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Metodo e dintorni

una guida per umanisti incalliti


Officina Santippe
officina.santippe@gmail.com
Indice
Introduzione
Progetto: Officina Santippe
Parte prima
A. Tre dialoghi
1. Erodoto
2. David Hume
3. Galileo Galilei
B. Quello che dici, come lo dici: retorica, sillogismi e fallacie
C. Questione di metodo
1. Un po di storia
a. Francis Bacon
b. Ren Descartes
c. Galileo Galilei (ancora lui)
2. La cassetta degli attrezzi
a. Come funziona il metodo?
b. Quali sono i suoi limiti?
c. Che cos un modello?
d. Che cos una misura?
e. Esempio: il bilancio tra pregi e difetti
f. Postilla: luniverso davvero scritto in linguaggio matematico?
D. Il buon giornalismo anglosassone

Parte seconda
A. Descrittivo o prescrittivo?
B. Aiuto, un mostro!
1. Il darwinismo sociale
2. Lincompletezza
3. Verit scientifiche stabilite tramite sentenze
4. Verit scientifiche stabilite tramite consenso popolare o mediatico
C. Le sorelle Dashwood e gli inganni collettivi
1. Unire i puntini
2. Ragioni, sentimenti e prospetti
3. Il senso di appartenenza
D. Conoscere per deliberare
1. Un altro dialogo
2. Una prova di forza
3. Il dibattito multistrato
Parte terza
A. In societ
1. Un altro po di storia: pubbliche opinioni
a. Lo studio dellopinione pubblica: Walter Lippmann
b. Il modello di Lasswell
c. La fabbrica del consenso
d. Distopie letterarie
2. Giochi e decisioni
a. Che cos la teoria dei giochi?
b. Piccoli mondi
c. Due esempi di decisioni
3. Cambiate canale!
a. Cattive maestre e pessimi allievi
b. Internet
B. Linvoluzione del dissenso
1. Questioni fondanti
a. Comprensione e linguaggi
b. Lanti-intellettualismo
2. Piccoli disastri annunciati
a. Filosofia pi o meno naturale
b. Attivismo
3. Essere buoni
4. Fatti, opinioni e riti
Bibliografia minima
Introduzione
Cera una volta un asino.
Era un asino placido, una buona bestia di campagna, che mai e poi mai avrebbe
immaginato di occuparsi di questioni filosofiche. E invece, un bel giorno, si trov posto
di fronte a due cumuli di fieno: uno alla destra del suo muso dubbioso, uno alla sinistra,
speculare, alla stessa distanza. Lasino oscill tra luno e laltro, incerto sulla
valutazione. Quale dei due era pi grande? Non ne venne fuori: i due cumuli erano
perfettamente identici, fino allultimo filo. Come scegliere, allora, da quale dei due
mangiare? Come dare una preferenza? In base a che cosa? Perch? Lasino guard a
destra, e poi a sinistra, e per quanto guardasse e si sforzasse di trovare una differenza
che potesse indirizzare le sue preferenze alluno o allaltro non riusciva a venire a capo
del dilemma. Lapologo, ben noto come Lasino di Buridano, ci offre lo spunto per farci
delle domande sul modo in cui prendiamo le decisioni, sul modo in cui valutiamo le
situazioni, sul metodo con cui discerniamo i fatti dalle opinioni, quando ci possibile.
Il povero asino, che non aveva letto il libretto che avete tra le mani, mor di fame.
Lopera che qui comincia parla di questo e di altro. Parla del metodo scientifico, del
modo in cui le nostre emozioni e il nostro ragionamento influenzano le nostre decisioni,
a livello conscio e inconscio, e a livello pubblico e privato; parla del potere della
narrazione nel costruire paradigmi e riferimenti; parla, infine, dei modelli del mondo e
delle chiavi di lettura con cui cerchiamo di leggerlo, tramite la scienza, la matematica,
lantropologia e - anche - la letteratura.
Siccome si rivolge prevalentemente a lettori con una formazione umanistica, abbiamo
scelto di accompagnare i nostri esempi con i personaggi di alcuni noti romanzi. Nelle
prossime pagine ci capiter di cercare di capire cosa passa per la testa di Marianne
Dashwood o di lavarci le mani compulsivamente con Lady Macbeth; assisteremo ai
dialoghi di tre antichi persiani e ai due minuti di odio verso Emmanuel Goldstein;
prenderemo a prestito le idee di un buon numero di filosofi per sapere come hanno
affrontato gli stessi dilemmi che stiamo affrontando noi.
Non unopera divulgativa: pi un vademecum, a volte essenziale, a volte pedante, un
po come certe guide turistiche che ci raccontano con la stessa passione della sagra della
salsiccia dasino - non quello di Buridano, che ha gi dato - di Rocca Perlacea e dei
dilemmi metafisici suscitati da una poesia di un poeta di strada di Borgo San Crispino,
ma senza dimenticare lorario di apertura del museo e una carta stradale decente.
Non resta che augurare a tutti buona lettura.
Officina Santippe, luglio 2014
Progetto: Ofcina Santippe
Santippe era la moglie bisbetica di Socrate. LOfficina un luogo dove si scrive e si
pensa: raccoglie gli elementi collaterali della cultura, dalla scienza alla letteratura, dalla
filosofia alla vita quotidiana. Socrate fa il suo lavoro, e Santippe dietro ramazza i rima-
sugli e li rimette in sesto. Potremmo perfino parlare di creativit, se il termine non fosse
stato orrendamente abusato da tutti gli sfaccendati del pianeta.
Per cui, niente voli pindarici e auliche dichiarazioni dintenti: lOfficina non crea, non
fa arte, martella operosamente, cerca il rigore nel metodo, studia a fondo, assimila libri,
produce sintesi, si fa domande, e poi si cucina due spaghetti e pensa al mondo.
Contatti:
officina.santippe@gmail.com
www.facebook.com/officina.santippe
Diritti:
Metodo e dintorni, in ogni sua parte (testo e immagini), rilasciato sotto licenza
Creative Commons Italia 4.0
Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate
Potete diffondere questopera liberamente su tutti i supporti, a patto che non venga uti-
lizzata a scopo di lucro, che non venga modificata o tagliata in alcun modo, che venga
sempre riportato il nome dellautore.
Parte prima
Bisogna trovare una via di mezzo.
Un giusto mezzo.
Un po per uno non fa male a nessuno.
Troviamo un punto dincontro a met strada.
Abbiamo riportato questa opinione; ce ne sar sicuramente una contraria che vale
altrettanto.
Quante volte abbiamo sentito espressioni simili? M!"#$ %& '() *+,"%#$, scrive
Aristotele nellEtica Nicomachea: il mezzo anche la cosa migliore. Il filosofo si
riferisce alletica, e seguono gli esempi: la mediet tra lesser avaro e lesser prodigo, la
mediet tra paura e ardimento, la temperanza tra i piaceri del corpo, la mitezza come
mediet rispetto allira: le virt [...] sono mediet e [...] sono stati abituali, [...] di per s
produttrici di quelle stesse azioni da cui derivano, che dipendono da noi e che sono
volontarie, e che sono cos, come prescrive la retta ragione
1
.
Linfluenza della massima aristotelica stata enorme dalla filosofia scolastica in avanti,
ma se ne trova traccia anche in autori precedenti e affatto diversi, basti pensare alla
sentenza in medio stat virtus, allaurea mediocritas, ad Orazio e Ovidio, ai reiterati
appelli alla morigeratezza dei costumi senza eccedere in un estremo o nellopposto.
invalsa talmente nelluso comune che la ripetiamo quasi come un intercalare.
Ci proponiamo allora di valutare gli ambiti di applicazione di questa massima, perch
un modo di dire che diventa un luogo comune rischia di farci abbassare la guardia sulle
implicazioni che il suo utilizzo acritico comporta. La domanda : come si giunge a
questo medio? E la risposta che comunemente ci diamo : tramite una conciliazione
degli opposti, e quindi, letteralmente, tramite dialettica, o dialogo. Ci portiamo avanti
questa impostazione dai tempi di Platone, siamo passati attraverso la dialettica come
arte liberale e attraverso i movimenti triadici della dialettica hegeliana, con lannessa
progenie marxista; non questo il luogo per mettere in discussione la validit
delloperazione, e la terremo volentieri per buona: torniamo subito alla massima di
Aristotele e cerchiamo di esplorarne i confini.
1
Aristotele, Etica Nicomachea, 1114b
Sempre pi spesso capita infatti di trovare accenni al fatto che la via di mezzo sia la
cosa migliore non solo in campo etico, ma anche in campo gnoseologico, o per dirla in
altre parole si esteso alla verit il concetto di virt: vengono presentate due o pi
opzioni su un dato problema e si presuppone che il dibattito sia sempre la via migliore
per trovare un punto mediano (se non proprio medio) di sintesi tra le posizioni. Ne
parleremo diffusamente nella seconda parte. sempre cos? Funziona? E quando non
funziona, che cosa bisogna fare?
A. Tre dialoghi
Per prima cosa porteremo tre esempi in cui il dialogo stato utilizzato per dirimere una
questione. Si tratta di esempi piuttosto noti, e che tuttavia utile richiamare in breve.
Sono tre dialoghi, per coincidenza, ciascuno dei quali animato da tre personaggi.
Riguardano per piani filosoficamente diversi e sono strutturati in maniera diversa:
parlano, nellordine, della forma ottimale di governo, della religione naturale e del
metodo scientifico.
1. Erodoto
Il primo dialogo scritto da Erodoto nel terzo libro delle sue Storie, nel V secolo a.C., e
riguarda le forme di governo. Erodoto preso a mero titolo di esempio: avremmo potuto
considerare lanaloga disputa affrontata da Platone nella Repubblica, da Aristofane nei
Cavalieri o da Montesquieu ne Lo spirito delle leggi, tanto per citarne altre.
Erodoto ambienta il dialogo tra i Persiani, ma ai Greci che si riferisce. Protagonisti
sono Otane, Megabizo e Dario, ciascuno impegnato a sostenere dialetticamente la
superiorit del sistema di governo da lui preferito rispetto agli altri due. Otane, che il
primo a parlare, sostiene le ragioni della massa al governo: non si chiama democrazia (il
termine non gode di molte fortune nella storia del pensiero fino a quando non viene
definitivamente sdoganato dopo i totalitarismi della prima met del XX secolo) bens
uguaglianza, o isonomia, in greco. Si lasci il potere al popolo! Cosa succederebbe infatti
se, affidando il potere a un unico sovrano, questo sovrano poi fosse un arrogante
scriteriato? Come potrebbe la societ persiana tutelarsi dai suoi eccessi? Megabizo
propende per loligarchia, ove i pochi designati al governo siano scelti fra i migliori
della societ; condivide le preoccupazioni di Otane sul potere a un unico soggetto, ma
osserva che un popolo potrebbe non avere nemmeno cognizione di quel che fa, come un
fiume in piena. Pochi ma buoni, insomma. Dario, infine, si fa testimone delle migliori
qualit della monarchia rispetto alle altre due opzioni: nella loro forma migliore, i tre
tipi di governo son tutti buoni; eppure, in unoligarchia possono nascere invidie e si
possono fomentare rivolte, cosa che non accade se il potere viene affidato a un unico
sovrano; anzi, proprio assegnando il potere a un unico re che rivolte e
contrapposizioni vengono sedate. I tre contendenti espongono di pari grado pregi e
difetti dei rispettivi sistemi ed Erodoto non ci dice chi dei tre sia pi convincente
2
.
2. David Hume
Per il secondo esempio facciamo un balzo in avanti fino alla fine del diciottesimo
secolo. In un saggio brillante e pubblicato postumo, i Dialoghi sulla religione naturale,
Hume affronta la domanda se la religione possa o meno essere razionale. Anche qui si
affrontano tre posizioni: il teologo Demea, che riassume lapriorismo della linea di
pensiero di Cartesio, il teista Cleante, che partecipe dellempirismo a posteriori, crasi
felice tra il pensiero di Newton e quello di Locke, e infine Filone, alter ego dello stesso
Hume, che affronta il dialogo sulle basi del proprio scetticismo metodologico. I tre
pensatori si affrontano in un dialogo serrato in cui vengono affrontati i problemi classici
della teologia: largomento, gi aristotelico, della causa prima, quello del disegno o
progetto secondo il quale sarebbe fatto il mondo (argomento che tuttora affascina chi
non s rassegnato alla mole di evidenze della teoria darwiniana), il problema del male.
Il dialogo affronta infine non pi lesistenza di Dio, quanto il ruolo sociale della
religione. Bench Hume si nasconda ed esalti il ruolo di Cleante, chiara la vittoria
dialettica di Filone nella denuncia della religione come fonte di pratiche superstiziose e
di privazione dellautonomia di pensiero, nonch dellincapacit di Cleante e di Demea
di pervenire a certezze riguardo la natura e lesistenza divina. Lo scetticismo di Hume,
lungi dallessere uno scetticismo assoluto, invece un invito ad esplorare i limiti
dellintelletto e della ragione, comera gi chiaro dalla sua opera precedente Ricerca
sullintelletto umano, che verr poi presa come spunto da Kant nella fase critica. La
vittoria dialettica di Filone non pu essere resa manifesta: il filosofo scozzese aveva gi
avuto qualche problema in passato, quando lassemblea generale della Chiesa
presbiteriana a Edimburgo aveva discusso a lungo se scomunicarlo o meno. Hume riusc
ad evitare di essere messo al bando ma la paventata reazione dei benpensanti render
impossibile la pubblicazione dei Dialoghi sulla religione naturale fino a dopo la sua
morte; la prima edizione, postuma, sar pubblicata anonima e senza il nome delleditore
a cura del nipote di Hume, tre anni dopo la morte di questultimo, nel 1779.
3. Galileo Galilei
Per il terzo dialogo torniamo un po indietro, di un secolo e mezzo circa, fino alla
stesura del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei, che
unopera letterariamente molto viva, in cui i personaggi sono delineati con grande forza
e che preso come testimonianza della nascita del metodo scientifico moderno.
Torneremo su questa grande lezione metodologica in seguito, ma per il momento ci
interessa soltanto soffermarci sul contenuto del dialogo: la discussione tra Simplicio,
Salviati e Sagredo e volge, nelle sue quattro giornate, sul confronto tra il sistema
2
al contrario di quanto accade con Platone, che come si sa accanito fautore del governo ai filosofi in
quanto razionali e saggi (Platone, Repubblica, X)
copernicano e quello tolemaico: Simplicio rappresenta lortodossia aristotelica, fatta
propria dai gesuiti, e il geocentrismo tolemaico in accordo con i testi sacri; siamo nei
tempi successivi alla fine del Concilio di Trento, che aveva decretato ...che nelle
materie di fede e di morale pertinenti alledificazione della dottrina cristiana, nessuno,
avvalendosi del proprio giudizio e alterando le Sacre Scritture secondo i propri concetti,
osi interpretarle in maniera contraria al senso che la Santa Madre Chiesa, alla quale
spetta di giudicare il vero senso e significato, abbia sostenuto e sostenga, oppure contro
lunanime accordo dei Padri, anche nel caso che tali interpretazioni non siano state mai
pubblicate. anche il tempo in cui ha il suo culmine linfluenza dei gesuiti: la dottrina
si fonda su Aristotele per la filosofia e Tommaso per la teologia, ed questo larbitro
che deve dirimere le dispute, lobbedienza prima di tutto; le ragioni dibattute nei
dialoghi hanno questo vincolo: essere giudicate secondo questo metro. Le tesi di
Simplicio sono quelle contro cui dibatte Salviati, astronomo portavoce delle tesi
copernicane e facente le veci di Galileo; i due sono a loro volta oggetto della curiosit di
Sagredo, nobile che si interessa di astronomia pur senza occuparsene di professione, da
profano, e che rappresenta lutente cui lopera galileiana destinata. Il contenuto del
dialogo noto: si confrontano il sistema eliocentrico e quello geocentrico, si discute
della rotazione giornaliera della terra, si dimostra che luomo non ne percepisce il
movimento. Cos come lo il contenuto, nota anche la censura che sub questopera
fondamentale.
Di comune nei tre dialoghi qui esposti c che in ciascuno sono esposte le varie tesi e ad
ogni personaggio dato di portare elementi a favore della propria, di fare domande e di
confutare le tesi avversarie. Notiamo in prima battuta che nei casi di Hume e Galilei c
un vincolo esterno rappresentato dallesistenza del potere religioso che funge da arbitro,
se non delle ragioni dei personaggi, quantomeno delle sorti dei loro autori.
Vi per fra i tre dialoghi una differenza sostanziale, la cui scoperta graduale
lobiettivo di questa prima parte.
B. Quello che dici, come lo dici: retorica, sillogismi e fallacie

La domanda che ci si pone dunque: come si decide chi ha ragione? una domanda
importante non solo nei dialoghi filosofici propriamente detti, ma anche nella vita
quotidiana, quando siamo bombardati da input differenti e dobbiamo prendere una
decisione. Il discorso rischia di impelagarsi nelle secche delle domande di verit, ma
cercheremo di fare attenzione. Del resto, gi in dialoghi come il Fedro o il Gorgia
Platone vede la retorica in subordine alla dialettica, una materia che non tiene in conto
la verit del discorso ma solo il successo nella persuasione. Mettiamo quindi i tre
dialoghi da parte, per il momento, e veniamo al secondo argomento, ossia a dare
qualche accenno alla retorica, senza ovviamente che vi siano pretese di esaustivit.
Secondo Diogene Laerzio
3
linventore della retorica sarebbe stato Empedocle. Lopera
andata persa; in Aristotele che troviamo una prima, importante, codifica di questarte.
Il discorso consta di tre elementi: colui che parla, ci di cui si parla, colui al quale si
parla. Il fine del discorso diretto a costui, voglio dire lascoltatore.. [...] Saranno
necessariamente tre i generi di discorsi retorici: deliberativo, giudiziario, epidittico a
seconda del ruolo dellascoltatore nei confronti del discorso stesso.
In tutti i corsi di filosofia, sin dai licei, Aristotele noto come il padre dei sillogismi
4
.
Un sillogismo un ragionamento concatenato che, a partire da una premessa maggiore e
una premessa minore, arriva a una conclusione consistente dal punto di vista logico, il
che vuol dire che il ragionamento tiene secondo i principii della logica classica, che si
basa sui principii di identit, di non contraddizione e del terzo escluso:
- una mela una mela (identit)
- non pu essere che una mela sia una mela e non sia una mela (non contraddizione)
- le uniche due possibilit sono che sia una mela o che non sia una mela (terzo escluso).
Stanti queste regole, un sillogismo si articola cos:
Tutti i gatti sono mammiferi (premessa maggiore)
Tom un gatto (premessa minore)
Quindi, Tom un mammifero (conclusione).
O anche:
Nessuna pianta un animale
La quercia una pianta
Quindi, la quercia non un animale
O anche:
3
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VIII, 57
4
Si veda Aristotele, Analitici primi e secondi.
Tutti gli uomini sono animali
Tutti gli uomini sono bipedi
Quindi, alcuni animali sono bipedi
Gli esempi sono numerosissimi e si rimanda a una qualsiasi tavola dei sillogismi per
una trattazione completa.
Non importante, al fine della correttezza del ragionamento, che ci che mettiamo nelle
premesse sia sensato: il sillogismo
Tutti gli uomini sono biondi; Antonio un uomo, quindi Antonio biondo
formalmente corretto, anche se noi sappiamo che non vero, perch non vera la
premessa maggiore, ossia non vero che tutti gli uomini sono biondi: esistono anche
uomini bruni, o rossi.
Addirittura, sono corretti formalmente dei sillogismi del tipo:
Tutti gli uomini sono cipolle; Mario un uomo, quindi Mario una cipolla;
la correttezza della forma altra cosa rispetto alla verit del contenuto.
Questo ci porta alla definizione di entimema, che Aristotele utilizza nella Retorica. Un
entimema un sillogismo in cui le premesse sono verosimili; per il resto, si comporta
come un sillogismo, e Aristotele lo definisce sillogismo retorico.
Perch importante lentimema? Perch si basa su ci che vero oppure su ci che
simile al vero. Il compito delloratore mirare al probabile; le premesse dellentimema
saranno talvolta necessarie, ma per la massima parte genericamente probabili; al
contempo, ci si esercita a sostenere tesi opposte, non perch sia virtuoso metterle in atto,
ma perch utile per afferrare lessenza della questione. Lentimema aristotelico vale in
ogni situazione di cui ci si trovi a dibattere: per consigliare, per esortare, per difendersi,
per indagare verit scientifiche, per confutare gli avversari. necessario quindi
raggiungere la persuasione degli ascoltatori e questo accade in tre modi:
- loratore credibile
- viene indotta negli ascoltatori unemozione
- si mostra il vero o il verosimile del discorso.
Nel secondo libro della Retorica Aristotele entra nel dettaglio del come si fa.
Innanzitutto ci dice come si fa a suscitare emozione nelluditorio: tramite luso sapiente
della collera o della calma, della paura o della fiducia, dellindignazione o
dellemulazione; consiglia poi allaspirante oratore i modi in cui pu adattarsi al
carattere del pubblico, giacch era perfettamente noto anche allepoca che il pubblico si
convince meglio se gli racconti quello che vuol sentirsi dire. Vulgus vult decipi, ergo
decipiatur, sentenzi cinicamente il cardinal Carafa nel Cinquecento: il popolo vuole
essere ingannato; e dunque, lo si inganni. Sembra di sentire un pubblicitario o un
responsabile di campagne elettorali.
Infine Aristotele ci parla delle forme dellargomentazione logica e, nel terzo e ultimo
libro, di come comporre da un punto di vista stilistico e strutturale un discorso
convincente. Il giudizio finale, ossia la risposta alla domanda chi ha ragione, dunque,
si basa sulla capacit di persuasione.
Questo trucco lha capito perfettamente Arthur Schopenhauer che sullarte di ottenere
ragione (e ottenerla, va da s, non significa averla) ha enumerato una serie di
stratagemmi: quando si tratta di ottenere ragione va bene anche giocare sporco, da un
punto di vista logico, e allora eccolo dispensare consigli su come ampliare
laffermazione dellavversario al di l dei suoi limiti naturali, o su come presentare
come assolute delle affermazioni che in partenza sono relative a un ambito specifico; si
pu suscitare lira dellavversario, insultarlo in mancanza di argomenti, ritorcergli
contro quello che dice, ci si pu tranquillamente servire di premesse false, affrettare le
conclusioni, cambiare le carte in tavola, esagerare le posizioni, martellare lavversario
sullargomento su cui si sente pi debole, appellarsi al sentimento del pubblico,
divagare se si in difficolt, fingersi incompetenti per rinunciare al giudizio, ricondurre
un argomento a una categoria invisa alluditorio, negare le conseguenze, sopperire ai
ragionamenti con le motivazioni, utilizzare argomenti ad hominem o ex concessis (che
vuol dire concedere che la premessa maggiore di un sillogismo sia vera anche se
falsa), o un ragionamento circolare, o addirittura sbigottire lavversario con sproloqui
privi di senso.
Tutta questa discussione sulla retorica ci conduce a dover affrontare largomento delle
fallacie logiche. Una fallacia logica unargomentazione che non valida da un punto
di vista logico, ossia non formalmente corretta. La validit non va confusa con la
verit di un ragionamento: la verit riguarda il contenuto delle proposizioni, la validit
riguarda la struttura con cui sono concatenate.
Della potenza delluso della parola siamo tutti consapevoli: basti pensare che ci
poggiano sopra le due gambe della cultura occidentale, da In principio era il Verbo
alluso della maieutica in Socrate.
La parola non solo potente: anche ambigua. Delle ambiguit del linguaggio comune
siamo tutti consapevoli: ci sono parole che hanno pi significati, oppure proposizioni
che significano una cosa oppure unaltra a causa di ambiguit, come ad esempio: in ho
sollevato una donna con un braccio solo il braccio pu essere il mio o quello della
donna. Questa caratteristica del linguaggio comune preziosa per la ricchezza della
lingua e ci permette di esplorare terreni sempre nuovi nel linguaggio poetico e nella
letteratura, quando la vaghezza un vantaggio, ma di qualche impaccio quando
abbiamo bisogno di un linguaggio preciso. Per questo motivo si cercato a lungo di
costruire linguaggi che fossero adatti allo scopo: vuoi come lingue costruite
artificialmente, e qui possiamo citare le lingue filosofiche a priori nei secoli XVII e
XVIII (Bacon, Comenio, Descartes, Leibniz, Wilkins, tra gli altri), nate con il proposito
di esprimere perfettamente idee e connessioni tra aspetti della realt; vuoi come lingue
formali utilizzate in ambito ristretto, e qui ricordiamo le espressioni algebriche, le
formule chimiche, la notazione musicale o il linguaggio della logica formale, da Frege a
Boole a Russell a Wittgenstein
5
.
Nel discorrere pubblico, per, continuiamo a usare il linguaggio comune. Al di l della
vaghezza e delle ambiguit, che ci possono portare a fare errori nel ragionamento
(fallacie linguistiche), possiamo ingannarci - e ingannare - anche quando facciamo degli
errori di inferenza logica, ossia quando subentrano i problemi a livello di costruzione
del discorso. I nostri sillogismi diventano paralogismi, ossia delle argomentazioni che
sono scorrette nella loro forma.
Questo ci porta a fare una piccola digressione sulla comprensione di un testo
6
(scritto, in
questo caso: leggiamo la retorica, oltre ad ascoltarla). La comprensione passa attraverso
una prima parte di stampo linguistico, che include: la decodifica dei segni, cio
tecnicamente leggere le lettere dellalfabeto in cui presentato il testo, la
comprensione semantica, come ad esempio capire quali parole conosciamo e quali no, la
comprensione sintattica, ossia la corretta valutazione dei rapporti tra gli elementi delle
frasi e delle proposizioni, la comprensione dei rapporti tra le varie parti del testo
(temporale, causale), e la comprensione a livello comunicativo, che pu essere ad
esempio capire lo scopo del discorso, o il perch stato scritto. In un secondo momento
entrano in gioco le competenze cognitive, tra cui la capacit di fare inferenze correte o
la capacit di individuare le parti importanti del discorso e distinguere le informazioni
necessarie. Un terzo livello riguarda le conoscenze pregresse, quelle che ci permettono
cio di relazionarci con maggiore tranquillit al testo: se conosciamo largomento,
avremo minori difficolt a capire un testo che pure non abbiamo mai letto prima.
Applichiamo questo metodo inconsciamente quando leggiamo un testo scritto nella
nostra lingua madre o, con maggiore consapevolezza, quando siamo chiamati a tradurre
un testo scritto in unaltra lingua.
Le fallacie, s detto, inficiano la correttezza del discorso, e ci vuol dire che, per
ottenere ragione, dovremo ricorrere ad altri espedienti: alla sensibilit di chi ci ascolta, o
alla credibilit che siamo riusciti a costruirci, o alle emozioni che saremo riusciti a
suscitare. Questo non toglie che un discorso fallace, per quanto convincente, resti
fallace.
Elenchiamo qui alcuni tipi comuni di fallacia logica:
5
Ne parleremo brevemente nella Parte terza.
6
Noam Chomsky fa notare con una certa ironia come la linguistica preveda un oratore ideale che parla
utilizzando un linguaggio completamente omogeneo ad una comunit altrettanto ideale che conosce
perfettamente il linguaggio e non affetta da condizioni limitanti che non riguardano la grammatica,
come cali di memoria e di attenzione, interessi altalenante o errori nellapplicare la propria conoscenza
del linguaggio alla situazione attuale. (N. Chomsky, Aspects of the Theory of Syntax, 1965). Nella realt ci
fraintendiamo di continuo; non solo con il linguaggio verbale, ma anche con quello non verbale, che
rappresenta una grossa fetta della nostra comunicazione con il prossimo.
- La generalizzazione indebita: lutilizzo di un esempio non rappresentativo, del tutto
particolare, o comunque troppo piccolo. Ad esempio: mio nonno vissuto fino a 95
anni fumando un pacchetto al giorno, quindi fumare non fa male. La generalizzazione
indebita pericolosa, ma in qualche caso difficile da riconoscere: trovare un campione
rappresentativo un compito statistico non necessariamente banale.
- La fallacia dello scommettitore: la convinzione che un evento sia influenzato da
eventi analoghi passati. Esempio: il numero 74 non esce sulla ruota di Milano da 35
settimane, il numero 16 uscito la settimana scorsa, quindi pi probabile che alla
prossima estrazione esca il 74. Il ragionamento fallace perch prima di ogni
estrazione vengono immessi nellurna tutti i 90 numeri, e quindi la probabilit di
estrarne uno esattamente 1/90, indipendentemente dal fatto che detto numero sia
uscito di recente oppure no. Attenzione: in alcuni casi la probabilit di un evento non
indipendente da quanto avvenuto negli eventi precedenti e pu variare in base agli
eventi gi occorsi. Esempio: se da un mazzo di carte estraggo un asso, la probabilit di
uscita di quellasso era 4/52 (o equivalentemente 1/13). Se non rimetto a posto lasso,
la probabilit che la carta successiva sia ancora un asso 3/51, ossia minore della
probabilit che la carta sia, per dirne una, un re, o qualsiasi altra carta che non sia un
asso - che 4/51. In questultimo caso si parla di probabilit condizionata.
- Il ragionamento circolare: quel ragionamento fallace in cui le premesse derivano
dalle conseguenze e le conseguenze dalle premesse, come un cane che si morde la
coda. Esempio: la Bibbia parola di Dio perch Dio lha detto nella Bibbia. Il
ragionamento circolare una forma di petitio principii, ossia un ragionamento in cui le
premesse includono gi le conclusioni.
- Luomo di paglia: un modo di argomentare nel quale non si contesta quel che dice
lavversario, ma quel che si deciso che lavversario dovrebbe dire. Si crea qui una
persona fittizia, le si fa dire quello che vogliamo che dica, e che magari siamo in grado
di confutare, e confutiamo quello. Esempio: Mario dice che correre in moto
piacevole. Luigi ribatte che se tutti corressero allimpazzata in motocicletta senza
osservare il codice della strada, ci sarebbero un sacco di morti per incidente. Mario,
ovviamente, non ha mai incitato a correre allimpazzata e incuranti del codice della
strada, ma a Luigi fa comodo travisare lopinione di Mario per portare avanti la
propria tesi.
- Post hoc, ergo propter hoc: vuol dire che si ritiene che, se un evento B accaduto
dopo un evento A (post hoc, cio dopo questo), allora levento A abbia causato
(propter hoc, cio a causa di questo) levento B. Naturalmente un legame temporale
non ne implica uno causale: se alle otto mangio una mela e alle otto e cinque suona il
telefono, non detto che il telefono abbia squillato a causa del fatto che ho mangiato
una mela. Esempio di fallacia post hoc ergo propter hoc questo: siccome le diagnosi
di autismo vengono effettuate dopo che i bambini sono stati sottoposti a vaccinazione,
allora i vaccini possono essere causa di autismo.
A questo proposito bene spendere due parole ulteriore sui concetti di correlazione e
causa. Il fatto che due eventi si verifichino nello stesso periodo, ossia che se si verifica
uno, con una certa regolarit si verifica anche laltro (si dice che i due eventi sono
correlati), pu verificarsi per vari motivi: potrebbe trattarsi di coincidenze; i due eventi
potrebbero essere luno la causa dellaltro; oppure semplicemente essere entrambi
leffetto di un terzo evento. La correlazione va quindi esaminata caso per caso per
vedere che cosa ci sia dietro. Facciamo tre esempi:
1. In un certo periodo di tempo, poniamo un anno, osserviamo che il numero dei
divorzi mensili ha avuto lo stesso andamento del prezzo delle fragole. Fino a che non
avremo dimostrato che esiste una relazione tra il numero dei divorzi e il prezzo delle
fragole, possiamo considerare che il comune andamento sia una mera coincidenza.
2. Pi schiacciamo sul pedale dellacceleratore, pi la nostra automobile aumenta la
sua velocit. Questo un esempio in cui laumento della pressione del piede sul pedale
correlato allaumento della velocit, e ne anche la causa.
3. Supponiamo di osservare, nel mese di agosto, una correlazione tra il numero di
gelati mangiati e il numero di ingressi nella piscina comunale: il numero di gelati
aumenta quando aumenta il numero di ingressi in piscina, e diminuisce di pari passo.
Se scambiassimo la correlazione con la relazione di causa, potremmo dire che il
consumo di gelati in agosto causa un aumento degli ingressi in piscina, o che viceversa
pi si va in piscina e pi si mangiano gelati. In realt, molto probabile che, essendo
in agosto, entrambi gli eventi siano causati da un terzo evento, ossia dal variare della
temperatura: pi fa caldo e pi tendiamo a mangiare gelati e a farci una nuotata.
Dunque, riassumendo: una successione temporale non necessariamente una
successione causale, una correlazione non necessariamente una relazione di causa-
effetto. I tre esempi qui proposti sono piuttosto elementari e servono solo per chiarire
il concetto. Nella realt le cose non sono sempre cos semplici ed un compito non
banale per chi si occupa di statistica o di elaborazione dei dati distinguere quando due
variabili sono dipendenti direttamente luna dallaltra e quando invece ce n una terza
(e una quarta, una quinta...) che pu essere la causa di tutte e due. Lattenzione non va
mai abbassata!
- Falsa dicotomia: ragionamento fallace in cui vengono presentate come possibili solo
due alternative, quando invece in realt ce ne sono di pi. Esempio: Se non
appoggiate i bombardamenti sullAfghanistan, siete a favore dei terroristi.
- Slippery slope, o fallacia del piano inclinato: si cerca di screditare una posizione
insinuando il fatto che darebbe il via a una inarrestabile e ineluttabile serie di
conseguenze via via pi disastrose. Il ragionamento fallace perch per ogni
conseguenza bisogna valutare il grado di possibilit che si verifichino e non prenderla
come inevitabile senza che vi siano prove a supporto. Esempio: Se permettiamo che
venga legalizzata la cannabis, ci ritroveremo un paese pieno di eroinomani, e ogni
relazione sociale sar distrutta.
- Generica violazione dellinferenza logica: raccogliamo in questa definizione tutti i
casi in cui viene violato la corretta applicazione delle implicazioni. Esempio: dalla
proposizione Se piove, prendo lombrello, segue logicamente (modus tollens) che
Se non prendo lombrello, non piove. Altre derivazioni a senso non sono
formalmente corrette: per esempio, Se non piove, non prendo lombrello una
condizione aggiuntiva, e non segue logicamente da Se piove, prendo lombrello.
Ricordiamo anche la confusione che si fa tra diritto e obbligo: il diritto di fare una cosa
vuol dire che posso farla oppure non farla; lobbligo vuol dire che devo farla. Sembra
una banalit, ma la confusione viene alimentata a scopo propagandistico quando si
dibatte su temi etici particolarmente sentiti: tanto per essere chiari, il diritto al divorzio
non obbliga tutti i matrimoni a finire davanti al giudice, il diritto allaborto non
obbliga tutte le donne gravide ad abortire, il diritto al matrimonio omosessuale non
obbliga tutti gli omosessuali a sposarsi, e tantomeno obbliga gli eterosessuali a
diventare gay.
- Ad hominem: qui ci sono tutti i casi in cui, per non confutare largomentazione che una
persona propone, si attacca direttamente la persona: per il suo carattere, oppure perch
amica di qualcuno che ci sta antipatico, oppure la si accusa di essere al soldo di
qualche interesse, meglio se fumoso e venato di complottismo ( unattivit che
spopola nei social network). Esempio: Chi ti paga?
- Tu quoque: forma particolare di Ad hominem, consiste nel giustificarsi tirando in ballo
azioni analoghe compiute da altri: il ragionamento fallace perch se ho rotto il vaso
di zia Petunia non posso giustificarmi col fatto che Pierino ha rubato la marmellata: il
vaso di zia Petunia stato rotto indipendentemente dalla marmellata, e accusare
Pierino del furto della marmellata non render sano il vaso rotto. Se ne ritrovano
esempi a non finire: in un dibattito politico abbastanza comune sentire una delle parti
in causa giustificare le proprie mancanze dicendo che anche gli altri non sono da
meno.
- Appello allautorit: una fallacia che consiste nel cercare lappoggio di una persona
nota, che per non competente nella materia in cui chiamata ad esprimersi. Per
esempio, le diete dimagranti sponsorizzate da divi del cinema o personaggi televisivi,
invece che prescritte da un dietologo. Sia chiaro: un divo del cinema pu aver studiato
teoria dellalimentazione e nutrizione per conto suo, ed essere esperto in materia;
tuttavia, quando ci si fa influenzare dalla sua opinione in quanto divo del cinema, si
ragiona in modo fallace. Ad ogni buon conto, un enunciato non mai vero o falso per
il semplice motivo che lha detto qualcuno, anche se questo qualcuno competente in
materia: nel capitolo successivo vedremo perch.
- Appello al popolo: si argomenta sulla verit di una questione facendo appello al
sentimento popolare. una tecnica utilizzata a man bassa, dagli OGM al recente caso
Stamina, e da un punto di vista retorico troverebbe il favore di Aristotele, ma
appellarsi alla volont popolare non rende corretto (n tantomeno vero) un enunciato:
la correttezza dipende dalle inferenze logiche.
- Appello allignoranza: siccome non si conoscono prove che una cosa falsa, allora
devessere vera. Esempio: nessuno ha trovato prove che gli alieni non esistano, quindi
esistono. Viene usata talvolta anche come prova dellesistenza divina, ma non ha
alcuna validit, come possiamo vedere dai controesempi classici della teiera di Russell
o del drago nel garage di Sagan. Lassenza di evidenza non evidenza dellassenza.
- Ad baculum: la validit dellargomento viene sostenuta minacciando ritorsioni in caso
non si sia daccordo. Il baculum, in latino, il bastone. Questa fallacia era un metodo
persuasivo che funzionava benissimo durante lInquisizione.
- Tra le fallacie informali (ossia che non riguardano la forma del discorso) ricordiamo di
passaggio anche il wishful thinking, o pensiero illusorio: la formazione di credenze
basate su quello che vorremmo che fosse, e non sullosservazione delle evidenze
fattuali. un comportamento diffusissimo e forse inalienabile, ed un bias cognitivo,
ossia una distorsione del giudizio derivante da nostri pregiudizi.
Conclusa questa carrellata sulle fallacie, riassumiamo quello che abbiamo fin qui:
esempi di utilizzo del dialogo come mezzo per arrivare alla verit, ed esempi degli
errori in cui possiamo incorrere durante questi dialoghi. Torniamo ora ai tre dialoghi del
punto A. e cerchiamo di studiarne in dettaglio il funzionamento: in che modo Otane
potr aver ragione di Megabizo, per esempio, o in che modo Salviati potr far prevalere
le sue ragioni su quelle di Simplicio?
C. Questione di metodo
Un biologo osserva un antropologo al lavoro. Lo guarda lavorare, gli lancia unocchiata
di superiorit e borbotta fra s: Bah. In fondo tutto quello che fa biologia applicata.
Un chimico osserva il biologo, lo vede lavorare, gli lancia unocchiata di compassione e
mormora fra s: Bah. In fondo tutto quello che fa chimica applicata.
Un fisico osserva rapidamente il chimico, lo guarda lavorare, se ne va scrollando le
spalle: Bah. In fondo tutto quello che fa fisica applicata.
Un matematico, da lontano, li sta osservando tutti. Scuote la testa e sogghigna.
Seppure caricaturale, la storiella (con ogni probabilit inventata da un matematico...)
abbastanza esemplificativa dellapproccio distorto che gli specialisti di una materia
possono avere nei confronti degli specialisti di altre materie, nonch della nostra
tendenza a proiettare i nostri standard (cognitivi, morali) sugli altri; inoltre ci offre il
pretesto per cominciare a parlare di metodo scientifico - che comunque, a scanso di
equivoci, quello adottato da tutti i personaggi della vicenda. A causa dei limiti di
spazio procederemo a tappe un po forzate, tagliando la storia con laccetta, ma
speriamo di restituire un quadro sostanzialmente corretto. Per far ci, tralasceremo la
storia del contributo ellenistico alla scienza e il ruolo nello studio dellinferenza svolto
da Roger Bacon o Alberto Magno, nel tredicesimo secolo, e passeremo subito alla
nascita della scienza sperimentale moderna. Come prima cosa chiameremo in gioco tre
personaggi: Francis Bacon, Ren Descartes e Galileo Galilei.
1. Un po di storia
a. Francis Bacon (1561-1626)
Il primo Seicento un periodo culturalmente fervido. Claudio Monteverdi porta nella
musica profonde innovazioni, il teatro elisabettiano regala allumanit il genio di
William Shakespeare e anche dal punto di vista filosofico le cose si fanno interessanti.
La filosofia allepoca prevalentemente una rilettura di Aristotele, e ha due problemi:
non fa progressi e non d risultati concreti. Della sterilit dei sillogismi non ci si era
accorti allora: il problema era gi stato sollevato da Pirrone di Elide, filosofo greco
scettico vissuto a cavallo tra il quarto e il terzo secolo a.C.; daltronde, il tentativo di
controllare la natura messo in atto da maghi e alchimisti manca di costrutto teorico e di
metodo. Nel 1620 sir Francis Bacon pubblica il Novum Organum, che gi dal titolo si
rif allOrganon di Aristotele, e che si pone in contrasto con laristotelismo vigente; il
suo obiettivo, dichiarato nel sottotitolo, indagare le vere direzioni riguardo lindagine
della natura. Secondo Bacon la natura pu essere controllata solo sulla base di una
profonda conoscenza della sua struttura fondamentale, e si pu conoscere la struttura
fondamentale della natura solo partendo dallosservazione sperimentale e procedendo
con un ragionamento induttivo: si isolano i fenomeni e si ricercano le relazioni di causa.
Il metodo si compone di due momenti diversi, il primo, o pars destruens, consiste
nelleliminare le conoscenze errate, che sono fonte di pregiudizi e ci allontanano dal
raggiungimento della verit, come il bias cognitivo e il wishful thinking cui abbiamo
accennato elencando le fallacie; Bacon le chiama Idola, o idoli, e ne individua quattro:
gli idoli della trib (idola tribus), che ci ingannano facendoci credere che il senso
umano sia misura di tutte le cose, gli idoli della caverna (idola specus, con riferimento
polemico al mito della caverna narrato da Platone nella Repubblica), che riguardano i
pregiudizi dovuti alla propria storia personale di individuo; e ancora gli idoli del
mercato (idola fori), pregiudizi derivanti dallinstaurarsi di relazioni umane e dal
linguaggio, e gli idoli del teatro (idola theatri), che derivano dalle errate filosofie
passate, che ci intrattengono come spettacoli teatrali producendo mondi fittizi. Una
volta sgombrato il campo, si pu cominciare a costruire (pars construens), tramite un
sistema di tavole: la tavola della presenza, in cui si raccolgono i casi positivi, la tavola
dellassenza, in cui si raccolgono i casi in cui il fenomeno osservato non si verifica, e la
tavola dei gradi, ove si raccolgono le gradazioni in cui il fenomeno si verifica. Quando
si sono comparati i risultati, li si sottopone a esperimenti per vagliarne la solidit: al
termine di queste prove c quello che si chiama experimentum crucis, che quello che,
date due ipotesi, ci deve dire senza ombra di dubbio quale delle due vera e quale
falsa.
Luso della logica in Bacon ha tre funzioni: correggere gli errori, aiutare nella scelta di
atteggiamenti corretti e costruire lorganizzazione della conoscenza. La logica deduttiva,
quella dei sillogismi, ora supportata dalla logica induttiva.
Il limite del metodo baconiano rispetto al metodo scientifico propriamente detto
duplice. Da un lato non tiene assolutamente in conto il ruolo della matematica come
linguaggio per lelaborazione delle teorie e per la comprensione del ragionamento
induttivo; dallaltro lato manca di un criterio per la verificabilit, o per la falsificabilit,
delle teorie stesse.
b. Ren Descartes (1596-1650)
Il giovane Cartesio frequenta il collegio a La Flche, dai gesuiti: il che vuol dire una
solida impostazione retorica e tre anni conclusivi a studiare filosofia, cio Aristotele e
Tommaso. Ma il ragazzo sveglio, e si appassiona di poesia e soprattutto di
matematica. Terminati gli studi viaggia per lEuropa e frequenta personaggi i pi vari:
tra questi ricordiamo Isaac Beeckmann, uomo di scienza sui generis, che tra laltro
ammette lesistenza del vuoto (aborrita invece dalla filosofia aristotelica; il lavoro di
Torricelli ancora da venire), e verso cui Descartes sente un debito di riconoscenza
nella propria formazione. Sappiamo anche che il filosofo francese conobbe anche il
lavoro di Raimondo Lullo (1233-1316), la cui Ars generalis era un primo tentativo di
risolvere ogni problema filosofico con precisione matematica. Nelle Regulae ad
directionem ingenii Cartesio comincia ad affrontare il metodo nelle scienze. Esse,
sostiene, vanno ricondotte alla ragione, che il fondamento unitario nel soggetto
conoscente. La scienza conoscenza certa ed evidente, e queste caratteristiche trovano
il loro culmine nella matematica, che ha in se stessa la propria garanzia, nellevidenza
dei propri oggetti: pertanto, le idee su cui poggiare la propria conoscenza debbono
essere chiare e distinte. In seguito smusser le sue tesi e si limiter a ritenere la
matematica un modello di qualsiasi altra pretesa di conoscenza. Nella sua opera forse
pi celebre, che il Discorso sul metodo (1637), Descartes elenca i precetti di questo
metodo:
i. Non accogliere mai come vera nessuna cosa che non conoscessi evidentemente esser
tale
ii. Dividere ciascuna delle difficolt che esaminavo in quante pi parti era possibile, in
vista di una miglior soluzione; questa tecnica, tuttora utilizzata per la sua efficacia,
detta riduzionismo.
iii. Imporre ai miei pensieri un ordine, cominciando dagli oggetti pi semplici e pi
facili da conoscersi per risalire un po alla volta, come per gradi, alla conoscenza dei
pi complessi
iv. Fare, in ogni occasione, enumerazioni tanto complete e rassegne cos generali da
essere sicuro di non dimenticare nulla.
Il passaggio successivo quello dalla fisica alla filosofia, intesa come scienza dei
principi primi; tralasceremo in questa sede di menzionare nel dettaglio tutta la parte
sulla morale provvisoria e sullesistenza divina e ci concentreremo sulla parte
metodologica in senso stretto. Come si garantisce la validit della conoscenza acquisita?
Il fondamento del metodo cartesiano il dubbio metodico. Lo descrive meglio nella
prima delle Meditazioni metafisiche (1641): di tutto ci di cui si pu dubitare, si deve
dubitare; ma vi sono due cose di cui non si pu aver dubbio, la prima del proprio
pensare (conosciamo tutti la formula cogito, ergo sum) e la seconda che il nulla non fa
nulla. Da ci deriver poi la suddivisone tra il corpo e la sostanza pensante, o tra res
extensa e res cogitans, la teoria delluomo come macchina e il ben noto dualismo
cartesiano, che avr infiniti sviluppi sul concetto di anima e corpo, e che sar ripreso
dalle neuroscienze anche nel XX secolo, basti pensare al celebre lavoro di Antonio
Damasio Lerrore di Cartesio (1994) in cui viene posto in esame il valore cognitivo
delle emozioni.
Ma non corriamo troppo in l: quel che conta qui che lessenza del pensiero che esso
ci di cui non si pu dubitare e tutto il resto del sapere procede in modo deduttivo;
nessuna rilevanza gnoseologica viene data ai sensi.
Descartes dunque importantissimo per la concezione razionalistica e per luso della
deduzione: il suo limite nei confronti del metodo scientifico il non aver saputo dare
importanza alla realt sensibile, ossia, in altre parole, a quelli che ora si chiamano dati
sperimentali.
c. Galileo Galilei, ancora lui (1564-1642)
Torniamo allora a Galileo Galilei e al suo Dialogo sopra i due massimi sistemi del
mondo, di cui abbiamo parlato allinizio. Ne esamineremo due aspetti: il racconto del
Gran Naviglio e limportanza metodologica.
Galileo ambienta il suo dialogo nel corso di quattro giornate. Durante la seconda
giornata sottopone gli astanti a un esperimento mentale: immaginiamo di essere su una
nave, sotto coperta, in modo da non poter vedere quel che succede fuori, di non poter
sapere cio se la nave in movimento oppure no, e supponiamo di osservare quello che
invece succede nel nostro ambiente sotto coperta. Galileo osserva che, effettuando
quelli che ora chiameremmo esperimenti meccanici, come il lancio di un peso, non
possibile stabilire se sul nostro gran navilio siamo in un sistema in quiete (fermo)
oppure in un sistema che si muova di moto rettilineo uniforme. Detto in altre parole, i
sistemi di riferimento cosiddetti inerziali sono indistinguibili: le leggi della meccanica
(e quelle della fisica classica in generale, si scoprir poi) non ci permettono di
distinguere se un esperimento stato effettuato su un sistema di riferimento o su un
altro sistema di riferimento che si muova, rispetto al primo, di moto rettilineo uniforme -
vale a dire, con velocit costante in valore e direzione. Questo implica che non esiste un
sistema di riferimento assoluto, e quindi che non ha senso considerare la Terra, o
luomo, come punto di riferimento particolare. Ma non solo questo a rendere
fondamentali le osservazioni di Galileo. A causa degli stretti limiti censori in cui si
muove, pur essendo un convinto assertore della teoria copernicana, allinizio presenta
leliocentrismo e il geocentrismo lasciando in sospeso il giudizio; ma se presenta
leliocentrismo come una teoria matematica, si dedica a fare altrettanto anche con il
geocentrismo, che invece era la teoria da non mettere in discussione. Ne mette in
discussione, o per meglio dire ne demolisce, le premesse filosofiche. Veniamo infatti al
secondo punto, ossia limportanza metodologica: la divergenza tra la visione galileiana
e quella tomistico-aristotelica propugnata dai gesuiti non potrebbe essere maggiore da
un punto di vista concettuale e inoltre Galileo dichiara lessenzialit del metodo
sperimentale, sintetizza la felice e proficua complementarit di induzione e deduzione,
della matematica e sella misurazione quantitativa e non solo qualitativa: Una sola
esperienza o ferma dimostrazione abbatte tutte le ragioni probabili. La pura autorit
dellipse dixit scardinata.
Le Sacre Scritture sono certo una guida morale per luomo, dice Galileo: ma se la natura
si comporta in modo differente da quello che le Scritture dicono, sono le Scritture che
sbagliano.
2. La cassetta degli attrezzi
Conclusa questa breve panoramica, possiamo quindi chiederci: ma com fatto, come
funziona il metodo scientifico? Una trattazione approfondita di filosofia della scienza ,
qui, improponibile; ci limiteremo a tracciare poche linee che possano servire di
riferimento. Dai tempi di Galileo il metodo si affinato, vi si discusso sopra - e cos si
ritorna anche alla domanda iniziale di questopera, ossia cosa possa essere oggetto di
dibattito.
Secondo Ernst Mach
7
, il pensiero scientifico deriva dal pensiero comune: con entrambi
ci dobbiamo cimentare con lintegrazione concettuale di fatti osservati in modo parziale,
cio ci viene richiesto di ricostruire un senso logico e consistente a partire dai dati che
abbiamo sotto mano e che rappresentano, per forza di cose, soltanto una parte della
realt. Cos, per esempio, il contadino osserva e sperimenta quale sia il terreno pi
adatto alla semina, seleziona le sementi, impara dai propri errori, fa delle prove, procede
per analogie e per variazioni in maniera del tutto analoga a uno scienziato al lavoro. Ci
che ha in pi il pensiero scientifico propriamente detto che deve contemplare
ladattamento reciproco delle idee: deve cio costruire modelli coerenti e teoricamente
solidi.
Presentiamo adesso una parte un po pi tecnica delle altre: abbiamo comunque cercato
di esporla nel modo pi divulgativo possibile, senza formule o concetti troppo
complessi, con esempi comuni, e al contempo abbiamo cercato di non banalizzare
troppo.
a. Come funziona?
Il metodo scientifico una opportuna combinazione di induzione e deduzione che viene
utilizzata, proprio come una cassetta degli attrezzi o un insieme di tecniche, per
acquisire conoscenza, o per correggere quella vecchia. Si applica ai fenomeni
osservabili: quindi, tanto per dire, in questo lavoro non lo considereremo applicabile alla
metafisica
8
. Consiste in una serie di attrezzi:
- losservazione sistematica
- la misura
- lesperimento
- la formulazione di ipotesi
- la predittivit delle ipotesi
- un modo per valutare lutilit del modello da spiegare: per esempio la sua semplicit,
che deriva dallutilizzo del rasoio di Occam: se si deve scegliere tra due o pi ipotesi
alternative, scegliamo quella che necessita di minori assunzioni. Un altro modo la
refutabilit del modello, che una stima della confidenza che possiamo avere nel
modello stesso.
- la falsificabilit: una teoria detta scientifica se possibile provare che falsa, vale a
dire se si pu, almeno concettualmente, trovare un controesempio che la smentisca. La
falsificabilit unacquisizione dovuta a Popper ed stata criticata da pi fonti e per
7
E. Mach, Conoscenza ed errore, trad. S. Barbera, Einaudi 1982
8
Si veda per esempio I. Kant, Critica della ragion pura, o Prolegomeni ad ogni metafisica futura che
vorr presentarsi come scienza. Vedi anche infra, Parte terza, sezione B.
motivi diversi; il dibattito - ancora!- aperto. comunque difficile sottovalutare
limportanza del suo ruolo nellepistemologia, pertanto la includiamo nella cassetta
degli attrezzi.
- la riproducibilit: un esperimento devessere, almeno potenzialmente, ripetibile da altri
ricercatori.
Grossomodo, la sua applicazione questa: basandosi sulle conoscenze pregresse, si
valuta cosa si deve andare a studiare in seguito, ossia quali siano le grandezze rilevanti
da prendere in esame. questa la premessa per losservazione sistematica dei fenomeni,
che avviene misurando e controllando gli errori che possono inficiare la misura; una
volta raccolti i dati, questi vengono analizzati e sintetizzati, ossia si ricercano relazioni
matematiche che tengano conto dei risultati delle osservazioni, che siano cio
compatibili con le misure effettuate; si deducono eventuali conseguenze non ancora
osservate negli esperimenti, e si verificano le ipotesi congetturate facendo ulteriori
osservazioni. Non c, come si vede, niente di esoterico.
Secondo Henri Poincar, che da scienziato e matematico ha scritto pensieri profondi sui
fondamenti della sua disciplina, bisogna partire dai fatti semplici e regolari
9
: lo stesso
riduzionismo di Descartes. Si cercano prima le somiglianze; poi, quando leccezione
diventa lunica cosa che si nota, si studiano attentamente le differenze, e si cerca di
ritrovare similitudini nascoste sotto le apparenti divergenze. Lobiettivo stabilire una
regola: e una volta stabilita la regola, bisogna cercare innanzitutto i casi in cui questa
regola ha maggiori occasioni di fallire. cos che la conoscenza aumenta. Ci che ne
deriva, aggiungiamo, non sono certezze immutabili: sono opinioni ben fondate, che
ragionevolmente accettiamo come dati di fatto e da cui ricaviamo sia le applicazioni
tecnologiche che degli spunti per una maggiore conoscenza del mondo.
Cosa succede quando chi interpreta un dato suscettibile di pregiudizi rispetto allesito
dellesperimento? un caso tuttaltro che raro, e potrebbe invalidare i risultati. Per
ovviare a questo inconveniente si adotta spesso una tecnica che viene chiamata
esperimento in cieco: essenziale in ambiti della ricerca come la medicina, le scienze
sociali, la psicologia, le ricerche di mercato, cio nei campi in cui sia gli osservanti che
gli osservati sono esseri umani, ma lo si usa anche nelle cosiddette scienze dure.
Un esperimento si dice in cieco quando le informazioni riguardo lesperimento - le
informazioni che potrebbero causare pregiudizi, nella fattispecie - sono tenute nascoste
o allo sperimentatore, o al soggetto di sperimentazione, o a entrambi (si parla in questo
caso di doppio cieco), fino alla fine dellesperimento stesso. in questo modo, per
esempio, che si riesce a valutare se un farmaco o meno distinguibile da un placebo.
Anche qui, si tratta di una tecnica: nulla di esoterico, nulla di etnocentrico.
9
H. Poincar, Science et Mthode, Ernest Flammarion diteur, 1920. Traduzione italiana: Scienza e
metodo, Einaudi 1997
Un buon metodo per esaminare la validit di uno studio rappresentato dalla meta-
analisi. Fare una meta-analisi vuol dire mettere insieme tanti studi che trattano dello
stesso argomento in ununica analisi statistica. In questo modo si ha il doppio vantaggio
di aumentare la dimensione del campione di dati e di ridurre dei fattori casuali che
potrebbero distorcere i dati, come ad esempio il fatto che alcuni risultati potrebbero
essere frutto di semplici coincidenze.
In ambito medico e farmacologico si sente spesso parlare di studio clinico controllato
randomizzato: uno studio sperimentale svolto per certificare lefficacia (o la mancata
efficacia) di un trattamento. Controllato significa che viene condotto su due gruppi, il
pi possibile omogenei rispetto alle variabili che possono essere prese in considerazione
e messe a confronto (come let o le malattie pregresse); il primo gruppo riceve il
trattamento, mentre il secondo gruppo viene detto di controllo, ossia non gli viene
somministrato niente e lo si osserva per valutare le differenze con il primo gruppo.
Randomizzato un calco dellinglese randomized, da random, che significa casuale:
vuol dire che i soggetti da destinare al trattamento o al controllo vengono scelti in modo
casuale. In questo modo le eventuali variabili tra i soggetti non considerate dallo studio
si distribuiscono in maniera (statisticamente) uniforme sia nel gruppo cui viene
somministrato il trattamento sia nel gruppo di controllo. Lobiettivo ottenere che i due
gruppi siano il pi possibile uguali, in modo che ogni differenza osservata dallo studio
sia attribuibile al trattamento, e sia quindi possibile dire, in parole povere, se il
trattamento funziona, e quanto funziona. La randomizzazione da sola pu non essere
sufficiente; in ogni caso, a posteriori lanalisi statistica in grado di quantificare lentit
delle differenze casuali.
Vale infine la pena di spendere due parole sul concetto di teoria scientifica: siccome la
lingua, s detto sopra, vaga e ambigua, il significato comune della parola teoria
diverso dal significato che viene dato nel linguaggio scientifico. Nelluso comune una
teoria una possibilit astratta, unipotesi, qualcosa che si oppone alla pratica, o
qualcosa che ha a che fare con le opinioni. Nel linguaggio scientifico una teoria un
sistema logicamente coerente e consistente che permette di descrivere aspetti della
realt, ed supportata da evidenze sperimentali. Ad esempio, sono teorie in senso
scientifico la teoria dellelettromagnetismo, la teoria della relativit generale, la teoria
dellelasticit, la teoria dellevoluzione delle specie. In questi casi non si pu liquidare
la questione dicendo ah, solo una teoria! perch, per lappunto, si tratta di oggetti
che sono consistenti, coerenti e suffragati dagli esperimenti. Osserviamo a margine che
a nessuno salterebbe in mente di infilare le dita nella presa della corrente, tanto
lelettromagnetismo solo una teoria. Eppure, lelettromagnetismo , per lappunto,
una teoria! Bisogna solo intendersi sul significato di teoria e non cadere
nellambiguit del linguaggio.
b. Quali sono i suoi limiti?
Limpiego del metodo scientifico come criterio dirimente ha indubbi vantaggi che vanno
al di l della sua utilit in campo tecnico e tecnologico; per esempio, netto il suo
contributo alla conoscenza in generale, o come si suol dire il suo valore epistemico.
Ancora, aiuta ad imparare che le idee possono essere sbagliate, senza che ci mini
lunit, lintegrit umana di chi le propugna, ed quindi un buon antidoto contro il
fanatismo. A ben vedere, a volte pu essere addirittura rilassante sapere che il proprio
punto di vista, per quanto accoratamente sostenuto, non onnisciente, onnipotente e
infallibile, e che nonostante questo continuiamo ad essere uomini e donne come prima.
Il metodo scientifico ha per anche dei limiti. Ancora, non andremo a scandagliare tutti i
dibattiti che si sono fatti in proposito, ci limiteremo a osservazioni di carattere generico.
Innanzitutto non ha molto senso applicarlo a ci che non scienza, e non tutto
scienza: non sono scienza le sinfonie di Beethoven, i quadri di Picasso o i romanzi di
Dostoevskij, eppure riteniamo che siano dei contributi importanti alla cultura umana: ci
sentiremmo ben pi poveri, se non ci fossero. Per dirla con Richard Feynman, che di
scienza se ne intendeva essendo il padre dellelettrodinamica quantistica: Se una cosa
non una scienza, non necessariamente un male. Per esempio, lamore non una
scienza. Quindi, se diciamo che qualcosa non una scienza, non vuol dire che, in essa,
c qualcosa che non va: vuol dire solo che non una scienza
10
.
Chiariamo anche il significato della parola limite: un limite, qui, significa solamente
lidentificazione di un ambito di validit. Non ha retrogusti morali, non nasconde uno
stigma sociale o una presunzione di inferiorit, a differenza di quanto accade nel
linguaggio comune se diciamo che una persona limitata: anche se tutti noi siamo
intrinsecamente limitati, quando facciamo notare a qualcuno i suoi limiti poco
probabile che stiamo cercando di fargli un complimento. Ma le teorie non sono persone!
Quando si formula una teoria, essenziale stabilire quale sia il suo ambito di validit.
Per esempio, siccome la terra (approssimativamente) rotonda, quando ci muoviamo su
grandi distanze - diciamo, in aereo da Roma a New York - le nostre carte geografiche
devono tenere conto della curvatura della Terra. Questo non vuol dire che la geometria
piana, quella che impariamo a scuola, sia sbagliata: solo inappropriata su quella
scala. Per fare un altro esempio, la meccanica classica - quella di Galileo e soprattutto di
Newton - ha un suo ambito di validit che consiste nel trattare di oggetti abbastanza
grandi (rispetto alle dimensioni atomiche) e abbastanza lenti (rispetto alla velocit
della luce nel vuoto). Al di fuori di questi ambiti di validit dobbiamo utilizzare degli
altri strumenti - la meccanica quantistica e la relativit ristretta. Ci non vuol dire che,
siccome non funziona sempre, o siccome stata sostituita in alcuni campi, la meccanica
10
R. Feynman, Sei pezzi facili, trad. L. Servidei, Adelphi, 2000
newtoniana sia sbagliata. Se un martello non riesce ad avvitare le viti, non un
martello sbagliato: un martello fatto per piantare i chiodi, e per avvitare ci vuole il
cacciavite. Se abbiamo mal di stomaco e prendiamo laspirina, non che il mal di
stomaco non ci passa perch laspirina un farmaco fatto male: solo che non
indicato per il mal di stomaco. E magari la prossima volta faremmo meglio a leggere il
bugiardino.
Inoltre ci sono i limiti intriseci dati dalla modellizzazione, e per pararne dobbiamo
prima capire cosa sia un modello.
c. Che cos un modello?
Una volta che abbiamo il nostro bel metodo scientifico, possiamo utilizzarlo per
elaborare dei modelli della realt e magari fare delle predizioni, o delle simulazioni, sul
comportamento della natura. Che cos un modello? una rappresentazione della realt
fatta seguendo il metodo di cui sopra: gli oggetti osservati nella realt sono raccolti
insieme in una struttura logica e internamente coerente. Questo vuol dire che possiamo
confondere la realt con il modello? No. Vuol dire che ogni modello ci dar un
determinato grado di confidenza nella rappresentazione della realt.
Ridurre problemi complessi a problemi semplici molto comodo e molto utile perch ci
permette di maneggiare situazioni nelle quali altrimenti non sapremmo come
raccapezzarci. Tuttavia, lipersemplificazione di materie complesse comporta il pi
delle volte una perdita di informazione. Innanzitutto, ci sono propriet dei sistemi che
emergono - si dicono appunto emergenti - soltanto a certi livelli di complessit: per
esempio, non possiamo studiare il pensiero umano analizzando un neurone alla volta,
ma dobbiamo prendere il cervello nel suo complesso. Questo pu essere uno svantaggio
ma anche unutilit, perch a volte pi facile ragionare su un piano che su un altro.
Facciamo lesempio della temperatura di un gas: essa una misura dellenergia con cui
mediamente si muovono le molecole, ed quindi una quantit macroscopica. Sarebbe
impossibile misurare una per una le energie di tutte le molecole: ecco dunque che una
perdita di informazione locale si bilancia con una maggiore chiarezza a livello globale.
Tuttavia, nel fare un modello di qualcosa, dobbiamo sempre tenere a mente che stiamo
scegliendo solo un certo numero di variabili, stiamo operando una semplificazione.
Questo non vuol dire naturalmente che una modellizzazione sia inutile o sbagliata:
ci serve come una mappa per orientarci. Avremo una certa confidenza con una carta
topografica in scala 1:200000, e unaltra con una carta in scala 1:2000; non che la
prima sia sbagliata e laltra giusta, o viceversa: la scelta dellutilizzo dipende da quanti
dettagli abbiamo bisogno di vedere, se ci serve una visione pi panoramica, che tenga
conto di grandi distanze, o una visione pi focalizzata; analogamente, per alcuni scopi ci
utile una mappa che preservi gli angoli, per altri scopi pu servirci una mappa che
preservi le superfici
11
.
Un altro punto molto importante la distinzione tra una condizione necessaria e una
condizione sufficiente: una condizione si dice necessaria quando, togliendola, la tesi non
pu sussistere; se invece la condizione presente, la tesi pu essere valida o pu non
esserlo. Esempio: condizione necessaria per preparare un brasato al barolo avere a
disposizione del barolo.
Si dice sufficiente una condizione che, se presente, rende la tesi sicuramente valida. Se
manca la condizione, la tesi potrebbe essere valida oppure no, non ci dato saperlo in
mancanza di altre condizioni. Esempio: essere una quercia sufficiente per essere un
albero.
La necessit e la sufficienza sono due condizioni diverse; inoltre, la necessit non
implica la sufficienza, e viceversa: ci sono condizioni che sono necessarie ma non
sufficienti, e condizioni sufficienti che non sono necessarie. Per rimanere ai due esempi
test citati, per preparare un brasato al barolo non sufficiente avere del barolo
(servono, per esempio, anche la carne, una pentola, una cucina...); essere una quercia
non una condizione necessaria per essere un albero, come ci si rende subito conto
pensando al fatto che esistono degli alberi che non sono querce: i pini, i faggi, le betulle,
eccetera.
La distinzione sembra banale ma bene rimarcarla perch, quando si trattano i modelli
e si evidenziano i limiti della modellizzazione, si tende spesso a confondere i due livelli.
abbastanza comune pensare che, se si trova che il modello non sufficiente a
descrivere un fenomeno, allora sia anche non necessario. Questo un ragionamento non
corretto: il modello potrebbe essere non necessario, ma di per s la non sufficienza non
ci dice nulla in proposito.
Ritornando alla fallacia del post hoc, propter hoc, abbiamo che una causa
necessariamente precede leffetto, ma non sufficiente che un evento accada prima di
un altro per esserne la causa.
d. Che cos una misura?
Siccome il metodo scientifico prevede che i fenomeni siano individuati da dei dati
numerici, indispensabile sapere che cosa si intende per misura. Una misura o un
confronto con un campione che viene utilizzato come unit (per esempio, appoggio il
righello al foglio e conto le tacche), o un calcolo di una grandezza risultante da relazioni
matematiche tra grandezze note (per esempio, conosco lo spazio percorso e il tempo
11
noto (e dimostrato) che una proiezione cartografica non pu essere contemporaneamente equivalente
(cio che mantiene i rapporti fra le superfici), equidistante (che mantiene i rapporti tra le distanze da un
punto dato) e conforme (che mantiene gli angoli). Almeno una delle caratteristiche deve essere sacrificata,
a seconda dellutilizzo che vogliamo fare della mappa.
trascorso e posso calcolare la velocit media). Si parla rispettivamente di misure dirette
e indirette.
Apriamo qui una parentesi su Aristotele: secondo il filosofo stagirita ci che rende tutte
le cose commensurabili si chiama nomisma, che deriva da nomos, la legge, la regola: e
nomisma per lappunto il nome greco della moneta. Aristotele svilupper nella
Politica una teoria della moneta come merce che serve da intermediario degli scambi, e
nellEtica Nicomachea una teoria della moneta come segno creato dallautorit politica
ad uso di pagamento.
Torniamo a commisurazioni meno economiche e concentriamoci sul processo di misura.
Una misura, s detto, procede attraverso uno strumento. Quali sono le caratteristiche
che uno strumento pu avere, e che possono avere effetti sulla misura? Ne indichiamo
cinque:
- lintervallo duso, che lanalogo dellambito di validit; per esempio, un righello che
misura fino a venti centimetri, un metro da sarta che misura fino a centocinquanta
centimetri, eccetera.
- la prontezza: quanto ci mette lo strumento a rispondere in modo completo. Per
esempio, un termometro a mercurio (che adesso non si vende pi) impiega cinque o sei
minuti prima di dirmi se ho la febbre oppure no.
- la precisione: mi dice in che modo il risultato della misura della stessa grandezza
riproducibile.
- la sensibilit: il reciproco dellincertezza di lettura della scala sullo strumento. Vuol
dire che, se ho un righello graduato al millimetro, non posso stimare misure al di sotto
della scala del millimetro. Quindi, se misuro 15,3 cm, non ha alcun senso che io scriva
15,3000 cm, anche se dalla matematica della scuola elementare sabbiamo che gli zeri a
destra dellultima cifra significativa dopo la virgola non contano, cio che da un punto
di vista aritmetico 15,3=15,3000=...=15,30000000: il mio righello non vede quello
che succede al di l del millimetro, e quindi nello scrivere 15,3000 sto presupponendo
che il righello abbia una sensibilit molto maggiore di quella che ha.
- laccuratezza: la capacit dello strumento di fornire valori corrispondenti al valore
reale della grandezza che stiamo misurando.
Questo ci porta a parlare di cosa sia il valore reale e che cosa realmente misuriamo. Una
misura , intrinsecamente, affetta da errori: errori nostri, compiuti durante la misura, o
errori dovuti allo strumento. Gli errori possono essere casuali, dovuti alle differenze
casuali che si hanno ogni volta tra il valore misurato e il valore vero, oppure sistematici,
per esempio dovuti a un difetto di costruzione o di utilizzo dello strumento.
Per misurare dovremo tenere conto di entrambi i tipi; elimineremo per quanto possibile
alla fonte gli errori sistematici, e terremo conto degli errori casuali facendo una serie di
misure ripetute, in modo da minimizzare la fluttuazione degli errori stessi: per questo
motivo lanalisi dei dati su cui lavoreremo sar unanalisi di tipo statistico. In tal modo
riusciremo sia a misurare la grandezza che ci interessa sia a valutare quantitativamente
lerrore della misura. Se misuriamo una massa su una bilancia il risultato della nostra
operazione sar dunque del tipo: M = 15.050.01 kg, ove abbiamo tenuto conto del
valore della misura, dellerrore della misura e dellunit della misura.
Il concetto di misura matematicamente ben definito ed stato sviluppato come branca
dellanalisi matematica a partire dalla fine del XIX secolo; tuttavia allatto pratico pu
essere a volte difficile definire una quantit misurabile - per esempio, lintelligenza, la
felicit, il benessere - e si tratta quindi di dovere scegliere alcuni parametri e non altri,
spiegando il perch e valutando i limiti, ossia ancora una volta dobbiamo tenere bene in
mente quali sia lambito di validit del modello.
Questa breve digressione sulla misura, in cui abbiamo cercato di non eccedere i
tecnicismi, serve a fare capire limportanza della statistica; e spiega anche perch, come
avevamo accennato parlando della fallacia della generalizzazione indebita, un singolo
caso o una singola esperienza personale non siano necessariamente significativi se presi
cos estrapolati dal contesto, ovverosia dal modello di riferimento. Ricordiamo ancora i
concetti espressi sopra di correlazione e causa.
e. Esempio: il bilancio tra pregi e difetti.
S, ma i dialoghi? Megabizo che fine ha fatto? E Demea?
Dopotutto, siamo ancora l con delle discussioni da risolvere, e dobbiamo decidere a chi
dare ragione e come. Prima di tornare ai dialoghi con cui abbiamo cominciato il lavoro,
per, facciamo un ultimo esempio propedeutico.
Supponiamo di andare al ristorante e che sul menu ci sia una scelta tra i nostri due primi
piatti preferiti. Ci piacciono tutti e due moltissimo, per dobbiamo sceglierne uno
soltanto. Se non decidiamo di affidare la scelta al caso, per esempio lanciando una
moneta, dobbiamo stilare per ciascuno dei due piatti una breve lista di pregi e difetti e
valutarli in base a quello. Il piatto A pu essere pi calorico ma contenere pi verdure, il
piatto B contiene un ingrediente che non mangiamo da un sacco di tempo e che abbiamo
sempre avuto difficolt a reperire; del resto, il piatto B meno digeribile, e il piatto A
pi caro... come fare? Un economista, qui, ci direbbe che dobbiamo cercare di
massimizzare lutile, e lutile in questo caso una combinazione di fattori: piacere,
soddisfazione, benefici, costi. Con ogni probabilit, mentre siamo seduti a tavola, non
faremo ragionamenti complicati: faremo una stima grossolana tenendo conto di tutti i
fattori che possono farci propendere per luno o per laltro piatto, cercheremo di
comprendere quali valori sono pi importanti in quel particolare contesto e alla fine
faremo la nostra scelta, che sar il risultato di un compromesso soggettivo tra i vari
fattori
12
.
Supponiamo ora di aver inventato un farmaco per il trattamento dei sintomi di una certa
malattia, diciamo la strimpellosi idiopatica (non cercate su Google, stata inventata qui
sul momento), e di volerlo mettere in commercio.
12
La questione, ora solo accennata, verr sviluppata pi nel dettaglio nella Parte seconda.
Come dobbiamo comportarci? Di certo non possiamo affidarci a parametri soggettivi:
abbiamo bisogno di un metodo il pi possibile oggettivo per poter decidere, in base a
benefici e costi, rischi e opportunit. Il nostro farmaco per la strimpellosi ideopatica
dovr quindi superare una serie di prove: utilizzeremo opportuni modelli per vedere se
sicuro, se ha effetti, se ha effetti superiori a quelli dei farmaci per la strimpellosi
idiopatica precedentemente in uso. Alla fine avremo un elenco di vantaggi e un elenco
di svantaggi, o effetti collaterali. Per luso del farmaco dovremo valutare quindi,
oggettivamente, una serie di fattori: tra questi, il bilancio tra rischi e benefici di
assumere il farmaco, il bilancio tra rischi e benefici di non assumere il farmaco, il
bilancio tra questi due bilanci.
Avremo dunque bisogno di fare valutazioni statistiche e di comparare delle probabilit:
su queste, poi, faremo le nostre scelte.
Come funziona una statistica? La statistica il nostro modo per gestire lincertezza e
noi, purtroppo, abbiamo un intimo bisogno di certezze. Tuttavia (ricordiamo il wishful
thinking) bisogna fare i conti con quel che c e non con quello che vorremmo che ci
fosse: raccogliamo i dati in modo ordinato, ne ricaviamo delle leggi, e operiamo delle
sintesi che valgono in certi limiti. Sappiamo che, date certe leggi ricavate in accordo con
i dati sperimentali, il fenomeno osservato si comporter in un certo modo secondo dei
livelli di confidenza: per lo pi si comporter in modo medio, ma ci saranno dei casi
(sempre di meno man mano che ci si spinge agli estremi) che si discostano anche di
parecchio dalla media. Grazie alla statistica si ha una stima di quanto i dati si possono
discostare dalla media, cio una stima di quanto i dati sono variabili, e si chiama, in
gergo tecnico, deviazione standard.
Quando abbiamo a che fare con una mole di dati, o tanti gradi di libert di un sistema,
quindi, siccome non possiamo aspettarci un comportamento deterministico, dobbiamo
ricorrere alla statistica, e imparare poi anche a gestire i casi lontani dalla media: sono
estremamente poco probabili, ma non impossibili. Il fatto che si verifichino non vuol
dire necessariamente che la nostra teoria sia sbagliata: danno solo conto dellaleatoriet
intrinseca e della confidenza del modello; daltronde laleatoriet non significa
necessariamente che le cose succedano totalmente a caso. Questo punto molto
importante e la sua mancata comprensione spesso causa di enormi fraintendimenti su
concetti come la sicurezza di un farmaco, la sicurezza alimentare, lepidemiologia, la
salute pubblica.
f. Postilla: luniverso davvero scritto in linguaggio matematico?
Scrive Galileo
13
: La filosofia scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci
sta aperto innanzi a li occhi (io dico luniverso), ma non si pu intendere se prima non
simpara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne quali scritto. Egli scritto in
lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i
13
G. Galilei, Il Saggiatore, cap. VI.
quali mezzi impossibile intenderne umanamente parola; senza questi un aggirarsi
vanamente per un oscuro laberinto.
Ma davvero cos necessaria la matematica
14
? Per molti una materia indigesta e da
guardare con sospetto. In realt, secondo un neuroscienziato come Dehaene
15
, pare che
la matematica sia tanto valida per descrivere la natura perch il nostro cervello
biologicamente adatto a capire il linguaggio matematico, nel senso che possiede come
innato il concetto di numerazione, insieme a quelli di spazio e di tempo (che, per chi li
ricorda, sono le forme pure a priori di Kant). una qualit che condividiamo con altri
animali, non siamo gli unici a saper contare, ove per contare sintende mettere in
corrispondenza biunivoca (uno a uno) due insiemi. Se molti di noi fanno fatica sulle
equazioni di secondo grado e in genere sulla matematica al di l delle quattro
operazioni, perch il cervello umano non ha avuto il tempo di evolversi a sufficienza
per sviluppare circuiti dedicati esplicitamente alla matematica; esistiamo da meno di
duecentomila anni, che un tempo piccolissimo sulla scala dellevoluzione: luomo ha
soltanto un grossolano concetto di numerazione e ha pertanto riadattato allo scopo
vecchi circuiti neurali presenti anche in altre specie viventi e utilizzati per i movimenti
del corpo e per organizzare le percezioni. Per tutto il resto, tocca rompersi la testa sui
libri di matematica.
14
Il tema verr ripreso e sviluppato nella Parte terza.
15
Dehaene S., Changeux J.P. (1993). Development of elementary numerical abilities: A neuronal model.
Journal of Cognitive Neuroscience 5: 390407; Dehaene S., Spelke L., Pinel P., Stanescu R., Tsivkin S.
(1999). Sources of mathematical thinking : behavioral and brain-imaging evidence. Science 284 (5416):
970974.
D. Il buon giornalismo anglosassone
Torniamo alla soggettivit e alloggettivit e chiediamo il supporto di un altro autore.
Nellanalisi delle azioni Tommaso dAquino era uno che poteva ben dire la sua, per
quanto ci aveva studiato e pensato sopra. Nella Summa Theologiae
16
distingue otto
elementi che caratterizzano la struttura dellazione, riprendendone peraltro sette da
Cicerone:
- chi ha commesso lazione
- che cosa ha fatto
- quando lha fatto
- dove lha fatto
- perch lha fatto
- quanto ha fatto ci che ha fatto
- in che modo ha fatto ci che ha fatto
- con quali mezzi ha fatto ci che ha fatto.
Tommaso si interessava del lato morale, ma la tecnica buona a tal punto che la si
ritrova, pi o meno pari pari, nella regola delle 5W del giornalismo anglosassone:
who, why, when, where, what. Dal giornalismo anglosassone venuta unaltra cosa
buona: separare i fatti dalle opinioni. Non che labbiano inventato gli Inglesi: la
distinzione tra i fatti e le opinioni appartiene gi al pensiero greco, fin dagli inizi, da
Platone e Aristotele. In questo lavoro abbiamo parlato di come ottenere opinioni ben
fondate, che possiamo ragionevolmente accettare come fatti, su materie soggette alla
possibilit di verifica sperimentale.
Ma sempre possibile operare delle distinzioni cos nette? A volte ci troviamo davanti a
questioni piuttosto intricate, con molte variabili in gioco, molte posizioni anche in netto
contrasto, pu essere che non abbiamo tutte le informazioni necessarie e non sappiamo
come reperirle; per questo un bene servirsi, per quanto possibile, di pi fonti. Ma le
fonti sono tutte uguali? A tutte possiamo accordare lo stesso grado di fiducia? Qualcuno
di noi, sullonda dellentusiasmo della lettura di Contro il metodo di Feyerabend o
dellantipatia per il proprio ex insegnante di matematica, pu essere portato a credere
che non sia possibile adottare un metodo rigido, o che sia riduttivo ricondursi a una
teoria fissa della razionalit, o che qualsiasi cosa pu andare bene. cos che agiamo,
ogni giorno, quando dobbiamo prendere una decisione? O seguiamo, magari
inconsciamente, dei criteri standard come quelli presentati pi sopra?
Quella sullattendibilit delle fonti una domanda che ci aiuta ad affrontare i tre
dialoghi riportati allinizio dellopera, e per rispondere ci affidiamo ai consigli non di
16
Tommaso dAquino, Summa Theologiae, Ia2ae. 7,3
uno scienziato, questa volta, ma di un grande storico: Marc Bloch. In Apologia della
storia o il mestiere di storico, Bloch ci impartisce una grande lezione sullosservazione
storica e sul metodo critico e, in generale, sulla conoscenza. Lo storico dovrebbe sempre
mostrare i suoi strumenti e i suoi metodi, dice, affinch il lettore apprenda il metodo
della ricerca. Ci insegna come considerare le testimonianze, a controllarne la veridicit
tramite scrupoloso confronto incrociato, a evitare ladesione incondizionata ai
pregiudizi, false prudenze e miopie delle fonti narrative (68), a interrogare le fonti in
modo intelligente; ci insegna poi che non abbiamo il diritto di presentare una
affermazione se non a condizione che possa essere verificata (87), e che dobbiamo
considerare, nella critica delle testimonianze, che se pure unarte non scevra da
elementi di soggettivit, essa pure soggetta a una pratica metodica e razionale. Sulla
causalit (161), ci ammonisce a non lasciare allistinto la ricerca dei nessi di causa-
effetto
17
.
Bloch, nel suo rigore metodologico, si anche occupato di inganni collettivi: il caso
dei suoi Souvenirs de guerre o del noto saggio scritto nel 1924, I re taumaturghi, in cui
parimenti d conto della difficolt di analizzare correttamente le fonti, e che narra della
pretesa capacit miracolistica di guarigione dei sovrani francesi nel medioevo.
Parleremo in seguito degli inganni collettivi e lo faremo con alcuni esempi: per ora
contentiamoci di analizzare una scellerata mistificazione che ha per oggetto la figura di
Galileo Galilei come scienziato e la confusione tra metodo e contenuti. A volte (troppo
spesso) si usa lesempio di Galileo come il singolo che ha sfidato lortodossia del
pensiero dominante ed stato per questo perseguitato; ma poi s visto che, nel merito,
aveva ragione lui. Con questa analogia si tenta di sdoganare qualsiasi personaggio che
proponga dei modelli e delle ipotesi discordanti con quanto la scienza ritiene
attualmente valido.
Perch lesempio di Galileo non calzante? Perch nel caso di Galileo il punto
fondamentale da tenere in mente non tanto la diatriba tra il geocentrismo e
leliocentrismo, o del singolo contro i tanti, o dellinnovatore contro la tradizione,
quanto il metodo per verificare unipotesi, quale che essa sia: il caso di Galileo non la
vittoria dello scienziato solitario in lotta contro i potenti - anche se, incidentalmente,
stato costretto allabiura dai potenti dellepoca - ma, fatto molto pi importante, la
vittoria di un metodo sperimentale e razionale contro il dogmatismo dellipse dixit.
Siamo forse intimamente inclini a parteggiare per chi parte svantaggiato, per Davide che
sfida Golia, ma quando ci troviamo di fronte unidea nuova nel campo della
conoscenza, chiediamoci non quanto siano potenti gli avversari nel dibattito, ma quanta
forza abbia questa ipotesi al vaglio metodologico che da Galileo in poi ha preso piede
per la verifica della conoscenza stessa, e se e quanto sia possibile metterla sotto esame
sperimentale e razionale.
17
M. Bloch, Apologia della storia o il mestiere di storico, trad. G. Gouthier, Einaudi 2009
Per esempio: perch la teoria della relativit valida? Non perch lha formulata
Einstein, che era un genio. Indubbiamente Albert Einstein era un genio, ma la relativit
sta in piedi perch - nel suo ambito di utilizzo - ha un apparato teorico consistente ed
suffragata da una miriade di conferme sperimentali. Questo non rende qualsiasi cosa
detta da Albert Einstein vera o valida, nonostante Albert Einstein sia Albert Einstein.
Ogni volta dovremo fare la fatica di provare verit e validit di unaffermazione.
(Albert Einstein, per inciso, uno degli autori a cui vengono attribuite pi citazioni
fuori contesto: si vede la sua faccia abbinata a qualsiasi asserzione in qualsiasi campo.)
Con queste premesse la prima parte dellopera si chiude: abbiamo ormai in mano quasi
tutti gli strumenti necessari per affrontare i dialoghi riportati allinizio, e siamo in grado
non di dire chi ha ragione (non lo faremo), bens di orientarci in un dibattito e cercare
di valutare se sia possibile o meno dare un diverso peso a ciascuna delle voci in
capitolo, se sia cio possibile stabilire un criterio non arbitrario per verificare ci che
ciascuno dei personaggi ci dice: siamo dunque in grado, almeno in via di principio, di
stabilire quando una fonte pu dirsi autorevole - che diverso, ovviamente, da
autoritaria.
Parte seconda
A. Descrittivo o prescrittivo?
- Agisci in modo che la massima della tua volont possa sempre valere come principio
di una legislazione universale.
- La forza con cui due corpi si attraggono reciprocamente proporzionale al prodotto
delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
Questi due enunciati hanno entrambi il valore di legge. Il primo la formulazione
dellimperativo categorico che Kant scrive nella Critica della ragion pratica, nel 1788,
una legge intesa come principio valido per ogni essere ragionevole, indipendente
dagli impulsi esterni. Il secondo una trascrizione in linguaggio informale della legge di
gravitazione universale scoperta da Newton nel 1687 (per la precisione si dovrebbe
parlare di punti materiali e non di corpi, ma sorvoleremo su questo).
Stiamo cio parlando di due piani diversi: il primo tipo di legge ci dice come dobbiamo
comportarci, mentre il secondo descrive un comportamento; dei punti materiali in
questo caso, ma ovviamente ci sono leggi che descrivono una moltitudine di
comportamenti da parte di soggetti diversi, descrizioni deterministiche o probabilistiche,
a seconda del contesto, insomma ce n per tutti i gusti. Ma una legge descrittiva non
dice come dovrebbe comportarsi quel dato fenomeno, dice soltanto come si comporta,
lo descrive: se troviamo un controesempio che invalida la legge, ci limitiamo a cambiare
la legge, in modo che la nuova formulazione tenga conto sia di tutti i casi compresi nella
prima formulazione sia del caso che invece vi sfuggito
18
.
Il primo piano, quello che prescrive un comportamento, afferisce al campo delletica,
mentre il secondo piano, quello che descrive un comportamento, no: sapere come si
comporta un oggetto o come avviene un fenomeno non ci dice nulla sul bene o sul
male
19
. Se spingiamo un uomo gi dal balcone, questi si sfraceller a terra a causa della
gravit, ma non che possiamo incolpare Newton della morte del poverino.
Nulla vieta di trarre delle norme di comportamento a partire da descrizioni della natura,
anzi: per esempio, si pu decidere di vietare lutilizzo del DDT perch un possibile
cancerogeno, e si valuta il bilancio tra rischi e benefici, ma questo tipo di legge su un
18
Nel Trattato sulla natura umana (III, 1) David Hume lancia un monito sul salto logico che separa ci
che e ci che deve essere: in ambito morale soprattutto essenziale distinguere i fatti dai valori.
19
Fu Spinoza nellEtica a cercare di dare di questa disciplina una dimostrazione per via geometrica;
sappiamo invece che le cose non sono cos lineari.
piano diverso da quella che spiega il funzionamento del DDT come insetticida o come
possibile cancerogeno. Quando si parla di temi eticamente o politicamente sensibili, e la
scienza e le sue applicazioni tecnologiche sottopongono spesso allumanit discussioni
simili, si tende a sovrapporre i due piani.
Per ritornare ai nostri dialoghi iniziali, osserviamo su che piano si svolgono: quello di
Erodoto si occupa del piano normativo, quello di Galileo si occupa del piano descrittivo,
mentre Hume si mantiene a cavallo tra i due: descrittivo quando si domanda se la
religione sia razionale, normativo quando parla del ruolo sociale della religione.
Ci sono altri ambiti che si muovono sia sul piano descrittivo che su quello normativo (o
prescrittivo che dir si voglia, in questo contesto possiamo usare i due termini come
sinonimi): leconomia per esempio consta sia di una parte descrittiva e matematica - la
modellizzazione della domanda e dellofferta, lefficienza del libero mercato, la
determinazione degli equilibri economici nel breve medio e lungo periodo, eccetera,
tutte questioni affrontate in via statistica ma comunque descrittiva - e una parte
normativa e politica, che tiene conto del fatto che scelte sociali diverse, basate su
impostazioni etiche diverse, possono condurre a diverse priorit nel bilanciamento tra
equit ed efficienza e a scelte economiche diverse.
E, in genere, compito della politica mediare tra visioni possibili: quando si tratta di
politiche che hanno a che fare con la scienza, dobbiamo tener conto che le esigenze
politiche (il consenso popolare in primis, la difficolt di modellizzazione di un sistema
cos eterogeneo e complesso come la societ umana in secundis) si basano su
presupposti diversi da quanto pertiene al lavoro e al metodo della scienza, ove
leventuale consenso popolare irrelato alla validit della teoria. Il consenso popolare
ovviamente materia complessa e soggetta a pulsioni irrazionali e ancestrali: la paura
della manipolazione genetica per esempio potrebbe rifarsi a tematiche annesse al
concetto di contaminazione e di purezza, che dovrebbe essere uno dei moduli elaborati
dal nostro cervello durante l'evoluzione, e che stato poi alla base di quello che
abbiamo definito etica. Ne parleremo un po pi nel dettaglio al punto C di questa
seconda parte.
Intanto facciamo un esempio della confusione che si pu ingenerare tra i due piani. Nel
2010, quando tutto il mondo si occupava e si preoccupava della nube di cenere
sullEuropa a seguito delleruzione del vulcano Eyjafjll in Islanda, a tal proposito il
filosofo Emanuele Severino scrisse delle riflessioni, pubblicate in un articolo sul
Corriere della Sera, col titolo Quando la Tecnica si arrende alla Natura
20
.
Scrive Severino:
20
Larticolo originale si pu leggere qui:
http://www.corriere.it/cronache/10_aprile_18/severino_nube_cenere_natura_00dc3a0c-4b01-11df-
b267-00144f02aabe.shtml
Per una visione pi ampia del pensiero sviluppato da Severino a proposito si rimanda a E. Severino, Il
destino della tecnica, Rizzoli 1998
[...]Dire che la Natura si ribella ha senso solo in relazione ai progetti dell'uomo. La
sua ribellione, inoltre, pu essere ben pi radicale di quelle a cui ci dato di assistere. A
volte ci si trova di fronte ad affermazioni che sembrano inoffensive. Ad esempio questa,
che le leggi della scienza (da cui la Tecnica guidata) sono ipotetiche, cio non sono
verit assolute. Spesso gli scienziati se ne dimenticano. Ma lipoteticit delle leggi
scientifiche significa ad esempio che un corpo, abbandonato a s stesso, da un momento
all'altro, invece di cadere verso il basso potrebbe andare verso lalto. Qui la ribellione
possibile della Natura ben pi radicale.
Che cosa stride, in questa riflessione? Innanzitutto, laffermazione che le leggi della
scienza siano ipotetiche nel senso poi inteso; e quindi, lidea della ribellione della
natura alle leggi della scienza, perch lidea della ribellione sottintende una volont, o
almeno degli istinti: caratteristiche queste di molti esseri viventi, ma che non
necessariamente corretto inferire a oggetti inanimati, entit collettive o astrazioni.
Quanto alla loro presunta ipoteticit, le leggi della scienza non sono verit assolute,
questo corretto, ma non si tratta di mere ipotesi: rappresentano un modello descrittivo
passibile di revisione ogniqualvolta la natura ci ponga di fronte a fenomeni che le leggi
fin qui scoperte non sono in grado di spiegare. Labbiamo detto in precedenza: si tratta
di opinioni ben fondate, che ragionevolmente accettiamo come fatti, fino a che il
modello funziona. Ma le leggi della scienza non sono il codice penale: non dicono alla
natura come deve comportarsi
21
. Se un giorno la forza di gravit dovesse cambiare di
segno, dovesse cio diventare repulsiva e non attrattiva (come succede, per esempio, per
la forza elettromagnetica tra cariche dello stesso segno), o meglio, se un giorno
dovessimo osservare un numero statisticamente significativo di casi in cui ci avviene,
non si tratter della natura che si ribella alla coercizione impostale da Isaac Newton
22
:
sar semplicemente il caso di dire che la legge di Newton non sufficiente a descrivere
completamente il comportamento dei corpi soggetti alla gravit, e la implementeremo in
modo che il modello comprenda anche i corpi che cadono verso lalto.
Qualcosa di analogo gi successo: per descrivere gli eventi ad alte energie e a velocit
prossime a quella della luce nel vuoto, la meccanica classica stata estesa tramite la
teoria della relativit ristretta. Non si trattava di ribellione della natura: la meccanica
classica era semplicemente inadeguata a descriverne il comportamento in certe
situazioni. E, per restare alla gravit, limpostazione newtoniana di interazione
21
Kant a suo tempo ha affermato: il nostro intelletto non trae le proprie leggi dalla natura, ma le impone
ad essa. Ora, sono i nostri schemi mentali a creare un modello di descrizione dei fenomeni naturali, ma
gli schemi della mente possono essere confutati dalla natura, e spesso ci accade; al pi, con Popper,
possiamo dire che le conoscenze che otteniamo siano temporaneamente non falsificate, e provvedere a
nuovi schemi mentali.
22
A margine notiamo che i corpi dotati di massa si comportavano nel modo descritto dalla legge di
gravitazione anche prima che Newton la formulasse. Non che, prima del 1688, i corpi si rifiutassero di
attrarsi reciprocamente con una forza proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente
proporzionale al quadrato della loro distanza, o fossero inconsapevoli di doverlo fare. Detto in termini
spicci, se lasciati liberi di cadere, cadevano a terra esattamente come cadono oggi che conosciamo la
legge di Newton.
gravitazionale come azione a distanza tra corpi dotati di massa gi stata riformulata
con la teoria della relativit generale per tener conto degli eventi gravitazionali su
grande scala, cio su scala cosmologica - per pesare un chilo di zucchine sulla bilancia o
per calcolare la traiettoria di un proiettile, la meccanica newtoniana ancora pi che
appropriata
23
. Va detto inoltre che lintroduzione delle teorie della relativit o della
meccanica quantistica ha comportato non tanto degli aggiustamenti della teoria
precedente, ma dei profondi ripensamenti concettuali che hanno coinvolto lo spazio, il
tempo, la materia, la causalit.
Se vi pu essere unincomprensione, riguardo la presunta ribellione della natura, essa
pu essere generata dal fatto che, tramite la tecnologia, noi umani facciamo
operativamente delle cose, cerchiamo di intervenire modificando la natura in modo da
trarne dei vantaggi, direttamente o come svantaggio per i nostri nemici: cos come fanno
gli altri animali, dai castori che edificano dighe ai corvi che usano i bastoncini per
pescare le larve. Per esempio aumentiamo la resa di una certa pianta con varie tecniche
agricole, o costruiamo centrali elettriche, guidiamo automobili, scaldiamo i cibi col
microonde, voliamo tra i continenti, curiamo malattie e mandiamo sonde su Marte;
certo, di contro costruiamo anche armi, riempiamo latmosfera di polveri sottili e
imbottiamo le reti televisive di talent e reality show.
Non bisogna per fare confusione tra il piano che considera la scienza come strumento
per fare predizioni sottoponibili ad esperimento e per creare protocolli operazionali, e
che quindi apre la porta alla tecnologia, e il piano che invece pertiene allattivit
conoscitiva, ossia al modo in cui la scienza e il suo metodo ci aiutano a costruire dei
modelli del mondo: sono entrambi aspetti dellattivit scientifica, ma si tratta di due
livelli distinti. La tecnologia si basa sui modelli scientifici: i modelli scientifici
descrivono la natura e poi noi, che siamo animali curiosi e intelligenti, ci domandiamo:
bene, che possiamo fare, stanti queste premesse, visto che la natura si comporta cos e
noi lo abbiamo capito?
23
Osserviamo che nei due esempi appena citati limplementazione al modello fisico della descrizione
della realt occorsa in casi limite, ossia in casi lontani da quelli abitualmente oggetto dellanalisi della
meccanica newtoniana. Questo ci d ragionevoli garanzie che, a dispetto delle paventate ribellioni della
natura, possiamo evitare di preoccuparci: se ci cade la penna dal tavolo dobbiamo andarla a cercare sul
pavimento, non sul soffitto.
B. Aiuto, un mostro!
Di peggio accade quando da una norma descrittiva si cerca di tirar fuori ipso facto una
prescrizione morale: la natura dice che succede questo, quindi quando ci non succede
illegale e va perseguito; o viceversa, questo fatto non ci piace dal punto di vista
morale, quindi la natura non pu comportarsi cos, il che pu essere anche declinato al
positivo: siccome ci piace, allora la natura deve comportarsi in tal modo.
Sono dei veri e propri mostri del ragionamento. Oltre a ci, sono gravidi di cattive
conseguenze per quanto riguarda la percezione che il senso comune ha del sapere
tecnico e scientifico: aumentano la cesura presente tra sapere tecnico e senso comune a
causa della difficolt materiale che si ha nel padroneggiare certi ambiti. Il risultato
quindi un distacco sempre maggiore tra gli esperti e la gente comune, che si vedr a
sua volta incanalata verso soluzioni pi facili e immediate, per quanto inconsistenti. Ma
per quanto riguarda larte di ottenere ragione, s visto, non si lesina di giocare sporco.
Facciamo degli esempi: i primi due su quando si cerca di inferire una moralit nella
natura, i secondi due sulla strana idea che le verit scientifiche si stabiliscano in altri
modi non previsti dal metodo scientifico.
1. Il darwinismo sociale
Il primo esempio il darwinismo sociale, ossia quella corrente filosofica che ritiene che,
siccome in natura sopravvive il pi adatto, allora questa massima debba essere la regola
delle societ umane - con tutto ci che ne deriva in ambito di welfare state (se va bene)
o eugenetica e soppressione dei meno adatti (se va male).
Labbiamo gi visto tristemente allopera e, nel contrastarlo, c chi caduto in un altro
errore formale, trasferendo lavversione per il darwinismo sociale alla teoria
dellevoluzione per selezione naturale: il fatto che il darwinismo sociale sia per alcuni
eticamente riprovevole non implica in alcun modo che Darwin, nel descrivere
levoluzione delle specie, avesse torto. Anzi, notiamo per inciso che quella di Darwin
una delle teorie scientifiche meglio suffragate da evidenza sperimentale.
Lidea di inferire una moralit nella natura comunque vecchia: basti pensare al
concetto di morale naturale che Dio (per chi ne ammette lesistenza) avrebbe instillato
nelluomo, o alla dottrina del giusnaturalismo. Antigone si ribella a Creonte in nome di
leggi non scritte, e in base a queste rivendica il diritto di seppellire Polinice entro le
mura di Tebe
24
; il diritto romano si fonda sulla ragione naturale comune a tutti i popoli
parimenti sviluppati. Ma letica un fatto naturale o un costrutto umano determinato
dalle convenzioni? Qualche elemento in proposito, risultante dagli studi pi recenti sul
cervello, lo introdurremo nella prossima sezione; intanto diciamo che, se vi un
24
Sofocle, Antigone, Einaudi 2007
collegamento con la natura umana, ci non ci autorizza a trasportare di peso le leggi
naturali in campo etico. Anche perch letica molto pi plastica delle leggi di natura!
Inoltre, per quanto ci dato sapere dallo stato attuale della nostra conoscenza, nulla
indica che luniverso non sia contingente. Ed parimenti contingente anche la vita sulla
Terra, questo piccolo pianeta di un sistema solare periferico di una galassia periferica,
perso in un universo vecchio di quattordici miliardi di anni, e di questo universo
sappiamo che la parte a noi visibile relativamente poca.
Occorre comunque distinguere tra prevedibilit e contingenza: come racconta Stephen
Jay Gould ne La vita meravigliosa, esistono leggi generali che regolano la vita in un
senso ampio, ma il livello dei particolari tale per cui la contingenza domina e la
prevedibilit generale si sfoca sullo sfondo. Come si diceva pi sopra, tutta una
questione di livelli di confidenza del modello.
Sulla contingenza della natura si espressa larte, oltre che la filosofia e la scienza:
molti di noi ricordano questo frammento di dialogo, in cui la natura che parla:
Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle
fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho
l'intenzione a tutt'altro che alla felicit degli uomini o all'infelicit. Quando io vi offendo
in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime
volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto,
come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E
finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne
avvedrei.
25

2. Lincompletezza
Un altro caso classico labuso che si fa dei teoremi sullincompletezza di Gdel fuori
dal loro contesto originario. Contesto che, ricordiamo, quello della logica matematica:
i due teoremi del logico austriaco riguardano certe propriet dei sistemi formali, e gi l
hanno dato luogo a dei fraintendimenti. Siccome la formulazione originale dei teoremi
implica la conoscenza approfondita di una materia non banale, e siccome Gdel una
figura pittoresca
26
, nelluso comune tutto ci ha dato origine a una formulazione distorta
che suona pi o meno cos: esistono verit indimostrabili, tout court. Il che a sua
volta, a seconda delle personali credenze filosofiche di chi si fa latore del messaggio,
implica una serie di corollari che si riassumono in un relativismo cognitivo, cio
esistono verit indimostrabili, quindi una vale laltra.
25
G. Leopardi, Dialogo tra la Natura e un Islandese, in Operette morali, Feltrinelli 1976
26
Oltre ad essere precocemente geniale (a venticinque anni rivoluzionava la logica e il rapporto della
logica con la matematica), era estremamente ipocondriaco, fobico e ossessionato da problemi alimentari.
Mor di inedia perch si rifiutava di mangiare: temeva di essere avvelenato.
Abbiamo due strafalcioni di fila: prima la citazione fuori contesto di un teorema con
annessa generalizzazione indebita e distorsione semantica, e poi uninferenza scorretta.
La decontestualizzazione del teorema di Gdel - ma si potrebbero citare analoghi
trattamenti riservati alla meccanica quantistica, alla teoria della relativit, alla
cosmologia, alla statistica, alla teoria della probabilit o alla genetica - ci offre il
pretesto per segnalare il pericolo insito nelluso di metafore (e volendo anche di
allegorie). Quando si accostano due piani differenti per spiegare quello ignoto con
quello noto, c il rischio che si trasferisca al termine ignoto anche il contesto di quello
noto, sicch si prendono per analoghe delle condizioni al contorno che non lo sono
affatto. Una metafora sottolinea delle analogie e inevitabilmente lascia cadere il
confronto su altri aspetti che non si prestano ad essere raffrontati, e dimenticarselo vuol
dire correre il rischio di prendere le metafore per identit, addormentando il pensiero e
la curiosit necessaria per capire il nuovo campo di indagine. Prendere una metafora alla
lettera rischia cio di diminuire, anzich di aumentare, la chiarezza del concetto che
vorremmo comprendere.
3. Verit scientiche stabilite tramite sentenze
Stabilire la verit di alcuni fatti, ove per ci si intenda la ragionevolezza provata della
loro assunzione, comprende lutilizzo di un metodo induttivo e deduttivo. Capita che, in
sede giudiziaria, vengano emesse talvolta delle sentenze che riguardano fatti inerenti
alla scienza o alla tecnologia: risarcimenti per danni provocati dallutilizzo di farmaci o
di inquinamento ambientale, approvazione dellutilizzo di terapie e simili. Quali che
siano gli esiti di queste sentenze, sia che si trovino in accordo con quanto la letteratura
scientifica dice sia che si trovino in netto contrasto, va comunque ricordato che si tratta
di piani diversi: una teoria scientifica o una serie di dati non possono essere n
confermati n smentiti da una sentenza di tribunale, perch il diritto utilizza metodi
diversi e si muove in un ambito diverso, dovendo normare i comportamenti e non
descriverli. Ci si pu chiedere casomai come sia possibile che una sentenza sposi o
avalli tesi non riconosciute valide dalla comunit scientifica, su quali basi lo faccia, ma
questo un problema che va al di l di quelli trattati in questo lavoro.
4. Verit scientiche stabilite tramite consenso popolare o mediatico
Un altro modo con cui si travalica lassunzione ragionevole e provata di una serie di dati
ricorrere allautorit popolare, che abbiamo gi incontrato parlando di fallacie
argomentative, o allautorit dei media, dalla televisione a internet.
Il fatto che una comunit sia convinta di qualcosa senza che abbia le competenze per
valutarla o le prove per sostenerla, non indice della bont del suo convincimento. Sia
chiaro: non indice nemmeno che quella cosa sia falsa; semplicemente, si tratta di
fenomeni non correlati.
Si sente spesso ripetere che la scienza non democratica. unespressione antipatica
perch, dal momento che nella nostra societ la democrazia un concetto a valenza
molto positiva, che qualcosa non sia democratico lo pone immediatamente in una luce
sospetta. In questo caso dire che la scienza non democratica non analogo a dire che
Kim Jong Un non democratico, non si tratta di dispotismo incondizionato e velleit
prevaricatrici da parte di una misteriosa signora scienza: significa solo che la decisione
a maggioranza funziona in certi ambiti (la scelta dei rappresentanti in una assemblea
pubblica) e non in altri (per conoscere il contenuto di un flacone di sciroppo per la tosse
non serve mettere ai voti, sufficiente conoscere delle appropriate nozioni di chimica).
N si pu affermare che, siccome un congruo numero di persone senza preparazione
specifica supporta una tesi, ci sia sufficiente per aprire un campo di studi a riguardo.
Lacclamazione popolare un ottimo metro per stabilire il successo di un brano in
classifica, non per validare ipotesi la cui solidit non pu basarsi che su prove
sperimentali e consistenza razionale.
Detto in altre parole: il fatto che una teoria sia controcorrente o strampalata non indice
che quella teoria sia vera o che sia falsa, cos come non lo il fatto che la gente che la
sostiene sia arrabbiata col mondo o meno: sono due piani diversi.
Prendiamo in esame tre esempi in cui la commistione tra verit e falsit, lutilizzo
sapiente della lingua e della sua vaghezza, limpatto emotivo dei contenuti, nonch il
trascendere i limiti delle analogie e dei problemi della modellizzazione hanno prodotto
dei grossi fraintendimenti.
- Lasserzione che la vivisezione inutile perch la gran parte dei cittadini contraria.
una asserzione a forte impatto emotivo perch riguarda letica e lempatia nei
confronti di altri esseri animali e bisogna tenerne conto quando la si analizza da un
punto di vista formale. Qui facciamo solo questo: la analizziamo da un punto di vista
formale. Si tratta innanzitutto di una distorsione dei termini: la vivisezione in senso
stretto vietata dalla legislazione europea da qualche decennio, quindi ci cui ci si
riferisce qui la sperimentazione animale, che comprende tutte le pratiche di utilizzo
di animali a scopo di studio, dai test farmacologici a quelli comportamentali, e che
per un termine molto meno efficace da un punto di vista propagandistico se si vuole
stigmatizzare lutilizzo di animali in laboratorio. Luso del termine , come s detto
poco fa, un appello alle emozioni. Ma non tanto questo il punto: al netto della scelta
delle parole, il fatto che una percentuale di cittadini sia contraria al suo utilizzo non
dice nulla sulla validit delloperazione: lefficacia della sperimentazione animale o la
sua inutilit sono irrelate al fatto che alla gente la sperimentazione animale piaccia o
meno, e sono determinate soltanto dal suo funzionamento, nei limiti del modello.
- La riduzione delle biotecnologie al mero utilizzo di organismi geneticamente
modificati in agricoltura. Anche qui, lidea di OGM abbinata al mito di Frankenstein
ha un grande effetto emotivo, senza che ci sia o meno indice di una plausibilit
dellidea stessa. Ma lassociare le biotecnologie agli OGM fa s che ci si dimentichi di
tutte le biotecnologie che non comportano manipolazione genetica: per esempio,
linseminazione artificiale, gli approcci basati sul DNA per rilevare agenti patogeni, le
analisi genetiche, le tecniche usate per contrassegnare alcune molecole di un
organismo per decidere quali esemplari selezionare, eccetera.
- Lidentificazione degli OGM con le multinazionali, essendo le multinazionali cattive
per definizione, o con le monocolture intensive, essendo anche queste il simbolo di
un modello economico fatto di avidit e sfruttamento delluomo sulla terra e
delluomo sulluomo. In realt non sono solo le multinazionali a fare ricerca sugli
OGM: c anche la ricerca pubblica. Vale la pena ricordare, in Italia, il caso degli ulivi
transgenici sviluppati nellarco di trentanni dalluniversit della Tuscia, e distrutti -
con annesso spreco decennale di fondi pubblici - su pressione politica prima che
potessero essere raccolti i dati sperimentali
27
.
E non di sole monocolture intensive si occupano gli OGM: valga come controesempio
il caso della papaya delle Hawaii, una coltura locale modificata geneticamente per
resistere ad un virus che colpiva le piante normali e letteralmente salvata dalla
distruzione tramite una sorta di vaccino genetico: parte delle proteine della capsula
del virus venivano trasferite nel codice genetico della pianta, stimolando qualcosa di
simile alla risposta immunitaria che abbiamo noi quando ci sottoponiamo a
vaccinazione. Anche qui si tratt di ricerca pubblica, sviluppata dallUniversit delle
Hawaii
28
. Per chi si preoccupasse dellarrivo della papaya modificata nei nostri
supermercati, va detto che la legislazione dellUE non lo permette: paradossalmente,
per, la papaya modificata ha permesso di controllare lepidemia di virus e di
continuare pertanto a coltivare la papaya tradizionale; la coesistenza tra i due tipi di
papaya possibile, oltre una certa distanza (poche centinaia di metri) non sono
possibili incroci casuali, e in Europa importiamo la papaya tradizionale.
Con ci non si pretende di far cambiare idea a chi si dice contrario alluso di ingegneria
genetica in ogni caso, o alla sperimentazione animale: unopinione su una scelta
politica o economica e come tale va presa. Questi esempi servono soltanto a far capire
che, quando si tratta di scegliere in campo politico ed economico, possibile farlo in
modo ideologico o non ideologico, separando o meno la componente emotiva da quella
oggettiva: non sempre unoperazione scontata o facile, e chi non la fa non sempre in
malafede, cos come chi la fa non sempre e necessariamente un arido senza cuore.
27
http://blogs.nature.com/news/2012/06/italian-anti-gm-group-wins-destruction-of-30-year-old-olive-
tree-project.html
28
h t t p : / / www. g mo - c o mp a s s . o r g / e n g / g r o c e r y _ s h o p p i n g / f r u i t _ v e g e t a b l e s /
14.genetically_modified_papayas_virus_resistance.html
Tutte le innovazioni possono portare a nefandezze, anche se non detto che lo facciano,
e in genere difficile prevedere il ciclo di evoluzione di una tecnologia; si pu
comunque tentare di ragionare sui fatti, per quanto, almeno a sentire Proust, i fatti non
penetrano nel mondo in cui vivono le nostre convinzioni, non le hanno create e non
possono distruggerle. Possono infliggere loro continue smentite senza appannarle
29
.
Forse non il caso di essere cos pessimisti: e con questo, possiamo cominciare a
entrare nel mondo dove vivono le nostre convinzioni.
29
M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto - Dalla parte di Swann, trad. G. Raboni, Mondadori
1989-2001
C. Le sorelle Dashwood e gli inganni collettivi
1. Unire i puntini
Siamo abituati a vedere immagini dove non ci sono: nella forma delle nuvole, nelle
macchie di umidit, nei fondi del caff, e prima ancora nelle costellazioni, che
uniscono stelle in realt lontanissime tra di loro. Vedere immagini dove non ci sono,
cio quello che si chiama pareidolia, un caso particolare di unaltra esperienza, che si
chiama apofenia, e che consiste nel riconoscere pattern dove non ce ne sono. Anche se a
volte ci fa prendere cantonate imbarazzanti, si tratta con ogni probabilit di un
vantaggio evolutivo: da un punto di vista evolutivo, infatti, si sono ritrovati
avvantaggiati gli individui che associavano il frusciare di un ramo alla presenza di un
predatore, quando il ramo era in realt mosso dal vento, e quindi scappavano prima di
controllare; il vantaggio era evidente rispetto agli individui che aspettavano di vedere se
il ramo era stato mosso dal vento o da un predatore, e nel caso ci fosse stato un
predatore avevano perso istanti preziosi per fuggire e salvarsi la vita.
Abbiamo accennato a questo fatto quando abbiamo parlato di come siamo propensi a
vedere una finalit nella natura, e non solo negli artefatti. E lutilit di riconoscere dei
pattern indubbia: avere un metodo di discernimento vuol dire a sua volta utilizzare dei
pattern. Applichiamo algoritmi nella vita quotidiana quasi senza rendercene conto, da
quando seguiamo una ricetta di cucina a quando eseguiamo una divisione a due cifre
con carta e penna. Di continuo li utilizziamo per spiegare le cose complesse come
gerarchia di cose pi semplici, il che ci rende inconsapevolmente tanti discepoli di
Cartesio; e talvolta questo ci trae in inganno, perch ci capita di inferire intenzionalit
dove non ce ne sono, o cause finali dove non se ne d la necessit. questo il caso, per
esempio, delle generiche incomprensioni a carico della teoria dellevoluzione naturale,
quando non ci rendiamo conto dellaccumularsi di piccoli mutamenti casuali e, insieme,
del meccanismo sostanzialmente deterministico per cui gli esseri viventi sono soggetti
alla capacit di trasmettere la propria struttura alle generazioni successive (Jacques
Monod chiama questo processo teleonomia
30
). Il concetto ci rimanda a idee simili e
correlate che sono quelle di complessit e di auto-organizzazione dei sistemi, che ci
limitiamo in questo caso a menzionare senza entrare nel dettaglio.
2. Ragioni, sentimenti e prospetti
Noi esseri umani siamo esseri responsabili che fanno delle scelte. E qui arriva la grande
domanda: da dove provengono queste scelte?
30
J. Monod, Il caso e la necessit, (1970), trad. di A. Busi, Mondadori 1970-1997
Dallistinto
Dal cuore
Dallanima
Da Dio
Dal cervello
sono risposte che si sono avvicendate nel corso del tempo. Prima di entrare a gamba tesa
nella filosofia della conoscenza e nella biologia del funzionamento del cervello,
chiediamo aiuto alla letteratura per mettere a fuoco il problema in un modo che ci sia
pi familiare. Ricorderemo quasi tutti uno dei classici di Jane Austen, Ragione e
sentimento, che in lingua originale si chiamava Sense and sensibility. Nel romanzo si
narrano le vicende delle due maggiori delle tre sorelle Dashwood, Elinor e Marianne, la
prima delle quali incarna lapproccio disciplinato alle emozioni e il decoro sociale, la
seconda la passione istintiva. Va qui aperto un breve inciso sulluso dei termini inglesi
sense e sensibility, per come venivano utilizzati nella societ che ha espresso Jane
Austen agli inizi del XIX secolo, giacch anche le parole, cos come i modelli, hanno un
loro ambito di riferimento. Sense, tradotto in italiano come ragione, il senno, o il
buonsenso, quel saggio bilanciamento di pragmatismo e ragionamento di cui si fa
portatrice Elinor, di due anni pi grande della sorella: Aveva cuore eccellente, indole
affettuosa e sentimenti vivi e profondi, ma sapeva dominarli: scienza che sua madre non
aveva ancora imparato
31
...
Di contro, sensibility, tradotta con sentimento, la percezione emotiva delle situazioni,
la capacit di sentire il mondo al di l dei cinque sensi; in termini odierni potremmo
renderla con empatia, o sensibilit, o con analoghe perifrasi coinvolgenti un certo grado
di passione. Della sensibility si fa carico la diciassettenne Marianne: Le qualit di
Marianne erano, sotto molti aspetti, del tutto uguali a quelle di Elinor. Ella era acuta e
intelligente, ma esagerata in tutto: i suoi dolori, le sue gioie, non conoscevano la
moderazione. Era generosa, gentile e interessante: era tutto, tranne che prudente.
32

Elinor basa le sue decisioni sulla ragionevolezza, nellaffrontare le dolorose incombenze


sociali che la tengono lontana da Edward Ferrars, mentre la sorella minore Marianne
incanala la sua empatia istintiva nella relazione con il suo omologo caratteriale,
laffascinante quanto poco affidabile John Willoughby. Nel romanzo, dunque, c una
sorta di polarizzazione comportamentale, anche se c un po di sensibility in Elinor e di
sense in Marianne, quando lamore di Elinor per Edward la fa struggere di passione o
quando le rivelazioni sul passato di Willoughby riportano Marianne ad una visione
giudiziosa e seria. Su tutto, troneggia lironia intelligente di Jane Austen nellaffrontare i
luoghi comuni, la sua totale accettazione del mondo, la sua precisione nella
rappresentazione della realt.
31
J. Austen, Ragione e sentimento, trad. di B. Boffito Serra, BUR 1996, pp.22-23
32
ibidem, p. 23
E noi come ci comportiamo, nel nostro ondeggiare inconsapevole tra Marianne ed
Elinor Dashwood? Che cosa guida le nostre scelte?
Pi sopra, nella prima parte dellopera, abbiamo accennato ai fattori cui diamo peso
nello scegliere tra due piatti diversi al ristorante. In generale, si pu affermare questo
33
:
quando ci troviamo in un contesto di certezza, ad ogni azione corrisponde una e una sola
conseguenza, e non c un granch da scegliere. Non siamo quasi mai cos fortunati: il
pi delle volte ci troviamo in un contesto incerto, nel quale cio ad ogni azione
corrispondono possibili conseguenze diverse, e il nostro compito valutarle e ordinarle
secondo la probabilit attribuita a ciascuna e allutilit che assegniamo loro. Per
esempio, nel dialogo di Erodoto Megabizo attribuisce alloligarchia unutilit maggiore
di quella che attribuisce alla democrazia (allisonomia, in realt), e unutilit maggiore
alloligarchia di quella che gli attribuisce Otane. Questa teoria, ovverosia questa
modellizzazione delle nostre decisioni, si basa su alcuni presupposti: che tutte le
conseguenze possano essere ordinate in modo coerente, che preferiamo le conseguenze
cui assegniamo lutilit pi alta e la probabilit maggiore (ossia non facciamo gli
autolesionisti), e che variando con continuit la probabilit delle conseguenze, mutano
con continuit anche le nostre preferenze
34
.
Questo succede secondo la teoria normativa, quella che ci dice cio come dovremmo
comportarci per prendere le decisioni migliori possibili. Ma sempre vero che ci
comportiamo in modo cos ragionevole? Una corposa implementazione arrivata nel
1979 ad opera di Kahneman e Tversky con la cosiddetta teoria del prospetto
35
. Questa
teoria ha si propone di descrivere in maniera pi realistica i processi di decisione:
calcola il vantaggio o lo svantaggio di una decisione in base a un riferimento soggettivo
e non assoluto, introducendo il concetto psicologico di avversione alle perdite; pondera
la valutazione della probabilit con un fattore soggettivo riferito al peso che quella
decisione ha per il soggetto che la esprime; si focalizza sulla rappresentazione mentale
degli eventi; non prende in considerazione soltanto le conseguenze future, come fa la
teoria dellutilit attesa, ma tira in ballo anche linfluenza delle scelte passate e dei costi
irrecuperabili (sunk cost, in inglese), che sono quei costi sostenuti allinizio di una
generica attivit e che non pi possibile recuperare nel corso del tempo, come ad
esempio i costi che abbiamo sostenuto per istruirci, o i biglietti non rimborsabili del
volo low cost che abbiamo prenotato per andare in vacanza.
La teoria di Kahneman e Tversky (che, va ricordato, una modellizzazione, si basa su
dati sperimentali e osservazioni) descrive ci che ci porta a compiere non delle scelte
33
Nel seguito viene esposta quella che in economia si chiama teoria dellutilit attesa.
34
Un esperimento classico di psicologia, basato sul gioco dazzardo, il cosiddetto Iowa gambling task,
ideato per osservare i meccanismi decisionali in una simulazione di vita reale e il ruolo dei processi
cognitivi ed emotivi nella decisione. Si veda Bechara, A., Damsio, A. R., Damsio, H., Anderson, S. W.
(1994). Insensitivity to future consequences following damage to human prefrontal cortex. In Cognition
50 (13): 715
35
D. Kahneman, A.Tversky, Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk, in Econometrica,
47(2), 1979, 263-291.
ottimali, bens solamente sub-ottimali. Questo accade perch ragioniamo, nella pratica,
semplificando le decisioni: abbiamo delle limitazioni cognitive che ci spingono a
decidere magari meno accuratamente, e meno saggiamente, ma almeno pi in fretta.
Si osservano dei fatti interessanti: per esempio, che le perdite creano un dolore
maggiore rispetto al piacere provocato da una vincita corrispondente, e che una vincita
che numericamente eguagli una perdita viene in realt percepita come una perdita.
Inoltre comincia a giocare un ruolo importante il rimpianto: il rimpianto ci fa ragionare
sulle alternative possibili e ci fa imparare, per la prossima volta, il modo di comportarci
in modo da minimizzare un rimpianto futuro
36
.
Notiamo incidentalmente che anche il romanzo della Austen si presta ad affrontare un
problema epistemologico, ossia la domanda su come sia possibile conoscere la verit
riguardo una persona, ed emettere giudizi su di lei. Gli enigmi umani da risolvere sono
principalmente Willoughby e il colonnello Brandon, entrambi personaggi con un
passato nascosto.
Pu essere interessante pensare se sia stato in base a teorie come quella del prospetto
che Marianne Dashwood, alla fine, ha sposato il colonnello Brandon; o se Anna
Karenina avrebbe potuto trovare alternative al buttarsi sotto il treno; o se Delitto e
castigo sarebbe stato o meno un capolavoro della letteratura mondiale, se Raskolnikov
avesse masticato un po di neuroscienze. Ma non questo il luogo per fare simili
congetture; vale la pena invece illustrare altri risultati sul modo in cui prendiamo delle
decisioni.
Secondo Kant
37
, un giudizio lunione di un predicato e un soggetto tramite una copula:
il sole (soggetto) (copula) giallo (predicato). La formulazione di un giudizio ci
accompagna dentro al nostro cervello, e il tutto a sua volta ci porta a dover parlare della
nostra coscienza.
Il problema della relazione tra coscienza e intenzionalit ha visto, nel seguito, approcci
diversi e il dibattito filosofico in pieno fervore: segnaliamo leliminativismo di Paul e
Patricia Churchland o di Daniel Dennett e Georges Rey, concezione materialista
secondo la quale la mente va approcciata da un punto di vista meramente fisico; le
teorie rappresentazionali del primo o del secondo ordine; le teorie fenomenologiche.
Sono tutti contributi intesi a dibattere se la coscienza si riduca allintenzionalit, se
siano due aspetti diversi di una stessa questione, se lintenzionalit sia un aspetto della
coscienza. I neuroscienziati si sono dati da fare ad elaborare teorie neurocognitive:
36
G. Loomes, R. Sugden, Regret theory: An alternative theory of rational choice under uncertainty, in
Economic Journal, 92, 1982, pp. 805-824.
37
I. Kant, Critica della ragion pura. Ricordiamo, e ne parleremo pi diffusamente in appendice, che per
il filosofo di Knigsberg quelli in grado di garantire il progresso della scienza sono i giudizi sintetici a
priori. Al giudizio riflettente, ossia quello in grado di mettere in relazione il mondo della necessit
naturale (materia trattata nella Critica della ragion pura) e quello della libert (argomento della Critica
della ragion pratica) dedicata la Critica del giudizio.
pensiamo al modello di Dehaene
38
, secondo il quale le connessioni top-down tra i
neuroni servono a mettere in moto un dato contenuto della coscienza, o al modello di
Damasio
39
, che vede la contrapposizione tra coscienza nucleare e coscienza estesa: la
prima , sostanzialmente, un senso del presente, prerogativa anche di molti animali non
umani; la seconda, divisa in vari gradi, quella che fornisce allindividuo un senso di
s, della propria identit e della propria storia.
Come ci orientiamo nelle decisioni? Dagli esperimenti in campo neurologico e
psicologico
40
risulta quanto segue:
- Abbiamo, in ambito morale, anche delle decisioni automatiche;
- Siamo pi sensibili agli stimoli negativi di quanto lo siamo a quelli positivi
41
;
- Le nostre decisioni dipendono anche da fattori non razionali: dalle circostanze, dalle
emozioni, dal fatto che ci sia chiesto di agire oppure no (fatto, questo, reso esplicito
dallosservazione che siamo molto pi pronti a ritwittare una protesta o ad aggregarci
su una pagina Facebook che a scendere fisicamente in piazza o, peggio ancora, ad
adoperarci nel quotidiano);
- Il nostro cervello limitato (non vuol dire che siamo stupidi, vuol dire che siamo
parsimoniosi) e tende a minimizzare i compiti che deve fare.
Gli studi fin qui condotti portano a ritenere che i cervello umano si comporti in maniera
modulare, ossia che vi siano moduli che si sono evoluti per risolvere situazioni
specifiche. La cultura veloce, e non possiamo certo dire di essere alle prese con gli
stesi compiti che dovevano affrontare i nostri antenati cacciatori-raccoglitori: tuttavia
levoluzione biologica lenta, e ci troviamo ad affrontare il mondo del ventunesimo
secolo con lo stesso cervello che avevano i nostri progenitori centocinquantamila anni
fa, grossomodo, alla comparsa di Homo sapiens sulla Terra.
La proposta dunque che le cose avvengano in questordine: vi uno stimolo esterno a
cui segue un processo automatico di accettazione o di rifiuto; il cervello ci fa compiere
cos una data azione e solo a posteriori la giustifica razionalmente.
Molti ricorderanno il concetto di tabula rasa, specialmente nella filosofia di Locke
42
, che
il principio secondo il quale ciascuno di noi nasce come una tavoletta di cera su cui
non stato scritto nulla, e che quindi compito esclusivo dellistruzione - o in senso
lato, della cultura - metterci dentro tutto quello che sappiamo e il modo in cui agiamo. E
38
S. Dehaene, L. Naccache (2001). Towards a cognitive neuroscience of consciousness: Basic evidence
and a workspace framework. In Cognition 79 (1-2): 137
39
A. Damasio, Emozione e coscienza, trad. S. Frediani, 2000, Adelphi
40
Unampia casistica trattata da Michael Gazzaniga, nel libro da cui il seguito del paragrafo trae parte
degli spunti: M. Gazzaniga, Human, trad. L. Sparaci, Raffaello Cortina Editore 2009
41
P. Ronzin, E.B. Royzman, Negativity bias, negativity dominance, and contagion, in Personality and
Social Psychology Review, 5, 2001, pp. 296-320
42
J. Locke, Saggio sullintelletto umano (1689), a cura di M.G. DAmico, V. Cicero, Bompiani 2007
quasi tutti avranno ricordo della disputa feroce che si avuta nel Novecento, anche a
livello popolare, tra cultura e natura, in inglese culture versus nurture. Secondo gli studi
pi recenti di Hauser
43
e Pinker
44
, possediamo alcune regole morali innate, astratte, e
una predisposizione altrettanto innata verso lacquisizione di altre regole.
Dobbiamo ai lavori, tra gli altri, di Haidt
45
, la teorizzazione dellesistenza di cinque
moduli morali: non una lista definitiva e universale, giacch varie culture enfatizzano
aspetti diversi e arrivano a morali diverse
46
, ma un buon modo per orientarsi.
I moduli proposti originariamente da Haidt sono:
a. Reciprocit: quello che determina il collante sociale, e vi attengono le sensazioni di
simpatia, disprezzo, rabbia, colpa, vergogna e gratitudine. Tu fai questo a me, io
faccio questo a te. O, in altri termini, ama il prossimo tuo come te stesso, o agisci
in modo che la massima della tua volont possa sempre valere come principio di una
legislazione universale, o occhio per occhio, dente per dente: sono tutte
espressioni, pur tra loro diverse, del modulo della reciprocit.
b. Sofferenza: quella che ci fa capire che laltro sta soffrendo. Nel caso in cui laltro
sia un nostro congiunto, capire che soffre ci spinge a soccorrerlo e quindi ad
aumentare le sue probabilit di sopravvivenza e, di conseguenza, le probabilit di
sopravvivenza del nostro patrimonio genetico, ovverosia della parte di patrimonio
genetico che abbiamo in comune con lui.
c. Gerarchia: il modulo che ci permette di orientarci in un mondo sociale dove contano
lo status e i rapporti di forza.
d. Coalizioni infra-gruppo e inter-gruppi: ci dice chi della nostra squadra e chi no.
questo il modulo grazie al quale il pettegolezzo unarma cos importante per il
controllo sociale.
e. Purezza: il modulo che ci dice che certe sostanze sono da considerarsi pure o
impure, e che quindi bene o male che le assumiamo. Da un punto di vista evolutivo
trae origine dalla necessit di difenderci dalle malattie; da qui si sviluppa il senso del
disgusto. Dal disgusto fisico al disgusto morale il passo breve: ecco allora che
arrivano tutte le limitazioni alimentari di carattere religioso, per esempio, o il
carattere di impurit attribuito alle mestruazioni.
Ne parleremo ancora tra poco, nel prossimo paragrafo. Per il momento limitiamoci a
osservare che il procedimento razionale, nelle decisioni, entra in gioco pi facilmente
43
M. Hauser, Menti morali. Le origini naturali del bene e del male, Il Saggiatore, 2007
44
S. Pinker, The Blank State, Penguin 2002
45
J. Haidt, C. Joseph, Intuitive ethics: How innately prepared intuitions generate culturally variable
virtues, in Daedalus, 138, 2004, pp. 55-66
46
Un tab comune a tutte le culture sembra essere quello dellincesto: non essendoci modo per
riconoscersi automaticamente tra fratelli e sorelle, ed essendo i rapporti tra consanguinei cos stretti un
problema dal punto di vista genetico, gli umani hanno sviluppato un meccanismo innato che scoraggia
lincesto.
quando non ci sono in ballo possibili interpretazioni morali, e che in ogni caso
sperimentalmente si evidenzia che tendiamo a prendere per buono il primo argomento
che soddisfa la nostra opinione e ci fermiamo l, anche se solo un aneddoto e da un
punto di vista razionale non vale un granch.
In pi, quando siamo in societ, la pressione sociale fa in modo che si possano sostenere
anche argomenti scorretti, o comportamenti scorretti.
Sostiene Gazzaniga
47
: Si potrebbe dire che passiamo la maggior parte della vita a
combattere la mente cosciente razionale e il sistema emotivo inconscio presente nel
nostro cervello. [...] In politica, si ha un buon effetto quando una scelta fatta
razionalmente si accorda con le emozioni di unepoca. Una scelta politica sbagliata
quella in cui una scelta razionale viene fatta in un momento in cui le emozioni della
popolazione sono in contrasto con leffetto che si desidera ottenere. A livello personale,
le cose possono andare in modo diverso. Una pessima decisione personale pu risultare
da una forte emozione che superi una semplice indicazione razionale. Per ciascuno di
noi sembra una battaglia costante che sembra non finire mai. come se non fossimo
ancora a nostro agio con la nostra mente razionale, analitica. In termini evolutivi, si
tratta di una nuova capacit che noi umani abbiamo recentemente acquisito, e
sembriamo sfruttare con parsimonia.
Qualche volta, indubbiamente, con molta parsimonia.
3. Il senso di appartenenza
Il fatto di avere differenti moduli morali intrinseci ci porta ad enfatizzare chi luno, chi
laltro. Lambito morale, insomma, vario, e questo peraltro non significa
necessariamente che una morale valga laltra, o che vada tutto bene cos: significa che
tenere conto che abbiamo matrici morali diverse serve a comprenderci meglio luno con
laltro.
Ampliando il suo lavoro originario e continuando a basarsi su dati sperimentali, Haidt
48

individua cinque matrici morali; le matrici morali creano gruppi che possono
dimostrarsi tanto coesi al loro interno tanto ciechi nel comprendere il modo di
funzionamento (si potrebbe qui dire: le ragioni) di chi ha una matrice morale diversa.
Cos le definisce:
- Protezione/danno: il modulo richiesto per proteggere i propri piccoli e prendersene
cura, e le sue caratteristiche sono la compassione, la premura e la gentilezza, e vi
47
M. Gazzaniga, Human, cit., pp. 196-197
48
J. Haidt, Menti tribali - Perch le brave persone si dividono su politica e religione (2012), trad. C.
Castiello, M. Cupellaro, P. Marangon, M. Rullo, 2013 Codice edizioni
correlato il fatto che ci piacciono tanto i cuccioli o gli animali con tratti infantili (occhi
grandi, aria tenera...);
- Correttezza/inganno: il modulo deputato a trarre vantaggio dalla collaborazione; vi
attengono lira, la gratitudine, il senso di colpa, e le virt di correttezza, affidabilit e
giustizia;
- Lealt/tradimento: risponde alla sfida adattativa di formare coalizioni coese, qui che
nascono i nostri sentimenti di appartenenza verso nazioni o squadre sportive o gruppi
sociali; fedelt e abnegazione sono le sue virt caratteristiche;
- Autorit/sovversione: serve a costruire relazioni vantaggiose nellambito di una societ
gerarchica, correlato ai fattori di dominanza e di sottomissione, e vi si legano i
sentimenti di rispetto, paura, obbedienza;
- Sacralit/degradazione: inizialmente risponde alla necessit di evitare agenti
contaminanti e susseguenti malattie; vi sono correlate in seguito le idee razziste.
Lemozione che caratterizza questo modulo morale il disgusto, e le virt relative
sono la pulizia, la sobriet, la devozione.
Alcuni di noi si comportano modulando i propri giudizi morali principalmente in base al
senso di protezione/danno: ovverosia, unazione sbagliata, nel senso di moralmente
condannabile, quando danneggia qualcuno. Per altre persone, invece, pu essere pi
vincolante un altro modulo, per esempio quello della sacralit/degradazione: unazione
sbagliata se la mia religione la definisce impura (mangiare carne di maiale, avere
rapporti sessuali durante il ciclo mestruale, lavorare di sabato, eccetera); o il modulo
della correttezza/inganno: unazione sbagliata se ci fa dire una bugia, anche se quella
bugia non danneggia nessuno.
Il fatto di essere pi inclini verso luno o laltro modulo ci rende naturalmente anche pi
inclini ad essere suscettibili, o meglio a emozionarci, a certe parole e certi argomenti in
modo maggiore e pi profondo rispetto ad altri. E quindi, tanto per tornare al potere
delle emozioni suscitate, dalla retorica di Aristotele agli studi sul campo di Damasio,
anche a convincerci di certe tesi piuttosto che di altre, almeno prima che entri in gioco
la componente razionale, e sempre che la componente razionale entri in gioco e non ci
fermiamo allistinto.
Specialmente per chi di noi non religioso, e quindi si ritiene immune a concetti di
purezza cos come sono presentati dalle religioni tradizionali, tipo evitare il sesso
prematrimoniale o la carne il venerd santo, pu essere sorprendente osservare quanto la
sacralit/degradazione abbia invece un potere evocativo nelle parole: i comunicatori di
professione, dai politici ai pubblicitari, lo sanno benissimo e ci costruiscono buona parte
del loro successo.
Ad esempio pensiamo a tutta lenfasi che si pone sul concetto di cibo naturale, non
modificato, integrale, immagini che riportano a una non contaminazione da agenti
patogeni, almeno a parole; o al modo in cui chiamiamo la flora intestinale e i fermenti
lattici vivi dello yogurt: in entrambi i casi si tratta di batteri, ma siccome siamo abituati
inconsciamente a considerare i batteri come quella cosa che ci fa ammalare e poi ci
tocca prendere lantibiotico, tendiamo a fraintendere lutilizzo della parola batteri in
un contesto che vogliamo sano e sicuro, come quello alimentare; e quindi non vediamo
il fatto che i batteri costituiscono solo uno dei regni degli esseri viventi, e che tra i
batteri si annoverano sia i patogeni, ossia quelli che possono causare una patologia, sia i
simbionti, che invece vivono tranquillamente a contatto con un tessuto senza fare danni.
D. Conoscere per deliberare
49
1. Un altro dialogo
Che la Terra sia (approssimativamente) rotonda, un fatto ormai incontestato. La forma
sferoidale del nostro pianeta nota da almeno duemilacinquecento anni. stata
dimostrata, osservata e accettata. Abbiamo scelto questo esempio, in cui la verit dei
fatti nota a tutti
50
, per scrivere un altro dialogo, sulla falsariga di quelli presentati fin
qui. Il nostro scopo mettere in pratica le regole sul metodo e sulla verifica delle fonti.
Ambientiamo un dialogo immaginario in una citt fittizia retta dal saggio governatore
Geofilo, il quale ha chiamato a s i due capi delle opposte fazioni: Terranio Sferonte,
sostenitore dellipotesi della Terra rotonda, e il suo acerrimo nemico Mr. Flatton, che
propugna invece il modello della Terra piatta.
Sferonte: Ho portato fin qui i miei calcoli e le mie osservazioni, esimio governatore
Geofilo. La Terra innegabilmente rotonda, o quantomeno, la si pu definire
approssimativamente una sfera.
Mr. Flatton: Ma ci mancherebbe!
Geofilo: Prego, prego, signori, uno alla volta! C spazio per tutti. Continuate, Sferonte.
Sferonte (guardando Mr. Flatton di traverso) Ecco, dicevo. La Terra rotonda. Ma non,
si badi, non perch sono io, Terranio Sferonte, astronomo di corte e dotto, a imporre la
mia autorit accademica in difesa della mia ipotesi. Questo di recente mi stato
indegnamente contestato dal mio opponente, Mr. Flatton...
Mr. Flatton: ...e a buon diritto! Arrogante e saccente, come siete sempre stato!
Geofilo: Signori, insomma! Proseguite, Sferonte, ma senza indulgere in provocazioni. E
anche voi, Mr. Flatton, moderate i termini.
49
Conoscere per deliberare una massima di Luigi Einaudi. Giova deliberare senza conoscere? Al
deliberare deve, invero, seguire l'azione. Si delibera se si sa di potere attuare; non ci si decide per
ostentazione velleitaria infeconda. Ma alla deliberazione immatura nulla segue. Si fatto il conto delle
leggi rimaste lettera vana, perch al primo tentare di attuarle sorgono difficolt che si dovevano
prevedere, che erano state previste, ma le critiche erano state tenute in non cale, quasi i contraddittori
parlassero per partito preso? Le leggi frettolose partoriscono nuove leggi intese ad emendare, a
perfezionare; ma le nuove, essendo dettate dall'urgenza di rimediare a difetti propri di quelle male
studiate, sono, inapplicabili, se non a costo di sotterfugi, e fa duopo perfezionarle ancora, sicch ben
presto il tutto diventa un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava pi i piedi; e si costretti a scegliere
la via di minor resistenza, che di non far niente e frattanto tenere adunanze e scrivere rapporti e tirare
stipendi in uffici occupatissimi a pestar lacqua nel mortaio delle riforme urgenti. Lazione va incontro
all'insuccesso anche perch non di rado le conoscenze radunate con fervore di zelo non erano guidate da
un filo conduttore. Non conosce chi cerca, bens colui che sa cercare.
Da L. Einaudi, Conoscere per deliberare, in Prediche inutili, Einaudi 1964, pp. 3-14
50
Il tutti da intendersi nei limiti statistici: data la bizzarria della natura umana infatti possibile che
tra i lettori ci sia ancora qualcuno convinto del fatto che la Terra sia piatta, come gli adepti della Flat
Earth Society, o che sia scettico a tal punto da dubitare della forma del pianeta per puro spirito di
contestazione, o ancora, che ritenga che le leggi fisiche che han reso la terra rotonda possano ribellarsi
alle nostre imposizioni matematiche e rendere il pianeta piatto come una pizza margherita nel giro di un
paio di giorni. Sia pure con rammarico, ci dichiariamo pronti a perdere la stima di costoro, e andiamo
avanti con il dialogo.
Mr. Flatton: Vogliate scusarmi, governatore.
Sferonte: Domando scusa anche io, governatore Geofilo. Dicevo dunque che ho qui
calcoli e prove. Il primo lavoro che voglio sottoporre alla grazia di vossignoria una
serie di considerazioni di Archimede di Siracusa.
Mr. Flatton: Un altro professore! Ma allora vero che vi legittimate a vicenda!
Sferonte: Voi minsultate, Flatton! Minsultate mettendo in dubbio la mia buona fede e,
al contempo, mi inorgoglite, se mi ritenete allaltezza di un Archimede. Ma no, egregio
governatore Geofilo, non cerco di barricarmi dietro al prestigio di chicchessia. Voglio
solo riportare dei risultati.
Geofilo: E sia.
Sferonte: Taccio del fatto, signori, che gi in epoca antica sera capito, osservando
lombra della Terra durante le eclissi di luna, che il nostro pianeta doveva essere sferico.
Mr. Flatton: Luna, lunatico, irrazionalit. Chimere notturne, vaghi sogni della notte,
della cui materia non siamo n consapevoli n padroni... Dimmi che fai, silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai, contemplando i deserti; indi ti posi...
Sferonte: Ma non fatemi il poeta, Flatton!
Geofilo: Continuate, Sferonte. Sono curioso.
Sferonte: presto detto, governatore. Basandosi su alcuni semplici assunti sulla
direzione della gravit e sui principii di idrostatica, Archimede dimostr che
necessariamente la forma degli oceani, in condizioni di riposo, devessere sferica. Se ci
non fosse, due punti posti sottacqua in luoghi diversi, ma allo stesso livello, sarebbero
compressi in modo diverso, cio da altezze dacqua diverse tra loro; e non sarebbero
pertanto in equilibrio.
Mr. Flatton (borbottando tra s): assunti! dogmi!
Geofilo: Il tecnicismo forse mi sfugge, Sferonte, ma comunque osservo che non si parla
solo di oceani: vi sono anche le terre emerse!
Sferonte: vero, governatore: ma vera lidea che la Terra in origine fosse fluida, e che
il principio vi si applicasse in modo analogo. Lidea che la Terra fosse tonda a causa
della gravit.
Geofilo: Comprendo.
Sferonte: Ma v di pi! Basandosi sullassunto che la Terra fosse tonda, Eratostene
riusc a misurare il raggio terrestre, e con una precisione, signori miei, veramente
strabiliante! Egli osserv che durante il solstizio estivo, a mezzogiorno, nella citt di
Syene, in cui il sole si trova allo zenit, un bastone piantato a terra non proietta ombra. Se
la Terra fosse piatta, questo dovrebbe accadere ovunque. Ma ad Alessandria, dove
Eratostene viveva, ci non accadeva mai. Ne segue, per un ragionamento logico, che la
Terra piatta non . Da questi dati si calcol il raggio del pianeta che misura... ehm...
fatemi leggere i miei appunti...
Mr. Flatton: Oh, tagliate corto, Sferonte! Conosco bene il metodo adottato da
Eratostene, ed pi che ovvio che si tratta di una riduzione meccanicistica del reale, un
abdicare alla dittatura del fenomeno, senza tener conto dellessenza delle cose.
Sferonte (offeso): Ma ve ne prego, Flatton! Se vi turba la matematica, considerate il
fatto, noto a tutti, che quando una nave si allontana allorizzonte, vediamo scomparire
prima lo scafo e solo poi lalbero che vi sta sopra! Il che compatibile soltanto con il
fatto che la nave si stia muovendo su una superficie curva, curvatura di cui riusciamo a
renderci conto solo sulle grandi distanze, in quanto s, se ci limitiamo ai nostri paraggi il
mondo sembra piatto, ma...
Mr. Flatton: A-ha! Vedete, Sferonte, che mi date ragione! Pu forse, una propriet
locale, essere clamorosamente smentita da una propriet globale?
Sferonte: Ma che centra! una questione di scala.
Mr. Flatton: Ma certo che centra, invece! Il grande comprende il piccolo, il tutto
comprende la parte!
Sferonte (altezzoso): Francamente non vedo, signore, come mai potreste sperare di
perorare le vostre tesi in maniera efficace, se le argomentazioni sono di questo tenore. Il
governatore Geofilo non mica stupido.
Geofilo: Vi ringrazio, Sferonte, ma non sono dellidea che Mr. Flatton volesse tacciarmi
di stupidit.
Mr. Flatton: Non mi permetterei una simile calunnia nemmeno da ubriaco,
governatore! Giammai! Piuttosto, prima di riprendere, vorrei sapere dal mio amico
Sferonte se ha altre... uh! prove, come le chiama lui, per sostenere la sua folle idea della
Terra rotonda.
Sferonte: Ma quante ne volete, Flatton. Ho la teoria della gravitazione newtoniana...
Mr. Flatton: Giustapunto! (sprezzante) Una teoria! Bah!
Sferonte: Non prendetevi gioco di me, amico caro, sapete benissimo che la teoria
provata.
Mr. Flatton: Fosse anche, chi mi assicura che non siano illusioni dei sensi?
Sferonte: Suvvia, Flatton, non provate a fare dello scetticismo da quattro soldi, qui...
Mr. Flatton: Oh, sta bene, sta bene! E magari non devo nemmeno dire che Newton
credeva agli oroscopi, il che inficia la sua credibilit! Ma se permettete, governatore
Geofilo, ho anche io qualche freccia al mio arco.
Geofilo: Vi prego, Mr. Flatton, sono tutto orecchi.
Mr. Flatton (schiarendosi la voce): Il primo argomento che porter... una teoria a mia
volta, affinch possiate vedere, governatore, che per ogni teoria ce n una che la
smentisce...
Sferonte: Ma veramente per teoria io intendo...
Mr. Flatton: Giocate, giocate pure con le parole, Sferonte! Ma io vi dimostrer che la
mia teoria altrettanto autorevole. Sapete voi, che siete tanto esperto di storia antica,
che Lattanzio defin la sfericit della Terra addirittura una follia?
Sferonte: Ma perch si opponeva allesistenza di uomini che vivessero agli antipodi,
perch in tal caso avrebbero sfidato, a suo dire, la gravit? Come fate a sostenere adesso
una simile posizione, Flatton? Non siete mai stato in Nuova Zelanda?
Mr. Flatton: Non vedo, francamente, come i miei viaggi possano interferire nelle mie
teorie, Sferonte.
Geofilo: La posizione sembra debole anche a me, Mr. Flatton. Tra laltro, sono stato in
Nuova Zelanda lanno scorso con mia moglie.
Mr. Flatton: E sia! Allora posso citare, signori, la teoria della Terra fatta a
parallelogrammo, cos come la ide nel VI secolo Cosma Indicopleuste.
Sferonte: Ma che dite mai! Si tratta oltretutto di autori sporadici, che non hanno avuto
nessuna influenza.
Mr. Flatton: Per forza! Osteggiati comerano dalla scienza ufficiale... Quante volte
successo, santi Numi, che una teoria definita eretica fosse poi accettata a posteriori per
vera? E non solo! Ho citato, finora, autori della cultura cristiana occidentale. Ma che
dire del nostro pregiudizio etnocentrico? Vogliamo forse dimenticare, signor
governatore, signor Sferonte, che i cinesi ritenevano la Terra piatta, e furono traviati
soltanto dallarrivo dei gesuiti nel Seicento? Forse che vogliamo cassare con un colpo di
penna, l, come se fosse irrilevante, una cultura millenaria come quella cinese?
Geofilo (rivolgendosi a Sferonte): Questo un buon punto, forse, caro Sferonte.
Sferonte: Ma certo che non un buon punto, permettetemi, signor governatore! un
pessimo punto: innanzitutto perch si basa su un altro stereotipo, e poi perch i fatti...
Mr. Flatton: I fatti, i fatti! Eccolo ancora l, signor governatore, il nostro positivista!
Geofilo: Proseguite, Mr. Flatton. Avete altre prove o dimostrazioni per sostenere la
vostra tesi?
Mr. Flatton: Moltissime cosmogonie precedenti allarrivo della cultura classica, signor
governatore. E non solo: ho la mia esperienza. Siamo tutti figli delle nostre esperienze,
no? E la mia esperienza mi dice che la Terra piatta. Quella di Sferonte gli dice che la
Terra rotonda? Buon per lui! Ma chi Terranio Sferonte, per imporre la sua esperienza
sulla mia? Non siamo forse nati tutti liberi e uguali?
Sferonte: Ferdinando Magellano partito da occidente ed tornato da oriente, caro
Flatton.
Mr. Flatton: Nulla che non si possa confutare, nulla che non possa essere risolto anche
con lipotesi che la Terra sia piatta e circondata da acque. Per non parlare dellipotesi
che Magellano, prezzolato e al soldo degli Spagnoli, si fosse inventato tutto.
Sferonte (frugandosi nelle tasche ed estraendone delle carte) Ecco, signor governatore,
permettetevi di sottoporre alla vostra attenzione queste immagini.
Geofilo: Di che si tratta?
Sferonte: Fotografie della Terra scattate dalla Stazione spaziale internazionale. Cortesia
della NASA.
Mr. Flatton: Americani, signor governatore. Dalla bomba atomica alla Lehman
Brothers, c mai da fidarsi? Senza contare che la NASA ci inganna di continuo.
Geofilo (guardando le foto): Indubbiamente, sembra proprio rotonda.
Mr. Flatton: Ma no, signor governatore, ma no! Se anche fossero delle immagini
autentiche, e con la NASA mi permetto di dubitarne perch si tratta di un ente
governativo, quelle foto al pi dimostrano che la Terra circolare. Un disco.
Sferonte: Ma insomma, perch si tratta di immagini bidimensionali, Flatton! E poi
guardate: sono diverse, in questa si vedono le Americhe e loceano Pacifico, qui invece
al centro c lEurasia, e...
Mr. Flatton: Visto? Non riescono a mettersi daccordo nemmeno con se stessi!
Geofilo: Ora basta, signori! Ho avuto modo di farmi unopinione chiara.
Il dialogo ora pu terminare in vari modi. Il primo modo questo: il governatore
Geofilo valuta la consistenza degli argomenti di Sferonte e di quelli di Mr. Flatton, il
metodo con cui luno e laltro sono arrivati alle rispettive conclusioni, e decide di dare
ragione a Sferonte. In questo caso la cogenza delle argomentazioni e la qualit delle
evidenze sperimentali soverchiante, e non difficile accordare il proprio favore a
Sferonte; non sempre siamo cos fortunati, in altri casi i fatti sono molto meno chiari,
ma il metodo seguito il medesimo. In altri casi ancora, non ci sono dei fatti dirimenti:
e qui il governatore Geofilo dovr appellarsi a tutta la sua saggezza per capire se ci
accade perch non sono ancora stati trovati, o perch la materia del contendere tale
che non possibile dare un responso definitivo avulso dalle opinioni personali di chi
giudica.
Il secondo modo in cui si pu concludere il dialogo che il governatore Geofilo decida
che la verit sta nel mezzo, che entrambi hanno le loro buone ragioni, che bisogna
evitare le prese di posizione estreme, e che quindi la Terra non n tonda n piatta, ma
una via di mezzo, come un hamburger; oppure che la Terra sia tonda che piatta,
facciamo a giorni alterni, tonda i dispari e piatta i pari, e accontentiamo tutti.
Potrebbe esserci anche un terzo modo. Supponiamo infatti che il saggio governatore
Geofilo si diletti di certe letture filosofiche che lhanno convinto che in ogni sistema di
credenze, in ogni paradigma concettuale, ci possa essere una verit. Secondo questa
impostazione Mr. Flatton ha ragione allinterno del proprio ambito di riferimento, del
proprio modello di Terra piatta, perch inferisce correttamente le conclusioni dalle
premesse che assume; analogamente, Sferonte ha ragione allinterno del proprio
paradigma della Terra tonda; e questo il massimo che si possa dire sullargomento.
Per fortuna nostra, quando entrambi si confrontano tra di loro e confrontano le proprie
interpretazioni con la realt dei fatti, tutto il castello di carte cade e la Terra pu essere
tranquillamente dichiarata tonda: Flatton aveva un modello che non andava bene. Le
cose non sono sempre cos semplici, abbiamo detto, talvolta pi modelli convivono tra
di loro; quello della forma della Terra un caso fortunato.
2. Una prova di forza
Prima di cassare come ridicolo il secondo modo in cui pu concludersi il dialogo
riportato qui sopra, pensiamo che spesso il modo in cui vanno a finire le cose quando
il Geofilo di turno si trova a decidere a chi dare ragione in una materia di cui non ha
competenza, quando si mescolano i piani descrittivo e prescrittivo, o quando una
situazione viene presentata come controversa quando in realt non lo affatto.
Spieghiamo meglio questultimo punto: supponiamo di avere unurna con 90 numeri,
come quella usata per la tombola o il Lotto. Supponiamo che, se viene estratto il numero
5, vinciamo dieci euro. Infiliamo la mano nellurna e tiriamo fuori la pallina. Ora, si
danno due possibilit: o il numero estratto il 5, e quindi possiamo intascare i dieci
euro, oppure non lo , e quindi niente vincita. Due sole possibilit, o si vince o si perde.
Ma ovviamente le due possibilit non hanno la stessa probabilit! Il fatto che ci siano
delle possibilit di esiti diversi non implica in nessun modo che le possibilit siano
equiprobabili. Qui, di equiprobabili, ci sono solo le possibilit di estrarre un singolo
numero, il 5 o il 73 o il 22 o uno qualsiasi dei 90: ma quando il gioco si basa sulle
possibilit che esca un numero o che non esca, chiaramente da un lato abbiamo la
probabilit di uscita del singolo numero, e dallaltro lato le altre 89, che pesano di pi.
Da un punto di vista numerico, la probabilit di estrarre il numero 5, cos come qualsiasi
altro singolo numero, 1/90, cio poco pi dell1%; la probabilit che il numero estratto
non sia il 5 conseguentemente 89/90, cio poco meno del 99%. Il gioco qui esposto
sembra stupido e piuttosto banale, ma spesso ci viene proposto di peggio, ossia ci
vengono proposte opzioni di un dibattito in cui uno dei contendenti sostiene delle
posizioni non suffragate da altro che non siano le proprie convinzioni personali, o poco
pi, e si presenta il caso come se si trattasse di una disputa in cui le ragioni in partenza
stanno met da una parte e met dallaltra. Tutto ci fa il gioco di chi sostiene posizioni
deboli o insostenibili, che si vede legittimato dallesistenza stessa di un dibattito,
quando se dovesse invece basare le sue ragioni sulle prove sperimentali o sulla solidit
delle argomentazioni sarebbe spazzato via dalla propria inconsistenza, come Mr. Flatton
qui sopra. E tutto ci va a detrimento non solo di chi sostiene posizioni ben fondate, ma
soprattutto del pubblico ignaro, del governatore Geofilo nellesempio precedente, la cui
buona fede viene manipolata. Insomma, avere dubbi una forma sana di vivacit del
pensiero, ma non tutti i dubbi sono parimenti leciti, non tutti i dubbi sono uguali, non
tutti i dubbi hanno lo stesso peso. Non affatto facile, in prima istanza, stabilire quali
dubbi siano sensati e quali no. C il rischio di acquietarsi, di spegnere la capacit
critica e assuefarsi allesistente. Esistono per dei buoni metodi per orientarsi nella
validit dei propri dubbi.
Facciamo subito due esempi.
a. La teoria dellevoluzione darwiniana (ancora, ricordiamo che cosa vuol dire teoria
in ambito scientifico: un modello coerente, che spiega i fenomeni in un certo ambito
di validit, predice correttamente il comportamento dei fenomeni di cui si occupa, e
soprattutto suffragato da prove sperimentali) una delle teorie scientifiche pi
solide
51
. Ha, dalla sua parte, un solido costrutto teorico, implementato continuamente
dai tempi di Darwin ai giorni nostri; ha, dalla sua parte, una serie schiacciante di
riscontri sul campo. Detto in altre parole, non esiste, in ambito accademico, ossia tra
coloro che per lavoro si occupano di studiare gli esseri viventi, nessuna controversia
sulla validit della teoria dellevoluzione. Esistono correnti di pensiero diverse,
allinterno della teoria, che dibattono sul come levoluzione si sia verificata,
dibattono cio a partire da dati oggettivi. Pertanto, il preteso dibattito con i
creazionisti in sede specialistica un dibattito inesistente.
b. Lesistenza del virus HIV e la sua correlazione con lAIDS. Anche qui, il consenso
scientifico unanime: la sindrome da immunodeficienza acquisita causata dallHIV,
un retrovirus che si trasmette tra gli esseri umani tramite scambio di sangue o liquidi
corporei.
Ma allora, perch ci sono persone che pensano che la Terra abbia seimila anni e che
tutte le specie siano state create a quel tempo fatte e finite e uguali a come sono adesso,
o che il virus HIV sia tutto un complotto delle case farmaceutiche? Be, innanzitutto
perch il mondo talmente vario e ampio che, data unidea, per bizzarra che sia, si
trover sempre almeno una persona che la sostenga; e non detto che chi la sostiene sia
una persona stupida o incolta, anzi, lidea che lHIV non esista avallata anche da un
vincitore di premio Nobel
52
, e si presume che (a parte qualche incomprensibile
eccezione per la Pace e la Letteratura) un vincitore di premio Nobel sia una persona che
in vita sua riuscita a mettere insieme delle cose valide. Ma, lo abbiamo imparato
parlando del caso di Galileo, la singola persona - o il singolo gruppo - che propugna una
tesi non conta niente se non riesce anche a sostenere le proprie ragioni in un modo
pertinente dal punto di vista logico e ben supportato da evidenze sperimentali.
Com possibile quindi che certe persone, senza avere buoni dati a loro supporto, si
facciano portatrici di istanze in un dibattito? Lo abbiamo visto con Aristotele allinizio:
fanno un uso sapiente della retorica. Non c ovviamente niente di male, comunicare il
sale della vita, la retorica non , come abbiamo visto, sinonimo di sofismi truffaldini
(almeno, non necessariamente), ma bisogna stare attenti a quello che si comunica e a
quello che si ascolta, soprattutto se siamo fruitori ignari - e tutti, da una parte o
dallaltra, troveremo sempre un campo in cui siamo ignoranti e quindi possibili prede
dei mistificatori. Nella fattispecie, possono essere usati:
51
Per una veloce carrellata di esempi significativi esposti in modo chiaro e divulgativo si veda ad
esempio qui: http://www.nature.com/nature/newspdf/evolutiongems.pdf
52
Kary Mullis, Nobel per la chimica nel 1993 per lo sviluppo della tecnica della reazione a catena della
polimerasi. La sua visione sulla relazione tra HIV e AIDS espressa per esempio in K. Mullis, Dancing
Naked in the Mind Field, 1998, Vintage Books. pp. 11518, 14353. Trad. italiana Ballando nudi nel
campo della mente, 2013 Baldini&Castoldi.
- titoli ad effetto sui giornali o in televisione
- abuso del linguaggio, con utilizzo di speculazioni al posto dei dati
- confusione tra correlazione e relazione di causa-effetto
- risultati non replicabili
- campioni non rappresentativi da un punto di vista statistico
- cherry picking, cio evidenziare soltanto quella parte di risultati che ci d ragione,
tralasciando quella che ci d torto.
Un dibattito, cos, invece che un momento di divulgazione in cui si coglie loccasione
per ampliare le proprie conoscenze su un argomento, diventa esclusivamente una prova
di forza.
3. Il dibattito multistrato
A questo punto occorre distinguere i vari piani in cui si pu suddividere largomento di
cui cerchiamo di dibattere, quando si parla di eventi legati a informazioni scientifiche.
Il primo piano, il primo livello, ovviamente quello dei dati in s, che sono analizzati e
valutati dagli esperti del settore. I dati vengono poi inquadrati in un ambito pi generale,
ma sempre allinterno delle interpretazioni scientificamente fondate. A questo livello si
situano le discussioni sulla rilevanza che una data scoperta pu avere nellambito della
sua disciplina: per esempio, come si collocano i dati relativi alla scoperta di una
particella elementare nel quadro del modello standard in teoria dei campi, o come
inquadrare il ritrovamento di un nuovo fossile nellambito della teoria dellevoluzione, o
in che modo progredisce la nostra conoscenza della fisiologia umana e del regno dei
batteri con la sintesi di un nuovo antibiotico, o simili. Il dibattito pubblico giocoforza
limitato dallestrema specializzazione richiesta per poter parlare dellargomento con
cognizione di causa: questo il livello in cui la scienza si limita a comunicare al grande
pubblico in modo che il grande pubblico possa farsi unidea di quel che succede
allinterno dei laboratori, e delle possibili ricadute che la nuova scoperta avr, in un
futuro pi o meno lontano, sulla societ. Qui subentra il terzo livello, che quello delle
interpretazioni extrascientifiche: senza travisarne il senso, si aggiungono ai dati i propri
convincimenti personali, li si inquadra in una struttura filosofica preesistente o se ne
crea una di parzialmente nuova.
Piani diversi vengono affrontati con approcci diversi
53
. Il dibattito sulletica applicata
alle scoperte scientifiche, per esempio, segue criteri diversi dal dibattito sulle scoperte
scientifiche in s, che necessitano di verifica sperimentale e di dibattito, casomai, sul
modo in cui sono stati impostati e condotti gli esperimenti, o sul modo in cui vengono
interpretati i risultati.
Pensare di dibattere nel primo livello con le armi retoriche e gli argomenti che si
userebbero negli altri, e viceversa, rappresenta quindi un abuso di linguaggio. Con
questo non stiamo affatto cercando di stigmatizzare il dibattito, anche al primo livello,
anzi! interessante notare che lidea che la verit possa essere raggiunta mettendo a
confronto ipotesi diverse e poi ragionandoci sopra insieme la stessa idea che sta alla
base del dibattito filosofico, del dibattito scientifico e del dibattito civile, oggi diremmo
democratico, e probabilmente non un caso che questi modi di procedere si siano
sviluppati contemporaneamente e nello stesso posto, ovverosia in Grecia nelle Poleis.
Lidea che nasce non solo che le idee possano essere dibattute pubblicamente e
pubblicamente criticate, ma che attraverso largomentazione e la dialettica si possa
convergere ad una conclusione. la grande lezione che ci insegnano, per esempio, i
dialoghi di Platone. anche lidea che questa conclusione sia demandata non pi
allautorit di uno solo, di un re o di un tiranno o di un sacerdote, ma che provenga dal
confronto serrato delle opinioni diverse e, alla fine, con il confronto con il mondo.
Tutto sta, quindi, a capire come si pu giungere alle conclusioni, e come valutare il peso
delle diverse opinioni portate a confronto nel dibattito.
Una volta superato lo scoglio del primo livello, possiamo trovarci in mezzo a discorsi su
che cosa sia lecito, etico, dannoso, opportuno. Qui entrano in gioco i moduli morali di
cui abbiamo parlato in precedenza: dobbiamo decidere se conta di pi, per noi, il
principio dellutilit e del danno, oppure se siamo pi inclini a privilegiare altri moduli.
Il dibattito, qui, pu davvero andare avanti allinfinito, con principii che possiamo
ritenere inalienabili e che per altri invece non lo sono affatto, e selezionando
inconsapevolmente le informazioni con cui siamo gi daccordo, perch tendiamo a
capire quello che vogliamo capire: mentre cerchiamo di farci strada nel ginepraio delle
varie opinioni, le emozioni hanno gi deciso per noi!
I processi decisionali sono una materia delicata. C bisogno di perseguire un interesse
comune (che diverso da la verit o da il bene assoluto), e quindi di avere una serie
di regole affinch le persone coinvolte nella decisione riescano a cooperare nel modo
53
Sulla sovra-interpretazione dei dati scientifici nel dibattito pubblico ha scritto un ottimo articolo Telmo
Pievani, da cui abbiamo preso in buona sostanza la suddivisione in livelli: T. Pievani, Con buona pace dei
teologi (eretici e non), in Micromega, 1, 2014. Pievani nel suo articolo aggiunge il quarto livello,
della ricezione, il festival della fantasia dilettantistica, parole in libert, e il quinto, della ricezione dei
dati scientifici [...] dei travisamenti intenzionali e truffaldini di chi specula sulle notizie scientifiche per
assecondare un proprio convincimento ideologico, non importa se religioso o meno. Pur coscienti che
spesso il dibattito pubblico svolto a questo livello, ci fermiamo al terzo e cerchiamo di ragionare su
quello, perch su quello che possono avvenire i dibattiti seri. Dal quarto livello in su, si fa propaganda; e
la propaganda, o meglio, lanalisi dei suoi meccanismi, materia che verr trattata fra poco, nella Parte
terza.
meno imperfetto possibile e a coordinare le proprie aspettative e le proprie azioni; esse
devono scambiarsi informazioni in modo mutuamente intellegibile, decidere a che punto
possono ritenere una questione risolta, stabilire dei piani comuni su cui lavorare, capire
quanto e come i modelli decisionali che stanno utilizzando possano essere calati nel
mondo reale. in questo livello che si esplica tutto il potenziale (nel senso di tutti i
vantaggi e di tutti i limiti) del pensare democratico. Vale la pena richiamare alla mente
le parole scritte da Amos Oz nel suo breve saggio Contro il fanatismo
54
, in cui lo
scrittore israeliano fa il punto in maniera sintetica e precisa sullimportanza del
compromesso: So che questa parola gode di una pessima reputazione nei circoli
idealistici dEuropa, in particolare fra i giovani. Il compromesso considerato come una
mancanza di integrit, di dirittura morale, di consistenza, di onest. Il compromesso
puzza, disonesto. Non nel mio vocabolario. Nel mio mondo, la parola compromesso
sinonimo di vita. E dove c vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non
integrit e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario
di compromesso fanatismo, morte. Sono sposato con la stessa donna da quarantadue
anni: rivendico un briciolo di competenza, in fatto di compromessi. Permettetemi allora
di aggiungere che quando dico compromesso non intendo capitolazione, non intendo
porgere laltra guancia a un avversario, un nemico, una sposa. Intendo incontrare laltro,
pi o meno a met strada. Comunque non esistono compromessi felici: un compromesso
felice una contraddizione.
Potrebbero esserci anche compromessi felici, in realt: sono quei casi che i matematici e
gli esperti di teoria dei giochi chiamano situazioni win-win, e ne parleremo tra poco.
Il punto che ci preme sottolineare ora che ogni livello del dibattito richiede strumenti
diversi. Non fanatismo sostenere che la ragione, nella disputa tra Flatton e Sferonte,
stia interamente dalla parte di questultimo; il fanatismo pu subentrare nei livelli
successivi, ed ancora Oz a ricordarci che non vero che ogni opinione convinta una
forma di fanatismo (nessuno potrebbe dare del fanatico a Sferonte perch fermamente
convinto, prove alla mano, della rotondit della Terra), ma che il fanatismo si pu
annidare nella rettitudine inflessibile, nel ragionare con la pancia e nel desiderio di
costringere gli altri a cambiare, per quanto questo desiderio sia mosso spesso da una
sincera pulsione a fare del bene.
54
A. Oz, Contro il fanatismo, 2002 Feltrinelli, pp. 25-26.
Parte terza
Nessuno sa meglio di te, saggio Kublai, che non si deve mai confondere la citt col
discorso che la descrive.
(I. Calvino, Le citt invisibili, 1972)
un Marco Polo fittizio, uscito dalla penna di Calvino, a parlare. Il veneziano
impegnato a fare a Kublai, imperatore dei Tartari, delle relazioni sulle citt che ha
visitato. Le citt sono pi possibili che reali, fatte di parole e pensieri pi che di
architettura e persone; anzi, si pu quasi dire che siano proprio le parole a tenerle in
piedi. Segni, memoria e scambi sono ci che funge da strade e da pietre. Cinquantanni
prima di Calvino, Walter Lippmann scriveva nel suo trattato basilare sullopinione
pubblica: Whatever we believe to be a true picture, we treat it if it was the environment
itself
55
.
Lo stesso Lippmann nota come i personaggi pubblici siano noti soltanto tramite
limmagine che danno pubblicamente di s. Forse per questo, notiamo, che amiamo
tanto i romanzi e, in genere, chi in grado di raccontarci delle belle storie, che tendiamo
a credere a quello in cui vogliamo credere e che ci riuniamo in gruppi. Ricordiamo le
parole di Gazzaniga riportate pi sopra: In politica, si ha un buon effetto quando una
scelta fatta razionalmente si accorda con le emozioni di unepoca. Una scelta politica
sbagliata quella in cui una scelta razionale viene fatta in un momento in cui le
emozioni della popolazione sono in contrasto con leffetto che si desidera ottenere. E
questo apre una serie di spunti interessanti! Innanzitutto ci spinge a parlare
dellopinione pubblica e del suo ruolo nel dibattito; e in seconda battuta, del modo in cui
lopinione pubblica pu essere orientata o manipolata: inevitabile che una notizia
venga accolta da ogni individuo secondo la percezione dei significati che quello stesso
individuo attribuisce a parole o frasi, e questo determina il grado in cui lindividuo pu
essere influenzato dalla notizia. Questa cornice, o framing
56
, dunque un fenomeno
sociale che nasce inevitabilmente per come le persone sono fatte.
55
W. Lippmann, Public opinion, 1922.
56
si vedano Goffman, E. (1974). Frame analysis: An easy on the organization of experience. Cambridge,
MA: Harvard University Press; e A. Tversky, D. Kahneman, The Framing of Decision and the
Psychology of Choice, in Science, New Series, vol. 211, n. 4481, 1981, pp. 453-458
A. In societ
Gi nel XIX secolo Tnnies
57
considerava che le societ umane potessero essere una
comunit (Gemeinschaft) o una societ civile (Gesellschaft). La Gemeinschaft
storicamente la comunit medio-piccola di individui che condividono origini di sangue,
vivono nello stesso posto e hanno credenze comuni. La Gesellschaft, emersa in tempi
pi recenti, data dalle nostre organizzazioni sociali trasversali: quello che ci tiene uniti
la capacit di non farci male lun laltro. Ma come ci organizziamo, a chi prestiamo
fede, e perch? Come prendiamo decisioni? Come scegliamo se Megabizo ci sembra pi
convincente di Otane? Come decidiamo le norme che sanciscano la capacit di tenerci
uniti in societ di mutuo interesse e non solo in famiglie e trib? La psicologia morale
deve trovare agganci sia al livello organizzativo superiore, ossia andando a pescare nei
contenuti e nei metodi della sociologia e dellantropologia, sia al livello della biologia e
delle neuroscienze, giacch ormai dimostrato il ruolo della corteccia prefrontale
nellintegrare le emozioni con la capacit decisionale
58
. Le persone valutano
rapidamente gli altri; magari in maniera approssimativa, ma il loro giudizio rapido. E i
giudizi morali riguardano aree del cervello legate alle emozioni - noto, per esempio,
che gli psicopatici hanno decit emozionali. Non solo: manipolare le emozioni di una
persona cambia i giudizi morali che essa esprimer: le emozioni giocano un ruolo
causale nella formulazione di un giudizio morale. Si riscontra poi che le persone a volte
non sono i grado di spiegare razionalmente perch hanno espresso un determinato
giudizio: sanno che una cosa giusta o sbagliata, ma la loro consapevolezza si
ferma qui. Il ragionamento, per contro, spesso guidato dai desideri. Siamo proprio cos
in balia dei nostri istinti pi incontrollabili? No: intuizioni e ragionamento sono
entrambi processi cognitivi che interagiscono e si rafforzano: contano entrambi, ma
lintuizione ha un ruolo dominante, non esclusivo
59
.
Ma quando ci riuniamo in societ, come la pensiamo? Come decidiamo? Come
possiamo essere inuenzati o inuenzare a nostra volta?
Vediamo qual stato il percorso storico che ci ha condotti no a qui, che cosa
successo negli ultimi centanni da quando s cominciato ad affrontare il problema
dellopinione pubblica.
1. Un altro po di storia: pubbliche opinioni
57
F. Tnnies, Community and civil society, Cambridge University Press, 2001 (Loriginale in tedesco
Gemeinschaft und Gesellschaft, 1887)
58
A. Damasio, Lerrore di Cartesio, Adelphi 1994
59
J. Haidt, S. Kesebir, Morality, in S. Fiske, D. Gilbert, G. Lindzey (Eds.) Handbook of Social
Psychology, 5th Edition, Wiley, 2010, pp. 797-832
a. Lo studio dellopinione pubblica: Walter Lippmann
il 1922 quando il giornalista Walter Lippmann, allepoca poco pi che trentenne, d
alle stampe quello che diventer un cardine delle scienze politiche e della psicologia
sociale: Public Opinion. Il suo scopo di scrivere una critica ragionata dellinfluenza
irrazionale dellopinione pubblica sui governi democratici, di fare unanalisi degli
stereotipi cui i nostri inevitabili limiti cognitivi ci rendono vittime. Lopinione pubblica,
scrive Lippmann, innanzitutto una versione dei fatti moralizzata e codificata, e la
democrazia deve tenere conto del fatto che le immagini che le persone si fanno nella
loro testa non necessariamente corrispondono al mondo reale.
Lippmann conosce la guerra: stato nellesercito sul finire del primo conflitto
mondiale, e dalla guerra ha tratto profondi insegnamenti antropologici e sociali.
Innanzitutto, che durante i periodi di guerra o di crisi, le personalit pubbliche si
concentrano in simboli forti e marcati. In tempi normali, invece, la realt pu essere pi
facilmente contraffatta da fatti casuali, desideri, immaginazione, da quello che pi sopra
in questopera abbiamo definito wishful thinking. Lippmann si sofferma sullimportanza
della rappresentazione: abbiamo bisogno di mappe del mondo, per orientarci nella realt
che ci circonda, e ciascuna di queste rappresentazioni pu variare dal grado di totale
allucinazione, alla bugia inconscia, ai modelli schematici che gli scienziati usano in
piena consapevolezza: e finch si mantiene il senso di quanto sia fedele la nostra
rappresentazione, latto stesso di fare delle rappresentazioni da considerarsi lecito e
non ingannevole. Sar compito dellanalista, poi, riuscire a dipanare il filo che
intercorre tra i fatti, la rappresentazione dei fatti e la risposta psicologica alla
rappresentazione dei fatti. Ad ogni livello politico corrisponde un livello di
rappresentazione; quali sono i fattori che limitano laccesso ai fatti? Il nostro ne
individua alcuni: la censura, le limitazioni dei contatti sociali, il poco tempo a
disposizione, la distorsione del messaggio data dalla necessit di riassumere gli eventi in
breve spazio (ne vediamo unesacerbazione nellutilizzo degli slogan in campagna
elettorale), le difficolt del linguaggio nellesprimere un mondo inevitabilmente
complesso, e infine la paura - ma adesso diremmo pi lincapacit istintiva,
inconsapevole - di guardare in faccia la realt quando la realt non ci piace.
Lippmann si sofferma poi ad analizzare la censura come barriera tra il pubblico e
levento e la sua relazione con lo strumento della propaganda; analizza poi il problema
di come raggiungere il pubblico, ossia il problema relativo ai contatti tra le persone, e
allimportanza della gerarchia e, in genere, della provenienza delle fonti. Aggiungiamo,
oltre a quanto detto da Lippmann, leterogeneit delle fonti e lambiguit della loro
autorevolezza in un mondo in cui le baggianate e le analisi ponderate sono egualmente
fruibili. Il tempo e lattenzione giocano un ruolo chiave: adesso, rispetto agli anni Venti
del secolo scorso, linformazione non procede pi unicamente secondo la direzione
top-down, e questo crea ulteriori problemi. La velocit, lutilizzo delle parole, la
chiarezza del linguaggio che pu non essere un veicolo perfetto per i concetti, valevano
tanto allepoca di Lippmann, in cui cerano solo la radio e i giornali, quanto adesso che
abbiamo anche la televisione e internet. Il linguaggio ombreggiato dalle metafore, e
spesso nelle metafore ci si perde; il linguaggio moneta di scambio per i significati
60

(come il nomisma di Aristotele, ricordate?) e come accade per il denaro il suo valore
non fisso: laccuratezza e la qualit delle associazioni tra il linguaggio e i concetti
dipendono in gran parte da quello che i nostri conflitti emotivi ci spingono a credere.
Un altro grosso problema affrontato dallanalisi di Lippmann quello legato agli
stereotipi. Vediamo di persona ben poche cose, e per la conoscenza delle altre ci
dobbiamo affidare al sentito dire e a notizie di seconda mano. Per esempio (lesempio
ovviamente nostro e non di Lippmann) nessuno dei presenti, lettori e autori, ha
contribuito a sequenziare il genoma umano. Eppure ci fidiamo che il genoma umano sia
stato sequenziato; cos come ci fidiamo del fatto che il raggio medio terrestre misuri
circa 6371 km, anche se non lo abbiamo misurato direttamente ma lha fatto qualcun
altro per noi; senza contare che anche quello che osserviamo direttamente pu essere
distorto dal ricordo, anche in maniera inconsapevole. Secondo Lippmann riempiamo i
buchi di informazione con gli stereotipi: per esempio, proiettando quello che faremmo
noi in quello che sta facendo qualcun altro. Lutilizzo degli stereotipi economico: ci fa
risparmiare tempo e fatica. E quindi ci vogliono fatica, tempo e anche cultura per
eradicare uno stereotipo. Uno stereotipo pu servire come difesa del nostro posto in
societ, tant che quando gli stereotipi vengono attaccati ci sentiamo personalmente
minacciati e destabilizzati. Ne facciamo uso nel nostro codice morale, come uno schema
di comportamento da applicare in un certo numero di situazioni; e in questo modo
nascono il dogmatismo e il mito. Un mito non necessariamente falso: pu esserlo, cos
come pu essere vero in parte o in toto.
Come si riconosce uno stereotipo? Un paio di buoni modi possono essere la scoperta di
una contraddizione o lincapacit di dar conto dello spazio e del tempo, ossia non essere
in grado di dire con precisione quando e dove il meccanismo o lesempio (che
dobbiamo identificare come stereotipo) si applica. Luso degli stereotipi ci collega
dunque anche al grande problema della generalizzazione e dellinferenza: dal pensare
questo fatto non irragionevole si passa inconsapevolmente a be, potrebbe essere
vero a per me, dovrebbe essere vero a vero, punto e basta. Siamo persone
creative: tendiamo a enfatizzare, a drammatizzare le relazioni tra gli eventi, a gonfiare i
numeri, a ricorrere ad allegorie, a inferire una natura umana singola non solo nelle cose
inanimate, come abbiamo visto in precedenza, ma anche in quelle collettive; e a creare
immagini in cui identificarci, a costruire eroi. Il ruolo dei simboli , in questo,
essenziale; e i simboli ci vengono inculcati da persone di cui ci fidiamo; il simbolo
canalizza le emozioni ed quindi sia un meccanismo di fideizzazione che un
meccanismo di sfruttamento: ci rende capaci di lavorare per un obiettivo comune e allo
stesso tempo permette, a chi in grado di decidere quali siano gli obiettivi da
perseguire, di indirizzare le masse, di sedurle e di guidarle, di allontanare le critiche.
60
Non da ricercarsi in questo discorso una particolare precisione semiologica.
La creazione del consenso, che vedremo pi nel dettaglio con Lasswell, Chomsky e con
lesempio di due famose distopie letterarie, una branca di analisi la cui portata
pressoch sconfinata, e ai tempi di Lippmann quasi un terreno vergine. La propaganda
e la persuasione sono importantissime nei sistemi democratici, ove luso della
coercizione per forza di cose ridotto al minimo, almeno rispetto a quel che accade nei
regimi totalitari. lo stesso Aristotele
61
, ricorda Lippmann, a dire che se i cittadini
devono giudicare e distribuire cariche secondo il merito, allora necessario che trovino
un modo per conoscere le qualit delle persone che si trovano a dover scegliere.
Luso del potere ci che determina la qualit di una societ. E questo uso, sostiene
Lippmann, non pu essere controllato alla fonte: in una democrazia non si possono
scegliere i cittadini, i cittadini sono quelli che sono. Inoltre, le libert civili da sole no
garantiscono che lopinione pubblica si formi correttamente: quando la verit dei fatti
non autoevidente e bisogna passare attraverso una lettura tecnica e culturalmente
differenziata, non si pu assumere che essa arrivi spontaneamente. Detta in termini pi
coloriti, la corretta informazione sui fatti non n gratis n rivelata, va conquistata.
Diventa fondamentale lutilizzo dei mezzi di comunicazione; per ovvi motivi storici
Lippmann si concentra sui giornali. Gli aspetti fondamentali di questa analisi:
- ci piace leggere di noi stessi, della trib sociale di cui facciamo parte, di quanto questa
trib (classe, nazione, azienda, partito, eccetera) sia bella e buona, in modo da
accondiscendere alle nostre aspettative basate sugli stereotipi;
- per quanto riguarda la natura delle notizie, bisogna considerare il fatto che il
giornalismo costituito non di materiale grezzo, di notizie grezza, bens di materiale
che gi stato composto secondo un certo stile: il giornale sceglie quali notizie
pubblicare, in che posizione luna rispetto alle altre, quanto spazio ciascuna di esse
deve occupare. Non ci sono standard obiettivi, ma solo convenzioni: lo scopo
provocare nel lettore sentimenti e identificazione.
- le notizie e la verit non sono la stessa cosa. una profonda intuizione di Lippmann:
le notizie servono a segnalare un fatto, la funzione della verit invece quella di
rivelare fatti nascosti
62
e di metterli in relazione luno con laltro.
b. Il modello di Lasswell
Un po pi sopra abbiamo parlato del buon giornalismo anglosassone, quello delle
5W, who, why, what, when, where, che serve come linea guida per dare correttamente
una notizia ( un modello, anchesso). Nel 1948 il politologo statunitense Harold D.
Lasswell, influenzato dal Comportamentismo degli anni 40, dalla teoria per cui a un
dato stimolo corrisponde una data risposta, formul il suo noto modello della
comunicazione: quello che ci dice di affrontare una notizia analizzando chi il
61
Aristotele, Politica, VII, 4
62
In greco antico la verit, -./0&,(, letteralmente uno svelamento, un non essere pi nascosto.
comunicatore, qual il messaggio, quale il canale, chi il destinatario e quali sono gli
effetti della comunicazione. Il limite del modello di Lasswell che tratta di processi
asimmetrici, ossia comunicazioni in cui il mittente unicamente attivo e il destinatario
unicamente passivo; non prende inoltre in considerazione il contesto sociale in cui i due,
comunicatore e destinatario, sono inseriti; infine, la comunicazione intenzionale,
volta a ottenere degli effetti desiderati. Il modello comunque importantissimo, non
solo storicamente, e vale la pena soffermarcisi un po.
Lasswell un teorico dellanalisi quantitativa: la sua tesi, espressa in vari lavori
63
, che
il discorso politico possa essere analizzato da un punto di vista quantitativo. Perch?
Perch lanalisi qualitativa ha, per esempio, il grosso svantaggio di non avere un metodo
rigoroso nel presentare il diverso peso che possono avere le varie fonti di una notizia; o
ancora perch lapproccio quantitativo ha dei vantaggi sia dal punto di vista scientifico
che dal punto di vista politico, avendo gi dimostrato la sua utilit nello studio dei
processi collaborativi
64
: siccome le scienze sociali riguardano sia la collaborazione che
la comunicazione, presumibile che lapproccio quantitativo che si gi rivelato utile
nel primo campo lo sia anche nel secondo.
Per Lasswell, la politica la rappresentazione di gruppi diversi (le lites) che si
contendono il potere decisionale e la possibilit di influenzare chi escluso dal potere
decisionale (le masse) basandosi su alcuni parametri
65
. Stando alle tesi di Ricardo uno
dei principali mezzi di influenza sarebbe la distribuzione del benessere; Lasswell
aggiunge che tale distribuzione dipende da fatti concernenti il mito, la violenza e la
capacit di contrattazione. Una lite si pu distinguere per avere delle abilit precipue
che possono spaziare nei campi dellorganizzazione politica, della capacit di gestire le
persone e quindi di manipolare i simboli (tramite luso della retorica, delloratoria, delle
battaglie legali, eccetera), della capacit di gestire le cose e quindi di conoscere la
scienza e la tecnologia, della capacit di contrattare. Inoltre, una lite si pu distinguere
in base alla sua classe sociale di appartenenza; o alla sua appartenenza a gruppi di
interessi simili. Non c un modo prefissato di misurare la capacit di influenzare le
persone: a volte pu contare di pi un fattore (la classe, per esempio), altre volte pu
essere pi importante un altro (labilit tecnologica, per esempio, o la capacit di
raccontare storie convincenti).
Ogni lite tende ovviamente a difendere la propria posizione. Un modo in cui lo fa
utilizzando la propaganda, che deve saper toccare efficacemente i temi dellaggressivit,
della debolezza, dellinteresse e del senso di colpa. Analoghe capacit sono richieste a
qualsiasi gruppo sociale che voglia soverchiare llite dominante e mettersi al suo posto.
Altri modi, che menzioniamo per completezza ma che non verranno esaminati oltre
63
Si veda ad esempio Lasswell, Language of politics: studies in quantitative semantics.
64
Analizzeremo in breve i processi collaborativi nel capitolo seguente, quando daremo qualche nozione
rudimentale di teoria dei giochi.
65
H. Lasswell, Politics: who gets what, when, how, 1936
perch non sono direttamente pertinenti al tema di questo lavoro, sono luso della
violenza e della distribuzione delle risorse.
Torniamo dunque alluso della propaganda. Una persona pu avere abilit in molti
campi diversi: nel maneggiare gli oggetti o i loro simboli, nellusare la violenza,
nellorganizzare eventi o persone, nellanalizzare le situazioni. Storicamente, raro che
scienziati e ingegneri diventino persone cui il popolo si affeziona o che disposto a
seguire, nonostante la loro indubbia capacit di spiegare la natura, di manipolarla, di
costruire macchine, di curare malattie. Le persone socialmente influenti sono piuttosto
quelle che sono in grado di gestire le persone, gli umori e i comportamenti dei loro
simili: Lasswell pone laccento sulla differenza tra il management of things e il
management of men. possibile, ovviamente, che chi abile in un campo lo sia anche
nellaltro; ma ci abbastanza raro. La storia che conosciamo (e lautore si concentra su
quella dellEuropa occidentale) un esempio di come il potere sia stato appannaggio di
quelle persone che erano in grado di gestire i simboli, di renderli sacri, di sfruttarli per
controllare le masse o per ricevere dalle masse risposte condiscendenti. Da qui
limportanza che hanno avuto le caste sacerdotali, in alleanza o in contrapposizione con
quelle politiche, e delle stesse classi politiche quando hanno imparato a gestire i simboli
per conto proprio senza ricorrere alle caste sacerdotali.
Il ruolo dei simboli diventa ancora pi importante quando un gruppo sociale (nazione,
citt, comunit daltro tipo) attraversa periodi di crisi. In un periodo di crisi le
preoccupazioni abituali di cui ci facciamo carico riguardo la nostra esistenza quotidiana
vengono modificate dagli scossoni imprevisti che provengono dallambiente esterno.
Questo fa s, osserva Lasswell, che tendiamo a focalizzare la nostra attenzione, per
spirito di conservazione, sui simboli che rappresentano noi in relazione ai simboli che
rappresentano gli altri, quelli che non appartengono alla nostra comunit. La
propaganda, sia da parte di coloro che detengono il potere sia da parte di coloro che
intendono sovvertirlo, si concentra su questi simboli. Lo fa pi intensamente che pu.
Tuttavia, la risposta collettiva a questo stimolo attraverso luso dei simboli dipende,
nella sua entit e nella sua direzione, da come si muove nel frattempo lambiente
esterno. Non c niente da fare: il mondo complesso e rapidamente variabile, e la
modellizzazione va considerata con cura in tutti i suoi pregi e i suoi limiti. Da un punto
di vista storico vediamo degli esempi di simboli utilizzati negli ultimi centanni, in
positivo o in negativo: il capitalismo, il comunismo, le banche, gli ebrei, leuro,
organizzazioni mondiali esistenti o inventate, le multinazionali, e chi pi ne ha pi ne
metta.
c. La fabbrica del consenso
Lo studio di Chomsky e Herman sulla creazione del consenso
66
ci illustra un rapido ed
efficace modello di propaganda. I due autori si propongono, tramite una serie di esempi
66
Herman, Chomsky, Manufacturing consent: the Political Economy of the Mass Media, 1988
sul campo, di tracciare il pattern del funzionamento della propaganda da parte di chi
detiene il potere attraverso luso dei media, la cui funzione sia di informare che di
intrattenere. Anzi, i valori e i codici di comportamento vengono veicolati in modo molto
pi efficace dal divertimento e dai programmi di variet, perch cala lattenzione
solitamente riservata allascolto dei programmi di informazione e lo spettatore diventa
pi permeabile al messaggio. Chomsky e Herman notano anche che lazione della
propaganda pi difficile da vedere nei paesi democratici: i media sono liberi di
criticare il potere. Quello che i due autori osservano che da un lato le critiche
rimangono in un range di azione limitato; e dallaltro lato, laccesso stesso ai media
limitato - parlando in altri termini, si comportano pi come un oligopolio che come un
libero mercato: almeno con i media tradizionali, ci vogliono risorse economiche non
indifferenti per ritagliarsi uno spazio visibile. Dellillusione che questo scoglio sarebbe
stato completamente superato con il web 2.0 ha parlato efficacemente Evgenij
Morozov
67
e anche noi spenderemo qualche parola tra poco.
Gli ingredienti del modello di propaganda di Chomsky e Herman sono cinque,
interagiscono tra di loro rafforzandosi a vicenda e sono visti come cinque filtri
successivi attraverso i quali deve passare il materiale grezzo delle notizie prima di
giungere al destinatario. Vediamoli in breve:
1. Il primo filtro dato dalle dimensioni degli investimenti necessari ad entrare nel
mondo della comunicazione. I grandi gruppi sono controllati, questa la tesi, da
societ legate a doppio filo con chi detiene il potere politico ed quindi in grado di
garantire licenze di trasmissione.
2. Il secondo filtro dato dalla pubblicit, o meglio, dalla possibilit di fare pubblicit.
La pubblicit fondamentale perch paga gli spazi in cui appare: ne segue che in
grado di influenzare il tipo e la qualit dei programmi televisivi o parte
dellimpostazione dei giornali: una compagnia che deve vendere un prodotto X
cercher di evitare che la sua pubblicit finisca in mezzo a programmi in cui si
discute della complessit del mondo, o che in genere tendono a distogliere lutente
dallattitudine di uscire di casa e comprare il prodotto X. Ne segue una predilezione
per i programmi di intrattenimento, in un circolo virtuoso (per il pubblicitario) o
vizioso (per il critico) che si autoalimenta. Notiamo a margine che anche i programmi
cosiddetti culturali o dinchiesta, pur non essendo leggeri come lentertainment, non
necessariamente sono complessi: ragionano sovente per matrici ideologiche e per
slogan, dando voce a profeti di piazza che assolvono la funzione che nel Medioevo
era riservata ai predicatori e agli ordini mendicanti.
3. Il terzo filtro dato dalle fonti da cui i notiziari e, in misura minore, i giornali,
traggono le notizie. Si va dal poter concentrare le fonti e gli analisti nei posti dove
statisticamente pi probabile che nascano notizie (un parlamento una sede pi
67
E. Morozov, Lingenuit della rete e Perch internet non salver il mondo
appetibile di uno sconosciuto paesino di montagna) alla scelta degli esperti che
devono analizzare e spiegare al pubblico che cosa successo in un dato posto e in un
dato momento.
4. Per il quarto filtro stato scelto un nome significativo: flak, o contraerea in
italiano. Consiste nellabilit da parte di chi detiene un potere decisionale di costruire
risposte negative a un programma o a una linea giornalistica. Le risposte negative
possono assumere la forma di proteste pubbliche, petizioni, lettere inferocite, processi
legali; la loro efficacia variabile, e pu essere modulata sul fatto che si tratti di
proteste locali o generalizzate.
5. Se i primi quattro filtri hanno una validit grossomodo generale, il quinto
focalizzato sul funzionamento dei media negli Stati Uniti alla fine degli anni Settanta,
ossia pertinente alla situazione che Chomsky e Herman avevano sotto gli occhi. Si
tratta delluso dellanticomunismo come meccanismo di controllo: lideologia, con il
suo uso di simboli, unarma potentissima. Accusare qualcuno di comunismo
68
, al di
l di quanto circostanziata potesse essere laccusa, costringeva lavversario a mettersi
sulla difensiva e a lasciare quindi allaccusatore la possibilit di scegliere
limpostazione del discorso. Se laccusatore era un po smaliziato, ovviamente
decideva di spostarsi sui binari a lui pi congeniali, e otteneva la vittoria del
confronto. A Schopenhauer sarebbe piaciuto moltissimo.
Nel 2014 il quinto filtro va ovviamente rimodulato: sventolare ai quattro venti il
pericolo del comunismo potrebbe non avere la stessa presa che aveva trenta o quaranta
anni fa (anche se negli ultimi ventanni un uomo politico italiano con una certa facilit
di accesso ai media vi ha impostato parte delle sue campagne elettorali, molti
ricorderanno) e quindi bisogna ampliare il discorso; Chomsky stesso suggerisce che
dopo la fine della guerra fredda esso sia stato sostituito negli Stati Uniti e nella loro
sfera di influenza dalla Guerra al terrore. Ma ci possono essere anche campi ristretti,
in cui la propaganda funziona in ambito locale su questioni specifiche. In genere una
campagna di propaganda trae la sua forza dalla dicotomizzazione, massiccia e
sistematica; non solo tra modelli di vita e di pensiero, ma anche tra storie utili e storie
inutili, o addirittura dannose, al fine di perorare la causa.
d. Le distopie letterarie
Gli studiosi si sono dati da fare per studiare la formazione del consenso, ma da questo
punto di vista anche la narrativa del Novecento non rimasta al palo. Vogliamo
soffermarci su due capisaldi della distopia nella letteratura: Il mondo nuovo di Aldous
Huxley e 1984 di George Orwell.
In entrambi i casi si tratta dellInghilterra in unepoca futuribile: il 1984 per Orwell, che
scrisse il libro nel 1949; lanno 632 post Henry Ford, cio attorno al 2500 d.C., per
68
In termini di fallacie avremmo un utilizzo congiunto delluomo di paglia e della colpa per
associazione.
Huxley, la cui opera del 1932. Le ambientazioni sono, come noto, del tutto diverse:
del tutto diverso il modello distopico di societ immaginato dagli autori, ciascuno dei
quali ha caratteristiche interessanti per quanto riguarda la concezione del controllo
sociale; si tratta di opere di critica alla societ contemporanea come potevano essere nel
diciottesimo secolo I viaggi di Gulliver di Swift, soprattutto nella feroce caricatura
dellumanit fatta nel mondo dei cavalli razionali, gli Houyhnhnms. In entrambi i
romanzi cruciale il ruolo del singolo: nel Mondo nuovo, Bernardo Marx e la sua
solitudine derivante da una lieve differenza fisica rispetto agli altri alfa, e soprattutto
John il selvaggio, figlio di due civilizzati cresciuto nella riserva del New Mexico dove
una sparuta fetta di umanit vive ancora come nei tempi prima di Ford. In 1984,
Winston Smith e la sua continua ricerca di sfuggire al Grande Fratello. Huxley teme la
mercificazione e ledonismo della vita occidentale; Orwell, che da socialista aveva
combattuto la guerra di Spagna, si focalizza sulle distorsioni coercitive dellUnione
Sovietica e, al contempo, sulla censura nellInghilterra degli anni Quaranta: il peggio
che possa succedere a uno dei suoi personaggi commettere uno psicoreato. Il mondo
di Huxley dominato dalleugenetica e dal condizionamento pavloviano. Gli individui
nascono - o meglio, vengono prodotti in serie, come era nei piani industriali di Henry
Ford - geneticamente predestinati al ruolo che ricopriranno in societ: gli alfa destinati
al comando, i beta allamministrazione, e gi a scendere fino agli epsilon, semiaborti
illetterati e cognitivamente limitati la cui unica mansione svolgere i lavori manuali pi
umili.
Sin dalla prima infanzia gli abitanti della societ di Huxley vengono condizionati,
ripetendo loro nel sonno gli slogan funzionali a quelle che sono le direttive su cui si
basa il loro mondo: la stabilit, la comunit e lidentit. Ciascuno condizionato in
modo da essere felice della propria condizione: tanto gli alfa di essere alfa, quanto gli
epsilon di essere epsilon. Il singolo non esiste, esiste solo in funzione del benessere
sociale; tutti sono spinti a consumare, ad essere felici della loro posizione sociale, ad
assumere una particolare droga (il soma) che cancella i loro stati di possibile ansia o
solitudine. E, ovviamente, non sono in grado di rendersi conto del condizionamento cui
sono sottoposti: sanno che esiste, ma non riescono ad immaginare come sarebbe il
mondo altrimenti. Una felicit senza desideri. Ciascuno appartiene a tutti: non esistono
famiglie, non esiste la riproduzione sessuata, il sesso incentivato ma solo come attivit
di socializzazione. La scienza e la tecnologia servono a massimizzare ledonismo, ma
vengono incanalate e tenute a freno, ci racconta il Governatore Mond alla fine del
romanzo, perch la portata della scienza come stimolo alla ricerca della verit rischia di
minare la stabilit sociale. Gli abitanti del Mondo Nuovo vivono in un ambiente che fa
di tutto per farli distrarre, svagare, per mantenerli come degli eterni bambini. E loro
stessi non invecchiano, grazie ai ritrovati tecnologici e farmacologici. Vengono educati
allodio istintivo per i libri; e parimenti, ad amare ci che si deve amare. Per Huxley,
quello che ci rovina ci che amiamo, ci che ci fa piacere, il fatto di essere controllati
dallintrattenimento e dalla pubblicit. Nessuno, in queste condizioni, vuole essere
libero, libero dai condizionamenti, libero dal soma, come cerca di proporre il
Selvaggio. Non si possono concepire la tragedia, larte, il desiderio, la filosofia, perch
mancano le grandi passioni: tutto immerso in un liquido amniotico di soddisfazione
inesausta. In Orwell la prospettiva quasi del tutto rovesciata, focalizzata com sul
controllo pervasivo, sulla sorveglianza a tutti i livelli fino al bipensiero e
allintroduzione della neolingua
69
, con la sua abolizione di termini considerati eretici e
alla sua grammatica semplificata che mira a rendere il discorso indipendente
dallautocoscienza: riflettere prima di parlare nocivo per il Partito. Gli slogan del
mondo orwelliano sono noti a tutti: lignoranza forza, la guerra pace, la libert
schiavit. Lunica speranza pu arrivare dai prolet, ma la speranza stessa un pour
parler, perch il lettore gi sospetta che dai prolet non verr mai nulla che non sia la
perpetrazione della propria condizione di subordinazione sociale. La Storia
continuamente riscritta in modo congeniale al potere: se da oggi siamo in guerra con
lEstasia e alleati con lEurasia, siamo sempre stati in guerra con lEstasia e alleati con
lEurasia, e nessuno deve ricordare che fino a ieri eravamo alleati dellEstasia e in
guerra con lEurasia. A differenza del mondo di Huxley, cove il sesso usato come
intrattenimento e collante sociale, nel mondo di Orwell i neurologi si stanno dando da
fare per eliminare lorgasmo: il Partito vuole sopprimere il desiderio. Il Partito controlla
tutto. Sempre. E la sua vittoria sar totale sul dissidente Winston Smith quando, dopo
torture efferate e rieducazioni altrettanto insostenibili, gli avr lavato il cervello a tal
punto che il nostro eroe, ridotto a una larva senza pi storia n capacit di pensare alla
donna che aveva amato
70
, cede: trionfa su se stesso, sulla sua ancestrale parvenza di
essere umano, e viene annientato. Alla fine del romanzo, leretico Winston Smith, il
ribelle Winston Smith, colui che ha cercato di unirsi alla cospirazione del fantomatico
Emmanuel Goldstein, ama il Grande Fratello. Non pu pi non amarlo.
Le visioni di Orwell e di Huxley sono cos distanti che si spesso cercato di metterle in
contrapposizione luna allaltra, anche a scopo propagandistico: loccidente vedeva la
propria involuzione distopica nel Mondo Nuovo, mentre il SocIng era lapoteosi del
Partito comunista sovietico. In realt ogni societ, democratica o meno, tende a
prendere un po dalluno e un po dallaltro. Per quanto riguarda il nostro presente siamo
indubbiamente edonisti, come in Huxley; e daltro canto la preoccupazione per la
69
In Italia noto il breve saggio che Italo Calvino scrisse nel 1965 sul linguaggio usato dalla burocrazia,
dallautore rinominato antilingua. Non si tratta di neolingua nel senso orwelliano del termine ma
comunque un buon esempio di come il linguaggio (burocratico, in quel caso) possa essere utilizzato per
creare barriere sociali e nascondere il significato delle cose. Si veda Lantilingua, in I. Calvino, Una
pietra sopra. Discorsi di letteratura e societ, Einaudi 1980.
70
Cos come Winston anche il Selvaggio di Huxley si era distinto dagli altri per la capacit di innamorarsi
damore romantico e svincolato dalle imposizioni comportamentali della societ. E cos come Winston,
anche il Selvaggio legato a Shakespeare (il titolo originale Brave New World un verso de La
Tempesta): nelle due distopie sociali Shakespeare licona salvifica della poesia che tiene luomo
ancorato alla propria umanit.
gestione dei nostri dati personali in rete ci ricorda che gli incubi di Orwell possono
riguardarci da vicino.
Chiudiamo i due libri e, nel tornare al discorso generale, lasciamo delle domande aperte
sul tavolo: dimostrabile o dimostrato che una lite (culturale, politica, economica) sia
in grado di decidere meglio per se stessa e per lintera societ rispetto a quello che
farebbe lintera popolazione? Se ciascuno di noi pensa di essere il migliore nel tutelare i
propri interessi, o nello scegliere chi delegare per farlo, legittimo inferire che sia anche
in grado di tutelare gli interessi altrui? Da una corretta e quanto pi completa
informazione deriva una capacit di prendere decisioni ottimali? In che grado? Con
quale frequenza? Come valutiamo quale decisione ottimale? In base a quali parametri?
Stabiliti da chi? possibile eliminare qualsiasi traccia di soggettivit nella loro scelta?
Sono questioni su cui lumanit dibatte dagli albori della sua storia ed ovviamente
impensabile di dare una risposta definitiva, soprattutto qui. Quello che vogliamo
sottolineare che si tratta di domande che necessitano di unattenzione continua e di un
dibattito serrato e quanto pi possibile non dogmatico.
3. Giochi e decisioni
Abbiamo capito che fare modelli ci piace e ci torna utile. Vediamo allora come abbiamo
cercato di modellizzare le decisioni e il comportamento umano davanti a un dilemma. Si
tratta di un modello che analizza le soluzioni razionali di un conflitto o di una serie di
decisioni. Abbiamo visto pi sopra che, quando si tratta di decidere, al lato razionale si
accompagna quello emotivo: la teoria di cui delineeremo nel prosieguo gli aspetti
principali volta ad esaminare soltanto la componente razionale della faccenda, ossia ci
dice qual il modo ottimale per comportarci, quello che ci farebbe massimizzare il
risultato.
Nel 1944 il matematico John von Neumann e leconomista Oskar Morgenstern danno
alle stampe quello che diventer il capostipite di una nuova disciplina
71
, ricca di ricadute
pratiche e di collegamenti in molti campi, dalla matematica allingegneria gestionale
alle scienze sociali: la teoria dei giochi.
a. Che cos la teoria dei giochi?
Essenzialmente, una disciplina che crea dei modelli che servono ad analizzare le
decisioni delle persone quando esse si trovano a dover interagire con delle altre persone
e quando ciascuna di esse cerca di comportarsi in modo da massimizzare lutilit che ne
pu ottenere, che pu non essere la stessa per tutti, anzi, pu esserci la possibilit che
71
J. von Neumann, O. Morgenstern, Theory of Games and Economic Behavior, 1944 Princeton
University Press
lutilit delluno coincida con il danno di un altro
72
. E gi qui si pone un problema: che
cos lutilit? I gentili lettori staranno gi smaniando, gli uni brandendo Bentham, gli
altri filosofeggiando sulle proprie priorit morali, gli altri ancora lanciando invettive: e
che, si pu forse misurare la soddisfazione?
Quello che vogliamo descrivere qui , per lappunto, un modello. Si basa su una serie di
premesse, ottiene una serie di risultati e predizioni che si possono mettere a confronto
con lesperienza e i dati raccolti sul campo, ma e resta un modello. Un ottimo
modello, comunque, che a discapito del nome ha un campo di applicazione che spazia al
di l dellambito meramente ludico.
La definizione di utilit estremamente complessa e aleatoria, coinvolge valutazioni
morali personali (abbiamo visto pi sopra che alcuni di noi possono dare maggiore
valore alla sacralit e altri al non nuocere al prossimo, per esempio), ma aggiungere
troppe variabili rischia di far perdere di vista il funzionamento del meccanismo con cui
funziona la teoria: tagliamo la testa al toro e, senza indagare sul perch una persona
possa preferire una soluzione ad unaltra, o sul fatto che una persona sia davvero in
grado di quantificare le sue preferenze, diremo che un evento A preferibile ad un
evento B se il giocatore cerca di conseguire A invece di B.
I giochi possono essere di vari tipi e si possono suddividere in vari modi:
- riguardo la loro somma, ove la somma data dalla vincita delluno e dalla perdita
dellaltro: un gioco si dice a somma zero quando abbiamo due giocatori e la vincita
delluno corrisponde in tutto e per tutto alla perdita dellaltro: per esempio gli scacchi,
dove uno vince e laltro perde, oppure si pareggia, ma non possono esserci due
vincitori e due sconfitti. Altri giochi, detti a somma non zero, sono tali per cui
entrambi i giocatori possono vincere ed entrambi possono perdere. Un esempio in cui
entrambi i giocatori vincono il commercio: il venditore contento perch incassa dei
soldi, lacquirente contento perch se ne torna a casa con un oggetto di cui aveva
bisogno o di cui sentiva il desiderio.
- riguardo alla presenza o meno di variabili aleatorie: le nostre strategie nel Monopoly
dipendono anche da quel che esce dal lancio dei dadi o dalle carte che ci toccano,
mentre quando giochiamo a dama possiamo contare soltanto sulla nostra capacit di
ragionamento.
- riguardo alla possibilit per i giocatori di cooperare e contrattare tra di loro
73
: un gioco
si dice cooperativo se sono possibili accordi vincolanti tra i giocatori (se tu farai
questa mossa, allora io far questaltra).
72
In questo lavoro non minimamente proponibile una trattazione, ancorch introduttoria, alla teoria dei
giochi. Il succo di quanto vogliamo esprimere in queste poche righe : esistono dei sistemi razionali per
affrontare le decisioni, possibile valutare se vi sia una scelta preferibile alle altre e, nel caso vi sia, quale
essa sia. Si segnala per esempio, per chi volesse approfondire, F. Colombo, Introduzione alla teoria dei
giochi, Carocci 2004
73
In questo campo ha fatto scuola John Nash: si veda ad esempio J. Nash, The Bargaining Problem,
(1950) Econometrica 18, pp. 155-162
A questultimo proposito riportiamo lesempio classico che viene utilizzato per illustrare
la teoria dei giochi, ossia il cosiddetto dilemma del prigioniero.
Due individui, chiamiamoli Mario e Carlo, sono stati arrestati in contemporanea con
laccusa di aver commesso lo stesso reato e vengono interrogati, separatamente, nello
stesso momento. Ognuno di loro pu scegliere due strade: o confessa o non confessa. Se
entrambi non confessano avranno comunque da scontare delle pene per reati minori, e a
ciascuno toccheranno due anni. Se entrambi confessano vengono condannati a cinque
anni ciascuno. Se uno confessa e laltro no, quello che confessa ottiene uno sconto di
pena e una condanna a un anno; laltro, invece, ha unaggravante e sconter una pena di
6 anni.
Qual la strategia pi vantaggiosa? La scelta pi vantaggiosa per entrambi sarebbe di
non confessare; ma dal momento che Mario non pu sapere se Carlo stia confessando o
no (una confessione di Carlo, a fronte di una non confessione di Mario, condannerebbe
Mario a 6 anni invece che a 2), Mario confessa e si prende i suoi 5 anni di pena.
Analogo ragionamento vale per Carlo.
Se lobiettivo di Mario e di Carlo di minimizzare in ogni caso la propria condanna, la
strategia migliore di confessare, infatti la pena che ciascuno dei due sconter sar: di 1
o 5 anni se avr confessato, e di 2 o 6 anni se non avr confessato. Qualsiasi sia la scelta
delluno, quindi, allaltro conviene confessare.
Lesempio del prigioniero ci offre il pretesto per parlare molto brevemente di un
concetto importante nelle decisioni: linformazione. Un gioco si dice a informazione
completa quando ciascuno dei partecipanti messo nelle condizioni di conoscere quali
sono le strategie disponibili agli altri e quali risultati sono ad essi possibili (il termine
tecnico payoff, cio la quantificazione della vincita o della perdita). Un gioco si dice a
informazione perfetta quando ciascun giocatore correttamente informato su tutti i dati
importanti su cui basare le proprie decisioni. A differenza di quanto accade
nellinformazione completa, un giocatore pu avere informazioni lacunose sugli esiti
possibili per gli altri giocatori.
Ma le informazioni, labbiamo visto nellesaminare la propaganda e il formarsi delle
pubbliche opinioni, non sempre sono distribuite simmetricamente tra i vari attori in
gioco. possibile che una delle parti abbia maggiori informazioni rispetto alle altre, e
sfrutti questo vantaggio per accrescere il proprio potere decisionale o contrattuale. In
questo caso si parla di asimmetria dellinformazione, ed un concetto molto importante
in economia
74
.
b. Piccoli mondi
Secondo leconomista Vilfredo Pareto c una regola empirica, detta legge 80-20,
secondo la quale per una buona parte degli eventi lottanta per cento degli effetti
74
Si vedano gli studi di Akerlof sulla selezione avversa, o gli studi di Arrow, Debreu e Stiglitz.
dovuto al venti per cento delle cause; o in economia, ambito originario in cui fu
formulata la legge, in una data regione l80% delle risorse posseduto dal 20% della
popolazione. Immaginiamo ora di voler modellizzare il nostro modo di interagire con
gli altri: giacch il mondo fatto di relazioni, possibile creare un modello matematico
che dia lidea di chi comunica con chi, e quanto?
Sar capitato a molti, leggendo Centanni di solitudine, di doversi fare un diagramma
della famiglia Buendia per ricordarsi, in mezzo a tutti quegli Aureliano e Arcadio, chi
era il figlio, chi il padre, chi il fratello e chi il pronipote. Funziona con le relazioni di
parentela e funziona allo stesso modo con le relazioni in genere: gli elementi da mettere
in relazione vengono disposti in quello che in matematica si chiama un grafo, cio un
insieme di punti (chiamati nodi) uniti o meno tra di loro da collegamenti che vengono
detti archi; percorrendo un arco dopo laltro avremo fatto quel che si dice un cammino.
Il sistema ha validit generale: possiamo mettere in un grafo noi stessi e le nostre
relazioni di amicizia, le stazioni della metropolitana e le linee che collegano una
stazione allaltra, eccetera.
Diamo qualche altra informazione su come pu essere fatto un grafo. Si chiama grado di
un nodo il numero di archi che ci finiscono dentro, o che partono da esso (per semplicit
considereremo che il grafo non sia orientato, ossia non considereremo il verso in cui
viene percorso un arco); la componente connessa di un nodo il sottografo
75
costituito
dai nodi raggiungibili dal nodo di partenza (per esempio, un alunno e i suoi compagni di
classe sono una componente connessa allinterno dellintera scuola); si dice che in un
grafo c un hub quando esiste un nodo da cui si diramano molti pi archi rispetto agli
altri nodi. Il termine ci familiare se pensiamo agli aeroporti: per esempio Heathrow
un hub per lInghilterra. Tornando a Garcia Marquez, Aureliano Buendia e i suoi
diciassette figli con diciassette donne diverse un hub in Centanni di solitudine.
Come vengono creati i collegamenti tra i nodi? Come nascono i nodi stessi? difficile
che si tratti di leggi deterministiche: dovremo dunque parlare di grafi aleatori, il che
vuol dire non completamente prevedibili. Il fatto che non siano completamente
prevedibili non significa che non si possa dire niente di interessante e di utile: per
esempio, sapendo qual la distribuzione di probabilit si pu ricavare il numero medio
di archi in un nodo. O il numero medio di relazioni sentimentali per ciascun
personaggio nella famiglia Buendia.
I grafi aleatori sono stati studiati a fondo da Paul Erd1s e Alfrd Rnyi
76
, i quali hanno
ottenuto un risultato importante: se il numero dei nodi cresce allinfinito, ma allo stesso
tempo la probabilit che due nodi siano collegati da un arco piccola, il numero medio
di archi del grafo non dipende dal numero di nodi. Inoltre, al crescere del numero dei
75
Un sottografo , per dirla in breve, un sottoinsieme di un grafo che gode ancora delle propriet di essere
un grafo: cio un grafo pi piccolo contenuto nel grafo di partenza.
76
Erd1s, P.; Rnyi, A. (1959). On random graphs. Publicationes Mathematicae 6: 290297, e Erd1s, P.;
Rnyi, A. (1960). The Evolution of Random Graphs. Magyar Tud. Akad. Mat. Kutat Int. Kzl. 5: 1761.
nodi si osserva un cambiamento nel comportamento delle componenti connesse: se il
numero medio degli archi maggiore o uguale a uno, emerge una componente connessa
pi grande delle altre, detta componente gigante.
un modello realistico? sicuramente un modello interessante e valido, ma ha bisogno
di essere implementato. Vediamo due possibili soluzioni del problema:
- Siccome molti grafi reali hanno degli hub, Barabsi e Albert hanno proposto
77
che vi
siano dei collegamenti preferenziali: in altre parole, chi ha gi tante relazioni tende ad
averne sempre di pi.
- Qualche anno fa anche la cultura di massa fu investita dalla notoriet della cosiddetta
ipotesi dei sei gradi di separazione: lipotesi cio secondo la quale ciascuno di noi pu
essere collegato a chiunque altro sulla faccia della Terra tramite non pi di cinque
intermediari. Lidea abbastanza vecchia, risale in origine agli anni Venti, ma
cominci ad essere implementata seriamente soltanto una quarantina di anni dopo,
grazie alla teoria del mondo piccolo del sociologo Stanley Milgram, e trov una
formulazione compiuta da un punto di vista matematico alla fine degli anni Novanta
tramite il lavoro di Watts e Strogatz
78
: il succo della questione che il mondo - sotto
certe condizioni - pu essere modellizzato come una rete di persone collegate tra di
loro in modo da essere tutte relativamente vicine le une alle altre. Non sar Macondo,
ma forse ci somiglia.
c. Due esempi di decisioni
Abbiamo scoperto che le decisioni che prendiamo non sono sempre razionali,
ragionevoli, ottimali; e che spesso ci facciamo influenzare da quello che ci si aspetta che
facciamo. Ci sono molti fattori da tenere in considerazione quando si analizzano le
decisioni. Riportiamo di seguito due esempi classici di psicologia sociale: il cosiddetto
enigma del carrello e lesperimento di Milgram.
- Lenigma del carrello: un carrello procede a tutta velocit su una rotaia,
completamente fuori controllo. Sulla sua traiettoria c un gruppo di cinque persone
che, del tutto ignare dellarrivo del carrello, saranno sicuramente travolte e uccise da
questultimo. Lunico modo per salvare queste cinque persone delegato a noi:
possiamo premere un pulsante che azioner uno scambio sulla rotaia, deviando il
carrello su un altro binario dove travolger e uccider una sola persona. Come ci
comporteremmo, se fossimo chiamati a decidere? Spingeremmo il pulsante in modo da
salvare le cinque persone a scapito dellunica vittima sul binario alternativo? La
maggior parte delle persone risponde di s: meglio salvarne cinque che salvarne una.
Lenigma del carrello ha una variante: c sempre il carrello che corre allimpazzata
sul binario, destinato a travolgere e uccidere cinque persone, ma questa volta il nostro
possibile intervento consiste nello spingere una sesta persona sotto le ruote del
77
R. Albert, A.-L. Barabsi (2002) Statistical mechanics of complex networks, Reviews of Modern
Physics 74 (1) 47-97
78
D.J. Watts, S.H. Strogatz (1998), Collective dynamics of small world networks, Nature 393 (6684)
carrello; vero, morir, ma il suo sacrificio far deragliare il carrello salvando i cinque
destinati alla morte. Come ci comporteremmo in questo caso? Da un punto di vista
razionale, non dovrebbe cambiare niente rispetto alla versione classica dellenigma del
carrello: in entrambi i casi si tratta di scegliere se salvare cinque vite e sacrificarne una
oppure sacrificarne cinque per salvarne una. Eppure, in questo secondo caso, la
maggior parte degli interpellati sceglie di non sacrificare direttamente la persona da
scagliare sotto le ruote del carrello. Perch questo accade? Ci sono possibili
interpretazioni. Una di queste (Green) sostiene che il primo caso sia pi impersonale:
premere un pulsante meno coinvolgente dal punto di vista emotivo rispetto a
spingere personalmente un uomo sotto le ruote di un carrello che lo maciuller
(analogamente, uccidere di persona un bambino rappresenta uno scoglio emotivo
difficilissimo da superare per quasi tutti noi - per fortuna! - ma sganciare bombe su
una citt dove moriranno sicuramente centinaia di bambini sembra essere meno
difficile. In questo caso rientrano anche delle relazioni allobbedienza agli ordini, e le
vedremo subito qui sotto con lesperimento di Milgram). Unaltra interpretazione
possibile (Hauser) che riteniamo moralmente accettabile causare un danno come
effetto collaterale di una nostra azione pur di avere un beneficio maggiore, ma
valutiamo moralmente inammissibile causare direttamente un danno per ottenere un
beneficio qualsivoglia. Nel primo caso (spingere il pulsante) agiamo in maniera
razionale, nel secondo caso (spingere la persona) la componente emotiva prende il
sopravvento.
- Lesperimento di Milgram
79
(lo stesso Milgram del mondo piccolo) un notissimo
esperimento di psicologia sociale, effettuato negli anni Sessanta con lo scopo di
studiare lobbedienza agli ordini e il modo in cui essa pu inibire i nostri vincoli
morali. Lesperimento venne condotto in questo modo. Vennero reclutati 40 uomini,
tramite annunci sul giornale e dietro promessa di pagamento. Ciascuno di essi veniva
introdotto in una stanza in cui cera unapparecchiatura in grado di somministrare
scosse elettriche: al partecipante veniva assegnato il ruolo di insegnante, il
ricercatore manovrava materialmente la macchina, mentre una terza persona,
daccordo con i ricercatori ma senza che questo accordo fosse noto allinsegnante,
aveva il ruolo di allievo e veniva attaccata alla macchina tramite una serie di elettrodi.
La macchina era finta: nessuno si fece male, lallievo doveva soltanto simulare un
dolore che andava dal fastidio allo svenimento, ma questo fatto non era noto ai
partecipanti allesperimento; anzi, veniva fatto loro credere che il ruolo di insegnante e
di allievo fosse stato scelto a caso. Allinsegnante veniva chiesto di fare delle domande
allallievo, che a sua volta aveva a disposizione un set di risposte: per ogni risposta
sbagliata, il ricercatore azionava la macchina che dava la scossa allallievo, variando
lintensit su 30 livelli, i primi 28 dei quali erano etichettati da shock leggero a
79
S. Milgram, Behavioral Study of Obedience, 1963, Journal of Abnormal and Social Psychology 67 (4),
pp. 371-378.
pericolo grave. Gli ultimi due livelli, al di l di pericolo grave, erano indicati
semplicemente dalla dicitura XXX. Man mano che lesperimento progrediva, gli
effetti delle scosse sull allievo (effetti che, ricordiamo, erano simulati allinsaputa
dellinsegnante) erano via via pi gravi e linsegnante tendeva a rifiutarsi di
proseguire. A questo punto interveniva il ricercatore, che stimolava linsegnante con
alcune formule standard: Continui, per favore. Lesperimento richiede che lei
continui assolutamente essenziale che lei continui Non c altra scelta, deve
andare avanti. Lobbedienza fu misurata in relazione al numero di livello massimo
raggiunto, da 1 a 30, prima che linsegnante decidesse di abbandonare la prova
vedendo le reazioni dellallievo.
Il risultato sorprendente dellesperimento fu che, nonostante le proteste e lo stress che
essi stessi provavano, la maggior parte degli insegnanti obbed pedissequamente agli
ordini, cio alle pressanti richieste di continuare da parte del ricercatore, violando
quindi i propri codici morali e il proprio istinto a non nuocere. Lobbedienza variava a
seconda che linsegnante potesse assistere o meno alle sofferenze dellallievo, e in che
misura; poteva infine essere coinvolto direttamente egli stesso e dover spingere il
braccio dellallievo su una piastra, affinch ricevesse la scossa. Man mano che
aumentava il contatto tra insegnante e allievo, linsegnante tendeva a fermarsi prima.
Successivi esperimenti hanno confermato la validit dellimpianto di Milgram, e quel
che si riusciti a ricavare sullobbedienza che molto spesso siamo in grado di andare
oltre i nostri vincoli morali quando percepiamo che gli ordini vengono da unautorit
che riconosciamo come legittima (il ricercatore in questo caso); ci consideriamo non
pi liberi di agire autonomamente, ma soggetti ad eseguire gli ordini. A metterci in
questa condizione concorrono il fatto che lessere degli animali sociali
80
ci educa ad
obbedire a una serie di regole, e il fatto che siamo soggetti alle pressioni sociali: se
disubbidiamo agli ordini, come se mettessimo in discussione lautorit di chi ce li ha
impartiti.
Trattare le decisioni, insomma, unimpresa delicata, sia che si tratti di fare modelli
razionali sia che si tratti di studiare il modo in cui le nostre emozioni ci condizionano.
Torniamo allora ai mezzi di comunicazione e al modo in cui ci fanno decidere.
4. Cambiate canale!
Abbiamo visto la validit dellintrattenimento nei mezzi di comunicazione. Il fatto di
puntare sullintrattenimento ha degli indubbi risvolti sulla depoliticizzazione dellutente:
il che non necessariamente spegne la capacit critica, ma di certo non aiuta a formarla.
80
Appartenere a una comunit ha permesso ai nostri progenitori di essere pi al sicuro, e quindi di avere
maggiori probabilit di far sopravvivere il proprio patrimonio genetico, rispetto a quanti si ponevano in
solitudine fuori dalla comunit.
Aveva gi intuito McLuhan
81
che il messaggio dei media consiste nel mutare le
proporzioni tra i rapporti umani e che la loro funzione, nel tradurre le forme della
conoscenza semplificandole, consiste (anche) nel trasferire ricchezza tramite il
trasferimento di informazioni. Nei paragrafi che seguono non intendiamo tanto fare una
analisi rigorosa di quanto i nostri media principali (la televisione e internet) siano in
grado di canalizzare la partecipazione del fruitore e di manipolarne il modo in cui esso
si accosta alle notizie, quanto di tracciare una rapida panoramica sulla banalizzazione e
sulla parcellizzazione delle notizie stesse, e su come questi meccanismi incidano sul
nostro approccio alla conoscenza.
a. Cattive maestre e pessimi allievi
Nei primi anni Novanta Popper si lamenta dellinfluenza nefasta della televisione come
mezzo per sdoganare la violenza
82
e come potenziale vulnus democratico. La premessa
che al momento la TV, producendo a man salva programmi di cattiva qualit dove
predominano la violenza e i comportamenti antisociali, unenorme forza culturale per
il male; peggio ancora, difficile mutarla in bene, nonostante le sue potenzialit di
mezzo di comunicazione di massa, perch difficile trovare gente che sia in grado di
produrre 20 ore al giorno di programmi di buona qualit, a maggior ragione con il
proliferare delle reti. Quindi le TV producono contenuti sensazionali per mantenere
laudience, e il sensazionalismo fa scendere il livello medio dei contenuti stessi, in una
gara al ribasso in cui la vittima, il telespettatore, usata al contempo come pretesto per
abbassare gli standard. Ci si difende infatti dicendo che si d alla gente quello che la
gente vuole; e che dare alla gente quello che la gente vuole sarebbe un principio
democratico. Ma, argomenta Popper, democrazia vuol dire anche trasmettere le
conoscenze, non vuol dire necessariamente omologare verso i basso la qualit
dellofferta, ove questo basso viene reso pi accattivante da alti livelli di
sensazionalismo.
C un dibattito aperto se alti livelli di violenza in tv e nei videogiochi predispongano
alla violenza nella vita reale e, in realt, ci in media non accade, siamo cio
generalmente in grado di contestualizzare la violenza e di non comportarci nella vita di
tutti i giorni come Dexter Morgan o come un personaggio di Gran Theft Auto (per
quanto, se avete mai cercato parcheggio in una grande citt, questultima conclusione
possa sembrarvi non del tutto ovvia). Per innegabile la potenzialit della televisione
nellorientare le persone, soprattutto se ne guardiamo tanta, soprattutto se non abbiamo
altri filtri culturali. La proposta di Popper di introdurre un sistema di autocontrollo:
chiunque sia legato alla produzione televisiva deve avere una specie di patente
vincolante per lesercizio della professione, che un organismo esterno pu ritirare nel
caso il prodotto televisivo entri in contrasto con una serie di principii: chi si occupa di
81
M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore 1967
82
K. Popper, Cattiva maestra televisione, Marsilio 2002
comunicazione, nella fattispecie di televisione, deve essere indotto a sentire pressante la
responsabilit di manovrare un mezzo di educazione di massa. Il perch questa
regolamentazione sia necessaria per le sorti democratiche, spiega Popper, presto detto:
se la democrazia consiste nel mettere sotto controllo il potere politico, non si pu
ignorare il potere della televisione nel potere politico, e tantomeno si pu sottovalutare
il rischio dellabuso di tale potere.
Nel definire questo potere, oltre allassuefazione agli eventi sensazionali c il problema
della banalizzazione degli eventi stessi. Quello che passa in tv, dal variet al dibattito
politico, un genere di spettacolo. Pu occuparsi di altro - cultura in senso lato, politica,
scienza - ma essenzialmente uno spettacolo, che ha i suoi tempi, i suoi modi ed
caratteristico del mezzo. E cos capita spesso che la cultura divulgata sia divulgata male,
con un occhio di riguardo alle esigenze dello spettacolo televisivo pi che alla
divulgazione vera e propria dei contenuti: uno show dai contenuti precotti, facilmente
digeribili, che non necessita di approfondimento ma che allo stesso tempo ci appaga
facendoci sentire parte di un evento che riteniamo culturale. Detto in altre parole:
esistono programmi culturalmente validi, ma si ritrovano persi in un mare di altri
programmi che vengono scambiati per equipollenti, con danni enormi per quanto
riguarda la nostra educazione e la nostra percezione della complessit del mondo.
Ma c di pi. Il nocciolo della questione latteggiamento passivo dello spettatore; un
programma televisivo, soprattutto se di intrattenimento, ci suggestiona
inconsapevolmente, tenendoci lontani dalla riflessione e dalla concettualizzazione di
quello che stiamo guardando. Un programma televisivo perlopi facile, accessibile: di
sicuro lo sono quelli che si prefiggono di comunicare al vasto pubblico. Non una
reprimenda su quanto sia plebeo e incolto lo spettatore medio: ci caschiamo dentro tutti,
quelli che hanno letto un milione di libri e quelli che non sanno nemmeno palare
83
,
senza pensarci sopra. Quando va bene, la televisione ratifica la realt, non la indaga.
Anche nei programmi di inchiesta, spesso procede per tesi. Quando va male costruisce
un mondo fittizio e ce lo spaccia per vero. Siamo una comunit, in quanto telespettatori,
perch sappiamo che ciascuno nella propria monade sta guardando lo stesso programma
che stiamo guardando noi. Lapparizione televisiva quella che canonizza la fama, e ci
che apparso in televisione reale, razionale e vero.
Serve davvero una patente, per fare televisione? Il lamento di Popper attuale, a
ventanni di distanza?
Potremmo dire, adesso che ci sono migliaia di canali a disposizione, tra digitale e
satellite, che il problema sia relativamente risolto: ciascuno di noi ha la possibilit di
scegliere tra un numero piuttosto consistente di programmi validi, e concentrarsi su
quelli invece che sulle urla e sulle reboanti pacchianate di vecchie star in declino, in
quella che una perpetua, agghiacciante e sfavillante versione di Viale del Tramonto,
con la societ dello spettacolo tutta intera nei panni di Gloria Swanson, e il senso critico
83
F. De Gregori, La storia. Dallalbum Scacchi e tarocchi, RCA Italia 1985
del telespettatore che galleggia assassinato nella piscina. Ma non vero che il problema
risolto, perch il guaio a monte. Ossia: come siamo in grado di scegliere quali
programmi guardare? Come ci orientiamo? possibile che uno spettatore, avvezzo
esclusivamente al trash ululante, cambi canale appositamente e si metta a seguire una
serie di approfondimenti sui maestri del Rinascimento o sullalgebra di Boole? O
cercher sempre pi conferma ai propri gusti focalizzandosi sul trash ululante, forte del
fatto che sui suoi canali non sentir mai parlare daltro? La segmentazione e la
frammentazione dellutenza un problema che riguarda ancor pi da vicino internet, e
la affrontiamo subito.
b. Internet
Nonostante i quasi venticinque anni del World Wide Web, pensiamo ad internet come
una tecnologia nuova, considerando lo sviluppo delle sue funzionalit nellultimo
decennio e le prospettive che lascia intendere di avere. C chi guarda tutto ci con
enorme sospetto: la gente non comunicher pi di persona, andremo incontro a un
dominio delle macchine, ad una prevalenza delle interazioni sui social network, ci
chiuderemo in una bolla. Il web pone dei problemi reali - per esempio il fatto che
singole persone possano gestire decine o centinaia di account contemporaneamente, che
il traffico in rete possa essere pertanto pompato a discrezione, il che pone delle
questioni su cosa sia la rappresentativit, o il problema di bilanciare le esigenze della
sicurezza, della privacy e della democrazia - ma c comunque chi lo guarda con uno
spavento a priori, come se si trattasse dellArma di Fine di Mondo, di ci che
distrugger la nostra societ. Persone del genere ci sono sempre state e sempre ci
saranno. successo con il cinema, con la radio, con il telefono, col telegrafo, sar
successo con la stampa a caratteri mobili, e possiamo tranquillamente pensare che il
primo uomo che scopr la ruota sia stato affrontato da un Movimento No Ruota i cui
membri, apocalittici e infastiditi dellempiet del nuovo, prospettarono un futuro gramo
e tremebondo in cui la Ruota avrebbe portato ogni male possibile. E cos come ci sono
quelli per cui loptimum della civilt umana stato raggiunto quando avevano
ventanni, e dopo quel periodo di irripetibile bellezza tutto andato degradandosi senza
che vi fosse una sola speranza che un giorno sarebbero ritornati gli antichi splendori,
esistono di converso quelli che sono entusiasti a priori di ogni novit, e ci vedono un
mezzo incontrovertibile con cui il mondo potr essere finalmente salvato, redento dei
suoi peccati e tirato a lucido. Internet vanta una schiera di ammiratori acritici convinti
che la Rete, questa personificazione di una divinit onnisciente, onnipotente e benigna,
possa essere la risposta ultima ai problemi sociali.
Lo sviluppo galoppante di internet apre, non c dubbio, un sacco di prospettive
interessanti. Le informazioni viaggiano non solo in verticale dallalto al basso, com
stato nei media tradizionali e agli albori della stessa avventura del web, ma anche in
orizzontale: chiunque pu caricare contenuti e condividerli. Questo pu dare lillusione,
o la speranza, di una maggiore democraticit e di una maggiore apertura: ma bisogna
anche tenere conto del fatto che gli utenti tendono a frequentare siti che sono gi
frequentati da altri, ossia che tendono ad aggregarsi dove gi c aggregazione.
Abbiamo segnalato il fenomeno poco sopra, con il modello dei collegamenti
preferenziali di Albert e Barabsi. Altre prospettive interessanti - o inquietanti in senso
orwelliano, se volete - vengono dal modo in cui il sistema di condivisione rapida delle
preferenze e degli apprezzamenti a pagine e prodotti pu influenzare la nostra
navigazione successiva: i motori di ricerca terranno conto dei siti che abbiamo visitato,
Youtube tender a proporci video simili a quelli che abbiamo gi visto, Facebook
tender a proporci della pubblicit di prodotti su misura per noi.
Come creatori di contenuti sociali, c anche il rischio che ci trasformiamo in
manodopera gratuita per i contenitori che ci ospitano. Siamo utenti che socializzano e
allo stesso tempo clienti che, inconsapevolmente, pagano e orientano il mercato: e
questo sembra uscito dalla penna di Huxley.
Sulla capacit di internet e dei social network in particolare di essere una leva libertaria
c chi avanza qualche dubbio
84
. Mobilitarsi su Facebook o Twitter o firmare petizioni
online immensamente pi facile di seguire personalmente una campagna politica, e
pu dare per questo un falso senso di partecipazione che ci appaga: la spirale
dellintrattenimento e della depoliticizzazione che abbiamo visto operare nella
televisione continua qui con altri mezzi, anche tenendo conto del fatto che buona parte
del tempo che spendiamo in rete catalizzato da pornografia e video di animali teneri
che fanno cose buffe. A volte invece accade che la forza di una mobilitazione sulla rete
prenda piede anche nel mondo in carne ed ossa, e in genere non si pu negare la
capacit di internet di influenzare la vita reale, anche se questo potere deve essere un
costante oggetto di studi
85
.
Infine, continuando a parlare di opportunit interessanti, vogliamo menzionare quella
che ci sembra pi stimolante dal punto di vista filosofico e - in senso lato - umanistico.
Lo sviluppo dei computer e di internet, la loro sempre pi stretta interazione con noi, la
rete di connessioni che viene a crearsi tra linformatica, le scienze cognitive, la filosofia,
e il modo con cui questa rete di connessioni si relaziona a sua volta con la nostra vita
quotidiana, sono tutti spunti che ci portano a riflettere su quello che definisce il nostro
essere umani. E in questo, le prospettive culturali sono enormi. Nella storia dellumanit
questa domanda ce la siamo sempre posta, ma il termine di confronto sono stati gli altri
animali, gli oggetti inanimati, le proiezioni del nostro senso di s che abbiamo via via
84
E. Morozov, cit.
85
Uno studio recente (e al centro di polemiche per la metodologia poco ortodossa, che ha sollevato
questioni di etica e privacy sui social network) mostra per esempio come il contenuto dei messaggi che
visualizziamo su Facebook provochi una sorta di contagio emotivo: la lettura di messaggi positivi stimola
emozioni positive e analogamente messaggi negativi stimolano emozioni negative. Il fatto noto per
quanto riguarda le interazioni di persona, dove per entrano in gioco anche e soprattutto fattori non
verbali, ed stato riscontrato su Facebook dove la comunicazione non verbale assente (o ridotta alle
sole emoticon). Si veda A. D.I.Kramer, J.E. Guillory, J.T. Hancock, Experimental evidence of massive-
scale emotional contagion through social network, 2013, PNAS
http://www.pnas.org/content/early/2014/05/29/1320040111
definito come divinit; questa volta abbiamo anche macchine costruite da noi, che fanno
calcoli, applicano regole, e ci aiutano con il loro operare a capire meglio che cosa sia
lintelligenza e chi siamo noi.
Abbiamo poi il problema della banalizzazione. Il fatto che le notizie siano orizzontali
(chiunque pu caricare e condividere contenuti) e il proliferare di siti e blog ci pongono
nuovi problemi sulla loro credibilit: se uno stesso argomento - poniamo, il
cambiamento climatico - trattato da alcuni siti in un modo, e da altri in maniera
opposta, a chi prestiamo fede e perch? Una notizia pu essere banalizzata a tal punto
da esserne stravolta: siamo in grado di capirlo, quando ce la troviamo davanti? Molte
persone tendono a non fidarsi delle cosiddette fonti ufficiali - agenzie governative,
universit, istituti di ricerca, professionisti che hanno speso tempo e impegno nel campo
di cui si occupano - in quanto le ritengono prezzolate e al servizio di poteri pi o meno
noti e pi o meno forti. sistematico che le persone che cercano fonti di informazione
alternative siano anche quelle che tendono a credere a tutto quello che si dice loro,
vero, verosimile o falso che sia. Se da un lato esse sembrano essere consapevoli del
potere di manipolazione mediatica quando arriva dalle autorit, dallaltro lato sono
incapaci di distinguere lo stesso potere derivante dalle fonti da cui attingono. E creano
un circuito che si autoalimenta: i siti che propugnano le cosiddette bufale si rimandano
luno allaltro, nutrendo una comunit che trae rinforzo dai propri stessi pregiudizi.
Pagine siffatte non cercano tanto di proporre una notizia, uninterpretazione o una serie
di domande, quanto di evangelizzare a un credo, spesso in buona fede, talvolta no. E chi
vi si rivolge tender a fidarsi sempre meno delle fonti che gli dicono cose diverse da
quelle a cui vuole credere: con esiti a volte semplicemente grotteschi (le manifestazioni
contro le scie chimiche al pi possono fare folklore) a volte socialmente pericolosi
(scegliere di non vaccinare i figli mette a rischio sia i propri bambini sia tutti i soggetti
immunodepressi che non possono essere vaccinati e che sfruttano limmunit di
gregge
86
).
C quindi la tendenza a identificare la rete come un luogo capace non solo di smistare
le informazioni, ma anche di produrre autonomamente conoscenza: una conoscenza
fatta di informazioni frammentarie, rapide, veicolate con strategie di marketing, una
conoscenza tale per cui basta leggere degli articoli di incerta provenienza e guardare dei
video su Youtube per superare lo scoglio di dover trascorrere dei mesi, o degli anni, ad
approfondire un argomento.
Quando crediamo di aver capito qualcosa, siamo in grado di spiegare che cosa abbiamo
capito e che cosa non abbiamo capito? siamo in grado di fare domande pertinenti? di
rispondere correttamente a delle domande? un problema che non riguarda solo le
86
Si chiama immunit di gregge (herd immunity) la situazione che si verifica in una comunit quando
quasi tutti sono vaccinati, per cui gli eventuali agenti patogeni non riescono, se presenti, a diffondersi: se
tanti sono vaccinati, la probabilit che una persona infetta incontri - e contagi - una persona non
immunizzata bassa. In questo modo anche la persona non immunizzata protetta. Va da s che se il
numero di persone vaccinate diminuisce, la probabilit che linfezione circoli aumenta.
informazioni tratte da internet ma luso del web e la condivisione sui social network ha
amplificato la necessit di affrontarlo.
B. Linvoluzione del dissenso
1. Questioni fondanti
a. Comprensione e linguaggi
Fermiamoci un attimo. Abbiamo messo un sacco di carne al fuoco e rischiamo di
perderci, se di tanto in tanto non facciamo mente locale e cerchiamo di ricapitolare la
strada che abbiamo fatto e dove siamo arrivati. Dopo lescursione sui modelli del
mondo e sui mezzi di comunicazione torniamo allargomento principale, il metodo, e
cerchiamo di mettere insieme tutti i pezzi. Tutto questo parlare di dialoghi e
comunicazione e criteri di verit e di correttezza stato sicuramente utile, ma che cosa
abbiamo compreso? Meglio ancora, che cosa vuol dire che abbiamo compreso
qualcosa? Heidegger
87
sosteneva che il discorso, e il linguaggio
88
a cui il discorso
inesorabilmente correlato, lespressione e larticolazione della comprensione, che a
sua volta uno dei punti fondamentali dellesistenza. La comprensione serve a fondare
linterpretazione e quindi lasserzione, che allo stesso tempo una manifestazione (un
rendere chiaro, palese
89
), una predicazione (nel senso di attribuire un predicato a un
soggetto) e una comunicazione.
Ogni relazione tra noi e il mondo possibile grazie al fatto che noi, prima ancora di fare
esperienze, abbiamo un certo patrimonio culturale, un certo numero di pregiudizi - che
vuol dire semplicemente giudizi dati prima, senza connotazione negativa. questa
lopinione anche di Gadamer
90
, che cerca a tal proposito di spiegare che cosa sia la sua
esperienza di verit (Erfahrung il termine usato, nel senso di esperienza di vita): c
unesperienza di verit quando lincontro tra un soggetto e un oggetto produce una
effettiva modificazione nel soggetto. Ma possibile uno sguardo completamente
oggettivo, scevro da condizionamenti? I due, Heidegger e Gadamer, sostengono di no; e
per il secondo, bisogna fare attenzione al predominio che la scienza moderna si arroga
nel campo della conoscenza e della trattazione filosofica del concetto di verit, perch
latto del comprendere ha una validit autonoma nello stesso ambito della scienza, e
rifugge a una riduzione al metodo scientifico.
87
M. Heidegger, Essere e tempo, 4, 31-33
88
Su che cosa siano i nomi, se racchiudano in s un significato, incentrato il Cratilo di Platone.
89
Da un punto di vista filosofico, noi sappiamo quando abbiamo visto. La centralit della visione rispetto
agli altri sensi, per lessere umano, testimoniata anche dalla lingua, quantomeno per le lingue
indoeuropee: dalla radice comune -wid derivano il latino video (vedere), il sanscrito veda (!", sapere); in
greco antico il verbo 2+34, che vuol dire vedere, ha laoristo #56( che viene utilizzato con il significato di
sapere. Ho visto, quindi so.
90
H. Gadamer, Verit e metodo, Bompiani 2000
Sar poi ad esempio il dialogo con la tradizione a farci attingere a verit che sarebbero
state altrimenti irraggiungibili; e vedremo tra poco alcuni esempi di come la tradizione
sia stata usata a scopo propagandistico e di attivismo pi o meno consapevole.
Menzioniamo questi punti di vista perch indubbia linfluenza che Heidegger e
Gadamer hanno avuto in ambito ermeneutico e - il che ci interessa di pi - nel sentire
comune riguardo ai limiti del metodo scientifico. Linterpretazione un atto circolare: le
parti del testo muovono verso lintero testo, e lintero testo rimanda alle parti, e tra le
cose conosciute e quelle ancora da conoscere c uno scambio continuo. Detto in altre
parole: vero che locchio dellosservatore ineliminabile? E se vero, la pretesa di
avere una conoscenza oggettiva non un po come un atto di fede?
Cerchiamo di rispondere. Innanzitutto - grossomodo - vero che locchio
dellosservatore ineliminabile: abbiamo strumenti di diversa precisione e sensibilit,
oltre al nostro occhio, sottoponiamo ad altri le nostre esperienze affinch le ripetano e
confrontino con noi i loro risultati, ma se per il nostro occhio si intende il filtro che ci
deriva dal fatto di essere tutti umani, potremmo pensare che la nostra pretesa di
oggettivit, di guardare il mondo cos com e non come lo vediamo noi, sia un atto di
fede. Ma dobbiamo anche notare che con quello che vediamo del mondo siamo in grado
di costruire teorie consistenti che ci permettono di fare delle previsioni verificabili e di
tirar fuori delle applicazioni tecnologiche funzionanti. Per tornare al classico esempio
della gravit: sar forse vero che la fisica newtoniana mediata dal nostro essere umani,
che frutto di quello che il nostro cervello capisce, che scritta in un linguaggio che
abbiamo sviluppato apposta, ma sta di fatto che quando costruiamo un aereo, sfruttando
le nostre conoscenze di fisica classica, dalla gravit alla fluidodinamica, laereo vola.
Il metodo non richiede altre assunzioni ad hoc, ed per questo che , ad oggi, lo
strumento di gran lunga migliore per affrontare la conoscenza empirica.
A questo proposito, il metodo scientifico in grado di affrontare il problema della
gestione dellinformazione contenuta nei messaggi: la branca che stata sviluppata si
chiama teoria dellinformazione ed nata a partire dai lavori di un matematico e
ingegnere che lavorava nei laboratori della Bell e si chiamava Claude Shannon
91
.
Il concetto base del lavoro di Shannon capire come si fa a riprodurre esattamente, o
con una adeguata approssimazione, un messaggio da un punto ad un altro dello spazio.
Lo schema di funzionamento : il messaggio parte da una fonte, viene codificato (per
esempio, dalla lingua in cui scegliamo di parlare), passa attraverso un canale di
comunicazione, viene decodificato e arriva al ricevente. Quando il segnale - cio, il
messaggio che viene comunicato - passa attraverso il canale della comunicazione pu
capitare che venga distorto. Quello della trasmissione corretta del messaggio il
problema cruciale della comunicazione, sia che riguardi un dialogo diretto tra due
91
C. Shannon, A Mathematical Theory of Communication, The Bell System Technical Journal, vol.27,
pp- 379-432, 623-656, July, October, 1948
persone, faccia a faccia, sia che preveda lutilizzo di qualche meccanismo di
trasmissione: il telefono, una chiamata via Skype, eccetera. Il problema in
questultimo caso sia semantico - come trasmettere correttamente il significato del
messaggio - sia ingegneristico - e di questo aspetto non ci occuperemo in questa sede.
comunque importante che vi sia un feedback, cio un segnale di ritorno e di conferma:
quando il destinatario riceve il messaggio, necessario che si possa in qualche modo
verificare se il messaggio stato recepito a dovere.
La modellizzazione della comunicazione importante ma, come abbiamo illustrato e
ripetuto pi volte, ogni modello ha dei limiti di applicazione. Per esempio, il modello
fin qui esposto non tiene conto del contesto in cui il messaggio viene comunicato; la
trasmissione di informazioni, quantunque corretta, pu non essere equivalente a una
comunicazione efficace. Il processo interpretativo sempre aperto, siamo sempre intenti
a decodificare e codificare simboli, a collocare correttamente gli elementi del
linguaggio, a cercare di comprendere i vari piani di significato - letterale, metaforico e
quantaltro - che ci sono in un discorso, a vagliare le espressioni, a fraintenderci e a dire
no, io avevo detto cos e tu hai capito col, ma intendevo tuttaltro
92
. Il che pu avere
anche delle conseguenze gradevoli, se ci piacciono le commedie degli equivoci o i
giochi linguistici: chi non lavesse fatto, legga La lettera di Ramesse di Achille
Campanile
93
, splendido e spassosissimo esempio in cui un giovane innamorato e la
fanciulla dei suoi desideri fraintendono in modo disastroso i rispettivi geroglifici, che a
distanza di quattromila anni verranno poi reinterpretati con ulteriori fraintendimenti da
un grande egittologo. Talvolta lerrore nella comunicazione invece ha risvolti tragici: se
frate Giovanni
94
non fosse rimasto bloccato a Mantova dalla quarantena per la peste e
avesse potuto avvertire Romeo che Giulietta non era morta davvero, con ogni
probabilit i due innamorati non si sarebbero uccisi. Certo, c anche da dire che in
questo caso avremmo un capolavoro in meno, e molte meno frasi da leggere nei biglietti
dei cioccolatini.
Il che ci porta a domandarci: quando comunichiamo con qualcuno, c differenza tra
capire male e non capire affatto? E se s, che cosa peggio?
Lasciamo per ora in sospeso questa domanda - risponderemo tra poco - e andiamo a
parlare di uno dei problemi che possono inficiare la trasmissione corretta di un
messaggio: latteggiamento anti intellettuale, nelle sue varie sfaccettature.
b. Lanti intellettualismo.
Esiste in alcune persone una sorta di classismo alla rovescia che vede nel lavoro
intellettuale una sorta di sottile abiezione morale, un compromesso al ribasso con un
92
La bibliografia sulla filosofia del linguaggio sterminata e qui non ci occupiamo di questa materia. Si
veda per J. Searle, Atti linguistici. Saggio di filosofia del linguaggio, Borighieri 1976
93
A. Campanile, In campagna unaltra cosa, BUR
94
W. Shakespeare, Romeo e Giulietta. Sulla difficolt di interpretare i messaggi Shakespeare ci torner
utile anche in seguito: vd. infra, Parte terza, B.3
non meglio definito potere, o comunque qualcosa di meno dignitoso del lavoro
cosiddetto manuale. Si tratta di una palese mistificazione, talvolta incoraggiata da un
atteggiamento non privo di un certo snobismo
95
esercitato da parte di chi si occupa, in
senso lato, di cultura, ma che non ha - a nostro avviso - elementi fondati su cui reggersi
in piedi. La possibilit che internet e una minima alfabetizzazione di massa (peraltro
sacrosanta) a chiunque di andare alla ricerca di informazioni e di nozioni talvolta ci
inducono a svilire il percorso fatto da chi ha dedicato a un dato argomento di studio anni
interi della sua vita, o addirittura lintera sua esistenza.
Il diritto di critica non sar mai valorizzato a sufficienza, ma la libert di parola non si
esplica in uno sparare a zero indistinto contro qualsiasi argomento che non incontri il
favore del nostro pregiudizio: eppure tendiamo ad essere tutti scienziati, tutti letterati,
tutti politologi, con la stessa sicumera apodittica con cui siamo tutti commissari tecnici
della nazionale di calcio, o esperti di sesso, o - con acribia speculare - feroci denigratori
a priori di chiunque provi entusiasmo per dei passatempi apprezzati dalle masse.
Parimenti non ci dovremmo mai stancare di dare importanza al diritto-dovere di
informarci, di continuare a farlo, di aggiornare periodicamente le nostre conoscenze e di
non fossilizzarci su quel che gi sappiamo o crediamo di sapere. Ma a questo proposito
sinsinua la minaccia dellirrazionalismo. C infatti una abitudine culturale che
serpeggia sottotraccia ed emerge talvolta in tempi di crisi, e che prevede da un lato il
sospetto nei confronti della cultura e degli intellettuali che hanno costruito il loro sapere
in anni di pratica e fatica, e dallaltro lato il culto della tradizione, il rifiuto della
modernit: pur appoggiandosi alla tecnologia, questo rifiuto ha a che fare con
unidiosincrasia per lIlluminismo e per la sua fiducia nelluso della ragione. Se questa
fiducia stata spesso ingenua e ottimista fino al fideismo, non c per motivo di
rinunciare ai potenti mezzi conoscitivi che la ragione ci offre, e soprattutto non c
motivo per vedere complotti o disegni occulti dappertutto. Abbiamo visto che ci viene
naturale, istintivo, che riconoscere pattern regolari anche dove non ci sono ha
rappresentato un vantaggio evolutivo, ma nulla ci costringe ad abbandonare il raziocinio
e il vaglio ponderato delle situazioni.
Dove ci porta questo atteggiamento
96
? Cerchiamo di capirlo analizzando in breve gli
esiti in ambito filosofico e politico.
2. Piccoli disastri annunciati
95
Ci venga perdonato luso spudorato della litote.
96
Il sospetto contro la cultura e il culto della tradizione sono tra i sintomi che Umberto Eco attribuisce a
quello che chiama Ur-fascismo, o fascismo eterno. Si veda U. Eco, Il fascismo eterno, Bompiani 1997
a. Filosoa pi o meno naturale
Le nostre concezioni su che cos lo spazio, che cosa il tempo, che cos la materia,
che cosa sono le cose e chi siamo noi sono profondamente cambiate nel corso degli
anni, conosciamo molto di pi: grandi impulsi filosofici sono venuti dallapprendere che
lo spazio e il tempo non sono assoluti ma fanno parte di ununica struttura matematica,
un mondo in cui le distanze tra gli eventi si calcolano con un certo formalismo e con
una certa metrica; grandi impulsi filosofici sono arrivati dallapprendere che a livello
microscopico esistono particelle identiche; grandi impulsi filosofici sono arrivati
dallavere imparato cose nuove su ci che significa fare una osservazione; ancora,
grandi impulsi filosofici sono arrivati dal sapere che la nostra specie il risultato di un
processo di evoluzione per selezione naturale, che vi sono connessioni tra lontogenesi e
la filogenesi, che siamo frutto combinato di caos e necessit, che le informazioni
genetiche per il funzionamento del nostro e degli altri organismi viventi sono contenute
in una macromolecola (il DNA) che fatta in un certo modo, assemblata in un certo
modo, con determinati costituenti e non con altri; nuove cose abbiamo imparato sui
concetti filosofici di causa, di finalit, di casualit; sui concetti di infinito e di
potenzialit; sulle categorie, dopo Aristotele e Kant, con la teoria matematica delle
categorie, dei gruppi e degli insiemi; sui fondamenti delle teorie scientifiche, dai lavori
di Riemann sulle geometrie non euclidee e dalle speculazioni di Hilbert, Poincar,
Einstein e dei padri della meccanica quantistica; sulla responsabilit morale, dove il
pensiero umano progredito dal mito di Er narrato da Platone
97
ai pi recenti studi sul
funzionamento del cervello; sul concetto di computabilit; sulla formazione dei
linguaggi, sul loro ruolo, sui loro limiti e sulle loro risorse; nuove forme di pensiero ci
insegnano a guardare il mondo.
Problematiche filosofiche che si possono ingenerare dalle applicazioni tecnologiche, e
di fatto si sono gi ingenerate, sono la reazione a un possibile Panopticon digitale, il
ruolo dellinformazione e la sua rimodulazione nel passaggio al digitale, il dibattito sul
fatto che la rete sia o meno in grado di produrre delle verit come epifenomeno, il
dibattito sui modelli di sviluppo.
Alla fine, siamo ancora estremamente ignoranti. Siamo pieni di pregiudizi. Lo
sappiamo, e abbiamo un mezzo per cercare di sbrogliare la matassa; un mezzo non
definitivo ma sempre pronto a rimodellare le nostre idee quando si manifestano come
inadeguate. La nostra concettualizzazione progredisce senza posa. Ci sono due
svantaggi: il primo che per acquisire tecniche, metodiche e conoscenze ci vogliono
tempo e fatica; e se vero che a non tutti richiesto di impiegare in questo campo il
proprio tempo e la propria fatica (anzi, c bisogno che vi sia chi impiega il proprio
tempo e la propria fatica altrove: per scrivere bei romanzi, diventare musicisti, fare il
97
Platone, Repubblica, Libro X.
bravo cuoco, il buon sarto o il sapiente politologo, comunque necessario
98
impiegare
tempo e fatica), per necessario essere consapevoli della quantit di tempo e fatica che
vengono impiegati da altri. E non cercare di svilirli, di sminuirli, di pensare che tempo e
fatica possano essere scansati con qualche scorciatoia, un po come fanno certi furbi che
non vogliono fare la fila alla posta e dicono di voler passare avanti perch hanno fretta,
o hanno un parente che lavora nella direzione. Meschinit sociali queste, meschinit
intellettuali quelle. Il secondo svantaggio che man mano che le conoscenze si
ampliano si assiste anche a una loro parcellizzazione: i grandi generalisti non esistono
pi, non umanamente pensabile che una singola persona possa avere delle competenze
profonde in tanti campi diversi. La settorializzazione proficua fintantoch le
conoscenze possono essere comunicate efficacemente da un settore allaltro, ma diventa
una mera disgregazione del sapere quando manca una base comune di interazione e
condivisione, e a maggior ragione quando assente una visione quanto pi possibile
dinsieme, e a ragione ancor maggiore quando gli specialisti di un settore ritengono che
il proprio settore sia paradigmatico del sapere nel suo complesso, e comunque pi
meritevole di attenzione (e di risorse) degli altri.
I successi epistemologici della scienza hanno avuto influenza sulla cultura in senso
generale gi da molto tempo. Con lilluminismo nel Diciottesimo secolo si
cominciato, nel concepire la ragione come fondamento della conoscenza, a cercare per
la ragione un metodo che fosse agganciato alla disciplina razionale per eccellenza, cio
laritmetica, e si avuto un rigetto per la metafisica
99
. Con il positivismo, un secolo e
mezzo dopo, c stato un altro rigetto della metafisica (nel frattempo, come noto, c
stato Hegel e la metafisica ha vissuto nuovi e inquietanti splendori): c fiducia nella
scienza e nellaffermazione della ragione, la descrizione del mondo va basata sui fatti
reali, oggettivi, concreti, utili, anche fino ad arrivare a cercare di dimostrare la
scientificit del socialismo.
Un importante contributo arriva negli anni Trenta del secolo scorso ad opera del Circolo
di Vienna
100
. Gli elementi su cui si impernia il discorso il progetto di unificazione della
scienza e il dominio della logica: le uniche proposizioni che hanno senso sono quelle
suscettibili di verifica empirica. Ridurre la matematica e laritmetica alla logica era stato
98
E non necessariamente sufficiente.
99
Facendo un discorso molto rozzo e succinto, per metafisica si intende la disciplina che si occupa della
Causa e del senso dellIntero, cio della totalit, e delle relazioni tra il soggetto e loggetto (le aporie di
questa relazione sono state affrontate da Hegel). Il suo tratto unificatore e distintivo rispetto alle altre
discipline del pensiero cercare la spiegazione ultima della totalit del reale. Per antimetafisica, qui,
intendiamo la concezione di trattare il mondo dellesperienza come non oltrepassabile. In questo senso
lantimetafisico per eccellenza David Hume, che conclude la sua Ricerca sullintelletto umano
definendo sofisticherie e inganni (sophistry and illusion) ci che pertiene alla metafisica, poich non si
occupa n di ragionamenti astratti sulla quantit o sui numeri, n di ragionamenti sperimentali su
questioni di fatto e di esistenza.
100
O. Neurath, H. Hahn, R. Carnap, La concezione scientifica del mondo, 1929
un progetto prima di Leibniz e poi, alla fine dellOttocento, di Frege
101
, il quale partiva
dalla distinzione tra pensiero e atto del pensare e cercava un linguaggio formale in grado
di liberare la matematica dallintuizione. La verit, per Frege, era una propriet degli
asserti; cera bisogno di una teoria del significato che spiegasse la differenza tra
denotazione di unespressione e senso di unespressione. Il lavoro di Frege fu sviluppato
e modificato da Russell
102
che port alla formulazione della teoria dellatomismo logico,
che consiste nel portare avanti lanalisi logica fino alle nozioni basilari, elementari, per
lappunto gli atomi della logica. In Wittgenstein il significato degli enunciati va
cercato in quelli che chiama stati di cose; la propriet di un enunciato dessere vero o
falso pertiene invece ai fatti. Pertanto il suo modello si riconduce ad una tesi
raffigurativa del linguaggio e alla tesi dellineffabilit
103
: le proposizioni delle scienze
empiriche sono tutte e sole quelle che riempiono lambito del linguaggio significativo
perch sono le uniche di cui si possa dire se sono vere o false. Il progetto di ridurre la
matematica e laritmetica alla logica fu poi dimostrato non realizzabile dai famosi
teoremi di incompletezza di Gdel.
Dal Circolo di Vienna abbiamo il fisicalismo di Neurath, secondo il quale gli asserti
devono essere determinati in maniera spazio-temporale; abbiamo lambizione alla totale
intersoggettivit del linguaggio scientifico da parte di Carnap e del suo albero
genealogico dei concetti; abbiamo il verificazionismo di Schlick, secondo cui una
verifica sperimentale condizione necessaria e sufficiente per validare una teoria, e che
oggi noto soprattutto perch stato abolito da Popper e sostituito dal principio di
falsificabilit, secondo il quale la verifica sperimentale solamente necessaria, ma non
sufficiente.
E soprattutto abbiamo un sacco di critiche: la fiducia nelle magnifiche sorti e
progressive della scienza, che ha avuto il suo exploit ai tempi della rivoluzione
industriale, si un po alla volta incrinata. Dal lato filosofico c stato lattacco al
metodo induttivo; dal lato sociale c stata la presa datto che cerano parti della cultura
a cui il metodo scientifico non poteva dare risposte dirimenti (il diritto, larte nelle sue
varie ramificazioni, anche se le neuroscienze negli ultimi anni stanno cominciando a
dare informazioni interessanti sullestetica
104
) e che non tutte le applicazioni
tecnologiche avevano lesito di rendere il mondo migliore per chi lo abita - anche se
molte senza dubbio lo fanno, dalla penicillina di Fleming allinnovazione delle tecniche
agrarie di Borlaug, passando per lantipolio di Salk e Sabin, la lavatrice, la pillola
anticoncezionale, eccetera. E quantomeno si pu sperare che quando gli esiti sono
101
G. Frege, Senso e denotazione (1892)
102
B. Russell, Whitehead, Principia Mathematica
103
nota lultima proposizione del Tractatus, unaltra di quelle massime che vengono citate fuori
contesto per fare colpo in societ, che recita Di ci di cui non si pu parlare, si deve tacere.
104
Si vedano a questo proposito i lavori del neurologo V. Ramachandran; per esempio V. Ramachandran,
Che cosa sappiamo della mente, Mondadori 2004
nefasti, ci sia almeno qualcuno di ricavarci delle grandi narrazioni: le precarie
condizioni dei minatori francesi finiscono in Germinale di Zola, degli operai di Dickens
abbiamo tutti memoria, nessuno pu sollevare obiezioni sulla plausibilit scientifica dei
romanzi di Asimov, e perfino da una crisi economica devastante come quella del 1929
spuntata fuori unopera capitale come Furore di Steinbeck
105
.
A volte si ha per limpressione che chi si contrappone alla metodologia uscita dal
circolo di Vienna, che pure ha tutti i suoi limiti, pi che avversarla semplicemente la
ignori. Non vale per tutti: fuor di dubbio che un Quine sapesse perfettamente ci di cui
parlava, per esempio. Ma non poi in cos buona compagnia. E bisogna anche ricordare
che gli aspetti della teoria del linguaggio e linteresse per la scienza alla base del
neopositivismo sono ora sono appannaggio della filosofia analitica (Grice, Davidson,
Searle, Dennet, Fodor...).
Al di fuori di questo ambito di ricerca c limpressione sgradevole che un buon numero
di fustigatori dellempirismo logico in realt non aspettasse che un pretesto per fuggire
dal rigore metodologico della matematica. Eppure, parlare di filosofia della scienza e
addirittura di scienza senza conoscerne (in senso operativo, effettivo) il metodo una
operazione culturale intellettualmente imbarazzante ancor prima che disonesta, per
quanto diffusa negli ultimi decenni. Non lungimirante ritenere che questa conoscenza
debba essere un tecnicismo riservato a chi si occupa del mestiere; anzi, sarebbe
consigliabile che, al pari del corretto uso della sintassi e di un minimo senso
dellorientamento nella storia e nella geografia, facesse parte di un principio di
competenza comune a tutti, la famosa cultura generale: nel metodo, pi che nei
contenuti, perch la conoscenza del metodo quella di cui si sente maggiormente la
mancanza
106
.
b. Attivismo
Viviamo infatti in una situazione che, dal punto di vista della comunicazione,
schizofrenica. Da un lato il metodo scientifico riconosciuto come valido a tal punto da
essere utilizzato spesso come un ipse dixit: nella pubblicit, dove frequente sentire che
studi clinici / studi scientifici supportano lutilizzo del prodotto X, e nei contenitori di
informazione, dalla tv ai giornali ai siti web, dove tutto un florilegio di la scienza
dimostra che.... In questultimo caso, si tende ad appiattire i vari stadi di una ricerca
scientifica al risultato che la ricerca stessa si prefigge: per cui la pubblicazione di un
105
Dalla crisi economica cominciata nel 2008 sono usciti perlopi manuali sul precariato e saggi a
posteriori su cosa si sarebbe dovuto fare e perch, il che pu essere indicativo dello stato del
depotenziamento della narrativa e della letteratura in generale. Ma non questa la sede per lamentarsene.
106
Nellantichit classica era prassi comune di chi si occupava di filosofia avere buone conoscenze
naturalistiche e matematiche, e anche nel Medioevo ai chierici era richiesto un corso di studi che
spaziasse dalle arti del Trivio (grammatica, retorica, dialettica) a quelle del Quadrivio (aritmetica,
geometria, astronomia e musica).
risultato preliminare di uno studio in vitro o i primi dati raccolti su un campione di
tessuti o di cavie vengono trattati come se fossero esiti definitivi, con relativa
confusione ingenerata nel lettore o nello spettatore.
Parimenti non raro che, per avvalorare la consistenza metodologica o di contenuti di
una disciplina, la si proponga come scienza di qualcosa: dalle usuali scienze naturali
si passati alla scienza di qualsiasi cosa, ivi incluse le scienze teologiche, che possono
venire accomunare alle scienze solo con un uso molto generoso della parola scienza; per
fare ci di fatto si utilizza il termine come sinonimo di conoscenza rigorosa o
approfondita, e quindi si tralascia il suo impianto peculiare fatto di consistenza teorica
e anche verifica sperimentale. Come per la parola teoria, anche qui bene intendersi
sul significato, che a seconda del contesto pu variare.
Se da questo lato si sconfina cio in una fiducia acritica e nel fideismo nei confronti del
metodo scientifico, dallaltro lato c un montante scetticismo nei confronti di metodi e
risultati che la scienza effettivamente possiede e ottiene: cos proliferano teorie
alternative che si contrappongono alla cosiddetta scienza ufficiale, vista come
braccio armato del potere politico ed economico. E, siccome siamo animali sociali,
questo clima di sospetto si traduce nellattivismo. Non parliamo soltanto delle pretese
degli antivaccinisti, il cui unico risultato stato quello di favorire epidemie di malattie
altrimenti evitabili, o dei creazionisti statunitensi che pretendono di insegnare la
controversia
107
, cio di porre sullo stesso piano epistemologico la teoria darwiniana e il
mito biblico sulla creazione del mondo: la questione pi sottile e pi ramificata.
Abbiamo ci che abbiamo sviluppato dai semi piantati in epoca moderna da Cartesio,
Bacon e Galileo: ma siccome non siamo animali completamente razionali (ed un bene
che sia cos), dobbiamo fare fronte ai richiami di sentimenti e tradizioni. Se parliamo di
tradizione quasi immediato pensare a Gadamer: dialogando con la tradizione,
cercando di comprendere i grandi pensatori del passato e rifuggendo lidea di coltivare
un proprio pensiero svincolato dal patrimonio storico del pensiero umano, sosteneva il
filosofo, che possiamo accedere alle verit cui il metodo scientifico non pu attingere.
C chi si ricorder dello slogan pubblicitario che proponeva un noto aperitivo a base di
carciofo contro il logorio della vita moderna
108
. Anche a chi non ama i carciofi dato
un rifugio ideologico contro questo logorio: la Dea Natura che tutto risolve. Non pi la
Natura matrigna di leopardiana memoria, ma unentit benigna, materna, che avremmo
tradito e che pure ci accoglierebbe nuovamente in seno se solo rinunciassimo ai nostri
107
Anche della versione politicamente corretta del creazionismo, che la teoria del disegno intelligente,
stata fatta una parodia con squisito senso dellumorismo: si chiama la caduta intelligente (intelligent
falling in inglese). Prendendo in giro le argomentazioni dei fautori del disegno intelligente, essa sostiene
che le leggi fisiche non siano sufficienti a spiegare la gravit, e che debba esserci quindi una intelligenza
superiore che causa la caduta degli oggetti a terra.
108
La pubblicit originale era degli anni Sessanta e la voce era quella di Ernesto Calindri.
peccati, alla nostra hybris e al nostro amore per la comodit. In particolare, assistiamo
sempre pi di recente a delle reinterpretazioni del tema classico dellet delloro.
Let delloro unepoca mitica collocata allinizio dei tempi, nella quale gli uomini
prosperavano senza fatica. Nella cultura greca ne parla Esiodo
109
, ne parla Ovidio nelle
Metamorfosi
110
; possiamo apprezzarne il potere poetico ascoltando Dante che ne parla
quando richiama gli antichi poeti e le loro teorie: Qui fu innocente l'umana radice; / qui
primavera sempre e ogne frutto; / nettare questo di che ciascun dice
111

Ogni Paradiso ha in s qualcosa dellet delloro. Non dobbiamo pensare solo ai


paradisi delle religioni: anche le ideologie ce ne hanno dati in gran numero, e tutti
spacciati per soluzioni definitive contro il logorio della vita moderna e relativi
problemi, frustrazioni, affanni. Abbiamo avuto il prospetto della societ senza classi, la
decrescita pi o meno felice, lidea che basti mangiare mele per salvare il pianeta. Molte
di queste soluzioni si rifanno a una et delloro o a una tradizione locale, spesso
altrettanto mitizzata. Non c niente di male, naturalmente, a coltivare una tradizione:
almeno fino a quando non la si usa come un manganello, come elemento di conflitto e
divisione nei confronti di chi ha tradizioni diverse, cosa che accade spesso quando si
inferisce che rispondere alla domanda da dove veniamo? sia condizione sufficiente
per rispondere anche alla domanda dove stiamo andando?
Possono arrivare allora delle nuove forme di millenarismo e di luddismo tecnologico, un
revanscismo del mito del buon selvaggio la Rousseau, nonch un profondo
risentimento nei confronti dellessere umano, o di alcuni gruppi di esseri umani, assurti
a simbolo e identificati come nemico. Si ha una sorta di schizofrenia per cui da un lato
ci si sente schiavi della modernit, e dallaltro lato si usano gli strumenti della
modernit per vivere e per lamentarsi dellesserne schiavi. Forse ci scegliamo a bella
posta degli avversari-monstre troppo grandi da abbattere, in modo da avere una buona
scusa se non ce la facciamo, e soprattutto in modo da non dover pagare lo scotto di una
nostra sconfitta: per quanto si possano biasimare la societ contemporanea e la sua
alienazione, non sono molti quelli che rinuncerebbero di buon grado allacqua corrente,
al sistema fognario, alla corrente elettrica, ai mezzi di trasporto e ad un sistema sanitario
decoroso.
Torna ancora utile leggere Amos Oz sul fanatismo
112
: Penso che il seme del fanatismo
si annidi immancabilmente nella rettitudine inflessibile, piaga di molti secoli. [...]
Conformismo e uniformit, il bisogno di appartenere e il desiderio che tutti gli altri
appartengano sono tra le forme pi diffuse, bench non pericolose, di fanatismo.
109
Esiodo, Le opere e i giorni, vv. 109 e segg.
110
Ovidio, Metamorfosi, I 89 segg.
111
Dante, Commedia, Pg XXVIII 132-144
112
Amos Oz, cit., pp. 41 e 43
paradossale che chi critica il riduzionismo epistemologico ne adotti poi uno etico: ma,
una volta diviso il mondo in Buoni e Cattivi, che cosa c di meglio che conformarsi ed
appartenere a quelli che riteniamo essere i Buoni?
Facciamo subito un esempio di come la comunicazione possa essere efficace in questo
ambito, e utilizzeremo un articolo di uneccellente comunicatrice qual lattivista
indiana Vandana Shiva
113
. un articolo illuminante per il suo uso sapiente di molti degli
espedienti retorici e psicologici che abbiamo visto fin qui: usa esperienze personali
narrate in prima persona per accattivarsi la simpatia del lettore; usa le persone come
veicolo dei concetti, per stabilire un contatto diretto con i suoi sentimenti, e le alterna a
sentenze di carattere generale, indimostrate ma pervase di un alone mistico e definitivo;
tocca le corde alimentate dalle paure per la situazione economica, si immedesima nella
lotta dei piccoli contro i potenti, alterna fatti veri a fatti falsi, fatti verosimili e distorti,
in modo da amalgamarli in un unicum coerente col proprio messaggio.
Nonostante limpiego massiccio di false dicotomie e uomini di paglia, non ne faremo il
debunking capillare: smontare le argomentazioni scientificamente labili non compito
di questopera, che si occupa di metodi pi che di contenuti. Quello che ci interessa
vedere in che modo impostata la comunicazione, e per farlo analizzeremo ruolo e
funzione di quattro brevi paragrafi.
Il primo paragrafo che analizziamo recita:
Le donne di Chipko hanno insegnato a me e al mondo che il reddito e i profitti legati al
legname non erano i veri prodotti della foresta. I suoi veri prodotti erano il suolo,
lacqua e laria pura.
Oggi, la scienza si riferisce a questi ultimi come funzioni ecologiche degli ecosistemi.
Le donne analfabete del Garhwal in Himalaya, quindi, erano quattro decenni pi avanti
rispetto agli scienziati di tutto il mondo.
Vediamo innanzitutto luso della prima persona. Shiva si mette a disposizione del suo
lettore/ascoltatore, si mette sul suo stesso piano, gli racconta una storia, unesperienza
personale, usa parole semplici, toccanti, chiare. Viene introdotta la prima dicotomia: il
profitto contro la natura. Il profitto, va da s, malvagio e corruttore; la natura sacra e
benevola. Il profitto malvagio , beninteso, sempre quello degli altri. A nessuno piace
lavorare gratis: o, come si dice adesso, per la visibilit. Se noi siamo meritevoli di
giusto compenso, quando lavoriamo o ci impegniamo in qualche settore, a meno che
non scegliamo scientemente di fare del volontariato, il lavoro altrui non mai cos
meritevole: se lAltro, il Diverso, ci rimette economicamente, pazienza. Avrebbe potuto
essere come noi, e allora sarebbe stato degno e meritevole! Questo discorso prescinde
ovviamente da tutte le distorsioni speculative e finanziarie, sul limite che esiste tra
113
Loriginale stato pubblicato sul blog Madre Terra di Vandana Shiva su La Stampa: http://
www.lastampa.it/2014/04/07/blogs/madre-terra/ecofemminismo-da-anni-in-difesa-della-terra-e-delle-
donne-ZTko59FW333Q0odC8GeVkI/pagina.html
compenso e avidit, tra accumulo e sopraffazione, sullaffinit tra ostentazione dello
sperpero e gestione del potere, sulla prospettiva univoca dellincremento della
produzione, che sono temi (e miti, e simboli) che andrebbero trattati quando si tratta di
giustizia sociale e ridistribuzione delle risorse, ma non si vede come possano essere
affrontati in maniera efficace se si limita a negare a priori allAltro la liceit del proprio
interesse. Contestualmente c la prima introduzione di simboli: il suolo, lacqua e laria
pura. La Natura, prima che un ambiente reale, diventa un raccoglitore di simboli, un
simbolo essa stessa. Vengono in mente a tale proposito le parole di Lippmann sulla
mappa del mondo che ciascuno si fa e sugli stereotipi che adottiamo per disegnare
questa mappa.
Infine, il primo attacco contro gli intellettuali: lultima frase ci dice che le donne
analfabete erano quattro decenni pi avanti agli scienziati di tutto il mondo e ci
suggerisce che studiare con metodo non serve, basta un po di buon senso popolare.
Nel secondo paragrafo che analizziamo il concetto espresso con forza:
Le donne non sono esperte solo nelleconomia di sussistenza, lo sono anche nella
scienza ecologica.
Lascesa della scienza maschilista con Cartesio, Newton, Bacon, ha portato al dominio
della scienza meccanicistica e riduzionista e al soggiogamento dei sistemi di
conoscenza basati sulle interconnessioni e le relazioni. Questi includono tutti quelli
degli indigeni, e il sapere delle donne.
La contrapposizione con il sapere intellettuale, spiccatamente con quello occidentale
che poggia sul metodo analitico (gi greco) e sulla verifica sperimentale, continua. Vi si
aggiunge la critica radicale allimpostazione scientifica moderna e contemporanea,
definita maschilista perch il suo riduzionismo e il suo meccanicismo sarebbero
contrapposti a una visione femminile pi fluida e olistica. Questa dicotomia non tiene
minimamente conto di una caratteristica studiata dalla scienza (maschilista, sic) che
il comportamento emergente, ossia il fenomeno che si verifica in un sistema fisico
quando si presentano propriet che non sono scritte nelle leggi che regolano le singole
componenti pi piccole: cos come la temperatura una propriet emergente
macroscopica, che appare in grandi numeri di molecole, ma non caratteristica
intrinseca di nessuna di esse (pi nello specifico, la temperatura di proporzionale
allenergia cinetica media delle particelle). Lemergentismo
114
, in poche parole, consiste
nel considerare linterpretazione della natura come una sovrapposizione di livelli, in
ordine crescente di complessit: dalle leggi fondamentali della fisica per esempio si sale
alle leggi della chimica, e di qui alla biologia e allantropologia. Sono emergenti gli
uragani, la coscienza, il comportamento degli stormi di uccelli o delle colonie di
114
Per una antologia dei vari punti di vista filosofici sullemergentismo si veda per esempio: M. Bedau, P.
Humphreys, Emergence: Contemporary Readings in Philosophy and Science, Cambridge, MIT Press,
2008
formiche e di altri insetti sociali, il comportamento del web, come abbiamo accennato
pi sopra parlando degli studi di Albert e Barabsi o del mondo piccolo. La vita stessa
un fenomeno che emerge dalle propriet chimiche della materia. Non c dunque alcuna
necessit di inferire lesistenza di un pensiero tipicamente femminile, il che anzi
ricorda certi stereotipi sessisti che nel corso del XX secolo avevamo sperato di esserci
lasciati alle spalle. Non c nemmeno alcun bisogno di inferire una maggiore saggezza
nellanalfabetismo e nella povert, secondo uno schema di classismo alla rovescia, per
cui tutto ci che povero, derelitto ed emarginato intrinsecamente migliore: se non
v motivo di ritenere che chi nasce in condizioni di disagio materiale abbia una tara
morale che ne frena le capacit e ne inibisce le sorti, in che modo - se non per una sorta
di compensazione colpevole - riteniamo che al contrario questa persona abbia maggiori
risorse etiche o migliori virt? Una persona non va giudicata per quello che fa, invece
che per il suo conto in banca o per il colore della sua pelle o per il suo sesso?
Ma la costruzione della scienza maschilista come nemico non si pu fermare qui: c
bisogno di fare degli esempi e di creare nuovi simboli.
Leggiamo ancora cosa ci dice Vandana Shiva:
Lespressione pi violenta della scienza meccanicistica nella promozione
dellagricoltura industriale, inclusi gli organismi geneticamente modificati (OGM)
come soluzione alla fame e alla malnutrizione. Lagricoltura industriale utilizza
prodotti chimici sviluppati in origine per le guerre.
In queste righe c una demonizzazione della chimica che fa parte della
contrapposizione binaria tra ci che naturale (e quindi buono
115
) e ci che
artificiale (e quindi cattivo). Innanzitutto bisogna fare presente che il discrimine tra
naturale e artificiale tuttaltro che netto. Gli idrocarburi sono naturali o artificiali? Un
termitaio naturale o artificiale? La presenza di una struttura ordinata condizione
necessaria o sufficiente per inferire una progettualit?
In secondo luogo, tutto ci che ci circonda, tutta la materia, dalla pianta di Ficus
Benjamina che abbiamo in salotto al tablet che teniamo sulle ginocchia, fatto di
elementi chimici, che interagiscono tra loro tramite legami chimici
116
.
Ma larticolo non si limita a utilizzare la chimica come simbolo negativo: utilizza un
altro elemento sicuramente inviso ai pi, come la guerra, per suggerire che ci che
deriva dalle guerre sia necessariamente un male. Ora, a quasi nessuno (per fortuna)
piace la guerra; ed indubbio che essa si trascini dietro uninfinit di conseguenze
115
Che lassociazione naturale = buono sia falsa banalmente dimostrato dallesistenza di veleni
naturali potentissimi e mortali, come le amanitine e le falloidine, tossine presenti nellAmanita phalloides,
o come la tossina botulinica.
116
Per contro, a ci che biologico vengono associati inconsciamente significati positivi. Fanno
eccezione le biotecnologie, perch sono tecnologie e quindi non naturali, e le armi biologiche, perch
sono armi. Sulle fosse biologiche sattende un dibattito.
tragiche e dolorose. Tuttavia, dalla guerra sono arrivate perfino ricadute positive o utili
(il che non vuol dire, naturalmente, che la guerra fosse necessaria per ottenerle):
lacciaio inox, gli assorbenti intimi, internet, la chirurgia plastica ricostruttiva, per
esempio, provengono dai campi di battaglia o da ricerche militari. Questo un
ragionamento delicato e che si pu fare, con calma, dopo aver letto larticolo: intanto
quello che passato il messaggio immediato dellaccostamento emotivo tra loggetto
che si vuole biasimare (lagricoltura industriale) e un concetto per cui si nutre gi una
repulsione (la guerra). Non ci abbiamo dovuto nemmeno pensare, la sensazione di
disgusto ci arrivata subito: questa unabile tecnica comunicativa. stato introdotto
anche un altro mito, o meglio, una variante del mito di Frankenstein: seppure la
manipolazione umana delle specie edibili, lungi dall'essere una deriva recente, esista da
quando esiste l'agricoltura, ossia diecimila anni o gi di l, in questo caso essa va
ricondotta a un atto di hybris delluomo contro la divinit: Prometeo contro Zeus, i
biotecnologi contro la Natura. Ci stiamo riconducendo a miti e narrazioni. La potenza
delle narrazioni ci viene in soccorso
117
: ci vengono in soccorso gli archetipi, la capacit
di adattare il mondo in racconti e fiabe, che fanno parte dellimmaginario collettivo e
popolare e del vissuto prima ancora di essere codificate in narrazioni strutturate e in cui
icastica la figura del narratore, o novellatore, che una figura che funge da tramite tra
il mondo atemporale della fiaba stessa e la Storia in cui siamo immersi noi, gli
ascoltatori; altrettanto fondamentali diventano il linguaggio e la parola, la voce e la
mimica, lintrusione del teatro nella narrazione, la sua relazione con letnografia di ci
che viene narrato e del pubblico a cui viene narrato
118
. Ne abbiamo accennato parlando
della Retorica di Aristotele e della politica in Lasswell; adesso possiamo vedere il modo
in cui gli archetipi narrativi, i simboli, i codici, la semiotica, leconomia narrativa e i
miti si adattano efficacemente al pubblico a cui la narrazione si rivolge.
Da ultimo, nellarticolo, si ribadisce limpostazione teorica fin qui sostenuta e si lancia
una prospettiva futura.
Quando si tratta di soluzioni reali a problemi reali affrontati dal pianeta e dalle
persone, sono il soggiogato sapere e il lavoro delle donne che mostra la via per il
futuro.
A questo proposito viene in mente unanalisi che Elias Canetti fa in Massa e potere. La
muta, dice Canetti, un abbozzo di quel che diventer la massa: una forma di
eccitazione collettiva, un gruppo di persone che si conoscono tra di loro e il cui
117
Secondo il neuroscienziato e psicologo M. Gazzaniga lemisfero sinistro del cervello ha, tra le sue
funzioni, quella di raccontare, di tenere unito il nostro senso del s, di mettere insieme emozioni,
pensieri e azioni in una narrazione coerente. Viceversa, la narrazione fa parte della nostra formazione, e il
fatto di avere ascoltato delle storie e dei racconti ci fornisce un bagaglio di risorse per affrontare gli eventi
della vita. Si veda M. Gazzaniga, The Minds Past, University of California Press, 1998.
118
Si vedano I. Calvino, Lezioni americane, 1-La leggerezza, Mondadori 1993, e soprattutto Fiabe
italiane, Mondadori 1991
desiderio crescere di numero. V una pulsione arcaizzante, nelle societ
contemporanee, data dal desiderio di vivere una vita pi semplice e pi naturale, e che si
estrinseca nel sogno e nel progetto preciso e determinato di essere un piccolo numero di
persone mutualmente fidate e conoscenti che condividono un piccolo mondo buono e
paradisiaco. Canetti chiama questo tipo di muta la muta isolata.
Si innestano in questo tema due bisogni: il bisogno di fare del proselitismo e il bisogno
di sentirsi buoni
119
, buoni al limite delleroismo, ove leroismo non necessariamente
declinato in avventure gloriose, ma risponde alla necessit di sentirsi invulnerabili, non
transitori, di fuggire al destino di morte e oblio che, volenti o nolenti, ci accomuna in
quanto umani.
Il bisogno di fare del proselitismo risponde a due stimoli: quello di voler crescere di
numero, per diventare pi forti degli altri, e quello di salvare lumanit, di redimerla dai
propri peccati. In questo, molto forte il senso di ci che sacro, pulito e puro, come
abbiamo visto pi sopra nel parlare dei moduli morali. Il bisogno di sentirsi buoni
merita una breve digressione a parte.
3. Essere buoni
Il bisogno di sentirsi buoni pervasivo: religioni a parte, che pure hanno un ruolo
centrale nel codificare e nel catalizzare la bont nellimmaginario collettivo, la
letteratura ha gi dato uno splendido esempio di personaggio costruito per essere buono
in senso assoluto con lIdiota di Dostoevskij
120
. Pi prosaicamente, anche Nick Hornby
si cimentato con il problema della bont in un romanzo che si chiama Come diventare
buoni: narra le vicende di una coppia in cui il marito, David, eternamente di cattivo
umore, in seguito a un tradimento della moglie Katie si vendica diventando buono.
Buono come potrebbe essere larchetipo della bont, inattaccabile, fino al punto da fare
esplodere le contraddizioni e le ipocrisie e anche la felicit su cui la coppia si era retta
fino ad allora: la bont diventa, letteralmente, insopportabile.
Le storie che conosciamo e che abbiamo letto nei romanzi indagano pi volentieri la
cattiveria. Non solo perch il problema del male ostico dal punto di vista filosofico - e
non solo etico ma anche religioso, visto che la teodicea uno scoglio su cui i teologi
non possono evitare di sbattere, e un ostacolo che non possono esimersi dallaffrontare.
Un personaggio cattivo pi interessante da un punto di vista narrativo, nel senso che
in genere offre maggiori spunti e maggiori stimoli: parafrasando Tolstoj, se tutti i buoni
si somigliano, ogni cattivo cattivo a modo suo. Per tentare di gettare una luce sul
bisogno di essere buoni (e giusti, e amati, e coscienziosi) andiamo sul versante opposto,
119
il che, a prescindere da quale sia la definizione di bont (ed eventualmente di giustizia), non implica
necessariamente essere buoni (e giusti). Una tale certificazione abbisogna del riscontro di coloro cui il
bene viene fatto, e non tutti sono sempre daccordo con la concezione del bene del sedicente benefattore.
120
celebre il suo detto secondo il quale la bellezza salver il mondo. Sempre in Dostoevskij si pu
pensare poi ad Al7a, il minore dei fratelli Karamazov, che ha per la morale una sorta di talento naturale:
onesto, buono, pio e con una propensione innata al perdono cristiano e alla redenzione.
quello dei malvagi e come Dante, come Milton, scandagliamo i nostri inferni;
cerchiamo di farci dare una mano da un altro personaggio letterario, uno di quelli
fondamentali, ossia Lady Macbeth
121
. Lady Macbeth - e tutto il Macbeth, in realt - ci
serve come paradigma per lambizione e perch un esempio di come sia difficile
distinguere tra lillusione e la realt e quanto possa essere problematico interpretare i
messaggi, in fattispecie quelli sul bene e sul male
122
.
La trama nota. Lady Macbeth la moglie di Macbeth, una donna mossa dallavidit e
dallambizione, manipolatrice senza freni inibitori fino allistigazione allomicidio di
Duncan.
Non ha dubbi, non ha paure, prende in mano la situazione quando si rende conto di
essere, rispetto al marito, la figura pi forte. soltanto dopo il delitto che cominciano i
tormenti, qui che sinserisce la famosissima scena
123
in cui la donna, sonnambula, con
gli occhi sbarrati e stropicciandosi le mani che continua a vedere sporche di sangue, si
rode nella rievocazione dei ricordi del recente passato. Come poteva immaginare che la
sua vittima avesse tanto sangue nelle vene? E le sue mani, potranno mai mondarsi del
lezzo e della lordura dei delitti che lei stessa ha istigato? Via, via, maledetta macchia!
si tormenta, ma ormai tardi: Lady Macbeth finisce suicida.
Sul suo personaggio la psicanalisi andata a nozze: Freud la usa come esempio di come
una coscienza colpevole si rende manifesta a se stessa. Ma il motivo per cui il dramma
ci affascina tanto un altro: nel male che viene concepito e perpetrato vediamo un
senso, non c nessuna ironia, nessuna filosofia, solo tragedia; le tre streghe sono il male
puro, Macbeth e sua moglie si conformano a questo male. E tuttavia, non possibile
sentire Lady Macbeth come unestranea, proprio perch nella sua ambizione e nella sua
degenerazione una donna che ha passioni e un cervello che funziona, non possiamo
sentirla estranea perch ci rendiamo conto - e ne proviamo orrore - che in determinate
circostanze Lady Macbeth potrebbe assomigliarci, o noi assomigliare a lei, quando
siamo nella spasmodica ricerca di una gratificazione. E tanto pi la possiamo sentire
vicina quando dopo il delitto crolla nei sensi di colpa, quando si rende conto della
propria disonest, del suo aver violato le leggi antiche dellospitalit.
Perch ci serve spostare lattenzione sullambizione? Perch lambizione fa parte delle
nostre caratteristiche fondanti. La letteratura straripa di personaggi mossi o rovinati
dallambizione, specie se questa diventa tracotanza: Icaro che precipita al suolo dopo
aver cercato di volare troppo vicino al sole, Lucifero che sfida Dio e viene dannato
allinferno, il Julien Sorel ne Il rosso e il nero di Stendhal, il giovane Rastignac descritto
da Balzac in vari romanzi della Commedia Umana; nella letteratura latina pensiamo a
121
W. Shakespeare, Macbeth. Per la critica abbiamo fatto affidamento sul Blooms Shakespeare Through
the Ages, Macbeth, Blooms Literary Criticism 2008, che raccoglie testi critici sullopera shakespeariana
dal Diciassettesimo al Ventunesimo secolo.
122
Fair is foul, foul is fair, dicono le tre streghe nel primo atto.
123
Macbeth, Atto 5, scena 1
Seneca
124
che porta come esempio del vizio la sfrenata ambizione di personaggi quali
Alessandro, Pompeo, Cesare; oppure a Sallustio
125
quando racconta che, quando lo stato
crebbe, lavidit e lambizione deflagrarono e lambizione in particolare costrinse
molti mortali a diventare falsi, a dire una cosa mentre ne pensavano unaltra, a farsi
amici secondo linteresse. Lambizione pu rovinarti anche quando manca del tutto: il
caso di Oblomov, labulico protagonista dellomonimo romanzo di Gon8arv. E Lady
Macbeth infine, ambiziosa fino allestremo, ma in fondo pi ambiziosa per il marito che
per se stessa: sar Macbeth, nei suoi piani, a diventare re, a lei dato soltanto di gestire
lo scenario dellapocalisse e del sovvertimento morale.
A nessuno ormai viene in mente di assassinare regnanti; ma se fosse la stessa ambizione
a muoverci quando vogliamo fare qualcosa di buono? Se fosse ambizione anche a
gratificare noi stessi, a provare piacere nel fare del bene, nellessere altruisti? Fino a che
punto siamo disposti ad arrivare, per favorire qualcuno, anche con il proposito di fargli
del bene? E quanto siamo disposti ad accettare che le nostre azioni contaminino la
nostra idea di moralit? E siamo ugualmente soggetti alla colpa: la sporcizia di Lady
Macbeth qualcosa di cui anche noi vogliamo mondarci. Ambizione o meno, subentra
listinto ad essere puliti, il modulo morale che ci spinge alla purezza.
Via, via, maledetta macchia, sembra che diciamo, anche se non abbiamo commesso
alcun delitto; eppure sentiamo di doverci redimere. Via la corruzione della vita
mondana, via, cibi impuri, via, tecnologie moderne, via, via. Gli antichi monaci
praticavano lascetismo e la fuga dal mondo (nel deserto o, nellEuropa continentale,
nella foresta): adesso il mondo troppo denso per trovare agevolmente luoghi isolati
dove scappare via dalla folla, anche se qualcuno ci riesce; per cui ci arrangiamo in altro
modo, formando piccole comunit di persone che si salveranno dalla contaminazione,
dal peccato, dalla sporcizia e dal delitto. E per questo abbiamo bisogno di un solido
impianto ideologico, teorico ed emotivo al tempo stesso.
4. Fatti, opinioni e riti
Coleridge
126
notava che nel Macbeth la superstizione utilizzata per eccitare una mente
che gi sovreccitata di suo, a differenza di quanto accade nellAmleto, ove il suo scopo
quello di creare uneccitazione dove ancora non c.
Leccitazione del sentirsi buoni ci coinvolge come singoli e come massa. Il fatto che il
nostro gruppo aumenti di numero ci libera, finch ci consideriamo parte della massa,
124
Seneca, Lettere a Lucilio 94, 68
125
Sallustio, La congiura di Catilina, cap. 10.
126
S.T. Coleridge, Notes on Macbeth, da Shakspeare, with Introductory Remarks on Poetry, the
Drama, and the Stage (1818); in Blooms Shakespeare Through the Ages, Macbeth, Blooms Literary
Criticism 2008, pp. 91-95
dalle nostre incombenze private: facciamo parte di un progetto comune che ci trascende,
meglio ancora se incanalato da qualcuno (un gruppo dirigente, un profeta, un esperto)
che sia in grado di comunicare in modo funzionale ai nostri desideri. Le parole sono
ritualizzate, non hanno pi necessariamente un significato complesso, sono atomi il cui
unico scopo dare riferimenti fissi e un senso di appartenenza a chi le usa: evocano
sentimenti, ci mettono in contatto luno con laltro, approfittando del fatto che oggi
disponiamo di mezzi di comunicazione che sono potenzialmente in grado di connetterci
con chiunque, in un mare infinito di persone e di informazioni che non chiedono altro
che qualcuno ne faccia una sintesi; aprono le emozioni, ma non spiegano la realt.
Sono parole che servono ad acquisire una credibilit morale e si innestano in una serie
di rituali: sulla divinizzazione della natura, per esempio, o sulla natura sacra delle cose,
degli ambienti, sacralit che siamo noi ad attribuire, tramite luso di simboli. Il
biologico, il contatto con la natura, la non contaminazione, let delloro, larmonia, un
anelito metafisico allunit causale e interpretativa degli eventi, sono tutti concetti che
manipoliamo per costruire il senso del sacro, specialmente adesso che abbiamo imparato
che non esiste una fede unica, che viviamo in una societ plurale e secolarizzata.
Eppure, nonostante questa consapevolezza del mondo plurale, ci viene facile pensare
che esista un bene universale e assoluto e che questo bene sia ci che il nostro agire
morale e politico deve conseguire in ogni modo. Lo ripetiamo: da un lato neghiamo che
vi sia univocit nel discrimine dei fatti, quando si tratta di osservabili oggetto di
indagine scientifica ( solo una teoria, c chi dice questo e c chi sostiene
lopposto, la scienza ufficiale ci inganna, dobbiamo trovare una via di mezzo fra le
diverse strade), dallaltro siamo convinti che da un punto di vista etico esistano
soluzioni giuste (ovviamente le nostre) e che esse non siano oggetto di tensione
dialettica e di ricerca di un equilibrio dinamico, in eterno divenire, tra istanze
contrapposte. Da qui la sicurezza granitica, fideistica, nei nostri rituali. Riecheggiando
Durkheim
127
, facciamo di questi concetti e dei loro simboli un rituale che ha qualcosa di
religioso perch serve a venerare ci che sentiamo sacro: e ci che sentiamo sacro
riguarda il nostro senso di comunit e lordine morale sottinteso alla coesione sociale
del gruppo di cui facciamo parte. Questi concetti sono rappresentazioni collettive di un
modello di societ, un principio di organizzazione sociale, una serie di valori collettivi
che possono essere manipolati solo attraverso simboli opportuni.
Questa tendenza pu trovare spazio allinterno di una de-simbolizzazione dellagire
politico: abbiamo visto con Lasswell o Lippman o Tnnies (ma avremmo potuto -
dovuto - citare almeno anche Weber e Cassirer, a questultimo proposito) che la
dimensione del mito inseparabile da quella del potere e della politica e della
costruzione dellidentit collettiva, ma quando la vita politica si riduce alla razionalit e
alla pura amministrazione il bisogno di simboli e identit comuni pu riversarsi altrove,
con esiti non sempre prevedibili. Per esempio, una societ pu svuotare i propri simboli
127
E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa (1912), Mimesis 2013
di significato e mantenerli come strumento di marketing, o lasciare che la loro forza si
espleti nel presente senza dare prospettive nel futuro. In tal caso lascia un vuoto che
verr riempito da qualcun altro che abbia una diversa eccitazione, un diverso paradigma
di bont.
Leccitazione del sentirsi buoni si ripercuote anche nellerigersi a elemento giudicante
delle situazioni: si tratta un giudice che non sta mai nel mezzo perch ha gi deciso di
essere egli stesso dalla parte del giusto, e quindi il suo ruolo si limita a discriminare i
comportamenti e le persone che si conformano maggiormente ai suoi schemi morali.
Questo ci dice anche qualcosa sul modo in cui ci poniamo di fronte al dialogo di
Erodoto o a quello di Hume che abbiamo riportato in apertura: a convincerci sar chi
pi si conf alla nostra impostazione, pi che chi porta gli argomenti pi cogenti. Ed
lo stesso meccanismo che regola le nostre impressioni quando ci troviamo davanti a
problemi e dubbi che potrebbero essere risolti anche analizzando dati oggettivi, come
nel dialogo di Galileo: quando fatti e credenze collidono, siamo pi propensi a dare retta
alle credenze. Non sempre e solo lignoranza dei fatti a farci propendere da una parte
o dallaltra, anche se vero che ci sono persone la cui alfabetizzazione supera in modo
drammatico la capacit analitica e critica nella comprensione del testo e nel vaglio delle
fonti, per cui si convincono che essere materialmente in grado di discernere le parole sia
una condizione sufficiente a capire il contenuto del discorso che quelle parole
esprimono.
Cultura, intelligenza e istruzione, le armi della razionalit, non sono quasi mai
sufficienti a convincerci: importante che chi comunica i fatti riesca a fare capire che
accettare una certa evidenza sperimentale non necessariamente deve far crollare il
nostro sistema di valori; o che, se anche uno dei nostri valori dovesse cambiare, ci non
ci distrugger come persone. questo il messaggio che vogliamo lasciare alla fine di
questo libro: dopo aver imparato a discernere tra descrizione e processo normativo,
dopo avere appreso a dirimere le questioni con un metodo, dopo averne tracciato i limiti
e i punti di forza, restiamo con la consapevolezza che le emozioni non ci liberano dai
fatti, ma i fatti non uccidono le emozioni. O, assumendo il punto di vista speculare, i
fatti non uccidono le emozioni, ma le emozioni non ci liberano dai fatti.
Altri dialoghi, inevitabilmente, verranno.
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