationes cum canibus omnibus servis Dei inter diximus, similiter ut acceptores et Avalcones non habeant (M. G. Cone., IP, p. 3. Ne d notizia al papa nella lotter 50, p. 82).

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cappellani di corte (che prendevano nome dalla cappa di San Martino) che accompagnavano lesercito portando reliquie per difesa di s e dei soldati ^ e per procacciarsi la vittoria con laiuto divino Era una forma poco chiara, e soprattutto non autorizzata, di partecipazione, ma cerano poi altri preti che senza neppur essere cappellani andavano in guerra. La cosa in certi momenti aveva assunto proporzioni addirittura illecite, soprattutto sotto i Merovingi, perch i re non vedevano malvo lentieri la partenza di vescovi e sacerdoti per la guerra. Su questo punto, anzi, sembra quasi ci sia una lotta latente tra papa e re, prima, e tra papa e imperatori, poi. Baster por tare qualche esempio a dimostrarlo : dopo la morte di Carlo Martello, la Chiesa di Francia inizi un periodo di riforma ed il concilio generale franco del 747 ripet il decreto del concilio germanico e di quello di Soissons ; nove anni pi tardi, nono stante lopposizione di Pipino, lo stesso principio fu replicato nel conciUo di Verbene *. Quanto a Carlomagno, in un primo tempo sembr unifor marsi alle prescrizioni ecclesiastiche, tanto che nel suo I capi tolare, in omaggio e per esortazione della Chiesa di cui era de voto difensore, ripete con le stesse parole il principio stabilito dal concilio del 742 ; e pi tardi nelle Admonitiones generales del 789, giustifica ancora questo provvedimento dicendo che i sacerdoti devono confidare pi in Dio che nelle armi *. Ma in realt, nonostante questi documenti che sembrerebbero com provare una perfetta obbedienza del re aUe decisioni della Chiesa,
^ N o t k e r , Gesta Karoli Magni, 14 ; M.G.SS.y li, 732, 21.
W a l a f r i d u s S t r a b o , De exordiis et incrementis rerum ecclesiasticarumy c. 32, M,G. Gap,, II, 515, 30. Questa gi in uso nel VII secolo :

15. Conc. di Soissons, c. 3, M.G. Gap,, I, 29. C. generale francese, c. 6 : Interdiximus servis Dei ut arma utantur ; M,G, Cote,, IP, 47. ^ C. 16 : Ut arma clerici non portent . Anno 756 ; M.G. Gap,, I, 41. ^ M,G, Ga., P, 44-45, a. 769 (o poco dopo). Il primo ed il secondo principio si rifanno a quelli del capitolare di Carlomanno del 742. Et omnimodis dicendum est presbyteris et diaconibus, ut arma non portent, sed magis se confidant in defensione Dei quam in armis, 23 marzo 789, c. 70 ; M,G. Gaj)., l \ 59,
KNIGER, p .

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LA GUKREA NEL PENSIERO CRISTIANO

Carlomagno dovette permettere o addirittura favorire la parte cipazione del clero a lui soggetto alle spedizioni militari. Altri menti non si spiegherebbe perch verso il 789, il vescovo di Aquileia, Paolino si sia rivolto a lui insistendo perch lasciasse liberi da obblighi militari i ministri della Chiesa che gi contri buivano con le loro preghiere ad aiutare il re nelle sue imprese La stessa preghiera gli fu poi rivolta anche dal papa Adriano I Il solo che forse rispett completamente le norme della Chiesa fu Ludovico il Pio, che si attenne al canone 125 del con cilio di Aquisgrana, tanto che il suo biografo pot dire che durante il suo regno, vescovi e religiosi avevano deposto le armi In realt poi questa situazione poco chiara continu. Altri scrittori cristiani fecero sentire la loro voce, protestando contro il malcostume dei monaci guerrieri Carlo il Calvo si ebbe il biasimo di Mcol I, per aver voluto trascinare anche i vescovi nella guerra contro i Normanni , e si arriv al punto che alcuni di questi vescovi vassalli che partecipavano alle guerre, furono considerati eroi n bastarono a migliorare la situazione i concili che continuavano a ripetere la stessa proi bizione

^ Ep., 18, a. 7 7 6 - 8 0 2 1 8b , p . 5 2 6 . Ep,, 8 8 (9 1 ), Cod.


* A s tr o n o m .,

(forse del

789)

; M.G, Ep.y IV,

525.

V. anche Ep.,
816 ;

Car., 7 8 4 - 9 1 ; M.G, Ep., I li, 6 2 5 . Indecens est ut arma militaria more laicorum gestent , a. M.G. Corte., II, 405. Vita Hludovici, c. 2 8 ; M.G. SS., 11, 62 2 .

^ RABANO Mauro, Poenitentiale, c. XVI, P. L., CX, 484. Ep.y 1 0 4 , a. 8 6 1 , M.G. Ep., VI, 6 1 2 - 1 3 , risponde al vescovo Unifredo di Thronanne e afferma che i vescovi che hanno ucciso devono in ogni caso abdicare. Cfr. Ep., 38, p. 3 0 9 a Carlo e Ludovico che avevano trascurato di mandare i vescovi al sinodo di Roma tenendoli impegnati contro i pirati.
Ep. Synodi Siriacensis ad Hludov. regem Germaniae, 8 5 8 , c. 15 ; M.G. Gap., i l , 4 3 8 sg. Tra i pi importanti : C. Foroiuliense, c. 5 (a. 7 9 6 - 7 , M.G. Couc., U \ 191) ; C. Ripacense, c. 7 (a. 7 9 8 , M.G. Conc. 11^, 199) ; C. Moguntinense, c. 17 (a. 8 1 3 , M.G. Conc. 11^, 2 6 6 ) ; Sinodo di Meaux, c. 3 7 (a. 8 4 5 , M.G. Cap., II, 4 0 7 ) ; Sin. di Parigi (a. 8 4 6 , ivi) ; Sin. di Roma, c. 9

(a.

876, H e f e l e , 4, 514)

; Sin. di Magonza, c.

(a.

888, H e f e l e , 4, 545) ;

C,. Tribur, c. 1 0 (a. 8 9 5 , M.G. Cap., II, 2 4 8 ).

LA GUERRA NEI SECOLI V i l i E IX

180

Ma, come abbiamo detto, un fatto nuovo era stato stabilito con lautorizzazione ad un determinato numero di religiosi di seguire i soldati nelle loro campagne, fatto che corrisponde alla preoccupazione che in questo periodo, molto pi di prima, si fa sentire da parte della Chiesa, di occuparsi di im gran numero dei suoi fedeU che, una volta ammessa la possibilit di partecipare alla guerra, non potevano essere abbandonati. Ci non era dovuto solo allesigenza di non far mancare la possibilit di compiere certi doveri reUgiosi e determinati atti di culto a chi rimaneva lontano dai paesi o dalle citt a volte per lunghi anni, ma soprattutto dalla necessit di seguirli per quanto era possibile in una vita che aveva sempre sollevato molte obiezioni dal punto di vista morale. La preoccupazione che la vita militare non sia compatibile con la morale cristiana an tica quanto il cristianesimo ed una preoccupazione di carattere completamente diverso da quella che viet la professione delle armi ai religiosi, insufficiente anche a far escludere la legit timit della guerra. Nulla infatti impedisce di mantenere una condotta irreprensibile anche in un ambiente che potrebbe favorire limmoraUt ; la norma generale sempre quella evan gelica (Luca III, 14) che viene riproposta tutte le volte che si avanzano dubbi sulla vita militare, da s. Agostino a Massimo di Torino da Incmaro di Reims a Raterio di Verona . Compito della Chiesa di poter prestare ai soldati laiuto necessario a mantenersi sulla retta via. Per questo i suoi ministri si unirono alle truppe e le seguirono, per aver cura delle anime dei soldati.
^ Homilia CXIV, De quo scriptum est (M a t t h ., XXII) : reddite quae Dei sunt Deo et de militantibus, c. 1, P. JS., LVII, 517. ^ De coercendis militum rapinis, ad Carolum regem, a. 859. (Qui viene toccato anche largomento della guerra tra popoli cristiani, in particolare tra fratelli, ma non ci sono osservazioni interessanti), P. L., CXXV, 953-56. Praeloquium, Lih. I, tit. II : De militibus, una lunga serie di cita zioni bibliche per dimostrare che non si deve esercitare la professione delle armi per rapina o per usare violenza : Haec pauca itaque cum infinitis divinae legis testimoniis conferens, si exerce temporaliter militiam, ut aeter naliter viventem nequaquam perdes animam (P. L., CXXXVI, 149-50). notevole che tutti questi scrittori affermino che non solo la professione delle armi non ostacola chi vuol mantenere una buona condotta, ma la favorisce.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Nessun dubbio per che quel che pi proprio della profes sione delle armi, luccidere i nemici, non sia permesso. Se i fatti ricordati non fossero sufficienti a dimostrarlo, si pu ri chiamare il pensiero di Eabano Mauro, lo scrittore allievo di Alenino e poi vescovo di Magonza. Egli affronta esplicitamente largomento e, dopo aver accostato luccisione in guerra agli omicidi involontari, per i quali il concilio di Ancyra aveva sta bilit una penitenza, sia pur minima dichiara assolti i sol dati da ogni pena, sulla base della sempre valida dottrina ago stiniana secondo cui il problema si riduce a quello della guerra giusta mentre la responsabilit di essa ricade unicamente su chi lha dichiarata. Ma lautore non certo troppo transigente ; anche la coscienza dellindividuo viene chiamata in causa, e va giudicato anche lo spirito con cui egh commette lomicidio, anche se questo involontario : Quod autem quidam homici dium, quod nuper in seditione et proelium principum nostrorum perpetratum est, excusant, quasi non necesse pr hoc cuilibet agere poenitentiam, eo quod iussu principum peractum sit, et Dei iuditio ita finitum : scimus enim quod Dei iuditium semper iustum est, et nulla repraehensione dignum... Unde, oportet eos considerare, qui hanc necem nefariam defendere cupiunt : utrum illos, coram, oculis Dei quasi innoxios excusare possint, qui propter avaritiam, quae omnium malorum radix est, et idolorum servituti comparatur, atque propter favorem dominorum suorum temporalium, aeternum dominum contem pserunt, et mandata illius spernentes, non casu, sed industria

1 Cone. Ancyrianum, c. 2 3 , a. 3 1 4 ( I I e f b l e , I , 2 4 1 ) , la condanna dura 7 anni, ma non si parla espressamente di omicidi commessi in guerra. (Su questo canone : B a s i l i o M a g n o , Ep., CLXXXVIII, 13). Questo anche nel De universo, una specie di enciclopedia, dove sotto la voce BeUum detto : ... Quattuor autem sunt genera bellorum : id est iustum, iniustum, civile et plus quam civile. lustum bellum est, quod ex praedicto geritur de rebus repetitis, aut propulsandorum liostium causa. Iniustum bellum est, quod de furore, non de legitima ratione initur, de quo in Ee Publica Cicero dicit : Illa iniusta bella sunt, quae sunt sine causa suscepta nam extra ulciscendi aut propulsandorum liostium causa bel lum geri iustum nullum potest . Lib. XX , c. I, P. L., CXI, 531.

LA GUERRA N ili SECOLI V i l i E IX

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homicidium perfecerunt... Non tutti i principi infatti, sono giusti e bisogna giudicare con attenzione se si tratti di un ti ranno o di un sovrano legittimo : Sed inter haec sciendum, quod magna distantia est inter legitimum principem et sedi tiosum tirannum. Inter eum qui subvertere nititur Christianae pacis tranquillitatem, et iUum qui armis contra iniquitatem certat defendere aequitatem . In sostanza lautore non si allontana dai presupposti deUa dottrina agostiniana, ma forse c qualcosa di nuovo, cio la responsabilit dellindividuo anche nello scegliere il principe a cui obbedire. vero che Eabano Mauro distingue solo tra il principe legittimo e U tiranno, ma bisognerebbe sapere cosa intenda di preciso per tiranno, se cio sotto questo nome comprenda anche i principi non giusti. In questo caso verrebbe infirmato anche il principio agosti niano che il suddito-soldato deve obbedire anche ad unautorit ingiusta, senza temere che le azioni che gli sono imposte rica dano sulla sua coscienza. Ma forse troppo voler far dire a questo autore una cosa di tanta gravit. vero che non ne conosciamo forse tu tta lopera, ma un principio cos nuovo ed importante avrebbe lasciato tracce profonde anche negU altri scritti, pur numerosi, che ci sono giunti e non avrebbe certo man cato di suscitare interesse e polemiche. Dai tempi di s. Agostino, molte cose erano cambiate, ma questo principio rimaneva sem pre valido ; Incmaro di Eeims, nellopera De regis persona et regis ministerio lo conferma con un gruppo di citazioni agosti niane, e, alla fine del secolo IX, il Ludwigslied celebra le gesta di Ludovico contro i Normanni, che sono stati vinti con laiuto di Dio ; ai soldati per non riconosce nessun diretto impegno di guerra di fronte a Dio ; li definisce solo i fideles Bei = Godes
Holdon

Dei soldati, come s visto, la Chiesa si preoccupava perch non fossero abbandonati senza lassistenza religiosa. Di qui il
^ Ep.y 32 ; M.G. E y., V, 463-64, c. XV, De homicidiis non sponte commis sis (lo stesso testo anche nel Poenitentiale c. 4 P, L., CX, 471-72). ^ Il testo in W. B r a u n , AlihochdeuL Lesebuch, Halle 1921, 8^ ed., p. 150, n. 36. Lopera di Incmaro e in P. L., CXXIII, 840 sgg., c. 7-13. Cit. da E r d m a n n . KrexizzngsgedanTe, p. 21.

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. GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

fiorire di una letteratura fatta di lettere e di prediche espressamente indirizzate a chi partiva per la guerra, tra le prime e pi note, la lettera del diacono di Cartagine, Fulgenzio Ferrando ad un ufficiale dellesercito bizantino, Eegino che si era ri volto a lui per avere una guida morale e per chiarire i dubbi che, come soldato gli erano sorti. Questi dubbi, a quanto pare, non riguardano la guerra in s, ma piuttosto il fatto che questa, come ogni altra attivit sociale, distoglieva luomo dai suoi do veri verso Dio. Il motivo non era nuovo e la risposta neppure : lo scrittore riassumeva in sette punti le norme, secondo le quali un ufficiale pu soddisfare a tutti i suoi doveri e, pur riprendendo motivi che erano di s. Agostino non se ne crea un problema ; anzi, e proprio in questo mi sembra stia limportanza della let tera, essa non mette neppur in dubbio la possibilit per un Cri stiano di essere soldato, ma si diffonde in precetti di carattere etico che non sono strettamente legati al fatto della guerra Analoga alla lettera di Fulgenzio Ferrando, e sotto alcuni aspetti pi interessante, anche perch posteriore, unepistola consolatoria ad pergentes in bellum ^ in cui accanto a precetti di carattere generale ci sono alcuni spunti di un certo interesse, come : ... ambulatis, ut christianum nomen, Deo adiuvante, defendatis ^ e : ... ut non pr lucrum terrenum nec pro pompa saeculare cupiatis bellum gerere, sed pro defensione Christianis nominis et ecclesiarum Dei, et fidem (o, fides), quae (o, quam)
^ E'p. Pastorali', \ ' l l , A d Eeglnum comitenij P . L . , LXVII, 928-50. Per es. nella 7 od ultima regola : Memento te esse christianum , che sottintende il precelto evangelico di non dare occhio per occhio (Lev., X X II, 20), ma di amare i nemici (M a t t ., V, 44), diceche non bisogna con durre la guerra per desiderio di vendetta. Ritorna poi ancora il motivo ago stiniano delluccisione pietosa : sic ergo puniremus, dux christiane, ut misericorditer feriens, non hominem sed vitium perdere cupias ; et publi cam disciplinam ne pereat, reo pereunte, conservare festines (col. 948). Anche F u l g e n z i o F e r r ., come altri, contrario invece alla guerra dei religiosi (v. Brevitatio canonum^ n. 3, col. 949). ^ Forse del sec. VITI o IX, Godex Vai. la t reg, Ghristinae, 846, pubbli cato una prima volta da B e t h m a n n , in Neues Archiv, XII, pp. 308-9, poi da K. KjNSTLE, Zwei Dokumente zur altchristlichen ^lilitrseelesorge, in Der Kaihliky Mainz, 1900, pp. 91-122. ^ Cit. da KJNSTLE, p. 118, n. 1.

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19 3

accepistis, ipsa in vos integra permaneat Qui espressamente detto quale sia il dovere del cristiano durante la guerra e quale sia la funzione della guerra stessa : combattere in difesa della Chiesa : Quidquid agitis, pro Deo agite, et Deus pugnat pro vobis La lettera, che probabilmente di origine spagnola, se con frontata a quella di Fulgenzio Ferrando che pi antica e di retta ad un orientale, dimostra che, sia pure con qualche va riante, il pensiero della Chiesa pressappoco lo stesso e le preoc cupazioni di carattere religioso per i soldati non cambiano. Si potrebbe notare ancora una cosa : che c la tendenza ad inter pretare la vita militare non come un impedimento o uno stato pericoloso per la vita morale dei soldati, ma al contrario, come condizione vantaggiosa, in quanto scuola di disciplina, e in un secondo tempo anche in quanto mezzo per compiere opere me ritorie. Lo stesso carattere hanno le prediche rivolte ai soldati in varie occasioni. Kiinstle ne pubblica due, in appendice, che dovevano essere di preparazione alla confessione. La prima non presenta particolari notevoli, la seconda in gran parte uguale alla lettera vista precedentemente, e come quella tende allesal tazione dei soldati : Si enim vos in ipso itinere, quod modo ambulatis, certare pro Deo vultis, in hoc ut in lege Dei perma neatis et taUter agite, ut Christo delectet apud vos angelum suum dirigere, qui vos in fortitudine defendat, et kastra vestra auxilio pietatis suae protegat, et contra inimicos vestros ipse sit... adversari vestri, qui contra vos pugnant, non tantum con tra vos pugnant sed contra Deum, quia persecutore Christia norum et ecclesiarum et vexillum sanctae crucis dispiciunt . Sono insomma i soliti principi che, soprattutto nella seconda met del settecento e nella prima met dellottocento, si sono trovati nei testi pi diversi. Questi sembrano quasi affievolirsi quando certi sconvolgimenti interni dello stato li mettono in dubbio. In questi casi la Chiesa sembra ripiegare su posizioni quasi di
^ P. 1 1 9 , n . 2 ; l e c o r r e z io n i s o n o a p p o r t a t e s e c o n d o u n a l t r o t e s t o g r a n p a r t e u g u a l e , c i t a t o d a K C n i g e r , op. e it. Appendice. * P. 120, n. 2.
13

in

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

indifferenza. Accenno con questo al papa Nicol I, che si inse risce con lina lettera diretta ai Bulgari, nella questione della condotta morale dei soldati Pare che questa sia stata una risposta ad alcuni quesiti sottopostigli, e in qualche punto tale da non poter essere senzaltro annoverata tra i documenti che, come i precedenti, rivelano semplicemente la preoccupazione per la vita morale e religiosa di chi fa parte, in forma riconosciuta e legittima, di un esercito. In quei primi documenti, infatti evidente im certo favore per la guerra o per il servizio militare anche se vi sono espresse alcune riserve ; in questa mi sembra ci sia un tono leggermente diverso : Circa hos, qui, quando ad pugnam con tra hostes proceditis, fugare arripiunt, si non misericorditer praeveniat compassio, saltem legum temperetur severitas. De his, quibus iussum et contra hostes progredi et iussioni parere contempnunt, eadem suademus Se Nicol I fosse stato favorevole alla guerra, non avrebbe mai espresso simili giudizi con i quali dimostra di non compren dere neppure le ragioni di stato per le quali la diserzione, la disobbedienza agli ordini, sono fatti della massima gravit. Quello che gli sta a cuore che non manchi ai soldati la possi bilit di adempiere ai loro obblighi religiosi e mostra di credere molto pi allefficacia delle preghiere che alla potenza delle armi Questo un motivo abbastanza comune negli scrittori cristiani, anche quando non sono contrari fondamentalmente alla guerra, o per lo meno ad un particolare genere di guerra,
1 Ep., 99, 13 nov. 866, TiL: Nicolaus capitulis 106 ad Bulgarorum con sulta respondit ; M.G, Ep., VI, 568-600. 2 C. XX II (p. 579) e c. X X III (p. 579). 3 C. XXXV (p. 581) e c. XL (p. 582). * C. XXXVIII (p. 582) : Dicitis, quod, quando in castris estis, ora tionem perfectam et congruam facere nequeatis, ac per hoc exponi cupitis, quid agere debeatis. Unde nos e contra suademus, ut, quando plus hostes saeviunt et necessitas vel tribulatio incumbit, tanto instantius orationi operam detis. Nam patres nostri plus orando quam pugnando victores fuerunt et voti compotes plus precibus quam proeliis extiterunt. Denique Moyses orabat et Josue pugnabat, sed plus ille vincebat orando quam iste pugnando. Aptius ergo ab armis quam ab oratione vacandum est .

LA GUERRA NEI SECOLI VUI E IX

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ma in Nicol I non manca neppure una condanna a quella che egU considera opera diabolica, tuttavia dato che non la si pu escludere perch spesso necessaria, bisogna fare in modo che la vita religiosa non ne sia danneggiata : ... BeUorum quippe ac proeUorum certamina necnon et omnium iurgiorum initia diaboUcae fraude sunt artis profecto repperta et dilatandi regni cupidus et vel irae vel invidiae vel aUus cuiuspiam vitii dilector tantum his intendere seu delectari convincitur. E t ideo, si nulla urguet necessitas, non solum quadragesimali, sed omni tempore est proeliis abstinendum. Si autem inevitabilis urguet opportunitas, nec quadragesimali est tempore pro defensione tam sua quam patriae seu legum paternarum bellorum procul dubio praeparationi parcendum, ne videlicet Deum videatur homo temptare, si habet quod faciat et suae ac aliorum saluti consulere non procurat et sanctae religionis detrimenta non praecavet (Deut. 6, 16). Porro muri Hiericho filiis Jsrael, qui sabbatum iam observandum susceperant, etiam sabbato urbem circumeuntibus et tubis clangentibus ad terram prostrari sunt {Jos. 6, 20) ^ Con questultima concessione, il papa si adegua al pensiero generale dellepoca ; purtroppo per non si sofferma pi a lungo su questargomento, lasciando nellincertezza chi vogUa sta bilire con una certa precisione quale sia stato il suo pensiero in proposito ; egli non esclude la guerra, vero, e non parla neppure di quel che nella guerra c di peggiore : luccisione dei propri simili. Non si pu negare per che questuccisione lo trovi poco entusiasta e dubbioso. Oltre al fatto che questi pochi brani non permettono di giu dicarne con sicurezza lautore, credo si debba tener presente che il problema, come oggi noi lo intendiamo, non si poneva neppure ; perci lo scritto di Nicol I va visto nellinsieme di quelli che riguardano la cura spirituale dei soldati. In questi scritti per non c traccia di interesse per la guerra di missione ;
* C. XLVI (p. 585). Probabilmente questo capitolo in risposta alla domanda se si possa combattere anche in tempo di quaresima. Nella prima parte Nicol I consiglia di esporsi il meno possibile durante questo periodo, in modo da non creare occasioni di battaglia.

-196

LA GUEKKA NEI. PENSIERO CRISTIANO

n in questi passi dove i soldati sembrano considerati indipen dentemente dalla bandiera sotto la quale servono, n altrove, dove detto chiaramente che non si deve costringere nessuno con la violenza ad abbracciare la religione cristiana, perch se Dio lo volesse, non avrebbe certo bisogno dellaiuto degli uomini per sterminare i suoi nemici Il cristiano perci deve limitarsi ad evitare per quanto possibile ogni rapporto con loro. Ma, come dicevo, sarebbe un errore interpretare con spirito troppo moderno, cio troppo cosciente del problema, i vari giudizi espressi da diversi autori e in diverse occasioni. Proba bilmente questi giudizi poco favorevoli alla guerra non indicano affatto unopposizione a questa in nome della coscienza, perch ci implicherebbe un individualismo ed un soggettivismo mo rale che non sono certo del mondo medioevale. N si pu pen sare che da parte dellautorit religiosa venga fatto obbligo di disertare le file dellesercito perch al massimo, anche se non c entusiasmo bellico (come nel caso di questo papa), c acquie scenza ad un costume ormai cos diffuso e radicato, da non poter pi essere messo in discussione. Indipendentemente dai giudizi pi o meno favorevoli dei papi sulle guerre e sui principi che le conducono, la caratteri stica di questepoca la molteplice attivit esplicata in favore dei soldati, per quanto riguarda la vita religiosa. Questattivit si esplicava in due modi : con lassistenza diretta negli accampamenti, e, in patria, con la celebrazione di riti che chiedessero a Dio ed ai santi protezione contro i ne mici e aiuto nella vittoria. Per il primo caso Benedetto, vescovo di Magonza, con la sua raccolta capitolare, ci fornisce molti im portanti esempi. Nelladd. I li, c un brano che sembra quasi uninterpretazione ed una spiegazione del famoso canone del
^ Ep,, 99, c. XLI (p. 582) e soprattutto c. GII (p. 599) : ... non esse inferendam pagano violentiam ut christianus fia t.. . Non pensavano cos i papi precedenti che vedevano negli imperatori gli strumenti di Dio. Se, in seguito, Nicol I fu considerato un fautore della guerra di missione, ci dovuto alla lettera apocrifa ai vescovi di Francia, inserita nel Decretum Gra^ tianiy nella quale detto che si devono persuadere i laici a prendere le armi contro gli eretici.

LA GUERRA NEI SECOLI V i l i B IX

19 7

Concilio Germanico : Volumus, ut nullus sacerdos in hostes pergat nisi duo vel tres tantum episcopi ( concilio stabiliva invece che fossero uno o due) electione ceterorum propter benedictionem et praedicationem populique reconciliationem et cum illis electi sacerdotes, qui bene sciant populis poenitentias dare, missas celebrare, de infirmis curam habere, olei cum sacris precibus unctionem impendere et hoc maxime praevidere, ne sine viatico quis de saeculo recedat. Hi vero nec arma ferant nec ad pugnam pergant nec ef fusores sanguinum nec agitatores fiant, sed tantum sanctorum pignora et sacra ministeria ferant et orationibus pro vmbus insistant, ut populus qui pugnare debet, auxiliante Domino Aactor existat et non sit sacerdos sicut populus. Eeliqui vero, qui ad ecclesias suas remanent, suos homines bene armatos nobiscum aut cum quibus iusserimus dirigant et ipsi pro nobis et cuncto exercitu nostro missas, letanias, oblationes, eUmosinas faciant, orantes Deum coeli, ut proficiamus in itinere quo pergimus victoresque deo amminiculante existamus. Gentes enim et reges earum, qui sacerdotes secum pugnare permiserunt, nec praevalebant in bello nec victores extiterunt, quia non erat dif ferentia inter laicos et sacerdotes, quibus pugnare non est lici tum... Qualis enim victoria datur, ubi sacerdotes una ora do minica pertractant ministeria et Christianis dominicum porri gunt corpus pro suarum animarum redemptione, aut paganos, quibus Christum praedicare debuerant, propriis sacrilegisque manibus necant Gli usi che ci sono testimoniati da Benedetto Levita, tro vano conferma in numerosi altri documenti ; Kniger ne ha fatta una scelta elencando le varie forme di piet che accom pagnavano la partenza dellesercito e che continuavano durante tutto il tempo della guerra. Inoltre s visto come una parte della liturgia sia espressamente dedicata ai tempi burrascosi, fin dal periodo pi antico, e come in un secondo tempo, perdurando questuso, anche le preghiere liturgiche assumano, nei confronti

1 M.Q. LL., II, 2, add. I li, 141, p. 110. - Op. eit, pp. 42 sgg.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

della guerra, un carattere che prima non avevano. Dal sec. V ili in poi, c luso di benedire le bandiere ^ ; inoltre fatto obbligo ai vescovi che rimangono in patria di cantare tre messe, una per il re, una per lesercito, la terza pr presenti tribula tione Contemporaneamente preti e monaci si sottoponevano ad eccezionali penitenze e soprattutto organizzavano proces sioni e cerimonie in onore dei santi che dovevano proteggere le miUzie combattenti Questuso di chiedere ai santi la loro protezione antichis simo, ma in seguito, e specialmente allepoca dellimpero ger manico, divenne molto pi frequente e si moltiplicarono le leggende che narravano non solo dellaiuto dei santi, ma a volte anche della loro partecipazione diretta alla guerra. Sorse cos tutto un ciclo di leggende su san Michele e san Martino, che i Germani consideravano loro protettori Tutto ci, come giu1 KNIGER, p . 4 2 ; H a u c k ,

Kirchengeschichte, l i , p . 78 0.

^ Capituiare episcoporum, a. 779-800 (MG, Gap., I, 52 ; cfr. C'oiic. 108 K . B e n . LEA, I, 207, add. IV, c. 143) disposizioni analoghe sono conte nute nel Cap it Missarum gener,, a. 805, c. 4 (M.G. Gap., I, 122) ; Gap. Lothar ; 846, c. 13 (M.G. Gap., II, 67, contro i Saraceni). I n c m a r o d i R e i m s , Ep., 9, parla dei digiuni e delle penitenze ; secondo Ja raccolta di lettere di Fulda (ora perduta) i monaci pregavano pr rege Francorum, qui in Bulgariam susceperat expeditionem (BHMER-MtiHLBACHER, Begesta imp. P, 1908, 334, n. 853). Pi ampiamente si esprime la Formula Sangallensis (M.G. For., 416, n. 31, ca. 878). ^ Oltre a portare le reliquie in guerra, le portavano in processione ( . Fuld., a. 858, 8 8 ., 22, G., 1891, 52. R e g i n o , Ghron. a. 800, 8 8 . E.G. 1890, 62). Nel X secolo fu poi stabilito che si cantasse una messa per s. Michele, in occasione della vittoria (Conc. Erfurd., giugno 932, c. 6 : Missa sancti Michaelis, quae canitur causa victoriae, ut penitus relinquatur, nisi ad ean dem, ad quam primitus inventae sunt, constitutionem. M.G. Gonst.y I, 5). Per un tempo pi antico baster ricordare G r e g o r i o d i T o u r s , De virtutibus s. Martini, I, c. 14 e 19. M.G. 8 8 Mer., I, 597 e 602 ; De pas sione s. Juliani, c. 7 e 13, pp. 567 e 569. G r e g o r i o I, Dial., I,c. 4. Le varie leggende attribuivano ai santi la difesa delle loro chiese : J o h a n n e s D i a c ., Translatio s. 8everini, c. 8 (M.G. 88. Lang., p. 458) (S. Pietro a Roma), L i u t p r a n d o , Antapodosis, c. 4-6 p. 76 (s. Siro a Pavia) ; Miracula s. Gor gonii, c. 20 sg. (M.G. 8 8 ., IV, 245) ; Miracula 8. Germani, c. 30 (M.G. 88., XV, I, 16). Miracula s. Benedicti, Adelerii, (M.G. 88., XV, 1, 499). K. E r d m a n n h a t r a t t a t o d i f f u s a m e n t e l a r g o m e n t o d e i s a n t i m i l i tari n e l m o n d o g e r m a n i c o (in Kreuzzugsgedanke, p. 22 sg.).

LA GUERRA NEI SECOLI V i l i E IX

19 9

stamente nota Erdmann, fa parte di quella mentalit tipica dei popoli germanici, mentalit che permise laffermarsi e lo svilup parsi di certe idee che nei secoli precedenti erano soltanto ac cennate.

C a p it o l o D e c im o

LA GUEEEA NEL X SECOLO

1.

LE GUERRE SASSONI.

DI

MISSIONE

AL TEMPO

DEGLI

IMPERATORI

Il X secolo offr un fertile terreno per lo sviluppo dei principi che avevano avuto origine al tempo dei Carolingi. Sotto la con tinua minaccia delle invasioni, contro Slavi, Ungheresi, Nor manni, Saraceni, Celti e Scozzesi del Galles, re ed imperatori dovettero spesso prendere le armi ; e talvolta anche i papi, che fino ad allora si erano limitati a chiedere laiuto dello stato, furono costretti a difendersi. Se, come si visto, nel corso di due o tre secoli non ci fu mai il fatto nuovo che impegnasse la Chiesa ad esprimersi con una dottrina definita sulla guerra, il corso stesso delle cose port a maturazione determinati principi che nel pensiero di chi U aveva formulati non erano certo stati cos ricchi di conseguenze. Linteresse ora tutto per queste guerre che sono ad un tempo di difesa e di missione e che trovano sempre il consenso della Chiesa, quando non ne hanno anche lappoggio di una partecipazione diretta. Alludo con questo alle guerre di Gio vanni X contro i Saraceni, che furono da lui sconfitti sul Garigliano e presso Eoma ^ ; aUopera di Giovanni X II, che tanta importanza ebbe al tempo di Ottone I ; a Gregorio V, che col laboro attivamente con Ottone III * ; a Gregorio VI, che spese
^ Lib. Poniif.f II, 240, ree. XV sec. ^ Lib, Pontif,, II, 261.

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la sua vita nella riconquista delle terre che erano state usurpate al patrimonio di S. Pietro, tanto che dovette farsi sostituire nello svolgimento delle attivit che sarebbero state proprie di un pontefice * e infine a Leone IX che verso la met dellXI secolo combatt personalmente per riconquistare il ducato di Benevento, cercando di far intervenire anche limperatore di Costantinopoli Tutto questo ancora ben lontano dalla guerra santa, ma anche lontano dallatteggiamento che i pontefici avevano tenuto nei secoli precedenti, e da quello di Gregorio Magno, che di certe idee un po il responsabile. Nel clima del X secolo, in cui la guerra, che sempre indi rizzata contro i pagani, domina, sia in campo politico che in campo religioso, gli scrittori cristiani che presero la parola a questo proposito, lo fecero per raccomandare ai soldati lobbe dienza allautorit e per condannare ogni diserzione Fra tutte, lunica voce stonata nel coro dei consensi che accompagnavano le varie guerre, quella di Reginone, che nel suo penitenziale prescrive una penitenza di quaranta giorni per chi abbia ucciso in battaglia *. Tuttavia questo penitenziale non presenta una discussione a questo proposito, solo una raccolta di vecchi canoni e disposizioni disciplinari tra i quali non erano mai mancati i provvedimenti contro gli omicidi, anche se commessi in guerra . Ma dato che non si tratta di un provvedimento esa minato e discusso, difficile fare delle ipotesi fondate, e non sarebbe neppure escluso che, dato che si riferisce al noto passo di Eabano Mauro sugli omicidi in tempo di guerra, voglia riba dire la colpevolezza di chi approfitta di una situazione anormale, quale quella che presenta una guerra, per uccidere per qual siasi altro motivo. Ma s visto che il pensiero della guerra intesa in senso
1
Lib. P o n tij; II, 271, ree. XV sec.; Catalogo dei p api di Ekehard,

e d . M u r a t o r i , III, 2 p a r t e . Cfr. PISSAKD, op. cit., p p . A t t o n e d i V e r c e l l i , Ep.,

12 s g . I, P. L., CXXXIV, 103.

Se d u l iu s S cot-

T u s, P. L

CHI, 323.

* R e g i n o n e , Poenitentiale, c. L e LI, P. L . , CXXXII, 295. * A l c u n i e s e m p i s o n o p o r t a t i d a E r d m a n n , Kreuzzugsgedanke.

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205

cristiano progredisce solo quando ci sia un efficiente potere politico abbia lappoggio dellautorit religiosa ; dopo Carlomagno, infatti, ben poco viene aggiunto a quello che gi era stato ottenuto con U grande imperatore, e bisogner arrivare ad Ottone I perch questo pensiero faccia un passo avanti e porti papa ed imperatore alla conclusione di un patto per lespan sione missionaria, che presuppone una guerra diretta in tal senso. Ma se nel periodo confuso che va dallimpero carolingio a quello sassone non ci sono documenti che testimonino il progre dire di certe idee, ce ne sono per altri che dimostrano la loro diffusione, ed essi fanno parte della liturgia. In Inghilterra, come era avvenuto un secolo prima in Francia, nelle antiche preghiere di origine romana, al populus e aUHmperium Romanorum, si sostituisce il populus Anglorum, e talvolta Christianorum, perch anche qui la forza della realt riesce a superare il conservatorismo della liturgia e ad aggiornarne i testi Pure dallInghilterra vengono le Benedictiones armorum, che diventeranno poi frequentissime nel secolo seguente, al lepoca deUa cavalleria^. Ma la liturgia di questo periodo denunzia anche un fatto nuovo : lo spostamento del centro politico dellimpero dalla Francia alla Germania. Una litania di origine Sangallese, gi alla fine del IX sec. suona cos : Omnibus indicibus vel cuncto exercitui Francorum vel Alamannorum, vita et victoria II passo certamente da mettere in relazione ad unaltra litania di Corvey, dello stesso tempo, che non porta il termine Alaman norum e alle laudes di un sacramentario di Limoges del X secolo, dove lesercito non n Francorum n Alamannorum, ma Christianorum, con una sostituzione che, come s visto,

^ T e l l e n b a c h , 029. city p. 28. Questo fenomeno si nota nel Pontificale di Boberto di Jumiges (ed. H. A. W i l s o n , H. Bradshaw Soc., voi. II, 1896).

^ La prima si trova in un manoscritto di del X-XI sec. (Paris. Lat. 10575) pubblicato da G r e e n w e l l . Pontificai of Egbert of York, p. 131 e da AVo l l e y , Coronation rites, Cambridge handbooks of liturgical study, Cambridge 1915, p. 58. P r o s t , op. ciU, p. 176. ^ L e h m a n n , op. cit.y p. 71.

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tipica dei periodi di trapasso, in cui si vuol togliere un significato politico 0 nazionale pi preciso, in attesa forse di attribuirne un altro Tutti questi testi a loro volta si riallacciano alle laudes del mg. latino 13159 della Biblioteca Nazionale di Parigi della fine del secolo V ili. Tale sostituzione del resto frequentissima ; un manoscritto di Strasburgo del X secolo, porta la Utania : Ut regem nostrum et exercitum Christianorum conservare di gneris e il codice Monac. lat. 14083 : Exultet : imperatore (o rege) nostro T. et simul etiam iucundissimo duce nostro N. et abbate nostro N. cunctoque exercitu Christianorum * e cos il testo di un sacramentario di Lorsch Exultet : preca mur ergo te, domin, ut nos famulos tuos omnem clerum et devotissimum populum, una cum patre nostro papa illo necnon et clementissimo rege nostro illo coniugieque eius ac filiis cunctoque exercitui Christianorum quiete temporum con cessa in his paschalibus gaudiis conservare digneris Finch, in un periodo pi tardo, si prega espressamente per un deter minato imperatore . Da tutti gli esempi riportati, risulta evidente che non ci tro viamo di fronte a testi del tutto nuovi ; molti di essi anzi, sono antichissimi ; forse risalgono ai primi secoli del cristianesimo o per lo meno al primo medioevo, ma sono poi stati modificati, nonostante il forte conservatorismo liturgico, tali modifiche vanno intese nellambito dellambiente che le ha condizionate.
* P r o s i , p. 178 c M a e t n e , De aiitiquis Ecclesiae ritibus, II (1788), . 361, lo stesso avviene nelle Laudes, citate da E . E i c h m a n n (Die ordines der Kaiserkrnung, in Sav. Zeit. Kan. Ahi., II, 1912, 10) del IX secolo : Esercitili Francorum, Romanorum et Teutonicorum, vitam et victoriam . ^ Cit. nel cap. precedente. M a r t n e , p . 163.

* A. F r a n z , Kirchliche Benedictionen in Mittelalter, Freiburg 1909, 1,

p. 538, n. 11. Cod. Vat. Pai. Lat., 495, f. 51. Cir. il Sacramentario di Rheinau, scc. V ili, F r a n z , Bertedictionen, I, 539, n. 3. * Cosi in un sacramentario della Germania del Sud, che si trova in un manoscritto fiorentino, Bibliot. Magliab. B A. 2 : ut domnum Ottonem imperatorem et exercitum christianorum conservare digneris, te rogamus . Cit. da H i e s c h , M.O.I.G., pp. 9 sg.

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20 7

Elementi pi precisi per determinare i motivi per cui la liturgia presenta tali variazioni, sono le messe, che della li turgia costituiscono la parte pi importante. Non erano mancate nel secolo precedente le messe per im peratori o re o per il tempo di guerra, nelle quali si trovano le preghiere contro i nemici, ma nel X secolo si hanno addirittura esempi di missae contra paganos che nel periodo precedente erano inusitate (il solo esempio quello del sacramentario di Angoulme, del tmpo di Oarlomagno). La prima di tali messe di origine inglese e si trova nel Leofric-Missale ^ ed in parte nel messale di Eoberto di Jumiges Essa non presenta parti colari caratteristiche che la differenzino dalle altre di origine germanica ; tutte contengono formule e testi molto pi antichi. Alcune parti deUuna e delle altre sono poi entrate a formare la Missa contra paganos del messale romano del secolo XI Ma dallInghilterra, allora travagliata dalle invasioni e dagli attacchi dei suoi nemici, viene un altro testo che costituisce unassoluta novit : la benedizione (o la messa) in tempore belli, sive contra Danos , giuntaci in tre manoscritti, rispettiva mente del X, XI, e X II secolo * e che d addirittura il nome del popolo contro cui lo stato combatteva. Se altrove non si trovano altri esempi di testi liturgici con riferimenti cos particolari, non mancano tuttavia nel resto dEuropa le messe e le benedizioni che si lasciano ricondurre ad un determinato periodo.

' The Leofrie Missal oe used in th eathedral of Exeter, ed. F. E. W akren , 1883, 186 sg. * Op. c it, p. 268. * O. H of, Krijgsgebeten in het Missale Bomanwm, in De Katholiek, 1916 p. 344. Tra le pi importanti messe tedesche, ricorder la missa contra paganos del Sacramentar Triplex von St. Galen, che si trova con qualche va riante in un altro sacramentario di S. Gallo (M. G e r b e r t , Monumenta ve teris liturgiae alemanieae, I, 1777, p. 277, n. 1 e in F r a n z , Die Messe in dmt. M A ., Freiburg 1902, 125. * The Benedictional of ArcMishop Bohert.eA. H. A. W a r r e n , inT. Bradshow Soc., voi. 24, 1903, p. 56 ; The Canterbury Benedictional, ed. K. W. WooLLET, ihid., voi. 51, 1917, p. 127 ; Pontificai of Magdlen Ollege, ed. H. A. W i l s o n , ibid., voi. 39, 1910, p. 51.

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il caso per esempio della benedictio civitatis contra gentiles che si trova nei pontificali tedeschi del secolo X I ma che originaria del secolo precedente ^ e che probabilmente risale al tempo delle incursioni ungheresi. Ce ne sono poi altre, come la missa ubi gens eontra gentem surgit^ uguale forse alla missa in commotione gentinm ; tutte queste riguardano con ogni pro babilit le guerre contro gli Ungheresi, combattute da Ottone I, e forse quella pi importante del 955, che non pare abbia lasciato tracce pi precise nella liturgia, sebbene abbia influito moltis simo sul pensiero della Chiesa. Infatti, perch il pensiero della guerra di missione trovi an cora unefficacia pari a quella che aveva avuto al tempo di Carlomagno, bisogna arrivare ad Ottone I. Gi il suo predeces sore aveva cercato di riallacciarsi aUa tradizione degli imperatori franchi, facendosi paladino della Chiesa, ma la morte gli aveva impedito di portare a termine questa sua politica Ottone I, incoronato re dallarcivescovo Ildeberto di Colonia, nella catte drale di Aquisgrana (e il posto fu forse scelto per sottolineare la continuit con la tradizione dei Carolingi) ne ricevette la spada con le parole : Accipe hunc gladium quo eicias omnes Christi adversarios, barbaros et malos Christianos, auctoritate divina tibi tradita, omni potestate totius imperii Francorum, ad firmissimam pacem omnium Christianorum . Larcivescovo poi gU pose suUe spalle il mantello dicendo : His cornibus humitenus demissis monearis, quo zelo fidei ferveas et in pace tuenda perdurare usque in finem debere . Dora in poi, no tano E. Pfeil e H. Kirsch, le idee nate nel periodo carolingio si fondono perfettamente con la liturgia, e lidea imperiale di Eoma, fusa con luniversaUsmo cristiano, trova ora il terreno
1 In F r a n z , Benedietionen, II, 3 0 1 . Dal contenuto, nota E r d m a n n (M..I.G, p. 1 3 4 ), sembrerebbe alludere ad una popolazione oppressa da una

autorit pagana, ma questo impensabile nella Germania del X secolo. 2 Cod. Vat. Pai. Lat., 4 9 5 , fol. 2 3 4 . In F r a n z , Die Messe, p. 133.
* KiRCHEBERG, op. C ti., p . 24.

c. I,

W iD U K iN D , J5e gestae Sax., 88. B.G. p . 5 6 s g g . Lordine dellincoronazione p . 3 3 s g g .) .

(ed. K. A. K e h r , 1 9 0 4 ), 1. II, in W a i t z (Die Formeln, cit.,

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adatto a trasformarsi in imperialismo cristiano. Non credo si possano cercare nei documenti del periodo ottomano principi sostanzialmente nuovi, ma quelU che erano gi nel secolo pre cedente trovano una conferma ed un rafforzamento che porte ranno ad una conseguente attivit pi completa ed organizzata. sempre presente il motivo della lotta contro i mali christiani, ma evidentemente questo che era stato il motivo fondamentale di s. Agostino e s. Gregorio, passa ora in secondo piano di fronte alla guerra contro i popoli pagani. Tale guerra, come sempre, ha due punti fondamentaU di riferimento : limperia lismo cristiano e lalleanza dei due poteri laico e religioso. Al meno in germe, ci era presente anche al tempo dei Carolingi, ma non aveva laspetto del programma organizzato, se non da parte dello stato, il che non sufficiente a fare della guerra una guerra santa o di missione. Ma a partire da Ottone, la cosa prende forma, e limpegno missionario spinge re e pontefice a concludere patti per raggiungere determinati obiettivi. Prece dentemente questo non poteva avvenire, perch se il potere sta tale non ben rappresentato o non organizzato, non si sviluppa da parte della Chiesa un piano organico di guerra, neppure missionaria, e se anche persistono certi principi o certi temi, essi non possono progredire, ma rimangono e si diffondono perch non si pu eliminare quel che gi stato raggiunto. Appena eletto re, Ottone si impegn nella lotta contro gli Slavi eleggendo due uomini perch conducessero la guerra a nord e ad est e soprattutto in questo secondo settore il conte Gero ottenne grandi successi. Poi, verso il 947-8, egli cominci a stabilire un piano preciso di conquista missionaria verso loriente, e fece tutto ci quando non era ancora imperatore, cosa che ha suscitato molte polemiche per stabilire se il dovere di combattere in nome della Chiesa spettasse al solo imperatore o anche al re. Non credo che, dopo tante discussioni, il problema meriti dessere ancora trattato. Del resto la risposta migliore data come sempre dalla liturgia, che attribuisce a re ed imperatore i medesimi obblighi in difesa
WiDUKiND, 1. II, c. 4, p. 59 e c. 9, p. 62.
11

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della religione e, in questo secolo, con chiarezza molto maggiore che in quelli precedenti. In appendice al suo studio sullincoro nazione di Ottone I, Erdmann ha pubblicato due messe, una per i re, laltra per limperatore, che in alcuni passi uguali per luna e per laltra accennano a questo motivo e a volte portano alcune modifiche alle antiche formule; modifiche che rivelano un profondo ed immediato interesse per laiuto che lautorit dello stato poteva portare alla Chiesa in pericolo Giustamente stato detto che in questo caso limperatore il modello cui il re si deve uniformare, e rincoronazione imperiale caso mai una conferma di tale impegno Cos dovette essere per Ot tone che, secondo quanto lasciano capire le fonti, ricevette la corona dal pontefice come ricompensa della sua attivit in favore della Chiesa. Fin dai primi anni di regno egli cerc din gerirsi nelle questioni interne ecclesiastiche e di farsi paladino della Chiesa contro ogni attacco nemico e particolarmente dei Saraceni che minacciavano Eoma da vicino Ma con lin coronazione papa ed imperatore conclusero un patto che fu poi confermato dai due documenti per la fondazione degli arcive scovati di Magdeburgo e Merseburgo. Cos dice Liutprando a proposito degli avvenimenti che precedettero lincoronazione : Eegnantibus, immo saevien tibus, in Italia, et ut verius fateamur tyrannidem exercentibus
1 E r d m a n n , op, c it, in M . J.G ,, 1932 ; i testi sono tratti dal Cod. Vat, Pai. Lat. 495, fol. 226 e 234. ... concede quaesumus, ut populus tuus infesta tione infidelium modo turbatus per eandem nativitatem Domini nostri J. C. de triumpho gaudium adipisci mereatur et omnis hostium nostrorum fortitudo, te pro nobis pugnante frangatur . Anche le benedizioni pubblicate nella stessa appendice, da un pontificale di Sens, dimostrano che le guerre erano dirette contro particolari nemici : Hostium incursionem, quam pa timur, v^ictricibus armis elidat et ecclesiae suae quam desiderat pacem re stituat . 2 Da E r d m a n n , p . 137. Nostrum exinde erit, quibus commissum est in hac mundi parte sanctam Dei aecclesiam tueri, ut in tales arma sumamus . R i c h e r u s m o NACH. S. R e m i g i i R e m e n s i s , H is t, 1. III, c. 76, MG. 8S., III, 605; mi sembra che questo passo ricordi molto la famosa lettera di Alenino. 4 Vita 8. Johannis ahb. Gorzien., MG. SS., IV, c. 130, p. 375 ; D.O., I, 365, p p . 487 e AVi d i j k i n d , 1, III, c. 75, p . 126.

LA G U K R IU >151- X Sl-X'iM.O

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Berengario atque Adalberto, Johannes summus pontifex et universalis papa, cuius tunc aecclesia supradictorum Berengarii atque Adalberti sevitiam erat experta, nuntios sanctae Eomanae aecclesiae, Johannem videUcet cardinalem diaconem, et Azonem scriniarium, serenissimo atque piissimo tunc regi, nunc augusto Cesari, Ottoni destinavit, suppliciter Utteris et rerum signis orans, quatinus Dei pro amore sanctorumque apo stolorum Petri et PauU, quos deUctorum suorum cupierat esse remissores, se sibique commissam sanctam Eomanam eclesiam ex eorum faucibus Uberaret, ac saluti et Ubertati pristinae restitueret Ottone infatti venne in ItaUa e, dopo aver li berato il patrimonio di S. Pietro, conferm questo suo impegno con il giuramento durante la cerimonia dellincoronazione di cendo : Ego rex et futurus imperator Romanorum promitto, spondeo polUceor atque per hec evangeUa iuro coram Domino et beato Petro apostolo tibi beati Petri apostoli vicario fideli tatem, tuisque successoribus canonice intrantibus ; meque amo do protectorem ac defensorem fore huius sancte Eomane eccle sie et vestre persone vestrorumque successorum in omnibus utilitatibus in quanto divino fultus fuero adiutorio, secundum scire meum ac posse, sine fraude et malo ingenio II papa allora gli consegn la spada con le seguenti parole che riassumono il dovere che Ottone, come imperatore si assu meva : Accipe hunc gladium cum Dei benedictione tibi col latum, in quo per virtutem Spiritus Sancti resistere et eicere omnes inimicos tuos valeas et cunctos sanctae Dei ecclesiae adversarios, regnumque tibi commissum tutari atque protegere castra Dei... . Se le formule pi antiche contenevano espres sioni gi chiaramente allusive alla defensio ecclesiae, questa la esprime in modo inequivocabile.
^ Liber de rebus gestis Ott, M, imp.^ c. I, a. 9 6 0 , MG SS., I li, p. 3 4 0 (ed. Hannover 1 8 3 9 ) , efr. oc. 11 e 1 4 (p. 3 4 5 ) , cfr. Ghron. Salem., MG. SS., I li, 5 5 4 . ^ In E . E i c h m a n n , Kirche und Staat (cit.), p. 79. Lordine di incorona zione imperiale di Ottone quello del cosi detto Ordo Gencius I I ( F a b r e , Le Liber censuum, Parigi 1 9 0 5 , p. 1).
E ich m a n n ,

P eb tz,

oy. c it, p. 85.

212

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Questo avveniva il 2 febbraio del 962. Pochi giorni dopo, con due famosi documenti rispettivamente del 7 e del 12 dello stesso mese, il pontefice stabiliva che gli arcivescovati di Magdeburgo e Merseburgo costituissero i baluardi avanzati dellespan sione missionaria affidata al nuovo imperatore. Per tale espan sione erano gi state condotte delle guerre, delle quali il papa si compiace : Nunc vero Dei operante clementia carissimus et christianissimus filius noster rex Otto, devictis barbaris gen tibus, Avaribus scilicet, ceterisque quam pluribus, ut ad de fensionem Sancte Dei eclesie triumphalem victorie in inperii culmen per nos a beato Petro apostolorum principe suscipe ret coronam, summam et universalem, cui Dei presidemus auctore, adiit sedem Kirsch, pur senza sostenere che siano luno dipendente dal laltro, ha voluto paragonare questo documento al passo di Widukind sullo stesso argomento e alla famosa preghiera per il venerd santo : ... ut Deus et dominus noster subditas illi faciat omnes barbaras nationes... ut gentes quae in sua feritate confidunt potentiae tuae dextera comprimantur ; ma pro babile che a qual tempo tali principi fossero tanto diffusi da suggerire espressioni analoghe ai pi diversi autori. Con le stesse lettere, Giovanni X II stabiliva pure che i santi Maurizio e Lorenzo fossero i patroni delle due fondazioni, ed essi entrarono cos nel numero dei santi militari , divenendo un po i simboli delle guerre di missione Non c dubbio sul significato di questi documenti. Ottone, che fin dal tempo del suo regno era stato impegnato nella difesa della fede, assunse limpero in senso cristiano ed universale, di-

^ J a p f , L., 3690, edita da K e h r , Urkundenbuch d. Hochstifts Merseburg, T, 1, n. 1 (cfr. Annales Sax,, a. 962, M.G SS, VI, 616). La prima lettera di Giovanni XII ( J a f f , L,, 3689) pubblicata nel Salzburger Urkundenbuch H a u t h a l e r e M a r t i n , 1916, 86). ^ I due santi, infatti, riappaiono in questa relazione anche pi tardi (cfr. T h i e t m a r . d i M e r s e b . II, c. 20, ed, K u r t z e , p. 30 ; B r u n o d i Q u e r FURT, Vita 8. Adalbertiy e. 12, M,G. SS, IV, 600 e lettera ad Enrico II, in G i e s e b r e c h t , Gesch, d. deut. Kaiserzeit, 5 ed., Lipsia 1881, voi. II (1885), pp. 702-5.

(ed.

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21 3

venendo cos il defensor ecclesiae come lo erano stati i Carolingi, ma con un piano dazione pi vasto. Che poi, dal punto di vista della Chiesa, lincoronazione imperiale fosse legata a questo com pito, mi sembra risulti chiaro dai fatti, anche se non fu mai teorizzata uninterdipendenza tra il titolo di imperator Romano^ rum e quello di defensor ecclesiae^ che in questo secolo ha una portata molto maggiore di quella del secolo precedente per lesi stenza delle guerre di conquista missionaria. Per questo motivo il Chronicon Salernitanum (a. 975 circa), mette in relazione, forse per motivarla e giustificarla, lincoronazione di Ludovico II ad una battaglia contro i Musulmani, battaglia che in realt non avvenne e pi tardi Sergio IV dir che della dignit imperiale sar degno chi combatter e vincer gli infedeli in terra santa Da parte di Ottone, poi, non mancano altri documenti che testimoniano le sue intenzioni missionarie contemporanei inol tre contribuirono a creare la leggenda dellimperatore paladino della fede, che aveva fatto rivivere nellimpero let delloro
1 M,G. SS., I li, 519, p. 103.
^ K ehr,

Italia pontif,, 6, 2, p . 3 2 2 , n. 1.

Ci fu un ulteriore accordo al sinodo di Ravenna del 967, al quale limperatore invit Giovanni XIII {Synodalbericht des ravennaten Konzils von A prii 967, ed. da K. U h l r i t z , Geschichte des Erzbistums Magdehurg xintcr den Kaisern aus Sdchsischem Hans, Magdehurg, 1887, excursus V, p. 133). In questoccasione limperatore ricord con quanta fatica fossero stati conquistati i popoli pagani. ^ I maggiori elogi in tal senso gli furono tributati in occasione della sua morte : Widukind dice : Populus autem pro eius laude et gratiarum actione multa locutus memoravit eum paterne subiectos rexisse pietate, ab hostibus eos liberasse, superbos hostes Avares, Sclavos, armis vicisse, Italiam subiugasse, delubra deorum in vicinis gentibus destruxisse, templa ministrorumque ordines constituisse (I, III, c. 75 p. 127, cfr. c. 76). E Rosvita ; Cui Christus talem iam nunc augessit honorem. / Possidet ut Roman pol lenti iure superbam / Quae semper stabilis summum fuerat caput orbis / Edomat et gentes, Cliristo favente, feroces / Quae prius ecclesiam laniabant saepe sacratam {Gesta Othonis, vv. 41-45, SS. EG., p. 205 sg.; cfr. i vv. 141145, p. 208). E Thietmar conclude la biografa di questimperatore dicendo ; Post Carolum Magnum regalem cathedram nunquam tantus patriae rector atque defensor possedit (88. 22(r.,ed. K u r t z e , 1889,p. 46, Chronicon, I, II, c. 45). Altri documenti a questo riguardo sono citati dal K i r c h e b e r g {op. c it, pp. 44 sg.).

214

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Ed i suoi successori proseguirono in questopera. La guerra missionaria costitu, per Ottone III, uno degli elementi essen ziali della renovatio imperiij come dimostra anche il famoso sa cramentario di Eeichenau. Ancor giovanissimo egli fu impegnato in una guerra contro i popoU slavi e contemporaneamente do lcette far fronte ai pirati normanni. La pace del 992 per non dur a lungo e solo due anni pi tardi egli mosse ancora con tro di loro e li vinse tutti, ad eccezione dei Serbi settembre dellanno seguente la guerra ricominci e limperatore, accompagnato da Adalberto di Praga, che poi fu ucciso e santificato riprese le armi, meritando cos il titolo di ... sanctarum ecclesiarum devotissimus et fidelissimus di ctator ) ) Con Enrico II invece, non ci sono clamorosi esempi di guerre missionarie, nonostante che lautore della nenia funebre De mortuo Heinrico I I imperatore dica di lui : Fines servans christianospellit paganos, Stravit adversantes-pacem persequentes Forse pi giustamente il vescovo Bernward lo elogia defi nendolo : ... aecclesiae Dei rector, sanctae christianitatis pa cificus defensor Anchegli infatti, come gli altri imperatori, era vincolato da determinati obblighi aUa Chiesa, e, mentre entrava in S. Pie tro per farsi incoronare, a lui pure fu posta la domanda di rito : Si fideUs vellet Eomanae patronus esse et defensor eccle siae ma pare che egli obblighi che la sua posizione gU impo neva, egli abbia adempiuto pacificamente, senza impegnarsi in grandi guerre di missione Ma proprio durante il suo regno fu
1 Cos dicono gli Annales Quedliburgenses, alFanno 994 {MG. SS., TU, 1, p. 72), ^ Egli divenne cos uno dei primi martiri missionari {Vita S. Adalherti della quale autore Bruno di Querfurt, in M.G. SS., IV). Da un diploma di Vercelli, .., I H , 388, p. 819. 4 M.G. Cambr. Lieder, e d . K. S p e c k e r , 1926. Si tratta di un discorso riportato (M.G. SS., XI, p. 166). * T h i e t m a r , I, V ili, c. I, p. 133. D.H., I I , 84, p. 106 ; 100, p. 125 ; 138, p. 165 ; 210, p. 247 ; 223, p. 259 ; 225, p. 261 ; 250, p. 288 ; 255, p. 294 ; 264, p. 313 ; 304, p. 378 ; 307, p. 385 ; 369, p. 472 ; 401, p. 515 ; 486, p. 620 ; 509, p. 652.

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215

offerta loccasione ad un religioso, la cui personalit campeggia in questo periodo, di affrontare, e di giudicare, forse per la prima volta, il fatto della guerra contro i pagani.
2.

BRUNO DI QTTERFURT.

Le guerre che gli imperatori avevano combattuto fino ad allora, avevano potuto avere un carattere missionario , pro prio perch i popoli confinanti erano pagani ; limperialismo dello stato trovava cos una base sicura perch i suoi interessi coincidevano con quelli della Chiesa. Non erano mancati i contrasti, vero, ma n il papa, n limperatore intendevano rinunziare luno alla collaborazione dellaltro. Quando per le guerre avvennero anche tra popoli ugualmente cristiani, il pensiero deUa missione appoggiata dalla Chiesa, non fu pi valido a giustificarle e il problema si ripropose in nuovi termini. Cosi fu quando Enrico II mosse guerra a Bolesaw, patrizio dei Eomani e duca dei Polacchi che a suo tempo aveva pur aiutato limperatore a conquistare il trono Allora si dovette ridiscutere il fatto della guerra e questa volta al di fuori del pensiero missionario. Non che im conflitto tra popoU cristiani fosse del tutto ecce zionale, ma precedentemente, quando avevano avuto luogo guerre di questo genere, esse erano state considerate, da parte dellautorit imperiale, come comuni provvedimenti di polizia, in forza dellantico pensiero giuridico romano e in nome di quella giustizia assoluta che si identificava con lo stato e perci con limperatore che dello stato il rappresentante . Ma nel caso di Enrico II e di Bolesaw, forse per il grande rilievo della perso nalit di questultimo, forse per il sospetto di ingiustizia che gravava sulla dichiarazione di guerra da parte dellimperatore
* A d o b a l d i , Vita Heinriei I I imp., M.G. SS., IV, p p . 679 s g . ^ T h i e t m a k , Chronieon, V, 10, SS. B.G. Nov. Ser., IX, Berlino (ree. R . H o l t z m a n ) , p . 232, n. 10 sg . * P a r a d i s i , Storia del diritto internazionale nel medioevo, Milano

1935, 1940..

voi. I, p. 321.

216

LA GUERRA NBL PENSIERO CRISTIANO

e sui metodi e le alleanze da lui contratte, la lotta assume laspetto di un conflitto esecrando tra due principi ugualmente cristiani. Tale guerra esula dal pensiero medioevale per il quale ogni conflitto si giustifica o come necessit di riportare lordine nello stato 0 come missione, per la diffusione della fede. In questa forma essa non sera mai presentata e, una volta avvenuta, non poteva non sollevare lindignazione di chi non la riteneva sufficientemente giustificata. Perci, nellinverno del 1008, Bruno di Querfurt, un chierico della cappella imperiale che aveva appartenuto allambiente missionario di Adalberto di Praga e del Santo Martire aveva narrato la vita, scrisse ad Enrico II, invitandolo a desistere dal combattere contro un principe di provata fede cristiana e a rivolgere invece le armi contro i pagani che si trovavano alle frontiere dellimpero. La lettera non costituisce qualcosa di assolutamente nuovo, sia perch la ribellione di un rappre sentante della Chiesa per lalleanza di un principe cristiano con i pagani ha dei precedenti sia perch lo stesso autore aveva avuto modo di occuparsi della guerra in generale, dichiarandosi contrario a quelle condotte terrae causa , anche se dirette contro pagani, propugnando invece quelle promosse augendae christianitatis gratia Ma qui per la prima volta il problema espresso con estrema chiarezza e la soluzione altrettanto precisa, tanto che il breve scritto diventa un punto di riferimento preciso per la comprensione di alcuni principi del pensiero me dioevale sulla guerra. Lautore, dicevo, aveva gi chiarito al trove la sua opinione sulla missione e sulla guerra missionaria, ma in questoccasione la situazione esige da lui un giudizio che stabilisca entro quali Umiti egli interpreti tale azione. Non pare che il messaggio del vescovo-missionario abbia
1 Cos fece uel 847 larcivescovo Fulko di Reims, quando Carlo III voleva combattere con laiuto dei Normanni il suo antir Oddone (in F loD O A K D, Hist. rerum eecles., IV, 5, M.G. SS., XIII, 565, 21 ; cfr. K e r n , Gottesgnadentum u. Widerstandrecht, Lipsia 1915). ^ Vita quinque fratrum, c. 9, M.Q. SS., XV, 2, pp. 724-25, e Yita 8. AdalbeHi, c. 10, M.G. SS., IV, 599.

LA GUERRA NEL X SECOLO

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avuto molto fortuna presso limperatore, anche se non detto che questultimo si sia offeso del rimprovero ; come autorit religiosa, Bruno si sente in dovere di muovere un appunto a chi erra, fossanche alla massima autorit deUo stato ; tuttavia inizia la sua lettera con una captatio benevolentiae, forse per raddolcire il rimprovero : ... quiquid regem decet et cuncta clementi domino Deo placet-Dubio procul sapiat religiosus rex : est nemo super terram, qui plus diUgat vestram salutem secundum Deum Lo ringrazia di essersi interessato per la sua salvezza mentre era in Ungheria e lo elogia : ...studium habes, ut sis bonus et catholicus rector, sis et, qualem habere necesse est, sanctae aecclesiae bonus et districtus auriga e dicendo di sentirsi in dovere di ammonirlo per aiutarlo a com piere megUo il suo dovere, entra subito in argomento : Ut autem salva gratia regis ita loqui liceat : bonumne est persequi Christianum et habere in amicitia populum paganum? Quae conventio Christi ad Belial, quae comparatio lucis ad tenebras ? Quomodo conveniunt Zuarasi vel diabolus et dux sanctorum vester et noster Mauritius? Qua fronte coeunt sacra lancea et, qui pascuntur humano sanguine, diabolica vexilla ? Come si vede, il problema duplice perch limperatore, oltre a muovere guerra ad un principe cristiano, sera alleato per questimpresa a popolazioni pagane contro le quali aveva un tempo combattuto. Le posizioni che serano avute nelle pre cedenti guerre, si rovesciano cos completamente, suscitando lo sdegno del vescovo che, con un linguaggio che direi bibUco, cerca di dimostrare quanto danno porti allimpero un tale stato di cose. Infatti prosegue sottolineando il fatto che unalleanza con Bolesaw di tutto vantaggio anche per limperatore, sia perch potrebbe riporre la pi grande fiducia nel principe po lacco, sia perch, avendolo alleato, gU sarebbe pi facile impe rare : Non credis peccatum, rex, quandum christianum capud, quod nefas est dictu, immolatur sub demonum vexillo ?
^ La lettera

pubblicata in

G ie s e b r e c h t

W., Geachichte der deutschen

Kaiserzeitj II, pp. 702-5.

* P. 704. Zuarasi Svarozic, dio padre della mitologia slava. Maurizio, come s detto, era il santo protettore delle missioni orientali.

218

LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

Nonne melius esset talem hominem habere fidelem, cuius au xilio et consilio tributum accipere et sacrum christianismum facere de populo pagano posses ! O quam vellem, non hostem sed habere fidelem, de quo dico, seniorem Boleszlavum ! Re spondebis forsitan : Volo ! Ergo fac misericordiam, postpone crudelitatem ; si vis habere fidelem, desine persequi ; si vis ha bere militem, fac cum bono ut delectet. Cave, o rex, si vis om nia facere cum potestate, numquam cum misericordia, quam amat ipse bonus, ne forsitan irritetur, qui te nunc adiuvat, Jesus. Nec contradicam regi fiat, sicut Deus vult et tu vis, nonne meUus pugnare cum paganis propter christianitatem, quam Christianis vim inferre propter saecularem honorem? Certe homo cogitat, Deus ordinat. Nonne cum paganis et christianis hanc terram in viribus regni rex intravit? . Non strano un passo come questo, perch gi tanti ele menti avevano denunciato un pensiero cosi imperialista ; tuttavia da notare come lautore, un religioso, unisca elementi di carattere strettamente politico ad altri di carattere religioso per persuadere limperatore, non solo a far cessare una guerra, ma ad intraprenderne unaltra propter christianismum . Egli vagheggia una guerra di missione, ricorda gli uomini che per questo scopo hanno conquistato la corona del martirio e no nostante insista sul concetto della pace cristiana, invita il re a prendere le armi contro i Lyutiei pagani perch facendo cos obbedir al precetto evangehco : Videres plus beneficio quam bello populum acquirere et, qui nunc in tribus partibus, tunc nec in una parte bellum haberes... Eursum, cum Liutici pagani sint et idola colant, non misit Deus in cor regis, hos tales pro pter Christianismum glorioso certamine debellare, quod est iubente evangelio compellere intrare . Cosi, dopo quasi sei secoli, lagostiniano eogere intrare o compellere intrare ritorna in un altro scrittore cristiano che, se non ebbe nella Chiesa lautorit di SantAgostino, fu per una
1 * Sanctus Petrus, cuius tributarium se asserit, et sanctus martyr Adalbertus, nonne protexerunt? Si adiuvare nollent, numquam sancti, qui sanguinem fuderunt et sub dirino terrae multa miracula faciunt, quin que martyres occisi in terra sua requiescerent... .

LA GTIEKBA NEL X SECOLO

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delle personalit pi notevoli del suo tempo. Nel frattempo non cera stata nessuna presa di posizione ufficiale da parte del lautorit ecclesiastica ; siamo perci costretti a dare a docu mnti come questa lettera, un valore molto maggiore di quello che avrebbero se i principi in essa contenuti fossero solo la con ferma di una dottrina fissata ; e ci, nonostante tali principi non abbiano trovato in seguito un pieno appoggio Il problema sta ora nel determinare quale preciso significato abbia avuto lespressione compellere intrare per Bruno di Querfurt. Accantonato ormai il problema della guerra in generale e non giustificabile dal punto di vista religioso, che senzaltro condannata, la maggior parte dei commentatori interpreta il suo pensiero come un invito alla guerra di missione diretta *, ma c anche chi ha affermato linsostenibilit di questa tesi, basandosi su di un altro passo in cui Bruno di Querfurt sembra opporsi ad ogni violenza ai danni dei pagani, anche se questa ha per scopo la conversione. Il testo in questione suona cos : Audivi etiam de Nigris Ungris, ad quos, quae nunquam fru stra vadit, sancti Petri prima legatio venit, quamvis nostri, quod Deus indulgeant, cum peccato magno aliquos caecarent, quia conversi omnes facti sunt christiani II Kahl sostiene poi che lui stesso diede la miglior conferma quando, solo e di sarmato, fece il suo viaggio senza ritorno in Prussia Non si tratterebbe cio che della guerra di missione intesa in senso ideale. Mi sembra per che con questo non si risolva
* Dai motivi promotori di una guerra, sarebbero esclusi per esempio tutti gli elementi puramente mondani. Il E a h l {Die WendenpolUik Brune von Querfurt im Liehte hochnUttelalterlichen Mission und VUcerreehts, in Zeitsch. f. Ostforsch., Marburg 1955, pp. 167-8, n. 31) cita un brano dalla messa di s. Enrico del messale romano (ed. XVI, Ratisbona 1933, p. 594) in cui si prega : ut sicut illum, gratiae suae ubertate praeventum, ille cebras saeculi superare fecisti, ita nos facias, eius imitatione, mundi huius blandimenta vitare . Bisognerebbe per vedere fino a che punto questi ele menti hanno valore per Bruno, e quanto servano invece come lusinga allim peratore. ^ Tra gli altri : A. H a u c k , KirehengescMcMe Beutechlands, Lipsia 1904, p p . 629-30, e d . E k d m a n n , Kreuzzugsgedanke, p . 97. Cos il VOIOT, op. c it, pp. 101-2 e 164. * Op. it, p. 175 ; cfr.: T h i e t m a r , VI, 95, p. 388.

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LA GUERRA NEL PENSIERO CRISTIANO

il problema, anzitutto perch Bruno di Querfurt, come religioso, non avrebbe potuto portare le armi, quindi il suo esempio non poteva certo essere valevole per tutti ; poi perch la violenza che egli deplora non avrebbe assolutamente arrecato alcun van taggio ad una missione, mentre sarebbe stata contraria ai pi. elementari principi di umanit. Il compellere intrare che significa costringere i pagani ad entrare nella Chiesa, non avrebbe senso se presupponesse lesterminio delle genti da convertire, perch il problema non quello di conquistare un determinato terri torio, ma di assoggettare aUe leggi dello Stato e della Chiesa un popolo. Lo stesso s. Agostino, che ha dato origine a questo pensiero, aveva ripetutamente sostenuto che gli eretici e gli in fedeli dovessero essere risparmiati per quanto possibile per poter essere recuperati alla fede. vero che le crociate non furono condotte con metodo adatto a questo fine e si ebbero anzi epi sodi di violenza e, quel che peggio, anche il plauso per essi ma non bisogna partire dal punto di vista che Bruno di Quer furt sia stato un precursore della crociata, anche se in realt fu un propugnatore della guerra di missione. Ma comunque si voglia intendere il suo pensiero sembrerebbe eh aro che egli non abbia escluso luso della forza per intimorire il popolo da conquistare, e molte espressioni deUa sua lettera lo confermano. Per esempio il pugnare cum paganis propter Christianismum in expugnandis paganis non sono termini che facciano pen sare ad una missione pacifica (in questo caso al posto di pu gnare sarebbe stato pi opportuno un laborare ). Ma se queste parole possono anche essere prese in senso figurato, la frase principale del testo hos tales propter christianismum glorioso certamine debellare, quod est, iubente evangelio compellere intrare , non lascia dubbi ; il vescovo vuol spingere il re contro gli idolatri Ljutzi... qui persequntur christianos . Non ci sarebbe per contraddizione tra i due passi perch

Nel 1100, per esempio, il papa Pelagio II, rivolto allesercito crociato vittorioso, scriveva : manus vestras quas hostius suorum sanguine Deus consecravit ; H . H a g e n m a y e r , Die Kreuzzugbriefe aiM den Jh. 1088-1100, 1901, p. 178.

LA GUEBBA NEI. X SECOLO

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sarebbe assurdo che lautore chiedesse contro i Vendi ladozione di metodi condannati per altri popoli. Ma se si vuol vedere, come fanno alcuni, nella lettera in questione un particolare astio contro i Liutizi, quasi fosse un odio nazionale ante litteram dei Germani nei confronti degli Slavi, ci sono altri motivi che spiegano tale animosit. Il territorio ungherese, infatti, era una vera e propria zona di missione, ma nel caso dei Liutizi la situazione era diversa perch essi che in parte erano gi stati convertiti, erano poi ridiventati pagani Il fatto stesso che siano ripetutamente definiti pagani e mai gentiles, basterebbe a dimostrare una peggior disposizione danimo nei loro confronti, perch paganus termine che ha un significato pi dispregiativo, mentre genti lis chi ancora non crede, ma che pu essere convertito Stando cos le cose, dunque, si sarebbe verificata una situa zione analoga a quella che a suo tempo aveva spinto s. Agostino ad invocare laiuto dello stato contro eretici e scismatici ; an che i Liutizi sarebbero degli apostati e per essi il compellere in trare di Bruno di Querfurt, avrebbe lo stesso valore di quello agostiniano e gregoriano. Non va sottovalutato per il fatto che il distacco di questo popolo dalla fede cattolica era gi avvenuto da diversi anni e di conseguenza, non tutti potevano essere considerati apostati, ma alcuni non saranno mai stati battezzati, o perch nati pi tardi, o perch non erano mai stati cristiani, dato che la popo lazione solo in parte era stata conquistata al cristianesimo. Daltra parte anche lautore della lettera avrebbe chiarito meglio il fatto che la guerra da lui chiesta doveva essere contro un popolo di apostati, quasi come una spedizione punitiva, e

* Questo avvenne nel 983. Ne parlano lo stesso B r u n o d i Q u e r f u r t , nella Vita 8. Adalberti, ree. I, M.G. SS., IV, 598 sg., ed il biografo imperiale Wipo che verso il 1040 diceva che da semichristiani erano diventati pagani per apostolicam nequitiam (Getta Chuonradi, c. 33, SS. B.Q., 1915, p. 52). * K a h l , op. cti., pp. 182-84 e A. D o v e , Studien sur Vorgesehichte de deut. Volksnamen, in SUzungther. d. Heidelherger Akad. d. Wis., Phil.-hist. Klaste, 1916, pp. 60 sg.

222

, (iU K R lU

i\K I.

PEN SIERO OIU.STIANO

avrebbe fatto distinzione tra chi doveva essere convertito e chi invece doveva venir riconvertito o punito. Ma nella lettera tutto questo non detto, anzi, il tono generale fa pensare ad una guerra che abbia per scopo non solo la conversione, ma addirittura la sottomissione di tutto un popolo allautorit imperiale. Non c quindi nellautore un interesse missionario esclusivamente religioso, ma addirittura un imperialismo cri stiano ; anche se egK non insiste sulla vendetta che si sarebbe potuta trarre da un popolo venuto meno alla fede o nemico di questa, n sul fatto della riconquista di un territorio che era stato almeno in parte cristiano pur sempre imperialismo. Lo di mostrano certe espressioni cos vicine al linguaggio biblico, ed altre di origine pi propriamente politica come tributum acci pere evidente che il valore di una frase come compellere intrare non pi soltanto quello che le potevano attribuire s. Agostino o s. Gregorio. Questo precetto, che in un primo tempo era esclusivamente religioso, aveva dato origine ad un pensiero che nel corso dei secoli sera trasformato profondamente. Es sendo stato formulato con due scopi : quello di difendere lin tegrit della fede e la purezza della chiesa, e quello di ridime i ribelli alla ragione, si sviluppa poi in due direzioni che non sempre sono ben distinte : la difesa della Chiesa, anche come organismo temporale e politico, e la diffusione della religione tra gli eretici e gli infedeli anche al di fuori dei confini dello stato. S. Agostino fu il primo a giustificare la guerra dal punto di vista religioso, ma se in seguito essa fu accettata da tutti e pot
^ Questo sar un punto di fondamentale importanza per la crociata, perch i pi antichi canoni medioevali stabilivano che un territorio che fosse stato posseduto da una chiesa o da un monastero doveva rimanere tale. Nel caso fosse poi stato contaminato, doveva essere ricondotto allo stato primi tivo. [ B e n e d e t t o d i W o r m s , Oeer., I li, 15 (P. L., CXL, 676B); 19 (ibid.y C); 39 (679D) ; 115 (694C) ecc.]. Anche Bernardo di Chiaravalle nel 1147 addusse gli stessi motivi : ... ad faciendam vindictam in nationibus et extirpandis de terra christiani nominis {Ep. 457, P. L., CLXXXII, 651 B). ^ Esigere i tributi non solo un fatto economico, ma anche segno di soggezione. Subiugare, nella lingua del tempo ha anche questo significato, infatti W iD U K iN D (in Ees gestae Saxon, II, 21) dice : omnes barbaras na tiones, usque in Oderam fluvium... tributis regalibus se subiugarunt .

LA eU E B B A NBL X SECOLO

223

perfino diventare guerra santa, non si devono cercare i precedenti nellagostiniana dottrina della guerra , ma piuttosto nel fatto che egli per primo abbia ammesso luso della forza per le esi genze della religione creando cos un nuovo e stretto rapporto tra la Chiesa e lo Stato. Alla fine del X secolo, la lettera di Bruno di Querfurt, non che lespressione del punto a cui era giunto il pensiero della Chiesa e del mondo medioevale attraverso una lenta ma costante evoluzione durata alcuni secoU. Certo il suo pensiero non sufficiente a spiegare il fenomeno della guerra santa, della cro ciata ; egli propugna si una guerra di missione, ma non si tratta neppure di missione diretta. Tuttavia egli dimostra come ormai, senza ombra di dubbio, si sia arrivati alla completa cristianiz zazione della guerra stessa.

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INDICE

I. La guerra e i primi scrittori cristiani

. .

pag.

1 17 27 63 85 95

II. Clemente A lessandrino........................................... III. GU scrittori del III se c o lo ................................... IV. Gli scrittori del IV secolo - I soldati cristiani . V. I primi atti c o n c ilia r i........................................... VI. SantAgostino ...................................................... ............................... 121 ....................... 153 VII. La guerra contro gli eretici IX. La guerra nei secoli V ili e IX

V ili. La liturgia nel primo M ed io ev o ........................... 137 X. La guerra nel X seco lo ...........................................201
Fonti - B ibliografia ................................................... 225

Stampato nella Tipograjia L'Impronta , 5. p. A. Via Faenza, 54 - Firenze

Febbraio 1963

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