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Principi ecologici per l'eLearning

Pierfranco Ravotto, AICA, p.ravotto@aicanet.it


Mara Masseroni, ITSOS “Marie Curie”, mrm@tes.mi.it
Luisa Farinati, Centro Studi Tutor, faril@tes.mi.it,
Marilena Vimercati, ISMU, mrm@tes.mi.it

Abstract
Se è vero, come gli autori ritengono, che il vantaggio dell'eLearning ad integrazione della formazione in presenza sia
l'aumento dell'efficacia, è altrettanto vero però che, soprattutto in tempi di crisi economica, si deve dimostrare che un
tale obiettivo è perseguibile a costi limitati.
Ma si può fare dell'eLearning di qualità a costi contenuti? La risposta è affermativa se si applicano all'eLearning
categorie tipiche dell'ecologia quali “risparmio”, “ri-uso”, “sostenibilità”.
A sostegno di tale affermazione, gli autori riportano l'esperienza di progettazione di corsi di “Italiano L2” per immigrati,
effettuata in un progetto dell'ISMU, Iniziative e Studi sulla MultiEtnicità.

Introduzione
I pericoli di collasso ambientale da un lato e la stretta della crisi economica dall'altro ci costringono
a prendere atto che viviamo in un contesto di risorse limitate: vale per il petrolio come per l'acqua,
per la terra come per le risorse economiche. Non tenerne conto provoca, in tempi più o meno brevi,
disastri.
Non sono più solo pochi ecologisti a parlare di “risparmio”, di “riuso”, di “sostenibilità”.

Ha senso applicare questi termini anche all'eLearning? Certamente sì, ancor più in un periodo di
crisi economica in cui, si sa, i tagli vengono in genere applicati in primo luogo alla formazione e poi
alle ICT, proprio i due terreni di sviluppo dell'eLearning.

Gli estensori di queste note, a suo tempo tutti docenti presso l'ITSOS “Marie Curie” di Cernusco sul
Naviglio, hanno partecipato insieme a diversi progetti europei finalizzati a promuovere
l'integrazione fra didattica in presenza e didattica in rete.
Di progetto in progetto sono state prodotte caterve di materiali didattici, spesso di qualità … ma –
guardandoli dal punto di vista “ecologico” – con un grande spreco di risorse. Si tratta, purtroppo, di
una situazione largamente generalizzata.
Parliamo di spreco di risorse in due casi:
se vengono impiegati tempo e risorse per sviluppare materiali didattici/corsi quando ne
esistono già di equivalenti,
se i materiali/corsi prodotti sono poi sotto-utilizzati.
Lo sviluppo di un eLearning di qualità, in un contesto di risorse limitate, deve basarsi su
presupposti ecologici di riuso, risparmio, sostenibilità.

Una svolta ...


Nel 2004, a conclusione dei progetti SOLE, BiTE e SiR2, pensammo per la prima volta di adottare
il modello free software/open source: “people use it, people adapt it, people fix bugs”per la
produzione di materiali didattici [1]. Da lì il progetto SLOOP, Sharing Learning Objects in an Open
Perspective, nel corso del quale è stato prodotto FreeLOms, un free LO management system per
favorire lo sviluppo collaborativo di open LO [2]. Successivamente ne sono derivati due progetti di
“trasferimento dell'innovazione” nel Lifelong Learning Programme: Tenegen (2008-2010),
promotore PROMPT (Ungheria) e SLOOP2desc (2009-2011), promotore l'Istituto Tecnologie
Didattiche del CNR di Palermo.
Molti altri si sono mossi nella stessa direzione, pubblicando i propri materiali didattici con la GNU
Free Documentation License o con una delle licenze CreativeCommons e promuovendo ambienti di
condivisione di materiali didattici liberi/aperti.
Si è trattato di singoli insegnanti, gruppi di insegnanti, singole scuole, ma anche grandi e prestigiose
istituzioni: si pensi, in primo luogo, al Massachusetts Institute of Technology, MIT, con il suo
OpenCourseWare.
Non si tratta di fenomeni isolati. E', probabilmente, una svolta epocale i cui effetti non sono ancora
del tutto immaginabili. Come ha scritto Susan Hockfield, Presidente del MIT: “Non conosciamo
ancora il completo potenziale del OCW e il suo impatto finale sul complesso dell'educazione. Ma ci
è chiaro che pensando alla conoscenza come ad un bene pubblico a beneficio di tutti e muovendoci
secondo questa filosofia attraverso l'OpenCourseWare, noi possiamo fare la differenza” [3].

E' un segno di quel “passaggio da un'economia dominata dal mercato e dai concetti di bene e
proprietà, verso un'economia dominata da valori come la cultura, l'informazione e le relazioni” di
cui parla Rifkin che spiega come ”in questo nuovo panorama il concetto di proprietà perde
significato, diventa fondamentale per l'uomo avere accesso a delle reti o non esserne escluso” [4].
Per le università e per le scuole, come per i singoli docenti, il fattore di successo non è la proprietà
delle risorse didattiche, ma l'appartenenza ad una rete in cui condividerle.

… ed un interrogativo
Per il MIT il fattore di successo è il prestigio internazionale che ha acquisito con l'OCW e il ruolo
che gioca nella rete Open Courseware Consortium cui partecipano 161 università di 33 paesi
(incredibilmente nessuna italiana!) e 34 altre organizzazioni.
Ma si impone una riflessione: la spinta verso la messa a disposizione di materiali didattici open,
liberamente utilizzabili-modificabili-distribuibili, sembra venire soprattutto da proprietari di
materiali che decidono di renderli disponibili piuttosto che – come ci si potrebbe aspettare - da
potenziali fruitori.
Può darsi che ciò derivi da una maggior visibilità dell'offerta rispetto alla domanda, ma sarebbe
interessante indagare, a fronte di un'ormai cospicua mole di materiali liberamente utilizzabili, su
quale sia il loro effettivo livello d'uso. Sono sicuramente molti i fruitori individuali (lo studente che
cerca su internet), ma è forse ancora molto basso il numero di insegnanti che vi fanno ricorso per la
propria didattica, ed è praticamente nullo il numero di scuole e altri organismi formativi che hanno
inserito il ri-uso di materiali open nella propria strategia pedagogica ed conomica.
Abbiamo, insomma, l'impressione che alla disponibilità di rilasciare i propri contenuti come “liberi”
non corrisponda ancora, almeno in Italia, una reale abitudine al riutilizzo di contenuti prodotti da
altri.

Sostenibilità, risparmio energetico, ri-uso


E' allora forse il caso di esplicitare i vantaggi, per un'istituzione che si occupa di formazione, di
alcuni concetti ecologici quali sostenibilità, risparmio energetico, ri-uso.

Sostenibilità
In ambito ecologico il termine indica la capacità di un ecosistema di mantenersi nel tempo. Perchè
un processo sia sostenibile esso deve utilizzare le risorse naturali ad un ritmo tale che esse possano
rigenerarsi naturalmente.
Con riferimento all'eLearning e specificatamente all'obiettivo di integrare la formazione in presenza
con la formazione in rete, sostenibilità è la capacità di rendere stabile nel tempo una tale
integrazione.
Spesso iniziative di eLearning sono rese possibili da finanziamenti specifici, per esempio derivanti
da programmi europei. Ma spesso, venuto meno quell'investimento – una contingente disponibilità
di risorse non ordinarie – tutto si conclude. Occorrerebbe, invece, sfruttare una tale contingenza per
avviare un processo che sia sostenibile, che possa, cioè, mantenersi con le ordinarie risorse a
disposizione della scuola, dell'istituzione, degli insegnanti.

Risparmio energetico
Con tale termine, in ambito ecologico, ci si riferisce alla scelta di tecniche e pratiche adatte a ridurre
i consumi d'energia necessari allo svolgimento delle varie attività umane. Il risparmio può essere
ottenuto modificando i processi in modo tale che ci siano meno sprechi, ovvero migliorando
l'efficienza energetica.

Per quanto riguarda gli sprechi da ridurre, nel campo dell'eLearning, quello principale è il consumo
di energie per produrre qualcosa che già esiste. Le risorse didattiche hanno, infatti, una caratteristica
che le distingue dalle risorse materiali. L'utilizzo non le consuma. Se voglio dare un computer a due
studenti, devo avere due computer, ma se devo dar loro una risorsa didattica, per esempio un
esercizio sul simple past, non è necessario produrne due: posso farli accedere allo stesso.
Ebbene, quante risorse digitali sul simple past saranno state prodotte in questi ultimi dieci anni? Pur
tenendo conto del fatto che si possono effettivamente realizzare su tale argomento, o su qualsiasi
altro, risorse diverse per metodologia, approccio, target di riferimento, media utilizzati, … ci sono
stati sicuramente sprechi enormi.
Quindi il primo risparmio energetico effettuabile per l'eLearning consiste nel non sprecare energie
rifacendo quanto già esiste.

Ri-uso
Gli ecologisti usano piuttosto il termine riciclo, generalmente riferito ai rifiuti. Il riciclo o riuso è, in
ogni caso, recuperare materiali che possono ancora essere, almeno in parte, utilizzati/ri-utilizzati
anziché smaltirli o lasciarli abbandonati.
In ambiente eLearning significa, analogamente, individuare e riutilizzare materiali didattici che
possono essere ancora utili: parti di vecchi LO o di corsi, ma anche materiali dispersi in rete. Si
pensi, per esempio, ai milioni di filmati presenti su YouTube: quanto di quel materiale è utilizzabile
per la didattica?

Il progetto “Parliamoci chiaro”


La Fondazione ISMU, Iniziative e Studi sulla Multietnicità (http://www.ismu.org), ha recentemente
promosso – con il co-finanziamento dell'Unione Europea attraverso il “Fondo europeo per
l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi” e del Ministero dell’Interno - il progetto “Parliamoci
chiaro. Conoscere l’italiano per conoscere l’Italia”.
Nell'ambito di tale progetto, stiamo sviluppando alcuni corsi in ambiente Moodle: due di “Italiano
lingua 2” per gli immigrati – da usare ad integrazione dei corsi in presenza – ed uno di formazione
per gli insegnanti: “Integrare la formazione in rete con quella in presenza usando Moodle”.
Alla realizzazione di tali corsi stiamo applicando i principi ecologici precedentemente esposti.
Eccone alcune caratteristiche.

Licenza
I corsi sono rilasciati sotto licenza CreativeCommons “Attribution-Share alike”:

Una copia di back-up del corso, priva dei dati relativi ai corsisti, sarà resa disponibile (su FreeLOms
e in altre repository) per chi voglia riutilizzarla, importandola su una propria piattaforma Moodle ed
eventualmente modificandola (in base alla licenza, chi la utilizza e la modifica è tenuto a citare gli
autori originari e a mettere a disposizione la versione modificata con la stessa licenza).

Riutilizzo di materiali esistenti


I corsi sono realizzati assemblando materiali didattici di svariate provenienze.

• In molti casi si tratta di materiali specificamente progettati per insegnare italiano agli stranieri,
coperti da copyright, ma liberamente accessibili in Internet, per esempio “In Italia”, un
articolato progetto pilota di Rai Educational e Ministero della Pubblica Istruzione. In alcuni casi
a tali materiali sono stati aggiunti esercizi per aumentarne l'interattività.
I diritti dei proprietari non sono stati violati: semplicemente sono stati inseriti link alle loro
pagine, ben evidenziando che si tratta di pagine “esterne” a “Parliamoci chiaro”.
• In altri casi si sono utilizzati materiali non progettati per l'insegnamento dell'italiano, ma utili
per costruire materiali didattici. E' quanto è stato fatto per le attività di ascolto recuperando
filmati da YouTube – per esempio un cartoon con Mourinho e Spalletti al supermercato - ed
accompagnandoli con esercizi di comprensione del testo costruiti con HotPotatoes.
• In altri casi ancora si è proceduto al riadattamento di materiali “aperti” disponibili in rete,
intervenendo sui contenuti e sulla loro organizzazione o, semplicemente, sul tipo di formato
digitale.
• Infine, dove non abbiamo trovato materiale adatto, ne abbiamo costruito di nuovo, ma anche qui
ricorrendo, quanto meno, ad immagini disponibili in rete.

Ne risulta, ovviamente, un patchwork di materiali diversi per impostazione e grafica. E' un difetto?
Corsi con grafica e impostazione omogenee si presentano bene. Ma siamo sicuri che, nel caso di
corsi di una certa lunghezza, non annoino i corsisti?
Materiali disomogenei possono, forse, favorire una maggiore attenzione.

Apertura e linee guida


Il corso è ricco, come si è detto di link a materiali che sono parte di altri corsi. Essi si aprono –
come si vede nella sottostante figura - in una nuova finestra, per ricordare al corsista che sta
accedendo ad una risorsa esterna al sistema, con l'indicazione di chiuderla una volta terminata
l'attività proposta (nell'esempio la visione e l'ascolto di un video con un esercizio di comprensione).
Ma in quella finestra il corsista trova altri link che può liberamente seguire, privilegiando quelli che
meglio corrispondono alle sue necessità, alle sue preferenze, al suo “stile” di apprendimento.
I corsi che abbiamo prodotto per “Parliamoci chiaro” sono dunque aperti non solo per gli
insegnanti che possono usarli e modificarli a piacere, ma anche per gli studenti che possono
navigarli liberamente – non c'è alcuna rigida sequenza - e che possono allontanarsene seguendo
altre piste che incontrano sul percorso.
Corrispondono, dunque, più alla filosofia del bazar che non a quella della cattedrale, secondo la
felice espressione di Eric Raymond [5] e accolgono le sollecitazioni del connettivismo [6].

Ma abbiamo tenuto presenti i pericoli segnalati da Antonio Calvani nel suo ultimo libro: “in realtà
la sovrabbondanza (overload) dell'offerta è un fattore disorientante ...”; l'istruzione è “un'impresa
razionale che non può essere lasciata all'occasionalità e allo spontaneismo” [7]. E dunque
l'apertura è all'interno di una struttura didattica ben definita che guida l'allievo al conseguimento di
ben definiti obiettivi.

1. In primo luogo è esplicitato il riferimento al “Quadro europeo di riferimento per le lingue


straniere” (European Framework): si è scelto di sviluppare un corso di livello A2 (Basic user –
Waystage) ed un altro di livello B1 (Indipendent user, Threshold).
Gli studenti sono invitati a sottoporsi a test di accertamento delle competenze relativi al livello
scelto (il link è ai test online dell'Università per gli stranieri di Perugia).
2. Il corso è organizzato per funzioni linguistiche (il titolo di ogni blocco - “argomento” nella
terminologia Moodle - corrisponde ad una delle funzioni indicate dal Quadro rispettivamente
per A2 e B1; la figura soprastante mostra uno dei blocchi).
3. Per ogni funzione linguistica sono proposte attività relative alle quattro abilità: ascoltare,
leggere, parlare, scrivere.
4. Al corsista vengono fornite - usando quelle che in Moodle sono le “etichette” - specifiche e
circostanziate indicazioni per ogni “risorsa” (link, pagina web, …) o attività (forum, oggetti
SCORM, ...)

Il corsista è libero di affrontare i blocchi e le abilità nell'ordine che preferisce, di privilegiarne


alcuni in base a esigenze o interessi personali, di uscire dal corso per seguire altri link proposti
dalle pagine “esterne” cui viene mandato.
Ma ha un riferimento chiaro, quello delle competenze del livello che sta seguendo ed uno strumento
di autoverifica del loro raggiungimento (i test di livello). E Moodle gli permette di auto-monitorare
le attività svolte.
Inoltre si presuppone che abbia un insegnante in presenza, in grado di guidarlo anche per le attività
in rete, un insegnante presente lui stesso in rete dove può monitorare le attività dei corsisti e dove,
in particolare, può inervenire correggendo una serie di attività di scrittura – quelle proposte nei
forum – che non possono avere una correzione automatica.

Sostenibilità
I due corsi A2 e B1 coprono, dal punto di vista delle funzioni linguistiche e delle 4 abilità, in modo
sostanziale il Framework europeo, senza, per questo, aver richiesto un grosso investimento. La
maggior parte del finanziamento è stato infatti impiegato per l'attivazione di 32 corsi presso le sedi
dei 3 Centri Territoriali per l’Impiego e i CFP del Comune di Milano e presso i Centri Territoriali
Permanenti per l'Istruzione e la Formazione inetà adulta delle province di Bergamo e Brescia.
Queste sono prove che il modello adottato dà prova di sostenibilità.

Come si è detto, ai due corsi linguistici ne è stato affiancato uno di formazione dei docenti all'uso
dell'ambiente Moodle e alle tematiche dell'integrazione fra formazione in presenza e formazione in
rete. Anche questo corso – integrato da due incontri in presenza – è stato realizzato riutilizzando
risorse didattiche già prodotte per altri corsi. L'obiettivo non è solo ottenere che gli insegnanti dei
32 cosi di “Parliamoci chiaro” presentino ai loro allievi i due corsi in rete, né solo che vi svolgano il
ruolo di tutor.
E' molto più ambizioso: introdurre l'abitudine ad integrare la formazione in presenza con la
formazione in rete. E' un obiettivo perseguibile proprio in quanto, a conclusione dei corsi
“Parliamoci chiaro”, i docenti potranno continuare ad utilizzare i due corsi, installandoli su un
server Moodle della propria istituzione – scuola, CFP, CTP, CTI – arricchendoli e modificandoli,
facendoli, cioè, evolvere nel tempo senza troppo investimento di tempo e anche in assenza di risorse
economiche dedicate.

Conclusioni
Sull'onda del successo dell'opensource, e più in generale di quel fenomeno di “collaborazione di
massa che sta cambiando il mondo” che Don Tapscott e Anthony D. Williams chiamano
Wikinomics [8], anche nel campo dei contenuti didattici, in particolare di quelli per l'eLearning, si è
venuta manifestando una tendenza alla condivisione di contenuti aperti.
A strategie di messa a disposizione dei propri contenuti non corrispondono ancora ben definite
strategie di utilizzo di tali contenuti per la progettazione e realizzazione di corsi.
Soprattutto in tempi di crisi, occorre invece evidenziare come il ricorso, nella produzione di
materiali per l'eLearning, a principi ecologici quali quelli descritti, può essere una carta vincente.
Bibliografia
[1] Pierfranco Ravotto, Developing E-Learning Lessons, in Bridging the gap from the face to face
to the elearning environment, Conference Papers, Ipswich 5 Dicembre 2003,
http://www.scribd.com/doc/3849226/Developing-eLearning-lessons
[2] Giovanni Fulantelli, Manuel Gentile, Davide Taibi, Mario Allegra, Maggio 2007, Open Learning
Object: una nuova prospettiva per un utilizzo efficace delle risorse didattiche digitali, Congresso
Didamatica 12-14 maggio 2007,
http://www.sloopproject.eu/file.php/1/SloopDownload/Articles/didamatica2007.doc
[3] Susan Hockfield, President's Message,
http://ocw.mit.edu/OcwWeb/web/about/president/index.htm
[4] Jeremy Rifkin, L'Era Dell'Accesso. La rivoluzione della new economy, traduzione di Paolo
Canton, Oscar Mondadori, 2001, pp. 405, cap. XII
[5] Eric S. Raymond, La cattedrale e il bazar, 1998, versione italiana in
http://www.apogeonline.com/openpress/cathedral
[6] George Siemens, Connectivism: A Learning Theory for the Digital Age, 2005
http://www.elearnspace.org/Articles/connectivism.htm
[7] Antonio Calvani, Teorie dell'istruzione e carico cognitivo. Modelli per una scuola efficace,
Erickson 2009
[8] Don Tapscott e Anthony D. Williams, Wikinomics 2.0, Rizzoli (2007)

Tutti i riferimenti in rete sono stati verificati in data 30 luglio 2009

Sitografia
BiTE, www.tes.mi.it/bite2web
FreeLOMs, www.freeloms.org
MitOpenCourseWare, http://ocw.mit.edu/OcwWeb/web/home/home/index.htm
Open Courseware Consortium, http://www.ocwconsortium.org/
Parliamoci Chiaro, www.ismu.org/parliamocichiaro/moodle
SiR2, www.tes.mi.it/sir2portale
SLOOP, www.sloopproject.eu
SOLE, www.tes.mi.it/sole
Tenegen, www.tenegen.eu

CreativeCommons: Attribution – NoDerivatives (http://creativecommons.org/licenses/by-nd/3.0/)


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