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Raphael Raccolta di testi e dialoghi

Raphael e le sue opere (Tratto dal Catalogo generale delle Edizioni Asram Vidya) Biografia Parlare di Raphael difficile perch, secondo certe sue espressioni, non ha storia, non ha passato, non ha memorie da riportare. Molti, spinti da una curiosit sociale e mondana, chiedono cose che riguardano il particolare e l'individuale, ma chi ha risolto la sfera dell'individualit e dell'"ombra" non ha pi un nome, una forma, una storia. "La Verit - dice Raphael - non ha bisogno di banditori, non poggia sulla curiosit egoica, non si concede a chi non ha amore di ricerca, a chi non Filosofo, direbbe Platone. Ai pi interessa la cronaca mondana non la Verit". Raphael, per quanto giovanissimo, sente l'anelito alla comprensione dell'Essere. Inizia, cos, un costante tirocinio che lentamente lo porta sotto la stimolazione di un "Influsso spirituale". Gradatamente, e con la rimozione di ostacoli, la sua Coscienza si palesa quale Essenza, priva di sovrapposizioni. Maturato dall'evento Raphael, con discrezione, esteriorizza la Conoscenza coscienza illuminando con l'Insegnamento ogni autentico "ricercatore". Per Raphael la pi autentica ricerca quella che tende a risolvere e trascendere il dramma della nascita e della morte. Se l'uomo, che sperimenta l'implacabile lotta del piacere-dolore e di ogni possibile eterogenea "dualit", non potesse trovare la propria Compiutezza immortale, allora tutto diventerebbe contraddittorio e l'azione stessa dell'individuo non sarebbe altro che un assurdo e nefasto volo verso l'abisso senza speranza. "Non ho avuto altra aspirazione se non quella di conoscere la Vita, altra meta se non quella di trovarmi nel contenuto di Conoscenza, altro scopo se non quello di essere". Queste parole di Raphael racchiudono una totale esperienza di vita e costituiscono, per il loro profondo significato, fonte di meditazione per lungo tempo. "Conoscere significa Essere. Quello che noi chiamiamo conoscenza non altro che un mero discorrere mentale e un interpretare sensoriale mentre, in realt, la Conoscenza operativa e realizzativa, quindi trasformante. operazione del puro "comprendere" e non del semplice concettualizzare. Conoscere, conosciuto e conoscente debbono coincidere perfettamente". Tale impostazione il principio stesso della metafisica realizzativa che costituisce, soprattutto quella della "Non-dualit", una delle pi alte espressioni dell'investigazione umana. Raphael in ogni suo scritto tende a stimolare la coscienza del lettore e a coinvolgerlo in una "presa di possesso" della Conoscenza. Suo scopo principale quello di fornire al lettore "attento" e "qualificato" la strada pi consona al suo stato coscienziale e al suo tipo di mente per potersi accostare a quell'unica Conoscenza che solo una mente analitica, appunto perch limitata, pu classificare come "orientale" o "occidentale".

Negli scritti di Raphael e nei suoi commenti ai testi si trovano ampi riferimenti ai vari Insegnamenti tradizionali e analogie utili a quanti desiderano entrare nel merito dello studio comparato delle Dottrine e nello spirito dell'unit dell'insegnamento. Nelle opere di Raphael s'incontra spesso la parola "comprensione". Per comprensione Egli intende saper fondere in s soggetto e oggetto, "prendere con s un dato". Ci possiamo accostare a un oggetto (interno o esterno) per acquisire una semplice nozione o per giungere a un'identit conoscitiva. Nel primo caso c' erudizione (dualit), nel secondo conoscenza-realizzazione-identit), cio "si vive il contenuto concettuale, si penetra l'essenza di una cosa". Questo modo di comprendere va inteso come mezzo per scoprire la Verit ed essere contemporaneamente la Verit. Chi ha letto i libri di Raphael avr potuto notare come Egli miri a manifestare e mettere in evidenza l'unit della Tradizione, prevalentemente sotto l'aspetto metafisico: ci non implica che si contrapponga alla visione dualistica, a quella ksatriya in quanto tale (si veda, anzi, come questa visione sia messa in rilievo nella sua traduzione e commento della Bhagavad Gita), alle varie fedi religiose, ai vari "punti di vista" - anche quelli opinabili. Una Visione veramente metafisica, se viene incarnata, non pu contrapporsi a nulla "... stante che l'opposizione necessariamente una relazione reciproca che esige la presenza di due termini e pertanto incompatibile con l'Unit principiale" (R. Gunon). Ci che conta per Raphael svelare, mediante il vivere ed essere, parte o tutta la Verit che si potuta contemplare. E per ogni ente - nel tempospazio - l'espressione di pensiero e di azione dev'essere aderente e coerente col proprio e particolare dharma. Sotto questa prospettiva Egli non stato "distratto" da alcuno, n fuorviato da particolari eventi n, ancora, irretito da specifici stimoli, spesso accattivanti, qualche volta alieni. Il "Motore immobile" desta e dirige gli eventi - qualunque essi siano - senza essere da questi trasportato. In riferimento alla "Via del Fuoco", di cui spesso Raphael parla nei libri (si veda in particolare: Tat tvam asi, La Via del Fuoco secondo la Qabbalah, La Triplice Via del Fuoco), bene sottolineare che non si tratta di un nuovo insegnamento, di qualcosa di personale o individuale n di un sincretismo dottrinario, ma della "Via universale" per la realizzazione della propria Essenza perch, in fondo, ogni Ramo tradizionale si dimostra come "sentiero di fuoco". La "Via del Fuoco" la "Via" che tutti i discepoli percorrono, a qualunque Ramo tradizionale essi appartengano. torna all'inizio

ALLE FONTI DELLA VITA di Raphael Domande e risposte sull'Ultima Realt Questo volume raccoglie una serie di domande e risposte tra Raphael e alcune persone interessate alla "ricerca"; in esso c' un sottofondo dominante che si pone all'attenzione del lettore: l'origine del conflitto e la conseguente sofferenza umana. Il conflitto-sofferenza essenzialmente il risultato del divario tra ci che l'uomo ha ed e ci che vorrebbe avere ed essere. Quando tra queste due possibilit c' concordanza perfetta non pu esserci conflitto. Nelle sue risposte Raphael coinvolge lo stesso interlocutore nella ricerca e nello svelamento dell'Ultima Realt. Egli presenta dimostrazioni serrate e stringenti, incalza l'interrogante a retrocedere nel processo pensativo e ad allontanarsi sempre pi dalle "apparenze" fino a lasciarlo "senza sostegni". Alcune risposte sembrano ardite, ma bene considerare che Raphael si pone dal punto di vista dell'Advaita. torna all'inizio DI LA' DAL DUBBIO Il dubbio e l'incertezza rappresentano l'inevitabile conseguenza di un oscuramento della propria consapevolezza. L'individuo proiettato all'esterno ha "dimenticato" la propria reale natura fino ad alienarsi nell'oggetto. L'essere umano naviga in un mare tenebroso, senza bussola e senza scorgere quel faro che indica la cessazione del viaggio. Alcuni sostengono che non esiste n freccia di direzione n faro di salvezza, per cui si tuffano nel grande mare della vita stordendosi ciecamente nel piaceredolore; altri sostengono "dialetticamente" che la salvezza risiede nella glorificazione dell'io e dell'individualismo; altri, ancora, affermano che la liberazione dell'essere umano consiste nel saper diradare le nebbie ottenebranti e puntare la freccia verso la realizzazione dell'Essere. la via, questa, della trascendenza dell'io e del ritrovamento di s con se stessi quale realt universale. Raphael stimola il lettore a ritrovarsi e a trovare in se stesso il sentiero che lo possa condurre "di l dal dubbio". Di particolare interesse sono i capitoli: Vita vibrante e Post mortem e Bardo Thotrol; nel primo si dispiega una visione della Vita dalla prospettiva dell'Armonia, nel secondo viene esposta in forma viva, valida ed accessibile per noi occidentali l'essenza dell'insegnamento de Il libro tibetano dei morti. torna all'inizio LA FILOSOFIA DELL'ESSERE Una concezione di vita per uscire dalle strettoie del conflitto Individuale e sociale .

Alcune persone appartenenti a formazioni ideologiche differenti, ma tutte con istanze anche realizzative, si sono trovate unite e pressate dalle stesse domande: la politica, com' generalmente intesa, pu risolvere i problemi fondamentali dell'individuo? Pub effettivamente appianare le disparit sul piano sociale e portare l'umanit ad un ordine pacifico di cooperazione e di benessere? Le stesse ideologie politiche, nelle loro motivazioni di fondo, sono veramente valide? Pu esserci una filosofia politica capace di affrontare sia le richieste psico-spirituali dell'individuo sia quelle contingenti-materiali di politica sociale? Se un cambiamento necessario, cosa si dovrebbe cambiare e quale modalit e direzione dovrebbe prendere il cambiamento stesso? Tali problemi, ed altri ancora, vengono affrontati in questo libro da Raphael alla luce di quella Filosofia dell'Essere, o Philosophia perennis, che nel suo adattamento all'ordine politico propone una radicale trasformazione non degli effetti, ma delle cause. Sotto questa prospettiva il libro, per quanto tocchi anche problemi di metafisica realizzativa, pu essere utile a coloro che cercano la Visione conforme al Principio e vogliono seguire la "giusta azione" nel mondo del divenire. torna all'inizio TAT TVAM ASI (TU SEI QUELLO) La Via del Fuoco secondo l'Asparsa vada Questo libro consiste in un "dialogo realizzativo" tra un ricercatore della verit ultima e un Asparsin. Antonio (A nel testo), dopo aver vissuto molteplici esperienze senza trovare compiutezza e soluzione ai suoi problemi esistenziali, incontra Raphael ~R nel testo) il quale gli addita la "Via del Fuoco" secondo l'Asparsa vada Questa "Via" o "Sentiero" insegna che l'essere, nella sua essenza, non altro che l'Assoluto stesso; il conflitto, la sofferenza, la contrapposizione e la violenza esistono perch egli, non comprendendo la sua reale natura, si dirige pi all'esterno che all'interno di s. Da qui il pi profondo messaggio che le Upanisad danno all'uomo irrequieto: Tat tvam asi: Tu sei Quello, mantra che rappresenta la sintesi dell'insegnamento Advaita e Asparsa. Quest'opera, indubbiamente, trover risposta in quel lettore che, trovandosi nelle stesse condizioni di Antonio, "aspira veramente e ardentemente a liberarsi" ed alla ricerca non di un sostegno dialettico discorsivo, ma di un sentiero operante ed attivo che trasformi la coscienza e restituisca la "dignit di essere". torna all'inizio LA TRIPLICE VIA DEL FUOCO Pensieri che vibrano per un'ascesi alchemica, estetica, metafisica. Raphael presenta, nel loro aspetto conoscitivo-operativo, tre Rami dell'Insegnamento tradizionale il cui principale scopo quello di condurre l'individuo allo svelamento della propria Essenza. Questo svelamento, o

processo realizzativo, si concretizza in tre linee operative: Alchimia, Amore del Bello, Metafisica tradizionale. La prima via, esposta con una mirabile sintesi, presenta le fasi tradizionali dell'Alchimia: Nigredo ("Rettificazione"), Albedo ("Separazione"), Rubedo ("Unificazione"), con accostamenti e schemi relativi all'insegnamento del Vedanta e della Qabbalah. La seconda via per coloro che hanno sensibilit all'"Estetica trascendentale" come Armonia-Accordo col "Mondo intelligibile"; un sentiero che si riallaccia alla Filosofia di Platone e di Plotino e in particolare all'ascesi dell'Eros divino (gi trattato da Raphael nel libro Iniziazione alla Filosofia di Platone). Tramite quest'opus la corda coscienziale viene rieducata e guidata, mediante precise stimolazioni, a vibrare in ottave sempre pi elevate fino a pervenire alla "rottura di livello dell'io" e ritrovarsi, cos, "Musica delle sfere". La terza via quella della Metafisica realizzativa, il sentiero del "Fuoco incolore"; nell'Advaita si parla di asparsa che vuol dire "senza relazione", "senza sostegno". E per quei pochi che hanno l'ardire di valicare l'abisso, di abbandonare la mente discorsiva limitata per entrare nell'Intellettivit pura (Nous). torna all'inizio OLTRE L'ILLUSIONE DELL'IO Sintesi di un processo realizzativo Questo libro indica i presupposti basilari, le fasi salienti e decisive di quella che Raphael definisce, in senso tradizionale, la "Via del Fuoco". Nel suo significato iniziatico il Fuoco il grande simbolo della trasformazione, della sublimazione e della soluzione nei vari stadi della via realizzativa. La "Via del Fuoco" si basa su una crescente consapevolezza e sperimentazione dei fuochi che si manifestano tramite la vita fisica, psichica e spirituale. Quella prospettata in "Oltre l'illusione dell'io" solo una sintesi operativa che rappresenta lo schema base di ogni possibile sadhana o disciplina spirituale. Per chi pronto essa potrebbe essere anche sufficiente per innalzarsi alla realizzazione dell'Essere in quanto e non diviene. A chi maturo bastano poche indicazioni per "rimettere le ali" e volare verso la libert. "Oltre l'illusione dell'io" scritto da Raphael in forma di sutra in modo da stimolare il lettore pi sotto l'aspetto coscienziale che mentale. Un sutra come un balenio di un lampo che con la sua luce pub squarciare le nubi dell'avidya o ignoranza metafisica. Nel testo i vari argomenti sono visti, anche se brevemente, sotto angolazioni diverse, sono dati accenni all'Alchimia, alla Qabbalah, al Vedanta, allo Yoga, a Platone, ecc. Tutto ci per andare incontro a quei discepoli che differiscono tra loro pet le qualificazioni iniziali, per la cultura, per l'impostazione mentale o per condizioni psicologiche particolari. torna all'inizio

LA SCIENZA DELL'AMORE Dal desiderio dei sensi all'intelletto d'Amore La "Scienza dell'Amore" rappresenta una corrente di conoscenza profondamente iniziatica che in determinante epoche, o particolari congiunture, emerge alla luce per essere riproposta. Essa era gi "affiorata" in altri libri di Raphael: La Triplice Via del Fuoco e Iniziazione alla Filosofia di Platone. Ne La Scienza dell'Amore Raphael prende in considerazione l'Amore quale potente Influsso unificatore che opera e si manifesta nei vari livelli espressivi. Si tratta di quell'Amore che "move il Sole e l'altre stelle", di quell'Eros platonico capace di traghettare l'Anima dall'Amore formale, o sensibile, all'intelligibile Amore-Bellezza. Partendo dallo studio della polarit che si esplica a livello formale come maschio-femmina, con le relative espressioni biologiche e psicologiche, il lettore, in possesso di adeguate qualificazioni, viene messo in grado di percorrere un autentico sentiero tradizionale che lo porta all'Amore filosofico. Fondamentali gli accostamenti tra i vari piani espressivi dell'ente e i corrispondenti chakra, o centri energetici, della dottrina Yoga e le conoscenze sulle polarit esistenti nello stesso individuo. Nel libro sono state inserite delle illustrazioni che riproducono dei disegni del Botticelli per la Divina Commedia riguardanti alcuni Canti del Paradiso. torna all'inizio FUOCO DEI FILOSOFI Risveglio a Verit Tradizionali Il libro composto di note che Raphael e ha sviluppato in forma di brevi articoli in un arco di tempo abbastanza lungo. Esse, pur prospettando argomenti vari sono essenzialmente rivolte alla Tematica della Conoscenza tradizionale. Le note sono state raccolte con l'intento di fare cosa utile a quanti s'interessano della Via realizzativa. Al di l delle singole tematiche affrontate vogliamo sottolineare un'evidenza, che possiamo riscontrare nella maggior parte dei libri di Raphael: la presentazione della Dottrina tradizionale sotto il "punto di vista" prettamente metafisico e l'insistenza nel parlare in termini di Unit della Tradizione. In un mondo in cui i vari Rami tradizionali, o iniziatici, si contrastano per cieca incomprensione, Raphael indica il superamento di ogni tipo di "settarismo dogmatico" facendo riconoscere i diversi Rami non sono altro che formali di un'unica Realt che sottost a ogni Dottrina autenticamente tradizionale. La diversit esteriore della Dottrina pu essere risolta solo con la Visione metafisica, visione che sintetizza le apparenti sfaccettature che operano esclusivamente nella sfera del sensibile. Rendere esclusivo un Ramo dottrinario significa prima o poi combattere il potenziale nemico che sta di fronte. Pensare che solo il Ramo alchemico -

oppure quello qabbalistico, platonico, vedantico, buddhista, ecc. - sia in grado di risolvere l'avidya-ignoranza dell'ente decaduto solo fare sfoggio di orgoglio di parte e di settarismo deteriore. Che i pi siano sotto l'imperio dell"'opinione" un fatto evidente, come evidente che essi cercano fanaticamente di assolutizzare quella opinione; ma che un discepolo alla Conoscenza suprema possa considerare, per esempio, che solo l'Occidente oppure l'Oriente detenga la Verit indice di opinione, non di pura Conoscenza. Voler unire al semplice livello emotivo, o esclusivamente concettuale, le tante correnti spirituali, religiose o le diverse scuole iniziatiche che si pongono soltanto nell'ambito di processi mentali e passionali fatica vana, sprecata; diremo, certamente illusorio e persino patetico. Solo con una visione che trascenda la "parte", la singola "corrente", si pu comprendere l'Intero (come dice Platone); solamente da una prospettiva superiore si pu includere e comprendere quella inferiore o il singolo, e questa "prospettiva" non pu non essere quella metafisica la quale abbraccia l'Essere e il non-essere, andando ancora oltre, con tutte le conseguenze che questa inclusione-integrazione, e nello stesso tempo trascendenza, pu produrre.

Oltre lillusione dellio Sintesi di un processo realizzativo

------------------------INTRODUZIONE. Nell'introduzione all'opera: 'La triplice Via del Fuoco', c' scritto: "La Via del Fuoco di Raphael quella Via operativa che porta all'accensione del fuoco, al dominio e alla direzione del Fuoco, alla soluzione dello stesso Fuoco." Poich questo semplice libricino espone solo una sintesi di un processo realizzativo, per chi vuole approfondire maggiormente la materia si rimanda all'opera summenzionata (Raphael, La Triplice Via del Fuoco) ove sono prospettate tre vie operative: a) Realizzazione secondo l'Alchimia (Sezione I, capitolo I). b) Realizzazione secondo l'Amore del Bello (Sezione I, capitolo II). c) Realizzazione secondo la Metafisica Tradizionale (Sezione I, capitolo III). Quando un aspirante stimolato a incamminarsi lungo la Via della Realizzazione del S, quando ha finito di leggere le cose pi svariate e cessato di parlare confusamente di cose spirituali, la sua coscienza gli impone un'azione pi incisiva, operativa, tale da sospingerlo alla soluzione delle sue istanze. A questo punto da un vago cercare qua e l passa all'applicazione concreta della sadhana (ascesi realizzativa) e alla scelta di un Sentiero che sia congeniale al suo stato psicologico. Questa prospettata nel presente scritto solo una sintesi operativa che rappresenta lo schema base di ogni possibile sadhana. Per chi pronto essa potrebbe essere anche sufficiente per innalzarsi alla realizzazione dell'Essere in quanto e non diviene. A chi maturo bastano poche indicazioni per rimettere le ali e volare verso la Libert. Se l'ente vive nel conflitto, nella sofferenza materiale e psicologica, nell'irrequietezza e insoddisfazione, vuol dire che qualche cosa non

funziona in lui, o qualche cosa risulta sbagliata nella condotta della sua vita. Pu darsi anche che il suo vivere poggi su una visione errata dell'esistenza, che segua una filosofia di vita a vicolo cieco, fino a rassegnarsi a procedere nell'inerzia o ad adeguarsi passivamente all'inconscio caotico collettivo senza alcuna prospettiva di venirne fuori. Eppure, l'uomo dell'inquietudine e dell'angoscia pu avere senz'altro delle soluzioni ottimali, solo che dovrebbe essere pi responsivo, pi duttile, pi umile e disponibile ad ascoltare una voce che difficilmente nel mondo citomico ha potuto ascoltare. Che cos' poi una Via realizzativa se non quella che svela la Pienezza e la Conoscenza di s, cose queste che si trovano entro lo stesso ente, ma che restano profondamente celate nel cavo del cuore perch l'attenzione spesso rivolta al mondo del divenire pi che a quello dell'Essere. Che cosa possiamo dare agli altri se la nostra vita intessuta di emozioni, passioni, egoismi e ignoranza dei vari problemi esistenziali? Spesso neanche un conforto psicologico per sopravvivere. La maturit, a volte conquistata sotto il martello della sofferenza, impone prima o poi di distogliere l'Occhio dell'intelligenza dalle cose che non sono (mondo duale) e a dirigerlo verso lo splendore della propria essenziale natura. Indubbiamente ci che implica un capovolgimento di valori, una rivoluzione psicologica, un rendersi non pi verso la linea orizzontale inefficace, infruttuosa, ma verso quella verticale di risveglio, di svelamento di potenzialit meravigliose che sono prerogative dell'animo umano. Questa sintesi operativa rivolta appunto a quanti, maturati sotto la legge della necessit, vogliono assaporare la mirabile via della Libert fino a essere libert-compiutezza. E' a questo punto che possiamo dare agli altri non semplice conforto psicologico, ma qualcosa di pi. Il Fuoco di cui si parla non ovviamente quello che conosciamo a livello fisico. Un istinto, una passione, un'idea, ecc. non sono altro che fuoco in espressione: i nostri corpi di manifestazione (fisico, emotivo e mentale) sono composti di fuoco, la stessa materia un concentrato di fuoco, una stella un fuoco che illumina: la vita stessa pu essere compresa in termini di

fuoco. Nello Yoga si parla di sette centri di coscienza che esprimono energia-fuoco-luce. Alcuni di essi vanno risvegliati in modo che l'energia-fuoco s'innalzi lungo una linea determinata per portare la coscienza a dimensione universale. La vita del discepolo, dunque, una vita di fuoco, e agli inizi egli pu esserne turbato fino a rifiutare questo fuoco che gli sembra sconosciuto, dal momento che non ha mai interpretato se stesso in termini di fuoco. Quando per il discepolo si sveglia, il fuoco gli si impone ed egli deve riconoscerlo; pu essere difficile in principio perch non sa come trattare l'elemento n come affrontarlo. Questo avviene solo perch l'avidya (non-conoscenza della propria essenziale natura) ci nasconde il fatto fondamentale, che dal campo di tensione che procede dal Principio universale al cuore della sostanza formale, tutto fuoco. Quando il discepolo gradatamente scopre la propria realt di Fuoco, liberato dal fuoco. Si riconosce nel Fuoco e costantemente bruciando, nel rogo elimina ogni cosa che si frappone tra lui e la sua essenza. Impara cos a rigettare tutto ci che non pu essere sostenuto nel respiro del Fuoco. Possa questo breve trattato essere di utilit a quanti si accostano alla realizzazione del S. Ti d le chiavi per aprire le porte del Tempio; in Esso troverai il Fuoco rigeneratore che ti ingrandisce quanto il creato, la spada fiammeggiante per combattere le tenebre che ti costringono, la Verit suprema splendente e costante. Raphael. I tre fuochi individuati sono potenti energie qualificate di un io rapporto a un altro io. Si pu essere polarizzati principalmente su una specifica qualit energetica, per cui abbiamo individui prettamente istintuali, emotivi-sentimentali-passionali, o mentali; oppure, ancora, un io con qualit miste; per importante ricordare che a questo livello i fuochi sono sempre in relazione a un centro egoico. Fino a quando il riflesso di coscienza del puro S-Nous s'identifica con tali fuochi non pu essere libero di ritornare alla Fonte da cui si distaccato per semplice temerariet, per dirla con Plotino; ovvero per la sua libert di operare in molteplici direzioni.

Cos, tutto il processo realizzativo consiste in opportune fasi operative: 1. Comprensione dei fuochi individuati. 2. Separazione del riflesso di coscienza animica (jiva) dalle proprie proiezioni. 3. Fissazione del Centro coscienza su se stesso. 4. Rivolgimento del Centro di coscienza, e quindi integrazione dei fuochi individuati, verso la controparte universale e principale dei fuochi. 5. Captazione dell'essenza del fuoco e stabilizzazione della consapevolezza su tale stato metafisico. In sintesi si ha che il riflesso coscienziale, da individuato e scisso dal contesto dell'Essere e quindi identificato col mondo delle semplici apparenze, riprende la sua autentica natura universale. La parabola del figliol prodigo che ritorna a casa emblematica. L'ente umano un centro spirituale luminoso ma, per un suo libero atto, pu oscurarsi, pu scendere nella caverna e vedere solo l'ombra della Realt, anche se questo evento rimane relativo perch non pu ovviamente cambiare di natura. L'immortale non pu divenire mortale, per pu pensarsi, credersi finito e corruttibile. Per esempio, identificandosi col contingente corpo-fisico grossolano, l'Anima immortale pu considerarsi mortale, ma questo evento pu essere solo apparente e non-reale. RISVEGLIO ALLA REALIZZAZIONE DEL SE'. 1. Il Fuoco di cui si parla non ha alcun riferimento con l'elemento fuoco propriamente detto; esso ha un significato molto pi profondo: l'essenza della stessa manifestazione e permea la nostra natura formale. Occorre accenderlo, dominarlo, direzionarlo s che le scorie che ostruiscano possano essere completamente bruciate. Anche nell'Alchimia e nello Yoga si parla di fuoco. Ne 'La Via del Fuoco secondo la Qabbalah' (Raphael, La via del fuoco secondo la Qabbalah) c' scritto: "Per spegnere il triplice Fuoco bisogna avere maturit, dignit, arditezza e conoscenza intuitiva. Chi ha spento il triplice Fuoco, avendo ancora un corpo, un cadavere vivente (liberato in vita).

Un cadavere vivente non lascia orme o impronte; non ha scopo da raggiungere, n dovere profano da adempiere. Il Compiuto vive solo di compiutezza e di pienezza e questa pienezza prescinde da ogni determinazione, da ogni azione, da ogni finalit. 2. O Yama, tu che conosci il fuoco che conduce al Cielo, rivelato a me, che sono pieno di fede. Io ti insegner quel fuoco, o Naciketas, che t'innalza al Cielo. Sappi che il Fuoco il mezzo per ottenere mondi infiniti; Esso costituisce il loro stesso fondamento ed nascosto in un segreto luogo. Allora gli svel quel Fuoco, sorgente del mondo. (Katha upanisad). Il discepolo della Via del Fuoco deve avere precise qualificazioni senza le quali pu cadere in equivoci e illusioni, quindi: a) Occorre lavorare alla trasformazione del proprio Tempio perch lo si reso non pi sacro. b) Avere riserbo intelligente e misurato, l'opera non deve essere turbata da agenti esterni. Ci comporta non disperdere i Fuochi, ma renderli concentrati nell'opera di trasformazione. Quindi pensare e parlare quando la necessit lo impone, e agire solo quando il dovere imprescindibile. c) Operare malgrado le circostanze della Vita sociale o profana. L'opera non concede attenuanti o rinvii. d) Comprendere che ogni individuo esprime qualit, energie di varia natura e colore; quindi nel tempo-spazio ogni cosa si trova al suo giusto posto. Ci implica non-contrapposizione. e) Porsi giuste domande e considerare che molte domande non hanno risposta. Altre sono mal poste. Altre ancora il porsele prematuro. Una giusta posizione coscienziale predispone a giuste domande. Un vero dialogo con se stessi e con un istruttore pu avvenire quando le domande sono ben poste. f) Non operare in funzione del premio. Se c' una richiesta di premio allora occorre riconoscere che c' la mano dell'io che sollecita quell'io che

invece bisogna incenerire o integrare. g) Ricordarsi che la via dell'immortalit non fatta di dubbi, di rinvii, di autocommiserazioni e di paure. La Via del Fuoco fatta per chi sa osare e lasciare ogni pregiudizio. 3. Tutto ci implica che la Via del Fuoco operativa, fattiva, realizzativa; quindi, senza l'accensione del Fuoco nel fornello del proprio Tempio non si pu procedere. E' bene riconoscerlo fin dall'inizio per evitare future disillusioni. Se certe qualificazioni non ci sono ancora, con la tecnica dell'evocazione si possono propiziare. Tutto in noi, ma molte cose sono a livello potenziale, occorre richiamarle all'attualit. 4. Il mondo dell'Avidya, o il fuoco condensato, non porta a qualche soluzione, non ha finalit, esso svanisce nel momento del Risveglio. 5. Il riflesso di coscienza incarnato, secondo la Tradizione Vedanta, possiede cinque guaine o corpi-vasi che operano su tre livelli universali di vita: grossolano, sottile e causale. Le guaine-corpi sono differenti condensazioni del Fuoco. Ma l'essere umano dormiente si considera con la sola guaina fisica. Sotto la prospettiva metafisica, questi tre stati e le cinque guaina non sono altro che apparenza in quanto appaiono all'orizzonte formale e scompaiono. 6. Il Fuoco pu operare su tre dimensioni: pu trovarsi a livello prettamente fisico-grossolano, materiale o condensato; fluido o sottile radiante, e noumenico. Quindi, un'Anima vivente pu sperimentare tre stati di coscienza che si esprimono su tre livelli di Fuoco. Quando l'Anima lascia, ad esempio, il corpo fisico condensato si ritrova con il corpo noumenico e con quello sottile; quando lascia quello sottile (la seconda morte) si trova con il solo principio focale noumenico; quando questo si dissolve, per opera della Conoscenza metafisica, la Coscienza riposa nella sua natura non qualificata.

7. La pura Coscienza onnipervadente, quindi trascendente e nello stesso tempo immanente, dentro e fuori, sopra e sotto. E' per questo motivo che il riflesso di coscienza individuato deve risolversi nell'onnipervadenza senza limiti o, in altri termini, si deve ricongiungere alla Fonte da cui in realt non si era mai distaccato. Liberazione, dunque, rottura di catene, di limiti, di costrizioni, di necessit, di identificazioni. Se l'essenza dell'essere poggia sulla libert di scelta, allora una scelta, tra le indefinite, pu essere quella di trovarsi in una certa condizione, anche se poi ci comporta dualit conflittuale. 8. D'altra parte, l'antinomia dell'individuo deriva da un'insoddisfazione di essere, da un'irrequietezza che lo sospinge a cercare lungo sentieri che sono ulteriori prigioni. La soddisfazione di emozioni, di volizioni, di appetiti sono l'effetto della scissura con la sua controparte divina. E' la parte, in quanto riflesso, che cerca la sua totalit: quindi, l'irrequietezza dell'uomo legittima, sbagliata, invece, la direzione della ricerca. Ci rappresenta il mito di Narciso che, specchiandosi, si identifica con la sua ombra, e col perdersi nell'ombra dimentica la fonte. La consapevolezza incarnata, mediante il veicolo mentale, appare altro da s. La mente funge da maya, da specchio, come l'acqua per Narciso rappresenta la sostanza tramite cui appare il suo riflesso; l'identificazione con questo riflesso determina la sua caduta. La sostanza mentale, quindi il medium con cui appare il riflesso del Purusa. La Tradizione platonica, e quindi misterica, parla giustamente di rimembranza; vale a dire, richiamare alla memoria la nostra vera identit. Lo stato di sogno significativo per comprendere il meccanismo proiettivo e identificativo (viksepa sakti e avarana sakti). 9. Quello della sofferenza umana un problema di scissura la quale crea dualit e questa, a sua volta, fonte di conflitto, di io e non-io, di attrazione-repulsione e cos via. Colmare la scissura significa ricomporsi nell'unit, essere un tutt'uno, ritrovare la propria integrit. 10. Realizzazione dunque risveglio a ci che si dall'eternit. E' prendere consapevolezza del Fuoco noumenico e poi di quello nonqualificato quale

Punto polare assolutamente costante. Di conseguenza non procedendo lungo linee orizzontali del divenire-movimento impermanente che possiamo ritrovarci, ma sul piano verticale; non andando che possiamo ritrovare la libert ma fermandoci. 11. Quindi il nostro problema fondamentale quello del risveglio. Pi che un'ideologia per la salvezza del mondo, dobbiamo comprendere ci che siamo, ci che la nostra vera Essenza immortale. Il resto viene ovviamente da s. Chi non animato del sacro fuoco di Essere non pu seguire la Via del Fuoco. Non possiamo volare se non dispieghiamo le ali; non possiamo irradiare se non accendiamo il Fuoco. 12. Dal punto di vista della Conoscenza assoluta (paravidya) c' solo una Realt: il Fuoco non qualificato e non determinato; dal punto di vista della conoscenza sensoriale o empirica (aparavidya) c' una Causa prima e molti effetti. La realizzazione dell'essere si dispiega lungo un filo sperimentale che va dalla consapevolezza del molteplice a quella dell'Uno principale fino allo svelamento della Realt senza secondo. Per dirla con Platone, si passa dall'uno e i molti (mondo del sensibile) all'Uno molti (mondo dell'Essere) e infine all'Uno-Uno o Uno-Bene; vale a dire, all'Uno metafisico non qualificato e non determinato. 13. La mente analitica (dianoia) costituisce lo strumento della rettificazione di qualit, mentre la mente superconscia (noesis) lo strumento di svelamento degli universali e della loro integrazione nella pura Coscienza. 14. Lungo la Via del Fuoco occorre adattare la nostra visione a quella della Verit costante. Per la mente dianoetica, sotto l'impressione dell'ego, vuole adattare la verit alla sua parziale e distorta visione. Per morire a se stessi occorre coraggio: la nostra concezione d'incompletezza tenace, quando si pensa di averla debellata essa germoglia ancora e fiorisce, come se la nostra azione non l'avesse neanche sfiorata.

15. D'altra parte rivolgendomi a te che leggi e che sei preparato, non puoi badare a quello che dicono gli altri, il mondo dell'io deve pur dire qualcosa; ma ormai esso non costituisce pi il cibo del tuo vivere. Se poi ti aspetti che l'insegnamento sia nato per soddisfare certe istanze inconsce dell'io, dimentica la Via, essa ancora non fa per te. 16. Con la Via del Fuoco bene ripeterlo, perverrai, prima di tutto, a impadronirti del tuo Centro focale, poi a risolvere il Fuoco condensato, a sperimentare il Fuoco onnipervadente e, infine, a risolverti nel Fuoco non-qualificato o nell'essenza stessa del Fuoco. Il Centro focale rappresenta il tuo polo direzionale, intorno a cui roteano i fuochi psico-fisici. Il Fuoco condensato individuato rappresenta la tua apparenza. Il Fuoco onnipervadente ti palesa la realt dell'Unit; l'essenza stessa del Fuoco, ti svela l'Uno senza secondo perch il secondo, a qualunque dimensione e grado possa appartenere, stato risolto e integrato nell'Uno uno. 17. Comprensione dei fuochi psicofisici, loro coordinazione e integrazione, formazione di un unico Fuoco e infine direzione del Fuoco uno, tutto ci costituisce il movimento essenziale della Via del Fuoco. Ecco un quadro dimostrativo su cui occorre lavorare: Formale = Sfera fisica grossolana = Fuoco condensato. Formale = Sfera sottile iperfisica = Fuoco radiante. Informale = Sfera causale o noumenica = Fuoco noumenico principale. Sfera causale o noumenica + Fuoco noumenico principale uguale fuoco incolore non-qualificato A livello microcosmico abbiamo: Corpo grossolano = Fuoco del fisico denso. Corpo sottile = Fuoco radiante. Stato di pura coscienza = Fuoco incolore non qualificato.

- TRASCENDERE LA MENTE.-

18. In che modo, ad esempio, possiamo dominare e poi trascendere il pensiero individuato? Per comprendere questo processo prima di tutto bene capire il funzionamento della mente. Raffiguriamoci la mente come una sostanza-energia vibrante che, tramite il suo ritmo, pu assumere diverse forme con caratteristiche qualitative indefinite. Paragoniamola all'argilla con cui possiamo plasmare molteplici forme come vasi, giare, statuette e cos via. La sostanza mentale plasma e ritma immagini che poi vengono concettualizzate o rappresentate mediante idee e concetti. E' bene soffermarci sulla parola immagine; infatti, quando pensiamo formuliamo dei ritmi-immagini aderenti ai vari oggetti. Cos, osservando un albero plasmiamo la nostra mente a immagine dell'albero; in altri termini, adeguiamo la nostra sostanza ai ritmi dell'albero. Possiamo anche chiudere gli occhi e vedere questa immagine nella nostra spazialit mentale (tale procedimento si chiama visualizzazione); quindi, la nostra sostanza mentale non fa altro che assumere la forma degli oggetti percepiti e osservati. Abbiamo detto che la mente svolge anche un'altra funzione: quella di ideare e concettualizzare; cio trasforma l'immagine o l'oggetto in termini di concetto e poi di linguaggio per poter comunicare e trasmettere verbalmente. Inoltre, la mente per ideare l'immagine dell'albero e afferrare la forma dell'albero, per impossessarsene e plasmarsi convenientemente, occorre che esca da s, dalla sua quiete. Abbiamo quindi questa sequenza:

Sostanza mentale. prima fase = Immagine. seconda fase = Concetto. terza fase : Parola, Suono.

19. L'immagine mentale dell'albero, ovviamente, assume la funzione di oggetto e se esiste un oggetto deve pur esserci un soggetto. I due sono sempre interrelati, interdipendenti. Se, ancora, facciamo esperienza diretta dell'intero processo, notiamo che questo soggetto cambia col cambiare degli eventi-cose; lo stesso soggetto pu essere allegro, triste, euforico, ecc. Quel soggetto che stato triste viene contraddetto dal soggetto che diventa allegro, ecc. Un oggetto pu prima rallegrare poi rattristare lo stesso soggetto. L'io e il non io sono sempre dati di relazione, sono in movimento e quindi aleatori. Possiamo concludere che il soggetto e l'oggetto rappresentano momenti psicologici, quindi sono tempo spazio. Se sono movimenti ci dev'essere di conseguenza un qualcosa di stabile che percepisce i differenti movimenti e li collega: questo qualcosa non altro che la coscienza la quale, appunto, cosciente dell'alternarsi dei vari moti del soggetto e dell'oggetto. Abbiamo perci: Coscienza = soggetto = oggetto. Cos, dei tre, la coscienza risulta la costante essendo presente nelle varie modificazioni mentali e, anche quando la stessa mente tace; difatti riconosciamo di non aver alcun pensiero, cio di non aver proiettato il soggetto e l'oggetto. E' lo stato della coscienza pura di l dal tempo, dallo spazio e dalla causa. 20. In che modo, dunque, possiamo dominare e trascendere la mente di relazione e quindi individuata? Da quanto abbiamo esposto si pu dedurre che il risultato pu ottenersi separando il soggetto oggetto dalla coscienza per poi "fissare" la stessa coscienza su se stessa. Cos facendo la coscienza consapevolezza diventa assoluta padrona del movimento dualistico fino a fermarlo, se lo desidera. E' a questo punto che si pu riconoscere che dei tre l'unica realtcostante la consapevolezza la quale ipseit; vale a dire, non dipende da altro se non da se stessa. L'io mondo sparito; i due fattori, che sono divenire e relativit, vengono risolti, integrati, trascesi.

SOLUZIONE DEI COAGULI ENERGETICI.

21. Pu avvenire che nella nostra spazialit si presentino contenuti psicologici o, meglio, coaguli energetici qualificati che hanno una certa forza e persistenza da condizionare il centro coscienza non stabilizzato. Anzi, ci sono particolari contenuti coaguli che possono rendere l'ente completamente aggiogato e frustrato; ogni individuo ha un suo guardiano della soglia con cui deve fare i conti, a volte possono essercene pi di uno con grave difficolt della coscienza a gestire il proprio equilibrio. Che cosa occorre fare in questi casi? Proponiamo alcune modalit operative: a) Con la potenza del suono (mantra) disgregare il coagulo. E' un atto dinamico, preciso e immediato. b) Accettandolo e integrandolo nella pura naturalmente avere adeguata posizione solare coscienziale. coscienza; occorre

c) Rallentando il ritmo del contenuto e sottraendogli energia fino a neutralizzarlo completamente. d) Operando con una qualit energetica opposta a quella del contenuto. In questo caso si ottiene una sorta di trasmutazione alchemica. 22. Per ci che occorre non combattere in modo frontale il contenuto. I quattro modi di operare vanno espressi in termini di calma determinata, di consapevole amorevole fermezza; non la volont egoica, ma la consapevolezza decisa a essere arbitro dell'evento. Inoltre non bisogna giudicare, biasimare oppure giustificare il contenuto. La Visione che tutto ci che si percepisce nella propria spazialit non altro che un secondo relativo, per quanto di particolare consistenza, pu favorire una maggiore coscienza solare. Assoluto solo colui che percepisce, colui che osserva, che consapevole, colui che testimone di ogni movimento qualitativo; e quando si prende consapevolezza della propria assolutezza l'atteggiamento verso il secondo cambia completamente e la soluzione dell'evento diventa certezza. Sotto questa prospettiva si pu dire che la Conoscenza tradizionale

rappresenta una quinta modalit operativa; anzi, per chi predisposto basta la Conoscenza a svitalizzare, neutralizzare e sciogliere ogni possibile secondo che pu presentarsi all'orizzonte della circonferenza psichica. Il mantra disintegra la forma, la Conoscenza svilisce e scioglie, l'Amore (che parte dal purusa incarnato) trae a s tutto ci che tocca integrando e risolvendo. NASCITA DEI CONTENUTI O COAGULI ENERGETICI. 23. Ma come nasce un contenuto psicologico o un coagulo energetico? Per comprendere meglio tale processo possiamo rifarci alla visione Vedanta, soffermandoci, per il momento, sulla polarit purusa e prakrti. Il purusa l'aspetto positivo, l'Essenza, mentre la prakrti rappresenta la sostanza, l'energia (la chora platonica) con cui si modellano le forme. La maya la sostanza mediante cui le forme appaiono alla percezione. Ora, un contenuto psicologico, abbiamo detto, un coagulo energetico qualificato; ci vuol dire che il purusa incarnato (quel Raggio di luce immanente) tramite la mente formatrice, che sostanza, modella il contenuto qualificandolo secondo l'intenzione conscia o inconscia. Cos, un pensiero qualificato di qualsivoglia natura ripresentato, reiterato persistentemente crea, appunto, una condensazione della sostanza, fino a formare un ente, direbbe Plutonio, tale da condizionare il riflesso del purusa. Si diventa ci che si pensa, questo l'eterno mistero, afferma la Maitry upanisad o, in termini occidentali, l'energia segue il pensiero. Si comprende quindi la necessit di disciplinare la mente, in modo che possa diventare uno strumento docile nelle mani dell'Ente essenziale. 24. Occorre ricordare che il processo realizzativo consiste nello sciogliere le forme coagulate (contenuti qualitativi individuati), rallentare il moto della prakrti e infine risolverla nel purusa; la sostanza non altro che una semplice polarit. A questo riguardo la simbologia di Adamo e di Eva significativa. Eva sostanza nasce dalla costola di Adamo essenza. Si pu ancora dire che l'uno, proiettando un suo riflesso, crea il due; o, ancora, il punto, sdoppiandosi, forma la linea.

Sulla via del ritorno la quantit formale (molteplici contenuti ordine e grado) deve ridursi all'unit e questa reintegrarsi nell'Uno senza secondo. Il conflitto sofferenza deriva dal contrasto tra i vari contenuti avendo questi qualit opposte; un dato evidente che nella nostra circonferenza psichica esistono enti creati da noi che si combattono per la loro sopravvivenza. Occorre far tacere le molteplici voci che intorbidiscono e travolgono la coscienza; occorre, senza sentimentalismi, riconoscere che: o la sostanza che, in modo caotico, lambisce l'intera circonferenza, oppure il purusa, o l'ente reale, essenziale, che impone il ritmo direzionale alla circonferenza. La sostanza un cattivo padrone, ma un ottimo e utile servo. Lasciare che la prakrti si modelli secondo i vari stimoli interni o esterni che pu ricevere senza l'intervento direttivo dell'Ente essenziale, o "Ordinatore interno", significa trovarsi completamente alienati. Il disordine di una societ il riflesso specchio del disordine della sostanza individuale che non viene plasmata secondo la pura Idea, direbbe Platone, o la volont spirituale della Coscienza. L'ignoranza di ci che si (avidya) porta al vivere proiettivo psicotico, quindi al vivere folle. Infatti il mondo degli ego empirici una dimensione paranoica; il Liberato ha sconfitto l'ignoranza; gli rimane il vivere privo di proiezioni, senza aspettative: persino i suoi stessi atti possono apparire importanti agli occhi degli altri ma non ai suoi. 25. Quando, parlo sempre a te che leggi e che sei pronto, hai sciolto i vari contenuti, o le indefinite forme qualificate, nella tua circonferenza esistono da una parte il purusa incarnato e dall'altra la prakrti completamente integra, neutra, non qualificata. Se hai ancora sete di compiutezza e di unicit devi risolvere (come hai gi notato precedentemente) la polarit prakrti nel purusa in modo che i due diventino uno. A questo punto non puoi dire: Io sono questo (il questo rappresenta la molteplicit dei contenuti e delle qualit che caratterizzano la tua spazialit psichica). Non c' alcun secondo con cui puoi identificarti; sei solo: Io sono; anzi, semplicemente Sono, avendo eliminato appunto il questo. Sei in uno stato coscienziale molto avanzato perch ti sei portato nella

condizione primordiale prima della caduta o della scissura, avendo sciolto anche il senso dell'io (ahamkara) o l'appartenenza a un nome e a una forma. Questo Sono la causa prima che pu muoversi negli stati molteplici dell'Essere universale in perfetta libert e pu avere indefinite possibilit espressive; lo stato ottimale. Ma ogni causa gi determinazione; per quanto principio, che ha dato origine a ogni possibile divenire, rappresenta la matrice dell'imprigionamento, degli eventi che prendono concretezza. Quindi abbiamo: Sono = esistenza in manifestazione come causa primordiale. Io sono = Consapevolezza del me che esiste. Io sono questo = il me che si identifica con le proiezioni offerte dall'Io sono. 26. Gli stati di veglia, sogno e sonno, che sono movimento, appartengono all'Io sono questo, all'Io sono e al Sono. La consapevolezza assoluta il testimone dei tre stati e del movimento dell'esistenza e della non esistenza dei tre stati. Cos l'Essere, in quanto e non diviene, di l non solo dal tempo e dallo spazio, ma anche dalla causa o dal principio da cui tutto emerge; quindi, occorre risolvere il Sono (in quanto coscienza universale principale, seme degli indefiniti stati dell'ente) nell'assoluta Realt non determinata. Diremo che il Sono la prima determinazione o specificazione dell'Essere senza secondo non qualificato o dell'uno metafisico. Ecco un quadro riassuntivo: Io Sono = Io sono questo. I punti sono le molteplici voci qualificate. La sostanza resa limpida, neutra, scevra di coaguli. Soluzione della stessa subcoscienza. Sono = La polarit negativa o sostanza si risolve nell'unit causa principale. Realt assoluta non qualificata.

IL JIVA ENTRO LA FORMA. 27. Possiamo considerare quanto esposto sotto un'altra prospettiva: c' l'Etere onnipervadente (Isvara Essere) che prende indefinite forme-guaine (= Uno molti); quella parte di Etere (jiva) entro il vaso-guaina pu identificarsi con i vari veicoli-corpi (fisico grossolano, mentale, buddhico, ecc.) credendosi cos separato sia dall'Etere universale sia dagli altri eteri circoscritti dalle guaine vasi, per cui si pensa Io sono questo in contrapposizione con gli altri enti. La realizzazione consiste nel disidentificarsi dai vari corpi guaine vasi, con le loro qualit specifiche, fino a riconoscersi: Sono Etere (e non pi corpo guaina). Qui l'io scomparso perch l'Etere di questo stato non si concepisce pi come individuo con un nome e una forma; l'ulteriore passo di riconoscersi come Etere onnipervadente poich l'Etere entro il vaso forma della stessa natura dell'Etere fuori del vaso. Ogni forma vaso appare e scompare, per cui solo chi vi identificato pu parlare di nascita e morte, di trasmigrazione, di tempo e spazio, ecc. In definitiva la Coscienza universale (Isvara Essere) che assume delle forme e si particolarizza, (come una parte di Me mi manifesto. Bhagavad Gita), e l'identificazione dell'Etere entro il vaso con le forme fa nascere l'individualit separata; inoltre ci costituisce il mezzo per far muovere la ruota del divenire. Fino a quando c' identificazione c' anche l'io e il tu, c' manifestazione, oggettivazione, c' un vedersi altro da s; quando l'Etere entro il vaso si riconosce fattivamente, e non teoricamente, ci che realmente "comprende" il vaso, con le sue varie qualificazioni, lo trascende e poi integra Isvara Essere, quale causa prima della esteriorizzazione, e si risolve nell'uno senza secondo o nirguna. 28. Il jiva entro il vaso un momento coscienziale di Isvara che risponde al Jiva principale universale e questo, a sua volta, un momento coscienziale del Brahman nirguna o dell'essere non qualificato e metafisico. I vasi corpi sono alimentati, in ultima analisi, dall'etere-isvara, dalla causa prima o dal seme principale (corrispondente al Sono microcosmico). Tutta la natura, compresi i nostri veicoli corpi, oggettivata e attivata

al Mondo delle idee secondo Platone. Questo seme ha la capacit quindi di passare dalla potenza all'atto con una forza straordinaria, per quanto relativa e perci passibile di essere trasceso. Da tutto ci possiamo dedurre che l'io, quale fattore di separativit, non esiste, rappresenta una pura illusione. Noi non siamo, n potremmo essere, separati dall'etere essere. Se crediamo di esserlo, ci solo apparente, utopistico. Ne consegue che non c' da conquistare qualcosa, da andare in qualche parte o da raggiungere una mta lontana; c' solo da risvegliare la consapevolezza all'essere ci che . 29. La Realt senza secondo che tu sei non mai nata n pu perire, sempre stata e sempre sar; non tale Realt che deve realizzarsi ma il suo riflesso che vive le contingenze del tempo e degli effetti; essa di l dallo stato di veglia, di sogno e di sonno profondo senza sogni; l'intero universo, con le sue indefinite possibilit espressive, pur sempre aleatorie, rotea intorno al Centro costante il quale non dipende da nessuna casualit o circostanza, mentre queste dipendono da Quello. Finch non ti sei scoperto simile Realt puoi crederti anche tante cose belle ma, per quanto molteplicit, ti trovi in uno stato illusorio, rimanendo prigioniero delle apparenze che il tempo ti offre per stordirti e farti dimenticare lo stato d'inquietudine in cui ti trovi. 30. Se domandi all'io empirico se puoi realizzare tutto quello che abbiamo detto ti risponder che impossibile; ci dimostra che non il caso di turbare coloro che sono completamente fusi con il prodotto egoico e quindi con le guaine vasi. Per se inizi a osservare o, meglio, a essere consapevole del movimento dello psichico: pensieri, emozioni, desideri, istinti, ecc., che appartengono ai veicoli corpi, ti accorgi che per quanto sia difficile non impossibile. E' questione di pazienza, di perseveranza, di sete di compiutezza, di affrancamento dall'identificazione con ci che non si . Malgrado le circostanze della vita che, come abbiamo detto, sono sempre contingenze anche se qualche volta dolorose, tu continua a separare la

Presenza etere consapevole dall'osservato; ti accorgerai, come avrai potuto notare in precedenza, che in te tutto va e viene, ogni cosa appare e poi scompare, ma non scompare la Presenza consapevole; difatti, essa cosciente dell'assenza e della presenza di qualunque movimento che possa determinarsi entro la tua circonferenza. Noi siamo talmente abituati a sentirci vivi solo se esprimiamo pensieri, emozioni, ecc., che non abbiamo idea dello stato di Essere senza dualit. N possiamo concettualizzare tale condizione perch non otteniamo alcun risultato: la Presenza uno stato da realizzare, di l da ogni movimento mentale, anche perch essa si trova dietro la stessa mente, essendo questa un semplice mezzo di espressione, un corpo vaso. Ecco perch ti si parla spesso di realizzazione, di attenzione coscienziale ecc. Una persona completamente fusa con lo strumento mentale desidera a tutti i costi capire, con la sola concettualizzazione, ci che non pu capire; qui non si tratta di capire ma di essere, tout court; e per essere occorre solo una presa di consapevolezza totale; diremo che solo nel silenzio dei veicoli, strumenti di rapporto o di relazione, puoi scoprirti, puoi essere ci che realmente sei, e questo stato ti offre pienezza, quindi libert e beatitudine; pienezza che puoi offrire a chiunque per un puro atto di amore-donazione, e finalmente senza aspettative, proiezioni, desideri, appropriazioni. GLOSSARIO: Advaita (n): non dualit. Assenza di dualit. Ahamkara (m) : ci che fa l'io, senso dell'io empirico. Apara-vidya (f): conoscenza non suprema. Atman (n): il S, lo Spirito, la pura Coscienza, l'io ontologico. Avarana sakti (f) : il potere velante. Avidya (f): non conoscenza, ignoranza della propria esenza. Brahman (m) o Brahma (n): la Realt assoluta. Saguna (qualificato), nirguna (non qualificato).

Cakra (n): centro, plesso. dell'energia consapevolezza o sakti.

cakra

rappresentano

determinazioni

Chora: spazio, forma in cui si trova una cosa, fondo comune in cui si succedono forme diverse, essenza della materia. Darsana (n): punto di vista sulla Dottrina dei Veda, scuola filosofica. Le principali sono sei: Samkhya, Yoga, Vaisesika, Nyaya, Purva Mimamsa e Vedanta. Dianoia: mente empirica discorsiva, processo mentale, opinione. Isvara (m): Persona divina, Dio persona, la prima determinazione dell'assoluto Brahma. Jiva (m): essere vivente. Anima individuata. Riflesso dell'atman sul piano universale. Jivanmukta (pp): liberato in vita. Colui che ha spento il triplice Fuoco. Manas (n): mente formale immaginativa. Mente individuata ed empirica dotata di capacit razionale-analitica. Mantra (m): formula o parola sacra. Parole o suoni di potere. Maya (f): fenomeno, il mondo dei nomi e delle forme come fenomeno vitale. Mondo sensibile. Noesis: intellezione, intuizione superconscia, intelletto puro, conoscenza intelligibile. Nous: intelligenza suprema, intelletto puro, spirito supremo. Paravidya (f): conoscenza suprema, ultima. Prakrti (f): natura, la sostanza universale, natura naturans, la sostanza con cui sono fatte tutte le forme sensibili e intellegibili. Purusa (m): uomo, persona, essere, il S, io spirito. Sadhana (f): ascesi, disciplina spirituale, sforzo al quale si sottopone il discepolo per la realizzazione. S: Spirito, l'assoluto nell'individuo, Essenza dell'ente quale riflesso del Brahman. Uno Uno: per Plotino l'assoluto non qualificato, corrisponde al Brahman nirguna del Vedanta. Uno senza secondo: advaita, corrisponde all'uno uno platonico.

Vedanta (m): il compimento dei Veda. E' uno dei sei darsana, denominato anche Uttara Mimamsa. Vidya (f): conoscenza, conoscenza della realt. Viksepa sakti (m): il potere proiettivo.

Introduzione allo Yoga-Darshana

da Patajali, La via regale della realizzazione (Yogadarshana), traduzione dal sanscrito e commento di Raphael, Roma, Asram Vidya, 1992, pp. 926. In questi ultimi anni si parlato spesso, a proposito e a sproposito, di Yoga; anzi, questa parola stata talmente profanata che oggi se ne diffida persino, anche se poi non si sa esattamente che cosa veramente voglia dire. La parola Yoga deriva dalla radice yuj che denota l'"atto di aggiogare" e, nel nostro caso specifico, risolvere le turbolenze mentali e fisiche in modo da ottenere una perfetta unit coscienziale la quale va oltre i limiti del pensiero, quindi di l dalle categorie del tempo-spazio. Vi sono, ovviamente, molti tipi di Yoga, dall'Hatha all'Asparsha metafisico. Quello che stiamo trattando il Raja yoga codificato da Patajali, quello regale (raja) che porta alla reintegrazione. Lo Yoga non una religione, come comunemente si intende questo termine, invece una scienza, la scienza che studia l'ente nella sua totalit; anche filosofia perch offre una visione della vita e della natura. In quanto scienza di ordine sperimentale, quindi eminentemente pratico; in quanto filosofia teoria, per cui esso consiste di teoria e prassi. Lo Yoga, come qualunque Dottrina tradizionale, non cerca di convincere nessuno, non impone ad alcuno le proprie convinzioni Filosofiche e la propria prassi; vive e si esprime nella dignit di ci che . Se qualcuno ne ha un concetto errato e perch --soprattutto in Occidente-- se ne fatto una semplice professione, un mercato, una parodia, degradando ci che sacro, per quanto queste siano pur sempre eccezioni. Alcuni poi, per semplice spirito di contraddizione, possono denigrare ci che non comprendono; altri danno giudizi per "sentito dire", senza avere nozione o conoscenza diretta della materia; altri poi --per interesse di parte-- hanno le loro ragioni per denigrare; taluni, avendo paura del "diverso", del nuovo, della stessa sana ricerca --psicologica, filosofica, ecc.-- fuggono e cercano di far fuggire altri che si lasciano convincere per gli stessi motivi; altri ancora sono solo beghini, bigotti, in qualunque campo dell'attivit umana, e temono il "diverso" anche perch pensano ingenuamente di possedere la verit assoluta; altri non hanno alcuna istanza di nessun genere, vegetano soltanto e naturalmente non possono ammettere che alcuni si avviino per qualche ricerca; altri vivono solo di istinti-sentimenti-passioni e quando vedono che un certo tipo di ricerca pu frustrare la loro condizione psicologica temono, si ribellano e "condannano"; altri, essendo aggrappati al loro "io" bambino, fuggono per spirito di autoconservazione.

Gli individui vivono a diversi gradi di evoluzione, di sviluppo intellettivo e coscienziale, e spesso difficile creare rapporti, non perch si beceri, ma perch si su due lunghezze d'onda diverse, si vive su due piani opposti, su stati vibratori differenti. E ci pu capitare senz'altro nello stesso nucleo familiare, fra fidanzati, compagni e amici. Quale pu essere, dunque, l'atteggiamento del ricercatore verso il mondo sociale o l'"inconscio colleltivo"? Diremo di estremo riserbo, possibilmente di silenzio; l'"inconscio collettivo" pressato da certe esclusive e peculiari necessit: lavoro per vivere, famiglia per evitare la solitudine, acquisizione di cose materiali, divertimento, negazione di ogni tipo di ricerca che non sia finalizzata a scopi peculiarmente materiali. L'"inconscio collettivo" non vive, ma si lascia vivere; non crea, ma dipende; non pensa, ma si lascia pensare. Esso un'enorme sedimentazione, incrostazione, detrito di credenze, opinioni, fideismi, emozioni, passioni, interessi materiali e sensoriali, convinzioni non sorrette dalla ragione, cose queste che si perpetuano da millenni e che sono sovrapposte alla pura intelligenza. Un'altra caratteristica dell'"inconscio collettivo" che la sua credenza (pstis per Platone), e persino la semplice immaginazione (eikasia), elevata a verit assoluta, quindi esso dogmatico, e chi la pensa in modo diverso anche deriso, spesso combattuto. II nuovo, il diverso per l'"inconscio collettivo" (e naturalmente per gli enti che vi soggiacciono) rappresentano una minaccia, per cui si difende nervosamente, a volte violentemente. Psicologicamente si pu dire che sono le difese dell"'io" il quale si sente spaventato e minacciato nei riguardi della sua credenza, alla sua opinione. Uscire dal proprio alveo consolidato non facile, n dei pi. Un qualunque esponente di un nucleo familiare che esca un po' dal solito mnage consolidato pu essere rienuto "anormale". Il "gregge" impone determinati comportamenti, e chi vuole uscirne deve fare molta attenzione; stato sempre cos nella storia dell'umanit. Il "diverso" viene normalmente visto con sospetto e, quando possibile, anche neutralizzato. Ges afferma: Appo Iddio i savi sono pazzi e i pazzi sono savi, e la stessa Bhagavad Gita recita: Ci che giorno per il saggio e notte per l'ignorante. Pu sembrare veramente strano e insolito che la ricerca, qualunque essa sia, anche quella della verit filosofica, spirituale, psicologica, ecc., il vivere conforme a certi principi che esulano dal comune opinare (doxa), l'affinamento di s non debbano essere apprezzali dai pi, purtroppo cos e bisogna arrendersi all'evidenza. L'uomo pone sempre le sue speranze nell'oggetto (apparenza) lontano, anzich trovare nel suo ambito pi immediato il sostanzialmente vero. Dice Pindaro: La categoria pi inconcludente tra gli individui e quella

di coloro che denigrano ci che loro vicino per rivolgersi verso ci che lontano, lasciando che le loro speranze irrealizzabili inseguano fantasmi. D'altra parte, quel sincero ricercatore che sente una precisa "vocazione" e un'autentica direttiva coscienziale non pu non procedere. Tradire gli altri non lecito, ma tradire se stessi suicidio. Quanto si detto solo una semplice disamina di certi stati psicologici sia individuali sia appartenenti, secondo la psicologia, all'"inconscio collettivo", e come tale va considerato e meditato. D'altra parte non abbiamo detto niente di nuovo, tutto ci noto a filosofi, psicologi e pedagoghi; noi abbiamo cercato di metterlo solo in evidenza. A chi essenzialmente indirizzato lo Yoga? A coloro che, per esperienza diretta, per intuizione superconscia, per fede nel principio di trascendenza, per maturit coscienziale, per sete di ricerca della verit, ecc., possono sentire la "chiamata" alla comprensione di s. Lo Yoga la scienza del conoscersi per Essere. Lo Yoga porta l'ente a ritrovarsi unit, mentre l'individuo in genere molteplicit, dicotomia, conflittualit. Nel suo vivere tra pensiero e azione v' sempre contraddizione, spesso opposizione; la coscienza viene lacerata dall'irrequietezza delle energie psico-fisiche causando anche stati paranoici e nevrosi di varia natura. Il Raja yoga colma le scissure, integra il mondo della dualit abbracciando, con un colpo d'ala, la sfera del sensibile e dell'intelligibile. Il Raja yoga, perseguito con lealt e vocazione, svela la Beatitudine e la Pienezza che sono della pura Coscienza, di l da ogni oggetto-evento di ogni ordine e grado. Dal desiderio appropriativo ed egoistico (amore di s) lo Yoga di Patahjali porta a svelare l'Amore che si dona, si offre; Amore che non debolezza, passivit o passionalit, ma comprensione sapiente e solare. V' un'altra considerazione da fare ed questa: alcuni possono pensare che solo la Tradizione orientale sia eminentemente pratica, realizzativa, interessata pi al Soggetto ultimo che all'oggetto formale, pi diretta alla coscienza che all'erudizione mentale fine a se stessa. Ci per pu essere molto riduttivo. In Occidente vi stata sempre una Tradizione iniziatica la quale, per essere tale, si proposta la trasformazione effettiva, pratica e vitale dell'ente. Quella antica, per esempio, era una filosofia di ordine realizzativo, trasformante; aveva come finalit non la semplice speculazione concettuale, ma la realizzazione di uno stile di vita, di uno stato di coscienza. La dialettica filosofica era e dovrebbe essere un preciso processo di liberazione dell'Anima dalle illusioni mondane, dalle proiezioni dianoetiche e dai vari piaceri sensoriali; proponendo essa una visione del vero essere che anche autentico Bene. Lungo il tempo, per, con la prevalenza della concezione materialistica e positivista, tale concezione venuta a sfumarsi fino a perdere la stessa essenza del filosofare per essere. Nell'epoca moderna asserire di vivere, di esprimere coerentemente la filosofia di un Parmenide, Platone o Plotino potrebbe

sembrare anacronistico, per cui quei pochi che vogliono perpetuare la "visione di vita" della Tradizione filosofica occidentale (l'Oriente direbbe: jana marga = via della Conoscenza, quella che la dea propone a Parmenide) devono trovarsi in circoli chiusi e nel silenzio. Cos, il Raja voga, per quanto poggi su una visione filosofica di vita, eminentemente pratico, e il suo contesto operativo si sviluppa in cinque sequenze che abbracciano l'interezza espressiva dell'ente. 1. Regole e condotta etica di vita. Purificazione delle potenze. Preliminare. 1 e 2 mezzo o anga Individualit samsarica 2. Posizione (asana) e pranayama. Purificazione del corpo pranico vitale. Fisico-pranico. 3 e 4 mezzo 3. Astrazione dai sensi. Inizio del rientro in s della Coscienza. 5 mezzo

Sfera emotiva.

4 Rieducazione psichica e controllo della mente. mentale. 6 e 7 mezzo Purusha immortale 5. Unit isolata Samadhi Coscienza-purusha. Trascendenza dell'individualit

Sfera

Possiamo ancora dare una sintesi del contenuto dei quattro capitoli (pada) dell'opera. Pada I 1-4 Definizione dello Yogadarshana. 5-11 I cinque tipi di modificazione mentale effetti che possono produrre (dolorosi e non dolorosi). Loro classificazione. 12-14 Soppressione delle modificazioni mentali mediante l'abhyasa. 15-16 L'efficacia di vairagya (distacco consapevole). 17-18 Samprajnata e asamprajnata samadhi. 19 Varie possibilit di attuazione del samadhi. 20 Gli elementi basilari del samadhi.

21-23 Il samadhi si concede a chi ha una forte aspirazione, pratica diligentemente i mezzi opportuni e si concede alla Divinit. 24-28 Viene trattata la Divinit (Ishvara) 29 Con la pratica di questi mezzi scompaiono gli ostacoli e la coscienza si ritrae all'interno di s. 30-31 La fonte della distrazione della mente. Viksepa = esteriorizzazione della mente. Le qualit che consentono di riconoscere la mente distratta. 32-39 Mezzi per eliminare gli ostacoli del viksepa. 40 I poteri psichici (siddhi) e loro limiti. 41 Si espone l'unita di conoscente, cognizione e conosciutu. 42 Savitarka samadhi. 43 Nirvitarka samadhi. 44 Savicara e nirvicara. 45-46 Gli oggetti sottili si estendono fino allo stadio alinga: quindi tutti i pratyaya che possono essere meditati sul piano della prakriti. Questi oggetti grossolani e sottili fanno parte della meditazione con seme. 47-48 Solo nello stato nirvicara si ha la "luce" (buddhi universale). 49 La conoscenza empirica differisce da quella intuitiva. 50 Sabija samadhi (con seme). 51 Nirbija samadhi (privo di serne). Pada II 1 I preliminari dello Yoga (kriya): tapas, svadhyaya e isvarapranidhana. 2 I preliminari dello Yoga (kriya) conducono all'attenuazione dei klesha. 3-9 Teoria dei klesha e loro enumerazione. Loro fonte causale e l'avidya (ignoranza della propria reale natura). Definizione di avidya. 10-11 Metodi di soluzione. 12-15 I klesha ci conducono in ogni sorta di esperienze conflittuali, sono generatori di karma e rinascita. Per il Saggio discriminante l'esperienza conflitto e miseria.

16 La miseria futura pu essere evitata. 17 Occorre evitare l'unione o assimilazione del veggente col visibile. 18 Che cos' il visibile. 19 I quattro stadi dei guna. 20 Il veggente pura coscienza. 21, 23 Il visibile solo un mezzo non un fine. 22 Per il Liberato vivente il visibile come non esistesse pi. 24 Causa dell'identificazione col mezzo di prakriti e l'oblio del S. 25-28 Soluzione dell'identificazione. 29-55 Spiegazione degli otto mezzi Yoga. Pada III 1-15 Continuazione della spiegazione degli otto mezzi fino all'ottavo mezzo del samadhi. Che cos' il samyama. 16-56 Elencazione delle siddhi che si ottengono facendo samyama su determinati cakra. Facolt di percezione e organi di senso pranici. Dominio sui paca-bhuta. Il non attaccamento alle siddhi porta al kaivalya (III, 51). Pada IV 1 Le siddhi sono il risultato della nascita, delle droghe, dei mantra, dell'ascesi e del samadhi. 2-3 Solo ci che e in potenza pu manifestarsi. Le menti artificiali possono essere create da quella naturale. 4-6 Le menti artificiali possono essere creatte da quella naturale 7-11 Nascita dei samskara, del karma, dei desideri, meccanismo operativo. Soluzione della loro causa (avidya). 12-15 Tesi della percezione mentale e del libero arbitrio. 16 Superamento del solipsismo. 17-21 La mente solo un veicolo relativo e il purusha testimone del movimento mentale. 22 Autocoscienza della propria natura. ecc. Loro

23-25 Natura di citta, intesa in senso ampio e delle vasana. Tutto ci che manifestato dev'essare trasceso. 26 Viveka acquista il suo pi alto significato quando discerne ci che da ci che non . 27-28 Possono esserci pratyaya anche sul confine tra l'Essere e il nonessere. Occorre eliminarli come e avvenuto con i klesha. 29 Chi capace di portare vairagya al suo estremo limite, anche nei confronti di sublimi paradisi, attinge il dharma-megha-samadhi. 30 Segue cos la libert da tutti i karma e klesha. 31 Differenza tra conoscenza sensoriale e illuminazione. 32 I guna possono cessare di irretire la coscienza incarnata. 33 Teoria del tempo. 34 Definizione del kaivalya.

L'incipit del Capitolo I Samadhi pada 1. [Viene] adesso l'esposizione dello Yoga. 2. Lo Yoga la sospensione delle modificazioni della mente (citta vritti). 3. [Quando ci stato attuato] allora il veggente riposa nella sua essenziale natura. 4. Nelle altre modalit [quando il veggente non fondato su se stesso] vi identificazione con le modificazioni (della mente). Questi quattro sutra compendiano tutta l'essenza e la finalit del Raya yoga. Lo Yoga la sospensione delle modificazioni della mente, vale a dire, lo Yoga consiste nel portare a soluzione il "movimento conformato" (maya), risolvere il suono nel senza suono, trascendere il divenire psichico, portare la coscienza a stabilizzarsi in se stessa, con se stessa e per se stessa; lo Yoga realizzarsi come Essere-purusha senza sovrapposizioni concettuali o proiezioni mentali. Lo Yoga risolversi come Essenza strappandosi dalla sostanza-prakriti. Quando la coscienza non riposa su se stessa vuol dire che si assimila al movimento psichico. Un istinto, un'emozione e un pensiero sono movimenti energetici qualificati che coinvolgono e costringono la coscienza-purusha. Questo coinvolgimento, che vela e altera, porta nel conflitto e nel dolore. L'affrancamento dalle modificazioni intraindividuali e universali conduce al Punto al centro, al parapurusha. Con il termine citta si designa la caratteristica causale del manas, la totalit di ci che chiamiamo contenuto della mente; la sostanza formale psichica; in essa risiedono anche i samskara (semi subconsci). Citta in pali significa "atteggiamento", la somma totale degli atteggiamenti che si ripetono. Con vrtti, invece, si designano le modificazioni o alterazioni del citta. Quando la mente proietta una forma (pensiero concettuale formale) questa prende il nome di vritti. Citta pu essere impulsato da stimoli interni subconsci (samskara) o da stimoli esterni. Sotto questa pressione, la coscienza risulta non solo oberata da contenuti di svariata natura, ma profondamente alterata, scossa, modificata, perdendo la propria centralit e la limpidezza. Il processo di soluzione delle vritti avviene normalmente in tre stadi: rallentamento, controllo o dominio, soluzione o trascendenza. Inoltre, bene considerare che la mente il soggetto e il mondo l'oggetto, ma dietro la mente-soggetto v' il purusha, quale riflesso incarnato, il quale di l dal soggetto-oggetto, dall'io-mondo, potendoli integrare e trascendere. Tutta la sfera relazionata, come tempo-spazio, iomondo, Dio-universo, costituita dalle categorie che nascono da quel soggetto il quale pu esistere se posto in rapporto, appunto, con qualcosa. Polarit gnoseologica e sostanziale.

La mente non autoesistente e autoilluminata, essa non conscia in s e per s, il purusha che le d vita e movimento. Quindi, il purusha il testimone (saksatkara) del movimento della mente e del corpo. La mente e la "materia" hanno in comune, e come unico substratum, la coscienza purushica. La mente cos solo un mezzo mediante cui si percepisce l'oggetto, ma l'Uomo vero pu anche fare a meno sia del mezzo che dell'oggetto perch causa sui. Il non-realizzato si conosce tramite il suo strumento il quale funge da riflettore, mentre la realizzazione consiste proprio nell'essere consapevoli della propria realt purushica senza alcun intermediario. Sotto la prima prospettiva sembra che la mente sia il soggetto testimone ultimo, ma non cos, essa riflette solo il testimone, come lo specchio riflette l'immagine dell'ente. Mediante il discernimento (viveka), il purusha inizia a comprendere il funzionamento della mente e la sua natura fino a considerarla non pi causa prima, ma semplice mezzo operativo. Un fatto bene mettere in chiaro per lo studioso occidentale; chi segue lo Yoga, o una via realizzativa orientale in genere, si imbattuto di certo nella parola "coscienza"; anzi, la maggior parte delle scuole afferma che l'ente, nella sua pi profonda espressione, non sia altro che Coscienza. Vi possono essere discepoli -e scuole iniziatiche- che non riescono a concepirsi coscienza per la particolare forma mentis culturale in cui vivono. La letteratura occidentale, poi, considera l'uomo come un "io" che si determina in un mondo di fenomeni, ma non lo presenta mai come Coscienza inalterata. Tralasciando gran parte di quella cultura per la quale la coscienza rappresenta un semplice epifenomeno della struttura fisica materiale, la Tradizione iniziatica occidentale ha definito l'ente soprattutto mediante i suoi attributi come quello di volont, intelligenza, attivit, potenza, ecc. Anche in quest'ultimo ambito si pu scoprire la mancanza di un riferimento preciso alla coscienza. Questa rimane pur sempre in funzione di un contenuto di varia natura, mancando il quale non v' altres coscienza. Non si riconosce che la causa pu anche sussistere indipendentemente dall'effetto o da un attributo incidentale. Se ci riferiamo alla Tradizione orientale, e particolarmente a quella indiana, la coscienza riveste un fattore essenziale, anzi l'inizio e la fine della ricerca. Precisiamo ancora che lo Yoga di Patajali uno dei sei darshana ind in linea con la Tradizione vedico-upanishadica. Tutte quelle qualificazioni (volont, intelligenza, ecc. ) non sono altro che sovrapposizioni o attributi della coscienza la quale ipseit. Le Upanisad affermano: l'atman-brahman pura coscienza (caitanya); e caitanyasaksin; il S, in quanto coscienza, testimone degli stati o condizioni sovrapposti, compresi gli stessi corpi-veicoli di manifestazione; e, ancora, caitaniya-svarupa, essenza di pura Coscienza. Lo stesso "io" (ahamkara)

di cui intessuta la cultura occidentale, e spesso anche quella esoterica, non altro che una sovrapposizione (adhyasa) alla pura Coscienza. La coscienza, che normalmente affermiamo allo stato di veglia e oltre, rimane comunque un mero riflesso della Coscienza assoluta o purusha, quindi quando parliamo di purusha che s'identifica a... vogliamo riferirci a questo riflesso. Gaudapada e Shamkara, nella Mandukya upanisad, hanno sviluppato tale tema e hanno concluso che ogni cosa appare e scompare dall'orizzonte della nostra coscienza, ma non quest'ultima. Se prendiamo i tre stati di veglia, sogno e sonno profondo senza sogni constatiamo che allo stato di veglia siamo consapevoli del mondo oggettuale fisico; nello stato di sogno sparisce quel mondo, ma non sparisce la coscienza perch questa consapevole degli oggetti di sogno, e ci un'evidenza; nello stato di sonno senza sogni sparisce l'oggetto di sogno, ma non sparisce la coscienza; difatti possiamo dire di essere stati consapevoli di non aver sognato o avuto esperienze di alcun genere. Come si pu notare, l'oggetto, nelle sue varie configurazioni e nei suoi gradi di realt, pu esserci ma anche non esserci, eppure non scompare quella coscienza che appunto consapevole della presenza e dell'assenza dell'oggetto, come consapevole della presenza o assenza di un'idea-concetto, di un'emozione e dello stesso io empirico. Se studiamo a fondo i meccanismi psicologici percettivi, constatiamo che, in linea di massima, ci conosciamo tramite gli attributi della coscienza, non per via diretta di consapevolezza. Gli attributi fungono da specchio e in esso ci riflettiamo e ci conosciamo; sotto questa prospettiva che sosteniamo: "Io sono volitivo", "sono emotivo", "sono mentale", "sono autoaffermativo", "sono debole", ecc. Secondo lo Yoga noi ci conosciamo mediante i guna (qualit energetiche). tendenza dell'ente definirsi come : "lo sono questo o quello", il "questo" o "quello" sono attributi-qualit della coscienza, eppure c' uno stato in cui si ci che si senza alcuna aggiunta qualitativa. Questa viene dopo il "ci che si e", ma purtroppo, nella totale identificazione, arriviamo a considerarci non pi "sono ci che sono", ma il semplice "questo", risultando con ci alienati (II, 6). Il riflesso di coscienza incarnato -quella consapevolezza, cio, che ci fa riconoscere come enti con un nome e una forma e collocati in un tempospazio ben definito- quando si ricongiunge alla sua fonte si realizza in ci che il Vedanta denomina atman, la cui natura pienezza (purnata), e lo Voga chiama purusha. Poich questo stato non pu essere descritto con parole, essendo appunto fuori del quadro di riferimento qualitativo, dev'essere direttamente realizzato; diremo, un fatto di attualizzazione coscienziale. Possiamo considerare che il processo realizzativo Yoga consiste nel porsi in tale stato purushico, trascendendo il mondo dei nomi e delle forme o mondo di maya; o, meglio, integrando nella pura coscienza la dualit o dicotomia del samsara.

Post-mortem e Bardo Thtrl

da Di l dal dubbio, Roma, Asram Vidya, 1979, 1987, pp. 9-26., pp. 130150. Domanda - Con un gruppo di amici vorrei proporre una serie di domande che vertono sull'atteggiamento pratico da assumere quando particolari eventi si verificano sia durante la vita sia dopo la dipartita dal fisico. Il tutto inquadrato nel contesto del Bardo Thtrl. Per quanto ci stiamo interessando di asparsha yoga, tuttavia io penso che comprendere nella pratica determinati atti dell'individualit possa aiutarci a raggiungere la condizione di coscienza dell'asparshin. Una domanda questa: vi sono una prima e una seconda morte? Raphael - Crediamo sia molto importante capire che vi la soluzione o morte, come spesso viene chiamata, dei vari veicoli o corpi di manifestazione, di cui quello fisico il pi esterno, e la soluzione dell'entit chiamata individualit. Quest'ultima rappresenta la vera morte-soluzione, perch con essa si ha la liberazione o l'integrazione del riflesso di coscienza incarnato con l'atman. Quando si lascia il corpo fisico denso o quello pi interno manasico, per quanto si creda di esser morti, tuttavia non si morti; si solo lasciato in via momentanea un veicolo di espressione per la legge ciclica o del ritmo. Il Bardo Thtrl , soprattutto, un insegnamento per trascendere l'individualit e integrarsi con la "Chiara Luce del Dharma". Sotto questa prospettiva esso non per i "morti" ma per i vivi. D. - Grazie per questa precisazione; penso che adesso l'idea ci sia pi chiara. Avevo sentito parlare di pi "morti", ma non ne comprendevo il senso. Ora, parlando della soluzione dei veicoli, il ritiro dal corpo fisico come avviene? Ci sono delle fasi prestabilite secondo cui l'ente opera il suo ritiro dal corpo fisico? Se nel nascere vi sono precise sequenze di sviluppo, credo che queste debbano esserci anche nel morire. R. - Per capire meglio questo evento occorre dir e che il jivatma e rivestito di cinque involucri o corpi di espressione, di rapporto o contatto con il mondo oggettivo grossolano e sottile. Ogni corpo una finestra aperta sul piano esistenziale in cui il jivatma opera e fa esperienza. Ogni piano esistenziale uno stato di coscienza pi che un particolare punto spaziale; una condizione vibratoria con la sua scala di valori o lunghezze d'onda, e laddove essa ha termine incomincia quella superiore, con vibrazioni sempre pi alte; e cos di seguito.

Quello fisico, in cui ora noi ci troviamo, , dunque, un particolare stato vibratorio che, per essere percepito, ha bisogno di un corpo di contatto correlato alla lunghezza d'onda dello stato in questione. Quando l'individuo lascia il corpo fisico, abbandona altres quella possibilit di mettersi in contatto col piano ad esso corrispondente. Adesso, il ritiro dal corpo fisico come avviene? Consideriamo che il termine ritiro il pi appropriato perch il jivatma o, meglio, il riflesso di coscienza incarnato non fa altro che ritirare il suo duplice filo ancorato nel corpo fisico, mettendo questo nella condizione di disintegrarsi e ritornare al serbatoio della natura a cui, in fondo, era stato sottratto. Il jivatma, al momento dell'incarnazione, prende in prestito dal serbatoio della natura fisica una quantit di elementi minerali o chimici che restituisce quando si ritira su altri stati di manifestazione. Un'incarnazione non altro che l'esteriorizzazione su un particolare piano di esistenza, mentre il ritiro caratterizzato dal processo di interiorizzazione o astrazione. Sarebbe bene meditare questi termini perch possono svelare il mistero di ci che noi, in modo erroneo, siamo soliti chiamare "morte". Quando avviene il ritiro del riflesso di coscienza incarnato sono coinvolti alcuni cakra, due dei quali sono collegati col fisico denso: quello del cuore e quello della testa, mentre altri due centri minori sono collegati con i polmoni. Il primo stacco quello che riguarda il filo della coscienza; quando ci avviene, l'ente perde il contatto con i cinque sensi di azione, ma non perde la consapevolezza del percepire, per quanto incapace di rispondere, essendosi affievolita la presa con i sensi d'azione del fisico; per esempio, quella attinente alle corde vocali. uno stato simile al dormiveglia in cui si percepisce, ma non si ha la forza di reagire. Poi avviene lo stacco o il disinnesto del filo dei due centri minori dei polmoni. Questo disinnesto pu essere riattivato, in particolari condizioni, facendo azionare in modo meccanico i polmoni. Infine, viene disinnestato il filo della vita ancorato al cuore. A questo punto l'astrazione dal corpo fisico si verifica in modo completo e definitivo. Il processo del ritiro si svolge per stadi prestabiliti, e se a ritirarsi uno yogi queste fasi possono essere attuate in maniera conscia, deliberata e pi in fretta. In tale processo di astrazione non vi dolore, affanno o sofferenza; alcuni si trovano nel susseguente corpo pranico senza neanche avvertire il distacco dalla forma fisica. D. - Deposto il vestito fisico, si rimane con quello pranico? E per quanto tempo?

R. - S. L'altro corpo di espressione quello pranico (pranamayakosha). A questo punto sarebbe opportuno precisare una cosa. Quello pranico, pur appartenendo sempre al fisico grossolano, ne la quintessenza; , almeno nell'accezione in cui questo termine viene qui considerato, il primo elemento -la materia prima- da cui nascono gli altri pi grossolani (bhuta): aria (vayu), fuoco (tejas), acqua (ap), terra (prithivi); l'etere degli occultisti occidentali; l'akasha della dottrina ind. Non abbiamo il tempo per dilungarci su questo corpo, ma possiamo dire poche cose che servano di riflessione. Esso viene anche chiamato "vitale" perch d, in effetti, la vita agli elementi (bhuta) elettronici e molecolari, oltre a tenerli coesivi. Essendo, in definitiva, di ordine fisico, per quanto non propriamente materiale o solido, sente in modo assai forte l'attrazione per il piano grossolano; un possente elettromagnetismo lo collega ai bhuta, soprattutto se qualificato da tendenze, diciamo, terrene. Questo veicolo pranico-vitale, fatto a immagine de]la forma fisica, potrebbe avere vita molto breve se si praticasse la cremazione, s da risolvere il solido, il liquido e il gassoso con la potenza del fuoco. In India ci si pratica, mentre nell'antico Egitto si praticava la mummificazione perch, prolungando la vita dei quattro elementi (quindi del corpo fisico visibile), si prolungava altres la vita del pranico o, come veniva chiamato, del ka. Ma l'India stata sempre per la vera morte o seconda morte a cui abbiamo fatto cenno, mentre l'Egitto era attaccato alla terra e amante del terreno. Con il corpo pranico pu essere percepito il fisico grossolano visibile perch, in fondo, si nella dimensione fisica. Non il caso di dire che uno yogi, astraendosi dal fisico visibile (tanto per intenderci), pu materializzarsi con un altro corpo visibile, sempre sul piano fisico denso. II manas ha la capacit di plasmare la quintessenza, s da produrre effetti a livello dei bhuta. L'akasha il mercurio filosofale, non certo quello elementare e naturale, e gli Alchimisti iniziati lo conoscevano e cercavano di estrarlo dagli elementi minerali pi vili e corruttibili. - Qual lo stato di coscienza dell'individuo che si trova nel corpo pranico? R. - uno stato di coscienza particolare perch pur osservando e percependo il piano fisico, non vi pu accedere; come rimanere affacciati ad una finestra da dove si pu vedere e sentire tutto ci che sta fuori senza riuscire a comunicare. Vi sono comunque delle eccezioni. - Per lo yogi avanzato, invece, questo stato offre delle possibilit? R. - Abbiamo detto di s. Il vero yogi si servir di questo stato solo per determinati e speciali motivi, perch considera il fisico come il piano della non-realt ultima, della metallizzazione e della prigione.

- Posti, dunque, in questo corpo pranico o akashico, si possono operare delle rettifiche sul fisico minerale? R. - S; stiamo toccando il punto cruciale dell'intento alchemico. solo da questa posizione di coscienza che si pu operare sul quaternario minerale per mezzo del solve et coagula. Comunque, ci possono essere delle tecniche per estrarre il volatile dal fisso e fissare poi il volatile. In conclusione, quando si realizzata la quinta essentia, con essa e su di essa si possono manipolare i vari bhuta. Si tenga presente che i bhuta sono gi contenuti nell'akasha, ma allo stato potenziale; da qui la possibilit di operare sui bhuta. - Su questo punto ancora una domanda: si sa che alcuni grandi Maestri hanno mantenuto volutamente il corpo fisico a lungo, perch questo? R. - Per parlare in termini alchemici diremo: per fissare lo spirito che volatile. Il corpo, reso sattvico, funge da fixativum, da base, da supporto allo spirito che, per la sua particolare natura, tende ad espandersi, a dilatarsi. Bene, andiamo oltre e consideriamo la soluzione della guaina pranamaya. L'ente, se non avvenuta la "cottura" dei quattro elementi corporali rimasti, permane in questo corpo di espressione per un po' di tempo; per non essendo un corpo a s, non essendo un composto definito e stabile, ma semplice energia vitale -ponte di congiunzione tra il veicolo manasico e quello propriamente fisico visibile- esso si disperde. Il fisico si "decompone" o si "scompone"; il pranico, essendo aria, si "disperde", per cui ritorna al serbatoio del corpo pranico planetario. Anche questo processo avviene in modo quasi inavvertibile all'ente; non comporta dolore o altro perch processo naturale. L'ente privato del pranico si trova in un'altra dimensione, in un altro stato di coscienza, in una sfera vibratoria diversa da quella fisico-pranica. Agli occhi di questo ente, il mondo fisico, nella sua integralit, scomparso, non esiste pi. A questo punto tutti i legami con il grossolano (visva) sono interrotti, ci che in esso avviene non pi n visto n percepito, contrariamente a quanto accadeva quando si possedeva il corpo pranico. Eppure, paradosso, non che si sia usciti dalla sfera fisica. - L'ente, deposto il corpo fisico-pranico, si trova con quello manasico? Che cosa il manas, di cui tanto si parla? R. - Il corpo manomaya un amalgama di pensiero e desiderio, di mente e sentimento. Questo veicolo di manifestazione il pi duro a morire; il vero corpo dell'illusione, dello psichismo, delle cristallizzazioni subconsce. In questa sfera psichica molti individui affogano, si perdono, ritardano la presa di consapevolezza del S. il mondo delle proiezioni, il mondo "astrale" dell'occultismo occidentale. Diremo che questo mondo non ha una realt sua propria perch l'accumulo delle forme-immagini create dal manas individuato.

Se si vogliono percepire gli archetipi o le idee universali occorre salire alla sfera della buddhi o vijnanamaya, quella, appunto, della conoscenza principiale. - questa la sfera di taijasa della filosofia Vedanta? la zona intermedia tra visva e praja? R. - S. Il manas l'apice dell'individualit; la buddhi, in via di discesa, l'aspetto terminale dell'universalit. Di l da questi veicoli sottili vi praja, o la prima determinazione dell'ente. - Quando si lascia il corpo fisico, si ha il contatto diretto con il jivatma? R. - S. Comunque questo contatto pu verificarsi anche quando si nel corpo fisico. La sadhana del discepolo dovrebbe condurre a realizzare in modo conscio l'identit con il S. - In quali termini pu avvenire tale incontro? Il jivatma come si presenta e come si esprime? R. - Il jivatma pu prendere la forma pi gradita al riflesso di coscienza incarnato. In generale si palesa come un sole sfolgorante, ma non abbagliante, o come Deva maestoso, etereo e luminescente. La comunicazione avviene per via telepatica perch il jivatma, in fondo, comunica con il suo riflesso. - Il jivatma un "alter ego" dell'essere? R. - Per usare termini occidentali, diremo che il jivatma rappresenta l'Anima, mentre l'atma o atman lo Spirito, il quale, a sua volta, della natura del Brahman. - Dunque, se non un ente fuori di noi, perch non si ha il riconoscimento di questa "Luce Chiara" di cui parla il Bardo Thtrl? R. - II riflesso di coscienza che si trova nell'incarnazione fisica e in quella sottile, avendo gli stessi poteri del jivatma -in forma ridotta- si costruito il suo mondo, le sue proiezioni, le sue apparenze fino al punto da diventare alienato e in parte scisso dalla sua fonte. Noi oggi viviamo questo stato di coscienza, e quando incontriamo noi stessi, ad altri livelli, non ci riconosciamo pi. Abbiamo perso la nostra identit animica, come qualche demente, a livello manasico, perde il riconoscimento della sua identit individuale. - Da qui il detto che siamo degli Angeli decaduti, o degli Dei addormentati? R. - Si; "cadendo" nell'individuato e nell'alienato abbiamo perso di vista la fonte da cui siamo nati. Per questo genere di "caduta" non assoluto,

ma apparente perch il riflesso di coscienza in incarnazione e solo velato, ottenebrato o addormentato. - Insomma, per quanto svegli siamo addormentati? R. - S; ha detto prima che siamo degli Dei addormentati; da qui l'incitamento al Risveglio. Lo Svegliato colui che ha risolto questo torpore, torpore che il Vedanta chiama avidya o maya. - Il jivatma lo si vede appena si lasciato il corpo fisico, oppure dopo che si sono fatte altre esperienze sul piano sottile? R. - Credo che non ci siano delle regole fisse. Le modalit e il momento dell'incontro sono di ordine individuale e karmico. - Per cui pu avvenire prima o dopo quella che viene definita la ricapitolazione della vita incarnata? R. - S. Credo di si. Non ci sono delle norme assolute su certe cose. D. - Si parla di ricapitolazione delle esperienze vissute, ma questo che cosa rappresenta effettivamente? R. - Rappresenta la cristallizzazione subconscia proiettata sul telo della nostra stessa aura. Anche quest'esperienza, qualche volta, pu essere fatta durante la incarnazione fisica. - Mi interessa sapere se per il Realizzato questi eventi si verificano ugualmente. R. - Un Liberato ha bruciato ogni residuo subconscio divenendo Luce non maculata. Il Liberato non ha passato, non ha storia, quindi non ha futuro. Il Liberato non vive pi di proiezioni o sovrapposizioni velanti. - (primo interrogante) Ora, per risolvere questi residui subconsci emozioni, sentimenti, ideali, ecc.-, occorre trovarsi sul piano sottile oppure essi possono essere trascesi anche stando sul piano fisico? I corpi manasico e kamasico possono essere trascesi anche nell'incarnazione fisica? Voglio dire: la seconda morte (manas e kama) deve avvenire sui piani sottili oppure pu aversi sul piano fisico? R. - Quelli manasico, pranico e fisico non sono tre livelli distinti e contrapposti. Quando in incarnazione l'individuo li possiede tutti e tre per cui non deve attendere di entrare nel sottile (taijasa). La vera morte dei filosofi si attua sulla terra. Voler posporre il problema della "morte" un alibi dell'io che cerca di perpetuarsi. - I veicoli o corpi del jivatma fino a quando possono protrarre la loro esistenza?

R. - Sappiamo che per il Buddhismo vi sono cinque skandha; essi pi che corpi, come noi intendiamo questa parola, sono cinque aspetti psicologici o aggregati energetici che compongono l'individualit (rupa = forma materiale; vedana = sensazione; samrja = percezione; samskara = concetto; vijana = coscienza coordinatrice). Fino a quando vi sono qualit particolari da estrinsecare esse devono esprimersi e manifestarsi. - Dunque, io posso liberarmi di questi skandha solo quando ho trasceso ogni tipo di qualit attrattiva-repulsiva? R. - Non vi dubbio che fino a quando in noi opera il desiderio, saremo l dove esso ci porta. - Leggendo dei testi che si riferiscono al nostro tema, ho constatato alcune contraddizioni. Per esempio, qualcuno afferma che solo il karma determina l'azione sul piano del sottile per cui l'ente un oggetto passivo del suo karma; qualche altro, invece, afferma che l'ente libero di determinarsi; anzi, dovendosi incarnare, pu scegliere la matrice della nascita. Come mai questa contraddizione? R. - Non credo che ci siano contraddizioni; la determinazione dell'ente sussiste nella misura in cui questi riuscito a dominare le sue "potenze". Ma ci avviene anche a livello fisico. - Sono d'accordo che bisogna essere preparati per determinati eventi. Senza dubbio non sufficiente sapere che posso essere io stesso la "Chiara Luce Bianca", occorre che sia pronto per poterla realizzare. R. - Vede, migliaia di persone sanno dell'esistenza dell'anima, dell'atman, ecc., ma pochissimi sanno realizzarsi come atman. D'altra parte occorre distinguere tra conoscenza intellettiva e realizzazione. D. - In altri termini, bisogna essere? R. - L'abbiamo detto spesso, Se la realizzazione consistesse solo nel memorizzare tutti i testi vedanta, buddhisti, ecc., sarebbe molto facile. Ma, purtroppo, le cose stanno in modo diverso. Non basta leggere il Bardo Thtrl, occorre essere pronti per far fronte agli eventi del Bardo. Se non siamo "punto al centro" sul piano fisico (visva), non lo saremo neanche sul piano sottile (taijasa); se non sappiamo affrontare gli eventi sul piano fisico con il distacco dovuto, non sapremo farlo neppure sul piano sottile. Alcuni credono che una volta deposto il "vestito" fisico si diventi pi saggi; ci costituisce un grosso errore di valutazione.

La maggior parte dell'umanit, deposto il "vestito" fisico, si trova nella sfera intermedia sottile, sfera che illusoria. Per l'asparsha lo stesso stato di prajna (causale) rappresenta la radice dell'avidva, e praja (Dharmakaya per il Bardo Thtrl) di la dal fisico e dallo psichico, lo stato in cui si sperimenta il savikalpa samadhi, il pi alto samadhi sul piano del manifesto. D. - Da quello che ho sentito devo dedurre che -paradosso per le mie cristallizzazioni- la morte non esiste? R. - La morte, come la si intende, in verit non esiste. Quella che noi chiamiamo morte governata dal principio shivaico (Shiva), ci vuol dire che la morte non altro che trans-formazione, un andare di la dalla forma (rupa). un semplice cambiamento di stato di coscienza che per alcuni -lo ripetiamo- pu avvenire in modo cos inconsapevole da non percepire l'accaduto. La maggior parte dell'umanit -soprattutto occidentale- non ha saputo e non sa trovare un giusto rapporto con la morte. Drammatizzazione dell'evento, attaccamento alla forma, identificazione con gli ideali terreni, ecc., offrono uno spettacolo deludente e infantile per chi conosce e sa. Un giorno o l'altro si scoprir che la nascita sotto la legge della limitazione, mentre la morte sotto quella dell'affrancamento. D. - Cos la vita dovrebbe essere una preparazione intelligente alla morte? R. - Se possibile, alla triplice morte. Molti sono cos identificati col fare da sembrare che il piano fisico debba essere il solo esistente. Spesso si assolutizza un semplice livello di vita che, per quanto possa avere la sua validit, tuttavia non n assoluto n determinante. Vi sono persone cos attaccate ai loro desideri, ai loro ideali, alle loro aspirazioni familiari, politiche, sociali, ecc. da considerare la loro esistenza sul piano fisico come eterna. Vi troppa drammatizzazione sia della vita sia della morte, vi troppa esaltazione, al limite, teatralit nel comportamento umano. Sul palcoscenico del mondo c' una tale identificazione con se stessi da dimenticare che il proprio ruolo un semplice apparire e scomparire. Alcuni pagano, anche a caro prezzo, la loro interpretazione, soprattutto dopo la morte. D. - Chiedo scusa se ritorno sul mio problema, ma vorrei avere, se possibile, una interpretazione accessibile del Bardo.

Le cosiddette "deit irate e pacifiche" del secondo Bardo che cosa rappresentano? Che cosa possono indicare a noi Occidentali: Ratnasambhava, Amitabha, Amoghasiddhi, ecc. ? R. - Un insegnamento rivolto ad un determinato popolo, possiede il suo linguaggio e d un nome e una forma particolari a certe qualit che sono principi universali o qualit energetiche individuali. Lo stesso Cristo Ges rappresenta la personificazione di un principio universale. Certo sar difficile per un cristiano riconoscere Amitabha o Amoghasiddhi. Per se partiamo da questa premessa possiamo meglio capire quello che l'individuo vede nel secondo Bardo. A questo punto necessario approfondire la dinamica dei processi psichici, come essi nascono, come si cristallizzano e come si manifestano sul piano di taijasa. Secondo il Buddhismo, in cui si colloca il Bardo Thtrl, i tre corpi o stati dell'Essere sono: Dharmakaya Sambhogakaya Nirmanakaya Con il primo Bardo, cui abbiamo fatto cenno poco fa, si realizza il Dharmakaya, il corpo della Illuminazione primordiale. Con esso si fuori del divenire-samsara perch, appunto, si creata l'identit con la "Chiara Luce Bianca". Se il Dharmakaya non viene realizzato, si entra nello stato di coscienza del Sambhogakaya, la condizione sottile con le sue suddivisioni. in questa sfera che, progressivamente, prendono forma le proiezioni karmiche dell'individuo. Abbiamo detto poc'anzi che il disconoscimento del jivatma avviene perch il riflesso di coscienza incarnato s'identifica con i suoi contenuti subconsci, con le sue proiezioni. Diremo, la potenza gravitazionale dei contenuti subconsci trattiene la coscienza sul piano dell'individuato. Ora, una volta persa l'opportunit di integrarsi con la "Chiara Luce", si svolge una specie di dramma tra la coscienza incarnata e le sue stesse proiezioni, o "ombre". Come nasce un contenuto subconscio? La nostra spazialit psichica parte della "sostanza", o prakriti, universale; la nostra mente parte della mente universale. Quando pensiamo per lungo tempo un evento o esprimiamo in modo reiterato una qualit, ad esempio l'amore, l'odio, l'invidia, l'avarizia, ecc., la "sostanza" psichica, o la nostra shakti, si modella fino al punto di condensarsi, fino a trovarsi massa; cio, l'energia si solidifica portando con s la qualificazione estrinsecata dalla coscienza.

Un'idea reiterata diviene un ente qualificato capace di suscitare armonia o disarmonia. L'individuo un creatore ma lo dimentica, per cui si tesse la tela di felicit o di dolore secondo le costruzioni erette nella sua spazialit psichica. Quindi, un contenuto cristallizzato un ente psichico che rimane dentro la nostra circonferenza vitale fino a quando non risolto o sciolto. - Se, ad esempio, esprimo odio, che cosa avviene nella mia circonferenza psichica? R. - Avviene che a poco a poco la sua "sostanza" si modella, si rende sensibile fino al punto di cristallizzare o solidificare la qualit. - Allora, portando questa cristallizzazione Sambhogakaya che cosa avviene? a livello sottile di

R. - Avviene la proiezione degli "dei adirati" a cui si accennato in precedenza. Se consideriamo che anche il piano sottile o di Sambhogakaya formale, dovremo convenire che ogni idea, o contenuto psichico, si palesa per mezzo di una forma, un simbolo, un corpostrumento. Sul piano del manifesto la Vita si esprime per mezzo della qualit, e questa per mezzo di un supporto materiale o strumento formale (rupa). Cos, nel nostro caso, la qualit odio, sul piano sottile, si manifesta con una forma che pu prendere le sembianze anche di un animale o di un demone, con un particolare aspetto, il quale cerca di aggredirci. Questa condizione la troviamo gi nel sogno quando qualche strana "forma" (animale, demone, ecc.) ci assalta, e noi impauriti, per quanto cerchiamo di fuggire, ne rimaniamo costretti. I nostri mostri psichici sono l'altra parte di noi stessi. La nostra violenza la immagazziniamo, e a tempo opportuno essa si scarica su di noi. Siamo condannati o innalzati dalla qualit dei nostri pensieri cristallizzati. Nel sogno l'angoscia pu trovare la sua soluzione col risveglio, ma nella condizione sottile l'angoscia non trova via di uscita e dovremo sorbirla fino in fondo. In altri termini: noi siamo divorati dalle nostre stesse proiezioni, ideazioni e qualificazioni. - Allora il demonio esiste? R. - Il demonio (Heruka) la "personificazione" della nostra disarmonia, del nostro errato uso dell'energia, della nostra violenza cristallizzata. Il demonio 1a parte negativa dell'individuo e pu manifestarsi con una particolare forma; la costruzione egotica di contrapposizione, di malvagit, ecc.. Nella Tradizione iniziatica occidentale si parla di discesa agli inferi, la quale rappresenta una tappa da attuare per conseguire la liberazione. D. - Dunque, le proiezioni degli Dei adirati, o degli Heruka, non sono altro che le nostre cristallizzazioni? Queste forze non potremmo neutralizzarle quando saremo nel sottile?

R. - Quando ci troveremo la sar troppo tardi, perch l saremo vissuti e trascinati dai nostri fantasmi samsarici. Avviene, ripetiamo, come nel sogno: siamo vissuti dal sogno, ne siamo resi impotenti. Durante l'incarnazione accumuliamo dei contenuti che poi proietteremo a tempo debito; avviene come se dessimo la carica ad un orologio che al momento opportuno si scaricher da s in modo ineluttabile. - Purtroppo si dimentica che un'emozione o un'idea prende forma. R. - S, vero. Quando l'individuo prender consapevolezza di essere un plasmatore di cose, di eventi, di forme, allora far pi attenzione a capire la legge della giusta "costruzione". - Presumo che la proiezione degli "dei pacifici" debba procedere come quella degli "dei irati". R. - Certo. L'individuo sperimenta in concreto le sue qualit, chiamiamole buone o cattive, e ogni contenuto-qualit si esprime secondo particolari forme (rupa). Il paradiso e l'inferno sono il prodotto delle nostre ideazioni. Si diventa ci che si pensa, dice l'Upanisad. D. - Come poter uscire da queste forme qualificate che ci portano nell'angoscia o nel piacere? R. - Si, ha detto bene, "anche nel piacere": ci e molto importante se si vuole uscire dalla sfera di Sambhogakaya e trovarsi in quella del Dharmakaya, sul piano, cio, del]a pura Luce informale e primigenia, laddove il dualismo scompare. inevitabile che il lavoro di trasformazione debba avvenire sul piano fisico grossolano. Il Bardo Thtrl, ripetiamolo, non un insegnamento per i morti, ma per i vivi anche perch non c' morte. Dobbiamo risolvere il dualismo cristallizzato, dobbiamo "scaricare" la nostra subcoscienza quando siamo nel corpo fisico, cos saremo liberi di realizzare lo stato del Dharmakaya, o, se si pronti, lo stato di Svabhavikakaya, che corrisponde al Quarto o Turiya del Vedanta. Pensare di trascendere il dualismo del Sambhogakaya senza volersi realizzare qui ed ora, significa cadere in un grosso errore di valutazione che si pagher caro al momento opportuno. D. (precedente interrogante)- Se la soluzione non avviene, occorrer sperimentare il terzo Bardo, cio il sidpa bardo? R. - Chi non ha realizzato il S deve per necessit riprendere la via dell'individuazione. - Tralasciando le concettualizzazioni teologiche, qual il motivo psicologico e pratico della reincarnazione?

R. - Riteniamo il termine trasmigrazione pi adatto allo stato dell'io sperimentatore. Prima di tutto dobbiamo considerare che essa un effetto e non una causa. La causa della trasmigrazione, nei differenti stati individuati, rappresentata dalle vasana non risolte, dai samskara che si perpetuano nella nostra spazialit vitale. Quando ci troviamo nel Sambhogakaya, senza aver risolto i nostri contenuti, che cosa succede? I semi -che ormai si trovano allo stato potenziale- a poco a poco premono per germogliare e rifiorire, per cui l'entit viene sospinta la dove essi possono estrinsecarsi. La trasmigrazione, dunque, avviene perch dei semi non bruciati premono per manifestarsi: non c' niente di misterioso in questo processo; diremo che semplice, "scientifico" e consequenziale. Fino a quando perdura la sete per qualche cosa, perdura anche la sperimentazione e l'incarnazione, Il terzo Bardo l'effetto inevitabile della non soluzione dei samskara e dell'ahamkara, il "senso dell'io".

Conversazione con Raphael: Tradizione primordiale, approccio alla non dualit

3me Millnaire n. 64-65 - Traduzione Luciana Scalabrini Premessa. Raphael, il fondatore dell' Ashram Vidya un Advaitin tradizionale che segue la "via senza supporto" l'Asparsa yoga. Dopo 35 anni d'insegnamento scritto e orale, ora vive ritirato nel silenzio di un eremitaggio sui contrafforti dei monti Appennini, circondato da alcuni residenti fissi. Autore di numerose opere che trattano la Filosofia Perenne, non fa opera d'erudizione, ma tenta di aprirci alla via della Conoscenza attraverso l'identit, che conduce alla Metanoia e al Nirguna Brahman, dimensione dell' "Uno-senza-secondo", che sfugge ad ogni concetto, ma la cui realt s' intuisce attraverso il cuore. La profonda comprensione che possiede Raphael delle differenti branche della Tradizione, ci offre vaste prospettive rischiarate da folgoranti paralleli tra il pensiero greco, ebraico e vedantico. Il suo molto grande rigore filosofico, cos prezioso in questo fine secolo, aperto a tutti i sincretismi dottrinari immaginabili, si esercita attraverso una grande umilt e compassione. Soprattutto, dividere un momento di Silenzio accanto a lui forse, ben al di l delle parole che padroneggia con tanta cordialit, il gioiello pi prezioso che sia dato ricevere. Gli intervistatori: Anne e Darrel Newberg. Intervista. D: Ci che chiamate "stato di coscienza" corrisponde a ci che noi consideriamo come la persona? R: Tutto in questo mondo Coscienza, e uno stato di coscienza un mezzo per scoprire le possibilit che esistono in seno a questa. Cos, Raphael uno stato di coscienza, ma anche voi siete uno stato di coscienza che deve essere scoperto. D: Insomma, tutto Coscienza, ma in seno a questa coscienza appaiono differenti movimenti. E' una buona spiegazione? R: Possiamo dire che esiste una Coscienza unica, o Una, espressa attraverso i gunas [1]. La capacit d espressione che possiede la Coscienza pi o meno grande secondo il grado di perfezione dei suoi gunas. La Coscienza ha una possibilit d'espressione assai piccola in un

albero o in un animale. E' la forma che impone una limitazione a questi stati di Coscienza. La realizzazione permette di rompere queste limitazioni, o strati che restringono la Coscienza e le impediscono di essere svelata in tutta la sua maest. La Coscienza dappertutto, fino al regno minerale. Nell'essere umano, essa ha sicuramente una pi grande capacit d'espressione. In un Deva [2], cio in un essere di livello superiore, essa si rivela attraverso Ananda-maya [3] e gode cos di possibilit molto pi estese. Secondo il Vedanta, cinque veicoli o strumenti ci rendono possibile il contatto con i diversi livelli dell'Essere. Questi strumenti si stendono dal livello fisico grossolano fino al pi sottile che ci sia: Ananda. Tutto questo corrisponde a tutto quello che si trova nel pensiero della Grecia e dell'antico Egitto. Non cambia niente. Solo una denominazione differente data a questi stati, ma la conoscenza fondamentale esattamente la stessa. Esiste in Occidente un via metafisica che porta ai Grandi Misteri. Ieri noi parlavamo dell'Unit della Verit. E' importante fare riapparire la filosofia tradizionale Occidentale (che anch'essa fa parte dei Grandi Misteri), di rimetterla in luce; anche se non c' niente di nuovo, sicuramente, tutto questo essendo gi stato divulgato. Alcuni Occidentali pensano che la Verit non appartiene che all'Oriente. E' falso perch una Tradizione presente anche in Occidente. Tutto quello che dobbiamo fare permetterle di manifestarsi. Plotino, per esempio, era una grande realizzato, un mistico e un filosofo. Voleva permettere alla Tradizione di riemergere, e creare a sud di Napoli una citt, o una cittadella dei filosofi secondo i termini tradizionali. All'epoca dell'imperatore Gallieno, Plotino era uno dei precettori dei suoi figli. Sfortunatamente, a causa di problemi legati alla corte, non fu autorizzato a dar seguito a questo progetto. D'altra parte Platone voleva fondare in Sicilia (che all'epoca era la Magna Grecia) la sua Politeia o Repubblica. Viaggiava spesso dalla Grecia alla Sicilia per fare vivere questa visione di uno Stato fondato sull'ordine e la giustizia. Per ordine, intendeva corrispondenza con i piani pi elevati, con i piani universali. Anche Pitagora aveva fondato questo tipo di scuola, che continu per molto tempo in Calabria. Di pi, cre molti gruppi di studio. Cos la Tradizione seguita da Platone, Plotino e Pitagora esiste in Italia e dunque in Occidente, naturalmente. Questo per permettervi di comprendere che in Occidente, la Tradizione stata di natura piuttosto Ksatriya, della natura del guerriero e non contemplativa. Con il Cristianesimo, tutto questo fu completamente spazzato via; certo. Plotino diceva che aveva vergogna di essere in un corpo fisico. A Plotino non piaceva che lo si ritraesse e si nascondeva sempre. Un giorno uno dei suoi discepoli, Amalius, fece venire un artista dalla Grecia e il solo ritratto di lui che abbiamo questo (Raphael mostra la copertina di un libro). Quest'uomo aveva impresso le fattezze di Plotino nella sua memoria e l'aveva poi dipinto in un gran segreto. Lo si vede qui

raffigurato con il suo discepolo Porfirio. Questa immagine, uscita dalla memoria di un pittore! D: Sembra che la maggior parte dei ricercatori spirituali occidentali siano pi attirati dall'India e dall' Advaita Vedanta. Sembra anche che diano loro maggior valore che alla propria tradizione. Come spiegate questo? R: Ci sono stati due avvenimenti principali. Il primo fu il Cristianesimo, che cerc volontariamente di oscurare la filosofia Occidentale. Il Cristianesimo non contiene che i Piccoli Misteri e non i Grandi Misteri. L'Islam ha il Sufismo, che di una maggiore grandezza e che rinsalda i Grandi Misteri. La Torah, l'Antico Testamento contiene una parte esoterica che la Kabbala. Il Cristianesimo non ha n questa dimensione metafisica n questa visione dei Grandi Misteri. Il secondo avvenimento si riferisce alla tendenza materialistica e positivista dell'Occidente che interpreta e inquadra tutto da questo punto di vista, compresa la filosofia. Questi due fatti hanno oscurato poco a poco i Grandi Misteri e la parte pi elevata della filosofia occidentale. Bench Platone, Plotino e Parmenide si siano espressi in maniera molto chiara, i filosofi contemporanei non ammettono che Platone sia stato un grande realizzato. Questi esseri sono considerati unicamente come dei grandi filosofi discorsivi. D: Raphael pensa che i testi tradizionali greci esprimano la stessa cosa dell'Advaita Vedanta? R: Quando parliamo dell' Advaita Vedanta, facciamo riferimento a tre stati dell'essere, pi un quarto, Turya o l'Assoluto, che si situa al di l della manifestazione. Platone esprime la stessa idea quando tratta del mondo dell'Essere, che corrisponde esattamente allo stato di Ishwara [4] nell' Advaita Vedanta. Platone parla dell' "Uno-Uno", che al di l dell'Essere e che equivale al "Nirguna" dell' Advaita Vedanta. Proprio come nelle due altre Tradizioni, l'albero Sephirotico della Kabbala comporta tre livelli differenti,pi uno chiamato Ain Sof situato al di l della manifestazione. Tutte le differenti branche della Tradizione portano esattamente alla stessa conclusione: esiste qualcosa al di l della manifestazione, e d'altra parte, solo l'Unit . Si ritrova questa stessa nozione nella filosofia di Parmenide. Il suo insegnamento molto sintetico perch non ci resta molto. Ma il poco che abbiamo conservato di lui si congiunge esattamente con i testi di Gaudapada o Shankara. Parmenide dice:" L'essere e non diventa, perci Realt assoluta", "La manifestazione non niente altro che apparenza. Essa appare all'orizzonte poi scompare". E' precisamente la stessa nozione che quella di Maya [5] nel Vedanta. Uno stato di coscienza totalmente impersonale. L'ego o "l'io" appare a partire dal momento in cui c' identificazione per il gioco di riflesso della

Coscienza nel corpo fisico che dice "io sono questo" Questo "io" dir:" io sono il corpo" "io sono sentimento". In Francia, voi avete Decartes con il suo famoso "penso dunque sono", "dubito, dunque sono". La Tradizione va in un senso diametralmente opposto a questo punto di vista, che cambia in "sono, dunque penso". Questo a creato tante divisioni in Occidente, bench oltretutto Decartes sia stato credente. Se vi identificate con un veicolo, perdete la vostra identit. Proprio come nel mito di Narciso, dove Narciso, riflettendosi nell'acqua, vede la sua immagine e se ne innamora, cade nell'acqua e muore. In Occidente abbiamo dei simboli carichi di significato molto importanti dal punto di vista della realizzazione. Il racconto del figliol prodigo ha anch'esso un profondo significato tradizionale. Questo si allontana da suo padre, dunque l'Unit, va per il mondo, fa numerose esperienze, di cui molte negative, poi torna da suo padre, dunque all'Unit. Il Vedanta dice: "Voi non siete questo, voi siete Quello", "Tat tvam Asi, Quello voi siete". Questo sembra molto semplice, ma disgraziatamente, difficilissimo da realizzare, in quanto esiste un inconscio collettivo che attira costantemente al livello delle forme. Nella storia dell'Occidente, certe correnti sono state il riflesso esatto di questi differenti stati. Durate l'epoca romantica, in Francia come in Italia, si credeva che l'uomo fosse emozione o sentimento. Tutta la societ si basava, tra l'altro, nella esaltazione del ruolo della donna come ideale. Alcune di queste correnti risalivano al classicismo greco, e per questo fatto alimentavano un pi grande rigore nella societ, una maggiore severit quanto al controllo delle energie dell'uomo. Cos si intraprese con grande entusiasmo lo studio dei testi classici sia greci che latini. Oggi, nella fase materialista e positivista che noi attraversiamo, diciamo: "Io sono questo corpo fisico e non c' nient'altro a parte questo corpo fisico materiale". Questa tendenza dunque caratteristica di una societ nichilista. Attualmente alcuni filosofi propongono d'altronde la tesi del nichilismo. Questo ha dato origine all'esistenzialismo, corrente che si trova in Francia e in Italia, che diventata una specie di ribellione contro la fase nichilista. Se si osserva dal punto di vista dell' "Uno senza secondo", tutto ci che succede al posto giusto. Il movimento dei gunas e l'identificazione dell'ego con questo o quello non possono che dare origine a ci che succede in questo momento. Un cammino che nato dai Grandi Misteri, conduce direttamente alla pacificazione del cuore. Diciamo spesso qui che: "Chiunque ha compreso tutto questo, vive nel silenzio che tutto penetra e nell'amore che sa come donarsi, per la sua comprensione profonda". Gaudapada, nell' Aspars-yoga dice che "questo Yoga lo Yoga della non-opposizione". Non dipende n dalle emozioni n dai sentimenti: discende dal sapere e dalla comprensione che ogni cosa, in uno spazio/tempo dato, al suo giusto posto. D: Sembra che una delle maggiori caratteristiche dell'ego sia di mantenersi, costi quello che costi, verso e contro tutto ci che pu presentarsi per spezzarlo.

R: Si, la forza dell'ego, bench l'ego non sia una Realt assoluta. Un ego pu affermare: "in questo momento io sono felice", e l'istante dopo, una notizia triste o negativa sopraggiunge e lo porta a dire: "io sono infelice". Allora Raphael constata: "non capisco veramente quel che succede. State dicendo che siete felice e subito non lo siete pi, allora quanto ego avete?". Ma anche in psicologia, sappiamo ora che esistono pi ego sociali, un io che non utilizzato che in ufficio, un io che utilizzato in famiglia con il marito o con la donna e cos via; possiamo dunque dire che l'ego un camaleonte Ma, a dispetto di tutto ci, la maggioranza delle persone ci si attaccano e ne favoriscono la continuazione nel tempo. L'ego una causa di conflitto, perch crea la dualit: ego e non ego. D: Allora perch la gente fa questo? R: E' un lato della vita, una modalit offerta dalla vita. Perch, vedete, diverse possibilit sono concesse all'essere umano. Un essere umano pu pensare identificandosi al prodotto del suo pensiero, ma pu anche pensare senza essere identificato. Non proibito e semplicemente pu accadere. La persona potrebbe persino non pensare affatto; anche questo le permesso. L'entit o l'essere ha questa libert, perch noi siamo dei figli dell'Essere, di conseguenza siamo partecipi di questa libert. Tra tutte le possibilit di scelta concesse, esso pu scegliere quella che preferisce, che desidera. Certo, si produrranno differenti effetti secondo la scelta dell'essere e gli orientamenti presi dall'ego. L'identificazione si radica progressivamente. D: Voi parlate del risveglio come del resto del movimento del jiva [1]. A cosa si rapporta il jiva e cosa intendete esattamente per questo? R: possiamo parlarne in termini Orientali o Occidentali: perch anche i cristiani parlano di corpo, anima e spirito. Platone parla di soma, psiche e pneuma, il Vedanta parla di un corpo fisico denso e grossolano, del jiva o anima - che un riflesso dell'Atman - fase intermedia tra il livello fisico grossolano, che comprende la mente, il pensiero, i sentimenti ecc., e il puro Spirito. L'anima, secondo Platone, ma anche secondo il Vedanta, pu essere orientata sia verso il corpo, sia verso il puro Spirito. Se si identifica con il mondo sensibile, per usare le parole di Platone, inevitabilmente questa avr dei determinati effetti. Se, al contrario si rivolge verso la sua controparte divina, cio verso il livello metafisico, gli effetti sono differenti. E' perci importante frenare questo movimento verso il basso e orientarlo verso il trascendente. Questo terzo stadio della vita che viviamo qui come eremiti, quello che si applica ad evitare il movimento dell'anima verso il mondo esterno e verso l'identificazione con questo. L'eremita tenta piuttosto di identificarsi con quello che non ha niente a che fare con le emozioni, le sensazioni

ecc, cio con la sua trascendenza; in altri termini, si tratta di un ritorno verso s. In sanscrito, si chiama uparati: un ritorno interiore e un distacco dai veicoli e da tutto ci che ci circonda. Platone parla di periagoge (conversione), che significa il distacco dal mondo materiale. Sicuramente non si tratta di una fuga, ma d'una integrazione. Allora, vedete, diciamo tutti esattamente le stesse cose, la Tradizione Una e unica. Tutte le differenti branche della Tradizione le appartengono. D: Nel vostro libro "Il Sentiero della non-dualit" voi dite: "L'uno non pu essere conosciuto che attraverso un atto di identit. Cosa significa? R: Secondo Platone e la filosofia greca, esistono differenti gradi di conoscenza. Ed lo stesso per il Vedanta. Il primo livello di conoscenza opera grazie alle sensazioni e ai sentimenti; per esempio, gli animali apprendono e comprendono per mezzo delle sensazioni che hanno delle cose. Siamo dunque in presenza di una conoscenza per mezzo delle sensazioni. Anche gli esseri umani, a livello istintivo, agiscono cos. Esiste anche un altro livello che abbiamo l'abitudine di chiamare conoscenza empirica, che trasmessa allo spirito attraverso i sensi. Questo tipo di conoscenza duale, perch implica soggetto e oggetto. Cos abbiamo manas in sanscrito e dianoia in greco, ma questi due termini significano esattamente la stessa cosa: la mente. La scienza, per esempio, si affida molto a manas, perch deve scoprire tutte le differenti leggi che governano i fenomeni, il mondo fenomenico. E questo non pone nessun problema, perch per conoscere i diversi fenomeni, dobbiamo utilizzare manas, la mente che ha quindi la sua importanza. Anche qui, si tratta di un sapere dell'ordine del soggetto-oggetto: un soggetto che conosce un oggetto. Quando andiamo pi in profondit, ci accorgiamo che questo tipo di sapere duale non ha pi ragione d'essere. L'insieme della molteplicit diventa allora unit; scopriamo che non c' niente da conoscere al di fuori di noi stessi. A questo stadio, in termini umani, parliamo di una "Conoscenza per identit" perch "io sono quello che sono" senza secondo. Quando un ricercatore prende coscienza che la mente che crea la dualit tra soggetto e oggetto, pu allora chiudersi a questo tipo di conoscenza e rendersi conto che non esiste che una sola entit al di l di tutto questo movimento. Ecco perch impossibile ottenere una realizzazione al livello di manas , perch manas proietta un Dio o una Divinit all'esterno di se stesso. S. Agostino dice: "Dio in noi " e Ges Cristo dice: "Il Regno dei Cieli in voi". Sono i preti che dicono che tutto questo fuori di voi. E a questo stadio, si diventa Conoscenza, quando soggetto e oggetto scompaiono. In sanscrito si parla di Sat, Chit insieme conoscenza e coscienza , e i due non sono che Uno: In Occidente, abbiamo creato una differenza tra conoscenza e coscienza; abbiamo perci elaborato due cose distinte a partire da una sola e stessa nozione. Peraltro, in termini orientali come in

termini occidentali, abbiamo Chit o Gnosi, che significano conoscenza non duale. In occidente, la nostra mente piuttosto empirica e vogliamo comprendere l'assoluto grazie a questa mente, che , in realt relativa. Uno dei nostri fratelli che ha un manas molto forte, molto potente, vorrebbe comprendere l'assoluto con la sua mente. Non si tratta di sbarazzarsi della mente perch un veicolo, uno strumento come gli altri. E' perci importante comprenderne il giusto valore. Ma per conoscere ci che si situa al di l di s, dobbiamo abbandonarci. D: Cosa intendete per "conoscere, colui che conosce e ci che conosciuto ? Devono coincidere perfettamente"? R: Questa domanda di nuovo come la precedente; avete la conoscenza, il conoscitore e il conosciuto, esattamente come avevate il soggetto e l'oggetto della conoscenza. Cos la risposta alla domanda precedente si applica anche a questa. D: ci sono per due comprensione, e forse tempo, una parte di possiamo provocarlo, processo. cose qui: si vuole la liberazione e si vuole la ci si vuole anche abbandonare. Me nello stesso questo processo deve succedere da solo, non anche avendo la conoscenza di tutto questo

R: Noi abbiamo la facolt di comprendere, e poco a poco, attraverso gli insegnamenti ecc., arriviamo ad afferrare questa Realt. Prendiamo l'esempio di qualcuno che mettesse il dito sopra una fiamma. Il desiderio di conoscere l'effetto prodotto da questo gesto esiste per la dipendenza dall'inconscio collettivo, tamas, e altri. Immaginiamo che una persona venga a trovare Raphael e che lui gli spieghi tutte le ragioni per le quali lei si brucer se mette un dito nel fuoco. Questa persona potrebbe istantaneamente prendere coscienza del pericolo, e cos non si troverebbe portata a far fisicamente l'esperienza. Oppure, continuer a voler mettere il dito nel fuoco e a bruciarsi. Ritorner poi a lamentarsi "Mi sono bruciata, che devo fare per evitarlo?" Raphael risponderebbe: "Ebbene, forse non avete capito? Se lo desiderate, ve lo spiego un'altra volta". E' il mondo dell'ego che crea questo genere di dualit. Crea la gioia e il dolore, il conflitto, la sofferenza ecc. Posso indicare il cammino che conduce alla soluzione di questo tipo di conflitto. Se questa persona rimette il dito nel fuoco, cio nel mondo della dualit, del conflitto e della sofferenza, naturale che si brucer di nuovo. Ora, se lo desidera, si pu spiegarle tutte le ragioni che l'hanno spinta a ricominciare. Se il dialogo non avviene tra due intelletti, ma piuttosto tra un Maestro o pi precisamente uno stato di coscienza giunto al di l del desiderio di fare delle esperienze, e un discepolo, allora possibile che questo stato di coscienza penetri la coscienza del discepolo e a seconda di tutte le probabilit, una vera comprensione si accender in questo senza sforzo. La relazione tra un Maestro e un discepolo in effetti straordinaria e di grande bellezza, perch una relazione tra uno che si dona e si

abbandona, e uno che l per aprirsi e ricevere ci che donato al punto che non ci sia pi distinzione tra i due, e che di due essi diventino Uno. Ma talvolta difficile giungere a questo livello d'apertura perch c' una resistenza da parte delle discepolo, come una identificazione con alcuni contenuti psicologici, con manas ed altre esperienze ancora. Lo stato di coscienza di un essere realizzato non altro che la possibilit di toccare un altro stato di coscienza che non ancora risvegliato. Ma sul piano potenziale, noi siamo tutti Quello. Piuttosto che di parlare di un "essere realizzato" forse preferibile parlare di un "fratello maggiore". Non c' che un Maestro ed Shiva. Il "fratello maggiore" deve toccare lo stato di coscienza dell'altra persona e non i suoi guna. D: Questo ci porta alla domanda seguente, a proposito degli "esseri realizzati". Nel vostro libro "Tat Tvam Asi", descrivete un essere realizzato, e ci domandiamo se avete qualche consiglio, consiglio da dare per aiutare a distinguere un essere veramente risvegliato da qualcuno che ha semplicemente alcuni poteri. R: Non difficile vedere la differenza; ma naturalmente indispensabile che la persona che si domanda se l'essere di fronte a lei realizzato o no, sia essa stessa a un certo livello di comprensione. Si dice che un essere realizzato non possa essere riconosciuto che da un altro essere realizzato. Ma, vedete, quando abbiamo evocato la Tradizione scritta, era molto importante, perch ad ogni momento possiamo apprezzare la persona che ascoltiamo riguardo ai testi tradizionali. Ricordiamo un esempio semplicissimo che conosciamo tutti: i Vangeli. Qualcun potrebbe venirci a trovare e dire: "Ho realizzato quello stato che descritto nei Vangeli". E a questo si potrebbe rispondere: "Molto bene; vediamo allora ci che Ges Cristo ha detto nei Vangeli". Prendiamo per esempio il Cattolicesimo, in cui l'Occidente cristiano, tentando di convertire i popoli alla sua religione, ha causato tante guerre e ha trascinato alla separazione nazionale. Se sono normalmente dotato di intelligenza, mi rivolgo ai Vangeli e provo a capire se Cristo ha veramente detto che quello corrispondeva al modo di portare il Suo insegnamento al mondo. Nei Vangeli Cristo dice: "Amatevi gli uni con gli altri, come io ho amato". Dice poi: "Pregate Dio perch il sole splenda sui giusti come sugli ingiusti. Cosa conquistate non amando che quelli che vi amano? In verit vi dico, amate quelli che vi odiano". Allora mi guardo attorno e mi domando spesso se i preti hanno davvero seguito questo pensiero, se l'hanno veramente realizzato. In Europa, abbiamo avuto pi guerre di religione che guerre politiche (ridendo), e Ges dice: "Offrite l'altra guancia!". Ecco il ruolo della Tradizione: i Vangeli sono il mio specchio. Studiandolo posso dire: "Si, questa persona segue veramente i Vangeli, perch offre realmente l'altra guancia e ama perfino i suoi nemici" . E' lo stesso per l' Advaita Vedanta. Qualcuno ci potrebbe dire: " Ho realizzato lo stato di

Uno senza secondo". E in questo caso noi diremmo: "Vediamo". Se allora ci rendiamo conto che questa persona panteista o nichilista, verifichiamo ci che Shankara ha detto a questo proposito e possiamo facilmente accorgerci che le due cose non coincidono. Ecco il grande valore della Tradizione. E' solo in questo modo che si pu sapere se questa persona realizzata o no. Dobbiamo essere molto prudenti perch viviamo l'epoca del Kali-yuga e un gran numero di persone fanno finta di sapere. Non difficile imparare in un libro, ma vivere e realizzare ci che vi viene detto tutta un'altra cosa. Il solo modo, il solo mezzo per un discepolo di vedere se una persona realizzata di confrontare il suo comportamento con quello che ne dicono Plotino, Gaudapada, Shankara e altri nelle loro opere. Ma c' un altro aspetto: molto spesso i discepoli sono passivi ed loro molto difficile penetrare questi insegnamenti in profondit molto spesso incoraggiamo i ricercatori ad andare avanti, a condurre le loro proprie esperienze, a viaggiare in India e a far visita a diversi guru. Ma in definitiva, essi sono obbligati a operare la loro propria sintesi e a confrontare i differenti testi per sapere bene dove si trovano. Se qualcuno mi dice: "Sono un emulo di Platone", perch ancora oggi abbiamo scuole platoniche e neoplatoniche, la cosa da fare andare direttamente ai testi, per sapere esattamente ci che Platone ha detto. E' il solo mezzo a disposizione del discepolo ai nostri giorni. Una volta l'India era una societ tradizionale e questo lavoro era molto pi facile, ma ai nostri giorni, non abbiamo queste agevolazioni e questi mezzi; siamo nel mondo di avidya. Ges dice: "Voi li riconoscerete per i frutti che portano"; un discepolo deve fare prova di intelligenza e deve essere capace di comprendere. C' poi da fare una distinzione tra la vera realizzazione di uno stato di coscienza e le siddhi, che sono dei poteri. Le siddhi appartengono a Prakriti, ai guna e per questo creano la dualit; quando la realizzazione si situa al di l delle siddhi, non c' siddhi pi elevata della realizzazione. Molto evidentemente la gente in generale preferisce le siddhi. Sai Baba, con tutto il rispetto che gli dobbiamo, possiede delle siddhi e fa apparire della vibhuti (cenere sacra). Se un elefante si precipita di corsa verso di lui, gli basta alzare semplicemente la mano per fargli arrestare la corsa. La gente accorre per assistere a questo spettacolo affascinante. Sai Baba ha anche la capacit di guarire, ma tutto ci non attiene veramente che al veicolo. La realizzazione stessa avr gi portato alla soluzione di tutti questi problemi. Non che siamo contro le siddhi o i poteri. I poteri hanno la loro ragione d'essere, ma dobbiamo sapere che appartengono a un piano particolare e metterli al loro posto giusto. D: Proprio prima di venirvi a incontrare, una delle nostre amiche attraversava una crisi. Intellettualmente, aveva coscienza che doveva abbandonarsi e lasciare che le cose accadessero, ma le emozioni seguivano un altro corso e le impedivano di lasciar andare. La domanda allora : "come conciliare la ragione con le emozioni e i sentimenti?".

R: Nel caso della vostra amica, osserviamo una identificazione con il corpo emozionale e questa identificazione cos forte che non permette di lasciar andare, d'abbandonarsi. Si tratterebbe quindi di rieducare sia le emozioni, che sono cos potenti, sia la ragione, che non ha la capacit di sottrarvisi. La sua posizione dovrebbe essere tale da poter comprendere anche dal lato del manas, del mentale che pu andare al di l di questo stato, al di l delle emozioni e della ragione. Certo, la condizione ideale sarebbe di uscire da tutta questa situazione e mettersi in silenzio. Risolverebbe cos tutti i suoi problemi. Ma in preda a delle emozioni e a dei sentimenti che disgraziatamente la mantengono in questa situazione. Deve essere proprio in mezzo ad una battaglia fra la coscienza razionale e le emozioni che si affrontano. La sua coscienza allora proprio al centro di questo conflitto. D. E dunque, la cosa migliore per lei sarebbe di stare al di sopra dei due? R: Questa sarebbe una soluzione radicale, in effetti e gi una realizzazione. Tutto dipende dalle emozioni e se la vostra amica abbastanza forte da distaccarsene. Se avesse una visione una conoscenza tradizionale qualunque, potrebbe trovare aiuto creando una identificazione con questa visione piuttosto che con le sue emozioni. D: Cos' la meditazione? E' una tecnica per compiere qualcosa, e , se il caso, per compier cosa? R: All'inizio la meditazione estremamente importante. C' la meditazione con supporto (o oggetto) o senza supporto. Per un principiante, la miglior cosa da fare cominciare con un supporto concreto qualunque, come un libro, per esempio, affinch il suo spirito possa giungere ad un certo livello di concentrazione, un grado elevato d'attenzione su questo supporto particolare, perch i pensiero ha la tendenza a disperdersi. E' molto difficile bloccarlo in un'unica posizione. Una meditazione con supporto favorisce dunque la concentrazione. Nello Yoga-darshana, che il Raja-yoga di Patanjali, i tre ultimi mezzi sono dharana (la concentrazione), dhyana e samadhi. Questo comprende l'attenzione, la concentrazione e la meditazione affinch il mentale si focalizzi. Abitualmente la mente perde una quantit importante della sua energia. Una mente che disperde la sua energia non pu creare qualcosa di positivo, qualcosa di buono. Chiunque abbia compiuto un lavoro d'una certa importanza, anche nel mondo esteriore, ha dovuto, in ogni caso, fare prova di una fortissima capacit di concentrazione. Uno scienziato o un matematico deve possedere questo tipo di concentrazione per scoprire certe leggi. Molto evidentemente, quando la nostra Coscienza riposa in se stesa e vive per e attraverso se stessa, la meditazione non pi necessaria. Cosi', la meditazione un mezzo molto potente per collocare tutti i veicoli in stato di attenzione, di concentrazione. Ben inteso,

esistono differenti tecniche di meditazione, ma penso che non abbiamo il tempo di affrontarle ora. D: Ieri vi ho parlato delle mie aperture della visione, ma che non era qualcosa che vivevo in permanenza. Avete risposto che era sufficiente ritornare a questa visione. La mia domanda dunque la seguente: "Non si tratta allora di un semplice ricordo, di qualcosa di irreale? R: Naturalmente non parliamo di un ricordo psicologico al quale dovreste ritornare. Ma possibile mettere l'accento su questa visone, su questo stato nel quale eravate. Credo che abbiamo realizzato tutti un minuto d'unit nel corso della vita e preso coscienza che la vita Una. Tutto quello che ci resta da fare stabilizzare questa esperienza. Il Vedanta offre una soluzione: suggerisce di considerare ci che ci circonda come "nome e forma" e di cercare ci che c' al di l del nome e della forma. D: Avete la coscienza d'essere dappertutto? R: Si, non c' differenziazione n opposizione. Per utilizzare la terminologia induista quando si parla di Ishwara: il bakta (devoto, colui che segue il cammino della devozione) pone Ishwara all'esterno, considera Ishwara come un "secondo". In realt Ishwara uno stato di coscienza che deve essere realizzato, Ishwara, o Dio, uno stato d'essere. A questo stadio avete la possibilit di guardare sia con gli occhi della Coscienza sia con gli occhi fisici. Platone parla dell' "unit nella diversit". E' molto bello e importante. Se guardate con gli occhi dell'Unit, non potete entrare in opposizione con chichessia o qualunque cosa. Potreste allora ribattere: ma la condotta di queste persone non ha niente a che vedere con la visione dell'Unit. Raphael ne cosciente, ma ugualmente cosciente del fatto che queste persone che si comportano in questo modo sono esse stesse delle espressioni dell'Uno. Questo crea situazioni a volte buffe. Dei ricercatori vengono da noi e affermano: "Io sono questo, io sono quello, io sono un uomo, io sono una donna, io sono dottore, io sono avvocato" Noi rispondiamo:" Ma voi non siete tutte queste cose che enumerate". Tutte queste persone sono fermamente convinte e si considerano uomo, donna, medico, avvocato ecc. Accettiamole come credono di essere. Plotino dice: "Il mondo una immensa scena dove ciascuno recita la sua parte", ed proprio ci che facciamo tutti (ride). Ma sembra che molti non lo capiscano. D: Allora, considerare le cose come "nome e forma", appartiene al campo della mente, un processo mentale che bisogna ricordarsi di mettere in opera? R: Evidentemente non potete forzarvi a farlo, ma dovete favorire l'attitudine che consiste a non vedere le cose come "nomi e forme", ma come l'aspetto della Coscienza soggiacente ai "nomi e forme". Shankara d un buonissimo esempio che si riferisce in modo molto pertinente a

questo:" prendiamo l'etere, che in ogni luogo ed Unit. Una gran parte di questa aria o etere, contenuta all'interno di un vaso, e ci sono vasi differenti di ogni sorta di forma e di grandezza. Il vaso, certo, pu essere inteso come un essere umano, un albero o un animale. Ma l'etere racchiuso all'interno dei vasi della stessa natura dell'etere all'esterno. Dunque, dovremmo figurarci come tutti dei vasi, il nostro corpo il nostro vaso, ma all'interno di tutti i differenti vasi, c' questa Unit. La differenza sta nel fatto che ci sono stati di coscienza che non vedono che l'etere, all'interno e all'esterno dei vasi. Gli altri, al contrario non vedono che con gli occhi del vaso, di conseguenza un vaso diverso dall'altro; questo fa nascere il conflitto. E questo genera anche la vanit, perch in ogni stato di causa "il mio vaso migliore del vostro" (ridendo). Questa esperienza infatti vi molto utile. Ritornate al momento in cui avete visto l'unit, e guardate attorno a voi con gli occhi di questa unit. Vedrete che questa unit ha assunto forme differenti: qui un albero, la mia persona o un animale, e cos via. Ma sar attento a ricontattare, a ritrovare la visione dell'Uno. E' molto importante poi che manas, il mentale, non interferisca e non si metta a concettualizzare. D: Nel momento di questa visione, non c'erano concetti. Ma ritornare a quel momento, per me, diventa un concetto, perch non si sta producendo ora. R: Ma ora, voi siete certamente cosciente del fatto che questo stato esiste, perch era un'esperienza diretta. E da quel momento non potete pi concettualizzare. Quando qualcuno vi dice di guardare il mondo dei nomi e delle forme, non potete pi concettualizzare perch sapete di che si tratta, conoscete ci che al di l. D: Si, so che quella la Realt. La maggior parte della giornata, mi trovo di fronte a dei concetti e mi ci faccio ancora prendere, ma in profondit so che non sono la Realt. R: In ogni caso, avete fatto l'esperienza di uno stato di coscienza spoglio di concetti e sapete cos che la Realt al di l dei concetti. Ora, ci che potete fare, andare a fare un giro fuori e guardare gli alberi, guardare tutto ci che incontrate, e osservare, ma senza concettualizzare. Quando passeggiamo, la nostra mente si mette a concettualizzare autonomamente. Non si accontenta solo di contemplare un albero, ma commenta: "Questo albero grande, o piccolo, mi piace, non mi piace" Quello che allora dovete fare, contemplare senza concettualizzare. E poco a poco, questo modo di fare pu essere incorporato nella nostra vita di tutti i giorni, e cos la vostra coscienza che ora vi guida e non pi i concetti. Per essere pi preciso, possiamo chiamare questo "intuizione", semplicemente per darvi un'idea di ci che succede. Alcuni vi diranno: "Ma come posso continuare a vivere e a lavorare cos? Ho bisogno di fare funzionare la mia mente". Per potete arrivarci. Questo

sembra impossibile, e invece piuttosto facile. Infatti, estremamente facile. Si possono fare molte cose: guidare il trattore, spaccare legna, cucinare, spazzare il pavimento di questa stanza, lavare i propri vestiti. E tutto questo con la gioia nel cuore perch tutto cos meraviglioso. E' essenziale che coltiviate questa visione d'Unit nella vita perch ci che avete attraversato molto importante. Il Vedanta chiamerebbe questo Savikalpa samadhi. Ed la possibilit di vedere l'unit della vita con i vostri occhi, gli occhi della Coscienza. D: Potreste spiegare qual i ruolo dello Yoga e delle sue differenti discipline? E' necessario praticare uno yoga particolare? R: Ci sono differenti tipi di yoga. Avete letto il nostro libro: "L'essenza e lo scopo dello Yoga" che tratta tutte le forme di yoga, dall'Hatha-yoga fino all'Asparsa-yoga, che lo yoga dell'Advaita vedanta, la via metafisica. Nel corso delle epoche antiche, questi yoga rappresentano diverse tappe o diversi passaggi che portano progressivamente a un cammino pi vasto. Quindi, nel tempo antico, c'era semplicemente un solo e unico yoga, con differenti possibilit e dimensioni. L'insieme di questi differenti tipi di yoga portavano tutti alla trascendenza, compreso l'Hatha-yoga. Oggi, l'Hatha-yoga in occidente non che una serie di esercizi che non fanno che promettere una buona salute. Ma nessun yoga migliore di un altro. Certo, in Oriente, la Tradizione sempre viva e permette a chi la incontra di avviare la loro pratica al loro proprio livello di preparazione, di gunas, ecc In Occidente, e in certi paesi, non si avuto niente altro che il Cristianesimo e non abbiamo quindi avuto nessuna scelta. Cos impossibile offrire a ciascuno la soluzione che gli abbisogna, perch ogni individuo un mondo a s. Invece in Oriente, esiste un ventaglio di possibilit ben pi ampio che corrisponde ai bisogni di ciascuno secondo i propri gunas e qualit. Anche il Vedanta pu essere definito come uno yoga, lo yoga della Conoscenza. Ma la parola Yoga si degradata; questa specie di degradazione inevitabile perch siamo nell'et del Kali-yuga. Infatti, se noi diciamo "facciamo del vedanta-yoga", direbbero: "allora, fate della ginnastica? Quali sono le posizioni? Dov' la palestra?". (ridendo) D: Tutti possono decidere di risvegliarsi, o succede spontaneamente, senza preparazione? R: Il risveglio naturalmente, non qualcosa che potete compiere semplicemente con la sola forza della volont e con lo sforzo. Avviene da solo. Ma dobbiamo essere pronti nel momento in cui avviene. Anche nella vostra vita quotidiana, a scuola per esempio, studiamo un considerevole numero di materie, la maggior parte di loro non sono di nessuna utilit per la nostra professione. Ma questa specie di esercizio prepara il nostro spirito a qualcosa che assomiglia all'intuizione: esercita a un modo migliore di scegliere le cose e cos via. In questo, la preparazione che

offrono i nostri studi utile. Allora, per tornare alla vostra domanda, la preparazione porta ad accogliere questa specie di avvenimento spontaneo. Non si pu forzare nulla, ogni violenza su di noi sarebbe totalmente inutile. D: Quale consiglio dareste a un ricercatore di Verit. R: Questa domanda non molto facile (ridendo). Dare un consiglio a qualcuno molto difficile. Beninteso, se la persona, veramente alla ricerca della Verit, la cosa pu essere considerata. Ecco perch parliamo di un certo grado di naturalit della persona, quando c' un maggior controllo dei gunas ecc. A questo stadio, certo, dei consigli potrebbero essere dati. Il problema sorge quando la persona vive in uno stato di sofferenza e di dualit. Vuole risolvere il suo problema, ma vuole restare in questo stato di dualit. In questa situazione, non si pu avere comprensione, perch tutto quello che la persona vuole fare, cambiare un avvenimento o una situazione a questo livello. Ma si tratta del livello dell'ego, della dualit. Cos molto difficile consigliare qualcuno che identificato a questo stato di dualit. Inoltre da un punto di vista filosofico, non c' niente al di l o al di fuori dell'Essere e presto o tardi, non possiamo che ritornarci. Un Advaitin pacificato, diciamo che ha trovato la pace. Avendo integrato lo stato d'esistenza duale, non ha alcun motivo che lo spingerebbe a voler cambiare il corso delle cose. Ecco perch non ricerca n discepoli n adepti. Certo, l'Advaita offerto a tutti, ma tutti non vogliono raggiungere questa dimensione. Per presto o tardi, la raggiungeranno perch ogni individuo al mondo Quello. Possono prendersi per qualcos'altro ma sono Quello. Siamo tutti alienati perch crediamo di essere ci che non siamo. Per terminare con una nota leggera: dopo Napoleone, ci fu un certo numero di persone che nella loro alienazione, credevano di essere lui. Erano convinte di essere Napoleone, erano pazzi. In questo caso, tutto ci che possiamo fare, tentare di risvegliarli alla realt che non sono Napoleone. La conoscenza tradizionale ci dice che noi siamo tutti alienati; siamo identificati con i diversi vasi e ogni vaso diverso dal seguente. Un Advaitin si rende ben conto di tutta la sofferenza del mondo, ma nello stesso tempo, vede il comico di tutto questo (ridendo) perch ha coscienza che tutte queste persone hanno dimenticato ci che sono. Qualcuno potrebbe dire: "soffro"; e la risposta potrebbe essere: "no, tu non soffri"; "si, soffro!". Un altro potrebbe dire:" Sto per morire" e la risposta: "Ma tu non puoi morire, tu sei immortale". Se questa persona convinta che sta per morire, che possiamo farci? Tutto ci che ci resta da fare di aspettare che prenda coscienza della sua immortalit, che gli impossibile morire. Quando lasceremo il nostro corpo fisico denso, la maggioranza di noi andr nella parte inferiore del Taijasa [6]. In termini occidentali, si tratta del piano astrale. Alcuni spiriti materialisti, quando arrivano a questo piano, fanno fatica a realizzare che non sono morti. Dei discepoli fanno il loro lavoro su questo piano per

provare a rieducarli e portarli a vedere che non sono morti. Loro ne sono talmente convinti che dicono:" Come posso non essere morto? Sono deceduto. Devo essere morto" Questa persona non si lascer andare all'evidenza che esista, che si esprime e che dunque vive in quest' altra dimensione. Potemmo dire che la vita che facciamo, sul piano umano, "una tragicomica a lieto fine". D: Quali sono i principali ostacoli a vivere la Verit? Come si superano? R: Abbiamo gi risposto a questa domanda quando abbiamo spiegato che siamo identificati ai gunas. Mentre fate la vostra passeggiata e tentate di ritrovare la vostra visione, dovete verificare voi stessi. "Qual l'ostacolo che mi trattiene dall'essere quello? Che veicolo si inserisce tra me e questa Realt? E' lo spirito oppure qualche contenuto psicologico che in me? Potrebbe essere il mondo delle sensazioni o delle emozioni? Potrebbe essere una idealizzazione, un pensiero? Tutto questo pu essere d'ostacolo, ma una volta risolto perch questi problemi si risolvono quello emerge da solo. In Oriente si da un esempio molto pertinente: immaginate una stanza piena di oggetti cos numerosi che potete appena muovervi. L'identificazione ai diversi oggetti non vi permette di vedere la stanza nella sua realt. Oggi posso identificarmi con la tavola, domani al sistema di riscaldamento, l'indomani a un'altra cosa. Se prendo tutti questi oggetti e li getto fuori, (per "gettarli fuori" intendo, certo, integrare, assimilare tutti questi oggetti), mi ritrovo in una stanza vuota, e dunque nello spazio. Io sono questo spazio, e questo significa che l'etere all'interno del vaso della stessa natura che l'etere al di fuori del vaso. Questi esempi o queste analogie possono essere di una grande importanza per la comprensione della Realt soggiacente ai fenomeni. D: Circa quattro anni fa, ho cominciato, una sera, a ripetermi la frase "Io sono quello". E sono stato colpito dal fatto che "l'io" per il quale mi prendevo, non aveva niente a che fare con Quello. Prima di questa presa di coscienza, credevo che "l'io", cio tutti i concetti corrispondenti a ci che credevo di essere, stava per diventare Quello con la realizzazione. Ora, in questo istante, ho visto che Quello non aveva niente a che fare con questi concetti. Vedere questo fu molto importante per me. R: Certo, sicuro, Quello non ha niente a vedere con l'ego, l'io. "Io" una non-realt, ma un errore che tutti fanno. D: Se viviamo in uno stato di spontaneit totale, continuiamo a controllare gli avvenimenti della nostra vita? R: Dobbiamo parlare qui della spontaneit dell'etere. In questo caso solamente, potete mantenere un controllo; allora l'etere che utilizza il vaso e non il vaso che utilizza l'etere. L'etere spontaneit, innocenza. E' la lila, il gioco divino, il gioco d'un bambino. Dobbiamo dunque

chiaramente fare la differenza tra la spontaneit che viene dalla reazione istintiva e la spontaneit dell'etere che totalmente differente. E' molto importante fare questa distinzione perch certe persone sono molto impulsive, emotive e per questo spontanee, ma anche capaci di provocare grandi disastri. Dalla posizione di Quello, ci non pu accadere. L'innocenza di cui parliamo tutt'altra cosa. D: Potete descrivere la vostra propria natura? R: E' esattamente la stessa della vostra. Ciascuno di noi questo etere che impregna tutto. Non c' differenza tra Raphael e gli altri. Potrebbe esserci giusto questa differenza: una persona potrebbe essere identificata ad uno dei suoi veicoli o ad una delle esperienze che ha fatto, mentre Raphael ha esaurito e chiuso tutti i registri di esperienze. Si potrebbe dire che Raphael stato un po' pi intelligente in una incarnazione passata. Ha realizzato di cosa si trattava in tutto questo e ha deciso di non ricaderci pi (risa). Questa l'unica differenza.

Note: 1) Gunas: "qualit fondamentali". La creazione si manifesta in conseguenza al disequilibrio trai tre gunas, sattva il puro e il Sottile, rajas, l'attivit e tamas, la pesantezza e l'immobilit, mascherando cos la realt di Brahman. 2) Deva: essere risplendente,angelico; divinit, Principi funzionali dei livelli grossolano e sottile. 3) Ananda-maya-kosa: guaina, rivestimento (kosa), fatti di (maya) beatitudine (ananda). 4) Ishwara: personalit divina. Rappresenta ci che si pu chiamare il Dio-Persona. Principio della manifestazione totale e Signore di maya. 5) Maya: ignoranza metafisica; fenomeno; mondo empirico fenomenico. Maya comprende tutte le modificazioni sovrapposte alla pura Coscienza del S, al Brahman-Atman. Apparenza, ci che non n reale n non reale, ma la cui natura "cambiamento".... 6) Taijasa: lo stato luminoso, uno dei quattro stati di coscienza del Vedanta. I tre altri sono: il sonno profondo, lo stato di veglia e Turia, il quarto.

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