"Metodo e dintorni" parla del metodo scientifico, del modo in cui le nostre emozioni e il nostro ragionamento influenzano le nostre decisioni, a livello conscio e inconscio, e a livello pubblico e privato; parla del potere della narrazione nel costruire paradigmi e riferimenti; parla, infine, dei modelli del mondo e delle chiavi di lettura con cui cerchiamo di leggerlo. [...]
"Metodo e dintorni" parla del metodo scientifico, del modo in cui le nostre emozioni e il nostro ragionamento influenzano le nostre decisioni, a livello conscio e inconscio, e a livello pubblico e privato; parla del potere della narrazione nel costruire paradigmi e riferimenti; parla, infine, dei modelli del mondo e delle chiavi di lettura con cui cerchiamo di leggerlo. [...]
"Metodo e dintorni" parla del metodo scientifico, del modo in cui le nostre emozioni e il nostro ragionamento influenzano le nostre decisioni, a livello conscio e inconscio, e a livello pubblico e privato; parla del potere della narrazione nel costruire paradigmi e riferimenti; parla, infine, dei modelli del mondo e delle chiavi di lettura con cui cerchiamo di leggerlo. [...]
Officina Santippe officina.santippe@gmail.com Indice Introduzione Progetto: Officina Santippe Parte prima A. Tre dialoghi 1. Erodoto 2. David Hume 3. Galileo Galilei B. Quello che dici, come lo dici: retorica, sillogismi e fallacie C. Questione di metodo 1. Un po di storia a. Francis Bacon b. Ren Descartes c. Galileo Galilei (ancora lui) 2. La cassetta degli attrezzi a. Come funziona il metodo? b. Quali sono i suoi limiti? c. Che cos un modello? d. Che cos una misura? e. Esempio: il bilancio tra pregi e difetti f. Postilla: luniverso davvero scritto in linguaggio matematico? D. Il buon giornalismo anglosassone
Parte seconda A. Descrittivo o prescrittivo? B. Aiuto, un mostro! 1. Il darwinismo sociale 2. Lincompletezza 3. Verit scientifiche stabilite tramite sentenze 4. Verit scientifiche stabilite tramite consenso popolare o mediatico C. Le sorelle Dashwood e gli inganni collettivi 1. Unire i puntini 2. Ragioni, sentimenti e prospetti 3. Il senso di appartenenza D. Conoscere per deliberare 1. Un altro dialogo 2. Una prova di forza 3. Il dibattito multistrato Parte terza A. In societ 1. Un altro po di storia: pubbliche opinioni a. Lo studio dellopinione pubblica: Walter Lippmann b. Il modello di Lasswell c. La fabbrica del consenso d. Distopie letterarie 2. Giochi e decisioni a. Che cos la teoria dei giochi? b. Piccoli mondi c. Due esempi di decisioni 3. Cambiate canale! a. Cattive maestre e pessimi allievi b. Internet B. Linvoluzione del dissenso 1. Questioni fondanti a. Comprensione e linguaggi b. Lanti-intellettualismo 2. Piccoli disastri annunciati a. Filosofia pi o meno naturale b. Attivismo 3. Essere buoni 4. Fatti, opinioni e riti Bibliografia minima Introduzione Cera una volta un asino. Era un asino placido, una buona bestia di campagna, che mai e poi mai avrebbe immaginato di occuparsi di questioni filosofiche. E invece, un bel giorno, si trov posto di fronte a due cumuli di fieno: uno alla destra del suo muso dubbioso, uno alla sinistra, speculare, alla stessa distanza. Lasino oscill tra luno e laltro, incerto sulla valutazione. Quale dei due era pi grande? Non ne venne fuori: i due cumuli erano perfettamente identici, fino allultimo filo. Come scegliere, allora, da quale dei due mangiare? Come dare una preferenza? In base a che cosa? Perch? Lasino guard a destra, e poi a sinistra, e per quanto guardasse e si sforzasse di trovare una differenza che potesse indirizzare le sue preferenze alluno o allaltro non riusciva a venire a capo del dilemma. Lapologo, ben noto come Lasino di Buridano, ci offre lo spunto per farci delle domande sul modo in cui prendiamo le decisioni, sul modo in cui valutiamo le situazioni, sul metodo con cui discerniamo i fatti dalle opinioni, quando ci possibile. Il povero asino, che non aveva letto il libretto che avete tra le mani, mor di fame. Lopera che qui comincia parla di questo e di altro. Parla del metodo scientifico, del modo in cui le nostre emozioni e il nostro ragionamento influenzano le nostre decisioni, a livello conscio e inconscio, e a livello pubblico e privato; parla del potere della narrazione nel costruire paradigmi e riferimenti; parla, infine, dei modelli del mondo e delle chiavi di lettura con cui cerchiamo di leggerlo, tramite la scienza, la matematica, lantropologia e - anche - la letteratura. Siccome si rivolge prevalentemente a lettori con una formazione umanistica, abbiamo scelto di accompagnare i nostri esempi con i personaggi di alcuni noti romanzi. Nelle prossime pagine ci capiter di cercare di capire cosa passa per la testa di Marianne Dashwood o di lavarci le mani compulsivamente con Lady Macbeth; assisteremo ai dialoghi di tre antichi persiani e ai due minuti di odio verso Emmanuel Goldstein; prenderemo a prestito le idee di un buon numero di filosofi per sapere come hanno affrontato gli stessi dilemmi che stiamo affrontando noi. Non unopera divulgativa: pi un vademecum, a volte essenziale, a volte pedante, un po come certe guide turistiche che ci raccontano con la stessa passione della sagra della salsiccia dasino - non quello di Buridano, che ha gi dato - di Rocca Perlacea e dei dilemmi metafisici suscitati da una poesia di un poeta di strada di Borgo San Crispino, ma senza dimenticare lorario di apertura del museo e una carta stradale decente. Non resta che augurare a tutti buona lettura. Officina Santippe, luglio 2014 Progetto: Ofcina Santippe Santippe era la moglie bisbetica di Socrate. LOfficina un luogo dove si scrive e si pensa: raccoglie gli elementi collaterali della cultura, dalla scienza alla letteratura, dalla filosofia alla vita quotidiana. Socrate fa il suo lavoro, e Santippe dietro ramazza i rima- sugli e li rimette in sesto. Potremmo perfino parlare di creativit, se il termine non fosse stato orrendamente abusato da tutti gli sfaccendati del pianeta. Per cui, niente voli pindarici e auliche dichiarazioni dintenti: lOfficina non crea, non fa arte, martella operosamente, cerca il rigore nel metodo, studia a fondo, assimila libri, produce sintesi, si fa domande, e poi si cucina due spaghetti e pensa al mondo. Contatti: officina.santippe@gmail.com www.facebook.com/officina.santippe Diritti: Metodo e dintorni, in ogni sua parte (testo e immagini), rilasciato sotto licenza Creative Commons Italia 4.0 Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate Potete diffondere questopera liberamente su tutti i supporti, a patto che non venga uti- lizzata a scopo di lucro, che non venga modificata o tagliata in alcun modo, che venga sempre riportato il nome dellautore. Parte prima Bisogna trovare una via di mezzo. Un giusto mezzo. Un po per uno non fa male a nessuno. Troviamo un punto dincontro a met strada. Abbiamo riportato questa opinione; ce ne sar sicuramente una contraria che vale altrettanto. Quante volte abbiamo sentito espressioni simili? M!"#$ %& '() *+,"%#$, scrive Aristotele nellEtica Nicomachea: il mezzo anche la cosa migliore. Il filosofo si riferisce alletica, e seguono gli esempi: la mediet tra lesser avaro e lesser prodigo, la mediet tra paura e ardimento, la temperanza tra i piaceri del corpo, la mitezza come mediet rispetto allira: le virt [...] sono mediet e [...] sono stati abituali, [...] di per s produttrici di quelle stesse azioni da cui derivano, che dipendono da noi e che sono volontarie, e che sono cos, come prescrive la retta ragione 1 . Linfluenza della massima aristotelica stata enorme dalla filosofia scolastica in avanti, ma se ne trova traccia anche in autori precedenti e affatto diversi, basti pensare alla sentenza in medio stat virtus, allaurea mediocritas, ad Orazio e Ovidio, ai reiterati appelli alla morigeratezza dei costumi senza eccedere in un estremo o nellopposto. invalsa talmente nelluso comune che la ripetiamo quasi come un intercalare. Ci proponiamo allora di valutare gli ambiti di applicazione di questa massima, perch un modo di dire che diventa un luogo comune rischia di farci abbassare la guardia sulle implicazioni che il suo utilizzo acritico comporta. La domanda : come si giunge a questo medio? E la risposta che comunemente ci diamo : tramite una conciliazione degli opposti, e quindi, letteralmente, tramite dialettica, o dialogo. Ci portiamo avanti questa impostazione dai tempi di Platone, siamo passati attraverso la dialettica come arte liberale e attraverso i movimenti triadici della dialettica hegeliana, con lannessa progenie marxista; non questo il luogo per mettere in discussione la validit delloperazione, e la terremo volentieri per buona: torniamo subito alla massima di Aristotele e cerchiamo di esplorarne i confini. 1 Aristotele, Etica Nicomachea, 1114b Sempre pi spesso capita infatti di trovare accenni al fatto che la via di mezzo sia la cosa migliore non solo in campo etico, ma anche in campo gnoseologico, o per dirla in altre parole si esteso alla verit il concetto di virt: vengono presentate due o pi opzioni su un dato problema e si presuppone che il dibattito sia sempre la via migliore per trovare un punto mediano (se non proprio medio) di sintesi tra le posizioni. Ne parleremo diffusamente nella seconda parte. sempre cos? Funziona? E quando non funziona, che cosa bisogna fare? A. Tre dialoghi Per prima cosa porteremo tre esempi in cui il dialogo stato utilizzato per dirimere una questione. Si tratta di esempi piuttosto noti, e che tuttavia utile richiamare in breve. Sono tre dialoghi, per coincidenza, ciascuno dei quali animato da tre personaggi. Riguardano per piani filosoficamente diversi e sono strutturati in maniera diversa: parlano, nellordine, della forma ottimale di governo, della religione naturale e del metodo scientifico. 1. Erodoto Il primo dialogo scritto da Erodoto nel terzo libro delle sue Storie, nel V secolo a.C., e riguarda le forme di governo. Erodoto preso a mero titolo di esempio: avremmo potuto considerare lanaloga disputa affrontata da Platone nella Repubblica, da Aristofane nei Cavalieri o da Montesquieu ne Lo spirito delle leggi, tanto per citarne altre. Erodoto ambienta il dialogo tra i Persiani, ma ai Greci che si riferisce. Protagonisti sono Otane, Megabizo e Dario, ciascuno impegnato a sostenere dialetticamente la superiorit del sistema di governo da lui preferito rispetto agli altri due. Otane, che il primo a parlare, sostiene le ragioni della massa al governo: non si chiama democrazia (il termine non gode di molte fortune nella storia del pensiero fino a quando non viene definitivamente sdoganato dopo i totalitarismi della prima met del XX secolo) bens uguaglianza, o isonomia, in greco. Si lasci il potere al popolo! Cosa succederebbe infatti se, affidando il potere a un unico sovrano, questo sovrano poi fosse un arrogante scriteriato? Come potrebbe la societ persiana tutelarsi dai suoi eccessi? Megabizo propende per loligarchia, ove i pochi designati al governo siano scelti fra i migliori della societ; condivide le preoccupazioni di Otane sul potere a un unico soggetto, ma osserva che un popolo potrebbe non avere nemmeno cognizione di quel che fa, come un fiume in piena. Pochi ma buoni, insomma. Dario, infine, si fa testimone delle migliori qualit della monarchia rispetto alle altre due opzioni: nella loro forma migliore, i tre tipi di governo son tutti buoni; eppure, in unoligarchia possono nascere invidie e si possono fomentare rivolte, cosa che non accade se il potere viene affidato a un unico sovrano; anzi, proprio assegnando il potere a un unico re che rivolte e contrapposizioni vengono sedate. I tre contendenti espongono di pari grado pregi e difetti dei rispettivi sistemi ed Erodoto non ci dice chi dei tre sia pi convincente 2 . 2. David Hume Per il secondo esempio facciamo un balzo in avanti fino alla fine del diciottesimo secolo. In un saggio brillante e pubblicato postumo, i Dialoghi sulla religione naturale, Hume affronta la domanda se la religione possa o meno essere razionale. Anche qui si affrontano tre posizioni: il teologo Demea, che riassume lapriorismo della linea di pensiero di Cartesio, il teista Cleante, che partecipe dellempirismo a posteriori, crasi felice tra il pensiero di Newton e quello di Locke, e infine Filone, alter ego dello stesso Hume, che affronta il dialogo sulle basi del proprio scetticismo metodologico. I tre pensatori si affrontano in un dialogo serrato in cui vengono affrontati i problemi classici della teologia: largomento, gi aristotelico, della causa prima, quello del disegno o progetto secondo il quale sarebbe fatto il mondo (argomento che tuttora affascina chi non s rassegnato alla mole di evidenze della teoria darwiniana), il problema del male. Il dialogo affronta infine non pi lesistenza di Dio, quanto il ruolo sociale della religione. Bench Hume si nasconda ed esalti il ruolo di Cleante, chiara la vittoria dialettica di Filone nella denuncia della religione come fonte di pratiche superstiziose e di privazione dellautonomia di pensiero, nonch dellincapacit di Cleante e di Demea di pervenire a certezze riguardo la natura e lesistenza divina. Lo scetticismo di Hume, lungi dallessere uno scetticismo assoluto, invece un invito ad esplorare i limiti dellintelletto e della ragione, comera gi chiaro dalla sua opera precedente Ricerca sullintelletto umano, che verr poi presa come spunto da Kant nella fase critica. La vittoria dialettica di Filone non pu essere resa manifesta: il filosofo scozzese aveva gi avuto qualche problema in passato, quando lassemblea generale della Chiesa presbiteriana a Edimburgo aveva discusso a lungo se scomunicarlo o meno. Hume riusc ad evitare di essere messo al bando ma la paventata reazione dei benpensanti render impossibile la pubblicazione dei Dialoghi sulla religione naturale fino a dopo la sua morte; la prima edizione, postuma, sar pubblicata anonima e senza il nome delleditore a cura del nipote di Hume, tre anni dopo la morte di questultimo, nel 1779. 3. Galileo Galilei Per il terzo dialogo torniamo un po indietro, di un secolo e mezzo circa, fino alla stesura del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei, che unopera letterariamente molto viva, in cui i personaggi sono delineati con grande forza e che preso come testimonianza della nascita del metodo scientifico moderno. Torneremo su questa grande lezione metodologica in seguito, ma per il momento ci interessa soltanto soffermarci sul contenuto del dialogo: la discussione tra Simplicio, Salviati e Sagredo e volge, nelle sue quattro giornate, sul confronto tra il sistema 2 al contrario di quanto accade con Platone, che come si sa accanito fautore del governo ai filosofi in quanto razionali e saggi (Platone, Repubblica, X) copernicano e quello tolemaico: Simplicio rappresenta lortodossia aristotelica, fatta propria dai gesuiti, e il geocentrismo tolemaico in accordo con i testi sacri; siamo nei tempi successivi alla fine del Concilio di Trento, che aveva decretato ...che nelle materie di fede e di morale pertinenti alledificazione della dottrina cristiana, nessuno, avvalendosi del proprio giudizio e alterando le Sacre Scritture secondo i propri concetti, osi interpretarle in maniera contraria al senso che la Santa Madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare il vero senso e significato, abbia sostenuto e sostenga, oppure contro lunanime accordo dei Padri, anche nel caso che tali interpretazioni non siano state mai pubblicate. anche il tempo in cui ha il suo culmine linfluenza dei gesuiti: la dottrina si fonda su Aristotele per la filosofia e Tommaso per la teologia, ed questo larbitro che deve dirimere le dispute, lobbedienza prima di tutto; le ragioni dibattute nei dialoghi hanno questo vincolo: essere giudicate secondo questo metro. Le tesi di Simplicio sono quelle contro cui dibatte Salviati, astronomo portavoce delle tesi copernicane e facente le veci di Galileo; i due sono a loro volta oggetto della curiosit di Sagredo, nobile che si interessa di astronomia pur senza occuparsene di professione, da profano, e che rappresenta lutente cui lopera galileiana destinata. Il contenuto del dialogo noto: si confrontano il sistema eliocentrico e quello geocentrico, si discute della rotazione giornaliera della terra, si dimostra che luomo non ne percepisce il movimento. Cos come lo il contenuto, nota anche la censura che sub questopera fondamentale. Di comune nei tre dialoghi qui esposti c che in ciascuno sono esposte le varie tesi e ad ogni personaggio dato di portare elementi a favore della propria, di fare domande e di confutare le tesi avversarie. Notiamo in prima battuta che nei casi di Hume e Galilei c un vincolo esterno rappresentato dallesistenza del potere religioso che funge da arbitro, se non delle ragioni dei personaggi, quantomeno delle sorti dei loro autori. Vi per fra i tre dialoghi una differenza sostanziale, la cui scoperta graduale lobiettivo di questa prima parte. B. Quello che dici, come lo dici: retorica, sillogismi e fallacie
La domanda che ci si pone dunque: come si decide chi ha ragione? una domanda importante non solo nei dialoghi filosofici propriamente detti, ma anche nella vita quotidiana, quando siamo bombardati da input differenti e dobbiamo prendere una decisione. Il discorso rischia di impelagarsi nelle secche delle domande di verit, ma cercheremo di fare attenzione. Del resto, gi in dialoghi come il Fedro o il Gorgia Platone vede la retorica in subordine alla dialettica, una materia che non tiene in conto la verit del discorso ma solo il successo nella persuasione. Mettiamo quindi i tre dialoghi da parte, per il momento, e veniamo al secondo argomento, ossia a dare qualche accenno alla retorica, senza ovviamente che vi siano pretese di esaustivit. Secondo Diogene Laerzio 3 linventore della retorica sarebbe stato Empedocle. Lopera andata persa; in Aristotele che troviamo una prima, importante, codifica di questarte. Il discorso consta di tre elementi: colui che parla, ci di cui si parla, colui al quale si parla. Il fine del discorso diretto a costui, voglio dire lascoltatore.. [...] Saranno necessariamente tre i generi di discorsi retorici: deliberativo, giudiziario, epidittico a seconda del ruolo dellascoltatore nei confronti del discorso stesso. In tutti i corsi di filosofia, sin dai licei, Aristotele noto come il padre dei sillogismi 4 . Un sillogismo un ragionamento concatenato che, a partire da una premessa maggiore e una premessa minore, arriva a una conclusione consistente dal punto di vista logico, il che vuol dire che il ragionamento tiene secondo i principii della logica classica, che si basa sui principii di identit, di non contraddizione e del terzo escluso: - una mela una mela (identit) - non pu essere che una mela sia una mela e non sia una mela (non contraddizione) - le uniche due possibilit sono che sia una mela o che non sia una mela (terzo escluso). Stanti queste regole, un sillogismo si articola cos: Tutti i gatti sono mammiferi (premessa maggiore) Tom un gatto (premessa minore) Quindi, Tom un mammifero (conclusione). O anche: Nessuna pianta un animale La quercia una pianta Quindi, la quercia non un animale O anche: 3 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VIII, 57 4 Si veda Aristotele, Analitici primi e secondi. Tutti gli uomini sono animali Tutti gli uomini sono bipedi Quindi, alcuni animali sono bipedi Gli esempi sono numerosissimi e si rimanda a una qualsiasi tavola dei sillogismi per una trattazione completa. Non importante, al fine della correttezza del ragionamento, che ci che mettiamo nelle premesse sia sensato: il sillogismo Tutti gli uomini sono biondi; Antonio un uomo, quindi Antonio biondo formalmente corretto, anche se noi sappiamo che non vero, perch non vera la premessa maggiore, ossia non vero che tutti gli uomini sono biondi: esistono anche uomini bruni, o rossi. Addirittura, sono corretti formalmente dei sillogismi del tipo: Tutti gli uomini sono cipolle; Mario un uomo, quindi Mario una cipolla; la correttezza della forma altra cosa rispetto alla verit del contenuto. Questo ci porta alla definizione di entimema, che Aristotele utilizza nella Retorica. Un entimema un sillogismo in cui le premesse sono verosimili; per il resto, si comporta come un sillogismo, e Aristotele lo definisce sillogismo retorico. Perch importante lentimema? Perch si basa su ci che vero oppure su ci che simile al vero. Il compito delloratore mirare al probabile; le premesse dellentimema saranno talvolta necessarie, ma per la massima parte genericamente probabili; al contempo, ci si esercita a sostenere tesi opposte, non perch sia virtuoso metterle in atto, ma perch utile per afferrare lessenza della questione. Lentimema aristotelico vale in ogni situazione di cui ci si trovi a dibattere: per consigliare, per esortare, per difendersi, per indagare verit scientifiche, per confutare gli avversari. necessario quindi raggiungere la persuasione degli ascoltatori e questo accade in tre modi: - loratore credibile - viene indotta negli ascoltatori unemozione - si mostra il vero o il verosimile del discorso. Nel secondo libro della Retorica Aristotele entra nel dettaglio del come si fa. Innanzitutto ci dice come si fa a suscitare emozione nelluditorio: tramite luso sapiente della collera o della calma, della paura o della fiducia, dellindignazione o dellemulazione; consiglia poi allaspirante oratore i modi in cui pu adattarsi al carattere del pubblico, giacch era perfettamente noto anche allepoca che il pubblico si convince meglio se gli racconti quello che vuol sentirsi dire. Vulgus vult decipi, ergo decipiatur, sentenzi cinicamente il cardinal Carafa nel Cinquecento: il popolo vuole essere ingannato; e dunque, lo si inganni. Sembra di sentire un pubblicitario o un responsabile di campagne elettorali. Infine Aristotele ci parla delle forme dellargomentazione logica e, nel terzo e ultimo libro, di come comporre da un punto di vista stilistico e strutturale un discorso convincente. Il giudizio finale, ossia la risposta alla domanda chi ha ragione, dunque, si basa sulla capacit di persuasione. Questo trucco lha capito perfettamente Arthur Schopenhauer che sullarte di ottenere ragione (e ottenerla, va da s, non significa averla) ha enumerato una serie di stratagemmi: quando si tratta di ottenere ragione va bene anche giocare sporco, da un punto di vista logico, e allora eccolo dispensare consigli su come ampliare laffermazione dellavversario al di l dei suoi limiti naturali, o su come presentare come assolute delle affermazioni che in partenza sono relative a un ambito specifico; si pu suscitare lira dellavversario, insultarlo in mancanza di argomenti, ritorcergli contro quello che dice, ci si pu tranquillamente servire di premesse false, affrettare le conclusioni, cambiare le carte in tavola, esagerare le posizioni, martellare lavversario sullargomento su cui si sente pi debole, appellarsi al sentimento del pubblico, divagare se si in difficolt, fingersi incompetenti per rinunciare al giudizio, ricondurre un argomento a una categoria invisa alluditorio, negare le conseguenze, sopperire ai ragionamenti con le motivazioni, utilizzare argomenti ad hominem o ex concessis (che vuol dire concedere che la premessa maggiore di un sillogismo sia vera anche se falsa), o un ragionamento circolare, o addirittura sbigottire lavversario con sproloqui privi di senso. Tutta questa discussione sulla retorica ci conduce a dover affrontare largomento delle fallacie logiche. Una fallacia logica unargomentazione che non valida da un punto di vista logico, ossia non formalmente corretta. La validit non va confusa con la verit di un ragionamento: la verit riguarda il contenuto delle proposizioni, la validit riguarda la struttura con cui sono concatenate. Della potenza delluso della parola siamo tutti consapevoli: basti pensare che ci poggiano sopra le due gambe della cultura occidentale, da In principio era il Verbo alluso della maieutica in Socrate. La parola non solo potente: anche ambigua. Delle ambiguit del linguaggio comune siamo tutti consapevoli: ci sono parole che hanno pi significati, oppure proposizioni che significano una cosa oppure unaltra a causa di ambiguit, come ad esempio: in ho sollevato una donna con un braccio solo il braccio pu essere il mio o quello della donna. Questa caratteristica del linguaggio comune preziosa per la ricchezza della lingua e ci permette di esplorare terreni sempre nuovi nel linguaggio poetico e nella letteratura, quando la vaghezza un vantaggio, ma di qualche impaccio quando abbiamo bisogno di un linguaggio preciso. Per questo motivo si cercato a lungo di costruire linguaggi che fossero adatti allo scopo: vuoi come lingue costruite artificialmente, e qui possiamo citare le lingue filosofiche a priori nei secoli XVII e XVIII (Bacon, Comenio, Descartes, Leibniz, Wilkins, tra gli altri), nate con il proposito di esprimere perfettamente idee e connessioni tra aspetti della realt; vuoi come lingue formali utilizzate in ambito ristretto, e qui ricordiamo le espressioni algebriche, le formule chimiche, la notazione musicale o il linguaggio della logica formale, da Frege a Boole a Russell a Wittgenstein 5 . Nel discorrere pubblico, per, continuiamo a usare il linguaggio comune. Al di l della vaghezza e delle ambiguit, che ci possono portare a fare errori nel ragionamento (fallacie linguistiche), possiamo ingannarci - e ingannare - anche quando facciamo degli errori di inferenza logica, ossia quando subentrano i problemi a livello di costruzione del discorso. I nostri sillogismi diventano paralogismi, ossia delle argomentazioni che sono scorrette nella loro forma. Questo ci porta a fare una piccola digressione sulla comprensione di un testo 6 (scritto, in questo caso: leggiamo la retorica, oltre ad ascoltarla). La comprensione passa attraverso una prima parte di stampo linguistico, che include: la decodifica dei segni, cio tecnicamente leggere le lettere dellalfabeto in cui presentato il testo, la comprensione semantica, come ad esempio capire quali parole conosciamo e quali no, la comprensione sintattica, ossia la corretta valutazione dei rapporti tra gli elementi delle frasi e delle proposizioni, la comprensione dei rapporti tra le varie parti del testo (temporale, causale), e la comprensione a livello comunicativo, che pu essere ad esempio capire lo scopo del discorso, o il perch stato scritto. In un secondo momento entrano in gioco le competenze cognitive, tra cui la capacit di fare inferenze correte o la capacit di individuare le parti importanti del discorso e distinguere le informazioni necessarie. Un terzo livello riguarda le conoscenze pregresse, quelle che ci permettono cio di relazionarci con maggiore tranquillit al testo: se conosciamo largomento, avremo minori difficolt a capire un testo che pure non abbiamo mai letto prima. Applichiamo questo metodo inconsciamente quando leggiamo un testo scritto nella nostra lingua madre o, con maggiore consapevolezza, quando siamo chiamati a tradurre un testo scritto in unaltra lingua. Le fallacie, s detto, inficiano la correttezza del discorso, e ci vuol dire che, per ottenere ragione, dovremo ricorrere ad altri espedienti: alla sensibilit di chi ci ascolta, o alla credibilit che siamo riusciti a costruirci, o alle emozioni che saremo riusciti a suscitare. Questo non toglie che un discorso fallace, per quanto convincente, resti fallace. Elenchiamo qui alcuni tipi comuni di fallacia logica: 5 Ne parleremo brevemente nella Parte terza. 6 Noam Chomsky fa notare con una certa ironia come la linguistica preveda un oratore ideale che parla utilizzando un linguaggio completamente omogeneo ad una comunit altrettanto ideale che conosce perfettamente il linguaggio e non affetta da condizioni limitanti che non riguardano la grammatica, come cali di memoria e di attenzione, interessi altalenante o errori nellapplicare la propria conoscenza del linguaggio alla situazione attuale. (N. Chomsky, Aspects of the Theory of Syntax, 1965). Nella realt ci fraintendiamo di continuo; non solo con il linguaggio verbale, ma anche con quello non verbale, che rappresenta una grossa fetta della nostra comunicazione con il prossimo. - La generalizzazione indebita: lutilizzo di un esempio non rappresentativo, del tutto particolare, o comunque troppo piccolo. Ad esempio: mio nonno vissuto fino a 95 anni fumando un pacchetto al giorno, quindi fumare non fa male. La generalizzazione indebita pericolosa, ma in qualche caso difficile da riconoscere: trovare un campione rappresentativo un compito statistico non necessariamente banale. - La fallacia dello scommettitore: la convinzione che un evento sia influenzato da eventi analoghi passati. Esempio: il numero 74 non esce sulla ruota di Milano da 35 settimane, il numero 16 uscito la settimana scorsa, quindi pi probabile che alla prossima estrazione esca il 74. Il ragionamento fallace perch prima di ogni estrazione vengono immessi nellurna tutti i 90 numeri, e quindi la probabilit di estrarne uno esattamente 1/90, indipendentemente dal fatto che detto numero sia uscito di recente oppure no. Attenzione: in alcuni casi la probabilit di un evento non indipendente da quanto avvenuto negli eventi precedenti e pu variare in base agli eventi gi occorsi. Esempio: se da un mazzo di carte estraggo un asso, la probabilit di uscita di quellasso era 4/52 (o equivalentemente 1/13). Se non rimetto a posto lasso, la probabilit che la carta successiva sia ancora un asso 3/51, ossia minore della probabilit che la carta sia, per dirne una, un re, o qualsiasi altra carta che non sia un asso - che 4/51. In questultimo caso si parla di probabilit condizionata. - Il ragionamento circolare: quel ragionamento fallace in cui le premesse derivano dalle conseguenze e le conseguenze dalle premesse, come un cane che si morde la coda. Esempio: la Bibbia parola di Dio perch Dio lha detto nella Bibbia. Il ragionamento circolare una forma di petitio principii, ossia un ragionamento in cui le premesse includono gi le conclusioni. - Luomo di paglia: un modo di argomentare nel quale non si contesta quel che dice lavversario, ma quel che si deciso che lavversario dovrebbe dire. Si crea qui una persona fittizia, le si fa dire quello che vogliamo che dica, e che magari siamo in grado di confutare, e confutiamo quello. Esempio: Mario dice che correre in moto piacevole. Luigi ribatte che se tutti corressero allimpazzata in motocicletta senza osservare il codice della strada, ci sarebbero un sacco di morti per incidente. Mario, ovviamente, non ha mai incitato a correre allimpazzata e incuranti del codice della strada, ma a Luigi fa comodo travisare lopinione di Mario per portare avanti la propria tesi. - Post hoc, ergo propter hoc: vuol dire che si ritiene che, se un evento B accaduto dopo un evento A (post hoc, cio dopo questo), allora levento A abbia causato (propter hoc, cio a causa di questo) levento B. Naturalmente un legame temporale non ne implica uno causale: se alle otto mangio una mela e alle otto e cinque suona il telefono, non detto che il telefono abbia squillato a causa del fatto che ho mangiato una mela. Esempio di fallacia post hoc ergo propter hoc questo: siccome le diagnosi di autismo vengono effettuate dopo che i bambini sono stati sottoposti a vaccinazione, allora i vaccini possono essere causa di autismo. A questo proposito bene spendere due parole ulteriore sui concetti di correlazione e causa. Il fatto che due eventi si verifichino nello stesso periodo, ossia che se si verifica uno, con una certa regolarit si verifica anche laltro (si dice che i due eventi sono correlati), pu verificarsi per vari motivi: potrebbe trattarsi di coincidenze; i due eventi potrebbero essere luno la causa dellaltro; oppure semplicemente essere entrambi leffetto di un terzo evento. La correlazione va quindi esaminata caso per caso per vedere che cosa ci sia dietro. Facciamo tre esempi: 1. In un certo periodo di tempo, poniamo un anno, osserviamo che il numero dei divorzi mensili ha avuto lo stesso andamento del prezzo delle fragole. Fino a che non avremo dimostrato che esiste una relazione tra il numero dei divorzi e il prezzo delle fragole, possiamo considerare che il comune andamento sia una mera coincidenza. 2. Pi schiacciamo sul pedale dellacceleratore, pi la nostra automobile aumenta la sua velocit. Questo un esempio in cui laumento della pressione del piede sul pedale correlato allaumento della velocit, e ne anche la causa. 3. Supponiamo di osservare, nel mese di agosto, una correlazione tra il numero di gelati mangiati e il numero di ingressi nella piscina comunale: il numero di gelati aumenta quando aumenta il numero di ingressi in piscina, e diminuisce di pari passo. Se scambiassimo la correlazione con la relazione di causa, potremmo dire che il consumo di gelati in agosto causa un aumento degli ingressi in piscina, o che viceversa pi si va in piscina e pi si mangiano gelati. In realt, molto probabile che, essendo in agosto, entrambi gli eventi siano causati da un terzo evento, ossia dal variare della temperatura: pi fa caldo e pi tendiamo a mangiare gelati e a farci una nuotata. Dunque, riassumendo: una successione temporale non necessariamente una successione causale, una correlazione non necessariamente una relazione di causa- effetto. I tre esempi qui proposti sono piuttosto elementari e servono solo per chiarire il concetto. Nella realt le cose non sono sempre cos semplici ed un compito non banale per chi si occupa di statistica o di elaborazione dei dati distinguere quando due variabili sono dipendenti direttamente luna dallaltra e quando invece ce n una terza (e una quarta, una quinta...) che pu essere la causa di tutte e due. Lattenzione non va mai abbassata! - Falsa dicotomia: ragionamento fallace in cui vengono presentate come possibili solo due alternative, quando invece in realt ce ne sono di pi. Esempio: Se non appoggiate i bombardamenti sullAfghanistan, siete a favore dei terroristi. - Slippery slope, o fallacia del piano inclinato: si cerca di screditare una posizione insinuando il fatto che darebbe il via a una inarrestabile e ineluttabile serie di conseguenze via via pi disastrose. Il ragionamento fallace perch per ogni conseguenza bisogna valutare il grado di possibilit che si verifichino e non prenderla come inevitabile senza che vi siano prove a supporto. Esempio: Se permettiamo che venga legalizzata la cannabis, ci ritroveremo un paese pieno di eroinomani, e ogni relazione sociale sar distrutta. - Generica violazione dellinferenza logica: raccogliamo in questa definizione tutti i casi in cui viene violato la corretta applicazione delle implicazioni. Esempio: dalla proposizione Se piove, prendo lombrello, segue logicamente (modus tollens) che Se non prendo lombrello, non piove. Altre derivazioni a senso non sono formalmente corrette: per esempio, Se non piove, non prendo lombrello una condizione aggiuntiva, e non segue logicamente da Se piove, prendo lombrello. Ricordiamo anche la confusione che si fa tra diritto e obbligo: il diritto di fare una cosa vuol dire che posso farla oppure non farla; lobbligo vuol dire che devo farla. Sembra una banalit, ma la confusione viene alimentata a scopo propagandistico quando si dibatte su temi etici particolarmente sentiti: tanto per essere chiari, il diritto al divorzio non obbliga tutti i matrimoni a finire davanti al giudice, il diritto allaborto non obbliga tutte le donne gravide ad abortire, il diritto al matrimonio omosessuale non obbliga tutti gli omosessuali a sposarsi, e tantomeno obbliga gli eterosessuali a diventare gay. - Ad hominem: qui ci sono tutti i casi in cui, per non confutare largomentazione che una persona propone, si attacca direttamente la persona: per il suo carattere, oppure perch amica di qualcuno che ci sta antipatico, oppure la si accusa di essere al soldo di qualche interesse, meglio se fumoso e venato di complottismo ( unattivit che spopola nei social network). Esempio: Chi ti paga? - Tu quoque: forma particolare di Ad hominem, consiste nel giustificarsi tirando in ballo azioni analoghe compiute da altri: il ragionamento fallace perch se ho rotto il vaso di zia Petunia non posso giustificarmi col fatto che Pierino ha rubato la marmellata: il vaso di zia Petunia stato rotto indipendentemente dalla marmellata, e accusare Pierino del furto della marmellata non render sano il vaso rotto. Se ne ritrovano esempi a non finire: in un dibattito politico abbastanza comune sentire una delle parti in causa giustificare le proprie mancanze dicendo che anche gli altri non sono da meno. - Appello allautorit: una fallacia che consiste nel cercare lappoggio di una persona nota, che per non competente nella materia in cui chiamata ad esprimersi. Per esempio, le diete dimagranti sponsorizzate da divi del cinema o personaggi televisivi, invece che prescritte da un dietologo. Sia chiaro: un divo del cinema pu aver studiato teoria dellalimentazione e nutrizione per conto suo, ed essere esperto in materia; tuttavia, quando ci si fa influenzare dalla sua opinione in quanto divo del cinema, si ragiona in modo fallace. Ad ogni buon conto, un enunciato non mai vero o falso per il semplice motivo che lha detto qualcuno, anche se questo qualcuno competente in materia: nel capitolo successivo vedremo perch. - Appello al popolo: si argomenta sulla verit di una questione facendo appello al sentimento popolare. una tecnica utilizzata a man bassa, dagli OGM al recente caso Stamina, e da un punto di vista retorico troverebbe il favore di Aristotele, ma appellarsi alla volont popolare non rende corretto (n tantomeno vero) un enunciato: la correttezza dipende dalle inferenze logiche. - Appello allignoranza: siccome non si conoscono prove che una cosa falsa, allora devessere vera. Esempio: nessuno ha trovato prove che gli alieni non esistano, quindi esistono. Viene usata talvolta anche come prova dellesistenza divina, ma non ha alcuna validit, come possiamo vedere dai controesempi classici della teiera di Russell o del drago nel garage di Sagan. Lassenza di evidenza non evidenza dellassenza. - Ad baculum: la validit dellargomento viene sostenuta minacciando ritorsioni in caso non si sia daccordo. Il baculum, in latino, il bastone. Questa fallacia era un metodo persuasivo che funzionava benissimo durante lInquisizione. - Tra le fallacie informali (ossia che non riguardano la forma del discorso) ricordiamo di passaggio anche il wishful thinking, o pensiero illusorio: la formazione di credenze basate su quello che vorremmo che fosse, e non sullosservazione delle evidenze fattuali. un comportamento diffusissimo e forse inalienabile, ed un bias cognitivo, ossia una distorsione del giudizio derivante da nostri pregiudizi. Conclusa questa carrellata sulle fallacie, riassumiamo quello che abbiamo fin qui: esempi di utilizzo del dialogo come mezzo per arrivare alla verit, ed esempi degli errori in cui possiamo incorrere durante questi dialoghi. Torniamo ora ai tre dialoghi del punto A. e cerchiamo di studiarne in dettaglio il funzionamento: in che modo Otane potr aver ragione di Megabizo, per esempio, o in che modo Salviati potr far prevalere le sue ragioni su quelle di Simplicio? C. Questione di metodo Un biologo osserva un antropologo al lavoro. Lo guarda lavorare, gli lancia unocchiata di superiorit e borbotta fra s: Bah. In fondo tutto quello che fa biologia applicata. Un chimico osserva il biologo, lo vede lavorare, gli lancia unocchiata di compassione e mormora fra s: Bah. In fondo tutto quello che fa chimica applicata. Un fisico osserva rapidamente il chimico, lo guarda lavorare, se ne va scrollando le spalle: Bah. In fondo tutto quello che fa fisica applicata. Un matematico, da lontano, li sta osservando tutti. Scuote la testa e sogghigna. Seppure caricaturale, la storiella (con ogni probabilit inventata da un matematico...) abbastanza esemplificativa dellapproccio distorto che gli specialisti di una materia possono avere nei confronti degli specialisti di altre materie, nonch della nostra tendenza a proiettare i nostri standard (cognitivi, morali) sugli altri; inoltre ci offre il pretesto per cominciare a parlare di metodo scientifico - che comunque, a scanso di equivoci, quello adottato da tutti i personaggi della vicenda. A causa dei limiti di spazio procederemo a tappe un po forzate, tagliando la storia con laccetta, ma speriamo di restituire un quadro sostanzialmente corretto. Per far ci, tralasceremo la storia del contributo ellenistico alla scienza e il ruolo nello studio dellinferenza svolto da Roger Bacon o Alberto Magno, nel tredicesimo secolo, e passeremo subito alla nascita della scienza sperimentale moderna. Come prima cosa chiameremo in gioco tre personaggi: Francis Bacon, Ren Descartes e Galileo Galilei. 1. Un po di storia a. Francis Bacon (1561-1626) Il primo Seicento un periodo culturalmente fervido. Claudio Monteverdi porta nella musica profonde innovazioni, il teatro elisabettiano regala allumanit il genio di William Shakespeare e anche dal punto di vista filosofico le cose si fanno interessanti. La filosofia allepoca prevalentemente una rilettura di Aristotele, e ha due problemi: non fa progressi e non d risultati concreti. Della sterilit dei sillogismi non ci si era accorti allora: il problema era gi stato sollevato da Pirrone di Elide, filosofo greco scettico vissuto a cavallo tra il quarto e il terzo secolo a.C.; daltronde, il tentativo di controllare la natura messo in atto da maghi e alchimisti manca di costrutto teorico e di metodo. Nel 1620 sir Francis Bacon pubblica il Novum Organum, che gi dal titolo si rif allOrganon di Aristotele, e che si pone in contrasto con laristotelismo vigente; il suo obiettivo, dichiarato nel sottotitolo, indagare le vere direzioni riguardo lindagine della natura. Secondo Bacon la natura pu essere controllata solo sulla base di una profonda conoscenza della sua struttura fondamentale, e si pu conoscere la struttura fondamentale della natura solo partendo dallosservazione sperimentale e procedendo con un ragionamento induttivo: si isolano i fenomeni e si ricercano le relazioni di causa. Il metodo si compone di due momenti diversi, il primo, o pars destruens, consiste nelleliminare le conoscenze errate, che sono fonte di pregiudizi e ci allontanano dal raggiungimento della verit, come il bias cognitivo e il wishful thinking cui abbiamo accennato elencando le fallacie; Bacon le chiama Idola, o idoli, e ne individua quattro: gli idoli della trib (idola tribus), che ci ingannano facendoci credere che il senso umano sia misura di tutte le cose, gli idoli della caverna (idola specus, con riferimento polemico al mito della caverna narrato da Platone nella Repubblica), che riguardano i pregiudizi dovuti alla propria storia personale di individuo; e ancora gli idoli del mercato (idola fori), pregiudizi derivanti dallinstaurarsi di relazioni umane e dal linguaggio, e gli idoli del teatro (idola theatri), che derivano dalle errate filosofie passate, che ci intrattengono come spettacoli teatrali producendo mondi fittizi. Una volta sgombrato il campo, si pu cominciare a costruire (pars construens), tramite un sistema di tavole: la tavola della presenza, in cui si raccolgono i casi positivi, la tavola dellassenza, in cui si raccolgono i casi in cui il fenomeno osservato non si verifica, e la tavola dei gradi, ove si raccolgono le gradazioni in cui il fenomeno si verifica. Quando si sono comparati i risultati, li si sottopone a esperimenti per vagliarne la solidit: al termine di queste prove c quello che si chiama experimentum crucis, che quello che, date due ipotesi, ci deve dire senza ombra di dubbio quale delle due vera e quale falsa. Luso della logica in Bacon ha tre funzioni: correggere gli errori, aiutare nella scelta di atteggiamenti corretti e costruire lorganizzazione della conoscenza. La logica deduttiva, quella dei sillogismi, ora supportata dalla logica induttiva. Il limite del metodo baconiano rispetto al metodo scientifico propriamente detto duplice. Da un lato non tiene assolutamente in conto il ruolo della matematica come linguaggio per lelaborazione delle teorie e per la comprensione del ragionamento induttivo; dallaltro lato manca di un criterio per la verificabilit, o per la falsificabilit, delle teorie stesse. b. Ren Descartes (1596-1650) Il giovane Cartesio frequenta il collegio a La Flche, dai gesuiti: il che vuol dire una solida impostazione retorica e tre anni conclusivi a studiare filosofia, cio Aristotele e Tommaso. Ma il ragazzo sveglio, e si appassiona di poesia e soprattutto di matematica. Terminati gli studi viaggia per lEuropa e frequenta personaggi i pi vari: tra questi ricordiamo Isaac Beeckmann, uomo di scienza sui generis, che tra laltro ammette lesistenza del vuoto (aborrita invece dalla filosofia aristotelica; il lavoro di Torricelli ancora da venire), e verso cui Descartes sente un debito di riconoscenza nella propria formazione. Sappiamo anche che il filosofo francese conobbe anche il lavoro di Raimondo Lullo (1233-1316), la cui Ars generalis era un primo tentativo di risolvere ogni problema filosofico con precisione matematica. Nelle Regulae ad directionem ingenii Cartesio comincia ad affrontare il metodo nelle scienze. Esse, sostiene, vanno ricondotte alla ragione, che il fondamento unitario nel soggetto conoscente. La scienza conoscenza certa ed evidente, e queste caratteristiche trovano il loro culmine nella matematica, che ha in se stessa la propria garanzia, nellevidenza dei propri oggetti: pertanto, le idee su cui poggiare la propria conoscenza debbono essere chiare e distinte. In seguito smusser le sue tesi e si limiter a ritenere la matematica un modello di qualsiasi altra pretesa di conoscenza. Nella sua opera forse pi celebre, che il Discorso sul metodo (1637), Descartes elenca i precetti di questo metodo: i. Non accogliere mai come vera nessuna cosa che non conoscessi evidentemente esser tale ii. Dividere ciascuna delle difficolt che esaminavo in quante pi parti era possibile, in vista di una miglior soluzione; questa tecnica, tuttora utilizzata per la sua efficacia, detta riduzionismo. iii. Imporre ai miei pensieri un ordine, cominciando dagli oggetti pi semplici e pi facili da conoscersi per risalire un po alla volta, come per gradi, alla conoscenza dei pi complessi iv. Fare, in ogni occasione, enumerazioni tanto complete e rassegne cos generali da essere sicuro di non dimenticare nulla. Il passaggio successivo quello dalla fisica alla filosofia, intesa come scienza dei principi primi; tralasceremo in questa sede di menzionare nel dettaglio tutta la parte sulla morale provvisoria e sullesistenza divina e ci concentreremo sulla parte metodologica in senso stretto. Come si garantisce la validit della conoscenza acquisita? Il fondamento del metodo cartesiano il dubbio metodico. Lo descrive meglio nella prima delle Meditazioni metafisiche (1641): di tutto ci di cui si pu dubitare, si deve dubitare; ma vi sono due cose di cui non si pu aver dubbio, la prima del proprio pensare (conosciamo tutti la formula cogito, ergo sum) e la seconda che il nulla non fa nulla. Da ci deriver poi la suddivisone tra il corpo e la sostanza pensante, o tra res extensa e res cogitans, la teoria delluomo come macchina e il ben noto dualismo cartesiano, che avr infiniti sviluppi sul concetto di anima e corpo, e che sar ripreso dalle neuroscienze anche nel XX secolo, basti pensare al celebre lavoro di Antonio Damasio Lerrore di Cartesio (1994) in cui viene posto in esame il valore cognitivo delle emozioni. Ma non corriamo troppo in l: quel che conta qui che lessenza del pensiero che esso ci di cui non si pu dubitare e tutto il resto del sapere procede in modo deduttivo; nessuna rilevanza gnoseologica viene data ai sensi. Descartes dunque importantissimo per la concezione razionalistica e per luso della deduzione: il suo limite nei confronti del metodo scientifico il non aver saputo dare importanza alla realt sensibile, ossia, in altre parole, a quelli che ora si chiamano dati sperimentali. c. Galileo Galilei, ancora lui (1564-1642) Torniamo allora a Galileo Galilei e al suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, di cui abbiamo parlato allinizio. Ne esamineremo due aspetti: il racconto del Gran Naviglio e limportanza metodologica. Galileo ambienta il suo dialogo nel corso di quattro giornate. Durante la seconda giornata sottopone gli astanti a un esperimento mentale: immaginiamo di essere su una nave, sotto coperta, in modo da non poter vedere quel che succede fuori, di non poter sapere cio se la nave in movimento oppure no, e supponiamo di osservare quello che invece succede nel nostro ambiente sotto coperta. Galileo osserva che, effettuando quelli che ora chiameremmo esperimenti meccanici, come il lancio di un peso, non possibile stabilire se sul nostro gran navilio siamo in un sistema in quiete (fermo) oppure in un sistema che si muova di moto rettilineo uniforme. Detto in altre parole, i sistemi di riferimento cosiddetti inerziali sono indistinguibili: le leggi della meccanica (e quelle della fisica classica in generale, si scoprir poi) non ci permettono di distinguere se un esperimento stato effettuato su un sistema di riferimento o su un altro sistema di riferimento che si muova, rispetto al primo, di moto rettilineo uniforme - vale a dire, con velocit costante in valore e direzione. Questo implica che non esiste un sistema di riferimento assoluto, e quindi che non ha senso considerare la Terra, o luomo, come punto di riferimento particolare. Ma non solo questo a rendere fondamentali le osservazioni di Galileo. A causa degli stretti limiti censori in cui si muove, pur essendo un convinto assertore della teoria copernicana, allinizio presenta leliocentrismo e il geocentrismo lasciando in sospeso il giudizio; ma se presenta leliocentrismo come una teoria matematica, si dedica a fare altrettanto anche con il geocentrismo, che invece era la teoria da non mettere in discussione. Ne mette in discussione, o per meglio dire ne demolisce, le premesse filosofiche. Veniamo infatti al secondo punto, ossia limportanza metodologica: la divergenza tra la visione galileiana e quella tomistico-aristotelica propugnata dai gesuiti non potrebbe essere maggiore da un punto di vista concettuale e inoltre Galileo dichiara lessenzialit del metodo sperimentale, sintetizza la felice e proficua complementarit di induzione e deduzione, della matematica e sella misurazione quantitativa e non solo qualitativa: Una sola esperienza o ferma dimostrazione abbatte tutte le ragioni probabili. La pura autorit dellipse dixit scardinata. Le Sacre Scritture sono certo una guida morale per luomo, dice Galileo: ma se la natura si comporta in modo differente da quello che le Scritture dicono, sono le Scritture che sbagliano. 2. La cassetta degli attrezzi Conclusa questa breve panoramica, possiamo quindi chiederci: ma com fatto, come funziona il metodo scientifico? Una trattazione approfondita di filosofia della scienza , qui, improponibile; ci limiteremo a tracciare poche linee che possano servire di riferimento. Dai tempi di Galileo il metodo si affinato, vi si discusso sopra - e cos si ritorna anche alla domanda iniziale di questopera, ossia cosa possa essere oggetto di dibattito. Secondo Ernst Mach 7 , il pensiero scientifico deriva dal pensiero comune: con entrambi ci dobbiamo cimentare con lintegrazione concettuale di fatti osservati in modo parziale, cio ci viene richiesto di ricostruire un senso logico e consistente a partire dai dati che abbiamo sotto mano e che rappresentano, per forza di cose, soltanto una parte della realt. Cos, per esempio, il contadino osserva e sperimenta quale sia il terreno pi adatto alla semina, seleziona le sementi, impara dai propri errori, fa delle prove, procede per analogie e per variazioni in maniera del tutto analoga a uno scienziato al lavoro. Ci che ha in pi il pensiero scientifico propriamente detto che deve contemplare ladattamento reciproco delle idee: deve cio costruire modelli coerenti e teoricamente solidi. Presentiamo adesso una parte un po pi tecnica delle altre: abbiamo comunque cercato di esporla nel modo pi divulgativo possibile, senza formule o concetti troppo complessi, con esempi comuni, e al contempo abbiamo cercato di non banalizzare troppo. a. Come funziona? Il metodo scientifico una opportuna combinazione di induzione e deduzione che viene utilizzata, proprio come una cassetta degli attrezzi o un insieme di tecniche, per acquisire conoscenza, o per correggere quella vecchia. Si applica ai fenomeni osservabili: quindi, tanto per dire, in questo lavoro non lo considereremo applicabile alla metafisica 8 . Consiste in una serie di attrezzi: - losservazione sistematica - la misura - lesperimento - la formulazione di ipotesi - la predittivit delle ipotesi - un modo per valutare lutilit del modello da spiegare: per esempio la sua semplicit, che deriva dallutilizzo del rasoio di Occam: se si deve scegliere tra due o pi ipotesi alternative, scegliamo quella che necessita di minori assunzioni. Un altro modo la refutabilit del modello, che una stima della confidenza che possiamo avere nel modello stesso. - la falsificabilit: una teoria detta scientifica se possibile provare che falsa, vale a dire se si pu, almeno concettualmente, trovare un controesempio che la smentisca. La falsificabilit unacquisizione dovuta a Popper ed stata criticata da pi fonti e per 7 E. Mach, Conoscenza ed errore, trad. S. Barbera, Einaudi 1982 8 Si veda per esempio I. Kant, Critica della ragion pura, o Prolegomeni ad ogni metafisica futura che vorr presentarsi come scienza. Vedi anche infra, Parte terza, sezione B. motivi diversi; il dibattito - ancora!- aperto. comunque difficile sottovalutare limportanza del suo ruolo nellepistemologia, pertanto la includiamo nella cassetta degli attrezzi. - la riproducibilit: un esperimento devessere, almeno potenzialmente, ripetibile da altri ricercatori. Grossomodo, la sua applicazione questa: basandosi sulle conoscenze pregresse, si valuta cosa si deve andare a studiare in seguito, ossia quali siano le grandezze rilevanti da prendere in esame. questa la premessa per losservazione sistematica dei fenomeni, che avviene misurando e controllando gli errori che possono inficiare la misura; una volta raccolti i dati, questi vengono analizzati e sintetizzati, ossia si ricercano relazioni matematiche che tengano conto dei risultati delle osservazioni, che siano cio compatibili con le misure effettuate; si deducono eventuali conseguenze non ancora osservate negli esperimenti, e si verificano le ipotesi congetturate facendo ulteriori osservazioni. Non c, come si vede, niente di esoterico. Secondo Henri Poincar, che da scienziato e matematico ha scritto pensieri profondi sui fondamenti della sua disciplina, bisogna partire dai fatti semplici e regolari 9 : lo stesso riduzionismo di Descartes. Si cercano prima le somiglianze; poi, quando leccezione diventa lunica cosa che si nota, si studiano attentamente le differenze, e si cerca di ritrovare similitudini nascoste sotto le apparenti divergenze. Lobiettivo stabilire una regola: e una volta stabilita la regola, bisogna cercare innanzitutto i casi in cui questa regola ha maggiori occasioni di fallire. cos che la conoscenza aumenta. Ci che ne deriva, aggiungiamo, non sono certezze immutabili: sono opinioni ben fondate, che ragionevolmente accettiamo come dati di fatto e da cui ricaviamo sia le applicazioni tecnologiche che degli spunti per una maggiore conoscenza del mondo. Cosa succede quando chi interpreta un dato suscettibile di pregiudizi rispetto allesito dellesperimento? un caso tuttaltro che raro, e potrebbe invalidare i risultati. Per ovviare a questo inconveniente si adotta spesso una tecnica che viene chiamata esperimento in cieco: essenziale in ambiti della ricerca come la medicina, le scienze sociali, la psicologia, le ricerche di mercato, cio nei campi in cui sia gli osservanti che gli osservati sono esseri umani, ma lo si usa anche nelle cosiddette scienze dure. Un esperimento si dice in cieco quando le informazioni riguardo lesperimento - le informazioni che potrebbero causare pregiudizi, nella fattispecie - sono tenute nascoste o allo sperimentatore, o al soggetto di sperimentazione, o a entrambi (si parla in questo caso di doppio cieco), fino alla fine dellesperimento stesso. in questo modo, per esempio, che si riesce a valutare se un farmaco o meno distinguibile da un placebo. Anche qui, si tratta di una tecnica: nulla di esoterico, nulla di etnocentrico. 9 H. Poincar, Science et Mthode, Ernest Flammarion diteur, 1920. Traduzione italiana: Scienza e metodo, Einaudi 1997 Un buon metodo per esaminare la validit di uno studio rappresentato dalla meta- analisi. Fare una meta-analisi vuol dire mettere insieme tanti studi che trattano dello stesso argomento in ununica analisi statistica. In questo modo si ha il doppio vantaggio di aumentare la dimensione del campione di dati e di ridurre dei fattori casuali che potrebbero distorcere i dati, come ad esempio il fatto che alcuni risultati potrebbero essere frutto di semplici coincidenze. In ambito medico e farmacologico si sente spesso parlare di studio clinico controllato randomizzato: uno studio sperimentale svolto per certificare lefficacia (o la mancata efficacia) di un trattamento. Controllato significa che viene condotto su due gruppi, il pi possibile omogenei rispetto alle variabili che possono essere prese in considerazione e messe a confronto (come let o le malattie pregresse); il primo gruppo riceve il trattamento, mentre il secondo gruppo viene detto di controllo, ossia non gli viene somministrato niente e lo si osserva per valutare le differenze con il primo gruppo. Randomizzato un calco dellinglese randomized, da random, che significa casuale: vuol dire che i soggetti da destinare al trattamento o al controllo vengono scelti in modo casuale. In questo modo le eventuali variabili tra i soggetti non considerate dallo studio si distribuiscono in maniera (statisticamente) uniforme sia nel gruppo cui viene somministrato il trattamento sia nel gruppo di controllo. Lobiettivo ottenere che i due gruppi siano il pi possibile uguali, in modo che ogni differenza osservata dallo studio sia attribuibile al trattamento, e sia quindi possibile dire, in parole povere, se il trattamento funziona, e quanto funziona. La randomizzazione da sola pu non essere sufficiente; in ogni caso, a posteriori lanalisi statistica in grado di quantificare lentit delle differenze casuali. Vale infine la pena di spendere due parole sul concetto di teoria scientifica: siccome la lingua, s detto sopra, vaga e ambigua, il significato comune della parola teoria diverso dal significato che viene dato nel linguaggio scientifico. Nelluso comune una teoria una possibilit astratta, unipotesi, qualcosa che si oppone alla pratica, o qualcosa che ha a che fare con le opinioni. Nel linguaggio scientifico una teoria un sistema logicamente coerente e consistente che permette di descrivere aspetti della realt, ed supportata da evidenze sperimentali. Ad esempio, sono teorie in senso scientifico la teoria dellelettromagnetismo, la teoria della relativit generale, la teoria dellelasticit, la teoria dellevoluzione delle specie. In questi casi non si pu liquidare la questione dicendo ah, solo una teoria! perch, per lappunto, si tratta di oggetti che sono consistenti, coerenti e suffragati dagli esperimenti. Osserviamo a margine che a nessuno salterebbe in mente di infilare le dita nella presa della corrente, tanto lelettromagnetismo solo una teoria. Eppure, lelettromagnetismo , per lappunto, una teoria! Bisogna solo intendersi sul significato di teoria e non cadere nellambiguit del linguaggio. b. Quali sono i suoi limiti? Limpiego del metodo scientifico come criterio dirimente ha indubbi vantaggi che vanno al di l della sua utilit in campo tecnico e tecnologico; per esempio, netto il suo contributo alla conoscenza in generale, o come si suol dire il suo valore epistemico. Ancora, aiuta ad imparare che le idee possono essere sbagliate, senza che ci mini lunit, lintegrit umana di chi le propugna, ed quindi un buon antidoto contro il fanatismo. A ben vedere, a volte pu essere addirittura rilassante sapere che il proprio punto di vista, per quanto accoratamente sostenuto, non onnisciente, onnipotente e infallibile, e che nonostante questo continuiamo ad essere uomini e donne come prima. Il metodo scientifico ha per anche dei limiti. Ancora, non andremo a scandagliare tutti i dibattiti che si sono fatti in proposito, ci limiteremo a osservazioni di carattere generico. Innanzitutto non ha molto senso applicarlo a ci che non scienza, e non tutto scienza: non sono scienza le sinfonie di Beethoven, i quadri di Picasso o i romanzi di Dostoevskij, eppure riteniamo che siano dei contributi importanti alla cultura umana: ci sentiremmo ben pi poveri, se non ci fossero. Per dirla con Richard Feynman, che di scienza se ne intendeva essendo il padre dellelettrodinamica quantistica: Se una cosa non una scienza, non necessariamente un male. Per esempio, lamore non una scienza. Quindi, se diciamo che qualcosa non una scienza, non vuol dire che, in essa, c qualcosa che non va: vuol dire solo che non una scienza 10 . Chiariamo anche il significato della parola limite: un limite, qui, significa solamente lidentificazione di un ambito di validit. Non ha retrogusti morali, non nasconde uno stigma sociale o una presunzione di inferiorit, a differenza di quanto accade nel linguaggio comune se diciamo che una persona limitata: anche se tutti noi siamo intrinsecamente limitati, quando facciamo notare a qualcuno i suoi limiti poco probabile che stiamo cercando di fargli un complimento. Ma le teorie non sono persone! Quando si formula una teoria, essenziale stabilire quale sia il suo ambito di validit. Per esempio, siccome la terra (approssimativamente) rotonda, quando ci muoviamo su grandi distanze - diciamo, in aereo da Roma a New York - le nostre carte geografiche devono tenere conto della curvatura della Terra. Questo non vuol dire che la geometria piana, quella che impariamo a scuola, sia sbagliata: solo inappropriata su quella scala. Per fare un altro esempio, la meccanica classica - quella di Galileo e soprattutto di Newton - ha un suo ambito di validit che consiste nel trattare di oggetti abbastanza grandi (rispetto alle dimensioni atomiche) e abbastanza lenti (rispetto alla velocit della luce nel vuoto). Al di fuori di questi ambiti di validit dobbiamo utilizzare degli altri strumenti - la meccanica quantistica e la relativit ristretta. Ci non vuol dire che, siccome non funziona sempre, o siccome stata sostituita in alcuni campi, la meccanica 10 R. Feynman, Sei pezzi facili, trad. L. Servidei, Adelphi, 2000 newtoniana sia sbagliata. Se un martello non riesce ad avvitare le viti, non un martello sbagliato: un martello fatto per piantare i chiodi, e per avvitare ci vuole il cacciavite. Se abbiamo mal di stomaco e prendiamo laspirina, non che il mal di stomaco non ci passa perch laspirina un farmaco fatto male: solo che non indicato per il mal di stomaco. E magari la prossima volta faremmo meglio a leggere il bugiardino. Inoltre ci sono i limiti intriseci dati dalla modellizzazione, e per pararne dobbiamo prima capire cosa sia un modello. c. Che cos un modello? Una volta che abbiamo il nostro bel metodo scientifico, possiamo utilizzarlo per elaborare dei modelli della realt e magari fare delle predizioni, o delle simulazioni, sul comportamento della natura. Che cos un modello? una rappresentazione della realt fatta seguendo il metodo di cui sopra: gli oggetti osservati nella realt sono raccolti insieme in una struttura logica e internamente coerente. Questo vuol dire che possiamo confondere la realt con il modello? No. Vuol dire che ogni modello ci dar un determinato grado di confidenza nella rappresentazione della realt. Ridurre problemi complessi a problemi semplici molto comodo e molto utile perch ci permette di maneggiare situazioni nelle quali altrimenti non sapremmo come raccapezzarci. Tuttavia, lipersemplificazione di materie complesse comporta il pi delle volte una perdita di informazione. Innanzitutto, ci sono propriet dei sistemi che emergono - si dicono appunto emergenti - soltanto a certi livelli di complessit: per esempio, non possiamo studiare il pensiero umano analizzando un neurone alla volta, ma dobbiamo prendere il cervello nel suo complesso. Questo pu essere uno svantaggio ma anche unutilit, perch a volte pi facile ragionare su un piano che su un altro. Facciamo lesempio della temperatura di un gas: essa una misura dellenergia con cui mediamente si muovono le molecole, ed quindi una quantit macroscopica. Sarebbe impossibile misurare una per una le energie di tutte le molecole: ecco dunque che una perdita di informazione locale si bilancia con una maggiore chiarezza a livello globale. Tuttavia, nel fare un modello di qualcosa, dobbiamo sempre tenere a mente che stiamo scegliendo solo un certo numero di variabili, stiamo operando una semplificazione. Questo non vuol dire naturalmente che una modellizzazione sia inutile o sbagliata: ci serve come una mappa per orientarci. Avremo una certa confidenza con una carta topografica in scala 1:200000, e unaltra con una carta in scala 1:2000; non che la prima sia sbagliata e laltra giusta, o viceversa: la scelta dellutilizzo dipende da quanti dettagli abbiamo bisogno di vedere, se ci serve una visione pi panoramica, che tenga conto di grandi distanze, o una visione pi focalizzata; analogamente, per alcuni scopi ci utile una mappa che preservi gli angoli, per altri scopi pu servirci una mappa che preservi le superfici 11 . Un altro punto molto importante la distinzione tra una condizione necessaria e una condizione sufficiente: una condizione si dice necessaria quando, togliendola, la tesi non pu sussistere; se invece la condizione presente, la tesi pu essere valida o pu non esserlo. Esempio: condizione necessaria per preparare un brasato al barolo avere a disposizione del barolo. Si dice sufficiente una condizione che, se presente, rende la tesi sicuramente valida. Se manca la condizione, la tesi potrebbe essere valida oppure no, non ci dato saperlo in mancanza di altre condizioni. Esempio: essere una quercia sufficiente per essere un albero. La necessit e la sufficienza sono due condizioni diverse; inoltre, la necessit non implica la sufficienza, e viceversa: ci sono condizioni che sono necessarie ma non sufficienti, e condizioni sufficienti che non sono necessarie. Per rimanere ai due esempi test citati, per preparare un brasato al barolo non sufficiente avere del barolo (servono, per esempio, anche la carne, una pentola, una cucina...); essere una quercia non una condizione necessaria per essere un albero, come ci si rende subito conto pensando al fatto che esistono degli alberi che non sono querce: i pini, i faggi, le betulle, eccetera. La distinzione sembra banale ma bene rimarcarla perch, quando si trattano i modelli e si evidenziano i limiti della modellizzazione, si tende spesso a confondere i due livelli. abbastanza comune pensare che, se si trova che il modello non sufficiente a descrivere un fenomeno, allora sia anche non necessario. Questo un ragionamento non corretto: il modello potrebbe essere non necessario, ma di per s la non sufficienza non ci dice nulla in proposito. Ritornando alla fallacia del post hoc, propter hoc, abbiamo che una causa necessariamente precede leffetto, ma non sufficiente che un evento accada prima di un altro per esserne la causa. d. Che cos una misura? Siccome il metodo scientifico prevede che i fenomeni siano individuati da dei dati numerici, indispensabile sapere che cosa si intende per misura. Una misura o un confronto con un campione che viene utilizzato come unit (per esempio, appoggio il righello al foglio e conto le tacche), o un calcolo di una grandezza risultante da relazioni matematiche tra grandezze note (per esempio, conosco lo spazio percorso e il tempo 11 noto (e dimostrato) che una proiezione cartografica non pu essere contemporaneamente equivalente (cio che mantiene i rapporti fra le superfici), equidistante (che mantiene i rapporti tra le distanze da un punto dato) e conforme (che mantiene gli angoli). Almeno una delle caratteristiche deve essere sacrificata, a seconda dellutilizzo che vogliamo fare della mappa. trascorso e posso calcolare la velocit media). Si parla rispettivamente di misure dirette e indirette. Apriamo qui una parentesi su Aristotele: secondo il filosofo stagirita ci che rende tutte le cose commensurabili si chiama nomisma, che deriva da nomos, la legge, la regola: e nomisma per lappunto il nome greco della moneta. Aristotele svilupper nella Politica una teoria della moneta come merce che serve da intermediario degli scambi, e nellEtica Nicomachea una teoria della moneta come segno creato dallautorit politica ad uso di pagamento. Torniamo a commisurazioni meno economiche e concentriamoci sul processo di misura. Una misura, s detto, procede attraverso uno strumento. Quali sono le caratteristiche che uno strumento pu avere, e che possono avere effetti sulla misura? Ne indichiamo cinque: - lintervallo duso, che lanalogo dellambito di validit; per esempio, un righello che misura fino a venti centimetri, un metro da sarta che misura fino a centocinquanta centimetri, eccetera. - la prontezza: quanto ci mette lo strumento a rispondere in modo completo. Per esempio, un termometro a mercurio (che adesso non si vende pi) impiega cinque o sei minuti prima di dirmi se ho la febbre oppure no. - la precisione: mi dice in che modo il risultato della misura della stessa grandezza riproducibile. - la sensibilit: il reciproco dellincertezza di lettura della scala sullo strumento. Vuol dire che, se ho un righello graduato al millimetro, non posso stimare misure al di sotto della scala del millimetro. Quindi, se misuro 15,3 cm, non ha alcun senso che io scriva 15,3000 cm, anche se dalla matematica della scuola elementare sabbiamo che gli zeri a destra dellultima cifra significativa dopo la virgola non contano, cio che da un punto di vista aritmetico 15,3=15,3000=...=15,30000000: il mio righello non vede quello che succede al di l del millimetro, e quindi nello scrivere 15,3000 sto presupponendo che il righello abbia una sensibilit molto maggiore di quella che ha. - laccuratezza: la capacit dello strumento di fornire valori corrispondenti al valore reale della grandezza che stiamo misurando. Questo ci porta a parlare di cosa sia il valore reale e che cosa realmente misuriamo. Una misura , intrinsecamente, affetta da errori: errori nostri, compiuti durante la misura, o errori dovuti allo strumento. Gli errori possono essere casuali, dovuti alle differenze casuali che si hanno ogni volta tra il valore misurato e il valore vero, oppure sistematici, per esempio dovuti a un difetto di costruzione o di utilizzo dello strumento. Per misurare dovremo tenere conto di entrambi i tipi; elimineremo per quanto possibile alla fonte gli errori sistematici, e terremo conto degli errori casuali facendo una serie di misure ripetute, in modo da minimizzare la fluttuazione degli errori stessi: per questo motivo lanalisi dei dati su cui lavoreremo sar unanalisi di tipo statistico. In tal modo riusciremo sia a misurare la grandezza che ci interessa sia a valutare quantitativamente lerrore della misura. Se misuriamo una massa su una bilancia il risultato della nostra operazione sar dunque del tipo: M = 15.050.01 kg, ove abbiamo tenuto conto del valore della misura, dellerrore della misura e dellunit della misura. Il concetto di misura matematicamente ben definito ed stato sviluppato come branca dellanalisi matematica a partire dalla fine del XIX secolo; tuttavia allatto pratico pu essere a volte difficile definire una quantit misurabile - per esempio, lintelligenza, la felicit, il benessere - e si tratta quindi di dovere scegliere alcuni parametri e non altri, spiegando il perch e valutando i limiti, ossia ancora una volta dobbiamo tenere bene in mente quali sia lambito di validit del modello. Questa breve digressione sulla misura, in cui abbiamo cercato di non eccedere i tecnicismi, serve a fare capire limportanza della statistica; e spiega anche perch, come avevamo accennato parlando della fallacia della generalizzazione indebita, un singolo caso o una singola esperienza personale non siano necessariamente significativi se presi cos estrapolati dal contesto, ovverosia dal modello di riferimento. Ricordiamo ancora i concetti espressi sopra di correlazione e causa. e. Esempio: il bilancio tra pregi e difetti. S, ma i dialoghi? Megabizo che fine ha fatto? E Demea? Dopotutto, siamo ancora l con delle discussioni da risolvere, e dobbiamo decidere a chi dare ragione e come. Prima di tornare ai dialoghi con cui abbiamo cominciato il lavoro, per, facciamo un ultimo esempio propedeutico. Supponiamo di andare al ristorante e che sul menu ci sia una scelta tra i nostri due primi piatti preferiti. Ci piacciono tutti e due moltissimo, per dobbiamo sceglierne uno soltanto. Se non decidiamo di affidare la scelta al caso, per esempio lanciando una moneta, dobbiamo stilare per ciascuno dei due piatti una breve lista di pregi e difetti e valutarli in base a quello. Il piatto A pu essere pi calorico ma contenere pi verdure, il piatto B contiene un ingrediente che non mangiamo da un sacco di tempo e che abbiamo sempre avuto difficolt a reperire; del resto, il piatto B meno digeribile, e il piatto A pi caro... come fare? Un economista, qui, ci direbbe che dobbiamo cercare di massimizzare lutile, e lutile in questo caso una combinazione di fattori: piacere, soddisfazione, benefici, costi. Con ogni probabilit, mentre siamo seduti a tavola, non faremo ragionamenti complicati: faremo una stima grossolana tenendo conto di tutti i fattori che possono farci propendere per luno o per laltro piatto, cercheremo di comprendere quali valori sono pi importanti in quel particolare contesto e alla fine faremo la nostra scelta, che sar il risultato di un compromesso soggettivo tra i vari fattori 12 . Supponiamo ora di aver inventato un farmaco per il trattamento dei sintomi di una certa malattia, diciamo la strimpellosi idiopatica (non cercate su Google, stata inventata qui sul momento), e di volerlo mettere in commercio. 12 La questione, ora solo accennata, verr sviluppata pi nel dettaglio nella Parte seconda. Come dobbiamo comportarci? Di certo non possiamo affidarci a parametri soggettivi: abbiamo bisogno di un metodo il pi possibile oggettivo per poter decidere, in base a benefici e costi, rischi e opportunit. Il nostro farmaco per la strimpellosi ideopatica dovr quindi superare una serie di prove: utilizzeremo opportuni modelli per vedere se sicuro, se ha effetti, se ha effetti superiori a quelli dei farmaci per la strimpellosi idiopatica precedentemente in uso. Alla fine avremo un elenco di vantaggi e un elenco di svantaggi, o effetti collaterali. Per luso del farmaco dovremo valutare quindi, oggettivamente, una serie di fattori: tra questi, il bilancio tra rischi e benefici di assumere il farmaco, il bilancio tra rischi e benefici di non assumere il farmaco, il bilancio tra questi due bilanci. Avremo dunque bisogno di fare valutazioni statistiche e di comparare delle probabilit: su queste, poi, faremo le nostre scelte. Come funziona una statistica? La statistica il nostro modo per gestire lincertezza e noi, purtroppo, abbiamo un intimo bisogno di certezze. Tuttavia (ricordiamo il wishful thinking) bisogna fare i conti con quel che c e non con quello che vorremmo che ci fosse: raccogliamo i dati in modo ordinato, ne ricaviamo delle leggi, e operiamo delle sintesi che valgono in certi limiti. Sappiamo che, date certe leggi ricavate in accordo con i dati sperimentali, il fenomeno osservato si comporter in un certo modo secondo dei livelli di confidenza: per lo pi si comporter in modo medio, ma ci saranno dei casi (sempre di meno man mano che ci si spinge agli estremi) che si discostano anche di parecchio dalla media. Grazie alla statistica si ha una stima di quanto i dati si possono discostare dalla media, cio una stima di quanto i dati sono variabili, e si chiama, in gergo tecnico, deviazione standard. Quando abbiamo a che fare con una mole di dati, o tanti gradi di libert di un sistema, quindi, siccome non possiamo aspettarci un comportamento deterministico, dobbiamo ricorrere alla statistica, e imparare poi anche a gestire i casi lontani dalla media: sono estremamente poco probabili, ma non impossibili. Il fatto che si verifichino non vuol dire necessariamente che la nostra teoria sia sbagliata: danno solo conto dellaleatoriet intrinseca e della confidenza del modello; daltronde laleatoriet non significa necessariamente che le cose succedano totalmente a caso. Questo punto molto importante e la sua mancata comprensione spesso causa di enormi fraintendimenti su concetti come la sicurezza di un farmaco, la sicurezza alimentare, lepidemiologia, la salute pubblica. f. Postilla: luniverso davvero scritto in linguaggio matematico? Scrive Galileo 13 : La filosofia scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a li occhi (io dico luniverso), ma non si pu intendere se prima non simpara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne quali scritto. Egli scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i 13 G. Galilei, Il Saggiatore, cap. VI. quali mezzi impossibile intenderne umanamente parola; senza questi un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Ma davvero cos necessaria la matematica 14 ? Per molti una materia indigesta e da guardare con sospetto. In realt, secondo un neuroscienziato come Dehaene 15 , pare che la matematica sia tanto valida per descrivere la natura perch il nostro cervello biologicamente adatto a capire il linguaggio matematico, nel senso che possiede come innato il concetto di numerazione, insieme a quelli di spazio e di tempo (che, per chi li ricorda, sono le forme pure a priori di Kant). una qualit che condividiamo con altri animali, non siamo gli unici a saper contare, ove per contare sintende mettere in corrispondenza biunivoca (uno a uno) due insiemi. Se molti di noi fanno fatica sulle equazioni di secondo grado e in genere sulla matematica al di l delle quattro operazioni, perch il cervello umano non ha avuto il tempo di evolversi a sufficienza per sviluppare circuiti dedicati esplicitamente alla matematica; esistiamo da meno di duecentomila anni, che un tempo piccolissimo sulla scala dellevoluzione: luomo ha soltanto un grossolano concetto di numerazione e ha pertanto riadattato allo scopo vecchi circuiti neurali presenti anche in altre specie viventi e utilizzati per i movimenti del corpo e per organizzare le percezioni. Per tutto il resto, tocca rompersi la testa sui libri di matematica. 14 Il tema verr ripreso e sviluppato nella Parte terza. 15 Dehaene S., Changeux J.P. (1993). Development of elementary numerical abilities: A neuronal model. Journal of Cognitive Neuroscience 5: 390407; Dehaene S., Spelke L., Pinel P., Stanescu R., Tsivkin S. (1999). Sources of mathematical thinking : behavioral and brain-imaging evidence. Science 284 (5416): 970974. D. Il buon giornalismo anglosassone Torniamo alla soggettivit e alloggettivit e chiediamo il supporto di un altro autore. Nellanalisi delle azioni Tommaso dAquino era uno che poteva ben dire la sua, per quanto ci aveva studiato e pensato sopra. Nella Summa Theologiae 16 distingue otto elementi che caratterizzano la struttura dellazione, riprendendone peraltro sette da Cicerone: - chi ha commesso lazione - che cosa ha fatto - quando lha fatto - dove lha fatto - perch lha fatto - quanto ha fatto ci che ha fatto - in che modo ha fatto ci che ha fatto - con quali mezzi ha fatto ci che ha fatto. Tommaso si interessava del lato morale, ma la tecnica buona a tal punto che la si ritrova, pi o meno pari pari, nella regola delle 5W del giornalismo anglosassone: who, why, when, where, what. Dal giornalismo anglosassone venuta unaltra cosa buona: separare i fatti dalle opinioni. Non che labbiano inventato gli Inglesi: la distinzione tra i fatti e le opinioni appartiene gi al pensiero greco, fin dagli inizi, da Platone e Aristotele. In questo lavoro abbiamo parlato di come ottenere opinioni ben fondate, che possiamo ragionevolmente accettare come fatti, su materie soggette alla possibilit di verifica sperimentale. Ma sempre possibile operare delle distinzioni cos nette? A volte ci troviamo davanti a questioni piuttosto intricate, con molte variabili in gioco, molte posizioni anche in netto contrasto, pu essere che non abbiamo tutte le informazioni necessarie e non sappiamo come reperirle; per questo un bene servirsi, per quanto possibile, di pi fonti. Ma le fonti sono tutte uguali? A tutte possiamo accordare lo stesso grado di fiducia? Qualcuno di noi, sullonda dellentusiasmo della lettura di Contro il metodo di Feyerabend o dellantipatia per il proprio ex insegnante di matematica, pu essere portato a credere che non sia possibile adottare un metodo rigido, o che sia riduttivo ricondursi a una teoria fissa della razionalit, o che qualsiasi cosa pu andare bene. cos che agiamo, ogni giorno, quando dobbiamo prendere una decisione? O seguiamo, magari inconsciamente, dei criteri standard come quelli presentati pi sopra? Quella sullattendibilit delle fonti una domanda che ci aiuta ad affrontare i tre dialoghi riportati allinizio dellopera, e per rispondere ci affidiamo ai consigli non di 16 Tommaso dAquino, Summa Theologiae, Ia2ae. 7,3 uno scienziato, questa volta, ma di un grande storico: Marc Bloch. In Apologia della storia o il mestiere di storico, Bloch ci impartisce una grande lezione sullosservazione storica e sul metodo critico e, in generale, sulla conoscenza. Lo storico dovrebbe sempre mostrare i suoi strumenti e i suoi metodi, dice, affinch il lettore apprenda il metodo della ricerca. Ci insegna come considerare le testimonianze, a controllarne la veridicit tramite scrupoloso confronto incrociato, a evitare ladesione incondizionata ai pregiudizi, false prudenze e miopie delle fonti narrative (68), a interrogare le fonti in modo intelligente; ci insegna poi che non abbiamo il diritto di presentare una affermazione se non a condizione che possa essere verificata (87), e che dobbiamo considerare, nella critica delle testimonianze, che se pure unarte non scevra da elementi di soggettivit, essa pure soggetta a una pratica metodica e razionale. Sulla causalit (161), ci ammonisce a non lasciare allistinto la ricerca dei nessi di causa- effetto 17 . Bloch, nel suo rigore metodologico, si anche occupato di inganni collettivi: il caso dei suoi Souvenirs de guerre o del noto saggio scritto nel 1924, I re taumaturghi, in cui parimenti d conto della difficolt di analizzare correttamente le fonti, e che narra della pretesa capacit miracolistica di guarigione dei sovrani francesi nel medioevo. Parleremo in seguito degli inganni collettivi e lo faremo con alcuni esempi: per ora contentiamoci di analizzare una scellerata mistificazione che ha per oggetto la figura di Galileo Galilei come scienziato e la confusione tra metodo e contenuti. A volte (troppo spesso) si usa lesempio di Galileo come il singolo che ha sfidato lortodossia del pensiero dominante ed stato per questo perseguitato; ma poi s visto che, nel merito, aveva ragione lui. Con questa analogia si tenta di sdoganare qualsiasi personaggio che proponga dei modelli e delle ipotesi discordanti con quanto la scienza ritiene attualmente valido. Perch lesempio di Galileo non calzante? Perch nel caso di Galileo il punto fondamentale da tenere in mente non tanto la diatriba tra il geocentrismo e leliocentrismo, o del singolo contro i tanti, o dellinnovatore contro la tradizione, quanto il metodo per verificare unipotesi, quale che essa sia: il caso di Galileo non la vittoria dello scienziato solitario in lotta contro i potenti - anche se, incidentalmente, stato costretto allabiura dai potenti dellepoca - ma, fatto molto pi importante, la vittoria di un metodo sperimentale e razionale contro il dogmatismo dellipse dixit. Siamo forse intimamente inclini a parteggiare per chi parte svantaggiato, per Davide che sfida Golia, ma quando ci troviamo di fronte unidea nuova nel campo della conoscenza, chiediamoci non quanto siano potenti gli avversari nel dibattito, ma quanta forza abbia questa ipotesi al vaglio metodologico che da Galileo in poi ha preso piede per la verifica della conoscenza stessa, e se e quanto sia possibile metterla sotto esame sperimentale e razionale. 17 M. Bloch, Apologia della storia o il mestiere di storico, trad. G. Gouthier, Einaudi 2009 Per esempio: perch la teoria della relativit valida? Non perch lha formulata Einstein, che era un genio. Indubbiamente Albert Einstein era un genio, ma la relativit sta in piedi perch - nel suo ambito di utilizzo - ha un apparato teorico consistente ed suffragata da una miriade di conferme sperimentali. Questo non rende qualsiasi cosa detta da Albert Einstein vera o valida, nonostante Albert Einstein sia Albert Einstein. Ogni volta dovremo fare la fatica di provare verit e validit di unaffermazione. (Albert Einstein, per inciso, uno degli autori a cui vengono attribuite pi citazioni fuori contesto: si vede la sua faccia abbinata a qualsiasi asserzione in qualsiasi campo.) Con queste premesse la prima parte dellopera si chiude: abbiamo ormai in mano quasi tutti gli strumenti necessari per affrontare i dialoghi riportati allinizio, e siamo in grado non di dire chi ha ragione (non lo faremo), bens di orientarci in un dibattito e cercare di valutare se sia possibile o meno dare un diverso peso a ciascuna delle voci in capitolo, se sia cio possibile stabilire un criterio non arbitrario per verificare ci che ciascuno dei personaggi ci dice: siamo dunque in grado, almeno in via di principio, di stabilire quando una fonte pu dirsi autorevole - che diverso, ovviamente, da autoritaria. Parte seconda A. Descrittivo o prescrittivo? - Agisci in modo che la massima della tua volont possa sempre valere come principio di una legislazione universale. - La forza con cui due corpi si attraggono reciprocamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Questi due enunciati hanno entrambi il valore di legge. Il primo la formulazione dellimperativo categorico che Kant scrive nella Critica della ragion pratica, nel 1788, una legge intesa come principio valido per ogni essere ragionevole, indipendente dagli impulsi esterni. Il secondo una trascrizione in linguaggio informale della legge di gravitazione universale scoperta da Newton nel 1687 (per la precisione si dovrebbe parlare di punti materiali e non di corpi, ma sorvoleremo su questo). Stiamo cio parlando di due piani diversi: il primo tipo di legge ci dice come dobbiamo comportarci, mentre il secondo descrive un comportamento; dei punti materiali in questo caso, ma ovviamente ci sono leggi che descrivono una moltitudine di comportamenti da parte di soggetti diversi, descrizioni deterministiche o probabilistiche, a seconda del contesto, insomma ce n per tutti i gusti. Ma una legge descrittiva non dice come dovrebbe comportarsi quel dato fenomeno, dice soltanto come si comporta, lo descrive: se troviamo un controesempio che invalida la legge, ci limitiamo a cambiare la legge, in modo che la nuova formulazione tenga conto sia di tutti i casi compresi nella prima formulazione sia del caso che invece vi sfuggito 18 . Il primo piano, quello che prescrive un comportamento, afferisce al campo delletica, mentre il secondo piano, quello che descrive un comportamento, no: sapere come si comporta un oggetto o come avviene un fenomeno non ci dice nulla sul bene o sul male 19 . Se spingiamo un uomo gi dal balcone, questi si sfraceller a terra a causa della gravit, ma non che possiamo incolpare Newton della morte del poverino. Nulla vieta di trarre delle norme di comportamento a partire da descrizioni della natura, anzi: per esempio, si pu decidere di vietare lutilizzo del DDT perch un possibile cancerogeno, e si valuta il bilancio tra rischi e benefici, ma questo tipo di legge su un 18 Nel Trattato sulla natura umana (III, 1) David Hume lancia un monito sul salto logico che separa ci che e ci che deve essere: in ambito morale soprattutto essenziale distinguere i fatti dai valori. 19 Fu Spinoza nellEtica a cercare di dare di questa disciplina una dimostrazione per via geometrica; sappiamo invece che le cose non sono cos lineari. piano diverso da quella che spiega il funzionamento del DDT come insetticida o come possibile cancerogeno. Quando si parla di temi eticamente o politicamente sensibili, e la scienza e le sue applicazioni tecnologiche sottopongono spesso allumanit discussioni simili, si tende a sovrapporre i due piani. Per ritornare ai nostri dialoghi iniziali, osserviamo su che piano si svolgono: quello di Erodoto si occupa del piano normativo, quello di Galileo si occupa del piano descrittivo, mentre Hume si mantiene a cavallo tra i due: descrittivo quando si domanda se la religione sia razionale, normativo quando parla del ruolo sociale della religione. Ci sono altri ambiti che si muovono sia sul piano descrittivo che su quello normativo (o prescrittivo che dir si voglia, in questo contesto possiamo usare i due termini come sinonimi): leconomia per esempio consta sia di una parte descrittiva e matematica - la modellizzazione della domanda e dellofferta, lefficienza del libero mercato, la determinazione degli equilibri economici nel breve medio e lungo periodo, eccetera, tutte questioni affrontate in via statistica ma comunque descrittiva - e una parte normativa e politica, che tiene conto del fatto che scelte sociali diverse, basate su impostazioni etiche diverse, possono condurre a diverse priorit nel bilanciamento tra equit ed efficienza e a scelte economiche diverse. E, in genere, compito della politica mediare tra visioni possibili: quando si tratta di politiche che hanno a che fare con la scienza, dobbiamo tener conto che le esigenze politiche (il consenso popolare in primis, la difficolt di modellizzazione di un sistema cos eterogeneo e complesso come la societ umana in secundis) si basano su presupposti diversi da quanto pertiene al lavoro e al metodo della scienza, ove leventuale consenso popolare irrelato alla validit della teoria. Il consenso popolare ovviamente materia complessa e soggetta a pulsioni irrazionali e ancestrali: la paura della manipolazione genetica per esempio potrebbe rifarsi a tematiche annesse al concetto di contaminazione e di purezza, che dovrebbe essere uno dei moduli elaborati dal nostro cervello durante l'evoluzione, e che stato poi alla base di quello che abbiamo definito etica. Ne parleremo un po pi nel dettaglio al punto C di questa seconda parte. Intanto facciamo un esempio della confusione che si pu ingenerare tra i due piani. Nel 2010, quando tutto il mondo si occupava e si preoccupava della nube di cenere sullEuropa a seguito delleruzione del vulcano Eyjafjll in Islanda, a tal proposito il filosofo Emanuele Severino scrisse delle riflessioni, pubblicate in un articolo sul Corriere della Sera, col titolo Quando la Tecnica si arrende alla Natura 20 . Scrive Severino: 20 Larticolo originale si pu leggere qui: http://www.corriere.it/cronache/10_aprile_18/severino_nube_cenere_natura_00dc3a0c-4b01-11df- b267-00144f02aabe.shtml Per una visione pi ampia del pensiero sviluppato da Severino a proposito si rimanda a E. Severino, Il destino della tecnica, Rizzoli 1998 [...]Dire che la Natura si ribella ha senso solo in relazione ai progetti dell'uomo. La sua ribellione, inoltre, pu essere ben pi radicale di quelle a cui ci dato di assistere. A volte ci si trova di fronte ad affermazioni che sembrano inoffensive. Ad esempio questa, che le leggi della scienza (da cui la Tecnica guidata) sono ipotetiche, cio non sono verit assolute. Spesso gli scienziati se ne dimenticano. Ma lipoteticit delle leggi scientifiche significa ad esempio che un corpo, abbandonato a s stesso, da un momento all'altro, invece di cadere verso il basso potrebbe andare verso lalto. Qui la ribellione possibile della Natura ben pi radicale. Che cosa stride, in questa riflessione? Innanzitutto, laffermazione che le leggi della scienza siano ipotetiche nel senso poi inteso; e quindi, lidea della ribellione della natura alle leggi della scienza, perch lidea della ribellione sottintende una volont, o almeno degli istinti: caratteristiche queste di molti esseri viventi, ma che non necessariamente corretto inferire a oggetti inanimati, entit collettive o astrazioni. Quanto alla loro presunta ipoteticit, le leggi della scienza non sono verit assolute, questo corretto, ma non si tratta di mere ipotesi: rappresentano un modello descrittivo passibile di revisione ogniqualvolta la natura ci ponga di fronte a fenomeni che le leggi fin qui scoperte non sono in grado di spiegare. Labbiamo detto in precedenza: si tratta di opinioni ben fondate, che ragionevolmente accettiamo come fatti, fino a che il modello funziona. Ma le leggi della scienza non sono il codice penale: non dicono alla natura come deve comportarsi 21 . Se un giorno la forza di gravit dovesse cambiare di segno, dovesse cio diventare repulsiva e non attrattiva (come succede, per esempio, per la forza elettromagnetica tra cariche dello stesso segno), o meglio, se un giorno dovessimo osservare un numero statisticamente significativo di casi in cui ci avviene, non si tratter della natura che si ribella alla coercizione impostale da Isaac Newton 22 : sar semplicemente il caso di dire che la legge di Newton non sufficiente a descrivere completamente il comportamento dei corpi soggetti alla gravit, e la implementeremo in modo che il modello comprenda anche i corpi che cadono verso lalto. Qualcosa di analogo gi successo: per descrivere gli eventi ad alte energie e a velocit prossime a quella della luce nel vuoto, la meccanica classica stata estesa tramite la teoria della relativit ristretta. Non si trattava di ribellione della natura: la meccanica classica era semplicemente inadeguata a descriverne il comportamento in certe situazioni. E, per restare alla gravit, limpostazione newtoniana di interazione 21 Kant a suo tempo ha affermato: il nostro intelletto non trae le proprie leggi dalla natura, ma le impone ad essa. Ora, sono i nostri schemi mentali a creare un modello di descrizione dei fenomeni naturali, ma gli schemi della mente possono essere confutati dalla natura, e spesso ci accade; al pi, con Popper, possiamo dire che le conoscenze che otteniamo siano temporaneamente non falsificate, e provvedere a nuovi schemi mentali. 22 A margine notiamo che i corpi dotati di massa si comportavano nel modo descritto dalla legge di gravitazione anche prima che Newton la formulasse. Non che, prima del 1688, i corpi si rifiutassero di attrarsi reciprocamente con una forza proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza, o fossero inconsapevoli di doverlo fare. Detto in termini spicci, se lasciati liberi di cadere, cadevano a terra esattamente come cadono oggi che conosciamo la legge di Newton. gravitazionale come azione a distanza tra corpi dotati di massa gi stata riformulata con la teoria della relativit generale per tener conto degli eventi gravitazionali su grande scala, cio su scala cosmologica - per pesare un chilo di zucchine sulla bilancia o per calcolare la traiettoria di un proiettile, la meccanica newtoniana ancora pi che appropriata 23 . Va detto inoltre che lintroduzione delle teorie della relativit o della meccanica quantistica ha comportato non tanto degli aggiustamenti della teoria precedente, ma dei profondi ripensamenti concettuali che hanno coinvolto lo spazio, il tempo, la materia, la causalit. Se vi pu essere unincomprensione, riguardo la presunta ribellione della natura, essa pu essere generata dal fatto che, tramite la tecnologia, noi umani facciamo operativamente delle cose, cerchiamo di intervenire modificando la natura in modo da trarne dei vantaggi, direttamente o come svantaggio per i nostri nemici: cos come fanno gli altri animali, dai castori che edificano dighe ai corvi che usano i bastoncini per pescare le larve. Per esempio aumentiamo la resa di una certa pianta con varie tecniche agricole, o costruiamo centrali elettriche, guidiamo automobili, scaldiamo i cibi col microonde, voliamo tra i continenti, curiamo malattie e mandiamo sonde su Marte; certo, di contro costruiamo anche armi, riempiamo latmosfera di polveri sottili e imbottiamo le reti televisive di talent e reality show. Non bisogna per fare confusione tra il piano che considera la scienza come strumento per fare predizioni sottoponibili ad esperimento e per creare protocolli operazionali, e che quindi apre la porta alla tecnologia, e il piano che invece pertiene allattivit conoscitiva, ossia al modo in cui la scienza e il suo metodo ci aiutano a costruire dei modelli del mondo: sono entrambi aspetti dellattivit scientifica, ma si tratta di due livelli distinti. La tecnologia si basa sui modelli scientifici: i modelli scientifici descrivono la natura e poi noi, che siamo animali curiosi e intelligenti, ci domandiamo: bene, che possiamo fare, stanti queste premesse, visto che la natura si comporta cos e noi lo abbiamo capito? 23 Osserviamo che nei due esempi appena citati limplementazione al modello fisico della descrizione della realt occorsa in casi limite, ossia in casi lontani da quelli abitualmente oggetto dellanalisi della meccanica newtoniana. Questo ci d ragionevoli garanzie che, a dispetto delle paventate ribellioni della natura, possiamo evitare di preoccuparci: se ci cade la penna dal tavolo dobbiamo andarla a cercare sul pavimento, non sul soffitto. B. Aiuto, un mostro! Di peggio accade quando da una norma descrittiva si cerca di tirar fuori ipso facto una prescrizione morale: la natura dice che succede questo, quindi quando ci non succede illegale e va perseguito; o viceversa, questo fatto non ci piace dal punto di vista morale, quindi la natura non pu comportarsi cos, il che pu essere anche declinato al positivo: siccome ci piace, allora la natura deve comportarsi in tal modo. Sono dei veri e propri mostri del ragionamento. Oltre a ci, sono gravidi di cattive conseguenze per quanto riguarda la percezione che il senso comune ha del sapere tecnico e scientifico: aumentano la cesura presente tra sapere tecnico e senso comune a causa della difficolt materiale che si ha nel padroneggiare certi ambiti. Il risultato quindi un distacco sempre maggiore tra gli esperti e la gente comune, che si vedr a sua volta incanalata verso soluzioni pi facili e immediate, per quanto inconsistenti. Ma per quanto riguarda larte di ottenere ragione, s visto, non si lesina di giocare sporco. Facciamo degli esempi: i primi due su quando si cerca di inferire una moralit nella natura, i secondi due sulla strana idea che le verit scientifiche si stabiliscano in altri modi non previsti dal metodo scientifico. 1. Il darwinismo sociale Il primo esempio il darwinismo sociale, ossia quella corrente filosofica che ritiene che, siccome in natura sopravvive il pi adatto, allora questa massima debba essere la regola delle societ umane - con tutto ci che ne deriva in ambito di welfare state (se va bene) o eugenetica e soppressione dei meno adatti (se va male). Labbiamo gi visto tristemente allopera e, nel contrastarlo, c chi caduto in un altro errore formale, trasferendo lavversione per il darwinismo sociale alla teoria dellevoluzione per selezione naturale: il fatto che il darwinismo sociale sia per alcuni eticamente riprovevole non implica in alcun modo che Darwin, nel descrivere levoluzione delle specie, avesse torto. Anzi, notiamo per inciso che quella di Darwin una delle teorie scientifiche meglio suffragate da evidenza sperimentale. Lidea di inferire una moralit nella natura comunque vecchia: basti pensare al concetto di morale naturale che Dio (per chi ne ammette lesistenza) avrebbe instillato nelluomo, o alla dottrina del giusnaturalismo. Antigone si ribella a Creonte in nome di leggi non scritte, e in base a queste rivendica il diritto di seppellire Polinice entro le mura di Tebe 24 ; il diritto romano si fonda sulla ragione naturale comune a tutti i popoli parimenti sviluppati. Ma letica un fatto naturale o un costrutto umano determinato dalle convenzioni? Qualche elemento in proposito, risultante dagli studi pi recenti sul cervello, lo introdurremo nella prossima sezione; intanto diciamo che, se vi un 24 Sofocle, Antigone, Einaudi 2007 collegamento con la natura umana, ci non ci autorizza a trasportare di peso le leggi naturali in campo etico. Anche perch letica molto pi plastica delle leggi di natura! Inoltre, per quanto ci dato sapere dallo stato attuale della nostra conoscenza, nulla indica che luniverso non sia contingente. Ed parimenti contingente anche la vita sulla Terra, questo piccolo pianeta di un sistema solare periferico di una galassia periferica, perso in un universo vecchio di quattordici miliardi di anni, e di questo universo sappiamo che la parte a noi visibile relativamente poca. Occorre comunque distinguere tra prevedibilit e contingenza: come racconta Stephen Jay Gould ne La vita meravigliosa, esistono leggi generali che regolano la vita in un senso ampio, ma il livello dei particolari tale per cui la contingenza domina e la prevedibilit generale si sfoca sullo sfondo. Come si diceva pi sopra, tutta una questione di livelli di confidenza del modello. Sulla contingenza della natura si espressa larte, oltre che la filosofia e la scienza: molti di noi ricordano questo frammento di dialogo, in cui la natura che parla: Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicit degli uomini o all'infelicit. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei. 25
2. Lincompletezza Un altro caso classico labuso che si fa dei teoremi sullincompletezza di Gdel fuori dal loro contesto originario. Contesto che, ricordiamo, quello della logica matematica: i due teoremi del logico austriaco riguardano certe propriet dei sistemi formali, e gi l hanno dato luogo a dei fraintendimenti. Siccome la formulazione originale dei teoremi implica la conoscenza approfondita di una materia non banale, e siccome Gdel una figura pittoresca 26 , nelluso comune tutto ci ha dato origine a una formulazione distorta che suona pi o meno cos: esistono verit indimostrabili, tout court. Il che a sua volta, a seconda delle personali credenze filosofiche di chi si fa latore del messaggio, implica una serie di corollari che si riassumono in un relativismo cognitivo, cio esistono verit indimostrabili, quindi una vale laltra. 25 G. Leopardi, Dialogo tra la Natura e un Islandese, in Operette morali, Feltrinelli 1976 26 Oltre ad essere precocemente geniale (a venticinque anni rivoluzionava la logica e il rapporto della logica con la matematica), era estremamente ipocondriaco, fobico e ossessionato da problemi alimentari. Mor di inedia perch si rifiutava di mangiare: temeva di essere avvelenato. Abbiamo due strafalcioni di fila: prima la citazione fuori contesto di un teorema con annessa generalizzazione indebita e distorsione semantica, e poi uninferenza scorretta. La decontestualizzazione del teorema di Gdel - ma si potrebbero citare analoghi trattamenti riservati alla meccanica quantistica, alla teoria della relativit, alla cosmologia, alla statistica, alla teoria della probabilit o alla genetica - ci offre il pretesto per segnalare il pericolo insito nelluso di metafore (e volendo anche di allegorie). Quando si accostano due piani differenti per spiegare quello ignoto con quello noto, c il rischio che si trasferisca al termine ignoto anche il contesto di quello noto, sicch si prendono per analoghe delle condizioni al contorno che non lo sono affatto. Una metafora sottolinea delle analogie e inevitabilmente lascia cadere il confronto su altri aspetti che non si prestano ad essere raffrontati, e dimenticarselo vuol dire correre il rischio di prendere le metafore per identit, addormentando il pensiero e la curiosit necessaria per capire il nuovo campo di indagine. Prendere una metafora alla lettera rischia cio di diminuire, anzich di aumentare, la chiarezza del concetto che vorremmo comprendere. 3. Verit scientiche stabilite tramite sentenze Stabilire la verit di alcuni fatti, ove per ci si intenda la ragionevolezza provata della loro assunzione, comprende lutilizzo di un metodo induttivo e deduttivo. Capita che, in sede giudiziaria, vengano emesse talvolta delle sentenze che riguardano fatti inerenti alla scienza o alla tecnologia: risarcimenti per danni provocati dallutilizzo di farmaci o di inquinamento ambientale, approvazione dellutilizzo di terapie e simili. Quali che siano gli esiti di queste sentenze, sia che si trovino in accordo con quanto la letteratura scientifica dice sia che si trovino in netto contrasto, va comunque ricordato che si tratta di piani diversi: una teoria scientifica o una serie di dati non possono essere n confermati n smentiti da una sentenza di tribunale, perch il diritto utilizza metodi diversi e si muove in un ambito diverso, dovendo normare i comportamenti e non descriverli. Ci si pu chiedere casomai come sia possibile che una sentenza sposi o avalli tesi non riconosciute valide dalla comunit scientifica, su quali basi lo faccia, ma questo un problema che va al di l di quelli trattati in questo lavoro. 4. Verit scientiche stabilite tramite consenso popolare o mediatico Un altro modo con cui si travalica lassunzione ragionevole e provata di una serie di dati ricorrere allautorit popolare, che abbiamo gi incontrato parlando di fallacie argomentative, o allautorit dei media, dalla televisione a internet. Il fatto che una comunit sia convinta di qualcosa senza che abbia le competenze per valutarla o le prove per sostenerla, non indice della bont del suo convincimento. Sia chiaro: non indice nemmeno che quella cosa sia falsa; semplicemente, si tratta di fenomeni non correlati. Si sente spesso ripetere che la scienza non democratica. unespressione antipatica perch, dal momento che nella nostra societ la democrazia un concetto a valenza molto positiva, che qualcosa non sia democratico lo pone immediatamente in una luce sospetta. In questo caso dire che la scienza non democratica non analogo a dire che Kim Jong Un non democratico, non si tratta di dispotismo incondizionato e velleit prevaricatrici da parte di una misteriosa signora scienza: significa solo che la decisione a maggioranza funziona in certi ambiti (la scelta dei rappresentanti in una assemblea pubblica) e non in altri (per conoscere il contenuto di un flacone di sciroppo per la tosse non serve mettere ai voti, sufficiente conoscere delle appropriate nozioni di chimica). N si pu affermare che, siccome un congruo numero di persone senza preparazione specifica supporta una tesi, ci sia sufficiente per aprire un campo di studi a riguardo. Lacclamazione popolare un ottimo metro per stabilire il successo di un brano in classifica, non per validare ipotesi la cui solidit non pu basarsi che su prove sperimentali e consistenza razionale. Detto in altre parole: il fatto che una teoria sia controcorrente o strampalata non indice che quella teoria sia vera o che sia falsa, cos come non lo il fatto che la gente che la sostiene sia arrabbiata col mondo o meno: sono due piani diversi. Prendiamo in esame tre esempi in cui la commistione tra verit e falsit, lutilizzo sapiente della lingua e della sua vaghezza, limpatto emotivo dei contenuti, nonch il trascendere i limiti delle analogie e dei problemi della modellizzazione hanno prodotto dei grossi fraintendimenti. - Lasserzione che la vivisezione inutile perch la gran parte dei cittadini contraria. una asserzione a forte impatto emotivo perch riguarda letica e lempatia nei confronti di altri esseri animali e bisogna tenerne conto quando la si analizza da un punto di vista formale. Qui facciamo solo questo: la analizziamo da un punto di vista formale. Si tratta innanzitutto di una distorsione dei termini: la vivisezione in senso stretto vietata dalla legislazione europea da qualche decennio, quindi ci cui ci si riferisce qui la sperimentazione animale, che comprende tutte le pratiche di utilizzo di animali a scopo di studio, dai test farmacologici a quelli comportamentali, e che per un termine molto meno efficace da un punto di vista propagandistico se si vuole stigmatizzare lutilizzo di animali in laboratorio. Luso del termine , come s detto poco fa, un appello alle emozioni. Ma non tanto questo il punto: al netto della scelta delle parole, il fatto che una percentuale di cittadini sia contraria al suo utilizzo non dice nulla sulla validit delloperazione: lefficacia della sperimentazione animale o la sua inutilit sono irrelate al fatto che alla gente la sperimentazione animale piaccia o meno, e sono determinate soltanto dal suo funzionamento, nei limiti del modello. - La riduzione delle biotecnologie al mero utilizzo di organismi geneticamente modificati in agricoltura. Anche qui, lidea di OGM abbinata al mito di Frankenstein ha un grande effetto emotivo, senza che ci sia o meno indice di una plausibilit dellidea stessa. Ma lassociare le biotecnologie agli OGM fa s che ci si dimentichi di tutte le biotecnologie che non comportano manipolazione genetica: per esempio, linseminazione artificiale, gli approcci basati sul DNA per rilevare agenti patogeni, le analisi genetiche, le tecniche usate per contrassegnare alcune molecole di un organismo per decidere quali esemplari selezionare, eccetera. - Lidentificazione degli OGM con le multinazionali, essendo le multinazionali cattive per definizione, o con le monocolture intensive, essendo anche queste il simbolo di un modello economico fatto di avidit e sfruttamento delluomo sulla terra e delluomo sulluomo. In realt non sono solo le multinazionali a fare ricerca sugli OGM: c anche la ricerca pubblica. Vale la pena ricordare, in Italia, il caso degli ulivi transgenici sviluppati nellarco di trentanni dalluniversit della Tuscia, e distrutti - con annesso spreco decennale di fondi pubblici - su pressione politica prima che potessero essere raccolti i dati sperimentali 27 . E non di sole monocolture intensive si occupano gli OGM: valga come controesempio il caso della papaya delle Hawaii, una coltura locale modificata geneticamente per resistere ad un virus che colpiva le piante normali e letteralmente salvata dalla distruzione tramite una sorta di vaccino genetico: parte delle proteine della capsula del virus venivano trasferite nel codice genetico della pianta, stimolando qualcosa di simile alla risposta immunitaria che abbiamo noi quando ci sottoponiamo a vaccinazione. Anche qui si tratt di ricerca pubblica, sviluppata dallUniversit delle Hawaii 28 . Per chi si preoccupasse dellarrivo della papaya modificata nei nostri supermercati, va detto che la legislazione dellUE non lo permette: paradossalmente, per, la papaya modificata ha permesso di controllare lepidemia di virus e di continuare pertanto a coltivare la papaya tradizionale; la coesistenza tra i due tipi di papaya possibile, oltre una certa distanza (poche centinaia di metri) non sono possibili incroci casuali, e in Europa importiamo la papaya tradizionale. Con ci non si pretende di far cambiare idea a chi si dice contrario alluso di ingegneria genetica in ogni caso, o alla sperimentazione animale: unopinione su una scelta politica o economica e come tale va presa. Questi esempi servono soltanto a far capire che, quando si tratta di scegliere in campo politico ed economico, possibile farlo in modo ideologico o non ideologico, separando o meno la componente emotiva da quella oggettiva: non sempre unoperazione scontata o facile, e chi non la fa non sempre in malafede, cos come chi la fa non sempre e necessariamente un arido senza cuore. 27 http://blogs.nature.com/news/2012/06/italian-anti-gm-group-wins-destruction-of-30-year-old-olive- tree-project.html 28 h t t p : / / www. g mo - c o mp a s s . o r g / e n g / g r o c e r y _ s h o p p i n g / f r u i t _ v e g e t a b l e s / 14.genetically_modified_papayas_virus_resistance.html Tutte le innovazioni possono portare a nefandezze, anche se non detto che lo facciano, e in genere difficile prevedere il ciclo di evoluzione di una tecnologia; si pu comunque tentare di ragionare sui fatti, per quanto, almeno a sentire Proust, i fatti non penetrano nel mondo in cui vivono le nostre convinzioni, non le hanno create e non possono distruggerle. Possono infliggere loro continue smentite senza appannarle 29 . Forse non il caso di essere cos pessimisti: e con questo, possiamo cominciare a entrare nel mondo dove vivono le nostre convinzioni. 29 M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto - Dalla parte di Swann, trad. G. Raboni, Mondadori 1989-2001 C. Le sorelle Dashwood e gli inganni collettivi 1. Unire i puntini Siamo abituati a vedere immagini dove non ci sono: nella forma delle nuvole, nelle macchie di umidit, nei fondi del caff, e prima ancora nelle costellazioni, che uniscono stelle in realt lontanissime tra di loro. Vedere immagini dove non ci sono, cio quello che si chiama pareidolia, un caso particolare di unaltra esperienza, che si chiama apofenia, e che consiste nel riconoscere pattern dove non ce ne sono. Anche se a volte ci fa prendere cantonate imbarazzanti, si tratta con ogni probabilit di un vantaggio evolutivo: da un punto di vista evolutivo, infatti, si sono ritrovati avvantaggiati gli individui che associavano il frusciare di un ramo alla presenza di un predatore, quando il ramo era in realt mosso dal vento, e quindi scappavano prima di controllare; il vantaggio era evidente rispetto agli individui che aspettavano di vedere se il ramo era stato mosso dal vento o da un predatore, e nel caso ci fosse stato un predatore avevano perso istanti preziosi per fuggire e salvarsi la vita. Abbiamo accennato a questo fatto quando abbiamo parlato di come siamo propensi a vedere una finalit nella natura, e non solo negli artefatti. E lutilit di riconoscere dei pattern indubbia: avere un metodo di discernimento vuol dire a sua volta utilizzare dei pattern. Applichiamo algoritmi nella vita quotidiana quasi senza rendercene conto, da quando seguiamo una ricetta di cucina a quando eseguiamo una divisione a due cifre con carta e penna. Di continuo li utilizziamo per spiegare le cose complesse come gerarchia di cose pi semplici, il che ci rende inconsapevolmente tanti discepoli di Cartesio; e talvolta questo ci trae in inganno, perch ci capita di inferire intenzionalit dove non ce ne sono, o cause finali dove non se ne d la necessit. questo il caso, per esempio, delle generiche incomprensioni a carico della teoria dellevoluzione naturale, quando non ci rendiamo conto dellaccumularsi di piccoli mutamenti casuali e, insieme, del meccanismo sostanzialmente deterministico per cui gli esseri viventi sono soggetti alla capacit di trasmettere la propria struttura alle generazioni successive (Jacques Monod chiama questo processo teleonomia 30 ). Il concetto ci rimanda a idee simili e correlate che sono quelle di complessit e di auto-organizzazione dei sistemi, che ci limitiamo in questo caso a menzionare senza entrare nel dettaglio. 2. Ragioni, sentimenti e prospetti Noi esseri umani siamo esseri responsabili che fanno delle scelte. E qui arriva la grande domanda: da dove provengono queste scelte? 30 J. Monod, Il caso e la necessit, (1970), trad. di A. Busi, Mondadori 1970-1997 Dallistinto Dal cuore Dallanima Da Dio Dal cervello sono risposte che si sono avvicendate nel corso del tempo. Prima di entrare a gamba tesa nella filosofia della conoscenza e nella biologia del funzionamento del cervello, chiediamo aiuto alla letteratura per mettere a fuoco il problema in un modo che ci sia pi familiare. Ricorderemo quasi tutti uno dei classici di Jane Austen, Ragione e sentimento, che in lingua originale si chiamava Sense and sensibility. Nel romanzo si narrano le vicende delle due maggiori delle tre sorelle Dashwood, Elinor e Marianne, la prima delle quali incarna lapproccio disciplinato alle emozioni e il decoro sociale, la seconda la passione istintiva. Va qui aperto un breve inciso sulluso dei termini inglesi sense e sensibility, per come venivano utilizzati nella societ che ha espresso Jane Austen agli inizi del XIX secolo, giacch anche le parole, cos come i modelli, hanno un loro ambito di riferimento. Sense, tradotto in italiano come ragione, il senno, o il buonsenso, quel saggio bilanciamento di pragmatismo e ragionamento di cui si fa portatrice Elinor, di due anni pi grande della sorella: Aveva cuore eccellente, indole affettuosa e sentimenti vivi e profondi, ma sapeva dominarli: scienza che sua madre non aveva ancora imparato 31 ... Di contro, sensibility, tradotta con sentimento, la percezione emotiva delle situazioni, la capacit di sentire il mondo al di l dei cinque sensi; in termini odierni potremmo renderla con empatia, o sensibilit, o con analoghe perifrasi coinvolgenti un certo grado di passione. Della sensibility si fa carico la diciassettenne Marianne: Le qualit di Marianne erano, sotto molti aspetti, del tutto uguali a quelle di Elinor. Ella era acuta e intelligente, ma esagerata in tutto: i suoi dolori, le sue gioie, non conoscevano la moderazione. Era generosa, gentile e interessante: era tutto, tranne che prudente. 32
Elinor basa le sue decisioni sulla ragionevolezza, nellaffrontare le dolorose incombenze
sociali che la tengono lontana da Edward Ferrars, mentre la sorella minore Marianne incanala la sua empatia istintiva nella relazione con il suo omologo caratteriale, laffascinante quanto poco affidabile John Willoughby. Nel romanzo, dunque, c una sorta di polarizzazione comportamentale, anche se c un po di sensibility in Elinor e di sense in Marianne, quando lamore di Elinor per Edward la fa struggere di passione o quando le rivelazioni sul passato di Willoughby riportano Marianne ad una visione giudiziosa e seria. Su tutto, troneggia lironia intelligente di Jane Austen nellaffrontare i luoghi comuni, la sua totale accettazione del mondo, la sua precisione nella rappresentazione della realt. 31 J. Austen, Ragione e sentimento, trad. di B. Boffito Serra, BUR 1996, pp.22-23 32 ibidem, p. 23 E noi come ci comportiamo, nel nostro ondeggiare inconsapevole tra Marianne ed Elinor Dashwood? Che cosa guida le nostre scelte? Pi sopra, nella prima parte dellopera, abbiamo accennato ai fattori cui diamo peso nello scegliere tra due piatti diversi al ristorante. In generale, si pu affermare questo 33 : quando ci troviamo in un contesto di certezza, ad ogni azione corrisponde una e una sola conseguenza, e non c un granch da scegliere. Non siamo quasi mai cos fortunati: il pi delle volte ci troviamo in un contesto incerto, nel quale cio ad ogni azione corrispondono possibili conseguenze diverse, e il nostro compito valutarle e ordinarle secondo la probabilit attribuita a ciascuna e allutilit che assegniamo loro. Per esempio, nel dialogo di Erodoto Megabizo attribuisce alloligarchia unutilit maggiore di quella che attribuisce alla democrazia (allisonomia, in realt), e unutilit maggiore alloligarchia di quella che gli attribuisce Otane. Questa teoria, ovverosia questa modellizzazione delle nostre decisioni, si basa su alcuni presupposti: che tutte le conseguenze possano essere ordinate in modo coerente, che preferiamo le conseguenze cui assegniamo lutilit pi alta e la probabilit maggiore (ossia non facciamo gli autolesionisti), e che variando con continuit la probabilit delle conseguenze, mutano con continuit anche le nostre preferenze 34 . Questo succede secondo la teoria normativa, quella che ci dice cio come dovremmo comportarci per prendere le decisioni migliori possibili. Ma sempre vero che ci comportiamo in modo cos ragionevole? Una corposa implementazione arrivata nel 1979 ad opera di Kahneman e Tversky con la cosiddetta teoria del prospetto 35 . Questa teoria ha si propone di descrivere in maniera pi realistica i processi di decisione: calcola il vantaggio o lo svantaggio di una decisione in base a un riferimento soggettivo e non assoluto, introducendo il concetto psicologico di avversione alle perdite; pondera la valutazione della probabilit con un fattore soggettivo riferito al peso che quella decisione ha per il soggetto che la esprime; si focalizza sulla rappresentazione mentale degli eventi; non prende in considerazione soltanto le conseguenze future, come fa la teoria dellutilit attesa, ma tira in ballo anche linfluenza delle scelte passate e dei costi irrecuperabili (sunk cost, in inglese), che sono quei costi sostenuti allinizio di una generica attivit e che non pi possibile recuperare nel corso del tempo, come ad esempio i costi che abbiamo sostenuto per istruirci, o i biglietti non rimborsabili del volo low cost che abbiamo prenotato per andare in vacanza. La teoria di Kahneman e Tversky (che, va ricordato, una modellizzazione, si basa su dati sperimentali e osservazioni) descrive ci che ci porta a compiere non delle scelte 33 Nel seguito viene esposta quella che in economia si chiama teoria dellutilit attesa. 34 Un esperimento classico di psicologia, basato sul gioco dazzardo, il cosiddetto Iowa gambling task, ideato per osservare i meccanismi decisionali in una simulazione di vita reale e il ruolo dei processi cognitivi ed emotivi nella decisione. Si veda Bechara, A., Damsio, A. R., Damsio, H., Anderson, S. W. (1994). Insensitivity to future consequences following damage to human prefrontal cortex. In Cognition 50 (13): 715 35 D. Kahneman, A.Tversky, Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk, in Econometrica, 47(2), 1979, 263-291. ottimali, bens solamente sub-ottimali. Questo accade perch ragioniamo, nella pratica, semplificando le decisioni: abbiamo delle limitazioni cognitive che ci spingono a decidere magari meno accuratamente, e meno saggiamente, ma almeno pi in fretta. Si osservano dei fatti interessanti: per esempio, che le perdite creano un dolore maggiore rispetto al piacere provocato da una vincita corrispondente, e che una vincita che numericamente eguagli una perdita viene in realt percepita come una perdita. Inoltre comincia a giocare un ruolo importante il rimpianto: il rimpianto ci fa ragionare sulle alternative possibili e ci fa imparare, per la prossima volta, il modo di comportarci in modo da minimizzare un rimpianto futuro 36 . Notiamo incidentalmente che anche il romanzo della Austen si presta ad affrontare un problema epistemologico, ossia la domanda su come sia possibile conoscere la verit riguardo una persona, ed emettere giudizi su di lei. Gli enigmi umani da risolvere sono principalmente Willoughby e il colonnello Brandon, entrambi personaggi con un passato nascosto. Pu essere interessante pensare se sia stato in base a teorie come quella del prospetto che Marianne Dashwood, alla fine, ha sposato il colonnello Brandon; o se Anna Karenina avrebbe potuto trovare alternative al buttarsi sotto il treno; o se Delitto e castigo sarebbe stato o meno un capolavoro della letteratura mondiale, se Raskolnikov avesse masticato un po di neuroscienze. Ma non questo il luogo per fare simili congetture; vale la pena invece illustrare altri risultati sul modo in cui prendiamo delle decisioni. Secondo Kant 37 , un giudizio lunione di un predicato e un soggetto tramite una copula: il sole (soggetto) (copula) giallo (predicato). La formulazione di un giudizio ci accompagna dentro al nostro cervello, e il tutto a sua volta ci porta a dover parlare della nostra coscienza. Il problema della relazione tra coscienza e intenzionalit ha visto, nel seguito, approcci diversi e il dibattito filosofico in pieno fervore: segnaliamo leliminativismo di Paul e Patricia Churchland o di Daniel Dennett e Georges Rey, concezione materialista secondo la quale la mente va approcciata da un punto di vista meramente fisico; le teorie rappresentazionali del primo o del secondo ordine; le teorie fenomenologiche. Sono tutti contributi intesi a dibattere se la coscienza si riduca allintenzionalit, se siano due aspetti diversi di una stessa questione, se lintenzionalit sia un aspetto della coscienza. I neuroscienziati si sono dati da fare ad elaborare teorie neurocognitive: 36 G. Loomes, R. Sugden, Regret theory: An alternative theory of rational choice under uncertainty, in Economic Journal, 92, 1982, pp. 805-824. 37 I. Kant, Critica della ragion pura. Ricordiamo, e ne parleremo pi diffusamente in appendice, che per il filosofo di Knigsberg quelli in grado di garantire il progresso della scienza sono i giudizi sintetici a priori. Al giudizio riflettente, ossia quello in grado di mettere in relazione il mondo della necessit naturale (materia trattata nella Critica della ragion pura) e quello della libert (argomento della Critica della ragion pratica) dedicata la Critica del giudizio. pensiamo al modello di Dehaene 38 , secondo il quale le connessioni top-down tra i neuroni servono a mettere in moto un dato contenuto della coscienza, o al modello di Damasio 39 , che vede la contrapposizione tra coscienza nucleare e coscienza estesa: la prima , sostanzialmente, un senso del presente, prerogativa anche di molti animali non umani; la seconda, divisa in vari gradi, quella che fornisce allindividuo un senso di s, della propria identit e della propria storia. Come ci orientiamo nelle decisioni? Dagli esperimenti in campo neurologico e psicologico 40 risulta quanto segue: - Abbiamo, in ambito morale, anche delle decisioni automatiche; - Siamo pi sensibili agli stimoli negativi di quanto lo siamo a quelli positivi 41 ; - Le nostre decisioni dipendono anche da fattori non razionali: dalle circostanze, dalle emozioni, dal fatto che ci sia chiesto di agire oppure no (fatto, questo, reso esplicito dallosservazione che siamo molto pi pronti a ritwittare una protesta o ad aggregarci su una pagina Facebook che a scendere fisicamente in piazza o, peggio ancora, ad adoperarci nel quotidiano); - Il nostro cervello limitato (non vuol dire che siamo stupidi, vuol dire che siamo parsimoniosi) e tende a minimizzare i compiti che deve fare. Gli studi fin qui condotti portano a ritenere che i cervello umano si comporti in maniera modulare, ossia che vi siano moduli che si sono evoluti per risolvere situazioni specifiche. La cultura veloce, e non possiamo certo dire di essere alle prese con gli stesi compiti che dovevano affrontare i nostri antenati cacciatori-raccoglitori: tuttavia levoluzione biologica lenta, e ci troviamo ad affrontare il mondo del ventunesimo secolo con lo stesso cervello che avevano i nostri progenitori centocinquantamila anni fa, grossomodo, alla comparsa di Homo sapiens sulla Terra. La proposta dunque che le cose avvengano in questordine: vi uno stimolo esterno a cui segue un processo automatico di accettazione o di rifiuto; il cervello ci fa compiere cos una data azione e solo a posteriori la giustifica razionalmente. Molti ricorderanno il concetto di tabula rasa, specialmente nella filosofia di Locke 42 , che il principio secondo il quale ciascuno di noi nasce come una tavoletta di cera su cui non stato scritto nulla, e che quindi compito esclusivo dellistruzione - o in senso lato, della cultura - metterci dentro tutto quello che sappiamo e il modo in cui agiamo. E 38 S. Dehaene, L. Naccache (2001). Towards a cognitive neuroscience of consciousness: Basic evidence and a workspace framework. In Cognition 79 (1-2): 137 39 A. Damasio, Emozione e coscienza, trad. S. Frediani, 2000, Adelphi 40 Unampia casistica trattata da Michael Gazzaniga, nel libro da cui il seguito del paragrafo trae parte degli spunti: M. Gazzaniga, Human, trad. L. Sparaci, Raffaello Cortina Editore 2009 41 P. Ronzin, E.B. Royzman, Negativity bias, negativity dominance, and contagion, in Personality and Social Psychology Review, 5, 2001, pp. 296-320 42 J. Locke, Saggio sullintelletto umano (1689), a cura di M.G. DAmico, V. Cicero, Bompiani 2007 quasi tutti avranno ricordo della disputa feroce che si avuta nel Novecento, anche a livello popolare, tra cultura e natura, in inglese culture versus nurture. Secondo gli studi pi recenti di Hauser 43 e Pinker 44 , possediamo alcune regole morali innate, astratte, e una predisposizione altrettanto innata verso lacquisizione di altre regole. Dobbiamo ai lavori, tra gli altri, di Haidt 45 , la teorizzazione dellesistenza di cinque moduli morali: non una lista definitiva e universale, giacch varie culture enfatizzano aspetti diversi e arrivano a morali diverse 46 , ma un buon modo per orientarsi. I moduli proposti originariamente da Haidt sono: a. Reciprocit: quello che determina il collante sociale, e vi attengono le sensazioni di simpatia, disprezzo, rabbia, colpa, vergogna e gratitudine. Tu fai questo a me, io faccio questo a te. O, in altri termini, ama il prossimo tuo come te stesso, o agisci in modo che la massima della tua volont possa sempre valere come principio di una legislazione universale, o occhio per occhio, dente per dente: sono tutte espressioni, pur tra loro diverse, del modulo della reciprocit. b. Sofferenza: quella che ci fa capire che laltro sta soffrendo. Nel caso in cui laltro sia un nostro congiunto, capire che soffre ci spinge a soccorrerlo e quindi ad aumentare le sue probabilit di sopravvivenza e, di conseguenza, le probabilit di sopravvivenza del nostro patrimonio genetico, ovverosia della parte di patrimonio genetico che abbiamo in comune con lui. c. Gerarchia: il modulo che ci permette di orientarci in un mondo sociale dove contano lo status e i rapporti di forza. d. Coalizioni infra-gruppo e inter-gruppi: ci dice chi della nostra squadra e chi no. questo il modulo grazie al quale il pettegolezzo unarma cos importante per il controllo sociale. e. Purezza: il modulo che ci dice che certe sostanze sono da considerarsi pure o impure, e che quindi bene o male che le assumiamo. Da un punto di vista evolutivo trae origine dalla necessit di difenderci dalle malattie; da qui si sviluppa il senso del disgusto. Dal disgusto fisico al disgusto morale il passo breve: ecco allora che arrivano tutte le limitazioni alimentari di carattere religioso, per esempio, o il carattere di impurit attribuito alle mestruazioni. Ne parleremo ancora tra poco, nel prossimo paragrafo. Per il momento limitiamoci a osservare che il procedimento razionale, nelle decisioni, entra in gioco pi facilmente 43 M. Hauser, Menti morali. Le origini naturali del bene e del male, Il Saggiatore, 2007 44 S. Pinker, The Blank State, Penguin 2002 45 J. Haidt, C. Joseph, Intuitive ethics: How innately prepared intuitions generate culturally variable virtues, in Daedalus, 138, 2004, pp. 55-66 46 Un tab comune a tutte le culture sembra essere quello dellincesto: non essendoci modo per riconoscersi automaticamente tra fratelli e sorelle, ed essendo i rapporti tra consanguinei cos stretti un problema dal punto di vista genetico, gli umani hanno sviluppato un meccanismo innato che scoraggia lincesto. quando non ci sono in ballo possibili interpretazioni morali, e che in ogni caso sperimentalmente si evidenzia che tendiamo a prendere per buono il primo argomento che soddisfa la nostra opinione e ci fermiamo l, anche se solo un aneddoto e da un punto di vista razionale non vale un granch. In pi, quando siamo in societ, la pressione sociale fa in modo che si possano sostenere anche argomenti scorretti, o comportamenti scorretti. Sostiene Gazzaniga 47 : Si potrebbe dire che passiamo la maggior parte della vita a combattere la mente cosciente razionale e il sistema emotivo inconscio presente nel nostro cervello. [...] In politica, si ha un buon effetto quando una scelta fatta razionalmente si accorda con le emozioni di unepoca. Una scelta politica sbagliata quella in cui una scelta razionale viene fatta in un momento in cui le emozioni della popolazione sono in contrasto con leffetto che si desidera ottenere. A livello personale, le cose possono andare in modo diverso. Una pessima decisione personale pu risultare da una forte emozione che superi una semplice indicazione razionale. Per ciascuno di noi sembra una battaglia costante che sembra non finire mai. come se non fossimo ancora a nostro agio con la nostra mente razionale, analitica. In termini evolutivi, si tratta di una nuova capacit che noi umani abbiamo recentemente acquisito, e sembriamo sfruttare con parsimonia. Qualche volta, indubbiamente, con molta parsimonia. 3. Il senso di appartenenza Il fatto di avere differenti moduli morali intrinseci ci porta ad enfatizzare chi luno, chi laltro. Lambito morale, insomma, vario, e questo peraltro non significa necessariamente che una morale valga laltra, o che vada tutto bene cos: significa che tenere conto che abbiamo matrici morali diverse serve a comprenderci meglio luno con laltro. Ampliando il suo lavoro originario e continuando a basarsi su dati sperimentali, Haidt 48
individua cinque matrici morali; le matrici morali creano gruppi che possono dimostrarsi tanto coesi al loro interno tanto ciechi nel comprendere il modo di funzionamento (si potrebbe qui dire: le ragioni) di chi ha una matrice morale diversa. Cos le definisce: - Protezione/danno: il modulo richiesto per proteggere i propri piccoli e prendersene cura, e le sue caratteristiche sono la compassione, la premura e la gentilezza, e vi 47 M. Gazzaniga, Human, cit., pp. 196-197 48 J. Haidt, Menti tribali - Perch le brave persone si dividono su politica e religione (2012), trad. C. Castiello, M. Cupellaro, P. Marangon, M. Rullo, 2013 Codice edizioni correlato il fatto che ci piacciono tanto i cuccioli o gli animali con tratti infantili (occhi grandi, aria tenera...); - Correttezza/inganno: il modulo deputato a trarre vantaggio dalla collaborazione; vi attengono lira, la gratitudine, il senso di colpa, e le virt di correttezza, affidabilit e giustizia; - Lealt/tradimento: risponde alla sfida adattativa di formare coalizioni coese, qui che nascono i nostri sentimenti di appartenenza verso nazioni o squadre sportive o gruppi sociali; fedelt e abnegazione sono le sue virt caratteristiche; - Autorit/sovversione: serve a costruire relazioni vantaggiose nellambito di una societ gerarchica, correlato ai fattori di dominanza e di sottomissione, e vi si legano i sentimenti di rispetto, paura, obbedienza; - Sacralit/degradazione: inizialmente risponde alla necessit di evitare agenti contaminanti e susseguenti malattie; vi sono correlate in seguito le idee razziste. Lemozione che caratterizza questo modulo morale il disgusto, e le virt relative sono la pulizia, la sobriet, la devozione. Alcuni di noi si comportano modulando i propri giudizi morali principalmente in base al senso di protezione/danno: ovverosia, unazione sbagliata, nel senso di moralmente condannabile, quando danneggia qualcuno. Per altre persone, invece, pu essere pi vincolante un altro modulo, per esempio quello della sacralit/degradazione: unazione sbagliata se la mia religione la definisce impura (mangiare carne di maiale, avere rapporti sessuali durante il ciclo mestruale, lavorare di sabato, eccetera); o il modulo della correttezza/inganno: unazione sbagliata se ci fa dire una bugia, anche se quella bugia non danneggia nessuno. Il fatto di essere pi inclini verso luno o laltro modulo ci rende naturalmente anche pi inclini ad essere suscettibili, o meglio a emozionarci, a certe parole e certi argomenti in modo maggiore e pi profondo rispetto ad altri. E quindi, tanto per tornare al potere delle emozioni suscitate, dalla retorica di Aristotele agli studi sul campo di Damasio, anche a convincerci di certe tesi piuttosto che di altre, almeno prima che entri in gioco la componente razionale, e sempre che la componente razionale entri in gioco e non ci fermiamo allistinto. Specialmente per chi di noi non religioso, e quindi si ritiene immune a concetti di purezza cos come sono presentati dalle religioni tradizionali, tipo evitare il sesso prematrimoniale o la carne il venerd santo, pu essere sorprendente osservare quanto la sacralit/degradazione abbia invece un potere evocativo nelle parole: i comunicatori di professione, dai politici ai pubblicitari, lo sanno benissimo e ci costruiscono buona parte del loro successo. Ad esempio pensiamo a tutta lenfasi che si pone sul concetto di cibo naturale, non modificato, integrale, immagini che riportano a una non contaminazione da agenti patogeni, almeno a parole; o al modo in cui chiamiamo la flora intestinale e i fermenti lattici vivi dello yogurt: in entrambi i casi si tratta di batteri, ma siccome siamo abituati inconsciamente a considerare i batteri come quella cosa che ci fa ammalare e poi ci tocca prendere lantibiotico, tendiamo a fraintendere lutilizzo della parola batteri in un contesto che vogliamo sano e sicuro, come quello alimentare; e quindi non vediamo il fatto che i batteri costituiscono solo uno dei regni degli esseri viventi, e che tra i batteri si annoverano sia i patogeni, ossia quelli che possono causare una patologia, sia i simbionti, che invece vivono tranquillamente a contatto con un tessuto senza fare danni. D. Conoscere per deliberare 49 1. Un altro dialogo Che la Terra sia (approssimativamente) rotonda, un fatto ormai incontestato. La forma sferoidale del nostro pianeta nota da almeno duemilacinquecento anni. stata dimostrata, osservata e accettata. Abbiamo scelto questo esempio, in cui la verit dei fatti nota a tutti 50 , per scrivere un altro dialogo, sulla falsariga di quelli presentati fin qui. Il nostro scopo mettere in pratica le regole sul metodo e sulla verifica delle fonti. Ambientiamo un dialogo immaginario in una citt fittizia retta dal saggio governatore Geofilo, il quale ha chiamato a s i due capi delle opposte fazioni: Terranio Sferonte, sostenitore dellipotesi della Terra rotonda, e il suo acerrimo nemico Mr. Flatton, che propugna invece il modello della Terra piatta. Sferonte: Ho portato fin qui i miei calcoli e le mie osservazioni, esimio governatore Geofilo. La Terra innegabilmente rotonda, o quantomeno, la si pu definire approssimativamente una sfera. Mr. Flatton: Ma ci mancherebbe! Geofilo: Prego, prego, signori, uno alla volta! C spazio per tutti. Continuate, Sferonte. Sferonte (guardando Mr. Flatton di traverso) Ecco, dicevo. La Terra rotonda. Ma non, si badi, non perch sono io, Terranio Sferonte, astronomo di corte e dotto, a imporre la mia autorit accademica in difesa della mia ipotesi. Questo di recente mi stato indegnamente contestato dal mio opponente, Mr. Flatton... Mr. Flatton: ...e a buon diritto! Arrogante e saccente, come siete sempre stato! Geofilo: Signori, insomma! Proseguite, Sferonte, ma senza indulgere in provocazioni. E anche voi, Mr. Flatton, moderate i termini. 49 Conoscere per deliberare una massima di Luigi Einaudi. Giova deliberare senza conoscere? Al deliberare deve, invero, seguire l'azione. Si delibera se si sa di potere attuare; non ci si decide per ostentazione velleitaria infeconda. Ma alla deliberazione immatura nulla segue. Si fatto il conto delle leggi rimaste lettera vana, perch al primo tentare di attuarle sorgono difficolt che si dovevano prevedere, che erano state previste, ma le critiche erano state tenute in non cale, quasi i contraddittori parlassero per partito preso? Le leggi frettolose partoriscono nuove leggi intese ad emendare, a perfezionare; ma le nuove, essendo dettate dall'urgenza di rimediare a difetti propri di quelle male studiate, sono, inapplicabili, se non a costo di sotterfugi, e fa duopo perfezionarle ancora, sicch ben presto il tutto diventa un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava pi i piedi; e si costretti a scegliere la via di minor resistenza, che di non far niente e frattanto tenere adunanze e scrivere rapporti e tirare stipendi in uffici occupatissimi a pestar lacqua nel mortaio delle riforme urgenti. Lazione va incontro all'insuccesso anche perch non di rado le conoscenze radunate con fervore di zelo non erano guidate da un filo conduttore. Non conosce chi cerca, bens colui che sa cercare. Da L. Einaudi, Conoscere per deliberare, in Prediche inutili, Einaudi 1964, pp. 3-14 50 Il tutti da intendersi nei limiti statistici: data la bizzarria della natura umana infatti possibile che tra i lettori ci sia ancora qualcuno convinto del fatto che la Terra sia piatta, come gli adepti della Flat Earth Society, o che sia scettico a tal punto da dubitare della forma del pianeta per puro spirito di contestazione, o ancora, che ritenga che le leggi fisiche che han reso la terra rotonda possano ribellarsi alle nostre imposizioni matematiche e rendere il pianeta piatto come una pizza margherita nel giro di un paio di giorni. Sia pure con rammarico, ci dichiariamo pronti a perdere la stima di costoro, e andiamo avanti con il dialogo. Mr. Flatton: Vogliate scusarmi, governatore. Sferonte: Domando scusa anche io, governatore Geofilo. Dicevo dunque che ho qui calcoli e prove. Il primo lavoro che voglio sottoporre alla grazia di vossignoria una serie di considerazioni di Archimede di Siracusa. Mr. Flatton: Un altro professore! Ma allora vero che vi legittimate a vicenda! Sferonte: Voi minsultate, Flatton! Minsultate mettendo in dubbio la mia buona fede e, al contempo, mi inorgoglite, se mi ritenete allaltezza di un Archimede. Ma no, egregio governatore Geofilo, non cerco di barricarmi dietro al prestigio di chicchessia. Voglio solo riportare dei risultati. Geofilo: E sia. Sferonte: Taccio del fatto, signori, che gi in epoca antica sera capito, osservando lombra della Terra durante le eclissi di luna, che il nostro pianeta doveva essere sferico. Mr. Flatton: Luna, lunatico, irrazionalit. Chimere notturne, vaghi sogni della notte, della cui materia non siamo n consapevoli n padroni... Dimmi che fai, silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi... Sferonte: Ma non fatemi il poeta, Flatton! Geofilo: Continuate, Sferonte. Sono curioso. Sferonte: presto detto, governatore. Basandosi su alcuni semplici assunti sulla direzione della gravit e sui principii di idrostatica, Archimede dimostr che necessariamente la forma degli oceani, in condizioni di riposo, devessere sferica. Se ci non fosse, due punti posti sottacqua in luoghi diversi, ma allo stesso livello, sarebbero compressi in modo diverso, cio da altezze dacqua diverse tra loro; e non sarebbero pertanto in equilibrio. Mr. Flatton (borbottando tra s): assunti! dogmi! Geofilo: Il tecnicismo forse mi sfugge, Sferonte, ma comunque osservo che non si parla solo di oceani: vi sono anche le terre emerse! Sferonte: vero, governatore: ma vera lidea che la Terra in origine fosse fluida, e che il principio vi si applicasse in modo analogo. Lidea che la Terra fosse tonda a causa della gravit. Geofilo: Comprendo. Sferonte: Ma v di pi! Basandosi sullassunto che la Terra fosse tonda, Eratostene riusc a misurare il raggio terrestre, e con una precisione, signori miei, veramente strabiliante! Egli osserv che durante il solstizio estivo, a mezzogiorno, nella citt di Syene, in cui il sole si trova allo zenit, un bastone piantato a terra non proietta ombra. Se la Terra fosse piatta, questo dovrebbe accadere ovunque. Ma ad Alessandria, dove Eratostene viveva, ci non accadeva mai. Ne segue, per un ragionamento logico, che la Terra piatta non . Da questi dati si calcol il raggio del pianeta che misura... ehm... fatemi leggere i miei appunti... Mr. Flatton: Oh, tagliate corto, Sferonte! Conosco bene il metodo adottato da Eratostene, ed pi che ovvio che si tratta di una riduzione meccanicistica del reale, un abdicare alla dittatura del fenomeno, senza tener conto dellessenza delle cose. Sferonte (offeso): Ma ve ne prego, Flatton! Se vi turba la matematica, considerate il fatto, noto a tutti, che quando una nave si allontana allorizzonte, vediamo scomparire prima lo scafo e solo poi lalbero che vi sta sopra! Il che compatibile soltanto con il fatto che la nave si stia muovendo su una superficie curva, curvatura di cui riusciamo a renderci conto solo sulle grandi distanze, in quanto s, se ci limitiamo ai nostri paraggi il mondo sembra piatto, ma... Mr. Flatton: A-ha! Vedete, Sferonte, che mi date ragione! Pu forse, una propriet locale, essere clamorosamente smentita da una propriet globale? Sferonte: Ma che centra! una questione di scala. Mr. Flatton: Ma certo che centra, invece! Il grande comprende il piccolo, il tutto comprende la parte! Sferonte (altezzoso): Francamente non vedo, signore, come mai potreste sperare di perorare le vostre tesi in maniera efficace, se le argomentazioni sono di questo tenore. Il governatore Geofilo non mica stupido. Geofilo: Vi ringrazio, Sferonte, ma non sono dellidea che Mr. Flatton volesse tacciarmi di stupidit. Mr. Flatton: Non mi permetterei una simile calunnia nemmeno da ubriaco, governatore! Giammai! Piuttosto, prima di riprendere, vorrei sapere dal mio amico Sferonte se ha altre... uh! prove, come le chiama lui, per sostenere la sua folle idea della Terra rotonda. Sferonte: Ma quante ne volete, Flatton. Ho la teoria della gravitazione newtoniana... Mr. Flatton: Giustapunto! (sprezzante) Una teoria! Bah! Sferonte: Non prendetevi gioco di me, amico caro, sapete benissimo che la teoria provata. Mr. Flatton: Fosse anche, chi mi assicura che non siano illusioni dei sensi? Sferonte: Suvvia, Flatton, non provate a fare dello scetticismo da quattro soldi, qui... Mr. Flatton: Oh, sta bene, sta bene! E magari non devo nemmeno dire che Newton credeva agli oroscopi, il che inficia la sua credibilit! Ma se permettete, governatore Geofilo, ho anche io qualche freccia al mio arco. Geofilo: Vi prego, Mr. Flatton, sono tutto orecchi. Mr. Flatton (schiarendosi la voce): Il primo argomento che porter... una teoria a mia volta, affinch possiate vedere, governatore, che per ogni teoria ce n una che la smentisce... Sferonte: Ma veramente per teoria io intendo... Mr. Flatton: Giocate, giocate pure con le parole, Sferonte! Ma io vi dimostrer che la mia teoria altrettanto autorevole. Sapete voi, che siete tanto esperto di storia antica, che Lattanzio defin la sfericit della Terra addirittura una follia? Sferonte: Ma perch si opponeva allesistenza di uomini che vivessero agli antipodi, perch in tal caso avrebbero sfidato, a suo dire, la gravit? Come fate a sostenere adesso una simile posizione, Flatton? Non siete mai stato in Nuova Zelanda? Mr. Flatton: Non vedo, francamente, come i miei viaggi possano interferire nelle mie teorie, Sferonte. Geofilo: La posizione sembra debole anche a me, Mr. Flatton. Tra laltro, sono stato in Nuova Zelanda lanno scorso con mia moglie. Mr. Flatton: E sia! Allora posso citare, signori, la teoria della Terra fatta a parallelogrammo, cos come la ide nel VI secolo Cosma Indicopleuste. Sferonte: Ma che dite mai! Si tratta oltretutto di autori sporadici, che non hanno avuto nessuna influenza. Mr. Flatton: Per forza! Osteggiati comerano dalla scienza ufficiale... Quante volte successo, santi Numi, che una teoria definita eretica fosse poi accettata a posteriori per vera? E non solo! Ho citato, finora, autori della cultura cristiana occidentale. Ma che dire del nostro pregiudizio etnocentrico? Vogliamo forse dimenticare, signor governatore, signor Sferonte, che i cinesi ritenevano la Terra piatta, e furono traviati soltanto dallarrivo dei gesuiti nel Seicento? Forse che vogliamo cassare con un colpo di penna, l, come se fosse irrilevante, una cultura millenaria come quella cinese? Geofilo (rivolgendosi a Sferonte): Questo un buon punto, forse, caro Sferonte. Sferonte: Ma certo che non un buon punto, permettetemi, signor governatore! un pessimo punto: innanzitutto perch si basa su un altro stereotipo, e poi perch i fatti... Mr. Flatton: I fatti, i fatti! Eccolo ancora l, signor governatore, il nostro positivista! Geofilo: Proseguite, Mr. Flatton. Avete altre prove o dimostrazioni per sostenere la vostra tesi? Mr. Flatton: Moltissime cosmogonie precedenti allarrivo della cultura classica, signor governatore. E non solo: ho la mia esperienza. Siamo tutti figli delle nostre esperienze, no? E la mia esperienza mi dice che la Terra piatta. Quella di Sferonte gli dice che la Terra rotonda? Buon per lui! Ma chi Terranio Sferonte, per imporre la sua esperienza sulla mia? Non siamo forse nati tutti liberi e uguali? Sferonte: Ferdinando Magellano partito da occidente ed tornato da oriente, caro Flatton. Mr. Flatton: Nulla che non si possa confutare, nulla che non possa essere risolto anche con lipotesi che la Terra sia piatta e circondata da acque. Per non parlare dellipotesi che Magellano, prezzolato e al soldo degli Spagnoli, si fosse inventato tutto. Sferonte (frugandosi nelle tasche ed estraendone delle carte) Ecco, signor governatore, permettetevi di sottoporre alla vostra attenzione queste immagini. Geofilo: Di che si tratta? Sferonte: Fotografie della Terra scattate dalla Stazione spaziale internazionale. Cortesia della NASA. Mr. Flatton: Americani, signor governatore. Dalla bomba atomica alla Lehman Brothers, c mai da fidarsi? Senza contare che la NASA ci inganna di continuo. Geofilo (guardando le foto): Indubbiamente, sembra proprio rotonda. Mr. Flatton: Ma no, signor governatore, ma no! Se anche fossero delle immagini autentiche, e con la NASA mi permetto di dubitarne perch si tratta di un ente governativo, quelle foto al pi dimostrano che la Terra circolare. Un disco. Sferonte: Ma insomma, perch si tratta di immagini bidimensionali, Flatton! E poi guardate: sono diverse, in questa si vedono le Americhe e loceano Pacifico, qui invece al centro c lEurasia, e... Mr. Flatton: Visto? Non riescono a mettersi daccordo nemmeno con se stessi! Geofilo: Ora basta, signori! Ho avuto modo di farmi unopinione chiara. Il dialogo ora pu terminare in vari modi. Il primo modo questo: il governatore Geofilo valuta la consistenza degli argomenti di Sferonte e di quelli di Mr. Flatton, il metodo con cui luno e laltro sono arrivati alle rispettive conclusioni, e decide di dare ragione a Sferonte. In questo caso la cogenza delle argomentazioni e la qualit delle evidenze sperimentali soverchiante, e non difficile accordare il proprio favore a Sferonte; non sempre siamo cos fortunati, in altri casi i fatti sono molto meno chiari, ma il metodo seguito il medesimo. In altri casi ancora, non ci sono dei fatti dirimenti: e qui il governatore Geofilo dovr appellarsi a tutta la sua saggezza per capire se ci accade perch non sono ancora stati trovati, o perch la materia del contendere tale che non possibile dare un responso definitivo avulso dalle opinioni personali di chi giudica. Il secondo modo in cui si pu concludere il dialogo che il governatore Geofilo decida che la verit sta nel mezzo, che entrambi hanno le loro buone ragioni, che bisogna evitare le prese di posizione estreme, e che quindi la Terra non n tonda n piatta, ma una via di mezzo, come un hamburger; oppure che la Terra sia tonda che piatta, facciamo a giorni alterni, tonda i dispari e piatta i pari, e accontentiamo tutti. Potrebbe esserci anche un terzo modo. Supponiamo infatti che il saggio governatore Geofilo si diletti di certe letture filosofiche che lhanno convinto che in ogni sistema di credenze, in ogni paradigma concettuale, ci possa essere una verit. Secondo questa impostazione Mr. Flatton ha ragione allinterno del proprio ambito di riferimento, del proprio modello di Terra piatta, perch inferisce correttamente le conclusioni dalle premesse che assume; analogamente, Sferonte ha ragione allinterno del proprio paradigma della Terra tonda; e questo il massimo che si possa dire sullargomento. Per fortuna nostra, quando entrambi si confrontano tra di loro e confrontano le proprie interpretazioni con la realt dei fatti, tutto il castello di carte cade e la Terra pu essere tranquillamente dichiarata tonda: Flatton aveva un modello che non andava bene. Le cose non sono sempre cos semplici, abbiamo detto, talvolta pi modelli convivono tra di loro; quello della forma della Terra un caso fortunato. 2. Una prova di forza Prima di cassare come ridicolo il secondo modo in cui pu concludersi il dialogo riportato qui sopra, pensiamo che spesso il modo in cui vanno a finire le cose quando il Geofilo di turno si trova a decidere a chi dare ragione in una materia di cui non ha competenza, quando si mescolano i piani descrittivo e prescrittivo, o quando una situazione viene presentata come controversa quando in realt non lo affatto. Spieghiamo meglio questultimo punto: supponiamo di avere unurna con 90 numeri, come quella usata per la tombola o il Lotto. Supponiamo che, se viene estratto il numero 5, vinciamo dieci euro. Infiliamo la mano nellurna e tiriamo fuori la pallina. Ora, si danno due possibilit: o il numero estratto il 5, e quindi possiamo intascare i dieci euro, oppure non lo , e quindi niente vincita. Due sole possibilit, o si vince o si perde. Ma ovviamente le due possibilit non hanno la stessa probabilit! Il fatto che ci siano delle possibilit di esiti diversi non implica in nessun modo che le possibilit siano equiprobabili. Qui, di equiprobabili, ci sono solo le possibilit di estrarre un singolo numero, il 5 o il 73 o il 22 o uno qualsiasi dei 90: ma quando il gioco si basa sulle possibilit che esca un numero o che non esca, chiaramente da un lato abbiamo la probabilit di uscita del singolo numero, e dallaltro lato le altre 89, che pesano di pi. Da un punto di vista numerico, la probabilit di estrarre il numero 5, cos come qualsiasi altro singolo numero, 1/90, cio poco pi dell1%; la probabilit che il numero estratto non sia il 5 conseguentemente 89/90, cio poco meno del 99%. Il gioco qui esposto sembra stupido e piuttosto banale, ma spesso ci viene proposto di peggio, ossia ci vengono proposte opzioni di un dibattito in cui uno dei contendenti sostiene delle posizioni non suffragate da altro che non siano le proprie convinzioni personali, o poco pi, e si presenta il caso come se si trattasse di una disputa in cui le ragioni in partenza stanno met da una parte e met dallaltra. Tutto ci fa il gioco di chi sostiene posizioni deboli o insostenibili, che si vede legittimato dallesistenza stessa di un dibattito, quando se dovesse invece basare le sue ragioni sulle prove sperimentali o sulla solidit delle argomentazioni sarebbe spazzato via dalla propria inconsistenza, come Mr. Flatton qui sopra. E tutto ci va a detrimento non solo di chi sostiene posizioni ben fondate, ma soprattutto del pubblico ignaro, del governatore Geofilo nellesempio precedente, la cui buona fede viene manipolata. Insomma, avere dubbi una forma sana di vivacit del pensiero, ma non tutti i dubbi sono parimenti leciti, non tutti i dubbi sono uguali, non tutti i dubbi hanno lo stesso peso. Non affatto facile, in prima istanza, stabilire quali dubbi siano sensati e quali no. C il rischio di acquietarsi, di spegnere la capacit critica e assuefarsi allesistente. Esistono per dei buoni metodi per orientarsi nella validit dei propri dubbi. Facciamo subito due esempi. a. La teoria dellevoluzione darwiniana (ancora, ricordiamo che cosa vuol dire teoria in ambito scientifico: un modello coerente, che spiega i fenomeni in un certo ambito di validit, predice correttamente il comportamento dei fenomeni di cui si occupa, e soprattutto suffragato da prove sperimentali) una delle teorie scientifiche pi solide 51 . Ha, dalla sua parte, un solido costrutto teorico, implementato continuamente dai tempi di Darwin ai giorni nostri; ha, dalla sua parte, una serie schiacciante di riscontri sul campo. Detto in altre parole, non esiste, in ambito accademico, ossia tra coloro che per lavoro si occupano di studiare gli esseri viventi, nessuna controversia sulla validit della teoria dellevoluzione. Esistono correnti di pensiero diverse, allinterno della teoria, che dibattono sul come levoluzione si sia verificata, dibattono cio a partire da dati oggettivi. Pertanto, il preteso dibattito con i creazionisti in sede specialistica un dibattito inesistente. b. Lesistenza del virus HIV e la sua correlazione con lAIDS. Anche qui, il consenso scientifico unanime: la sindrome da immunodeficienza acquisita causata dallHIV, un retrovirus che si trasmette tra gli esseri umani tramite scambio di sangue o liquidi corporei. Ma allora, perch ci sono persone che pensano che la Terra abbia seimila anni e che tutte le specie siano state create a quel tempo fatte e finite e uguali a come sono adesso, o che il virus HIV sia tutto un complotto delle case farmaceutiche? Be, innanzitutto perch il mondo talmente vario e ampio che, data unidea, per bizzarra che sia, si trover sempre almeno una persona che la sostenga; e non detto che chi la sostiene sia una persona stupida o incolta, anzi, lidea che lHIV non esista avallata anche da un vincitore di premio Nobel 52 , e si presume che (a parte qualche incomprensibile eccezione per la Pace e la Letteratura) un vincitore di premio Nobel sia una persona che in vita sua riuscita a mettere insieme delle cose valide. Ma, lo abbiamo imparato parlando del caso di Galileo, la singola persona - o il singolo gruppo - che propugna una tesi non conta niente se non riesce anche a sostenere le proprie ragioni in un modo pertinente dal punto di vista logico e ben supportato da evidenze sperimentali. Com possibile quindi che certe persone, senza avere buoni dati a loro supporto, si facciano portatrici di istanze in un dibattito? Lo abbiamo visto con Aristotele allinizio: fanno un uso sapiente della retorica. Non c ovviamente niente di male, comunicare il sale della vita, la retorica non , come abbiamo visto, sinonimo di sofismi truffaldini (almeno, non necessariamente), ma bisogna stare attenti a quello che si comunica e a quello che si ascolta, soprattutto se siamo fruitori ignari - e tutti, da una parte o dallaltra, troveremo sempre un campo in cui siamo ignoranti e quindi possibili prede dei mistificatori. Nella fattispecie, possono essere usati: 51 Per una veloce carrellata di esempi significativi esposti in modo chiaro e divulgativo si veda ad esempio qui: http://www.nature.com/nature/newspdf/evolutiongems.pdf 52 Kary Mullis, Nobel per la chimica nel 1993 per lo sviluppo della tecnica della reazione a catena della polimerasi. La sua visione sulla relazione tra HIV e AIDS espressa per esempio in K. Mullis, Dancing Naked in the Mind Field, 1998, Vintage Books. pp. 11518, 14353. Trad. italiana Ballando nudi nel campo della mente, 2013 Baldini&Castoldi. - titoli ad effetto sui giornali o in televisione - abuso del linguaggio, con utilizzo di speculazioni al posto dei dati - confusione tra correlazione e relazione di causa-effetto - risultati non replicabili - campioni non rappresentativi da un punto di vista statistico - cherry picking, cio evidenziare soltanto quella parte di risultati che ci d ragione, tralasciando quella che ci d torto. Un dibattito, cos, invece che un momento di divulgazione in cui si coglie loccasione per ampliare le proprie conoscenze su un argomento, diventa esclusivamente una prova di forza. 3. Il dibattito multistrato A questo punto occorre distinguere i vari piani in cui si pu suddividere largomento di cui cerchiamo di dibattere, quando si parla di eventi legati a informazioni scientifiche. Il primo piano, il primo livello, ovviamente quello dei dati in s, che sono analizzati e valutati dagli esperti del settore. I dati vengono poi inquadrati in un ambito pi generale, ma sempre allinterno delle interpretazioni scientificamente fondate. A questo livello si situano le discussioni sulla rilevanza che una data scoperta pu avere nellambito della sua disciplina: per esempio, come si collocano i dati relativi alla scoperta di una particella elementare nel quadro del modello standard in teoria dei campi, o come inquadrare il ritrovamento di un nuovo fossile nellambito della teoria dellevoluzione, o in che modo progredisce la nostra conoscenza della fisiologia umana e del regno dei batteri con la sintesi di un nuovo antibiotico, o simili. Il dibattito pubblico giocoforza limitato dallestrema specializzazione richiesta per poter parlare dellargomento con cognizione di causa: questo il livello in cui la scienza si limita a comunicare al grande pubblico in modo che il grande pubblico possa farsi unidea di quel che succede allinterno dei laboratori, e delle possibili ricadute che la nuova scoperta avr, in un futuro pi o meno lontano, sulla societ. Qui subentra il terzo livello, che quello delle interpretazioni extrascientifiche: senza travisarne il senso, si aggiungono ai dati i propri convincimenti personali, li si inquadra in una struttura filosofica preesistente o se ne crea una di parzialmente nuova. Piani diversi vengono affrontati con approcci diversi 53 . Il dibattito sulletica applicata alle scoperte scientifiche, per esempio, segue criteri diversi dal dibattito sulle scoperte scientifiche in s, che necessitano di verifica sperimentale e di dibattito, casomai, sul modo in cui sono stati impostati e condotti gli esperimenti, o sul modo in cui vengono interpretati i risultati. Pensare di dibattere nel primo livello con le armi retoriche e gli argomenti che si userebbero negli altri, e viceversa, rappresenta quindi un abuso di linguaggio. Con questo non stiamo affatto cercando di stigmatizzare il dibattito, anche al primo livello, anzi! interessante notare che lidea che la verit possa essere raggiunta mettendo a confronto ipotesi diverse e poi ragionandoci sopra insieme la stessa idea che sta alla base del dibattito filosofico, del dibattito scientifico e del dibattito civile, oggi diremmo democratico, e probabilmente non un caso che questi modi di procedere si siano sviluppati contemporaneamente e nello stesso posto, ovverosia in Grecia nelle Poleis. Lidea che nasce non solo che le idee possano essere dibattute pubblicamente e pubblicamente criticate, ma che attraverso largomentazione e la dialettica si possa convergere ad una conclusione. la grande lezione che ci insegnano, per esempio, i dialoghi di Platone. anche lidea che questa conclusione sia demandata non pi allautorit di uno solo, di un re o di un tiranno o di un sacerdote, ma che provenga dal confronto serrato delle opinioni diverse e, alla fine, con il confronto con il mondo. Tutto sta, quindi, a capire come si pu giungere alle conclusioni, e come valutare il peso delle diverse opinioni portate a confronto nel dibattito. Una volta superato lo scoglio del primo livello, possiamo trovarci in mezzo a discorsi su che cosa sia lecito, etico, dannoso, opportuno. Qui entrano in gioco i moduli morali di cui abbiamo parlato in precedenza: dobbiamo decidere se conta di pi, per noi, il principio dellutilit e del danno, oppure se siamo pi inclini a privilegiare altri moduli. Il dibattito, qui, pu davvero andare avanti allinfinito, con principii che possiamo ritenere inalienabili e che per altri invece non lo sono affatto, e selezionando inconsapevolmente le informazioni con cui siamo gi daccordo, perch tendiamo a capire quello che vogliamo capire: mentre cerchiamo di farci strada nel ginepraio delle varie opinioni, le emozioni hanno gi deciso per noi! I processi decisionali sono una materia delicata. C bisogno di perseguire un interesse comune (che diverso da la verit o da il bene assoluto), e quindi di avere una serie di regole affinch le persone coinvolte nella decisione riescano a cooperare nel modo 53 Sulla sovra-interpretazione dei dati scientifici nel dibattito pubblico ha scritto un ottimo articolo Telmo Pievani, da cui abbiamo preso in buona sostanza la suddivisione in livelli: T. Pievani, Con buona pace dei teologi (eretici e non), in Micromega, 1, 2014. Pievani nel suo articolo aggiunge il quarto livello, della ricezione, il festival della fantasia dilettantistica, parole in libert, e il quinto, della ricezione dei dati scientifici [...] dei travisamenti intenzionali e truffaldini di chi specula sulle notizie scientifiche per assecondare un proprio convincimento ideologico, non importa se religioso o meno. Pur coscienti che spesso il dibattito pubblico svolto a questo livello, ci fermiamo al terzo e cerchiamo di ragionare su quello, perch su quello che possono avvenire i dibattiti seri. Dal quarto livello in su, si fa propaganda; e la propaganda, o meglio, lanalisi dei suoi meccanismi, materia che verr trattata fra poco, nella Parte terza. meno imperfetto possibile e a coordinare le proprie aspettative e le proprie azioni; esse devono scambiarsi informazioni in modo mutuamente intellegibile, decidere a che punto possono ritenere una questione risolta, stabilire dei piani comuni su cui lavorare, capire quanto e come i modelli decisionali che stanno utilizzando possano essere calati nel mondo reale. in questo livello che si esplica tutto il potenziale (nel senso di tutti i vantaggi e di tutti i limiti) del pensare democratico. Vale la pena richiamare alla mente le parole scritte da Amos Oz nel suo breve saggio Contro il fanatismo 54 , in cui lo scrittore israeliano fa il punto in maniera sintetica e precisa sullimportanza del compromesso: So che questa parola gode di una pessima reputazione nei circoli idealistici dEuropa, in particolare fra i giovani. Il compromesso considerato come una mancanza di integrit, di dirittura morale, di consistenza, di onest. Il compromesso puzza, disonesto. Non nel mio vocabolario. Nel mio mondo, la parola compromesso sinonimo di vita. E dove c vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non integrit e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso fanatismo, morte. Sono sposato con la stessa donna da quarantadue anni: rivendico un briciolo di competenza, in fatto di compromessi. Permettetemi allora di aggiungere che quando dico compromesso non intendo capitolazione, non intendo porgere laltra guancia a un avversario, un nemico, una sposa. Intendo incontrare laltro, pi o meno a met strada. Comunque non esistono compromessi felici: un compromesso felice una contraddizione. Potrebbero esserci anche compromessi felici, in realt: sono quei casi che i matematici e gli esperti di teoria dei giochi chiamano situazioni win-win, e ne parleremo tra poco. Il punto che ci preme sottolineare ora che ogni livello del dibattito richiede strumenti diversi. Non fanatismo sostenere che la ragione, nella disputa tra Flatton e Sferonte, stia interamente dalla parte di questultimo; il fanatismo pu subentrare nei livelli successivi, ed ancora Oz a ricordarci che non vero che ogni opinione convinta una forma di fanatismo (nessuno potrebbe dare del fanatico a Sferonte perch fermamente convinto, prove alla mano, della rotondit della Terra), ma che il fanatismo si pu annidare nella rettitudine inflessibile, nel ragionare con la pancia e nel desiderio di costringere gli altri a cambiare, per quanto questo desiderio sia mosso spesso da una sincera pulsione a fare del bene. 54 A. Oz, Contro il fanatismo, 2002 Feltrinelli, pp. 25-26. Parte terza Nessuno sa meglio di te, saggio Kublai, che non si deve mai confondere la citt col discorso che la descrive. (I. Calvino, Le citt invisibili, 1972) un Marco Polo fittizio, uscito dalla penna di Calvino, a parlare. Il veneziano impegnato a fare a Kublai, imperatore dei Tartari, delle relazioni sulle citt che ha visitato. Le citt sono pi possibili che reali, fatte di parole e pensieri pi che di architettura e persone; anzi, si pu quasi dire che siano proprio le parole a tenerle in piedi. Segni, memoria e scambi sono ci che funge da strade e da pietre. Cinquantanni prima di Calvino, Walter Lippmann scriveva nel suo trattato basilare sullopinione pubblica: Whatever we believe to be a true picture, we treat it if it was the environment itself 55 . Lo stesso Lippmann nota come i personaggi pubblici siano noti soltanto tramite limmagine che danno pubblicamente di s. Forse per questo, notiamo, che amiamo tanto i romanzi e, in genere, chi in grado di raccontarci delle belle storie, che tendiamo a credere a quello in cui vogliamo credere e che ci riuniamo in gruppi. Ricordiamo le parole di Gazzaniga riportate pi sopra: In politica, si ha un buon effetto quando una scelta fatta razionalmente si accorda con le emozioni di unepoca. Una scelta politica sbagliata quella in cui una scelta razionale viene fatta in un momento in cui le emozioni della popolazione sono in contrasto con leffetto che si desidera ottenere. E questo apre una serie di spunti interessanti! Innanzitutto ci spinge a parlare dellopinione pubblica e del suo ruolo nel dibattito; e in seconda battuta, del modo in cui lopinione pubblica pu essere orientata o manipolata: inevitabile che una notizia venga accolta da ogni individuo secondo la percezione dei significati che quello stesso individuo attribuisce a parole o frasi, e questo determina il grado in cui lindividuo pu essere influenzato dalla notizia. Questa cornice, o framing 56 , dunque un fenomeno sociale che nasce inevitabilmente per come le persone sono fatte. 55 W. Lippmann, Public opinion, 1922. 56 si vedano Goffman, E. (1974). Frame analysis: An easy on the organization of experience. Cambridge, MA: Harvard University Press; e A. Tversky, D. Kahneman, The Framing of Decision and the Psychology of Choice, in Science, New Series, vol. 211, n. 4481, 1981, pp. 453-458 A. In societ Gi nel XIX secolo Tnnies 57 considerava che le societ umane potessero essere una comunit (Gemeinschaft) o una societ civile (Gesellschaft). La Gemeinschaft storicamente la comunit medio-piccola di individui che condividono origini di sangue, vivono nello stesso posto e hanno credenze comuni. La Gesellschaft, emersa in tempi pi recenti, data dalle nostre organizzazioni sociali trasversali: quello che ci tiene uniti la capacit di non farci male lun laltro. Ma come ci organizziamo, a chi prestiamo fede, e perch? Come prendiamo decisioni? Come scegliamo se Megabizo ci sembra pi convincente di Otane? Come decidiamo le norme che sanciscano la capacit di tenerci uniti in societ di mutuo interesse e non solo in famiglie e trib? La psicologia morale deve trovare agganci sia al livello organizzativo superiore, ossia andando a pescare nei contenuti e nei metodi della sociologia e dellantropologia, sia al livello della biologia e delle neuroscienze, giacch ormai dimostrato il ruolo della corteccia prefrontale nellintegrare le emozioni con la capacit decisionale 58 . Le persone valutano rapidamente gli altri; magari in maniera approssimativa, ma il loro giudizio rapido. E i giudizi morali riguardano aree del cervello legate alle emozioni - noto, per esempio, che gli psicopatici hanno decit emozionali. Non solo: manipolare le emozioni di una persona cambia i giudizi morali che essa esprimer: le emozioni giocano un ruolo causale nella formulazione di un giudizio morale. Si riscontra poi che le persone a volte non sono i grado di spiegare razionalmente perch hanno espresso un determinato giudizio: sanno che una cosa giusta o sbagliata, ma la loro consapevolezza si ferma qui. Il ragionamento, per contro, spesso guidato dai desideri. Siamo proprio cos in balia dei nostri istinti pi incontrollabili? No: intuizioni e ragionamento sono entrambi processi cognitivi che interagiscono e si rafforzano: contano entrambi, ma lintuizione ha un ruolo dominante, non esclusivo 59 . Ma quando ci riuniamo in societ, come la pensiamo? Come decidiamo? Come possiamo essere inuenzati o inuenzare a nostra volta? Vediamo qual stato il percorso storico che ci ha condotti no a qui, che cosa successo negli ultimi centanni da quando s cominciato ad affrontare il problema dellopinione pubblica. 1. Un altro po di storia: pubbliche opinioni 57 F. Tnnies, Community and civil society, Cambridge University Press, 2001 (Loriginale in tedesco Gemeinschaft und Gesellschaft, 1887) 58 A. Damasio, Lerrore di Cartesio, Adelphi 1994 59 J. Haidt, S. Kesebir, Morality, in S. Fiske, D. Gilbert, G. Lindzey (Eds.) Handbook of Social Psychology, 5th Edition, Wiley, 2010, pp. 797-832 a. Lo studio dellopinione pubblica: Walter Lippmann il 1922 quando il giornalista Walter Lippmann, allepoca poco pi che trentenne, d alle stampe quello che diventer un cardine delle scienze politiche e della psicologia sociale: Public Opinion. Il suo scopo di scrivere una critica ragionata dellinfluenza irrazionale dellopinione pubblica sui governi democratici, di fare unanalisi degli stereotipi cui i nostri inevitabili limiti cognitivi ci rendono vittime. Lopinione pubblica, scrive Lippmann, innanzitutto una versione dei fatti moralizzata e codificata, e la democrazia deve tenere conto del fatto che le immagini che le persone si fanno nella loro testa non necessariamente corrispondono al mondo reale. Lippmann conosce la guerra: stato nellesercito sul finire del primo conflitto mondiale, e dalla guerra ha tratto profondi insegnamenti antropologici e sociali. Innanzitutto, che durante i periodi di guerra o di crisi, le personalit pubbliche si concentrano in simboli forti e marcati. In tempi normali, invece, la realt pu essere pi facilmente contraffatta da fatti casuali, desideri, immaginazione, da quello che pi sopra in questopera abbiamo definito wishful thinking. Lippmann si sofferma sullimportanza della rappresentazione: abbiamo bisogno di mappe del mondo, per orientarci nella realt che ci circonda, e ciascuna di queste rappresentazioni pu variare dal grado di totale allucinazione, alla bugia inconscia, ai modelli schematici che gli scienziati usano in piena consapevolezza: e finch si mantiene il senso di quanto sia fedele la nostra rappresentazione, latto stesso di fare delle rappresentazioni da considerarsi lecito e non ingannevole. Sar compito dellanalista, poi, riuscire a dipanare il filo che intercorre tra i fatti, la rappresentazione dei fatti e la risposta psicologica alla rappresentazione dei fatti. Ad ogni livello politico corrisponde un livello di rappresentazione; quali sono i fattori che limitano laccesso ai fatti? Il nostro ne individua alcuni: la censura, le limitazioni dei contatti sociali, il poco tempo a disposizione, la distorsione del messaggio data dalla necessit di riassumere gli eventi in breve spazio (ne vediamo unesacerbazione nellutilizzo degli slogan in campagna elettorale), le difficolt del linguaggio nellesprimere un mondo inevitabilmente complesso, e infine la paura - ma adesso diremmo pi lincapacit istintiva, inconsapevole - di guardare in faccia la realt quando la realt non ci piace. Lippmann si sofferma poi ad analizzare la censura come barriera tra il pubblico e levento e la sua relazione con lo strumento della propaganda; analizza poi il problema di come raggiungere il pubblico, ossia il problema relativo ai contatti tra le persone, e allimportanza della gerarchia e, in genere, della provenienza delle fonti. Aggiungiamo, oltre a quanto detto da Lippmann, leterogeneit delle fonti e lambiguit della loro autorevolezza in un mondo in cui le baggianate e le analisi ponderate sono egualmente fruibili. Il tempo e lattenzione giocano un ruolo chiave: adesso, rispetto agli anni Venti del secolo scorso, linformazione non procede pi unicamente secondo la direzione top-down, e questo crea ulteriori problemi. La velocit, lutilizzo delle parole, la chiarezza del linguaggio che pu non essere un veicolo perfetto per i concetti, valevano tanto allepoca di Lippmann, in cui cerano solo la radio e i giornali, quanto adesso che abbiamo anche la televisione e internet. Il linguaggio ombreggiato dalle metafore, e spesso nelle metafore ci si perde; il linguaggio moneta di scambio per i significati 60
(come il nomisma di Aristotele, ricordate?) e come accade per il denaro il suo valore non fisso: laccuratezza e la qualit delle associazioni tra il linguaggio e i concetti dipendono in gran parte da quello che i nostri conflitti emotivi ci spingono a credere. Un altro grosso problema affrontato dallanalisi di Lippmann quello legato agli stereotipi. Vediamo di persona ben poche cose, e per la conoscenza delle altre ci dobbiamo affidare al sentito dire e a notizie di seconda mano. Per esempio (lesempio ovviamente nostro e non di Lippmann) nessuno dei presenti, lettori e autori, ha contribuito a sequenziare il genoma umano. Eppure ci fidiamo che il genoma umano sia stato sequenziato; cos come ci fidiamo del fatto che il raggio medio terrestre misuri circa 6371 km, anche se non lo abbiamo misurato direttamente ma lha fatto qualcun altro per noi; senza contare che anche quello che osserviamo direttamente pu essere distorto dal ricordo, anche in maniera inconsapevole. Secondo Lippmann riempiamo i buchi di informazione con gli stereotipi: per esempio, proiettando quello che faremmo noi in quello che sta facendo qualcun altro. Lutilizzo degli stereotipi economico: ci fa risparmiare tempo e fatica. E quindi ci vogliono fatica, tempo e anche cultura per eradicare uno stereotipo. Uno stereotipo pu servire come difesa del nostro posto in societ, tant che quando gli stereotipi vengono attaccati ci sentiamo personalmente minacciati e destabilizzati. Ne facciamo uso nel nostro codice morale, come uno schema di comportamento da applicare in un certo numero di situazioni; e in questo modo nascono il dogmatismo e il mito. Un mito non necessariamente falso: pu esserlo, cos come pu essere vero in parte o in toto. Come si riconosce uno stereotipo? Un paio di buoni modi possono essere la scoperta di una contraddizione o lincapacit di dar conto dello spazio e del tempo, ossia non essere in grado di dire con precisione quando e dove il meccanismo o lesempio (che dobbiamo identificare come stereotipo) si applica. Luso degli stereotipi ci collega dunque anche al grande problema della generalizzazione e dellinferenza: dal pensare questo fatto non irragionevole si passa inconsapevolmente a be, potrebbe essere vero a per me, dovrebbe essere vero a vero, punto e basta. Siamo persone creative: tendiamo a enfatizzare, a drammatizzare le relazioni tra gli eventi, a gonfiare i numeri, a ricorrere ad allegorie, a inferire una natura umana singola non solo nelle cose inanimate, come abbiamo visto in precedenza, ma anche in quelle collettive; e a creare immagini in cui identificarci, a costruire eroi. Il ruolo dei simboli , in questo, essenziale; e i simboli ci vengono inculcati da persone di cui ci fidiamo; il simbolo canalizza le emozioni ed quindi sia un meccanismo di fideizzazione che un meccanismo di sfruttamento: ci rende capaci di lavorare per un obiettivo comune e allo stesso tempo permette, a chi in grado di decidere quali siano gli obiettivi da perseguire, di indirizzare le masse, di sedurle e di guidarle, di allontanare le critiche. 60 Non da ricercarsi in questo discorso una particolare precisione semiologica. La creazione del consenso, che vedremo pi nel dettaglio con Lasswell, Chomsky e con lesempio di due famose distopie letterarie, una branca di analisi la cui portata pressoch sconfinata, e ai tempi di Lippmann quasi un terreno vergine. La propaganda e la persuasione sono importantissime nei sistemi democratici, ove luso della coercizione per forza di cose ridotto al minimo, almeno rispetto a quel che accade nei regimi totalitari. lo stesso Aristotele 61 , ricorda Lippmann, a dire che se i cittadini devono giudicare e distribuire cariche secondo il merito, allora necessario che trovino un modo per conoscere le qualit delle persone che si trovano a dover scegliere. Luso del potere ci che determina la qualit di una societ. E questo uso, sostiene Lippmann, non pu essere controllato alla fonte: in una democrazia non si possono scegliere i cittadini, i cittadini sono quelli che sono. Inoltre, le libert civili da sole no garantiscono che lopinione pubblica si formi correttamente: quando la verit dei fatti non autoevidente e bisogna passare attraverso una lettura tecnica e culturalmente differenziata, non si pu assumere che essa arrivi spontaneamente. Detta in termini pi coloriti, la corretta informazione sui fatti non n gratis n rivelata, va conquistata. Diventa fondamentale lutilizzo dei mezzi di comunicazione; per ovvi motivi storici Lippmann si concentra sui giornali. Gli aspetti fondamentali di questa analisi: - ci piace leggere di noi stessi, della trib sociale di cui facciamo parte, di quanto questa trib (classe, nazione, azienda, partito, eccetera) sia bella e buona, in modo da accondiscendere alle nostre aspettative basate sugli stereotipi; - per quanto riguarda la natura delle notizie, bisogna considerare il fatto che il giornalismo costituito non di materiale grezzo, di notizie grezza, bens di materiale che gi stato composto secondo un certo stile: il giornale sceglie quali notizie pubblicare, in che posizione luna rispetto alle altre, quanto spazio ciascuna di esse deve occupare. Non ci sono standard obiettivi, ma solo convenzioni: lo scopo provocare nel lettore sentimenti e identificazione. - le notizie e la verit non sono la stessa cosa. una profonda intuizione di Lippmann: le notizie servono a segnalare un fatto, la funzione della verit invece quella di rivelare fatti nascosti 62 e di metterli in relazione luno con laltro. b. Il modello di Lasswell Un po pi sopra abbiamo parlato del buon giornalismo anglosassone, quello delle 5W, who, why, what, when, where, che serve come linea guida per dare correttamente una notizia ( un modello, anchesso). Nel 1948 il politologo statunitense Harold D. Lasswell, influenzato dal Comportamentismo degli anni 40, dalla teoria per cui a un dato stimolo corrisponde una data risposta, formul il suo noto modello della comunicazione: quello che ci dice di affrontare una notizia analizzando chi il 61 Aristotele, Politica, VII, 4 62 In greco antico la verit, -./0&,(, letteralmente uno svelamento, un non essere pi nascosto. comunicatore, qual il messaggio, quale il canale, chi il destinatario e quali sono gli effetti della comunicazione. Il limite del modello di Lasswell che tratta di processi asimmetrici, ossia comunicazioni in cui il mittente unicamente attivo e il destinatario unicamente passivo; non prende inoltre in considerazione il contesto sociale in cui i due, comunicatore e destinatario, sono inseriti; infine, la comunicazione intenzionale, volta a ottenere degli effetti desiderati. Il modello comunque importantissimo, non solo storicamente, e vale la pena soffermarcisi un po. Lasswell un teorico dellanalisi quantitativa: la sua tesi, espressa in vari lavori 63 , che il discorso politico possa essere analizzato da un punto di vista quantitativo. Perch? Perch lanalisi qualitativa ha, per esempio, il grosso svantaggio di non avere un metodo rigoroso nel presentare il diverso peso che possono avere le varie fonti di una notizia; o ancora perch lapproccio quantitativo ha dei vantaggi sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista politico, avendo gi dimostrato la sua utilit nello studio dei processi collaborativi 64 : siccome le scienze sociali riguardano sia la collaborazione che la comunicazione, presumibile che lapproccio quantitativo che si gi rivelato utile nel primo campo lo sia anche nel secondo. Per Lasswell, la politica la rappresentazione di gruppi diversi (le lites) che si contendono il potere decisionale e la possibilit di influenzare chi escluso dal potere decisionale (le masse) basandosi su alcuni parametri 65 . Stando alle tesi di Ricardo uno dei principali mezzi di influenza sarebbe la distribuzione del benessere; Lasswell aggiunge che tale distribuzione dipende da fatti concernenti il mito, la violenza e la capacit di contrattazione. Una lite si pu distinguere per avere delle abilit precipue che possono spaziare nei campi dellorganizzazione politica, della capacit di gestire le persone e quindi di manipolare i simboli (tramite luso della retorica, delloratoria, delle battaglie legali, eccetera), della capacit di gestire le cose e quindi di conoscere la scienza e la tecnologia, della capacit di contrattare. Inoltre, una lite si pu distinguere in base alla sua classe sociale di appartenenza; o alla sua appartenenza a gruppi di interessi simili. Non c un modo prefissato di misurare la capacit di influenzare le persone: a volte pu contare di pi un fattore (la classe, per esempio), altre volte pu essere pi importante un altro (labilit tecnologica, per esempio, o la capacit di raccontare storie convincenti). Ogni lite tende ovviamente a difendere la propria posizione. Un modo in cui lo fa utilizzando la propaganda, che deve saper toccare efficacemente i temi dellaggressivit, della debolezza, dellinteresse e del senso di colpa. Analoghe capacit sono richieste a qualsiasi gruppo sociale che voglia soverchiare llite dominante e mettersi al suo posto. Altri modi, che menzioniamo per completezza ma che non verranno esaminati oltre 63 Si veda ad esempio Lasswell, Language of politics: studies in quantitative semantics. 64 Analizzeremo in breve i processi collaborativi nel capitolo seguente, quando daremo qualche nozione rudimentale di teoria dei giochi. 65 H. Lasswell, Politics: who gets what, when, how, 1936 perch non sono direttamente pertinenti al tema di questo lavoro, sono luso della violenza e della distribuzione delle risorse. Torniamo dunque alluso della propaganda. Una persona pu avere abilit in molti campi diversi: nel maneggiare gli oggetti o i loro simboli, nellusare la violenza, nellorganizzare eventi o persone, nellanalizzare le situazioni. Storicamente, raro che scienziati e ingegneri diventino persone cui il popolo si affeziona o che disposto a seguire, nonostante la loro indubbia capacit di spiegare la natura, di manipolarla, di costruire macchine, di curare malattie. Le persone socialmente influenti sono piuttosto quelle che sono in grado di gestire le persone, gli umori e i comportamenti dei loro simili: Lasswell pone laccento sulla differenza tra il management of things e il management of men. possibile, ovviamente, che chi abile in un campo lo sia anche nellaltro; ma ci abbastanza raro. La storia che conosciamo (e lautore si concentra su quella dellEuropa occidentale) un esempio di come il potere sia stato appannaggio di quelle persone che erano in grado di gestire i simboli, di renderli sacri, di sfruttarli per controllare le masse o per ricevere dalle masse risposte condiscendenti. Da qui limportanza che hanno avuto le caste sacerdotali, in alleanza o in contrapposizione con quelle politiche, e delle stesse classi politiche quando hanno imparato a gestire i simboli per conto proprio senza ricorrere alle caste sacerdotali. Il ruolo dei simboli diventa ancora pi importante quando un gruppo sociale (nazione, citt, comunit daltro tipo) attraversa periodi di crisi. In un periodo di crisi le preoccupazioni abituali di cui ci facciamo carico riguardo la nostra esistenza quotidiana vengono modificate dagli scossoni imprevisti che provengono dallambiente esterno. Questo fa s, osserva Lasswell, che tendiamo a focalizzare la nostra attenzione, per spirito di conservazione, sui simboli che rappresentano noi in relazione ai simboli che rappresentano gli altri, quelli che non appartengono alla nostra comunit. La propaganda, sia da parte di coloro che detengono il potere sia da parte di coloro che intendono sovvertirlo, si concentra su questi simboli. Lo fa pi intensamente che pu. Tuttavia, la risposta collettiva a questo stimolo attraverso luso dei simboli dipende, nella sua entit e nella sua direzione, da come si muove nel frattempo lambiente esterno. Non c niente da fare: il mondo complesso e rapidamente variabile, e la modellizzazione va considerata con cura in tutti i suoi pregi e i suoi limiti. Da un punto di vista storico vediamo degli esempi di simboli utilizzati negli ultimi centanni, in positivo o in negativo: il capitalismo, il comunismo, le banche, gli ebrei, leuro, organizzazioni mondiali esistenti o inventate, le multinazionali, e chi pi ne ha pi ne metta. c. La fabbrica del consenso Lo studio di Chomsky e Herman sulla creazione del consenso 66 ci illustra un rapido ed efficace modello di propaganda. I due autori si propongono, tramite una serie di esempi 66 Herman, Chomsky, Manufacturing consent: the Political Economy of the Mass Media, 1988 sul campo, di tracciare il pattern del funzionamento della propaganda da parte di chi detiene il potere attraverso luso dei media, la cui funzione sia di informare che di intrattenere. Anzi, i valori e i codici di comportamento vengono veicolati in modo molto pi efficace dal divertimento e dai programmi di variet, perch cala lattenzione solitamente riservata allascolto dei programmi di informazione e lo spettatore diventa pi permeabile al messaggio. Chomsky e Herman notano anche che lazione della propaganda pi difficile da vedere nei paesi democratici: i media sono liberi di criticare il potere. Quello che i due autori osservano che da un lato le critiche rimangono in un range di azione limitato; e dallaltro lato, laccesso stesso ai media limitato - parlando in altri termini, si comportano pi come un oligopolio che come un libero mercato: almeno con i media tradizionali, ci vogliono risorse economiche non indifferenti per ritagliarsi uno spazio visibile. Dellillusione che questo scoglio sarebbe stato completamente superato con il web 2.0 ha parlato efficacemente Evgenij Morozov 67 e anche noi spenderemo qualche parola tra poco. Gli ingredienti del modello di propaganda di Chomsky e Herman sono cinque, interagiscono tra di loro rafforzandosi a vicenda e sono visti come cinque filtri successivi attraverso i quali deve passare il materiale grezzo delle notizie prima di giungere al destinatario. Vediamoli in breve: 1. Il primo filtro dato dalle dimensioni degli investimenti necessari ad entrare nel mondo della comunicazione. I grandi gruppi sono controllati, questa la tesi, da societ legate a doppio filo con chi detiene il potere politico ed quindi in grado di garantire licenze di trasmissione. 2. Il secondo filtro dato dalla pubblicit, o meglio, dalla possibilit di fare pubblicit. La pubblicit fondamentale perch paga gli spazi in cui appare: ne segue che in grado di influenzare il tipo e la qualit dei programmi televisivi o parte dellimpostazione dei giornali: una compagnia che deve vendere un prodotto X cercher di evitare che la sua pubblicit finisca in mezzo a programmi in cui si discute della complessit del mondo, o che in genere tendono a distogliere lutente dallattitudine di uscire di casa e comprare il prodotto X. Ne segue una predilezione per i programmi di intrattenimento, in un circolo virtuoso (per il pubblicitario) o vizioso (per il critico) che si autoalimenta. Notiamo a margine che anche i programmi cosiddetti culturali o dinchiesta, pur non essendo leggeri come lentertainment, non necessariamente sono complessi: ragionano sovente per matrici ideologiche e per slogan, dando voce a profeti di piazza che assolvono la funzione che nel Medioevo era riservata ai predicatori e agli ordini mendicanti. 3. Il terzo filtro dato dalle fonti da cui i notiziari e, in misura minore, i giornali, traggono le notizie. Si va dal poter concentrare le fonti e gli analisti nei posti dove statisticamente pi probabile che nascano notizie (un parlamento una sede pi 67 E. Morozov, Lingenuit della rete e Perch internet non salver il mondo appetibile di uno sconosciuto paesino di montagna) alla scelta degli esperti che devono analizzare e spiegare al pubblico che cosa successo in un dato posto e in un dato momento. 4. Per il quarto filtro stato scelto un nome significativo: flak, o contraerea in italiano. Consiste nellabilit da parte di chi detiene un potere decisionale di costruire risposte negative a un programma o a una linea giornalistica. Le risposte negative possono assumere la forma di proteste pubbliche, petizioni, lettere inferocite, processi legali; la loro efficacia variabile, e pu essere modulata sul fatto che si tratti di proteste locali o generalizzate. 5. Se i primi quattro filtri hanno una validit grossomodo generale, il quinto focalizzato sul funzionamento dei media negli Stati Uniti alla fine degli anni Settanta, ossia pertinente alla situazione che Chomsky e Herman avevano sotto gli occhi. Si tratta delluso dellanticomunismo come meccanismo di controllo: lideologia, con il suo uso di simboli, unarma potentissima. Accusare qualcuno di comunismo 68 , al di l di quanto circostanziata potesse essere laccusa, costringeva lavversario a mettersi sulla difensiva e a lasciare quindi allaccusatore la possibilit di scegliere limpostazione del discorso. Se laccusatore era un po smaliziato, ovviamente decideva di spostarsi sui binari a lui pi congeniali, e otteneva la vittoria del confronto. A Schopenhauer sarebbe piaciuto moltissimo. Nel 2014 il quinto filtro va ovviamente rimodulato: sventolare ai quattro venti il pericolo del comunismo potrebbe non avere la stessa presa che aveva trenta o quaranta anni fa (anche se negli ultimi ventanni un uomo politico italiano con una certa facilit di accesso ai media vi ha impostato parte delle sue campagne elettorali, molti ricorderanno) e quindi bisogna ampliare il discorso; Chomsky stesso suggerisce che dopo la fine della guerra fredda esso sia stato sostituito negli Stati Uniti e nella loro sfera di influenza dalla Guerra al terrore. Ma ci possono essere anche campi ristretti, in cui la propaganda funziona in ambito locale su questioni specifiche. In genere una campagna di propaganda trae la sua forza dalla dicotomizzazione, massiccia e sistematica; non solo tra modelli di vita e di pensiero, ma anche tra storie utili e storie inutili, o addirittura dannose, al fine di perorare la causa. d. Le distopie letterarie Gli studiosi si sono dati da fare per studiare la formazione del consenso, ma da questo punto di vista anche la narrativa del Novecento non rimasta al palo. Vogliamo soffermarci su due capisaldi della distopia nella letteratura: Il mondo nuovo di Aldous Huxley e 1984 di George Orwell. In entrambi i casi si tratta dellInghilterra in unepoca futuribile: il 1984 per Orwell, che scrisse il libro nel 1949; lanno 632 post Henry Ford, cio attorno al 2500 d.C., per 68 In termini di fallacie avremmo un utilizzo congiunto delluomo di paglia e della colpa per associazione. Huxley, la cui opera del 1932. Le ambientazioni sono, come noto, del tutto diverse: del tutto diverso il modello distopico di societ immaginato dagli autori, ciascuno dei quali ha caratteristiche interessanti per quanto riguarda la concezione del controllo sociale; si tratta di opere di critica alla societ contemporanea come potevano essere nel diciottesimo secolo I viaggi di Gulliver di Swift, soprattutto nella feroce caricatura dellumanit fatta nel mondo dei cavalli razionali, gli Houyhnhnms. In entrambi i romanzi cruciale il ruolo del singolo: nel Mondo nuovo, Bernardo Marx e la sua solitudine derivante da una lieve differenza fisica rispetto agli altri alfa, e soprattutto John il selvaggio, figlio di due civilizzati cresciuto nella riserva del New Mexico dove una sparuta fetta di umanit vive ancora come nei tempi prima di Ford. In 1984, Winston Smith e la sua continua ricerca di sfuggire al Grande Fratello. Huxley teme la mercificazione e ledonismo della vita occidentale; Orwell, che da socialista aveva combattuto la guerra di Spagna, si focalizza sulle distorsioni coercitive dellUnione Sovietica e, al contempo, sulla censura nellInghilterra degli anni Quaranta: il peggio che possa succedere a uno dei suoi personaggi commettere uno psicoreato. Il mondo di Huxley dominato dalleugenetica e dal condizionamento pavloviano. Gli individui nascono - o meglio, vengono prodotti in serie, come era nei piani industriali di Henry Ford - geneticamente predestinati al ruolo che ricopriranno in societ: gli alfa destinati al comando, i beta allamministrazione, e gi a scendere fino agli epsilon, semiaborti illetterati e cognitivamente limitati la cui unica mansione svolgere i lavori manuali pi umili. Sin dalla prima infanzia gli abitanti della societ di Huxley vengono condizionati, ripetendo loro nel sonno gli slogan funzionali a quelle che sono le direttive su cui si basa il loro mondo: la stabilit, la comunit e lidentit. Ciascuno condizionato in modo da essere felice della propria condizione: tanto gli alfa di essere alfa, quanto gli epsilon di essere epsilon. Il singolo non esiste, esiste solo in funzione del benessere sociale; tutti sono spinti a consumare, ad essere felici della loro posizione sociale, ad assumere una particolare droga (il soma) che cancella i loro stati di possibile ansia o solitudine. E, ovviamente, non sono in grado di rendersi conto del condizionamento cui sono sottoposti: sanno che esiste, ma non riescono ad immaginare come sarebbe il mondo altrimenti. Una felicit senza desideri. Ciascuno appartiene a tutti: non esistono famiglie, non esiste la riproduzione sessuata, il sesso incentivato ma solo come attivit di socializzazione. La scienza e la tecnologia servono a massimizzare ledonismo, ma vengono incanalate e tenute a freno, ci racconta il Governatore Mond alla fine del romanzo, perch la portata della scienza come stimolo alla ricerca della verit rischia di minare la stabilit sociale. Gli abitanti del Mondo Nuovo vivono in un ambiente che fa di tutto per farli distrarre, svagare, per mantenerli come degli eterni bambini. E loro stessi non invecchiano, grazie ai ritrovati tecnologici e farmacologici. Vengono educati allodio istintivo per i libri; e parimenti, ad amare ci che si deve amare. Per Huxley, quello che ci rovina ci che amiamo, ci che ci fa piacere, il fatto di essere controllati dallintrattenimento e dalla pubblicit. Nessuno, in queste condizioni, vuole essere libero, libero dai condizionamenti, libero dal soma, come cerca di proporre il Selvaggio. Non si possono concepire la tragedia, larte, il desiderio, la filosofia, perch mancano le grandi passioni: tutto immerso in un liquido amniotico di soddisfazione inesausta. In Orwell la prospettiva quasi del tutto rovesciata, focalizzata com sul controllo pervasivo, sulla sorveglianza a tutti i livelli fino al bipensiero e allintroduzione della neolingua 69 , con la sua abolizione di termini considerati eretici e alla sua grammatica semplificata che mira a rendere il discorso indipendente dallautocoscienza: riflettere prima di parlare nocivo per il Partito. Gli slogan del mondo orwelliano sono noti a tutti: lignoranza forza, la guerra pace, la libert schiavit. Lunica speranza pu arrivare dai prolet, ma la speranza stessa un pour parler, perch il lettore gi sospetta che dai prolet non verr mai nulla che non sia la perpetrazione della propria condizione di subordinazione sociale. La Storia continuamente riscritta in modo congeniale al potere: se da oggi siamo in guerra con lEstasia e alleati con lEurasia, siamo sempre stati in guerra con lEstasia e alleati con lEurasia, e nessuno deve ricordare che fino a ieri eravamo alleati dellEstasia e in guerra con lEurasia. A differenza del mondo di Huxley, cove il sesso usato come intrattenimento e collante sociale, nel mondo di Orwell i neurologi si stanno dando da fare per eliminare lorgasmo: il Partito vuole sopprimere il desiderio. Il Partito controlla tutto. Sempre. E la sua vittoria sar totale sul dissidente Winston Smith quando, dopo torture efferate e rieducazioni altrettanto insostenibili, gli avr lavato il cervello a tal punto che il nostro eroe, ridotto a una larva senza pi storia n capacit di pensare alla donna che aveva amato 70 , cede: trionfa su se stesso, sulla sua ancestrale parvenza di essere umano, e viene annientato. Alla fine del romanzo, leretico Winston Smith, il ribelle Winston Smith, colui che ha cercato di unirsi alla cospirazione del fantomatico Emmanuel Goldstein, ama il Grande Fratello. Non pu pi non amarlo. Le visioni di Orwell e di Huxley sono cos distanti che si spesso cercato di metterle in contrapposizione luna allaltra, anche a scopo propagandistico: loccidente vedeva la propria involuzione distopica nel Mondo Nuovo, mentre il SocIng era lapoteosi del Partito comunista sovietico. In realt ogni societ, democratica o meno, tende a prendere un po dalluno e un po dallaltro. Per quanto riguarda il nostro presente siamo indubbiamente edonisti, come in Huxley; e daltro canto la preoccupazione per la 69 In Italia noto il breve saggio che Italo Calvino scrisse nel 1965 sul linguaggio usato dalla burocrazia, dallautore rinominato antilingua. Non si tratta di neolingua nel senso orwelliano del termine ma comunque un buon esempio di come il linguaggio (burocratico, in quel caso) possa essere utilizzato per creare barriere sociali e nascondere il significato delle cose. Si veda Lantilingua, in I. Calvino, Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e societ, Einaudi 1980. 70 Cos come Winston anche il Selvaggio di Huxley si era distinto dagli altri per la capacit di innamorarsi damore romantico e svincolato dalle imposizioni comportamentali della societ. E cos come Winston, anche il Selvaggio legato a Shakespeare (il titolo originale Brave New World un verso de La Tempesta): nelle due distopie sociali Shakespeare licona salvifica della poesia che tiene luomo ancorato alla propria umanit. gestione dei nostri dati personali in rete ci ricorda che gli incubi di Orwell possono riguardarci da vicino. Chiudiamo i due libri e, nel tornare al discorso generale, lasciamo delle domande aperte sul tavolo: dimostrabile o dimostrato che una lite (culturale, politica, economica) sia in grado di decidere meglio per se stessa e per lintera societ rispetto a quello che farebbe lintera popolazione? Se ciascuno di noi pensa di essere il migliore nel tutelare i propri interessi, o nello scegliere chi delegare per farlo, legittimo inferire che sia anche in grado di tutelare gli interessi altrui? Da una corretta e quanto pi completa informazione deriva una capacit di prendere decisioni ottimali? In che grado? Con quale frequenza? Come valutiamo quale decisione ottimale? In base a quali parametri? Stabiliti da chi? possibile eliminare qualsiasi traccia di soggettivit nella loro scelta? Sono questioni su cui lumanit dibatte dagli albori della sua storia ed ovviamente impensabile di dare una risposta definitiva, soprattutto qui. Quello che vogliamo sottolineare che si tratta di domande che necessitano di unattenzione continua e di un dibattito serrato e quanto pi possibile non dogmatico. 3. Giochi e decisioni Abbiamo capito che fare modelli ci piace e ci torna utile. Vediamo allora come abbiamo cercato di modellizzare le decisioni e il comportamento umano davanti a un dilemma. Si tratta di un modello che analizza le soluzioni razionali di un conflitto o di una serie di decisioni. Abbiamo visto pi sopra che, quando si tratta di decidere, al lato razionale si accompagna quello emotivo: la teoria di cui delineeremo nel prosieguo gli aspetti principali volta ad esaminare soltanto la componente razionale della faccenda, ossia ci dice qual il modo ottimale per comportarci, quello che ci farebbe massimizzare il risultato. Nel 1944 il matematico John von Neumann e leconomista Oskar Morgenstern danno alle stampe quello che diventer il capostipite di una nuova disciplina 71 , ricca di ricadute pratiche e di collegamenti in molti campi, dalla matematica allingegneria gestionale alle scienze sociali: la teoria dei giochi. a. Che cos la teoria dei giochi? Essenzialmente, una disciplina che crea dei modelli che servono ad analizzare le decisioni delle persone quando esse si trovano a dover interagire con delle altre persone e quando ciascuna di esse cerca di comportarsi in modo da massimizzare lutilit che ne pu ottenere, che pu non essere la stessa per tutti, anzi, pu esserci la possibilit che 71 J. von Neumann, O. Morgenstern, Theory of Games and Economic Behavior, 1944 Princeton University Press lutilit delluno coincida con il danno di un altro 72 . E gi qui si pone un problema: che cos lutilit? I gentili lettori staranno gi smaniando, gli uni brandendo Bentham, gli altri filosofeggiando sulle proprie priorit morali, gli altri ancora lanciando invettive: e che, si pu forse misurare la soddisfazione? Quello che vogliamo descrivere qui , per lappunto, un modello. Si basa su una serie di premesse, ottiene una serie di risultati e predizioni che si possono mettere a confronto con lesperienza e i dati raccolti sul campo, ma e resta un modello. Un ottimo modello, comunque, che a discapito del nome ha un campo di applicazione che spazia al di l dellambito meramente ludico. La definizione di utilit estremamente complessa e aleatoria, coinvolge valutazioni morali personali (abbiamo visto pi sopra che alcuni di noi possono dare maggiore valore alla sacralit e altri al non nuocere al prossimo, per esempio), ma aggiungere troppe variabili rischia di far perdere di vista il funzionamento del meccanismo con cui funziona la teoria: tagliamo la testa al toro e, senza indagare sul perch una persona possa preferire una soluzione ad unaltra, o sul fatto che una persona sia davvero in grado di quantificare le sue preferenze, diremo che un evento A preferibile ad un evento B se il giocatore cerca di conseguire A invece di B. I giochi possono essere di vari tipi e si possono suddividere in vari modi: - riguardo la loro somma, ove la somma data dalla vincita delluno e dalla perdita dellaltro: un gioco si dice a somma zero quando abbiamo due giocatori e la vincita delluno corrisponde in tutto e per tutto alla perdita dellaltro: per esempio gli scacchi, dove uno vince e laltro perde, oppure si pareggia, ma non possono esserci due vincitori e due sconfitti. Altri giochi, detti a somma non zero, sono tali per cui entrambi i giocatori possono vincere ed entrambi possono perdere. Un esempio in cui entrambi i giocatori vincono il commercio: il venditore contento perch incassa dei soldi, lacquirente contento perch se ne torna a casa con un oggetto di cui aveva bisogno o di cui sentiva il desiderio. - riguardo alla presenza o meno di variabili aleatorie: le nostre strategie nel Monopoly dipendono anche da quel che esce dal lancio dei dadi o dalle carte che ci toccano, mentre quando giochiamo a dama possiamo contare soltanto sulla nostra capacit di ragionamento. - riguardo alla possibilit per i giocatori di cooperare e contrattare tra di loro 73 : un gioco si dice cooperativo se sono possibili accordi vincolanti tra i giocatori (se tu farai questa mossa, allora io far questaltra). 72 In questo lavoro non minimamente proponibile una trattazione, ancorch introduttoria, alla teoria dei giochi. Il succo di quanto vogliamo esprimere in queste poche righe : esistono dei sistemi razionali per affrontare le decisioni, possibile valutare se vi sia una scelta preferibile alle altre e, nel caso vi sia, quale essa sia. Si segnala per esempio, per chi volesse approfondire, F. Colombo, Introduzione alla teoria dei giochi, Carocci 2004 73 In questo campo ha fatto scuola John Nash: si veda ad esempio J. Nash, The Bargaining Problem, (1950) Econometrica 18, pp. 155-162 A questultimo proposito riportiamo lesempio classico che viene utilizzato per illustrare la teoria dei giochi, ossia il cosiddetto dilemma del prigioniero. Due individui, chiamiamoli Mario e Carlo, sono stati arrestati in contemporanea con laccusa di aver commesso lo stesso reato e vengono interrogati, separatamente, nello stesso momento. Ognuno di loro pu scegliere due strade: o confessa o non confessa. Se entrambi non confessano avranno comunque da scontare delle pene per reati minori, e a ciascuno toccheranno due anni. Se entrambi confessano vengono condannati a cinque anni ciascuno. Se uno confessa e laltro no, quello che confessa ottiene uno sconto di pena e una condanna a un anno; laltro, invece, ha unaggravante e sconter una pena di 6 anni. Qual la strategia pi vantaggiosa? La scelta pi vantaggiosa per entrambi sarebbe di non confessare; ma dal momento che Mario non pu sapere se Carlo stia confessando o no (una confessione di Carlo, a fronte di una non confessione di Mario, condannerebbe Mario a 6 anni invece che a 2), Mario confessa e si prende i suoi 5 anni di pena. Analogo ragionamento vale per Carlo. Se lobiettivo di Mario e di Carlo di minimizzare in ogni caso la propria condanna, la strategia migliore di confessare, infatti la pena che ciascuno dei due sconter sar: di 1 o 5 anni se avr confessato, e di 2 o 6 anni se non avr confessato. Qualsiasi sia la scelta delluno, quindi, allaltro conviene confessare. Lesempio del prigioniero ci offre il pretesto per parlare molto brevemente di un concetto importante nelle decisioni: linformazione. Un gioco si dice a informazione completa quando ciascuno dei partecipanti messo nelle condizioni di conoscere quali sono le strategie disponibili agli altri e quali risultati sono ad essi possibili (il termine tecnico payoff, cio la quantificazione della vincita o della perdita). Un gioco si dice a informazione perfetta quando ciascun giocatore correttamente informato su tutti i dati importanti su cui basare le proprie decisioni. A differenza di quanto accade nellinformazione completa, un giocatore pu avere informazioni lacunose sugli esiti possibili per gli altri giocatori. Ma le informazioni, labbiamo visto nellesaminare la propaganda e il formarsi delle pubbliche opinioni, non sempre sono distribuite simmetricamente tra i vari attori in gioco. possibile che una delle parti abbia maggiori informazioni rispetto alle altre, e sfrutti questo vantaggio per accrescere il proprio potere decisionale o contrattuale. In questo caso si parla di asimmetria dellinformazione, ed un concetto molto importante in economia 74 . b. Piccoli mondi Secondo leconomista Vilfredo Pareto c una regola empirica, detta legge 80-20, secondo la quale per una buona parte degli eventi lottanta per cento degli effetti 74 Si vedano gli studi di Akerlof sulla selezione avversa, o gli studi di Arrow, Debreu e Stiglitz. dovuto al venti per cento delle cause; o in economia, ambito originario in cui fu formulata la legge, in una data regione l80% delle risorse posseduto dal 20% della popolazione. Immaginiamo ora di voler modellizzare il nostro modo di interagire con gli altri: giacch il mondo fatto di relazioni, possibile creare un modello matematico che dia lidea di chi comunica con chi, e quanto? Sar capitato a molti, leggendo Centanni di solitudine, di doversi fare un diagramma della famiglia Buendia per ricordarsi, in mezzo a tutti quegli Aureliano e Arcadio, chi era il figlio, chi il padre, chi il fratello e chi il pronipote. Funziona con le relazioni di parentela e funziona allo stesso modo con le relazioni in genere: gli elementi da mettere in relazione vengono disposti in quello che in matematica si chiama un grafo, cio un insieme di punti (chiamati nodi) uniti o meno tra di loro da collegamenti che vengono detti archi; percorrendo un arco dopo laltro avremo fatto quel che si dice un cammino. Il sistema ha validit generale: possiamo mettere in un grafo noi stessi e le nostre relazioni di amicizia, le stazioni della metropolitana e le linee che collegano una stazione allaltra, eccetera. Diamo qualche altra informazione su come pu essere fatto un grafo. Si chiama grado di un nodo il numero di archi che ci finiscono dentro, o che partono da esso (per semplicit considereremo che il grafo non sia orientato, ossia non considereremo il verso in cui viene percorso un arco); la componente connessa di un nodo il sottografo 75 costituito dai nodi raggiungibili dal nodo di partenza (per esempio, un alunno e i suoi compagni di classe sono una componente connessa allinterno dellintera scuola); si dice che in un grafo c un hub quando esiste un nodo da cui si diramano molti pi archi rispetto agli altri nodi. Il termine ci familiare se pensiamo agli aeroporti: per esempio Heathrow un hub per lInghilterra. Tornando a Garcia Marquez, Aureliano Buendia e i suoi diciassette figli con diciassette donne diverse un hub in Centanni di solitudine. Come vengono creati i collegamenti tra i nodi? Come nascono i nodi stessi? difficile che si tratti di leggi deterministiche: dovremo dunque parlare di grafi aleatori, il che vuol dire non completamente prevedibili. Il fatto che non siano completamente prevedibili non significa che non si possa dire niente di interessante e di utile: per esempio, sapendo qual la distribuzione di probabilit si pu ricavare il numero medio di archi in un nodo. O il numero medio di relazioni sentimentali per ciascun personaggio nella famiglia Buendia. I grafi aleatori sono stati studiati a fondo da Paul Erd1s e Alfrd Rnyi 76 , i quali hanno ottenuto un risultato importante: se il numero dei nodi cresce allinfinito, ma allo stesso tempo la probabilit che due nodi siano collegati da un arco piccola, il numero medio di archi del grafo non dipende dal numero di nodi. Inoltre, al crescere del numero dei 75 Un sottografo , per dirla in breve, un sottoinsieme di un grafo che gode ancora delle propriet di essere un grafo: cio un grafo pi piccolo contenuto nel grafo di partenza. 76 Erd1s, P.; Rnyi, A. (1959). On random graphs. Publicationes Mathematicae 6: 290297, e Erd1s, P.; Rnyi, A. (1960). The Evolution of Random Graphs. Magyar Tud. Akad. Mat. Kutat Int. Kzl. 5: 1761. nodi si osserva un cambiamento nel comportamento delle componenti connesse: se il numero medio degli archi maggiore o uguale a uno, emerge una componente connessa pi grande delle altre, detta componente gigante. un modello realistico? sicuramente un modello interessante e valido, ma ha bisogno di essere implementato. Vediamo due possibili soluzioni del problema: - Siccome molti grafi reali hanno degli hub, Barabsi e Albert hanno proposto 77 che vi siano dei collegamenti preferenziali: in altre parole, chi ha gi tante relazioni tende ad averne sempre di pi. - Qualche anno fa anche la cultura di massa fu investita dalla notoriet della cosiddetta ipotesi dei sei gradi di separazione: lipotesi cio secondo la quale ciascuno di noi pu essere collegato a chiunque altro sulla faccia della Terra tramite non pi di cinque intermediari. Lidea abbastanza vecchia, risale in origine agli anni Venti, ma cominci ad essere implementata seriamente soltanto una quarantina di anni dopo, grazie alla teoria del mondo piccolo del sociologo Stanley Milgram, e trov una formulazione compiuta da un punto di vista matematico alla fine degli anni Novanta tramite il lavoro di Watts e Strogatz 78 : il succo della questione che il mondo - sotto certe condizioni - pu essere modellizzato come una rete di persone collegate tra di loro in modo da essere tutte relativamente vicine le une alle altre. Non sar Macondo, ma forse ci somiglia. c. Due esempi di decisioni Abbiamo scoperto che le decisioni che prendiamo non sono sempre razionali, ragionevoli, ottimali; e che spesso ci facciamo influenzare da quello che ci si aspetta che facciamo. Ci sono molti fattori da tenere in considerazione quando si analizzano le decisioni. Riportiamo di seguito due esempi classici di psicologia sociale: il cosiddetto enigma del carrello e lesperimento di Milgram. - Lenigma del carrello: un carrello procede a tutta velocit su una rotaia, completamente fuori controllo. Sulla sua traiettoria c un gruppo di cinque persone che, del tutto ignare dellarrivo del carrello, saranno sicuramente travolte e uccise da questultimo. Lunico modo per salvare queste cinque persone delegato a noi: possiamo premere un pulsante che azioner uno scambio sulla rotaia, deviando il carrello su un altro binario dove travolger e uccider una sola persona. Come ci comporteremmo, se fossimo chiamati a decidere? Spingeremmo il pulsante in modo da salvare le cinque persone a scapito dellunica vittima sul binario alternativo? La maggior parte delle persone risponde di s: meglio salvarne cinque che salvarne una. Lenigma del carrello ha una variante: c sempre il carrello che corre allimpazzata sul binario, destinato a travolgere e uccidere cinque persone, ma questa volta il nostro possibile intervento consiste nello spingere una sesta persona sotto le ruote del 77 R. Albert, A.-L. Barabsi (2002) Statistical mechanics of complex networks, Reviews of Modern Physics 74 (1) 47-97 78 D.J. Watts, S.H. Strogatz (1998), Collective dynamics of small world networks, Nature 393 (6684) carrello; vero, morir, ma il suo sacrificio far deragliare il carrello salvando i cinque destinati alla morte. Come ci comporteremmo in questo caso? Da un punto di vista razionale, non dovrebbe cambiare niente rispetto alla versione classica dellenigma del carrello: in entrambi i casi si tratta di scegliere se salvare cinque vite e sacrificarne una oppure sacrificarne cinque per salvarne una. Eppure, in questo secondo caso, la maggior parte degli interpellati sceglie di non sacrificare direttamente la persona da scagliare sotto le ruote del carrello. Perch questo accade? Ci sono possibili interpretazioni. Una di queste (Green) sostiene che il primo caso sia pi impersonale: premere un pulsante meno coinvolgente dal punto di vista emotivo rispetto a spingere personalmente un uomo sotto le ruote di un carrello che lo maciuller (analogamente, uccidere di persona un bambino rappresenta uno scoglio emotivo difficilissimo da superare per quasi tutti noi - per fortuna! - ma sganciare bombe su una citt dove moriranno sicuramente centinaia di bambini sembra essere meno difficile. In questo caso rientrano anche delle relazioni allobbedienza agli ordini, e le vedremo subito qui sotto con lesperimento di Milgram). Unaltra interpretazione possibile (Hauser) che riteniamo moralmente accettabile causare un danno come effetto collaterale di una nostra azione pur di avere un beneficio maggiore, ma valutiamo moralmente inammissibile causare direttamente un danno per ottenere un beneficio qualsivoglia. Nel primo caso (spingere il pulsante) agiamo in maniera razionale, nel secondo caso (spingere la persona) la componente emotiva prende il sopravvento. - Lesperimento di Milgram 79 (lo stesso Milgram del mondo piccolo) un notissimo esperimento di psicologia sociale, effettuato negli anni Sessanta con lo scopo di studiare lobbedienza agli ordini e il modo in cui essa pu inibire i nostri vincoli morali. Lesperimento venne condotto in questo modo. Vennero reclutati 40 uomini, tramite annunci sul giornale e dietro promessa di pagamento. Ciascuno di essi veniva introdotto in una stanza in cui cera unapparecchiatura in grado di somministrare scosse elettriche: al partecipante veniva assegnato il ruolo di insegnante, il ricercatore manovrava materialmente la macchina, mentre una terza persona, daccordo con i ricercatori ma senza che questo accordo fosse noto allinsegnante, aveva il ruolo di allievo e veniva attaccata alla macchina tramite una serie di elettrodi. La macchina era finta: nessuno si fece male, lallievo doveva soltanto simulare un dolore che andava dal fastidio allo svenimento, ma questo fatto non era noto ai partecipanti allesperimento; anzi, veniva fatto loro credere che il ruolo di insegnante e di allievo fosse stato scelto a caso. Allinsegnante veniva chiesto di fare delle domande allallievo, che a sua volta aveva a disposizione un set di risposte: per ogni risposta sbagliata, il ricercatore azionava la macchina che dava la scossa allallievo, variando lintensit su 30 livelli, i primi 28 dei quali erano etichettati da shock leggero a 79 S. Milgram, Behavioral Study of Obedience, 1963, Journal of Abnormal and Social Psychology 67 (4), pp. 371-378. pericolo grave. Gli ultimi due livelli, al di l di pericolo grave, erano indicati semplicemente dalla dicitura XXX. Man mano che lesperimento progrediva, gli effetti delle scosse sull allievo (effetti che, ricordiamo, erano simulati allinsaputa dellinsegnante) erano via via pi gravi e linsegnante tendeva a rifiutarsi di proseguire. A questo punto interveniva il ricercatore, che stimolava linsegnante con alcune formule standard: Continui, per favore. Lesperimento richiede che lei continui assolutamente essenziale che lei continui Non c altra scelta, deve andare avanti. Lobbedienza fu misurata in relazione al numero di livello massimo raggiunto, da 1 a 30, prima che linsegnante decidesse di abbandonare la prova vedendo le reazioni dellallievo. Il risultato sorprendente dellesperimento fu che, nonostante le proteste e lo stress che essi stessi provavano, la maggior parte degli insegnanti obbed pedissequamente agli ordini, cio alle pressanti richieste di continuare da parte del ricercatore, violando quindi i propri codici morali e il proprio istinto a non nuocere. Lobbedienza variava a seconda che linsegnante potesse assistere o meno alle sofferenze dellallievo, e in che misura; poteva infine essere coinvolto direttamente egli stesso e dover spingere il braccio dellallievo su una piastra, affinch ricevesse la scossa. Man mano che aumentava il contatto tra insegnante e allievo, linsegnante tendeva a fermarsi prima. Successivi esperimenti hanno confermato la validit dellimpianto di Milgram, e quel che si riusciti a ricavare sullobbedienza che molto spesso siamo in grado di andare oltre i nostri vincoli morali quando percepiamo che gli ordini vengono da unautorit che riconosciamo come legittima (il ricercatore in questo caso); ci consideriamo non pi liberi di agire autonomamente, ma soggetti ad eseguire gli ordini. A metterci in questa condizione concorrono il fatto che lessere degli animali sociali 80 ci educa ad obbedire a una serie di regole, e il fatto che siamo soggetti alle pressioni sociali: se disubbidiamo agli ordini, come se mettessimo in discussione lautorit di chi ce li ha impartiti. Trattare le decisioni, insomma, unimpresa delicata, sia che si tratti di fare modelli razionali sia che si tratti di studiare il modo in cui le nostre emozioni ci condizionano. Torniamo allora ai mezzi di comunicazione e al modo in cui ci fanno decidere. 4. Cambiate canale! Abbiamo visto la validit dellintrattenimento nei mezzi di comunicazione. Il fatto di puntare sullintrattenimento ha degli indubbi risvolti sulla depoliticizzazione dellutente: il che non necessariamente spegne la capacit critica, ma di certo non aiuta a formarla. 80 Appartenere a una comunit ha permesso ai nostri progenitori di essere pi al sicuro, e quindi di avere maggiori probabilit di far sopravvivere il proprio patrimonio genetico, rispetto a quanti si ponevano in solitudine fuori dalla comunit. Aveva gi intuito McLuhan 81 che il messaggio dei media consiste nel mutare le proporzioni tra i rapporti umani e che la loro funzione, nel tradurre le forme della conoscenza semplificandole, consiste (anche) nel trasferire ricchezza tramite il trasferimento di informazioni. Nei paragrafi che seguono non intendiamo tanto fare una analisi rigorosa di quanto i nostri media principali (la televisione e internet) siano in grado di canalizzare la partecipazione del fruitore e di manipolarne il modo in cui esso si accosta alle notizie, quanto di tracciare una rapida panoramica sulla banalizzazione e sulla parcellizzazione delle notizie stesse, e su come questi meccanismi incidano sul nostro approccio alla conoscenza. a. Cattive maestre e pessimi allievi Nei primi anni Novanta Popper si lamenta dellinfluenza nefasta della televisione come mezzo per sdoganare la violenza 82 e come potenziale vulnus democratico. La premessa che al momento la TV, producendo a man salva programmi di cattiva qualit dove predominano la violenza e i comportamenti antisociali, unenorme forza culturale per il male; peggio ancora, difficile mutarla in bene, nonostante le sue potenzialit di mezzo di comunicazione di massa, perch difficile trovare gente che sia in grado di produrre 20 ore al giorno di programmi di buona qualit, a maggior ragione con il proliferare delle reti. Quindi le TV producono contenuti sensazionali per mantenere laudience, e il sensazionalismo fa scendere il livello medio dei contenuti stessi, in una gara al ribasso in cui la vittima, il telespettatore, usata al contempo come pretesto per abbassare gli standard. Ci si difende infatti dicendo che si d alla gente quello che la gente vuole; e che dare alla gente quello che la gente vuole sarebbe un principio democratico. Ma, argomenta Popper, democrazia vuol dire anche trasmettere le conoscenze, non vuol dire necessariamente omologare verso i basso la qualit dellofferta, ove questo basso viene reso pi accattivante da alti livelli di sensazionalismo. C un dibattito aperto se alti livelli di violenza in tv e nei videogiochi predispongano alla violenza nella vita reale e, in realt, ci in media non accade, siamo cio generalmente in grado di contestualizzare la violenza e di non comportarci nella vita di tutti i giorni come Dexter Morgan o come un personaggio di Gran Theft Auto (per quanto, se avete mai cercato parcheggio in una grande citt, questultima conclusione possa sembrarvi non del tutto ovvia). Per innegabile la potenzialit della televisione nellorientare le persone, soprattutto se ne guardiamo tanta, soprattutto se non abbiamo altri filtri culturali. La proposta di Popper di introdurre un sistema di autocontrollo: chiunque sia legato alla produzione televisiva deve avere una specie di patente vincolante per lesercizio della professione, che un organismo esterno pu ritirare nel caso il prodotto televisivo entri in contrasto con una serie di principii: chi si occupa di 81 M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore 1967 82 K. Popper, Cattiva maestra televisione, Marsilio 2002 comunicazione, nella fattispecie di televisione, deve essere indotto a sentire pressante la responsabilit di manovrare un mezzo di educazione di massa. Il perch questa regolamentazione sia necessaria per le sorti democratiche, spiega Popper, presto detto: se la democrazia consiste nel mettere sotto controllo il potere politico, non si pu ignorare il potere della televisione nel potere politico, e tantomeno si pu sottovalutare il rischio dellabuso di tale potere. Nel definire questo potere, oltre allassuefazione agli eventi sensazionali c il problema della banalizzazione degli eventi stessi. Quello che passa in tv, dal variet al dibattito politico, un genere di spettacolo. Pu occuparsi di altro - cultura in senso lato, politica, scienza - ma essenzialmente uno spettacolo, che ha i suoi tempi, i suoi modi ed caratteristico del mezzo. E cos capita spesso che la cultura divulgata sia divulgata male, con un occhio di riguardo alle esigenze dello spettacolo televisivo pi che alla divulgazione vera e propria dei contenuti: uno show dai contenuti precotti, facilmente digeribili, che non necessita di approfondimento ma che allo stesso tempo ci appaga facendoci sentire parte di un evento che riteniamo culturale. Detto in altre parole: esistono programmi culturalmente validi, ma si ritrovano persi in un mare di altri programmi che vengono scambiati per equipollenti, con danni enormi per quanto riguarda la nostra educazione e la nostra percezione della complessit del mondo. Ma c di pi. Il nocciolo della questione latteggiamento passivo dello spettatore; un programma televisivo, soprattutto se di intrattenimento, ci suggestiona inconsapevolmente, tenendoci lontani dalla riflessione e dalla concettualizzazione di quello che stiamo guardando. Un programma televisivo perlopi facile, accessibile: di sicuro lo sono quelli che si prefiggono di comunicare al vasto pubblico. Non una reprimenda su quanto sia plebeo e incolto lo spettatore medio: ci caschiamo dentro tutti, quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno palare 83 , senza pensarci sopra. Quando va bene, la televisione ratifica la realt, non la indaga. Anche nei programmi di inchiesta, spesso procede per tesi. Quando va male costruisce un mondo fittizio e ce lo spaccia per vero. Siamo una comunit, in quanto telespettatori, perch sappiamo che ciascuno nella propria monade sta guardando lo stesso programma che stiamo guardando noi. Lapparizione televisiva quella che canonizza la fama, e ci che apparso in televisione reale, razionale e vero. Serve davvero una patente, per fare televisione? Il lamento di Popper attuale, a ventanni di distanza? Potremmo dire, adesso che ci sono migliaia di canali a disposizione, tra digitale e satellite, che il problema sia relativamente risolto: ciascuno di noi ha la possibilit di scegliere tra un numero piuttosto consistente di programmi validi, e concentrarsi su quelli invece che sulle urla e sulle reboanti pacchianate di vecchie star in declino, in quella che una perpetua, agghiacciante e sfavillante versione di Viale del Tramonto, con la societ dello spettacolo tutta intera nei panni di Gloria Swanson, e il senso critico 83 F. De Gregori, La storia. Dallalbum Scacchi e tarocchi, RCA Italia 1985 del telespettatore che galleggia assassinato nella piscina. Ma non vero che il problema risolto, perch il guaio a monte. Ossia: come siamo in grado di scegliere quali programmi guardare? Come ci orientiamo? possibile che uno spettatore, avvezzo esclusivamente al trash ululante, cambi canale appositamente e si metta a seguire una serie di approfondimenti sui maestri del Rinascimento o sullalgebra di Boole? O cercher sempre pi conferma ai propri gusti focalizzandosi sul trash ululante, forte del fatto che sui suoi canali non sentir mai parlare daltro? La segmentazione e la frammentazione dellutenza un problema che riguarda ancor pi da vicino internet, e la affrontiamo subito. b. Internet Nonostante i quasi venticinque anni del World Wide Web, pensiamo ad internet come una tecnologia nuova, considerando lo sviluppo delle sue funzionalit nellultimo decennio e le prospettive che lascia intendere di avere. C chi guarda tutto ci con enorme sospetto: la gente non comunicher pi di persona, andremo incontro a un dominio delle macchine, ad una prevalenza delle interazioni sui social network, ci chiuderemo in una bolla. Il web pone dei problemi reali - per esempio il fatto che singole persone possano gestire decine o centinaia di account contemporaneamente, che il traffico in rete possa essere pertanto pompato a discrezione, il che pone delle questioni su cosa sia la rappresentativit, o il problema di bilanciare le esigenze della sicurezza, della privacy e della democrazia - ma c comunque chi lo guarda con uno spavento a priori, come se si trattasse dellArma di Fine di Mondo, di ci che distrugger la nostra societ. Persone del genere ci sono sempre state e sempre ci saranno. successo con il cinema, con la radio, con il telefono, col telegrafo, sar successo con la stampa a caratteri mobili, e possiamo tranquillamente pensare che il primo uomo che scopr la ruota sia stato affrontato da un Movimento No Ruota i cui membri, apocalittici e infastiditi dellempiet del nuovo, prospettarono un futuro gramo e tremebondo in cui la Ruota avrebbe portato ogni male possibile. E cos come ci sono quelli per cui loptimum della civilt umana stato raggiunto quando avevano ventanni, e dopo quel periodo di irripetibile bellezza tutto andato degradandosi senza che vi fosse una sola speranza che un giorno sarebbero ritornati gli antichi splendori, esistono di converso quelli che sono entusiasti a priori di ogni novit, e ci vedono un mezzo incontrovertibile con cui il mondo potr essere finalmente salvato, redento dei suoi peccati e tirato a lucido. Internet vanta una schiera di ammiratori acritici convinti che la Rete, questa personificazione di una divinit onnisciente, onnipotente e benigna, possa essere la risposta ultima ai problemi sociali. Lo sviluppo galoppante di internet apre, non c dubbio, un sacco di prospettive interessanti. Le informazioni viaggiano non solo in verticale dallalto al basso, com stato nei media tradizionali e agli albori della stessa avventura del web, ma anche in orizzontale: chiunque pu caricare contenuti e condividerli. Questo pu dare lillusione, o la speranza, di una maggiore democraticit e di una maggiore apertura: ma bisogna anche tenere conto del fatto che gli utenti tendono a frequentare siti che sono gi frequentati da altri, ossia che tendono ad aggregarsi dove gi c aggregazione. Abbiamo segnalato il fenomeno poco sopra, con il modello dei collegamenti preferenziali di Albert e Barabsi. Altre prospettive interessanti - o inquietanti in senso orwelliano, se volete - vengono dal modo in cui il sistema di condivisione rapida delle preferenze e degli apprezzamenti a pagine e prodotti pu influenzare la nostra navigazione successiva: i motori di ricerca terranno conto dei siti che abbiamo visitato, Youtube tender a proporci video simili a quelli che abbiamo gi visto, Facebook tender a proporci della pubblicit di prodotti su misura per noi. Come creatori di contenuti sociali, c anche il rischio che ci trasformiamo in manodopera gratuita per i contenitori che ci ospitano. Siamo utenti che socializzano e allo stesso tempo clienti che, inconsapevolmente, pagano e orientano il mercato: e questo sembra uscito dalla penna di Huxley. Sulla capacit di internet e dei social network in particolare di essere una leva libertaria c chi avanza qualche dubbio 84 . Mobilitarsi su Facebook o Twitter o firmare petizioni online immensamente pi facile di seguire personalmente una campagna politica, e pu dare per questo un falso senso di partecipazione che ci appaga: la spirale dellintrattenimento e della depoliticizzazione che abbiamo visto operare nella televisione continua qui con altri mezzi, anche tenendo conto del fatto che buona parte del tempo che spendiamo in rete catalizzato da pornografia e video di animali teneri che fanno cose buffe. A volte invece accade che la forza di una mobilitazione sulla rete prenda piede anche nel mondo in carne ed ossa, e in genere non si pu negare la capacit di internet di influenzare la vita reale, anche se questo potere deve essere un costante oggetto di studi 85 . Infine, continuando a parlare di opportunit interessanti, vogliamo menzionare quella che ci sembra pi stimolante dal punto di vista filosofico e - in senso lato - umanistico. Lo sviluppo dei computer e di internet, la loro sempre pi stretta interazione con noi, la rete di connessioni che viene a crearsi tra linformatica, le scienze cognitive, la filosofia, e il modo con cui questa rete di connessioni si relaziona a sua volta con la nostra vita quotidiana, sono tutti spunti che ci portano a riflettere su quello che definisce il nostro essere umani. E in questo, le prospettive culturali sono enormi. Nella storia dellumanit questa domanda ce la siamo sempre posta, ma il termine di confronto sono stati gli altri animali, gli oggetti inanimati, le proiezioni del nostro senso di s che abbiamo via via 84 E. Morozov, cit. 85 Uno studio recente (e al centro di polemiche per la metodologia poco ortodossa, che ha sollevato questioni di etica e privacy sui social network) mostra per esempio come il contenuto dei messaggi che visualizziamo su Facebook provochi una sorta di contagio emotivo: la lettura di messaggi positivi stimola emozioni positive e analogamente messaggi negativi stimolano emozioni negative. Il fatto noto per quanto riguarda le interazioni di persona, dove per entrano in gioco anche e soprattutto fattori non verbali, ed stato riscontrato su Facebook dove la comunicazione non verbale assente (o ridotta alle sole emoticon). Si veda A. D.I.Kramer, J.E. Guillory, J.T. Hancock, Experimental evidence of massive- scale emotional contagion through social network, 2013, PNAS http://www.pnas.org/content/early/2014/05/29/1320040111 definito come divinit; questa volta abbiamo anche macchine costruite da noi, che fanno calcoli, applicano regole, e ci aiutano con il loro operare a capire meglio che cosa sia lintelligenza e chi siamo noi. Abbiamo poi il problema della banalizzazione. Il fatto che le notizie siano orizzontali (chiunque pu caricare e condividere contenuti) e il proliferare di siti e blog ci pongono nuovi problemi sulla loro credibilit: se uno stesso argomento - poniamo, il cambiamento climatico - trattato da alcuni siti in un modo, e da altri in maniera opposta, a chi prestiamo fede e perch? Una notizia pu essere banalizzata a tal punto da esserne stravolta: siamo in grado di capirlo, quando ce la troviamo davanti? Molte persone tendono a non fidarsi delle cosiddette fonti ufficiali - agenzie governative, universit, istituti di ricerca, professionisti che hanno speso tempo e impegno nel campo di cui si occupano - in quanto le ritengono prezzolate e al servizio di poteri pi o meno noti e pi o meno forti. sistematico che le persone che cercano fonti di informazione alternative siano anche quelle che tendono a credere a tutto quello che si dice loro, vero, verosimile o falso che sia. Se da un lato esse sembrano essere consapevoli del potere di manipolazione mediatica quando arriva dalle autorit, dallaltro lato sono incapaci di distinguere lo stesso potere derivante dalle fonti da cui attingono. E creano un circuito che si autoalimenta: i siti che propugnano le cosiddette bufale si rimandano luno allaltro, nutrendo una comunit che trae rinforzo dai propri stessi pregiudizi. Pagine siffatte non cercano tanto di proporre una notizia, uninterpretazione o una serie di domande, quanto di evangelizzare a un credo, spesso in buona fede, talvolta no. E chi vi si rivolge tender a fidarsi sempre meno delle fonti che gli dicono cose diverse da quelle a cui vuole credere: con esiti a volte semplicemente grotteschi (le manifestazioni contro le scie chimiche al pi possono fare folklore) a volte socialmente pericolosi (scegliere di non vaccinare i figli mette a rischio sia i propri bambini sia tutti i soggetti immunodepressi che non possono essere vaccinati e che sfruttano limmunit di gregge 86 ). C quindi la tendenza a identificare la rete come un luogo capace non solo di smistare le informazioni, ma anche di produrre autonomamente conoscenza: una conoscenza fatta di informazioni frammentarie, rapide, veicolate con strategie di marketing, una conoscenza tale per cui basta leggere degli articoli di incerta provenienza e guardare dei video su Youtube per superare lo scoglio di dover trascorrere dei mesi, o degli anni, ad approfondire un argomento. Quando crediamo di aver capito qualcosa, siamo in grado di spiegare che cosa abbiamo capito e che cosa non abbiamo capito? siamo in grado di fare domande pertinenti? di rispondere correttamente a delle domande? un problema che non riguarda solo le 86 Si chiama immunit di gregge (herd immunity) la situazione che si verifica in una comunit quando quasi tutti sono vaccinati, per cui gli eventuali agenti patogeni non riescono, se presenti, a diffondersi: se tanti sono vaccinati, la probabilit che una persona infetta incontri - e contagi - una persona non immunizzata bassa. In questo modo anche la persona non immunizzata protetta. Va da s che se il numero di persone vaccinate diminuisce, la probabilit che linfezione circoli aumenta. informazioni tratte da internet ma luso del web e la condivisione sui social network ha amplificato la necessit di affrontarlo. B. Linvoluzione del dissenso 1. Questioni fondanti a. Comprensione e linguaggi Fermiamoci un attimo. Abbiamo messo un sacco di carne al fuoco e rischiamo di perderci, se di tanto in tanto non facciamo mente locale e cerchiamo di ricapitolare la strada che abbiamo fatto e dove siamo arrivati. Dopo lescursione sui modelli del mondo e sui mezzi di comunicazione torniamo allargomento principale, il metodo, e cerchiamo di mettere insieme tutti i pezzi. Tutto questo parlare di dialoghi e comunicazione e criteri di verit e di correttezza stato sicuramente utile, ma che cosa abbiamo compreso? Meglio ancora, che cosa vuol dire che abbiamo compreso qualcosa? Heidegger 87 sosteneva che il discorso, e il linguaggio 88 a cui il discorso inesorabilmente correlato, lespressione e larticolazione della comprensione, che a sua volta uno dei punti fondamentali dellesistenza. La comprensione serve a fondare linterpretazione e quindi lasserzione, che allo stesso tempo una manifestazione (un rendere chiaro, palese 89 ), una predicazione (nel senso di attribuire un predicato a un soggetto) e una comunicazione. Ogni relazione tra noi e il mondo possibile grazie al fatto che noi, prima ancora di fare esperienze, abbiamo un certo patrimonio culturale, un certo numero di pregiudizi - che vuol dire semplicemente giudizi dati prima, senza connotazione negativa. questa lopinione anche di Gadamer 90 , che cerca a tal proposito di spiegare che cosa sia la sua esperienza di verit (Erfahrung il termine usato, nel senso di esperienza di vita): c unesperienza di verit quando lincontro tra un soggetto e un oggetto produce una effettiva modificazione nel soggetto. Ma possibile uno sguardo completamente oggettivo, scevro da condizionamenti? I due, Heidegger e Gadamer, sostengono di no; e per il secondo, bisogna fare attenzione al predominio che la scienza moderna si arroga nel campo della conoscenza e della trattazione filosofica del concetto di verit, perch latto del comprendere ha una validit autonoma nello stesso ambito della scienza, e rifugge a una riduzione al metodo scientifico. 87 M. Heidegger, Essere e tempo, 4, 31-33 88 Su che cosa siano i nomi, se racchiudano in s un significato, incentrato il Cratilo di Platone. 89 Da un punto di vista filosofico, noi sappiamo quando abbiamo visto. La centralit della visione rispetto agli altri sensi, per lessere umano, testimoniata anche dalla lingua, quantomeno per le lingue indoeuropee: dalla radice comune -wid derivano il latino video (vedere), il sanscrito veda (!", sapere); in greco antico il verbo 2+34, che vuol dire vedere, ha laoristo #56( che viene utilizzato con il significato di sapere. Ho visto, quindi so. 90 H. Gadamer, Verit e metodo, Bompiani 2000 Sar poi ad esempio il dialogo con la tradizione a farci attingere a verit che sarebbero state altrimenti irraggiungibili; e vedremo tra poco alcuni esempi di come la tradizione sia stata usata a scopo propagandistico e di attivismo pi o meno consapevole. Menzioniamo questi punti di vista perch indubbia linfluenza che Heidegger e Gadamer hanno avuto in ambito ermeneutico e - il che ci interessa di pi - nel sentire comune riguardo ai limiti del metodo scientifico. Linterpretazione un atto circolare: le parti del testo muovono verso lintero testo, e lintero testo rimanda alle parti, e tra le cose conosciute e quelle ancora da conoscere c uno scambio continuo. Detto in altre parole: vero che locchio dellosservatore ineliminabile? E se vero, la pretesa di avere una conoscenza oggettiva non un po come un atto di fede? Cerchiamo di rispondere. Innanzitutto - grossomodo - vero che locchio dellosservatore ineliminabile: abbiamo strumenti di diversa precisione e sensibilit, oltre al nostro occhio, sottoponiamo ad altri le nostre esperienze affinch le ripetano e confrontino con noi i loro risultati, ma se per il nostro occhio si intende il filtro che ci deriva dal fatto di essere tutti umani, potremmo pensare che la nostra pretesa di oggettivit, di guardare il mondo cos com e non come lo vediamo noi, sia un atto di fede. Ma dobbiamo anche notare che con quello che vediamo del mondo siamo in grado di costruire teorie consistenti che ci permettono di fare delle previsioni verificabili e di tirar fuori delle applicazioni tecnologiche funzionanti. Per tornare al classico esempio della gravit: sar forse vero che la fisica newtoniana mediata dal nostro essere umani, che frutto di quello che il nostro cervello capisce, che scritta in un linguaggio che abbiamo sviluppato apposta, ma sta di fatto che quando costruiamo un aereo, sfruttando le nostre conoscenze di fisica classica, dalla gravit alla fluidodinamica, laereo vola. Il metodo non richiede altre assunzioni ad hoc, ed per questo che , ad oggi, lo strumento di gran lunga migliore per affrontare la conoscenza empirica. A questo proposito, il metodo scientifico in grado di affrontare il problema della gestione dellinformazione contenuta nei messaggi: la branca che stata sviluppata si chiama teoria dellinformazione ed nata a partire dai lavori di un matematico e ingegnere che lavorava nei laboratori della Bell e si chiamava Claude Shannon 91 . Il concetto base del lavoro di Shannon capire come si fa a riprodurre esattamente, o con una adeguata approssimazione, un messaggio da un punto ad un altro dello spazio. Lo schema di funzionamento : il messaggio parte da una fonte, viene codificato (per esempio, dalla lingua in cui scegliamo di parlare), passa attraverso un canale di comunicazione, viene decodificato e arriva al ricevente. Quando il segnale - cio, il messaggio che viene comunicato - passa attraverso il canale della comunicazione pu capitare che venga distorto. Quello della trasmissione corretta del messaggio il problema cruciale della comunicazione, sia che riguardi un dialogo diretto tra due 91 C. Shannon, A Mathematical Theory of Communication, The Bell System Technical Journal, vol.27, pp- 379-432, 623-656, July, October, 1948 persone, faccia a faccia, sia che preveda lutilizzo di qualche meccanismo di trasmissione: il telefono, una chiamata via Skype, eccetera. Il problema in questultimo caso sia semantico - come trasmettere correttamente il significato del messaggio - sia ingegneristico - e di questo aspetto non ci occuperemo in questa sede. comunque importante che vi sia un feedback, cio un segnale di ritorno e di conferma: quando il destinatario riceve il messaggio, necessario che si possa in qualche modo verificare se il messaggio stato recepito a dovere. La modellizzazione della comunicazione importante ma, come abbiamo illustrato e ripetuto pi volte, ogni modello ha dei limiti di applicazione. Per esempio, il modello fin qui esposto non tiene conto del contesto in cui il messaggio viene comunicato; la trasmissione di informazioni, quantunque corretta, pu non essere equivalente a una comunicazione efficace. Il processo interpretativo sempre aperto, siamo sempre intenti a decodificare e codificare simboli, a collocare correttamente gli elementi del linguaggio, a cercare di comprendere i vari piani di significato - letterale, metaforico e quantaltro - che ci sono in un discorso, a vagliare le espressioni, a fraintenderci e a dire no, io avevo detto cos e tu hai capito col, ma intendevo tuttaltro 92 . Il che pu avere anche delle conseguenze gradevoli, se ci piacciono le commedie degli equivoci o i giochi linguistici: chi non lavesse fatto, legga La lettera di Ramesse di Achille Campanile 93 , splendido e spassosissimo esempio in cui un giovane innamorato e la fanciulla dei suoi desideri fraintendono in modo disastroso i rispettivi geroglifici, che a distanza di quattromila anni verranno poi reinterpretati con ulteriori fraintendimenti da un grande egittologo. Talvolta lerrore nella comunicazione invece ha risvolti tragici: se frate Giovanni 94 non fosse rimasto bloccato a Mantova dalla quarantena per la peste e avesse potuto avvertire Romeo che Giulietta non era morta davvero, con ogni probabilit i due innamorati non si sarebbero uccisi. Certo, c anche da dire che in questo caso avremmo un capolavoro in meno, e molte meno frasi da leggere nei biglietti dei cioccolatini. Il che ci porta a domandarci: quando comunichiamo con qualcuno, c differenza tra capire male e non capire affatto? E se s, che cosa peggio? Lasciamo per ora in sospeso questa domanda - risponderemo tra poco - e andiamo a parlare di uno dei problemi che possono inficiare la trasmissione corretta di un messaggio: latteggiamento anti intellettuale, nelle sue varie sfaccettature. b. Lanti intellettualismo. Esiste in alcune persone una sorta di classismo alla rovescia che vede nel lavoro intellettuale una sorta di sottile abiezione morale, un compromesso al ribasso con un 92 La bibliografia sulla filosofia del linguaggio sterminata e qui non ci occupiamo di questa materia. Si veda per J. Searle, Atti linguistici. Saggio di filosofia del linguaggio, Borighieri 1976 93 A. Campanile, In campagna unaltra cosa, BUR 94 W. Shakespeare, Romeo e Giulietta. Sulla difficolt di interpretare i messaggi Shakespeare ci torner utile anche in seguito: vd. infra, Parte terza, B.3 non meglio definito potere, o comunque qualcosa di meno dignitoso del lavoro cosiddetto manuale. Si tratta di una palese mistificazione, talvolta incoraggiata da un atteggiamento non privo di un certo snobismo 95 esercitato da parte di chi si occupa, in senso lato, di cultura, ma che non ha - a nostro avviso - elementi fondati su cui reggersi in piedi. La possibilit che internet e una minima alfabetizzazione di massa (peraltro sacrosanta) a chiunque di andare alla ricerca di informazioni e di nozioni talvolta ci inducono a svilire il percorso fatto da chi ha dedicato a un dato argomento di studio anni interi della sua vita, o addirittura lintera sua esistenza. Il diritto di critica non sar mai valorizzato a sufficienza, ma la libert di parola non si esplica in uno sparare a zero indistinto contro qualsiasi argomento che non incontri il favore del nostro pregiudizio: eppure tendiamo ad essere tutti scienziati, tutti letterati, tutti politologi, con la stessa sicumera apodittica con cui siamo tutti commissari tecnici della nazionale di calcio, o esperti di sesso, o - con acribia speculare - feroci denigratori a priori di chiunque provi entusiasmo per dei passatempi apprezzati dalle masse. Parimenti non ci dovremmo mai stancare di dare importanza al diritto-dovere di informarci, di continuare a farlo, di aggiornare periodicamente le nostre conoscenze e di non fossilizzarci su quel che gi sappiamo o crediamo di sapere. Ma a questo proposito sinsinua la minaccia dellirrazionalismo. C infatti una abitudine culturale che serpeggia sottotraccia ed emerge talvolta in tempi di crisi, e che prevede da un lato il sospetto nei confronti della cultura e degli intellettuali che hanno costruito il loro sapere in anni di pratica e fatica, e dallaltro lato il culto della tradizione, il rifiuto della modernit: pur appoggiandosi alla tecnologia, questo rifiuto ha a che fare con unidiosincrasia per lIlluminismo e per la sua fiducia nelluso della ragione. Se questa fiducia stata spesso ingenua e ottimista fino al fideismo, non c per motivo di rinunciare ai potenti mezzi conoscitivi che la ragione ci offre, e soprattutto non c motivo per vedere complotti o disegni occulti dappertutto. Abbiamo visto che ci viene naturale, istintivo, che riconoscere pattern regolari anche dove non ci sono ha rappresentato un vantaggio evolutivo, ma nulla ci costringe ad abbandonare il raziocinio e il vaglio ponderato delle situazioni. Dove ci porta questo atteggiamento 96 ? Cerchiamo di capirlo analizzando in breve gli esiti in ambito filosofico e politico. 2. Piccoli disastri annunciati 95 Ci venga perdonato luso spudorato della litote. 96 Il sospetto contro la cultura e il culto della tradizione sono tra i sintomi che Umberto Eco attribuisce a quello che chiama Ur-fascismo, o fascismo eterno. Si veda U. Eco, Il fascismo eterno, Bompiani 1997 a. Filosoa pi o meno naturale Le nostre concezioni su che cos lo spazio, che cosa il tempo, che cos la materia, che cosa sono le cose e chi siamo noi sono profondamente cambiate nel corso degli anni, conosciamo molto di pi: grandi impulsi filosofici sono venuti dallapprendere che lo spazio e il tempo non sono assoluti ma fanno parte di ununica struttura matematica, un mondo in cui le distanze tra gli eventi si calcolano con un certo formalismo e con una certa metrica; grandi impulsi filosofici sono arrivati dallapprendere che a livello microscopico esistono particelle identiche; grandi impulsi filosofici sono arrivati dallavere imparato cose nuove su ci che significa fare una osservazione; ancora, grandi impulsi filosofici sono arrivati dal sapere che la nostra specie il risultato di un processo di evoluzione per selezione naturale, che vi sono connessioni tra lontogenesi e la filogenesi, che siamo frutto combinato di caos e necessit, che le informazioni genetiche per il funzionamento del nostro e degli altri organismi viventi sono contenute in una macromolecola (il DNA) che fatta in un certo modo, assemblata in un certo modo, con determinati costituenti e non con altri; nuove cose abbiamo imparato sui concetti filosofici di causa, di finalit, di casualit; sui concetti di infinito e di potenzialit; sulle categorie, dopo Aristotele e Kant, con la teoria matematica delle categorie, dei gruppi e degli insiemi; sui fondamenti delle teorie scientifiche, dai lavori di Riemann sulle geometrie non euclidee e dalle speculazioni di Hilbert, Poincar, Einstein e dei padri della meccanica quantistica; sulla responsabilit morale, dove il pensiero umano progredito dal mito di Er narrato da Platone 97 ai pi recenti studi sul funzionamento del cervello; sul concetto di computabilit; sulla formazione dei linguaggi, sul loro ruolo, sui loro limiti e sulle loro risorse; nuove forme di pensiero ci insegnano a guardare il mondo. Problematiche filosofiche che si possono ingenerare dalle applicazioni tecnologiche, e di fatto si sono gi ingenerate, sono la reazione a un possibile Panopticon digitale, il ruolo dellinformazione e la sua rimodulazione nel passaggio al digitale, il dibattito sul fatto che la rete sia o meno in grado di produrre delle verit come epifenomeno, il dibattito sui modelli di sviluppo. Alla fine, siamo ancora estremamente ignoranti. Siamo pieni di pregiudizi. Lo sappiamo, e abbiamo un mezzo per cercare di sbrogliare la matassa; un mezzo non definitivo ma sempre pronto a rimodellare le nostre idee quando si manifestano come inadeguate. La nostra concettualizzazione progredisce senza posa. Ci sono due svantaggi: il primo che per acquisire tecniche, metodiche e conoscenze ci vogliono tempo e fatica; e se vero che a non tutti richiesto di impiegare in questo campo il proprio tempo e la propria fatica (anzi, c bisogno che vi sia chi impiega il proprio tempo e la propria fatica altrove: per scrivere bei romanzi, diventare musicisti, fare il 97 Platone, Repubblica, Libro X. bravo cuoco, il buon sarto o il sapiente politologo, comunque necessario 98 impiegare tempo e fatica), per necessario essere consapevoli della quantit di tempo e fatica che vengono impiegati da altri. E non cercare di svilirli, di sminuirli, di pensare che tempo e fatica possano essere scansati con qualche scorciatoia, un po come fanno certi furbi che non vogliono fare la fila alla posta e dicono di voler passare avanti perch hanno fretta, o hanno un parente che lavora nella direzione. Meschinit sociali queste, meschinit intellettuali quelle. Il secondo svantaggio che man mano che le conoscenze si ampliano si assiste anche a una loro parcellizzazione: i grandi generalisti non esistono pi, non umanamente pensabile che una singola persona possa avere delle competenze profonde in tanti campi diversi. La settorializzazione proficua fintantoch le conoscenze possono essere comunicate efficacemente da un settore allaltro, ma diventa una mera disgregazione del sapere quando manca una base comune di interazione e condivisione, e a maggior ragione quando assente una visione quanto pi possibile dinsieme, e a ragione ancor maggiore quando gli specialisti di un settore ritengono che il proprio settore sia paradigmatico del sapere nel suo complesso, e comunque pi meritevole di attenzione (e di risorse) degli altri. I successi epistemologici della scienza hanno avuto influenza sulla cultura in senso generale gi da molto tempo. Con lilluminismo nel Diciottesimo secolo si cominciato, nel concepire la ragione come fondamento della conoscenza, a cercare per la ragione un metodo che fosse agganciato alla disciplina razionale per eccellenza, cio laritmetica, e si avuto un rigetto per la metafisica 99 . Con il positivismo, un secolo e mezzo dopo, c stato un altro rigetto della metafisica (nel frattempo, come noto, c stato Hegel e la metafisica ha vissuto nuovi e inquietanti splendori): c fiducia nella scienza e nellaffermazione della ragione, la descrizione del mondo va basata sui fatti reali, oggettivi, concreti, utili, anche fino ad arrivare a cercare di dimostrare la scientificit del socialismo. Un importante contributo arriva negli anni Trenta del secolo scorso ad opera del Circolo di Vienna 100 . Gli elementi su cui si impernia il discorso il progetto di unificazione della scienza e il dominio della logica: le uniche proposizioni che hanno senso sono quelle suscettibili di verifica empirica. Ridurre la matematica e laritmetica alla logica era stato 98 E non necessariamente sufficiente. 99 Facendo un discorso molto rozzo e succinto, per metafisica si intende la disciplina che si occupa della Causa e del senso dellIntero, cio della totalit, e delle relazioni tra il soggetto e loggetto (le aporie di questa relazione sono state affrontate da Hegel). Il suo tratto unificatore e distintivo rispetto alle altre discipline del pensiero cercare la spiegazione ultima della totalit del reale. Per antimetafisica, qui, intendiamo la concezione di trattare il mondo dellesperienza come non oltrepassabile. In questo senso lantimetafisico per eccellenza David Hume, che conclude la sua Ricerca sullintelletto umano definendo sofisticherie e inganni (sophistry and illusion) ci che pertiene alla metafisica, poich non si occupa n di ragionamenti astratti sulla quantit o sui numeri, n di ragionamenti sperimentali su questioni di fatto e di esistenza. 100 O. Neurath, H. Hahn, R. Carnap, La concezione scientifica del mondo, 1929 un progetto prima di Leibniz e poi, alla fine dellOttocento, di Frege 101 , il quale partiva dalla distinzione tra pensiero e atto del pensare e cercava un linguaggio formale in grado di liberare la matematica dallintuizione. La verit, per Frege, era una propriet degli asserti; cera bisogno di una teoria del significato che spiegasse la differenza tra denotazione di unespressione e senso di unespressione. Il lavoro di Frege fu sviluppato e modificato da Russell 102 che port alla formulazione della teoria dellatomismo logico, che consiste nel portare avanti lanalisi logica fino alle nozioni basilari, elementari, per lappunto gli atomi della logica. In Wittgenstein il significato degli enunciati va cercato in quelli che chiama stati di cose; la propriet di un enunciato dessere vero o falso pertiene invece ai fatti. Pertanto il suo modello si riconduce ad una tesi raffigurativa del linguaggio e alla tesi dellineffabilit 103 : le proposizioni delle scienze empiriche sono tutte e sole quelle che riempiono lambito del linguaggio significativo perch sono le uniche di cui si possa dire se sono vere o false. Il progetto di ridurre la matematica e laritmetica alla logica fu poi dimostrato non realizzabile dai famosi teoremi di incompletezza di Gdel. Dal Circolo di Vienna abbiamo il fisicalismo di Neurath, secondo il quale gli asserti devono essere determinati in maniera spazio-temporale; abbiamo lambizione alla totale intersoggettivit del linguaggio scientifico da parte di Carnap e del suo albero genealogico dei concetti; abbiamo il verificazionismo di Schlick, secondo cui una verifica sperimentale condizione necessaria e sufficiente per validare una teoria, e che oggi noto soprattutto perch stato abolito da Popper e sostituito dal principio di falsificabilit, secondo il quale la verifica sperimentale solamente necessaria, ma non sufficiente. E soprattutto abbiamo un sacco di critiche: la fiducia nelle magnifiche sorti e progressive della scienza, che ha avuto il suo exploit ai tempi della rivoluzione industriale, si un po alla volta incrinata. Dal lato filosofico c stato lattacco al metodo induttivo; dal lato sociale c stata la presa datto che cerano parti della cultura a cui il metodo scientifico non poteva dare risposte dirimenti (il diritto, larte nelle sue varie ramificazioni, anche se le neuroscienze negli ultimi anni stanno cominciando a dare informazioni interessanti sullestetica 104 ) e che non tutte le applicazioni tecnologiche avevano lesito di rendere il mondo migliore per chi lo abita - anche se molte senza dubbio lo fanno, dalla penicillina di Fleming allinnovazione delle tecniche agrarie di Borlaug, passando per lantipolio di Salk e Sabin, la lavatrice, la pillola anticoncezionale, eccetera. E quantomeno si pu sperare che quando gli esiti sono 101 G. Frege, Senso e denotazione (1892) 102 B. Russell, Whitehead, Principia Mathematica 103 nota lultima proposizione del Tractatus, unaltra di quelle massime che vengono citate fuori contesto per fare colpo in societ, che recita Di ci di cui non si pu parlare, si deve tacere. 104 Si vedano a questo proposito i lavori del neurologo V. Ramachandran; per esempio V. Ramachandran, Che cosa sappiamo della mente, Mondadori 2004 nefasti, ci sia almeno qualcuno di ricavarci delle grandi narrazioni: le precarie condizioni dei minatori francesi finiscono in Germinale di Zola, degli operai di Dickens abbiamo tutti memoria, nessuno pu sollevare obiezioni sulla plausibilit scientifica dei romanzi di Asimov, e perfino da una crisi economica devastante come quella del 1929 spuntata fuori unopera capitale come Furore di Steinbeck 105 . A volte si ha per limpressione che chi si contrappone alla metodologia uscita dal circolo di Vienna, che pure ha tutti i suoi limiti, pi che avversarla semplicemente la ignori. Non vale per tutti: fuor di dubbio che un Quine sapesse perfettamente ci di cui parlava, per esempio. Ma non poi in cos buona compagnia. E bisogna anche ricordare che gli aspetti della teoria del linguaggio e linteresse per la scienza alla base del neopositivismo sono ora sono appannaggio della filosofia analitica (Grice, Davidson, Searle, Dennet, Fodor...). Al di fuori di questo ambito di ricerca c limpressione sgradevole che un buon numero di fustigatori dellempirismo logico in realt non aspettasse che un pretesto per fuggire dal rigore metodologico della matematica. Eppure, parlare di filosofia della scienza e addirittura di scienza senza conoscerne (in senso operativo, effettivo) il metodo una operazione culturale intellettualmente imbarazzante ancor prima che disonesta, per quanto diffusa negli ultimi decenni. Non lungimirante ritenere che questa conoscenza debba essere un tecnicismo riservato a chi si occupa del mestiere; anzi, sarebbe consigliabile che, al pari del corretto uso della sintassi e di un minimo senso dellorientamento nella storia e nella geografia, facesse parte di un principio di competenza comune a tutti, la famosa cultura generale: nel metodo, pi che nei contenuti, perch la conoscenza del metodo quella di cui si sente maggiormente la mancanza 106 . b. Attivismo Viviamo infatti in una situazione che, dal punto di vista della comunicazione, schizofrenica. Da un lato il metodo scientifico riconosciuto come valido a tal punto da essere utilizzato spesso come un ipse dixit: nella pubblicit, dove frequente sentire che studi clinici / studi scientifici supportano lutilizzo del prodotto X, e nei contenitori di informazione, dalla tv ai giornali ai siti web, dove tutto un florilegio di la scienza dimostra che.... In questultimo caso, si tende ad appiattire i vari stadi di una ricerca scientifica al risultato che la ricerca stessa si prefigge: per cui la pubblicazione di un 105 Dalla crisi economica cominciata nel 2008 sono usciti perlopi manuali sul precariato e saggi a posteriori su cosa si sarebbe dovuto fare e perch, il che pu essere indicativo dello stato del depotenziamento della narrativa e della letteratura in generale. Ma non questa la sede per lamentarsene. 106 Nellantichit classica era prassi comune di chi si occupava di filosofia avere buone conoscenze naturalistiche e matematiche, e anche nel Medioevo ai chierici era richiesto un corso di studi che spaziasse dalle arti del Trivio (grammatica, retorica, dialettica) a quelle del Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica). risultato preliminare di uno studio in vitro o i primi dati raccolti su un campione di tessuti o di cavie vengono trattati come se fossero esiti definitivi, con relativa confusione ingenerata nel lettore o nello spettatore. Parimenti non raro che, per avvalorare la consistenza metodologica o di contenuti di una disciplina, la si proponga come scienza di qualcosa: dalle usuali scienze naturali si passati alla scienza di qualsiasi cosa, ivi incluse le scienze teologiche, che possono venire accomunare alle scienze solo con un uso molto generoso della parola scienza; per fare ci di fatto si utilizza il termine come sinonimo di conoscenza rigorosa o approfondita, e quindi si tralascia il suo impianto peculiare fatto di consistenza teorica e anche verifica sperimentale. Come per la parola teoria, anche qui bene intendersi sul significato, che a seconda del contesto pu variare. Se da questo lato si sconfina cio in una fiducia acritica e nel fideismo nei confronti del metodo scientifico, dallaltro lato c un montante scetticismo nei confronti di metodi e risultati che la scienza effettivamente possiede e ottiene: cos proliferano teorie alternative che si contrappongono alla cosiddetta scienza ufficiale, vista come braccio armato del potere politico ed economico. E, siccome siamo animali sociali, questo clima di sospetto si traduce nellattivismo. Non parliamo soltanto delle pretese degli antivaccinisti, il cui unico risultato stato quello di favorire epidemie di malattie altrimenti evitabili, o dei creazionisti statunitensi che pretendono di insegnare la controversia 107 , cio di porre sullo stesso piano epistemologico la teoria darwiniana e il mito biblico sulla creazione del mondo: la questione pi sottile e pi ramificata. Abbiamo ci che abbiamo sviluppato dai semi piantati in epoca moderna da Cartesio, Bacon e Galileo: ma siccome non siamo animali completamente razionali (ed un bene che sia cos), dobbiamo fare fronte ai richiami di sentimenti e tradizioni. Se parliamo di tradizione quasi immediato pensare a Gadamer: dialogando con la tradizione, cercando di comprendere i grandi pensatori del passato e rifuggendo lidea di coltivare un proprio pensiero svincolato dal patrimonio storico del pensiero umano, sosteneva il filosofo, che possiamo accedere alle verit cui il metodo scientifico non pu attingere. C chi si ricorder dello slogan pubblicitario che proponeva un noto aperitivo a base di carciofo contro il logorio della vita moderna 108 . Anche a chi non ama i carciofi dato un rifugio ideologico contro questo logorio: la Dea Natura che tutto risolve. Non pi la Natura matrigna di leopardiana memoria, ma unentit benigna, materna, che avremmo tradito e che pure ci accoglierebbe nuovamente in seno se solo rinunciassimo ai nostri 107 Anche della versione politicamente corretta del creazionismo, che la teoria del disegno intelligente, stata fatta una parodia con squisito senso dellumorismo: si chiama la caduta intelligente (intelligent falling in inglese). Prendendo in giro le argomentazioni dei fautori del disegno intelligente, essa sostiene che le leggi fisiche non siano sufficienti a spiegare la gravit, e che debba esserci quindi una intelligenza superiore che causa la caduta degli oggetti a terra. 108 La pubblicit originale era degli anni Sessanta e la voce era quella di Ernesto Calindri. peccati, alla nostra hybris e al nostro amore per la comodit. In particolare, assistiamo sempre pi di recente a delle reinterpretazioni del tema classico dellet delloro. Let delloro unepoca mitica collocata allinizio dei tempi, nella quale gli uomini prosperavano senza fatica. Nella cultura greca ne parla Esiodo 109 , ne parla Ovidio nelle Metamorfosi 110 ; possiamo apprezzarne il potere poetico ascoltando Dante che ne parla quando richiama gli antichi poeti e le loro teorie: Qui fu innocente l'umana radice; / qui primavera sempre e ogne frutto; / nettare questo di che ciascun dice 111
Ogni Paradiso ha in s qualcosa dellet delloro. Non dobbiamo pensare solo ai
paradisi delle religioni: anche le ideologie ce ne hanno dati in gran numero, e tutti spacciati per soluzioni definitive contro il logorio della vita moderna e relativi problemi, frustrazioni, affanni. Abbiamo avuto il prospetto della societ senza classi, la decrescita pi o meno felice, lidea che basti mangiare mele per salvare il pianeta. Molte di queste soluzioni si rifanno a una et delloro o a una tradizione locale, spesso altrettanto mitizzata. Non c niente di male, naturalmente, a coltivare una tradizione: almeno fino a quando non la si usa come un manganello, come elemento di conflitto e divisione nei confronti di chi ha tradizioni diverse, cosa che accade spesso quando si inferisce che rispondere alla domanda da dove veniamo? sia condizione sufficiente per rispondere anche alla domanda dove stiamo andando? Possono arrivare allora delle nuove forme di millenarismo e di luddismo tecnologico, un revanscismo del mito del buon selvaggio la Rousseau, nonch un profondo risentimento nei confronti dellessere umano, o di alcuni gruppi di esseri umani, assurti a simbolo e identificati come nemico. Si ha una sorta di schizofrenia per cui da un lato ci si sente schiavi della modernit, e dallaltro lato si usano gli strumenti della modernit per vivere e per lamentarsi dellesserne schiavi. Forse ci scegliamo a bella posta degli avversari-monstre troppo grandi da abbattere, in modo da avere una buona scusa se non ce la facciamo, e soprattutto in modo da non dover pagare lo scotto di una nostra sconfitta: per quanto si possano biasimare la societ contemporanea e la sua alienazione, non sono molti quelli che rinuncerebbero di buon grado allacqua corrente, al sistema fognario, alla corrente elettrica, ai mezzi di trasporto e ad un sistema sanitario decoroso. Torna ancora utile leggere Amos Oz sul fanatismo 112 : Penso che il seme del fanatismo si annidi immancabilmente nella rettitudine inflessibile, piaga di molti secoli. [...] Conformismo e uniformit, il bisogno di appartenere e il desiderio che tutti gli altri appartengano sono tra le forme pi diffuse, bench non pericolose, di fanatismo. 109 Esiodo, Le opere e i giorni, vv. 109 e segg. 110 Ovidio, Metamorfosi, I 89 segg. 111 Dante, Commedia, Pg XXVIII 132-144 112 Amos Oz, cit., pp. 41 e 43 paradossale che chi critica il riduzionismo epistemologico ne adotti poi uno etico: ma, una volta diviso il mondo in Buoni e Cattivi, che cosa c di meglio che conformarsi ed appartenere a quelli che riteniamo essere i Buoni? Facciamo subito un esempio di come la comunicazione possa essere efficace in questo ambito, e utilizzeremo un articolo di uneccellente comunicatrice qual lattivista indiana Vandana Shiva 113 . un articolo illuminante per il suo uso sapiente di molti degli espedienti retorici e psicologici che abbiamo visto fin qui: usa esperienze personali narrate in prima persona per accattivarsi la simpatia del lettore; usa le persone come veicolo dei concetti, per stabilire un contatto diretto con i suoi sentimenti, e le alterna a sentenze di carattere generale, indimostrate ma pervase di un alone mistico e definitivo; tocca le corde alimentate dalle paure per la situazione economica, si immedesima nella lotta dei piccoli contro i potenti, alterna fatti veri a fatti falsi, fatti verosimili e distorti, in modo da amalgamarli in un unicum coerente col proprio messaggio. Nonostante limpiego massiccio di false dicotomie e uomini di paglia, non ne faremo il debunking capillare: smontare le argomentazioni scientificamente labili non compito di questopera, che si occupa di metodi pi che di contenuti. Quello che ci interessa vedere in che modo impostata la comunicazione, e per farlo analizzeremo ruolo e funzione di quattro brevi paragrafi. Il primo paragrafo che analizziamo recita: Le donne di Chipko hanno insegnato a me e al mondo che il reddito e i profitti legati al legname non erano i veri prodotti della foresta. I suoi veri prodotti erano il suolo, lacqua e laria pura. Oggi, la scienza si riferisce a questi ultimi come funzioni ecologiche degli ecosistemi. Le donne analfabete del Garhwal in Himalaya, quindi, erano quattro decenni pi avanti rispetto agli scienziati di tutto il mondo. Vediamo innanzitutto luso della prima persona. Shiva si mette a disposizione del suo lettore/ascoltatore, si mette sul suo stesso piano, gli racconta una storia, unesperienza personale, usa parole semplici, toccanti, chiare. Viene introdotta la prima dicotomia: il profitto contro la natura. Il profitto, va da s, malvagio e corruttore; la natura sacra e benevola. Il profitto malvagio , beninteso, sempre quello degli altri. A nessuno piace lavorare gratis: o, come si dice adesso, per la visibilit. Se noi siamo meritevoli di giusto compenso, quando lavoriamo o ci impegniamo in qualche settore, a meno che non scegliamo scientemente di fare del volontariato, il lavoro altrui non mai cos meritevole: se lAltro, il Diverso, ci rimette economicamente, pazienza. Avrebbe potuto essere come noi, e allora sarebbe stato degno e meritevole! Questo discorso prescinde ovviamente da tutte le distorsioni speculative e finanziarie, sul limite che esiste tra 113 Loriginale stato pubblicato sul blog Madre Terra di Vandana Shiva su La Stampa: http:// www.lastampa.it/2014/04/07/blogs/madre-terra/ecofemminismo-da-anni-in-difesa-della-terra-e-delle- donne-ZTko59FW333Q0odC8GeVkI/pagina.html compenso e avidit, tra accumulo e sopraffazione, sullaffinit tra ostentazione dello sperpero e gestione del potere, sulla prospettiva univoca dellincremento della produzione, che sono temi (e miti, e simboli) che andrebbero trattati quando si tratta di giustizia sociale e ridistribuzione delle risorse, ma non si vede come possano essere affrontati in maniera efficace se si limita a negare a priori allAltro la liceit del proprio interesse. Contestualmente c la prima introduzione di simboli: il suolo, lacqua e laria pura. La Natura, prima che un ambiente reale, diventa un raccoglitore di simboli, un simbolo essa stessa. Vengono in mente a tale proposito le parole di Lippmann sulla mappa del mondo che ciascuno si fa e sugli stereotipi che adottiamo per disegnare questa mappa. Infine, il primo attacco contro gli intellettuali: lultima frase ci dice che le donne analfabete erano quattro decenni pi avanti agli scienziati di tutto il mondo e ci suggerisce che studiare con metodo non serve, basta un po di buon senso popolare. Nel secondo paragrafo che analizziamo il concetto espresso con forza: Le donne non sono esperte solo nelleconomia di sussistenza, lo sono anche nella scienza ecologica. Lascesa della scienza maschilista con Cartesio, Newton, Bacon, ha portato al dominio della scienza meccanicistica e riduzionista e al soggiogamento dei sistemi di conoscenza basati sulle interconnessioni e le relazioni. Questi includono tutti quelli degli indigeni, e il sapere delle donne. La contrapposizione con il sapere intellettuale, spiccatamente con quello occidentale che poggia sul metodo analitico (gi greco) e sulla verifica sperimentale, continua. Vi si aggiunge la critica radicale allimpostazione scientifica moderna e contemporanea, definita maschilista perch il suo riduzionismo e il suo meccanicismo sarebbero contrapposti a una visione femminile pi fluida e olistica. Questa dicotomia non tiene minimamente conto di una caratteristica studiata dalla scienza (maschilista, sic) che il comportamento emergente, ossia il fenomeno che si verifica in un sistema fisico quando si presentano propriet che non sono scritte nelle leggi che regolano le singole componenti pi piccole: cos come la temperatura una propriet emergente macroscopica, che appare in grandi numeri di molecole, ma non caratteristica intrinseca di nessuna di esse (pi nello specifico, la temperatura di proporzionale allenergia cinetica media delle particelle). Lemergentismo 114 , in poche parole, consiste nel considerare linterpretazione della natura come una sovrapposizione di livelli, in ordine crescente di complessit: dalle leggi fondamentali della fisica per esempio si sale alle leggi della chimica, e di qui alla biologia e allantropologia. Sono emergenti gli uragani, la coscienza, il comportamento degli stormi di uccelli o delle colonie di 114 Per una antologia dei vari punti di vista filosofici sullemergentismo si veda per esempio: M. Bedau, P. Humphreys, Emergence: Contemporary Readings in Philosophy and Science, Cambridge, MIT Press, 2008 formiche e di altri insetti sociali, il comportamento del web, come abbiamo accennato pi sopra parlando degli studi di Albert e Barabsi o del mondo piccolo. La vita stessa un fenomeno che emerge dalle propriet chimiche della materia. Non c dunque alcuna necessit di inferire lesistenza di un pensiero tipicamente femminile, il che anzi ricorda certi stereotipi sessisti che nel corso del XX secolo avevamo sperato di esserci lasciati alle spalle. Non c nemmeno alcun bisogno di inferire una maggiore saggezza nellanalfabetismo e nella povert, secondo uno schema di classismo alla rovescia, per cui tutto ci che povero, derelitto ed emarginato intrinsecamente migliore: se non v motivo di ritenere che chi nasce in condizioni di disagio materiale abbia una tara morale che ne frena le capacit e ne inibisce le sorti, in che modo - se non per una sorta di compensazione colpevole - riteniamo che al contrario questa persona abbia maggiori risorse etiche o migliori virt? Una persona non va giudicata per quello che fa, invece che per il suo conto in banca o per il colore della sua pelle o per il suo sesso? Ma la costruzione della scienza maschilista come nemico non si pu fermare qui: c bisogno di fare degli esempi e di creare nuovi simboli. Leggiamo ancora cosa ci dice Vandana Shiva: Lespressione pi violenta della scienza meccanicistica nella promozione dellagricoltura industriale, inclusi gli organismi geneticamente modificati (OGM) come soluzione alla fame e alla malnutrizione. Lagricoltura industriale utilizza prodotti chimici sviluppati in origine per le guerre. In queste righe c una demonizzazione della chimica che fa parte della contrapposizione binaria tra ci che naturale (e quindi buono 115 ) e ci che artificiale (e quindi cattivo). Innanzitutto bisogna fare presente che il discrimine tra naturale e artificiale tuttaltro che netto. Gli idrocarburi sono naturali o artificiali? Un termitaio naturale o artificiale? La presenza di una struttura ordinata condizione necessaria o sufficiente per inferire una progettualit? In secondo luogo, tutto ci che ci circonda, tutta la materia, dalla pianta di Ficus Benjamina che abbiamo in salotto al tablet che teniamo sulle ginocchia, fatto di elementi chimici, che interagiscono tra loro tramite legami chimici 116 . Ma larticolo non si limita a utilizzare la chimica come simbolo negativo: utilizza un altro elemento sicuramente inviso ai pi, come la guerra, per suggerire che ci che deriva dalle guerre sia necessariamente un male. Ora, a quasi nessuno (per fortuna) piace la guerra; ed indubbio che essa si trascini dietro uninfinit di conseguenze 115 Che lassociazione naturale = buono sia falsa banalmente dimostrato dallesistenza di veleni naturali potentissimi e mortali, come le amanitine e le falloidine, tossine presenti nellAmanita phalloides, o come la tossina botulinica. 116 Per contro, a ci che biologico vengono associati inconsciamente significati positivi. Fanno eccezione le biotecnologie, perch sono tecnologie e quindi non naturali, e le armi biologiche, perch sono armi. Sulle fosse biologiche sattende un dibattito. tragiche e dolorose. Tuttavia, dalla guerra sono arrivate perfino ricadute positive o utili (il che non vuol dire, naturalmente, che la guerra fosse necessaria per ottenerle): lacciaio inox, gli assorbenti intimi, internet, la chirurgia plastica ricostruttiva, per esempio, provengono dai campi di battaglia o da ricerche militari. Questo un ragionamento delicato e che si pu fare, con calma, dopo aver letto larticolo: intanto quello che passato il messaggio immediato dellaccostamento emotivo tra loggetto che si vuole biasimare (lagricoltura industriale) e un concetto per cui si nutre gi una repulsione (la guerra). Non ci abbiamo dovuto nemmeno pensare, la sensazione di disgusto ci arrivata subito: questa unabile tecnica comunicativa. stato introdotto anche un altro mito, o meglio, una variante del mito di Frankenstein: seppure la manipolazione umana delle specie edibili, lungi dall'essere una deriva recente, esista da quando esiste l'agricoltura, ossia diecimila anni o gi di l, in questo caso essa va ricondotta a un atto di hybris delluomo contro la divinit: Prometeo contro Zeus, i biotecnologi contro la Natura. Ci stiamo riconducendo a miti e narrazioni. La potenza delle narrazioni ci viene in soccorso 117 : ci vengono in soccorso gli archetipi, la capacit di adattare il mondo in racconti e fiabe, che fanno parte dellimmaginario collettivo e popolare e del vissuto prima ancora di essere codificate in narrazioni strutturate e in cui icastica la figura del narratore, o novellatore, che una figura che funge da tramite tra il mondo atemporale della fiaba stessa e la Storia in cui siamo immersi noi, gli ascoltatori; altrettanto fondamentali diventano il linguaggio e la parola, la voce e la mimica, lintrusione del teatro nella narrazione, la sua relazione con letnografia di ci che viene narrato e del pubblico a cui viene narrato 118 . Ne abbiamo accennato parlando della Retorica di Aristotele e della politica in Lasswell; adesso possiamo vedere il modo in cui gli archetipi narrativi, i simboli, i codici, la semiotica, leconomia narrativa e i miti si adattano efficacemente al pubblico a cui la narrazione si rivolge. Da ultimo, nellarticolo, si ribadisce limpostazione teorica fin qui sostenuta e si lancia una prospettiva futura. Quando si tratta di soluzioni reali a problemi reali affrontati dal pianeta e dalle persone, sono il soggiogato sapere e il lavoro delle donne che mostra la via per il futuro. A questo proposito viene in mente unanalisi che Elias Canetti fa in Massa e potere. La muta, dice Canetti, un abbozzo di quel che diventer la massa: una forma di eccitazione collettiva, un gruppo di persone che si conoscono tra di loro e il cui 117 Secondo il neuroscienziato e psicologo M. Gazzaniga lemisfero sinistro del cervello ha, tra le sue funzioni, quella di raccontare, di tenere unito il nostro senso del s, di mettere insieme emozioni, pensieri e azioni in una narrazione coerente. Viceversa, la narrazione fa parte della nostra formazione, e il fatto di avere ascoltato delle storie e dei racconti ci fornisce un bagaglio di risorse per affrontare gli eventi della vita. Si veda M. Gazzaniga, The Minds Past, University of California Press, 1998. 118 Si vedano I. Calvino, Lezioni americane, 1-La leggerezza, Mondadori 1993, e soprattutto Fiabe italiane, Mondadori 1991 desiderio crescere di numero. V una pulsione arcaizzante, nelle societ contemporanee, data dal desiderio di vivere una vita pi semplice e pi naturale, e che si estrinseca nel sogno e nel progetto preciso e determinato di essere un piccolo numero di persone mutualmente fidate e conoscenti che condividono un piccolo mondo buono e paradisiaco. Canetti chiama questo tipo di muta la muta isolata. Si innestano in questo tema due bisogni: il bisogno di fare del proselitismo e il bisogno di sentirsi buoni 119 , buoni al limite delleroismo, ove leroismo non necessariamente declinato in avventure gloriose, ma risponde alla necessit di sentirsi invulnerabili, non transitori, di fuggire al destino di morte e oblio che, volenti o nolenti, ci accomuna in quanto umani. Il bisogno di fare del proselitismo risponde a due stimoli: quello di voler crescere di numero, per diventare pi forti degli altri, e quello di salvare lumanit, di redimerla dai propri peccati. In questo, molto forte il senso di ci che sacro, pulito e puro, come abbiamo visto pi sopra nel parlare dei moduli morali. Il bisogno di sentirsi buoni merita una breve digressione a parte. 3. Essere buoni Il bisogno di sentirsi buoni pervasivo: religioni a parte, che pure hanno un ruolo centrale nel codificare e nel catalizzare la bont nellimmaginario collettivo, la letteratura ha gi dato uno splendido esempio di personaggio costruito per essere buono in senso assoluto con lIdiota di Dostoevskij 120 . Pi prosaicamente, anche Nick Hornby si cimentato con il problema della bont in un romanzo che si chiama Come diventare buoni: narra le vicende di una coppia in cui il marito, David, eternamente di cattivo umore, in seguito a un tradimento della moglie Katie si vendica diventando buono. Buono come potrebbe essere larchetipo della bont, inattaccabile, fino al punto da fare esplodere le contraddizioni e le ipocrisie e anche la felicit su cui la coppia si era retta fino ad allora: la bont diventa, letteralmente, insopportabile. Le storie che conosciamo e che abbiamo letto nei romanzi indagano pi volentieri la cattiveria. Non solo perch il problema del male ostico dal punto di vista filosofico - e non solo etico ma anche religioso, visto che la teodicea uno scoglio su cui i teologi non possono evitare di sbattere, e un ostacolo che non possono esimersi dallaffrontare. Un personaggio cattivo pi interessante da un punto di vista narrativo, nel senso che in genere offre maggiori spunti e maggiori stimoli: parafrasando Tolstoj, se tutti i buoni si somigliano, ogni cattivo cattivo a modo suo. Per tentare di gettare una luce sul bisogno di essere buoni (e giusti, e amati, e coscienziosi) andiamo sul versante opposto, 119 il che, a prescindere da quale sia la definizione di bont (ed eventualmente di giustizia), non implica necessariamente essere buoni (e giusti). Una tale certificazione abbisogna del riscontro di coloro cui il bene viene fatto, e non tutti sono sempre daccordo con la concezione del bene del sedicente benefattore. 120 celebre il suo detto secondo il quale la bellezza salver il mondo. Sempre in Dostoevskij si pu pensare poi ad Al7a, il minore dei fratelli Karamazov, che ha per la morale una sorta di talento naturale: onesto, buono, pio e con una propensione innata al perdono cristiano e alla redenzione. quello dei malvagi e come Dante, come Milton, scandagliamo i nostri inferni; cerchiamo di farci dare una mano da un altro personaggio letterario, uno di quelli fondamentali, ossia Lady Macbeth 121 . Lady Macbeth - e tutto il Macbeth, in realt - ci serve come paradigma per lambizione e perch un esempio di come sia difficile distinguere tra lillusione e la realt e quanto possa essere problematico interpretare i messaggi, in fattispecie quelli sul bene e sul male 122 . La trama nota. Lady Macbeth la moglie di Macbeth, una donna mossa dallavidit e dallambizione, manipolatrice senza freni inibitori fino allistigazione allomicidio di Duncan. Non ha dubbi, non ha paure, prende in mano la situazione quando si rende conto di essere, rispetto al marito, la figura pi forte. soltanto dopo il delitto che cominciano i tormenti, qui che sinserisce la famosissima scena 123 in cui la donna, sonnambula, con gli occhi sbarrati e stropicciandosi le mani che continua a vedere sporche di sangue, si rode nella rievocazione dei ricordi del recente passato. Come poteva immaginare che la sua vittima avesse tanto sangue nelle vene? E le sue mani, potranno mai mondarsi del lezzo e della lordura dei delitti che lei stessa ha istigato? Via, via, maledetta macchia! si tormenta, ma ormai tardi: Lady Macbeth finisce suicida. Sul suo personaggio la psicanalisi andata a nozze: Freud la usa come esempio di come una coscienza colpevole si rende manifesta a se stessa. Ma il motivo per cui il dramma ci affascina tanto un altro: nel male che viene concepito e perpetrato vediamo un senso, non c nessuna ironia, nessuna filosofia, solo tragedia; le tre streghe sono il male puro, Macbeth e sua moglie si conformano a questo male. E tuttavia, non possibile sentire Lady Macbeth come unestranea, proprio perch nella sua ambizione e nella sua degenerazione una donna che ha passioni e un cervello che funziona, non possiamo sentirla estranea perch ci rendiamo conto - e ne proviamo orrore - che in determinate circostanze Lady Macbeth potrebbe assomigliarci, o noi assomigliare a lei, quando siamo nella spasmodica ricerca di una gratificazione. E tanto pi la possiamo sentire vicina quando dopo il delitto crolla nei sensi di colpa, quando si rende conto della propria disonest, del suo aver violato le leggi antiche dellospitalit. Perch ci serve spostare lattenzione sullambizione? Perch lambizione fa parte delle nostre caratteristiche fondanti. La letteratura straripa di personaggi mossi o rovinati dallambizione, specie se questa diventa tracotanza: Icaro che precipita al suolo dopo aver cercato di volare troppo vicino al sole, Lucifero che sfida Dio e viene dannato allinferno, il Julien Sorel ne Il rosso e il nero di Stendhal, il giovane Rastignac descritto da Balzac in vari romanzi della Commedia Umana; nella letteratura latina pensiamo a 121 W. Shakespeare, Macbeth. Per la critica abbiamo fatto affidamento sul Blooms Shakespeare Through the Ages, Macbeth, Blooms Literary Criticism 2008, che raccoglie testi critici sullopera shakespeariana dal Diciassettesimo al Ventunesimo secolo. 122 Fair is foul, foul is fair, dicono le tre streghe nel primo atto. 123 Macbeth, Atto 5, scena 1 Seneca 124 che porta come esempio del vizio la sfrenata ambizione di personaggi quali Alessandro, Pompeo, Cesare; oppure a Sallustio 125 quando racconta che, quando lo stato crebbe, lavidit e lambizione deflagrarono e lambizione in particolare costrinse molti mortali a diventare falsi, a dire una cosa mentre ne pensavano unaltra, a farsi amici secondo linteresse. Lambizione pu rovinarti anche quando manca del tutto: il caso di Oblomov, labulico protagonista dellomonimo romanzo di Gon8arv. E Lady Macbeth infine, ambiziosa fino allestremo, ma in fondo pi ambiziosa per il marito che per se stessa: sar Macbeth, nei suoi piani, a diventare re, a lei dato soltanto di gestire lo scenario dellapocalisse e del sovvertimento morale. A nessuno ormai viene in mente di assassinare regnanti; ma se fosse la stessa ambizione a muoverci quando vogliamo fare qualcosa di buono? Se fosse ambizione anche a gratificare noi stessi, a provare piacere nel fare del bene, nellessere altruisti? Fino a che punto siamo disposti ad arrivare, per favorire qualcuno, anche con il proposito di fargli del bene? E quanto siamo disposti ad accettare che le nostre azioni contaminino la nostra idea di moralit? E siamo ugualmente soggetti alla colpa: la sporcizia di Lady Macbeth qualcosa di cui anche noi vogliamo mondarci. Ambizione o meno, subentra listinto ad essere puliti, il modulo morale che ci spinge alla purezza. Via, via, maledetta macchia, sembra che diciamo, anche se non abbiamo commesso alcun delitto; eppure sentiamo di doverci redimere. Via la corruzione della vita mondana, via, cibi impuri, via, tecnologie moderne, via, via. Gli antichi monaci praticavano lascetismo e la fuga dal mondo (nel deserto o, nellEuropa continentale, nella foresta): adesso il mondo troppo denso per trovare agevolmente luoghi isolati dove scappare via dalla folla, anche se qualcuno ci riesce; per cui ci arrangiamo in altro modo, formando piccole comunit di persone che si salveranno dalla contaminazione, dal peccato, dalla sporcizia e dal delitto. E per questo abbiamo bisogno di un solido impianto ideologico, teorico ed emotivo al tempo stesso. 4. Fatti, opinioni e riti Coleridge 126 notava che nel Macbeth la superstizione utilizzata per eccitare una mente che gi sovreccitata di suo, a differenza di quanto accade nellAmleto, ove il suo scopo quello di creare uneccitazione dove ancora non c. Leccitazione del sentirsi buoni ci coinvolge come singoli e come massa. Il fatto che il nostro gruppo aumenti di numero ci libera, finch ci consideriamo parte della massa, 124 Seneca, Lettere a Lucilio 94, 68 125 Sallustio, La congiura di Catilina, cap. 10. 126 S.T. Coleridge, Notes on Macbeth, da Shakspeare, with Introductory Remarks on Poetry, the Drama, and the Stage (1818); in Blooms Shakespeare Through the Ages, Macbeth, Blooms Literary Criticism 2008, pp. 91-95 dalle nostre incombenze private: facciamo parte di un progetto comune che ci trascende, meglio ancora se incanalato da qualcuno (un gruppo dirigente, un profeta, un esperto) che sia in grado di comunicare in modo funzionale ai nostri desideri. Le parole sono ritualizzate, non hanno pi necessariamente un significato complesso, sono atomi il cui unico scopo dare riferimenti fissi e un senso di appartenenza a chi le usa: evocano sentimenti, ci mettono in contatto luno con laltro, approfittando del fatto che oggi disponiamo di mezzi di comunicazione che sono potenzialmente in grado di connetterci con chiunque, in un mare infinito di persone e di informazioni che non chiedono altro che qualcuno ne faccia una sintesi; aprono le emozioni, ma non spiegano la realt. Sono parole che servono ad acquisire una credibilit morale e si innestano in una serie di rituali: sulla divinizzazione della natura, per esempio, o sulla natura sacra delle cose, degli ambienti, sacralit che siamo noi ad attribuire, tramite luso di simboli. Il biologico, il contatto con la natura, la non contaminazione, let delloro, larmonia, un anelito metafisico allunit causale e interpretativa degli eventi, sono tutti concetti che manipoliamo per costruire il senso del sacro, specialmente adesso che abbiamo imparato che non esiste una fede unica, che viviamo in una societ plurale e secolarizzata. Eppure, nonostante questa consapevolezza del mondo plurale, ci viene facile pensare che esista un bene universale e assoluto e che questo bene sia ci che il nostro agire morale e politico deve conseguire in ogni modo. Lo ripetiamo: da un lato neghiamo che vi sia univocit nel discrimine dei fatti, quando si tratta di osservabili oggetto di indagine scientifica ( solo una teoria, c chi dice questo e c chi sostiene lopposto, la scienza ufficiale ci inganna, dobbiamo trovare una via di mezzo fra le diverse strade), dallaltro siamo convinti che da un punto di vista etico esistano soluzioni giuste (ovviamente le nostre) e che esse non siano oggetto di tensione dialettica e di ricerca di un equilibrio dinamico, in eterno divenire, tra istanze contrapposte. Da qui la sicurezza granitica, fideistica, nei nostri rituali. Riecheggiando Durkheim 127 , facciamo di questi concetti e dei loro simboli un rituale che ha qualcosa di religioso perch serve a venerare ci che sentiamo sacro: e ci che sentiamo sacro riguarda il nostro senso di comunit e lordine morale sottinteso alla coesione sociale del gruppo di cui facciamo parte. Questi concetti sono rappresentazioni collettive di un modello di societ, un principio di organizzazione sociale, una serie di valori collettivi che possono essere manipolati solo attraverso simboli opportuni. Questa tendenza pu trovare spazio allinterno di una de-simbolizzazione dellagire politico: abbiamo visto con Lasswell o Lippman o Tnnies (ma avremmo potuto - dovuto - citare almeno anche Weber e Cassirer, a questultimo proposito) che la dimensione del mito inseparabile da quella del potere e della politica e della costruzione dellidentit collettiva, ma quando la vita politica si riduce alla razionalit e alla pura amministrazione il bisogno di simboli e identit comuni pu riversarsi altrove, con esiti non sempre prevedibili. Per esempio, una societ pu svuotare i propri simboli 127 E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa (1912), Mimesis 2013 di significato e mantenerli come strumento di marketing, o lasciare che la loro forza si espleti nel presente senza dare prospettive nel futuro. In tal caso lascia un vuoto che verr riempito da qualcun altro che abbia una diversa eccitazione, un diverso paradigma di bont. Leccitazione del sentirsi buoni si ripercuote anche nellerigersi a elemento giudicante delle situazioni: si tratta un giudice che non sta mai nel mezzo perch ha gi deciso di essere egli stesso dalla parte del giusto, e quindi il suo ruolo si limita a discriminare i comportamenti e le persone che si conformano maggiormente ai suoi schemi morali. Questo ci dice anche qualcosa sul modo in cui ci poniamo di fronte al dialogo di Erodoto o a quello di Hume che abbiamo riportato in apertura: a convincerci sar chi pi si conf alla nostra impostazione, pi che chi porta gli argomenti pi cogenti. Ed lo stesso meccanismo che regola le nostre impressioni quando ci troviamo davanti a problemi e dubbi che potrebbero essere risolti anche analizzando dati oggettivi, come nel dialogo di Galileo: quando fatti e credenze collidono, siamo pi propensi a dare retta alle credenze. Non sempre e solo lignoranza dei fatti a farci propendere da una parte o dallaltra, anche se vero che ci sono persone la cui alfabetizzazione supera in modo drammatico la capacit analitica e critica nella comprensione del testo e nel vaglio delle fonti, per cui si convincono che essere materialmente in grado di discernere le parole sia una condizione sufficiente a capire il contenuto del discorso che quelle parole esprimono. Cultura, intelligenza e istruzione, le armi della razionalit, non sono quasi mai sufficienti a convincerci: importante che chi comunica i fatti riesca a fare capire che accettare una certa evidenza sperimentale non necessariamente deve far crollare il nostro sistema di valori; o che, se anche uno dei nostri valori dovesse cambiare, ci non ci distrugger come persone. questo il messaggio che vogliamo lasciare alla fine di questo libro: dopo aver imparato a discernere tra descrizione e processo normativo, dopo avere appreso a dirimere le questioni con un metodo, dopo averne tracciato i limiti e i punti di forza, restiamo con la consapevolezza che le emozioni non ci liberano dai fatti, ma i fatti non uccidono le emozioni. O, assumendo il punto di vista speculare, i fatti non uccidono le emozioni, ma le emozioni non ci liberano dai fatti. Altri dialoghi, inevitabilmente, verranno. __________________________________________ Bibliograa minima R. Albert, A.-L. 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