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MARINA FOSCHI A MIRANDOLA (4.5.

2014)


Potere trovare nel foyer del teatro una mostra realizzata un anno fa nel Salone del Restauro di
Ferrara; il titolo La restituzione della memoria. Ci sembrava che questo fosse il punto focale da
cui far partire un contributo che Italia Nostra desidera dare alle istituzioni, in primo luogo a quelle
dello Stato, e anche alle comunit, per porre lattenzione e discutere i metodi, che non possono
fare a meno della seria documentazione che emerge da tutti i lavori che si stanno facendo oggi e
che sempre di pi vanno fatti.
Questa mostra partiva da un presupposto: fin da dopo la guerra, in un momento difficilissimo, con
difficolt economiche e anche di vita delle persone, furono intrapresi lavori di restauro immediati e,
come ha ricordato Settis per i terremoti degli anni passati, furono ricostruiti dei monumenti dei
quali oggi non avremmo pi traccia n memoria se non ci fossero state quelle azioni immediate a
restituirli.
Ebbene oggi ci troviamo con dei segni dellidentit che si sono in parte cancellati, degli edifici
parzialmente crollati; i cittadini li hanno ancora impressi nella memoria e noi vorremmo quanto pi
possibile vederli restituiti ai cittadini. E chiaro che queste strutture non potranno contenere le
decorazioni e gli elementi che avevano in origine e che si sono persi. Per possono avere una
capacit di identit e di affezione rispetto ad essi dalla popolazione che certamente li aiuta a
superare un momento difficile.

C un altro aspetto - ed molto importante - che quello delle riparazioni che sono possibili. Mi
dispiace che oggi non possa essere presente Paolo Foraboschi, lingegnere al quale avevamo
delegato unattenta memoria su che cosa si possa fare oggi con le attuali tecnologie per
mantenere senza distruggere, del grado di sicurezza che si pu raggiungere con le strutture
esistenti, maggiori anche di quello che si pu fare con ledilizia nuova. Certamente maggiori della
demolizione e ricostruzione, soprattutto quando si parla di aggregati, di edifici uno vicino allaltro,
come quasi sempre nei centri storici, dove se se ne demolisce uno si creano danni peggiori a
tutti quelli vicini. Invece la possibilit di intervenire con questi strumenti scientifici che esistono
oggi, che sicuramente le Soprintendenze conoscono, consente di recuperare tutto quello che
vediamo fatiscente.
Perch uno dei motivi principali di questi crolli stata la mancanza di manutenzione, non il
principio originale delle costruzioni, in molti casi costruite da ottimi architetti e con le migliori
tecnologie dei tempi. Abbiamo visto ad esempio la torre crollata a finale Emilia, abbiamo visto
nelle fotografie pi recenti delle fessure, degli interventi che potevano soltanto danneggiare,
appesantire - un po com successo nel duomo che stato distrutto ad Assisi - interventi che
appesantiscono le parti alte degli edifici e che rendono pi improbabile la capacit di resistere ai
terremoti. Oggi abbiamo tecniche che ci consentono di usare materiali che possono migliorare
queste strutture senza travolgere il sistema che li tiene in piedi, senza mettere protesi pesanti e
difficili da sopportare.

Dobbiamo lavorare in questa direzione proprio perch possibile raggiungere la sicurezza e la
tranquillit, convivere come diceva il sindaco con lidea che il terremoto possa avvenire, senza
perdere limmagine dei nostri centri. Su queste cose la nostra regione ha una lunghissima
tradizione: la prima in Italia che abbia avuto una legge nel 1974 per la tutela, la prima che abbia
organizzato un Istituto dei Beni Culturali prima ancora del Ministero, la prima che abbia raccolto un
archivio di oltre 100.000 pezzi, che esistono ancora presso lIBC, per documentare citt per citt,
centro per centro, campagna per campagna, tutto quanto esisteva e andava in un qualche modo
tutelato. Non solo dalla tutela pi rigorosa dello Statom ma dalla stessa pianificazione.
Dopo questa pianificazione comincia a venir meno perch - come abbiamo sentito da Settis - c
in piedi una volont di distruggere, insieme con tutto quello che hanno e fanno di buono le
Soprintendenze, anche quello che le comunit hanno raccolto e messo in piedi come
pianificazione del territorio. I vincoli lacci e lacciuoli - sono sacrificati come elementi di ritardo,
di appesantimento, legami che non consentono di andare avanti e di fare gli interventi. E il
contrario: unidea chiara di quello che si pu fare, una regola precisa, non pu che accelerare le
possibilit di intervento.

Io credo che noi dovremmo ringraziare chi ha organizzato questincontro che ci consente di
dialogare. Dopo molto tempo nel quale abbiamo cercato di far conoscere il patrimonio che aveva
raccolto lIstituto dei Beni Culturali, le ricerche che ha promosso anche Italia Nostra, dovremo
ancora di pi collaborare; ma soprattutto cercare di mettere nella discussione la consapevolezza
che restaurare si pu, riparare si pu, costa meno ed altrettanto efficace che demolire e
ricostruire, molto pi efficace.

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