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Diversit nella fede alla fine della vita

Luomo che sta affrontando la fase terminale della sua malattia ha circa trentanni.
Ma non intende rinunciare ai precetti che la sua fede gli impone: vuole osservare il
digiuno del Ramadan, per non divenire kafir, colpevole di empiet proprio nel
momento pi drammatico della sua vita. Chi lo assiste vuole assecondarne la
decisione, ma per farlo costretto a modificare lapproccio terapeutico. Non un
caso estremo, quello che ricorda Giada Lonati, direttore socio-sanitario di Vidas,
lassociazione che offre assistenza gratuita ai malati terminali. Per comprenderlo basti
pensare che i 29mila pazienti assistiti in questi anni, provenivano da 30 diversi Paesi.
E professavano cinque diverse religioni.
Vidas unassociazione, orgogliosamente, aconfessionale ma, di fronte al dolore e
alla morte, ha intrapreso un difficile percorso di ricerca che testimonia in una
continua attivit seminariale che si fa pubblica nellincontro organizzato con il Forum
delle Religioni luned a Palazzo Reale. A prendere la parola, moderati da Giorgio
Cosmacini, del Comitato scientifico Vidas, saranno Alfonso Arbib, Rabbino capo
della Comunit Ebraica di Milano, Giovanna Giorgetti, vicepresidente dell'Unione
Buddhista Italiana, Svamini Hamsananda Giri, vicepresidente Unione Induista
Italiana Sananta Dharma Samgha, Asfa Mahmoud, presidente della Casa della
Cultura Islamica di Milano, Giuseppe Platone, pastore della Chiesa Valdese di
Milano, padre Traian Valdman, vicario Eparchiale delle Comunit Ortodosse
Romene in Italia e don Tullio Proserpio, cappellano dellIstituto Nazionale Tumori.
Cappellani che, per don Giampiero Alberti, referente del Forum delle Religioni di
Milano, sono anche i primi interlocutori di chi, in una situazione estrema, chiede
soccorso spirituale. Viviamo in una comunit sempre pi multiculturale e inter
religiosa e ci mettiamo al servizio di questa realt, convinti di dover valorizzare
quando ci unisce nella fede, il senso della sua forza interiore, nel rispetto delle
differenze. Che oggi si misura con nuove sfide, prima fra tutte la crescente presenza
della comunit islamica. La nostra assistenza spiega Giada Lonati
principalmente domiciliare: delle 2mila persone che seguiamo, solo 500 sono negli
hospice. Ma qui che chi ha lasciato i propri affetti in unaltra parte del mondo
chiede assistenza. E anche gli operatori, sempre pi spesso, hanno altri e diversi
riferimenti culturali e religiosi.
Lo sa bene Asfa Mahmoud, presidente della Casa della Cultura islamica di viale
Padova che, citando il Corano, racconta come per lIslam la morte sia il passaggio per
tornare alla vita eterna. A richiamare una forte relazione con il credo monoteista, pur
in una diversa ritualit che rivendica e che, ammette, non mai stata ostacolata.
Riconosce al Comune il merito di aver riservato agli islamici una degna sepoltura, ma
gli rimprovera, con qualche ironia, di non essersi ancora occupato abbastanza dei
vivi che nelle moschee celebrano anche i propri riti funebri.
Ascoltandolo non sembra cos difficile praticare il progetto martiniano del Forum che
intende favorire la crescita di una societ pi inclusiva, giusta e solidale mettendo in
relazione le grandi tradizioni spirituali con i valori etici che pure si esprimono nel
patrimonio di sapienze della societ contemporanea.
Religioni, riti e spiritualit nel tempo del morire, Luned 26 maggio, ore 18.00,
Palazzo Reale, piazza Duomo 14, ingresso libero con prenotazione obbligatoria,
info: promozione.sviluppo@vidas.it - www.vidas.it
(la Repubblica Milano, 25 maggio 2014)

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