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MIRIANA KUNTZ, NADIA FINOTTO, CLEO PATRA, ALESSANDRO AMADESI, LINDA

LERCARI, PAOLO ALBERTIN, MASSIMO FERRARIS, PAOLA ROELA, GIOVANNA


MASTROPASQUA, FRANCESCO FRANCICA, ALESSANDRO CIVIERO, ANTONELLA
ROSSELLO
e con MASSIMO PAOLO PONCETTA, ANDREA BUD BASILE

Terza Parte Quattordici Facoceri


2015

Prefazione I Quattordici Facoceri

Noi siamo i nove facoceri.


Ricapitolando.
La prima raccolta, Nove Facoceri ha avuto un certo seguito, la seconda era una gran
bella raccolta ed ormai questa dei facoceri diventata quasi una rivista periodica.
Chiaro che essendo in dodici, dodici menti piuttosto fertili, la produzione estesa ed
irrefrenabile. A volte Paolo si allontana, Linda e Cleo hanno alcuni concorsi e premi
per i loro racconti, ma siamo sempre qui e sempre pi potenti.
La squadra, lo ricordiamo, composta da: Miriana Kuntz (capo del gruppo originario
Fire Plumes), Nadia Finotto (vice dei Fire Plumes), Cleo Patra, Linda Lercari, Paolo
Albertin, Alessandro Amadesi (tutti Fire Plumes), Paola Roela, Giovanna
Mastropasqua, Massimo Ferraris, Francesco Francica, Alessandro Civiero ed
Antonella Rossello.
Ci sono state collaborazioni e finte battaglie creative, rispettivamente con Andrea
Basile, il Bud Bambino di Deliri Raccolti e Laureati e con Massimo Paolo Poncetta,
praticamente facocero ad honorem, vista la sua analogia con il modo di fare e scrivere
del gruppo setoloso, ma anche la sfida aperta che ci ha lanciato con il racconto Il Killer
Dei Facoceri, che in realt una delle decine di collaborazioni tra noi e lui.
Questo per chiarire.

I racconti, come sempre spaziano dalla commedia al thriller e ce n una variet. Nove
racconti ed una serie di bonus, come di consueto.
Sul versante commedia, questa volta, abbiamo le follie di Massimo Ferraris, Giovanna
Mastropasqua, Cleo Patra e qualche spruzzatina di pazzia pura da parte del
sottoscritto. In alcuni casi, per, la commedia si unisce al giallo e qui entra in gioco
Nadia Finotto, che con Lacciuga in rosso (Antipasto Stuzzicante) unisce i due generi
in modo naturale.
Paolo Albertin da il proprio contributo a La lunga notte, di Massimo Ferraris e quando
si esprime si sente, decisamente. Bisogna dire che ne La lunga notte Alessandro
Civiero ed il finale speciale di Miriana Kuntz sono potenti.
Poi c un racconto che un po indefinibile, Zen, cavalieri biscottati e larte della
manutenzione del dromedario. Lincipit dellAmadesi, che se deve iniziare racconti
folli non si tira indietro. In realt, fin dallinizio lidea piaciuta a Civiero, che ne ha
scritto una variante molto particolare. In questa raccolta c il racconto intero ed una
deragliata sul tema che porta il protagonista Johnny a vivere due vite in parallelo.
Massimo Ferraris ha iniziato un racconto di fantascienza molto particolare, Omicidio
Al Contrario, che ha echi di Philip Dick, allinizio, per deragliare poi (strano, eh?) in
una trama di spionaggio esistenziale. Strano a dirsi e molto pi bello da leggere.
Antonella Rossello ha dato lavvio a In vacanza?, un racconto di quelli che ho
scherzosamente definito di C.P.S. (Commedia Problematica Sentimentale) ed in
realt uno di quei generi che solo lei sa affrontare. Leggere per credere.
Cleo, invece, dal canto suo, ha fatto un sogno, tempo fa, che riguardava Massimo.
Vai a capire perch. Forse perch una sera si stava stupidando in collettivo ed
saltata fuori una visione di Massimo in vestaglia da camera, che fuma una pipa
elettronica ed un geniale ispettore di Polizia. Della Polizia di Savona, of course,
praticamente lo Sherlock Holmes ligure. Da questo spunto partito uno dei filoni pi
inesauribili del gruppo, quelli dellispettore Ferrario (ogni riferimento puramente
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casuale) e della sua squadra di poliziotti, poliziotte ed aiutanti, uno pi matto dellaltro.
Lottavo nano (parte I & II) un primo saggio della potenza del collettivo.
Francesco Francica, invece, ha iniziato un racconto politicamente impegnato e molto
inquietante, nel suo realismo. LAmadesi ha tentato di dare un modesto contributo,
ma in pratica Nuova Primavera farina del sacco del Fran ed un grande fuoco di
artificio finale.

Buona lettura.
Ale

La copertina, questa volta un po pi scanzonata e legata ad uno dei temi ricorrenti


dei NF, di Miriana Kuntz

Lo studio della raccolta e dei brani, cos come lediting e la cura delle fonti, sono di
Alessandro Amadesi e Nadia Finotto

MIRIANA KUNTZ, NADIA FINOTTO, CLEO PATRA, ALESSANDRO AMADESI, LINDA


LERCARI, PAOLO ALBERTIN, MASSIMO FERRARIS, PAOLA ROELA, GIOVANNA
MASTROPASQUA, FRANCESCO FRANCICA, ALESSANDRO CIVIERO, ANTONELLA
ROSSELLO
e con MASSIMO PAOLO PONCETTA, ANDREA BUD BASILE

Lacciuga In Rosso
[ antipasto stuzzicante ]
(Nadia Finotto, Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi, Miriana Kuntz, Nadia Finotto,
con la collaborazione di Giovanni Beria)
Aveva sempre mangiato le acciughe in verde. Succulento antipasto costituito da filetti
di acciuga conditi con una salsina verde deliziosa preparata con prezzemolo, olio,
aglio, la mollica di un piccolo panino intrisa leggermente nell'aceto e, volendo, un
peperoncino piccante. Adorava tutti gli antipasti in genere, ma per le acciughe al verde
stravedeva. Erano un po' pesantine cos cucinate, ma appena poteva se le preparava
e quando apparecchiava il tavolo gi le veniva l'acquolina in bocca pensando al pasto
che poco dopo sarebbe seguito. Disponeva la ciotola al centro del tavolo proprio di
fronte al suo piatto ed amava, prima di affondare il cucchiaino nel prelibato nettare,
sentire il profumo giungerle alle narici. Stravedeva per l'accostamento di
quell'antipasto con il pane tipo baguette ed era capace di mangiarsene una intera,
tanto sapeva che neanche un grammo si sarebbe aggiunto al suo deficitario peso.
S, perch definire asciutto il fisico di Martina era un eufemismo: Martina non era
magra, era secca, era trasparente, era scarna. Era come un'acciuga.
I suoi colleghi cos infatti la definivano: magra come un'acciuga anche se un'acciuga
era sicuramente pi grassa di lei. Ma era sottile, anzi sottilissima. Come lei.
Alcune volte, prima di sprofondare nella bont del tanto agognato antipasto, si era
fermata ad osservare il filetto sulla sua forchetta: "Ma davvero ci assomigliamo?" gli
aveva chiesto, ma lui niente, neanche un cenno. Quella sera il suo capo aveva invitato
lei ed i suoi colleghi alla festa per l'inaugurazione della boutique del th della moglie
e non poteva mancare. Pass in rassegna l'armadio, ma vide solo abiti che mettevano
in risalto la sua magrezza. Sconsolata scelse quello che le pareva il meno peggio e
disse:
"E sia. Stasera sar un'acciuga in rosso"

L'acciuga in rosso possedeva tutto in linea con la sua figura. Una piccola Smart come
automobile, una moto naked, un notebook ultraslim e un appartamento minimalista
arredato con molto gusto. Scese e sal in auto, dando un'ultima occhiata al trucco che,
con arte, riusciva a mascherare la spigolosit degli zigomi. Fosse stata una decina di
chili in pi sicuramente non sarebbe passata inosservata, ma cos, modello acciuga
sott'olio, gli sguardi degli uomini la attraversavano senza posarsi. Sospir ed accese
il motore, raggiungendo in poco tempo la statale. Percorse il tratto che la divideva dal
centro in pochi minuti, pensando alla festa e a chi ci avrebbe trovato. Quando la mente
formul l'immagine di Pietro, un brivido la percorse, facendo vibrare le ossa. Il nuovo
architetto, responsabile del settore giardini, era l'unico che sembrava provare simpatia
verso di lei. Un bel ragazzo, non in modo eccessivo, ma al punto giusto, forse troppo
per una come lei.
"Stai attento all'acciuga" aveva sentito dire, il giorno che si erano presentati, dal
Direttore, quell'odioso Augusto Marinetti, messo a capo di un ufficio senza averne le
competenze! Era odioso e odiato, ma possedeva la sua schiera di adepti che lo
idolatravano per cercare di accaparrarsi un posto al sole. Lei no, svolgeva il proprio
lavoro di segretaria e centralinista tutto fare senza velleit carrieristiche. D'altronde
non poteva certo competere con Miriam, oppure Luana. Era un'acciuga, e come tale
nuotava nel mare del mondo, cercando di non finire intrappolata. Il negozio pullulava
di gente, tra i quali molti clienti dello studio. I muri erano stati portati via dal Marinetti
per un pugno di euro, grazie alle conoscenze e fregandosene di schiacciare con la
sua potenza poveretti obbligati a svendere le propriet pur di sopravvivere. Indoss il
sorriso migliore e raggiunse i presenti.
Liviana Boccioni, coniugata Marinetti, per ironia della sorte. Donna molto bella ed
appariscente, la rossa dalla chioma fulgida e splendente, aveva un istinto per gli affari
ma ancora di pi per le pubbliche relazioni. Era la sua presenza carismatica e
francamente piacevole a far s che tutto ci che toccava si trasformasse in oro, o
perlomeno metalli preziosi. La boutique del the era un'idea mista di inglesismi, sale
da the, negozi di erbe aromatiche e chi pi ne ha pi ne metta. Gusto raffinato, la
signora, vagamente pi simpatica ed alla mano rispetto al tremendo marito e piuttosto
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giunonica, il che forse spiegava l'antipatia naturale che Marinetti provava per Martina.
Quella sera, per, entrando nel negozio, l'acciuga si sent vezzeggiata e coccolata:
potenziale cliente, ovvio. Fu accolta, le fu presentata la parata stanze da palazzo del
negozio ed una serie di tavolini a cui sedersi per sorseggiare th e dolci a volont.
Vero, Liviana ci sapeva fare con le persone. Infatti non era lei il problema. L'acciuga
in rosso sorrise, scambi quattro chiacchiere (come si scioglieva la sua naturale
timidezza e diffidenza, l dentro) e si concentr sul vero obiettivo. Clima accogliente,
ma la pip nervosa che le venne la port rapidamente a cercare un bagno per... ehm,
'incipriarsi il naso', si diceva un paio di secoli fa. All'interno, Miriam si stava ritoccando
il trucco davanti allo specchio. La guard riflessa con un sorriso sguigno misto di
saluto cortese e disprezzo mal simulato, poi torn ai suoi ombretti. Lei si chiuse nel
bagno ed in pochi secondi la luce si spense. Rimase un po' sospesa tra l'ansia,
l'imbarazzo ed un cenno di risatina che le stava partendo, fino a quando sent un tonfo
come di qualcosa che cade a terra. Poi la luce torn. L'acciughina fin di fare ci che
doveva ed usc nell'antibagno. Il corpo disteso a terra in una pozza di sangue era
proprio ai suoi piedi.
Martina fissava quel corpo sporco di sangue con gli occhi sbarrati. Tir su con il naso
per ben tre volte, poi dissimulando un pianto impaurito si guard il sotto delle scarpe
in cerca di sangue, tir fuori un fazzoletto di carta e asciug via qualche goccia
incastrata tra i solchi. Tremava di paura, poi quasi sollevata, le venne in mente che
Miriam l'aveva sempre detestata. Ad ogni occasione le ricordava che una donna non
donna se almeno non entra in una quarantaquattro. La Trentotto di Martina era
davvero scarsa. Miriam le faceva spesso i dispetti mettendo in mostra le sue curve
abbondanti ed equilibrate. Non era grassa, ma non era neppure magra. Era l'equilibrio
esatto tra un'acciuga e un peperone ripieno. Adesso quel corpo che tanto aveva
invidiato giaceva sulle piastrelle sporche di un bagno. I suoi capelli profumati ora,
inzuppati di un rosso vivo.
"Bevi un bicchiere, acciuga?" chiede un collega ad una Martina tremante. Quel
bicchiere rosso davanti al suo naso le ricordava quell'angosciante spettacolo di
qualche istante prima.
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"Non mi va..." gli rispose, spostando di lato la manona pelosa del suo collega. Martina
prese posto su un salottino di pelle, mentre la moglie del capo, proprio per ironia della
sorte, si diresse in bagno, dove aveva messo qualche ora prima i regali da dare a tutti
gli ospiti (un assaggio di th di ogni gusto, circa dieci bustine differenti).
Nel bagno trov oltre che i suoi adorabili omaggi, un cadavere pallido. Torn nella
sala e grid giusto tre parole:
"C' un morto... "
La folla scappava in ogni direzione, qualcuno and dritto fuori, raggiungendo l'auto il
prima possibile, altri, curiosi e ficcanaso, andavano dritti a sbirciare di chi fosse il
cadavere. Tra la folla, un uomo baffuto rideva compiaciuto. La schiena ritta sul muro
tinteggiato a nuovo. Martina lo riconobbe, era Mario Lenzi, il tuttofare squattrinato
dell'ufficio.
La polizia arriv un quarto d'ora dopo la telefonata fatta al 113 da Augusto Marinetti
che sulle prime avrebbe voluto non essere l, ma Liviana Boccioni aveva saputo
essere convincente, soprattutto per via di segreti che lei ben conosceva e che al solo
nominarli l'Augusto si era quasi sentito male. L'ispettore Fiorenzo Aliparandi entr nel
negozio seguito da tre agenti. Li fece fermare davanti alle porte per tenere a bada la
folla di curiosi, e subito disse: Che nessuno esca, per poi accorgersi che c'erano solo
tre persone. Chi il responsabile del negozio, continu poi, rivolgendosi all'unico
uomo che vide, presumendo fosse lui. Sono io, disse invece una delle due donne,
quella pi grassa. Cio, a guardarla meglio non era grassa, anzi, ma in confronto
all'altra donna, vestita tutta di rosso, magra quasi da sembrare... unacciuga rossa,
aveva subito pensato, ma si era dato dello scemo, considerato che anche lui era
magro, magro, come unacciuga. Lo aveva sentito in commissariato che lo
chiamavano cos, alle spalle, ovvio, mica glielo dicevano in faccia.
Ma siete solo voi qui dentro? Chiese poi alla signora.

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No, c'erano gi quasi tutti gli invitati, ma sono scappati quando ho detto che in bagno
c'era un morto
Ah!

sospir

l'ispettore

Era

uninaugurazione,

insomma?

Chiese

quindi

avvicinandosi alla signora.


S, avevo invitato persone del settore e colleghi di mio marito, la signorina indic
Martina con un cenno della testa una di loro
E' rimasta solo lei, allora?
Si volse a guardare la ragazza che tremava come una... acciuga nella cesta, appena
pescata. L'ispettore scroll la testa per scacciare questa immagine. La ragazza era
carina, adesso che la stava guardando meglio.
Lei ha visto qualcosa? Le chiese.
S ero in bagno a... e si spenta la luce, e poi tornata e sono uscita e l'ho vista e...
sa, mi veniva da piangere, tremavo come una foglia... (l'Aliparandi pens tra s e s
"come un'acciuga", ma si diede subito dello scemo)
E' uscita dal bagno e ha dato lei l'allarme?
...no, non ho detto nulla... io ma io...avevo una tale paura... magari... e se poi...
Signorina, lo sa vero che potrebbe venirmi in mente che stata lei ad uccidere la
signora l per terra? Era nel bagno e potremmo dire che uscita senza dire niente e
facendo finta di niente e chi ha trovato il cadavere la Signora responsabile.
Ammetter che un po' strano
La ragazza fece per articolare un vocabolo, ma riusc solo a muovere le labbra senza
che nessun suono ne uscisse. Poi, se possibile, sbianc ancora di pi e si accasci
al suolo con il Marinetti e la moglie che la osservarono semplicemente cadere senza
muovere un dito. L'ispettore li guard attonito e balz verso l'acciuga per prestarle
soccorso. La prese tra le braccia e la schiaffeggi lievemente nel tentativo di farla
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rinvenire con i due coniugi che guardavano come se assistessero ad una commedia
musicale.
Non che potreste magari portare un po' d'acqua fresca ed un panno che magari
vediamo se riusciamo a farla rinvenire? fece sarcastico ai coniugi
Ma... non... non credo di avere acq... disse la Boccioni, ma si accorse della
stupidaggine e torn poco dopo con mezzo bicchiere di limoncello d'acqua e lo porse
all'Ispettore. Scuotendo la testa lui prese il suo fazzoletto, lo bagn e lo pass
delicatamente sulla fronte dell'acciuga che trovava davvero graziosa.
"Poveretta" pens e prov per lei enorme tenerezza. L'acciuga rinvenne e gli fece un
flebile sorriso.
Qui ormai se ne sono andati tutti, assassino compreso. Preparatemi un elenco degli
invitati intim ai coniugi e lei venga con me disse alla ragazza che lo segu docile.
Le sorrise, ricambiato. Non sarebbe stato un caso facile, ma forse l'acciuga in rosso
faceva per lui.

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La Pi Bella Del Paese

(Massimo Ferraris, Giovanna Mastropasqua, Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi,


Nadia Finotto, con la collaborazione di Lidia Popolano)

Il cielo le aveva fatto un dono, quello di essere la pi bella di Pantagorro al Lago,


piccolo paesino sito alle pendici dei colli Euganei. Illuminata Senzaluce, la pi piccola
delle sorelle che facevano girare la testa a tutti i maschi in et da moglie, scese la
scalinata in pietra che conduceva a Piazza Fratelli Forzuti e abbass la testa,
volgendo lo sguardo al selciato. Ormai conosceva a memoria ogni mattonella, filo
d'erba e tombino, ma quello era l'unico modo per evitare gli sguardi di Marcello
Strozzacane e Lorenzo Poitiscappa, il primo macellaio e culturista per passione, il
secondo proprietario del bar pasticceria specializzato in bombe alla crema. I soliti due
fischi, i commenti che la facevano diventare rossa, e il conteggio dei passi che la
separavano dall'angolo della salvezza (cos lo chiamava lei), trentuno esatti.
Illuminata odiava quel paese, dove le strade erano obbligate e che per raggiungere
un posto dovevi per forza usare le stesse. Il suo ufficio, dove lei lavorava come aiuto
commercialista, era raggiungibile esclusivamente da l, quindi l'assalto da parte dei
due era inevitabile. Si prepar, tirando un respirone, ma arrivata al punto fatidico un
silenzio totale aleggi nel vicolo. Forse si era assuefatta al rito, ma era sicura che
intorno a lei non si muovesse una mosca. Azzard e gir la testa verso i negozi. Dei
due nessuna traccia, tanto che ci rimase quasi male, ma contro ai vetri scorse due
manifesti che la incuriosirono. Facendosi forza si avvicin e strabuzz gli occhi. Alle
nove di quella mattina, quindi fra pochi minuti, nella sala rossa del Comune si sarebbe
tenuta la presentazione del concorso di bellezza. Il primo in assoluto a Pantagorro.
Tra i tanti sponsor lesse anche il nome del suo studio. Non ci poteva credere, non ne
sapeva nulla, ma quando gli occhi si posarono sui nomi delle partecipanti, per poco
non croll a terra secca: il primo della lista era il suo!

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Ora, Illuminata era una di quelle donne, una di quelle persone, che la vita ha dotato
di risorse trasparenti, trasparenti solo ai suoi occhi naturalmente, gli altri le
riconoscevano a prima vista ... il nome le comprendeva e racchiudeva tutte: luce nei
suoi occhi verdi, luce nelle movenze delle mani, luce nei capelli ramati, luce nel
sorriso, luce nel movimento dei suoi fianchi, luce ... chiunque di voi avr capito di cosa
parlo. Luce dovunque, tranne che nella sua fragile mente che sembrava dormire beata
un sonno d'innocenza e ingenuit comoda per il suo pauroso cuore ma, soprattutto,
per gli altri che ne potevano fare ci che la loro malignit suggeriva al momento. Cos,
Illuminata era abituata agli scherzi, agli sfott e anche a burle come quella
dell'iscrizione al concorso di bellezza, senza metterla al corrente. Non che lei non lo
avrebbe desiderato, ma era cos inconsapevole delle proprie possibilit che
certamente avrebbe presentato la domanda fuori tempo ... a questo punto avrete
perso ogni speranza e fiducia in lei, ma vengo subito a rassicurarvi, tra le numerose
doti di Illuminata, ce n'era una che eguagliava e superava tutte le altre. Illuminata era
molto orgogliosa e caparbia e se qualcuno aveva voluto metterla in ridicolo, non
avrebbe certo passato i prossimi minuti a piagnucolare... alz la testa, scosse i capelli,
tir un sospirone e corse da Pigliatura, la giovane e creativa parrucchiera che stava
aprendo le saracinesche proprio in quell'istante.
-Chiudi le saracinesche e prendi con te un po' dei tuoi attrezzi- le disse trafelata
mentre Pigliatura la guardava sbalordita girare l'angolo senza riprendere respiro.
-Tra due minuti ripasso a prenderti. Corri!- e riprese a correre verso il negozio di
- Bice Bice!! E sia! Stavolta non mi fregano! Ci partecipo a quel concorso e lo vinco
pure! Basta fare la Maria Goretti de noialtri! Basta incolonnare numeri, da oggi si
cambia registro! Le selezioni preliminari sono proprio oggi...ho due ore per
trasformarmi da Illuminata Senzaluce a Lummy Fanalina! Allora Bice!?!? Sbrigati! La
selezione solo tra un'ora e 53 minuti!- Si, ecco... adesso ti preparo due o tre outfits che dovrebbero valorizzare il tuo
fisico...questi sono tutti pantaloni a vita bassa con cavallo minimal e poi un misto di
canotte mooolto particolari...-

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- Vita bassa? Ma questi non sono pantaloni col cavallo basso! Questo un pony
incrociato ad un bassotto! Questo un po' pi alto di una scatola di cerini, ma pi
basso di un accendino! Per portare quei pantaloni l devi avere una predisposizione
delle ossa del bacino! Con quelli giro con mezzo rimorchio da fuori! Non ce la posso
fare... non sono abituata...- Non dire sciocchezze, Luminol, basta solo che eviti di sederti. Devi restare sempre
in piedi. Mai abbassare la guardia, se non vuoi che la grondaietta che dalla schiena
porta gi faccia capolino...Io lo chiamo effetto muratore-carpentiere. Sai, quando i
muratori si lasciano scivolare le braghe, calare i cavalli e poi si piegano per
scazzuolare e sbam esce fuori una fetta di lato b floscio e pallido... Imbarazzante.- Appunto...sarebbe imbarazzante, ma resto in piedi! Si si si...Ce la posso fare...Illuminata fece incetta di vestiti che pens bene di far segnare sul libro spese dello
studio. Avevano voluto iscriverla? E allora che pagassero! Corse verso il negozio di
Pigliatura e la trov pronta con borsa e attrezzi. La parrucchiera, grande amica sua,
poteva avere tutte le carte in regola per partecipare anch'essa
-Infatti ci sono- disse a Illuminata. -Anche se con te in gara...-Ma non farmi ridere, che io e te ci giochiamo il primo e secondo posto- si gir intorno
e not che quella mattina Pantagorro al lago sembrava un cimitero prima dell'orario
di apertura.
-Dove sono finiti tutti?- chiese all'amica.
-Di sicuro in Municipio. Vuoi che la cittadinanza si perda un evento cos, visto che
l'unica attrazione del paese la festa di Santa Catena da Fildiferro, dove sono presenti
tre banchi di alimentari e lo stand della Folletto?In effetti Pantagorro non era quel postone di vita che si poteva immaginare. Un
concocrso di bellezza avrebbe attirato gente dalle vicinanze e magari qualche bel
ragazzo che non fosse Strozzacane e nemmeno Poitiscappa. Insieme a Pigliatura
raggiunsero casa sua e, quando la madre la vide rientrare, per poco non le venne un
colpo

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-Ma che ci fai a casa? Ti hanno licenziata? Madonna mia adorata, e ora? Ti devi
trovare uno ricco che ti mantenga. Con il fisico che ti ritrovi, che modestamente hai
preso da mamma...-Stop!- le grid Illuminata. -Non c' tempo! Devo... anzi dobbiamo diventare le pi
belle di Pantagorro, e questo nella prossima mezz'ora!-Vi preparo un bell'ovetto strapazzato col marsala e i savoiardi, che vi distendono la
pelle e vi fanno brillare il volto!- . -Si, dai foruncoli...- comment Pigliatura.
Di recente, tra l'altro, Girocolla Li Fornari era sparita. Sul momento, in paese, la notizia
fece il giro completo un paio di volte, tra la meraviglia generale, fino a quando un
geniale inventore aveva detto in gran segreto ad un lontano parente di un amico della
cugina della cognata dello zio del macellaio che Girocolla era andata a lavorare
all'estero. Per un paese come quello, andare all'estero poteva significare anche una
citt a venti chilometri di distanza, ma tant'. Per un po' i maschietti del paese avevano
rimpianto il bellissimo posteriore ed il fisico veramente notevole di Girocolla, poi
avevano trovato pace. Anche perch per quanto riguarda il viso la poverina non si
poteva guardare. Aveva la bocca come la grata di una chiusa ed un naso a becco di
papera che anche i grandi occhioni scuri non riuscivano a compensare. Una stonatura
di un flauto in un concerto di archi. I maligni avevano persino detto una delle battute
pi cattive che si potessero inventare, che la Girocolla andava guardata solo se
portava un sacchetto in testa. Si diceva che in un primo momento lei fosse fuggita con
il dentista, il Dottor Tisistemo. Niente comunque poteva competere con la sopresa che
tutti

ebbero

quando

Girocolla

torn

in

paese

proprio

quel

giorno.

Il taxi atterr nella piazza mentre Pigliatura faceva il super trattamento ad Illuminata.
Atterr, perch era arrivato a tutta birra come un aereo sulla pista di atterraggio.
Pigliatura, per curiosit, era andata alla finestra a vedere chi poteva essere quell'asino
che si divertiva a fare le sgommate in piazza e... TAC, eccola l, la Girocolla che
scende dal taxi bella come la luna d'estate. Pi o meno. Per lo meno, rimessa a nuovo
e decisamente pi guardabile.

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- Oh, porc... - comment la ragazza e Illuminata, con il viso incetriolato dalle maschere
sussult.
-Che c', che succede?- Illuminata si agit sulla sedia. -Dimmelo altrimenti ti squarto
come il capretto di zio Natale a Pasqua!-Niente, tes, mi caduta la matita correttrice per gli zigomi- cerc di aggiustare le
cose. -Ora rilassati, che manca poco e poi pure io mi devo sistemare-.
Ma la sfortuna voleva che Girocolla abitasse nello stesso palazzo e che per salire le
scale usava l'inconfondibile sistema di caricare pi il piede sinistro, finendo con fare il
rumore di un tamburo un passo si e uno no.
-Ahhhhhhh!!!!!- Illuminata si strapp cetrioli, machera e asciugamano che gli cingeva
i capelli. -Lei, la strega, la megera, quella santissima zocc....- e corse verso la porta
d'ingresso.
Se la ricordava fisicamente bella, ma dal viso inguardabile, invece quella che si trov
davanti era una bellezza mozzafiato, con naso, orecchie, mento, zigomi, contorno
occhi, rughe d'espressione, denti, labbra e collo rifatti ad arte. Solo il sorriso da culo
di gallina era rimasto, e Illuminata la riconobbe per quello.
-Ciao Luminol, ti vedo sciupata- la apostrof. -Non mi dire che ti stai preparando per
il concorso di bellezza! Ma ti vedi? E pi che altro, mi vedi?-Certo con i soldi che avr tirato fuori Titrasformo!- esclam Pigliatura, affacciandosi
a sua volta. -Ma la bellezza naturale che vince, non i ritocchiPoi strabuzz gli occhi. -Ma che ti sei fatta, una sesta di tette?-A parte che il mio amore si chiama Tisistemo, ebbene s, e pure il sedere. Ci si vede
ragazze, morite d'invidia e fate largo a Girocolla, Miss Pantagorro al Lago!Nella piazzetta prospiciente il Municipio la folla rumoreggiava. Ma non erano mormorii
di disappunto, bens di curiosit ed apprezzamento nei riguardi di tutte quelle belle
figliole che lentamente stavano raggiungendo la sala della presentazione. Marcello
Strozzacane e Lorenzo Poitiscappa troneggiavano gi da parecchio in prima
posizione, tenuti a stento dai due unici vigili urbani del paese, uno dei quali cugino di
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Marcello.
-State buoni, che mi tocca multarvi- li apostrof Romualdo Strozzacane, per tutti
"Leone senza denti", a causa del suo modo di fare autoritario che si scioglieva in
panico nello sguardo incavolato dell'interlocutore -Il Sindaco sar qui a breve, perci
buoni!-Ma che ci frega del Sindaco- url una voce non ben definita tra la folla. -Noi siamo
qui per lustrarci gli occhi!E in effetti da lustrare ce n'era parecchio, vista la passerella di visi sorridenti e passi
ancheggianti. Ma fu quando Girocolla Li Fornari compar nella piazza che il silenzio
cal sula folla. Bella, una spanna sopra le altre, fisico statuario. Scese dall'auto
guidata da Tisistemo, butt la testa all'indietro facendo svolazzare la chioma, quindi
pos il piede a terra, facendo aprire lo spacco vertiginoso sino all'altezza dell'anca.
Rumore di deglutizioni, sospiri, fino a quando qualcuno grid:
-Illuminata!Le teste si girarono e dall'altra parte della piazza, come duellanti in un film western,
appar la bella Senzaluce, seguita a ruota da Pigliatura. Tre bellezze mozzafiato, tre
sguardi assassini, tre artigli pronti a scattare e sbranare. Lorenzo Poitiscappa riusc a
divincolarsi e, raggiunta Illuminata, si gett ai suoi piedi:
-Ti sposo, ora, subito, se il Sindaco ce lo permette!La ragazza gli appiopp una gentile pedata nelle costole.
La Sala Consiglio non poteva contenere pi di una ventina di persone oltre alle
ragazze e le personalit. Il Sindaco Wilfredo Comacchi di Terrabonella, nobile caduto
in disgrazia da generazioni, ma tornato a brillare in ambito sociale grazie alle giuste
conoscenze, guard i presenti rivolgendo un ampio sorriso. Venti ragazze, tutte
sedute nelle prime file, una selezione di bellezze Pantagarresi e zone limitrofe che
rendevano l'ambiente luminoso, riuscendo persino a strappare un sorriso dal viso di
Gennaro Forlimpopoli, capogruppo della minoranza ed acerrimo nemico di Wilfredo

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-Per prima cosa grazie di essere venute- inizi il primo cittadino. -La nostra cittadina,
famosa per il lago che si snoda attraverso tutto il territorio, ha l'onore di poter indire il
primo concorso di miss, attraverso il quale proporre a livello regionale, quindi
nazionale, una candidata al titolo di miss Italia- rumori di risa e gradimento si
sollevarono. -Siamo quindi qui riuniti per presentare le concorrenti, tra le quali
spiccano ben quattro candidate appartenenti al nostro ComuneIlluminata e Pigliatura si guardarono, poi rivolsero gli occhi verso Girocolla. I conti non
tornavano, anche "miss chirurgia estetica" sembrava spaesata. Chi diavolo era la
quarta?
-Le signorine Illuminata, Girocolla e Pigliatura sono qui presenti, tra breve dovrebbe
giungere Maria Assunta Dolcezza, che da qualche anno manca da Pantagorro-Che?!?- url Girocolla inviperita. -Ora partecipano anche le suore?Il silenzio cal nella Sala Consiglio, il Sindaco tossicchi per ritrovare la voce,
Illuminata avvert un capogiro. Dolcezza si era fatta o no suora di clausura cinque anni
prima?
- Parlo io! Non ci sta bisogno di confetture! Sono perfettamente regolizzata!
Dolcezza aveva, evidentemente, una concezione della lingua italiana tutta personale
e alquanto bizzarra.
- E' vero, sono stata una suora nel Convento dell'Ordine delle Verginissime Immobili,
Silenziate e Pantofolate a Rocca di Mezzo Alta. Ma non andata. Quando mi hanno
spiegato che clausura voleva dire che non potevo uscire, ho declamato: "Non ci sto!"
Mi sono fatta dimettere dal lavoro di suora e mi sono messa a studiare estetismo
all'Istituto "Immagine e splendezza" sempre di Rocca di Mezzo, per Bassa che pi
altolocata. Ragion per la dunque, ho saputo del concorso e ho deciso di farne
partecipe.
- Non giusto!- tuon Illuminata. - Chi ha questo genere di trascorsi, non pu essere
ammessa ad un concorso di bellezza! E poi, non si capisce una beata fava di quello
che dice!19

- La signorina Dolcezza ha tutto il diritto di stare qui!- Intervenne il Sindaco Wilfredo e


aggiunse: - Che ne dite, vogliamo fare qualche domanda a queste splendide fanciulle
per conoscerle meglio?Alla domanda si lev un applauso di palese approvazione
- Lei, ad esempio, signorina Girocolla, ci dica qual' il suo desiderio pi grande...Seguit l'uomo.
- Ecco, io...il mio sogno pi grande quello di vedermi recapitare a casa
dall'Interscarpa un'enorme fascina di scarpe miste. Stivali a mezza coscia, a coscia
intera, senza coscia, sandali, zatteroni, anfibi, pantofole pelose a muso di facocero e
ciabattine dorate con piume di pelo di pidocchio dell'Alaska. Il tutto mescolato a
infradito variegate. E pinzato su una delle fibbie dei sandali, un bigliettino con su scritto
"Seguimi"... Questo quello che voglio!! Niente altro!! Dopo un inchino che serv a meglio osservare il decollet sesta misura della Girocolla,
il Sindaco prosegu: -E lei Signorina Illuminata, cosa ne pensa dell'istituzione di questo
concorso? - Illuminata subito pens di far emergere la sua brillante intelligenza per far
colpo sul pubblico: - Penso, Signor Sindaco, che sia stata un'idea davvero illuminante
per mettere nella luce che merita il nostro luminoso paese. Era da molto che si sentiva
la necessit di una nuova luce e Lei, Signor Sindaco, con questa idea luminosa, ha
dato una scossa da fuoco artificiale!
Il Sindaco, capo anche della giuria, fece un sorriso che partiva da un orecchio e
andava fino all'altro e ringrazi con un inchino fino all'altezza del lato B dell'Illuminata
che tornava al suo posto.
- E ora tocca alla Signorina Pigliatura. Cosa l'ha portata a scegliere la sua
professione? - e Pigliatura si profuse in una spiegazione che incant la platea tanto
era spigliata nell'eloquio. Il pubblico l'ascoltava a bocca aperta, e gli uomini anche un
po' sbavando, tanto che il Wilfredo dovette tranciare il monologo non senza provocare
dei mugugni dei presenti. Non c'era che dire: forse la Pigliatura non era bella come le
altre tre, ma di sicuro era una grande affabulatrice.

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- Ed ora signore e signori, la domanda a suor... ehm... alla Signorina Dolcezza. Ci


dica Maria Assunta, cosa ne pensa della fame nel mondo?
Maria Assunta rimase un attimo interdetta: - Ma il mi scusi lor Signor il Sindaco, ma
voi come faceva a sapere che io tengo fame? Non ce lo dissi a checchiss. Forse la
mi vede sciupata? Mi sta per cercando di dirmi che non ho un bel figurone? Glielo
posso assicurare lor Signor Sindaco, la fame che mi atterraglia non sar di
pregiudizievole alcuna allo svolgimento dell'assente concorso!E con codesta affermazione sollev il mento in segno di assoluta seriet. Wilfredo,
che questa volta non sapeva dove guardare, la fece accomodare
-No, un momento! Un'altra domanda ve la voglio fare...Ebbene, ditemi, per esempio,
cosa pensate della donna... nel senso: quali doti deve avere una pollastr... ehm... una
donna per essere apprezzata da un uomo?
Wilfredo arross visibilmente per la gaffe. - Cominci pure lei, Illuminata.
- Io di certo non sono quel che si dice "bella, zitta e pure casalinga!" Bella lo sono,
questo evidente, non ci sono cazzi! Ma in casa ci sto solo se ho l'influenza e non
taccio manco morta! Manco se mi legano la glottide con una strisciolina di intestino
per la salsiccia! Io parlo! Eccome se parlo!
- Si...si si... abbiamo capito il tipo - disse l'uomo - E lei Girocolla?- Guardi, adesso che ci penso...con un buon conto in banca posso fare pure la muta
di Portici 2 la vendetta. Come mi so adeguare io, non lo fa nessuno!- Resta solo Dolcezza, adesso...prego...ci dica cara...- Domanda complicata... io penso di tenere tutte le cose che avete proclamato a posto!
Devo solo fare migliorie nella casalingheria. Potrei imparare a cucinare dico io! Ma
non che non so cucinare... che non faccio la spesa. Sembra una cosa cretina, ma
cervellotico cucinare solo con le pignatte vuote. Adesso nel mio frigorifero ci sta una
buona quantit di ghiacciaio e una patata novena con il gerfoglio pi alto di me.
Si...sono sicura che se mi imparo a fare la spesa, riesco a cucinare.-

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- E con questo - intervenne il sindaco per mettere fine a quella sciagura verbale il
prima possibile -con questo abbiamo proprio terminato! Possiamo votare ed eleggere
la pi bella del paese!La prima idea era stata quella di fare una votazione con bigliettini messi in un
contenitore, scartata quasi subito. Ea pi rapido e semplice andare per alzata di mano,
tanto pi che l'intero paese era radunato nello stesso luogo, per la prima volta da un
bel pezzo.
Il sindaco chiamava i nomi delle candidate e dopo brevi commenti, alcuni irripetibili, il
pubblico alzava la mano. Obnubilato Oftalmico, consigliere, era incaricato di contare
una per una le mani alzate ed in poco tempo decret che due delle ragazze in lizza
erano a pari voti, mentre le altre due avevano ben un punto di vantaggio.
- Situazione finale - proclam il sindaco - Seconde classificate a pari merito le
signorine Dolcezza Maria Assunta e Pigliatura. Prime a pari merito le signorine
Senzaluce Illuminata e Li Fornari Girocolla. Ricordando altres che per la delibera
comunale dell'agosto scorso, la vera bellezza signorina mai allontanata dal paese,
dichiaro vincitrice Illuminata Senzaluce
Il pubblico and in visibilio e mentre Pigliatura andava sportivamente ad abbracciare
Illuminata, la corona della gioielleria Svolazzi arrivava in volo addosso alla vincitrice,
lanciata da una Girocolla furiosa.
- Eh, ma quella quadrupede di una contendente... - comment Illuminata togliendosi
una scarpa col tacco e provando a martellare l'avversaria. Pigliatura non riusc a
trattenerla.
- A chi hai detto quadrupede, eh? - risposero ad una voce Girocolla e Dolcezza
lanciandosi sulle altre due. In poco tempo la sala divenne un turbinio di scarpe, sciarpe
e carpe in volo, nel trambusto generale. Il giorno dopo il paese era deserto, cartacce
e volantini del concorso a terra, scarpe e carpe sparse ovunque. Per anni si continu
a parlare della prima Miss del paese.

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Lottavo Nano (parte I e II)

(Cleo Patra, Massimo Ferraris, Miriana Kuntz, Giovanna Mastropasqua, Alessandro


Amadesi, Nadia Finotto, Paola Roela, Miriana Kuntz)

"Ancora un omicidio" esord l'ispettore Ferrario lanciando una nuvola di fumo nell'aria
con la pipa elettronica. Questo la settima morte violenta in meno di tre mesi, stesso
modus operandi: una pugnalata netta al cuore e una mela rossa cacciata con forza
nella bocca spalancata". Si gratt la folta chioma bianca avvicinando il naso adunco
al corpo inerme steso a terra. Il piccolo uomo, di un'altezza al massimo di un metro e
cinquanta, era riverso a terra in una pozzanghera di sangue. Biancaneve, il nome
della serial killer attribuito dalla polizia, questa volta aveva scelto come luogo del
delitto il piccolo bosco di abeti bianchi che rivestiva gli appennini liguri. Il comune
denominatore degli omicidi era l'aspetto delle vittime: uomini di piccola statura, trafitti
al cuore con il medesimo pugnale, che da studi condotti dalla scientifica pareva di una
fattezza antica, forse risalente al XV secolo. Il killer, per l'accuratezza con cui i corpi
venivano collocati a terra e per la mancanza di ulteriori segni di violenza, era
probabilmente una donna. Erano state condotte ricerche nei vari negozi di antiquariato
e controllato il litorale ligure. Nulla. L'ipotesi era che la donna, affetta probabilmente
da un grave squilibrio psichico, attirasse le potenziali vittime utilizzando la sua
sensualit, colpendoli poi di sorpresa e uccidendoli a sangue freddo. Il movente era
ancora sconosciuto, ma una squadra di profiler ci stava lavorando. Era il caso pi
difficile a cui mai avesse assistito, nulla sfuggiva all'ispettore Massimo Ferrario. I nani
di Biancaneve erano sette, quindi forse, questo omicidio era l'ultimo della lunga serie.
L'ispettore si alz, aveva bisogno di andare a casa a riposarsi, un bicchiere di brandy
e il suono del suo violino, gli avrebbero schiarito le idee.
Si sedette pigramente sulla chaise longue posta davanti alla vetrata del suo
appartamento sito al quarto piano di una palazzina prospiciente il mare, punt gli occhi
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verso l'orizzonte e fece correre i pensieri. Settimo omicidio, senza che le indagini
avessero prodotto risultati, un guaio grosso che poteva compromettere la sua carriera.
Guard l'orologio e si rese conto che mancavano poche ore all'incontro con il
Questore Alessandro Amadio, il nuovo funzionario messo a capo della questura il
mese precedente, quando gli omicidi erano solo tre. Una persona dal carattere forte,
duro con i collaboratori e che pretendeva il massimo. Ogni volta che un ritrovamento
veniva fatto Amadio rivolgeva la propria rabbia su di lui, quasi fosse il responsabile di
tanta violenza. Ma questa volta aveva pensato a qualcosa di diverso, grazie all'aiuto
della sua collaboratrice Cleo Patrasso era entrato in contatto con una sensitiva, una
donna torinese molto nota nel giro della Polizia piemontese, Nadia Fambotto. Negli
ultimi sei mesi era riuscita ad essere la chiave di volta nelle indagine riguardanti
l'assassinio del noto industriale del caff Paolo Albertazzi, collaborazione tenuta sotto
il pi stretto riserbo e filtrata grazie a Cleo, che aveva avuto una tresca in passato con
il Commissario Capo della sezione omicidi torinese. Prese il violino e lo appoggi
nell'incavo del collo; quel contatto lo mise in pace con se stesso e il mondo. L'archetto
part e le note della Romanza in Fa Maggiore di Beethoven riemp l'ambiente. Suonare
gli serviva a stuzzicare la mente, rendendola pi propensa all'analisi. Ma purtroppo
c'era poco su cui pensare, quindi lo mise via, raggiunse la camera e sfil la vestaglia
di cotone leggero azzurra a disegni damascati di Bown of London, riponendola con
cura nell'armadio. Quel capo, unito al violino erano ci che rendevano Ferrario un
ispettore fuori dagli schemi.
-Se vi ho convocati qui perch Biancaneve non si fermer, e prima che alla sua lista
venga aggiunta l'ennesima vittima ho pensato di utilizzare una squadra un po' diversa
stavolta- Disse l'ispettore Ferrario.
- Con me c' la famosissima sensitiva Nadia Fambotto, e mi sono permesso di
aggiungere alla squadra una persona che non vi piacer, di sicuro, ma potr rivelarsi
fatale per le indagini- disse tutto d'un fiato il questore Amadio- Entra pure..- aggiunse
poi battendo la mano sulla porta d'ingresso.

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Ad entrare in ufficio fu Ana Kuntzer, un ex assassina, adesso mezza collaboratrice di


giustizia.
-Amadio portarmi qui in squadra una criminale!? Ma sei impazzito, con la Patrasso
pensavo di essere al completo!- rispose Ferrario ormai furibondo.
-Non mi dispiace immischiarvi con voi, in fondo era il mio mestiere, potrei prendere
Biancaneve in flagrante, fossi in te ci penserei bene sul da farsi. Intanto qualcuno ha
qualcosa da mangiare? In gattabuia si mangia da schifo..- Disse Ana completamente
divertita.
Ferrario sospir un paio di volte, batteva il suo piede destro in un modo cos frenetico
da sentirsi negli uffici accanto. L'idea di collaborare con una criminale gli stava
davvero stretta, al contempo possedere una squadra cos variegata, cos valida, alla
ricerca dell'assassina, gli sembrava davvero una proposta allettante.
-Siete tutti arruolati allora, ma dopo questa cosa, ognuno torner al posto suo!Aggiunse Ferrario sprezzante rivolgendosi alla Kuntzer.
Quella notte, ognuno della squadra speciale sogn cose strane. Il sonno non
conciliava con la realt. Ferrario prendeva a bocconi l'aria fresca dalla sua finestra.
La Fambotto interrogava le stelle, la Patrasso sorseggiava camomilla, Amadio
tremante in preda all'euforia, la Kuntzer distesa tra le sbarre, per l'ultima volta. Non
molto lontano Biancaneve preparava la sua melanera
- Devo uscire da qui!- urlo' Ferrario. - Ho bisogno di allontanarmi e di dormire nel mio
letto almeno tre o quattro ore!Si diresse verso la sua Renault 5 station Wagon e si avvi verso casa.
Quegli omicidi e il modo per risolverli erano ormai la sola cosa che aveva in mente.
Gli avevano fatto dimenticare perfino la discussione avvenuta nel pomeriggio con l'ex
moglie Paolina De Roelis, che faceva sempre questioni sull'assegno di mantenimento.
Il matrimonio era finito proprio grazie alla storiella con Cleo a cui Ferrario pensava
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ancora parecchio, ma la donna che puntava dritta ad un matrimonio a regola d'arte,


lo aveva un po' spaventato. Un matrimonio finito male bastava e avanzava. Adesso
doveva assolutamente dormire per essere lucido all'indomani e utilizzare al meglio
quel pop di collaboratori. Dunque, pettin con molta cura le basette bianche, mise la
crema per il viso, calz come sempre la cuffietta che durante la notte avrebbe domato
la sua chioma ribelle e si coric speranzoso. Come prima cosa, al mattino seguente,
aveva l'incontro con il Giudice preliminare, che lo inquietava non poco. Gi in passato
aveva avuto degli screzi importanti con la donna e, considerata la mole del caso che
gli era stato affidato, ne subodorava un ennesimo. Il caso andava risolto, pi in fretta
possibile! Si trattava di un serial Killer ed era sicuro che stava per colpire ancora!
Infatti guardando la situazione da tutte le angolazioni, magari sbagliando le
inquadrature e ritentando, il Ferrario pensava e strapensava che, no, non era normale
che un serial killer scegliesse un numero a caso, magari il sette, poi dopo ben sette
omicidi si fermasse per sempre. Non tornava. La mattina dopo, l'ispettore part a
randanella per andare a visitare la Kuntzer in cella. Arriv, la guard e lei gli rivolse
un'occhiata stufata: - Esco oggi, che cavolo mi porti le arance?
Nell'andare via in macchina, con la splendida Renault 5 Superspecial, i due parlarono
un po', per la precisione lei, perch lui non aveva una gran voglia di 'interagire' e Ana
K. gli disse che, beh... era impossibile che un serial killer si possa fermare dopo un
certo numero di omicidi. Magari vorrebbe, ma una dipendenza, pi o meno come la
torta di riso, non riesci a smettere.
Ferrario sorvol sulla torta di riso, arriv sgommando in Commissariato e i due
entrarono di corsa. I collaboratori erano gi tutti presenti, c'era persino la Fambotto,
ma di Amadio nessuna traccia... e grazie, quando mai quello era arrivato in orario da
qualche parte?
Impaziente, si prepar a fare un resoconto ai presenti e chi c'era c'era.
*

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Poco pi in l, sulla collina, un ometto piuttosto antipatico e dalla vocina querula fu


massacrato alla trentaduesima battuta a doppio senso che rivolgeva a qualcuno che
da lontano poteva sembrare una donna, alta, vestita con... no, forse i dettagli non li
avrebbe intuiti neanche la Fambotto. Rimase steso a terra e la donna si pieg su di
lui. Se ne and lasciandogli una mela Golden in bocca, che almeno smettesse di
sparare di quelle solite balle.
Il Ferrario stava ormai parlando da un quarto d'ora davanti a tutta la sua potente e
variegata squadra e tutti erano gi semiaddormentati.
- Datti una scossa babbo, vieni al sodo che qui 'ste cose le sappiamo gi tutte - fece
la Kuntzer con tono altamente scocciato.
- Silenzio! In questa fase dell'indagine molto importante fare il punto della situazione
e raccogliere le idee, altrimenti ci troviamo con un altro cadavere che neanche ce ne
accorgiamo - rispose seccato Ferrario guardando la Kuntzer da sopra gli occhialetti
- Qui va a finire che raccogliamo solo insulti e trasferimenti se non troviamo il bandolo
di questa intricatissima matassa - si intromise Cleo - Ispettore, ma lei non crede che
Biancaneve potrebbe fermarsi qui? In fin dei conti i nani erano sette... - chiese
ostinandosi a dargli del Lei in mezzo ai risolini divertiti di chi sapeva della storia tra il
Ferrario e la sua bella assistente.
Proprio in quel momento arriv l'Amadio scurissimo in viso. Aveva un tale cipiglio che
nessuno os neppure salutarlo. - Cosa diavolo fate ancora qui?
- P..perch Signor Questore? - azzard a domandare il Ferrario.
- Ferrario, lei in una bruttissima posizione, se lo lasci dire, davvero bruttissima!
- C...che succede? - balbett Ferrario a disagio.
- Ah, e mi chiede pure che succede! C' stato l'ottavo omicidio, caro il mio ispettore!

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Un coro di espressioni di stupore misto ad incredulit echeggi nella stanza. La


Frambotto si copr gli occhi con le mani e disse: - Vedo una donna...alta..- Bella scoperta - le fece eco la Kuntzer, ma lei continu - Orione... Orione mi ha
detto...
- Na, - esord l'Amadio - vedi di dire ad Orione che ti avverta prima la prossima volta
- e, rivolto agli altri: - Ci vogliamo muovere e andare sul luogo dell'ottavo delitto oppure
state aspettando che Biancaneve venga qui a costituirsi? La donna torn a casa, come se nulla fosse. Si tolse i vestiti e s'infil sotto la doccia.
Lo faceva sempre, dopo un delitto, sentiva il bisogno di lavare via l'odore del sangue
di quelle disgustose creature. Nani. O poco pi. Esseri insulsi che non avevano alcuna
ragione di esistere. Tranne che per lei. S, perch lei aveva una missione da compiere.
Ucciderli tutti.
Ripens alle sedute che i suoi genitori, su consiglio degli insegnanti, dalle medie in
poi, le avevano propinato dallo psicanalista. Dopo un lunghissimo e costosissimo ciclo
di "terapia" era giunta la sentenza del luminare: "sindrome di Biancaneve". La ragazza
che un tempo era stata, si rimpinzava di cibo per poi rigettarlo, alzava il gomito,
abusava di farmaci e aveva atteggiamenti ferocemente autolesionistici. Questo finch
non si era resa conto della causa del suo "male oscuro". Chi aveva sempre preteso
da lei la perfezione assoluta? Chi aveva sempre preteso i voti migliori, i risultati migliori
nelle attivit sportive, chi l'aveva voluta sempre accondiscendente, elegante,
beneducata? Chi le aveva procurato un senso di permanente inadeguatezza e un
impulso crescente a migliorarsi, alla ricerca di una perfezione che mai avrebbe potuto
raggiungere? Sua madre. L'avvelenatrice. Colei che non ricercava il bene della figlia
ma pretendeva la sua perfezione, per potersene gloriare e vantare con gli altri. E
vivere di luce riflessa. Questo finch era stata piccola. Da adolescente le cose erano
cambiate, anche se, inconsapevolmente, era sempre alla costante ricerca
dell'approvazione della madre. Capace, questa, di lodi sperticate ma anche di critiche
demolitrici della sua gi scarsa autostima.

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Ricordava ancora il suo sguardo incredulo quando l'aveva uccisa. "Perch?" aveva
avuto il coraggio di chiedere. Dopo, aveva ucciso anche suo padre. Un uomo
"piccolo". In tutti i sensi.
L'auto della Polizia era ferma in via Pia, centro storico di Savona, davanti ad un
ingresso dal portone risalente alla met del sedicesimo secolo. Un gruppo di curiosi
rumoreggiava, tenuto lontano a stento dagli agenti. Si vociferava che la vittima fosse
il famoso ristoratore Paolo Parodi, proprietario dei due migliori ristoranti in citt.
Questa volta Biancaneve aveva colpito in alto, uccidendo una persona stimata e
facente parte anche del Consiglio comunale in qualit di capo gruppo. Ferrario scese
nervosamente dall'auto, aspir una boccata dalla pipa elettronica e la nascose
prontamente in tasca. Amadio odiava il fumo, ma in quei momenti l'ispettore aveva
bisogno della pipa per mantenersi calmo, anche a costo di ricevere una lavata di capo
dal Questore. Flash di fotografi e urla lo raggiunsero appena fuori dall'auto di servizio.
-Massimo!- sent gridare. Si volt, riconoscendo la voce, e si trov a fissare la
giornalista che ultimamente gli aveva dato parecchio filo da torcere, Giovanna
Mastronatale del Secolo XIX. Erano amici da parecchio tempo, sin da quando si era
offerto di farla partecipare ad indagini per via di un servizio giornalistico, tre anni prima.
Da allora la collaborazione tra i due si era infittita, complice l'amicizia che li legava.
Ma per colpa di Biancaneve e la sua idea di diventare redattrice capo della sezione
cittadina, ultimamente ogni articolo che usciva veniva usato per colpire la Polizia e in
special modo lui. Le fece un cenno di saluto, quindi si volt.
-Non puoi far finta di nente!- sent urlare. -Ispettore Ferrario, questo l'ottavo omicidio
in citt, quanto vogliamo andare ancora avanti? Devo forse intervenire io a farvi
vedere come si conducono le indagini?!?- quella frase lo blocc sul posto. La rabbia
fu trattenuta a stento.
La stratton per un braccio:
- Vieni con me Watson e vediamo se puoi essermi d'aiuto

29

Parodi era accasciato a terra, dilaniato da trentadue colpi di pugnale con in bocca una
mela gialla.
-Ragazzi forse questa volta abbiamo un indizio - esord lispettore - la mela una
Golden e non una Pink lady come nei precedenti omicidi, il modus operandi
differente, sta a significare come l'ottavo nano sia di particolare rilevanza
Cleo intervenne con il suo fare da prima della classe:
- Forse lassassina ha commesso un errore, vuole farsi catturare
- Tutte stronzate - esord Ana sputando lo stuzzicadenti per terra - Questo un indizio,
vuole sfidarci
Ferrario sobbalz sui mocassini verdi vellutati: - Qualcosa da dire Gi?
La giornalista ammutol.
- Bene mettiamoci al lavoro, dobbiamo controllare tutto sulla vita di questuomo, voglio
conoscere le sue abitudini, i suoi amici e cosa ha mangiato a colazione, questa volta
la becchiamo!
Qualcuno gli poggi la mano sulla spalla, Paola avvolta in un abito firmato comprato
con gli alimenti di Ferrario salut tutti tranne Cleo.
- A cosa devo la tua presenza? - chiese l'ispettore con salivazione azzerata per
lemozione
- Credo che possiate aver bisogno di me, la mia professione di psichiatra vi sar di
aiuto
- La killer soffre indubbiamente della sindrome di Biancaneve, forse il caso che diate
una controllata anche ai reparti psichiatrici degli ospedali della zona

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- Vedo, vedoOrione - url Nadia roteando su s stessa - Vedo un maiale, anzi no,
un facocero, tutto rosso - e poi con gli occhi rigirati svenne
- Il facocero rosso, noto locale di lap dance di Savona - esclam con un sorriso sulle
labbra Ferrario, ignaro degli sguardi di odio provenienti da Paola e Cleo.
*
"Il Facocero rosso" un tempo era stato il ritrovo pi famoso di tossici, chiamato
volgarmente The yellow apple, per via del linguaggio in codice con il quale si
richiedeva una dose. Una mela era un grammo, una mela gialla una doppia dose.
Ferrario aveva sgominato questa banda di malfattori, e al posto suo, era sorto il
rinomato Facocero rosso. Non tutto era a regola in quel locale, ma i servigi che offriva
alla clientela, tanto pi se appartenente agli ''sbirri'', erano al di l di ogni aspettativa.
Che la veggente Nadia avesse avuto la giusta visione? Quella sera l'intera squadra
speciale era appostata in vari punti del locale, tutti tranne Amadio, irraggiungibile da
pi di tre ore. Le luci erano soffuse e riscaldate, i banconi fiorenti di drink pronti da
bere. I pali i pi vertiginosi mai visti in giro. Le ragazze pi acrobate denudate che
ballerine vere e proprie. Ferrario sedeva al bancone dei drink completamente
ipnotizzato da due calze a rete. Cleo gli corse in contro rialzandogli la mascella
cadente con l'indice. Nadia tremava di paura, la chiama estasi da visione, ma piuttosto
assomiglia ad una crisi epilettica. Anche la giornalista Gi era accorsa al locale, forse
sentendo nell'aria un certo fermento.
- Amadio non risponde al cellulare, qui tutto fermo, tutto culi e fumo, dove diavolo
si sar cacciato?- grid Ferrario per contrastare il volume della musica assordante.
-Amadio dici? Cazzo! Quanto alto il questore?- chiese d'un tratto la Kuntzer gridando
di rimando
-Un metro e cinquanta credo, cosa vuoi che ne sappia??!- rispose Ferrario

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- Non un nano, ma di bassa statura, appartiene alla nostra squadra, la stessa che
le sta dando la caccia, non risponde al cellulare da tre ore. Cosa ti serve ancora per
capire che forse un'altra vittima?- Concluse la Kuntzer.
Sul monitor inizi a lampeggiare una frase.
"Vieni in terrazza se non siamo ALLA TUA ALTEZZA!"
Tutti scattarono.
- Per tutte le fottutissime coronarie che non mi sono ancora saltate!! Amadio in
pericolo! - Esclam Ferrario.
- Ma senti 'sto fenomeno! Sono due ore che sto cercando di dirtelo rinomatissimo pirla
che non sei altro!- Lo canzon la Kuntzer e aggiunse: - Muoviamoci, andiamo tutti
sulla terrazza! Pi siamo, pi possibilit abbiamo di salvare il questore, a patto di
essere ancora in tempo! Presto presto, non perdiamo altro tempo prezioso!Si precipitarono tutti verso l'ultimo piano dell'immobile e arrivati sulla terrazza, Ferrario
spalanc la porta e, per primo, vide Amadio, completamente nudo, con una mela
verde Granny smith ficcata in bocca, legato al braccio della parabola satellitare e
bendato con uno slip da donna di buona fattura.
Seguirono tutti gli altri.
- Oh mio Dio!!- url Cleo Patrasso - Amore mio grande, Pagnottino dolce, che t'hanno
fatto?- E gli tolse lo slip che gli aveva bardato gli occhi.
- Come, amore mio? Ma pure con lui adesso? Eccheccosa! Ti vuoi proprio sistemare
a quanto vedo!- Disse Ferrario tra il sorpreso e lo stizzito.
- Non il momento adesso!- Tuon la Patrasso. - Piuttosto, smettila di dare aria alla
bocca, togliti la vestaglia che hai sotto il cappotto, perch ti conosco e so che ce l'hai,
e coprilo un po'! Non vedi che muore di freddo?-

32

Intanto Amadio faceva roteare gli occhi come a comunicare qualcosa e la Kuntzer,
che a cervello era ben fornita, disse:
- magari se qualcuno di voialtri si decide a togliergli quella mela dalla bocca...E durante tutto questo frastuono, ad un certo punto, si sent sbattere la porta di
ingresso della terrazza.
- Era ancora qui cazzo! L'assassino era qui e ce lo siamo fatti scappare! - Url a
squarciagola la Mastronatale. - Avanti tuttaaaa, inseguiamolo!!! Ferrario si separ a malincuore dalla sua vestaglia a scacchi rossi e verdi in mussola,
ma per il bene e il pudore del questore lo fece. La Kuntzer, fisico tonico e atletico,
abituata a lunghe sedute di allenamento in carcere, salt dalla ringhiera e si appese
come Spiderman ai bordi delle finestre.
-La porta chiusa, ma penso di riuscire ad intercettare il killer!- url al team sulla
terrazza.
La sensitiva Nadia lanci un urlo, esclamando frasi sconnesse, tra le quali
Mastronatale riusc a cogliere le parole "Kuntzer", "pericolo" e "morte".
-La Kuntzer in pericolo! Presto, dobbiamo raggiungerla in qualche modo!Si affacci alla ringhiera, ma valut che non sarebbe riuscita a sopravvivere ad un
salto da quell'altezza.
-Mio Dio, mio Dio...- Amadio, ripresosi dallo choc si avvicin a Ferrario, il viso esangue
e tremante. -E'... una donna.... io... la conosco...Un colpo di pistola, grida, il segnale d'allarme del locale inizi a suonare. Videro
persone fuggire verso l'esterno impaurite, alcuni caddero, finendo calpestati. Ferrario
tir fuori il cellulare di sevizio e chiam rinforzi. Sapeva di stare agendo troppo in
ritardo, ma gli eventi avevano fatto precipitare le cose, rendendo tutto frammentato.
Un urlo, alto e prolungato fece accapponare la pelle a tutti. Sull'esterno, in piedi, ma
33

con passo infermo la Kuntzer avanzava, reggendo il braccio sinistro con la mano
destra. Anche da quell'altezza il team non pot non notare la grande macchia rossa
che inzuppava la canotta della ragazza. Poi il suo passo si blocc, gir la testa verso
l'alto e cadde in avanti, come un burattino a cui sono stati tagliati i fili. Il killer l'aveva
colpita, lei si era sacrificata per loro e questo fece esplodere in Ferrario una furia cieca.
-Avanti, mi dica chi !- url ad Amadio, strattonandolo per i risvolti della vestaglia.
Amadio fiss con occhi vuoti lispettore:
- Io, ionon ricordo nulla
Poi si accasci a terra come un palloncino sgonfio.
- Maledizione questa non ci voleva
Cleo sotto lo sguardo inviperito di Ferrario si avvicin al questore accarezzandogli la
spalla avvolta dall'improbabile vestaglia. Lispettore stizzito raccolse la mela
- questo frutto avvelenato, probabilmente impregnato di Triazolam
- Ecco spiegata la sindrome di amnesia globale transitoria, causata da barbiturici intervenne una voce alle sue spalle.
- Paola, ma doveri finita? Stai bene?
- Sono rimasta bloccata al piano di sotto Comunque gli ipnotici causano una perdita
temporanea della memoria, entro un paio di giorni dovrebbe tornare alla normalit
- Amadio allora in pericolo, perch non stato fatto fuori come gli altri?
Colto da un moto di zelo, Ferrario baci la guancia accaldata di Paola che non si
allontan da lui. Ana stesa a terra in attesa degli aiuti con il sangue che le colava a
fiotti riusc ad emettere gli ultimi flebili suoni :

34

- Lho vista di sfuggita quella maledetta: indossava un labito nero e i capelli corvini le
ricadevano sulle spalle
La Mastronatale continuava a prendere appunti, avrebbe scritto un libro su questo
caso e magari vinto il premio Pulitzer.
- Vedo Orione - sentenzi Nadia - lei qui fra noi, sento la sua presenza - svenne poi
a terra sulle gambe del povero questore
- Presto, lambulanza sta arrivando, seguitemi non c tempo da perdere
Il gruppo di superstiti si affrett lungo le squallide scale illuminate da una luce soffusa.
Si bloccarono tutti quando Ferrario improvvisamente si arrest. Una bellissima donna,
dai capelli ricci e scuri avvolta in una tutina di latex si avvinghi a lui con fare suadente.
- Rossella! - esclam con un filo di voce lispettore.
Gli premette contro le labbra con passione, facendo aderire il corpo a quello di
Ferrario, sotto gli occhi sbigottiti delle due donne al seguito. Il fisico statuario della
ragazza, esaltato dalla tuta che non lasciava niente all'immaginazione, mand in crisi
Paolina che fugg oltre. Cleo inghiott amaro, ma non si ecliss; era pur sempre un
poliziotto, abituata a mostrare coraggio ed abnegazione, anche se in quel momento
avrebbe voluto conficcare le proprie unghie nel collo di Massimo. -Per un momento
ho creduto ti fosse capitato qualcosa- Rossella si stacco da lui e lo guard come una
micia in calore. Ferrario prov finalmente un moto di imbarazzo e con notevole
difficolt le stacc gli occhi di dosso.
-Vi presento Rossella Antonelli, mia... cara amica e funzionaria della DIGOS di
Genova.Cleo esplose in una risata, attirando l'attenzione di Rossella. -E che fai, arrotondi lo
stipendio ballando attaccata ad un palo?-Non proprio, ma se non succedeva tutto questo putiferio ero in procinto di arrestare
la banda dei Marconi, i famosi spacciatori con base al Facocero Rosso.35

-Com' che non ne sapevamo nulla?- chiese Ferrario, stupito. Poi cap che la
domanda sarebbe rimasta senza risposta.
Il suono dell'ambulanza port tutti alla realt. Corsero all'esterno, osservando i militi
caricare Ana intubata. La Mastronatale sal sul mezzo, mentre Paolina fece cenno a
Ferrario, Cleo e Nadia di raggiungere l'auto di servizio.
-Vengo con voi!- sentirono dire da Rossella, che come una gazzella li raggiunse.
L'ambulanza part, mentre sull'auto della Polizia al seguito il silenzio e l'imbarazzo
impedirono loro di proferire parola.
Cleo, amorevolmente, e non senza un pizzico di rivincita verso il bell'ispettore che
tanto si dava da fare, si rivolse ad Amadio per assicurarsi della sua salute e di tutto il
lavoro che aveva fatto per accalappiarlo:
- Gioia delle mie insulse e monotone ore del giorno, zuccherino di canna mio,
parlami... ti ricordi di me? Sono la tua giraffina... sono quella che ti ha chiesto l'anello
ma a cui hai regalato la pentola a pressione; quella che ti aveva proposto di fare un
viaggio alle Canarie ma a cui hai detto "non sarebbe meglio un agriturismo nei dintorni
tra scrofe e galline?". Parlami di ti dico! Reagisci! Si pu sapere chi ti ha ridotto cos?Amadio, ancora allucinato riusc solo a dire:
- Ma io...ecco...ricordo solo una donna... bruna, con una fascia rossa nei capelli...
zigomi perfetti... bestiale e primitiva, uno sguardo di acciaio... ma di te proprio non mi
ricordo e nemmeno della pentola a pressione... sono cos stanco...- E buonanotte al secchio! Che sar mai, Terminator in gonnella? E se la vogliamo
dire tutta, caro il mio questore, tu sei sempre stanco! Non mi fare parlare, che meglio!
Ragazzi, da questo non caviamo nemmeno mezza fava lessa! Sta parlando a
vanvera, tanto per non perdere il vizio! Concentriamoci...si tratta di una donna.
Dobbiamo circoscrivere le indagini ad una donna, a questo punto.-

36

- Ma va?- Intervenne Rossella, - E chi sarebbe questo pozzo di scienza?- aggiunse la


donna rivolgendosi a Ferrario.
- Ehi, non offendiamo, che non ci metto niente a buttarti nel secchio dell'umido,
considerato come sei vestita!- Tuon la Patrasso indispettita.
- Basta!- Intervenne Ferrario - Mi venuta un'idea! Ma ho bisogno di un'esca...Arrivati alla Centrale si riunirono tutti e la Patrasso, guardando in tralice il Ferrario
chiese lumi sull'idea dell'ispettore:
- Allora Ferrario, dicci che esca ti serve e vedremo se ne troviamo una che voglia starti
ad ascoltare
- Parla tesoro mio, sono tutt'orecchi. Ti trover qualsiasi cosa ti serva - disse
languidamente Rossella, infilandogli la mano sotto la giacca ed accarezzandogli il
petto.
Ferrario sudava un po' freddo ed ebbe qualche problema ad esporre la sua idea.
- Volete che vi lasciamo soli? - disse Cleo con le mani sui fianchi e con la voce di due
o tre toni pi alta del normale, mentre la Fambotto roteava gli occhi verso l'alto, ma
non perch stava andando in trance e Paola iniziava a prendere un colorito violaceo.
- Torniamo a noi! - disse il Ferrario asciugandosi il sudore e cercando senza successo
di scostare da s la Rossella.
- Guarda che noi siamo stati sempre qui, sei tu che forse ti sei perso per strada ringhi Cleo.
- A...allora.... - inizi il Ferrario - Temo che l'assassina sia una di noi, una poliziotta
insomma. Dobbiamo trovare come esca qualcuno basso di statura -.
- Ma dai? - fece quasi sovrapponendosi alle sue parole la Patrasso - non ci saremmo
mai arrivati se non ce l'avessi detto tu. Che acume! Mi complimento, ispettore. - disse
sarcasticamente.
- Ti trover chiunque tu voglia, luce dei miei occhi. Ti metto tutta la mia squadra a
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disposizione - disse Rossella aggiustandosi un ciuffo ribelle che si era separato dagli
altri perfettamente a posto.
*
Biancaneve raggiunse l'auto parcheggiata a due isolati di distanza, una Smart nera,
e part senza troppa fretta. Incroci un'auto della Polizia e subito dopo una dei
Carabinieri. Aveva creato un bel trambusto, ma aveva pure rischiato di essere presa,
per colpa di quella gazzella in canotta dal fisico atletico che si era calata dalla facciata
del locale. Odiava uccidere senza un motivo, ma in cuor suo sperava ardentemente
che Ana Kuntzer fosse passata nel mondo dei pi. Ricordava ancora quando l'aveva
arrestata, bloccandole le mani con le manette. Un vero piacere, come lo era stato
poco prima, quando aveva scorto i suoi occhi stupiti. Gir in una strada poco illuminata
e accese la radio sulla stazione locale. Di l a poco sarebbe stata data la notizia e non
vedeva l'ora di ascoltarla.
"Otto nani morti, meno uno questa sera, tutti son sepolti, all'ultimo solo una mela"
canticchi tra se, ridendo.
Il Questore, quell'odioso piccolo ed insulso essere si era spogliato come un verme,
chiedendo piet. Era bello poterlo comandare, come lui aveva fatto per tanti anni con
lei. Avrebbe potuto finirlo, ucciderlo senza piet, invece si era inventato un modo pi
lento e piacevole, annullargli i ricordi con una massiccia dose di Triazolam, il cui effetto
era per transitorio. Nella sua testa gi vedeva lo svolgersi dei fatti; una nuova
incursione a casa Amadio, il terrore nei suoi occhi, un'iniezione potente di Trazodone
e per il poveretto un coma dal quale difficilmente sarebbe potuto uscire indenne. La
sigla del giornale radio la sorprese nel mezzo del delirio, dopo di che la voce della
speaker, presente sul luogo inizi a narrare gli eventi. Sost a bordo strada, alzando
il volume.
"... sembra che la persona che rimasta ferita, che si reputa sia un agente sotto
copertura, sia sopravvissuta allo sparo e che versi in condizioni preoccupanti..."
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Giunti in ospedale, la Kuntzer venne inviata d'urgenza in terapia intensiva, al


pianterreno. In seguito alla copiosa perdita di sangue, aveva perso del tutto
conoscenza. Il questore, invece, data la temporanea perdita di memoria, venne inviato
al reparto psichiatrico (dove Paola prestava la sua opera come consulente esterna)
finch non si fosse ripreso.
La Mastronatale attese l'auto della Polizia che arriv poco dopo e ragguagli il
quartetto sulle condizioni e sull'assegnazione ai reparti dei malati.
Ferrario si scur in volto. Non gli piaceva che fossero stati separati e soprattutto che
Amadio fosse stato ricoverato in Psichiatria. Chiss quante gliene avrebbe dette, una
volta tornato in s. Diede immediatamente disposizioni perch venissero messi degli
uomini a piantonare i locali interessati, sperando vivamente che non succedesse
nient'altro.
- Come sei efficiente! - disse la Rossella, strofinandosi contro il Ferrario. Cleo,
impossibilitata a trattenersi oltre, sbott
- Ma ti sembra il momento di effusioni? Eh? Non puoi proprio resistere? Vuoi che dica
ai medici di preparare una barella tutta per voi?
Paola borbott: - Ve la meritereste la barella, ma come dico io!
Rossella non parve affatto impressionata, scosse la testa facendo muovere i suoi
bellissimi ricci scuri e si accinse a rispondere. Non fece in tempo. Nadia inizi a roteare
gli occhi, finch non si vide solo il bianco. Inizi a tremare incontrollabilmente e ad
emettere suoni gutturali con una voce roca e profondissima. Il quartetto la guardava
realmente impressionato, finora non l'avevano mai vista cos. Nadia continu a
farneticare parole incomprensibili con quella voce che metteva i brividi. Continu per
un po', poi si blocc. Smise di tremare e cadde a terra svenuta. Quando rinvenne,
spalanc gli occhi
- L'ho vista! So chi ! - disse.

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Ferrario le era accanto, il viso visibilmente preoccupato. Un infermiere era accorso,


ma lui gli aveva intimato di fermarsi. Gli svenimenti della sensitiva erano all'ordine del
giorno, quasi un rituale che accompagnava la donna a pronunciare rivelazioni
importanti. Rossella si avvicin, ma appena scorse la luce fredda negli occhi
dell'ispettore fece marcia indietro. Non l'aveva mai visto cos scuro, lontano.
-Cleo, per favore, registra quanto sta per comunicare Nadia. Pu essere una prova
inconfutabile- l'assistente fece come le era stato ordinato. Ferrario appariva sotto
un'aria nuova, pi temibile.
-Linda Lerbarta...- pronunci con un filo di voce. -Assistente capo con numero di
matricola...Cleo si port la mano alla bocca. Lei e Linda erano state un tempo amiche inseparabili.
Non poteva credere che fosse un'assassina. Certo, aveva una passione per le armi,
per le storie horror e i libri di Stephen King, ma di l a diventare un killer ci passava di
mezzo il mare.
-Linda?- Ferrario fece cenno all'infermiere di intervenire. Anche lui possedeva ricordi
nitidi nei riguardi di quella che sarebbe potuta diventare la nuova Sovrintendente, se
non avesse avuto quel battibecco con il vecchio questore. Ma che c'entrava tutto
questo con l'omicidio in serie di tutti quegli uomini bassi di statura non se lo spiegava
proprio. E quelle mele, conficcate in bocca, quale significato possedevano?
-Cleo, dirama un mandato d'arresto per Linda.L'assistente si accinse ad eseguire l'ordine, ma appena prese in mano il cellulare sul
display comparve il nome della Lerbarta.
-E'... lei... Linda... Biancaneve...- rimase immobile, il viso bianco, incapace di
reagire.
-Cazzo, dammi quel maledetto telefono!- Ferrario glielo strapp dalla mano.

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-Non perdete tempo a cercare a casa mia, sono gi altrove!- Disse Linda dall'altra
parte del telefono. La sua voce era disturbata da un eco strano.
- Non ci posso credere che sei tu quella che stiamo cercando- rispose Ferrario ormai
rosso di rabbia.
-E invece dovrai proprio crederci piccolo dolce Massi, il mandato di cattura per
ficcatelo su per il culo, dopo tante donne, magari potrai riscoprire un piacere latente
per altre pratiche sessuali- Ribatt Linda
-Dove diavolo sei Biancaneve?- chiese il Ferrario
- Pi vicina di quanto tu possa pensareDelle flebili campane sembravano risuonare di sottofondo. La telefonata cadde con
un tonfo sordo. Biancaneve aveva riattaccato e il mandato di cattura sarebbe stato
emesso per una persona introvabile.
- So cosa stai pensando- disse sottovoce Cleo - Introvabile, ma non per noi, risalire al
luogo della chiamata un po' difficile soprattutto perch non eravamo preparati ad
una chiamata diretta, ma concentrati, cosa hai sentito precisamente oltre le sue
parole?- concluse Cleo poggiandosi allo stipite della porta di Amadio.
Ferrario pensava e ripensava. Ogni dubbio sembrava essere stato sciolto. C'era un
volto adesso a cui accomunare tutti quegli omicidi, c'era un nome a cui fare capo.
C'era una foto adesso, la citt ne era tappezzata, il notiziario strillava il nome di Linda
Lerbarta quasi come una cantilena. Mentre la notte sembr impossessarsi dei colori
per, l'insight sblocc uno dei problemi pi grandi. A mezzanotte precisa, il campanile
della chiesetta dell'ospedale inizi a suonare lentamente. Gli stessi rintocchi della
telefonata, la stessa cadenza, la stessa intensit. Un flashback chiaro gli spacc la
mente in due parti precise. Una Linda giovane e pulita che si legava i capelli con un
nastro rosso, e poi gli sorrideva.

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- Aumentate la sorveglianza alle due porte stanotte, lei verr a completare ci che
iniziato!- Strill Ferrario
Linda si era provata e riprovata quella maschera che aveva perfezionato nei minimi
particolari. Quella di creare maschere era un'arte che aveva imparato in giovent e
dalla quale non si era pi separata. Avrebbe potuto replicare il viso di chiunque avesse
voluto con i nuovi materiali che aveva a diposizione, ma questa volta non voleva
essere nessuno dei suoi colleghi, aveva scelto il viso di una ragazza da poco assunta
in ospedale, una donna n bella n brutta, con i capelli di media lunghezza, lisci e di
un normale castano. Anche se non faceva parte delle sue vittime tipo, aveva dovuto
ucciderla: le serviva una copertura per finire il suo lavoro. Indoss la divisa
dell'ospedale che prese dall'armadietto della ragazza: essendo il turno di notte
fortunatamente l con lei non c'erano altre colleghe e questo diminuiva di molto il
rischio. Aveva visto che sia davanti alla stanza del Questore che a quella di
quell'avanzo di galera della Kuntzer c'erano dei poliziotti di guardia, ma niente avrebbe
potuto fermarla, le seccava solamente dover perdere tempo ad uccidere la Kuntzer.
Questo imprevisto avrebbe rischiato di crearle dei problemi e la cosa la fece infuriare
ancora di pi di quando aveva sentito che era ancora viva. Immagin che la stessero
aspettando, Ferrario non era uno stupido, e che avessero intensificato la sorveglianza.
Decise di passare davanti alla stanza del Questore e fece un cenno di saluto ai
poliziotti di sorveglianza che ricambiarono il saluto. Si infil nella stanza a fianco e poi
usc di nuovo spingendo un carrello di medicinali e ripassando davanti ai poliziotti che
non la considerarono neanche pi. Aveva deciso: avrebbe lasciato la Kuntzer per
ultima, se le fosse rimasto tempo. Prese il botticino del Trazodone e lo iniett tutto in
una flebo che si mise in tasca. Ora si trattava solo di aspettare il momento buono per
dare inizio al suo piano.
-Ma io non posso credere che Linda abbia potuto compiere tutto questo- la voce
tremante di Cleo riemp la sala d'attesa, dove la Polizia aveva creato il quartier
generale. -Io la conosco da una vita, abbiamo fatto il corso da sottufficiali insieme,
sempre stata altruista, generosa...-

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-... ma anche spietata e fredda- continu Ferrario, rigirando tra le mani la pipa. Aveva
voglia di riposare, di infilarsi in una delle sue comode vestaglie e sprofondare sul
divano a pizzicare il violino. -Ricordate quando ha ucciso il palo nella rapina alla Cassa
di Risparmio di Savona? C'ero io con lei, ho visto il modo in cui ha fissato la vittima e
fatto partire il colpo. Sorrideva in quel momento.-Ma fu dichiarato che il rapinatore stava per estrarre l'arma. Si tratt di omicidio
eseguito a difesa di un collega- si intromise la Mastronatale.
-Si, ma avrebbe potuto mirare al braccio, ad una spalla o a una gamba. Invece un
colpo preciso e diretto in fronte, da distanza considerevole- Ferrario alz le
sopracciglia. -Cleo, ho bisogno di conoscere pi informazioni su Linda: famiglia, affetti,
corsi, fidanzati e tutto ci che riesci a sapere. Ricordiamoci che il vero mistero legato
a due particolari: le vittime di bassa statura e la mela conficcata in bocca. Devono pur
avere un cazzo di significato!-Gi, elementi fondamentali- Paola, da brava psicologa, si intromise. -Sono qui per
aiutarvi, vaglieremo i documenti insieme, sempre che tu sia d'accordo-.
Ferrario annu stancamente. -Penso che un po' di tregua possa servire. Mettiamo da
parte rancori e pensieri negativi-.
-Mi attivo subito con l'Interpol- esclam Rossella, afferrando il cellulare.
L'infermiera invisibile, non altro che l'assassina, balzava da una camera all'altra per
acquistare fiducia negli occhi di chi stava a guardare. Non se ne sarebbe rimasta
nascosta tutto il tempo per poi uscire allo scoperto. Quel giorno attacc una flebo alla
meglio, parl rapidamente con la famiglia di un malato terminale, ed ebbe persino il
tempo di somministrarsi del Trazodone. Lo usava in dosi davvero massicce, le serviva
contro la depressione. La squadra speciale era davvero in fermento. Tutti gli agenti
cercavano in ogni luogo possibile, in ogni stanzino dell'ospedale. Non trovavano nulla
che non fosse nella normalit. I medici tutti presenti, gli infermieri pure. Biancaneve
sorrise sotto i baffi, non lo faceva quasi mai. Ridere la faceva sentire sciocca, ma
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questa era una di quelle volte in cui farlo era soddisfacente. Sotto l'edificio un mucchio
di pattuglie. Nessun paziente riusciva a capire cosa stesse accadendo, nessuno
tranne quelli appartenenti alla squadra. Linda entr spedita nel reparto psichiatrico, i
due agenti alle porte del questore sembravano piuttosto rilassati, non era stato dato
nessun allarme. Linda chiese agli agenti di rimanere sola, mostr il tesserino puntato
sul petto e con molto sforzo stir un sorriso. I due si allontanarono qualche passo pi
in l, e la porta si richiuse alle sue spalle. Si avvicin al letto di Amadio, e mentre lui
dormiva gli tir uno schiaffo sulla guancia destra. Amadio spalanc gli occhi e davanti
a se vide la faccia dell'infermiera gentile che adorava. Essa tir via la maschera e
finalmente il suo volto torn quello dell'algida Linda. Prima che Amadio potesse urlare,
con tutta la forza che aveva Linda gli conficc la siringa di Trazodone nel collo. Esso
perse conoscenza, ma la finestra della stanza del questore era speculare con quella
della stanza della Kuntzer. Ferrario voltandosi vide Linda ferma ad osservare Amadio
che stava abbandonandosi.
Il viso di Linda in manette rimase a lungo impresso nella mente di Ferrario. Non
appena si accorse dell'accaduto corse come un pazzo lungo il corridoio che collegava
le due camere. Alcuni agenti lo seguirono, armi in pugno, mentre lui, incredulo, lasci
l'arma di ordinanza nella stanza della Kuntzer. Urt un dottore, quasi rovesci un
carrello di medicinali, si sent insultare, mentre a braccia aperte chiedeva strada e
urlava a tutti di mettersi al riparo. Linda sbuc dieci metri avanti, gli occhi spietati e
alzando il braccio fece partire una serie di colpi nella sua direzione. Uno si conficc
nell'avambraccio, fuoriuscendo e provocando in Ferrario un dolore che gli esplose nel
cervello. Ma non c'era tempo, continu a correre, incurante dei proiettili. Era la
disperazione a spingerlo avanti, la voglia di comprendere il motivo per cui una brava
agente scelta potesse essere diventata un'assassina. Linda cap di essere all'epilogo
quando guard in viso Massimo; un tipo calmo e rilassato come lui si era trasformato
in un segugio pronto a rischiare la vita. Un salto, il peso di Ferrario, e poi mani che la
bloccavano a terra. Era finita, nel peggiore dei modi.
-Spiegami...- le chiese l'ispettore, il volto cereo e affaticato.

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-Viso a viso, io e te- rispose Linda, calma e compassata. Fece cenno agli uomini di
lasciarli soli.
-Quattro anni fa mi sono allontanata dal servizio, andando lontano da qui. Vuoi sapere
il motivo? Quel bastardo del Questore Gabrielli, che comandava prima di Amadio, con
la scusa di una convocazione un giorno mi violent in ufficio. Quel piccolo gnomo
bastardo! Davanti agli occhi ho ancora la visione di un quadro con sopra dipinte delle
mele, mentre lui abusava del mio corpo. Lo uccisi investendolo qualche giorno dopo,
ma la mia sete di vendetta non fin l, presi a sfogarmi contro uomini piccoli di statura...Ferrario, a malincuore, fece scattare le manette.

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Zen, Cavalieri Biscottati E Larte Della Manutenzione Del Dromedario

Si chiuse la porta alle spalle, batt la suola delle scarpe sulla soglia con un movimento
a met tra il tentativo di far rumore ed il passo di flamenco, si accese una sigaretta e
guard la strada.
Sole, finalmente.
La nebbia di quell'inverno si era diradata ed il bel tempo caldo stava facendosi strada.
Aspir una boccata dalla sigaretta e senza volerlo gli part un mezzo rutto. Sper che
non ci fosse nessuno, l attorno. Il bello di quando ti succedono di queste cose che
i vicini, misteriosamente rimasti dietro i portoni di casa, escono tutti facendo finta di
essere passati in quel momento per caso; e se l'avessero sentito, chiss che figura.
Soprattutto, chiss chi se ne frega, dal momento che Johnny aveva l'intenzione netta
di non presentarsi pi da quelle parti, forse mai pi o forse dopo secoli.
La macchina con il pieno, il borsone con l'indispensabile, le chitarre, appuntamento
per passare a prendere i ragazzi da l a cinque minuti e tutto il resto fanculo.
S, esatto, proprio cos.
Era gi da un po' che ci pensava, ma la frase 'adesso basta, mi rifiuto' che lentamente
si era piantata in lui, nel tempo era cresciuta, si era formata, completa ed aveva preso
coscienza di s (e di Johnny) solo quella mattina.
Che fosse una porta per un futuro radioso o un precipizio, quello non lo sapeva
nessuno.
Butt a terra la sigaretta, la spense con la scarpa sull'asfalto caldo ed apr la porta
dell'auto. Aveva sempre desiderato partire sgommando come nei film e quella mattina
lo fece, che i vicini l'avessero sentito o no non era importante. Ciao, belli, io parto e
poi... poi si vedr.
Lo stereo a manetta. Gli dei del rock furono benigni: le note di The Heat is On di Glenn
Frey riempirono l'abitacolo. Forse non era la cosa pi trasgressiva mai ascoltata, ma
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era un buon inizio. Le ruote masticavano l'asfalto allegramente mentre lui continuava
il mantra "fanculo, 'fanculo, 'fanculo" abbandonando tutto: lavoro precario, affitto "al
nero", fidanzata isterica.
Raoul era seduto sul cordolo caldo del marciapiede. I Jeans scoloriti strappati sulle
ginocchia non per moda, ma per forte usura, gli stivali consunti e quell'aria
perennemente stanca che lo accompagnava dalla nascita. Accanto a s il borsone
militare pieno non si sa di che cosa visto che Raoul adottava la tecnica del "look fisso"
e il fidato basso riposto nella custodia; l'unico oggetto che aveva ancora una sacralit
per quell'uomo che, nonostante la giovane et, aveva visto anche troppo mondo.
Figlio di circensi, si era arruolato nei Marines dove aveva resistito quattro anni.
Congedato con disonore.
Era stato lui, durante una serata di prove scatenate, a dare il nome al gruppo: I
Cavalieri Biscottati. Erano tutti armati di sacro fuoco creativo, mossi da nobili
intenzioni d'arme e d'amor, ma appartenevano a una generazione che aveva avuto
abbastanza benessere e fette biscottate in abbondanza, ancora inconsci di cosa ci
fosse dall'altro capo del mondo, ignari di rischio e d'avventura. Era benevolo, Raoul,
perch, tutto sommato, anche lui si sentiva ancora abbastanza "biscottato"
nonostante

due

brutte

cicatrici

d'arma

da

fuoco

all'altezza

dell'addome.

Si stiracchi. Sorrise al sole. Johnny gli parcheggi a un millimetro dal naso. Sal.
Il clacson che suonava all'impazzata, il motore rombante che lasciava fuoriuscire una
nuvola di fumo nero e Raoul che sbraitava parole perse nel vento. Stacy mezza nuda
si affacci dalla finestra urlando una cosa come "Razza di degenerati figli di nessuno!
Potevate avvisare che si partiva prima, teste di cazzo che non siete altro".
Stacy, uno scaricatore di porto in un corpo da favola, non avrebbe certo mai ammesso
di essere in ritardo. La colpa era sempre degli ALTRI. Afferr le prime cose che riusc
a trovare, la scorta di marijuana e si infil una canottiera al volo sopra gli skinny.
Pi bestemmie che parole, ma quando prendeva un microfono in mano aveva una
voce che ti squagliava l'anima, roca e sensuale. Te ne innamoravi a primo udito, tanto,

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donne o uomini, Stacy non faceva distinzioni. Se gli piacevi, gli piacevi, maschio o
femmina che fossi.
L'avevano raccattata per strada, come si fa con un cane randagio, avvicinandola,
cauti, come bisogna fare con chi ha perso fiducia nel genere umano, dopo le violenze
subite dalla vita.
"Stacy prima o poi te lo rompo quel tuo divino culo"
"Ti voglio bene anch'io, dolcezza"
Johnny lasci cadere l'ennesima sigaretta fuori dal finestrino e lasci ruggire il motore
prima di ripartire mentre Stacy urlava a squarciagola sulle note di Immigrant Song,
urla di ghiaccio sotto un sole rovente di nuovo.
Il motore emise uno scoppio seguito da una nuvola di fumo nero e denso che invase
l'abitacolo della Citroen Diane 6. Johnny accendendosi l'ennesima sigaretta per
l'agitazione, scese dalla macchina sbraitando ed imprecando come uno scaricatore di
porto. Raoul diede due pedate alle ruote lise con gli stivali appuntiti.
"Stupido dromedario di sto cazzo" sbrait Stacy, "Jonny ti ho sempre detto di cambiare
sto rottame"
Jonny si avvicin alla sua macchina giallo ocra che amava come se fosse una figlia,
aveva passato dei momenti indimenticabili su quei sedili oramai logori e polverosi
fumando canne e rimirando le stelle. Era stata simpaticamente soprannominata
"dromedario" da tutto il gruppo, per le gobbe presenti sulla carrozzeria e per il colore
improbabile. Da lontano scorsero Nick che cercava di trascinare un borsone pi
grande di lui.
Dai Mason spicciati che abbiamo bisogno di un meccanico sbofonchi Johnny.
Nick batterista del gruppo, soprannominato Mason in onore del batterista dei Pink
Floyd, era un ragazzo magrolino tutto nervi con una folta criniera di riccioli biondi che
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incorniciavano il viso spigoloso. Figlio di noti medici, si era ribellato all'etichetta della
famiglia per diventare musicista. I suoi genitori, gli avevano tagliato i viveri, cos aveva
trovato un lavoretto nell'officina meccanica di un suo amico. Salut con un cenno la
combriccola e mentre Stacy si faceva aria con la maglietta, si avvicin alla Diane.
"Stai tranquilla piccola arrivato la zio Nick, in un attimo ti rimetto in sesto".
Prelev dalla piccola borsa attrezzi che portava sempre con s, delle pinze, una
brugola e una chiave inglese.
" Allora ragazzi che fate? State facendo meditazione ? Venite a darmi una mano.
Another brick in the wall aleggi nell'aria come colonna sonora di una nuova
avventura.
Nick sollev il cofano della Dyane, lo assicur con l'asta che aveva tutte le arie tranne
quella di sorreggerlo in modo sicuro e scomparve all'interno. Non che la Dyane avesse
un motore mai pi visto, ma a Nick piaceva fare scena di fronte agli altri che non
capivano un'acca di motori, mentre lui li adorava. Ogni tanto, come un sapiente
chirurgo, chiedeva che gli venisse passata questa o quella pinza e Raoul obbediva
incuriosito, mentre Johnny sembrava un padre alla nascita del suo primo figlio:
passeggiava avanti e indietro ed ogni tanto lanciava a Nick uno sguardo preoccupato.
Solo Stacy, con fare scocciato, stava in disparte con le mani sui fianchi a guardare i
suoi compagni con l'aria di quella che si gi rotta le scatole da un pezzo.
"E' ancora lunga questa storia?" sbott all'ennesima richiesta di qualche arnese da
parte di Nick. Nick riemerse dal cofano e tre paia di occhi la guardarono come si
guarda chi ha fatto la battuta pi idiota della storia.
"Va bene, va bene" rispose agli sguardi "statevene l come dei coglioni, io intanto mi
scolo una birra" e detto ci si prese una birra dal bagagliaio e si sedette per terra con
la schiena appoggiata ad uno dei pneumatici gustandosi la bionda. Dopo qualche
minuto Nick emise il suo verdetto:

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"Johnny, ma quand' l'ultima volta che hai controllato olio e acqua?"


"Mah...non mi ricordo bene... Deve essere un po' perch si era accesa anche una
spia, mi pare..."
"Ti pare? E da quanto tempo c'era la mi pare spia?"
"Ma...credo...ecco...forse un mesetto..."
"UN MESETTO?" Nick reag come se avesse sentito recitare l'Ave Maria."Idiota, stavi
per fondere il motore. Qui non c' pi nemmeno un goccio d'olio!"
Johnny si sent come uno scolaretto preso con le mani nella marmellata, mentre si
sent la voce di Stacy dire:
"E ti ci volevano tutte quelle pinze e tutto 'sto tempo per capirlo Nick? Non bastava
togliere l'asticella dell'olio e guardarla?
"Allora, tesoro mio bello, fanciulla dal mirabile aspetto, se invece di criticare mi
passassi la latta d'olio che c' nel bagagliaio, mi faresti un favore" le rispose Nick
scocciato.
Stacy part a razzo, sollev la latta con un tale slancio da rischiare di far volar fuori
anche un paio di tamburi di Mason e torn da lui.
"Tieni, minchione" comment, poi fece un cenno a Johnny che li guardava incuriosito
e lui cap al volo. Prese una delle sue chitarre e si sedette sul sedile anteriore, sportello
aperto e piedi fuori dall'auto. Imbast due accordi e Stacy gli and dietro.
"La mia vita un fandango neanche troppo lento
uno schema zoppicante che non rientra nei tuoi
canoni
per come sono fatta vivo sempre a cento
ma non ho trovato ancora una alternativa
valida..."
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"No, aspetta. Canoni, suona come stacco pausa e poi ca-no-ni, stacco ta-di-du..."
"E tu ci metti un sol, ti rendi conto? Anni a studiare le scale pentatoniche, fino alla
quinta, perch la settima era troppo per un fancazzista come te e mi pianti un Sol
maggiore, che scusa, darling, non c'entra un cazzo. E' bello, eh? No, davvero, ma
quell'accordo un invito a steccare"
"Provala in inglese, senti..."
"Provate a star zitti!" Nick riemerse dal cofano della Dyane e li guard con espressione
trionfante.
"Il dromedario ancora vivo" concluse "A bordo, rompipalle"
Il piano era risalire tutta la Pacific Coast per arrampicarsi fino a Seattle, la patria del
Grunge. Non un tour programmato, ma una avventura in piena regola. Johnny aveva
tirato gi da internet una serie di nomi, locali dove esibirsi, dove trovare, sul fondo di
una bottiglia vuota, un possibilit. Tutti quei chilometri alla ricerca di un vero inizio, di
qualcuno che li notasse, di uno straccio di foglio di carta da firmare, qualunque cosa
per quattro ignoti ragazzi.
La prima tappa era la citt dei visionari e dei sognatori, la loro patria insomma, luogo
dove rifuggire la vita programmata in cui stavano adagiandosi.
San Francisco si stagliava davanti a loro in tutto il suo caotico splendore, l'annusavano
nell'aria, la loro opportunit. Raoul inal a pieni polmoni:
"Ragazzi, posso sentire l'odore di un sogno che si realizza"
"Da quando sei cos poetico, scusa?"
"Ah non ricominciamo adesso, eh? Guardate qua!" Johnny sventol sotto gli sguardi
eccitati quattro biglietti d'ingresso per il The Fillmore, locale iconico di San Francisco
dove, dai Grateful Dead ai Led Zeppelin, passando per The Doors, Frank Zappa,

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Jefferson Airplane, The Who, Pink Floyd, Creedence, Hendrix, i pilastri della musica
si sono susseguiti nei decenni.
Stacy non riusc a trattenere un grido.
"IO potrei avere un orgasmo, adesso"
Forse si sentiva davvero l'odore di qualcosa, l'odore del cambiamento.
"Ok, piccola, Stacy mia bella, ma aspetta ad entrare, almeno" rispose Nick.
"Senti il romanticone... sei un minchione, lo dico e lo ripeto, ma tanto non lo capisci
comunque"
"Grazie, tesoro"
Raoul diede un tocco con il gomito a Johnny, gli fece un sorrisino ammiccante ed un
po' infantile e comment:
"Lo vedi, da un po' che fanno cos. Sta nascendo un grande amore, secondo me"
Johnny continu a fissare l'entrata del Fillmore. Per qualche strano motivo la battuta
di Raoul gli aveva dato fastidio.
"Se continuiamo a stare qui davanti, cos" proclam "non si combina un cazzo. Noi
che vogliamo, anzi dobbiamo, spingere pi avanti i nostri limiti, aumentare le sfide,
dobbiamo entrare. Entrare e suonare; e se non ci fanno suonare dentro, ci metteremo
qui fuori a far concorrenza a questi vecchi schizzinosi, finch tutti si accorgeranno di
noi. Altrimenti non sar valso a nulla"
Raoul gli sorrise, finalmente in modo pi amichevole e caldo:
"E bravo condottiero. Cosa aspettiamo? Forza"
Johnny prese in spalla le tracolle delle due chitarre, Raoul il suo basso ed un
amplificatore e Stacy e Nick, parte delle borse custodia dei tamburi, mentre lei

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continuava a riempirlo di improperi per lo strumento ingombrante che lui aveva deciso
di suonare.
Si fermarono di nuovo davanti all'entrata, fecero un gran sospiro e spinsero la porta
per entrare.
"Mi scusi..." chiese Johnny al primo che passava nel locale.
All'interno la musica li predisponeva decisamente bene. Alta, potente e soprattutto
suonata. Nessuna macchinetta elettronica a simulare suoni, ma otto indemoniati che
facevano rock vero. Finalmente.
"Mi scusi, stiamo cercando Thomas Rapton Maeyer"
L'uomo si ferm, li guard con il ghigno di chi ha gi capito tutto e si rivolse loro pacato:
"Sono io. Voi vorreste suonare qui, immagino. Quelli sono strumenti, non penso siano
fucili"
"Ehm... s..." rispose Johnny
"Ho gi visto questa scena milioni di volte. Avete un demo da farmi sentire... cosa vi
fa pensare che io voglia accettare?"
Stacy si fece avanti, and a due millimetri dal viso dell'uomo ed invent la risposta pi
diplomatica che la tensione le permetteva:
"Perch altrimenti ti attacco al muro, bello e garantisco che non per sedurti"
"Ah, ma piantala" rispose Maeyer sentendosi vagamente minacciato.
Stacy non la prese bene ed allung una mano tra le gambe dell'uomo.
Dall'espressione di lui, i ragazzi capirono che lei era decisamente passata alle
maniere forti. Si guardarono atterriti.

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"Scegli un numero" ordin lei "Scegli un numero o... beh, potrei stringere molto di pi.
La traccia che preferisci nel CD"
"Sette..." rantol Thomas Maeyer.
"Bene, adesso scegliamo un posto gradevole e riservato in cui ascoltare la canzone.
Bravo. Sai, sono tutte belle, ma la sette un'ottima scelta"
La Dyane fu parcheggiata nel retro del locale; il sole californiano picchiava duro sulle
loro teste, quando Maeyer li accompagn ad un palco montato all'aperto.
Cazzo, ma vuoi farci schiattare? esplose Stacy, le mani ancora frementi e pronte a
stritolargli le palle.
Dovrei sbattervi in mezzo alla strada, dopo la mossa di prima, bella mia, ma apprezzo
la grinta e le tue tette. Quindi vi do un'opportunit che pochi hanno avuto negli ultimi
anni: sentirvi dal vivo, come se foste davvero su un palco si gir verso il locale Tim,
Gary fuori, collegate l'attrezzatura.
Due tipi palestrati si diedero da fare collegando mixer e tarando gli strumenti. Maeyer
si sedette sotto al piccolo gazebo della regia, il cappello in mano sventolante.
Che mi fate ascoltare?
Traccia sette, come hai scelto, un rock melodico dal titolo Zen generation rispose
Johnny, lanciando lo sguardo agli altri. Stacy la vocalist, mentre Nick si occupa
della parte del coro...
Non mi interessano le presentazioni, suonate! grid Maeyer, massaggiandosi le
palle doloranti. Nick picchi tre volte le bacchette, Raoul sfior la prima corda e
improvvisamente il palco prese vita, attraversato da un suono limpido e ritmico che
fece voltare la testa a Tim, alla console.
Cazzo, sono davvero bravi. La tipa poi oltre che strafica ha pure un voce fantastica!

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Thomas non pot che annuire.


Hip said the boy Oh! said the girl
that is all one more point
neither like me nor like my head...
Le ultime note si persero nell'aria, mentre Maeyer si alz in piedi battendo le mani.
Che mi venga un colpo se questa sera non vi faccio cantare nel locale! Siete una
forza, ragazzi!
A quest'affermazione, segu un istante di assoluto silenzio, poi un'occhiata fra i ragazzi
e l'esplosione di gioia. Abbracci, sorrisi, pacche sulle spalle. Johnny che era il pi
vicino a Stacy, con un gesto che probabilmente non si sarebbe mai sognato di fare
prima, la strinse forte, sollevandola in aria. Lei rise ma quando la rimise gi, lo spinse
via, fingendosi offesa. Johnny temette di arrossire, per qualche oscura ragione era
imbarazzato.
Fu tutto talmente improvviso che gli altri non si accorsero di nulla e Nick, in un impeto
di straripante contentezza, si esib in uno scatenato assolo alla batteria.
Thomas applaud di nuovo
Ora basta ragazzi, io rientro, altrimenti finir liquefatto!
In effetti, il sole picchiava sempre pi duro. L'uomo si ferm quando vide Stacy
scendere dal palco e venire verso di lui. Forse voleva scusarsi o ringraziarlo, ma, non
essendo abituata a certe dimostrazioni di cortesia, stava ferma e zitta davanti a lui,
probabilmente cercando parole adatte da dire per quell'occasione.
Io...ehm... Non era per niente facile, per lei.
Il tizio cap E' tutto a posto ragazza. Se per mi fai dare una palpatina alle tette,
saremo pi amici di prima disse, cercando di fare lo spiritoso, per stemperare la

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tensione che si era creata. Lo sguardo di Stacy, da terra, si pos dritto su di lui,
minaccioso.
Stavo scherzando, stavo scherzando... si affrett a dire Thomas.
Lei mantenne lo sguardo duro per un po' facendolo sudare freddo, poi la sua risata
riecheggi nell'aria. Anche i ragazzi risero. Stacy allung la mano verso Thomas,
rimasto serio
Gran bella decisione! disse.
Lui la guard, titubante, poi si decise a stringerla Cavolo, ragazza, non dovrei dirlo e
non so neanche il perch, ma tu mi piaci.
E rivolto agli altri, ancora sul palco Anche voi mi piacete. Mi raccomando, per stasera
vi voglio belli carichi! Non fatemi pentire di avervi dato fiducia! disse e scomparve
all'interno del locale.
Stacy si volt verso i compagni
Allora? chiese Vi decidete a venir gi da l o volete dissolvervi come neve al sole?
Le stelle brillavano alte nel cielo, la notte sapeva di fresco e profumato. Johnny si
sedette a terra, poi si sdrai per potersi godere lo spettacolo del firmamento. Erano
partiti con l'intento di sfondare e ce l'avevano fatta, in poco tempo, grazie alla
cocciutaggine e sfrontatezza di Stacy e al genio di un tipo come Maeyer che li aveva
saputi capire. Johnny stentava a credere nel destino, ma quella volta gli voleva dare
un'occasione. Nella testa aveva ancora gli applausi e il boato che aveva
accompagnato la loro esibizione. Nick aveva sonato da dio, Raoul fatto cantare il
basso, Stacy raggiunto note cos pure e brillanti da vera artista. Anche lui, nel suo
piccolo, si sentiva soddisfatto, non pi quel tipo allo sbando che solo fino a qualche
giorno prima cercava la sua strada nel mondo.

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Una birra? Stacy apparve davanti ai suoi occhi, pi bella che mai. Non aveva mai
pensato a lei di pi che un'amica, ma doveva considerare che la bellezza era talmente
sfacciata da fargli battere il cuore. Le fece segno di sdraiarsi accanto a lui.
Siamo stati cazzutamente bravi! comment Stacy, porgendogli la bottiglietta. Ci
abbiamo creduto, ci siamo riusciti e tutto grazie a te, al tuo dannato dromedario e
quella certezza che non ti ha mai abbandonato.
Gi... riusc a rispondere. In effetti i Cavalieri Biscottati erano una sua creazione, il
sogno divenuto realt. Una scrittura per altre sei serate, la produzione di un disco in
studio e la promessa di Maeyer di essere il loro manager.
Che hai? Non mi sembri felice chiese la ragazza.
Johnny si gir, i suoi occhi brillavano pi delle stelle in cielo. Aveva voglia di baciarla,
di sentire le labbra di lei, anche solo per una volta, perch sapeva che Stacy non
sarebbe mai stata di nessuno. E all'improvviso accadde, e Johnny si sent rapito,
strappato al mondo e trasportato su una nuvola.
Che ci succede? chiese, tornando a guardarla.
Quello che sarebbe dovuto succedere una vita fa, quello che ho sempre sperato,
quello che desidero pi di ogni altra cosa al mondo, tu...
Ma Nick... Stacy gli tapp la bocca con la mano, gli sorrise e lentamente fece partire
le note di Zen generation.

Parte II
[ la vita parallela di Johnny ]

(Alessandro Civiero, Linda Lercari, Alessandro Amadesi, Nadia Finotto)


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Si chiuse la porta alle spalle, batt la suola delle scarpe sulla soglia con un movimento
a met tra il tentativo di far rumore ed il passo di flamenco, si accese una sigaretta e
guard la strada.
Sole, finalmente.
La nebbia di quell'inverno si era diradata ed il bel tempo caldo stava facendosi strada.
Aspir una boccata dalla sigaretta e senza volerlo gli part un mezzo rutto. Sper che
non ci fosse nessuno, l attorno. Il bello di quando ti succedono di queste cose che
i vicini, misteriosamente rimasti dietro i portoni di casa, escono tutti facendo finta di
essere passati in quel momento per caso; e se l'avessero sentito, chiss che figura.
Soprattutto, chiss chi se ne frega, dal momento che Johnny aveva l'intenzione netta
di non presentarsi pi da quelle parti, forse mai pi o forse dopo secoli.
La macchina con il pieno, il borsone con l'indispensabile, le chitarre, appuntamento
per passare a prendere i ragazzi da l a cinque minuti e tutto il resto fanculo.
S, esatto, proprio cos.
Era gi da un po' che ci pensava, ma la frase 'adesso basta, mi rifiuto' che lentamente
si era piantata in lui, nel tempo era cresciuta, si era formata, completa ed aveva preso
coscienza di s (e di Johnny) solo quella mattina
Che fosse una porta per un futuro radioso o un precipizio, quello non lo sapeva
nessuno. Butt a terra la sigaretta, la spense con la scarpa sull'asfalto caldo ed apr
la porta dell'auto. Aveva sempre desiderato partire sgommando come nei film e quella
mattina lo fece, che i vicini l'avessero sentito o no non era importante. Ciao, belli, io
parto e poi... poi si vedr.
Ecco. Con il sole radente ed accecante di prima mattina, la macchina usc dalla
tangenziale, verso l'autostrada, le marce tirate al massimo e il motore ruggente.
Johnny si sentiva molto Steve McQueen in "Bullit", solo che la sua auto non era una
Mustang GT 390 del '68, ma almeno lui non indossava quell'improbabile dolcevita
sotto la giacca di tweed!
Se la rideva, Johnny, dopo anni di tensioni, di incertezze, di grigiore, di una vita che
si poteva chiamare quantomeno abulica, stretta tra le smanie di Maddalyn, la sua
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fidanzata, da una parte e le fisime di Grotto, il suo capo, dall'altra... due piastre della
stessa

pressa,

che

stavano

soffocando

lentamente

la

sua

personalit.

Maddalyn, la volubile Maddalyn, alle volte un fuoco di passione e a volte un pozzo di


vanit e inavvicinabile alterigia. E poi quel nome. Come diavolo si faceva a chiamarsi
Maddalyn? Una specie d'incrocio tra Maria Maddalena e Marilyn Monroe. Certo, quel
nome la rappresentava molto, ed era quel suo essere ambiguamente posta tra
sensualit e trascendenza che aveva stancato Johnny. Quand' che l'aveva sentita
l'ultima volta? L'aveva chiamata per darle il benservito? No, forse no. Ma cosa
importava, ora occorreva mettere sotto i pneumatici pi chilometri d'asfalto possibili.
Poi c'era Grotto... la persona pi viscida e malfidente che Johnny avesse mai
conosciuto. La sua pelle sembrava grigia e coperta di un liquido amniotico refrattario
al mondo esterno. S, pagava bene, ma la natura dei soldi che arrivavano da Grotto
era quantomeno dubbia. Via, anche da lui, via da una vita che sapeva di stantio e di
marcio. Davanti a Johnny c'era una strada nuova e soleggiata. Sull'autostrada,
all'improvviso, il rombare delle motociclette di un branco di bikers. Sulle spalle una
scritta "Rusk Riders", i Cavalieri Biscottati.
Una parata di Triumph e Harley Davidson, ma quelle vere... quelle cazzute, ruvide,
rumorose, rombanti e polverose... non moto custom tirate a lucido e cromate da
sembrare pezzi da museo. Roba vera che aveva macinato strada tanto che i
motociclisti sembravano pi cavalieri di ritorno dalle crociate che quelle mezze
checche del giretto domenicale. Bandierine rosse bianche e blu sbatacchiate dal
vento, barbe incolte e troppo cresciute che avevano ormai preso la piega delle raffiche
ricevute sul volto, con gli occhialoni incollati al cranio e la pelle cotta dal sole.
Johnny lanci un grido di soddisfazione animalesca, mentre le moto superavano la
sua macchina, mentre scalava una o due marce, per farsi sentire. Il motore rugg
come la chitarra di Jimmy Hendrix all'inizio di Voodoo Child, ed i pistoni gridavano
vendetta, volendo quasi prendersi la libert di saltar fuori dal cofano. E chi l'avrebbe
pi ripresa quella mandria che trasudava libert, rumore ed evasione totale? Un
grande curvone dell'autostrada fece scomparire la scia delle motociclette e Johnny,
quasi entusiasta, alz al massimo il volume dell'autoradio. Almeno lui poteva
permettersi di avere la musica a palla mentre guidava col sole negli occhi.
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Ma s! Johnny sentiva di aver fatto la scelta giusta. Il mondo stava rotolando dietro di
lui, senza scuse, senza rimpianti. Johnny sentiva quanto era sensuale quella
sensazione sulla pelle, tanto da richiedere subito un contributo di nicotina e di una
birra fresca. Cos, di prima mattina. Che c'era di male? Non certo le manfrine di
Maddalyn, n le occhiate storte di Grotto, che tra l'altro, era ridicolmente strabico
all'occhio destro per davvero. Se la rideva, Johnny, appicciandosi una sigaretta e
maledicendosi di non aver buttato sul sedile posteriore in pacco da sei. Avrebbe
rimediato al primo drugstore sulla strada. Il sole cresceva e i sobborghi erano diventati
deserto.
"A-tengo gli occhi sulla strada, le mani sul volante... A-tengo gli occhi sulla strada, le
mani sul volante"... era un rhythm and blues, piatti e rullante, piatti e rullante e il suono
suadente, strisciante, trascinato di un'armonica; un rollio che andava bene per le
gomme sull'asfalto ..."rolliamo, baby, rolliamo, rolliano, baby, rolliamo... per tutta la
notte!"
Verso mezzogiorno i raggi del sole sembravano martellare sulla lamiera del tettuccio
e l'auto stava diventando un forno semovente. I finestrini aperti non davano ristoro:
l'aria che entrava nell'abitacolo era quella secca e rovente del deserto. A destra e a
sinistra dell'autostrada, solamente una pietraia dai colori smorti come un uovo cotto
alla piastra, ma se lo ferisci al centro esplode in un magma arancio e sostanzioso.
Qualche spruzzata di ferrite sulle rocce levigate dal vento dava un tocco di colore, e
le rare piante grasse, dalle foglie carnose, spesse e spinose, facevano sentire ancora
di pi la mancanza di qualcosa di liquido e fresco da ingollare.
Meditazione. A questo faceva pensare tutto quello spazio aperto, soleggiato e vuoto.
Una specie di paradigma zen, dove tutto ci che cerchi sempre dinanzi a te e mai
intorno a te, o forse non affatto distante, ma incommensurabilmente vicino.
Talmente vicino da essere dentro di te.
Johnny si chiese se non fosse il caldo o la disidratazione che lo stavano facendo
sragionare. Ma qualcosa di nuovo distolse la mente del guidatore dalle capriole dei
suoi pensieri. Uno scintillio, poco o molto distante, era una questione di punti di vista.
Ma uno scintillio ai bordi di una strada nel deserto, significava una lamiera
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abbandonata o un'insegna di un drugstore. Johnny sperava fosse quest'ultima


soluzione. Era stanco, voleva fermarsi a pisciare e meditare.
Quel brillare del sole all'altezza della carreggiata era, dopotutto, un accettabile
compromesso tra le due opzioni che la fantasia di Johnny aveva sciorinato. Infatti, un
chilometro o due dopo, comparve la sagoma di un caseggiato basso, color ocra come
la sabbia del deserto. In effetti c'era un'insegna piantata alla sommit di un palo, ai
bordi della striscia d'asfalto, ma il riflesso accecante proveniva dal bagliore del sole
sulla carrozzeria di una delle motociclette parcheggiate all'esterno del locale. Il piede
di Johnny schiacci sull'acceleratore e la lingua ormai ingrossata prov ad umettare
le sue labbra fameliche. Gli occhi gli scintillarono come quelli di un pirata di fronte alla
cassa del tesoro. La macchina usc dalla carreggiata alzando un notevole polverone
e si ferm a pochi passi dalla pletora di motociclette affiancate l'una all'altra, e
parcheggiate all'esterno del posto di ristoro. Scendendo lentamente, Johnny si
sgranch le gambe e, con soddisfazione, pens di essere riuscito a riprendere la
roboante brigata che l'aveva superato qualche ora prima all'imboccatura
dell'autostrada. Con uno scossone, Johnny si scroll di dosso la polvere dai pantaloni
e alzando gli occhi in alto diede una curiosa occhiata all'insegna di quel locale
sperduto lungo la strada verso il nulla.
Singolare: in alto, sopra il palo, campeggiava una specie di insegna luminosa
triangolare, ora spenta, che conteneva il disegno di due dune sabbiose e gialle, sullo
sfondo, e in primo piano la figura di una cammello viandante. Sembrava il logo delle
sigarette Camel. Dietro all'animale non c'erano per le piramidi, ma due dune, e il
dromedario raffigurato davanti era del tutto diverso. Strani casi del destino... Da dentro
l'edificio proveniva la musica sommessa di The Joker della Steve Miller Band.
Il locale aveva i muri intonacati ingialliti dalla polvere del deserto, ma le scale esterne
e i serramenti erano di legno bianco, che scricchiolava secco come legna da ardere.
La porta a molla era accompagnata da uno scampanellio cos forte che si confuse con
le note della canzone: "...qualcuno mi chiama cowboy dello spazio... qualcuno
gangster dell'amore... qualcuno mi chiama Maurice...". Si voltarono tutti, e tutti
guardarono Johnny come si chiamasse ridicolmente Maurice. Erano dieci o quindici,
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seduti ad un tavolo rotondo o sugli sgabelli di fronte al lungo bancone dall'aria retr. I
Cavalieri Biscottati, nelle loro uniformi in pelle e jeans con emblemi di mille cavalcate
rattoppati su spalle, schiene e maniche, anche strappate. I "Rusk Riders" avevano
solo il nome ridicolo, ma non lo erano le loro facce.
Un rapido sguardo alla sala permise a Johnny di fare una facile cernita di chi o di che
cosa si potesse fidare, ora che l'entusiasmo dell'incontro mattutino era sfumato come
neve al sole. Solo ad un tipo zen come lui, poteva venir in mente la neve in piena
polvere del deserto. C'erano due cose distinte di cui fidarsi, l dentro: l'omino vestito
in bianco sporco, dietro il bancone, mingherlino e con la bustina da cameriere-cuocofactotum sopra la testa; e l'omino stilizzato disegnato sopra una porticina di legno,
anche quella bianco sporco, che indicava la direzione dei cessi. Johnny si
appropinqu al bancone, indifferente agli sguardi delle Fette Biscottate pi minacciose
che avesse mai incontrato, ed ordin una birra, con uova e bacon. Poi se ne and al
bagno. L'acqua sgorg tutt'altro che limpida dopo che il rubinetto ebbe tossicchiato un
paio di volte. Non era n fresca, n buona per lavarsi la faccia. Non si poteva certo
bere. Lo specchietto sopra il lavabo, restitu a Johnny un'immagine molto diversa di
s, da quella mattina.
I cessi avevano per un bizzarro aroma di pulito che quasi stonava con tutto il resto.
Si guard attorno con attenzione e not che il lavabo era lindo e il distributore di
salviette perfettamente rifornito. Si concesse una pisciata liberatoria in un water che
non era assolutamente sporco e incrostato come se lo sarebbe aspettato e fece quindi
molta attenzione a lasciarlo come lo aveva trovato.
"Che strano..." Pens.
Al bancone lo attendeva la sua ordinazione calda e fumante insieme a un boccale ben
fresco di bionda alla spina. I biscottati erano intenti a consumare il loro pasto, tutti si
facevano bellamente gli affari loro, solo rumori di masticazione soddisfatta sulle note
tranquille e gioiose di una Dolly Parton dei tempi pi floridi. Dalle nove alle cinque,
canticchiava, mentre la birra scorreva in sorsate. Un pasto ottimo e allegro. Aveva
avuto ragione a fidarsi dell'omino del bancone. Mancava una forchettata di bacon per
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terminare, ma forse per l'effetto della birra, questa fin in parte fuori da piatto centrando
in pieno il pavimento del locale.
Una cosa da niente, una cosa di un attimo, come ci volle appena un attimo per
ritrovarsi le canne mozze di un fucile direttamente a contatto con le narici.
"Adesso, da bravo, raccogli e pulisci".
L'omino non aveva pi un aspetto rassicurante.
Fu gi un miracolo che gli occhi del povero Johnny non schizzassero dalle orbite per
lo sgomento e la sorpresa. Le canne calibro dodici che l'omino del bar teneva sotto il
naso del giovane sapevano di ferro e piombo: quel fucile aveva gi sparato, non era
un giocattolo, ed aveva sparato di recente! Rest immobile, concentrando lo guardo
sulla bocca da fuoco che gli avrebbe potuto portar via di netto mezzo cranio se solo il
dito del gestore del "Dromedario" fosse stato un po' troppo nervoso. Gli occhi strabici
di Johnny concentrati entrambi nel fondo del cannone forse parvero ridicoli ad uno
spettatore esterno, ma egli non era affatto divertito, e il sudore freddo cominci a
scendergli lungo la schiena, visto che il piccoletto, tanto premuroso nel preparargli il
pasto, s'era improvvisamente trasformato in uno psicopatico. Non volava una mosca.
Poi ci fu un rumore prima secco, poi strascicato. La vena del collo di Johnny ebbe uno
spasmo, quando credette che alla fine, l'omino avesse fatto fuoco. Ma dopo un attimo,
Johnny si rese conto d'essere ancora vivo, e voleva capire da dove provenisse quello
strano frusciare di scarpe di cuoio su un pavimento di legno.
"Ehi, Hito, stai tranquillo, dai! Ora il signore, qui, pulir subito il pavimento... vero,
amico?"
Il vocione era del motociclista pi grosso. Un orso alto un metro e novanta, che
occupava un volume considerevole e aveva sovrastato da dietro il cipiglio incazzato
dell'oste. Con un delicatezza insospettabile, l'omone in pelle vestito, dal cranio rasato
come una boccia da bowling e la barbetta caprina piegata dal vento, scost con
delicatezza il fucile da muso di Johnny e quanto il vecchio Hito lo fece roteare sopra

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la spalla andandosene, egli si sedette accanto a Johnny, con un sorriso argentato:


"Sai," inizi: "Hito ci tiene molto alla pulizia del suo locale!"
Il pomo d'Adamo di Johnny ebbe un sussulto raspando la gola secca dalla paura,
quando, incredulo, rivolse la parola al motociclista che ora sedeva di fianco a lui,
sorridente:
"Si... chiama... Hito...?" Balbett Johnny.
L'energumeno, dai modi gentili e la voce ridente annu col suo capoccione sferico,
mentre i rumori del locale ripresero come se non si fossero mai interrotti.
"S," disse il Rusk Rider: "Hito sta per Hitokoburakuda... che in giapponese significa
dromedario."
Gi! Come fosse la cosa pi normale del mondo, pens Johnny. Ma la Fetta
Biscottata, che tutto sembrava tranne quello che aveva scritto sulle spalle, non lo fece
parlare, aggiungendo:
"C' un codice molto preciso, qui, amico. Tutti devono contribuire a mantenere sano
e pulito l'ambiente."
Nulla da eccepire, in effetti, ma detto da quella specie di gorilla dagli stivali di cuoio e
le braccia da boscaiolo che terminavano in due mani formato tenaglia, aveva tutto un
sapore particolare. Hito, l'uomo dal nome improbabile, torn al tavolo con secchio,
scopa e paletta, sbattendoli rumorosamente a terra, e senza staccare il suo sguardo
torvo da Johnny gli present davanti un copioso volumetto dalla copertina rossa.
Interrogativo, il giovane prima guard il libretto, poi guard Hito, infine guard il
motociclista ancora sorridente, seduto l accanto a s. Sulla copertina c'era scritto
questo: .
Adesso, si disse Johnny, manca solo che si spalanchi il soffitto e scendano gli eserciti
del Cielo. Sarebbe del tutto normale. Invece non accadde. Il Rusk Rider,
accondiscendente, mise una mano sulla spalla di Johnny e gli disse:
"Non ti preoccupare, solo un piccolo omaggio della casa."

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"Ah, s?" Disse Johnny, seccato, con un tono da presa in giro. Ma l'omone di pelle fu
serissimo: "L'arte della manutenzione del Dromedario... c' scritto cos, se hai
bisogno, chiedi!"
Del resto se l'era cercata, si disse Johnny mentre ci dava di gomito con lo spazzolone,
nel punto in cui aveva sporcato accidentalmente il pavimento. Quel mattino era partito
da casa gasato come Tom Cruise in Top Gun mentre s'inarca sulla Kawasaki GPZ
900, credendo di battere in accelerazione un F14 Tomcat al decollo. S'era eccitato al
passaggio del branco dei Cavalieri Biscottati, e non aveva creduto ai suoi occhi
quando la fila di moto parcheggiate l'aveva accolto all'ingresso del "Dromedario". Qui
tutto aveva cominciato a girare sottosopra: camerieri zen armati di lupara, teppisti
riflessivi e beneducati, cessi pubblici lindi come al grand hotel e una fottuta forchettata
di bacon fritto sul pavimento. L'arte della manutenzione del Dromedario. Un manuale
di regole scritte in giapponese da un eremita del deserto che si credeva un monaco
buddista. Solo a lui potevano capitare certe cose. Eppure c'era qualcosa di
vagamente catartico in questo. I sette Cavalieri stavano finendo le loro birre
guardandolo lavorare, senza far rumore, se non quello delle gole gorgoglianti e di
seggiole che si spostavano piano. Hito s'era avvicinato al juke box che illuminava un
angolo della sala e, visto che i ragazzi avevano smesso con Dolly Parton (i
romanticoni), aveva ravvivato l'atmosfera con il pi classico dei classici di Chuck
Berry. OK, Johnny B. Goode. Scontato? Johnny non lo sapeva, ma si sbrig a pulire
per terra, a tempo di rock. Secondo il manuale, inverosimilmente tradotto per lui dal
capo dei Rusk Riders, l'acqua sporca andava gettata via sul retro del locale, a una
precisa distanza, nel deserto. Quando Johnny ebbe finito l'incombenza e soddisfatto
del lavoro stava per rientrare dal retro, una nuova sorpresa lo fece restare a bocca
aperta. Da una vecchia Thunderbird rossa e polverosa, appena parcheggiata di fianco
la sua auto, scesero niente meno che Maddalyn e Grotto!
Ma che diavolo!
Grotto diresse la sua faccia incolore sull'ambiente circostante e cominci a guardarsi
attorno con quegli occhi spenti e vuoti, che sembravano quelli di uno squalo dopo il
pasto. Fissava il deserto, ma Johnny aveva intuito che fosse tutta una manovra
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diversiva per puntare, prima o poi, il locale, forse con tutt'altro sguardo.
Maddalyn, con la gonna bianca leggera, aveva probabilmente avuto un attacco di
megalomania nel mettersi un vestito che ricordava molto quello di Marilyn in "Quando
la moglie in vacanza". Era bellissima anche con quell'aria persa e frastornata. Uno
splendido contenitore vuoto. Faceva finta di fare finta di fingere di chiedersi dove
cavolo erano andati a finire, ma anche in quel caso Johnny aspettava che da un
momento all'altro il suo sguardo finisse su di lui e partisse con un'esclamazione
meravigliata ("tesoro, finalmente, dove ti eri cacciato?", cose cos)
Allora Johnny torn a voltarsi in direzione del dromedario, incurv leggermente le
spalle come se ingenuamente potesse pensare di non essere riconosciuto, torn
dentro lentamente e...
nel locale era partita in sottofondo la conta "one, two, three, four..." seguita dalla
chitarra. Sweet Home Alabama, una bella roba da sudisti razzisti. Lui la accolse con
una smorfia di sofferenza ed Hito and al volo a cambiare musica.
Born To Run, ecco, ora si cominciava a ragionare. I biscottini alzarono la testa, lo
guardarono e fecero finta di niente: ormai anche lui era gi uno del posto. Quello che
Hitokoburakuda ed i Rusk Riders avevano capito, per, era che qualcosa l fuori
poteva dar problemi al loro amico; ed uno che era diventato loro amico andava difeso,
sempre e comunque. Il cavaliere biscottato pi grosso si alz in piedi e rimase in
attesa, nel momento in cui la porta si spalanc a fare entrare di colpo la luce forte del
deserto.
Grotto cerc di apparire calmo e un'espressione ebete gli si stamp sulla sua faccia
non appena si trov davanti la pi grossa delle Fette Biscottate e Maddalyn d'istinto
si nascose dietro di lui. Senza proferire parola il grosso Rider squadr i due come se
guardasse degli scarafaggi puzzolenti mentre Johnny si mimetizzava in mezzo agli
atri biscottati. Per qualche secondo che sembrarono secoli i due si guardarono negli
occhi senza parlare e poi il biscottato si fece di lato lasciando libera ai due la strada
verso il bancone che Hito stava asciugando da una gocciolina d'acqua. I due si
sedettero sugli sgabelli e, visibilmente a disagio, ordinarono due birre. Hito sollev un

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sopracciglio e subito lo riabbass come se nessuno gli avesse rivolto la parola. Grotto,
spazientito pi da Maddalyn che gi intonava un lamento, ripet l'ordinazione alzando
la voce di troppi toni per i gusti di Hito.
"Le birre sono finite" rispose loro senza alzare lo sguardo.
Nonostante la donnina stilizzata che indicava i cessi fosse ben visibile, Maddalyn con
voce stridula chiese dove fossero i bagni e siccome era una signora il Dromedario con
un cenno le indic l'evidenza, mentre i Cavalieri molto zen restavano in silenzio senza
staccare gli occhi da Grotto che in quel momento si accorse della presenza tra di loro
di Johnny. Stupito sgran gli occhi e fece per parlare, ma incredibilmente non vomit
nessuna delle sue sciocchezze complici forse i venti o trenta paia di occhi puntati su
di lui. Non appena Maddalyn ricomparve, Grotto la prese per un braccio ed ignorando
le sue proteste la trascin via e lo sentirono ripartire sgommando.
"Grazie" fece Johnny
"Di nulla, socio" fece il Gran Biscottato "uno che ha imparato cos in fretta l'arte della
manutenzione del Dromedario non pu che essere uno di noi. Vuoi essere della
partita?"
"Volentieri" fece Johnny e tra s e s pens "e poi...poi si vedr".

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l Premio Della colpa

(Alessandro Amadesi, Nadia Finotto, Massimo Ferraris, Miriana Kuntz, Massimo


Paolo Poncetta, Cleo Patra, Paola Roela)

Guardatelo adesso, signore, signori, guardatelo com' ora perch cos non lo
rivedrete mai pi. Si chiama Fabio Concetto Di Giovanni, uno scrittore. Lui si
definisce scriba, come gli studiosi del tempo degli antichi egizi, che erano cos colti da
essere unici ed avere una posizione di potere immensa. Scriba anche perch fa fatica
a definirsi 'scrittore', ma tutta falsa modestia. Se sapeste, invece, quanto si
considera ineguagliabile e per quel suo strano lavoro di funambolo della fantasia
quanto

poco aspetterebbe a passare persino sopra

il

vostro cadavere.

S, quello che venerate come un angioletto un diavolo dei peggiori. Io sono uno di
quelli... dir 'loro', per ora. Sono uno di loro e ve lo dico per esperienza; ma mi
vendicher. In questo momento state leggendo un'istantanea dell'attimo in cui
incomincia la nostra vendetta.
*
Fabio si alzava la mattina con in mente il pensiero di lei, magari non sempre un
pensiero ripetibile a parole ed a quel pensiero si sovrapponeva come una colonna
sonora in fase di missaggio un imperativo ben pi pratico: "Devi andare a lavorare".
Non sempre bellissimo avere di queste rivelazioni mentre ancora nella mente aveva
l'abbraccio di quella che era stata la sua donna ed il profumo di lei e... ma queste, in
fondo, sono cose un po' troppo personali. L'imperativo di andare al lavoro lo coglieva
mentre prendeva il caff, fumava una sigaretta e si dirigeva nel bagno per lavarsi. Con
la piccola differenza che quella mattina, nello specchio, non era il solo a riflettersi. Si
guard una prima volta ed era attorniato dalle ombre. Chiuse gli occhi ('sono ancora
bello rincoglionito, oggi, eh?') e li riapr.

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Loro erano ancora l, alle sue spalle; e lui riconobbe alcune antiche conoscenze.
Sulle prime non credette molto ai suoi occhi, cerc persino di ripulire lo specchio
(quella vecchia scema che viene per le pulizie la devo prendere a calci, guarda che
schifezza), ma le ombre non se ne erano affatto andate, anzi, sembravano esserne
arrivate altre e componevano una piccola folla dietro di lui. Erano tutte l a guardarlo,
come sfocati extraterrestri precipitati da chiss quale strano pianeta, ognuna che
cercava di sporgere la testa pi dell'altra per poterlo osservare.
Fabio credette che gli venisse un infarto seduta stante. Pi guardava e pi metteva a
fuoco le sfocate creature e pi veniva preso da un senso di curiosit mista a terrore,
s, terrore, perch Fabio era uno scrittore di thriller e nelle figure alle sue spalle stava
riconoscendo i personaggi che la sua stessa fantasia aveva partorito. Incuriosito li
guardava, si allungava verso lo specchio come a volerci entrare per poter guardare
meglio, era come se i suoi pensieri si stessero affollando nello specchio. Con gli occhi
spalancati come due finestre in piena estate era quasi compiaciuto di poter incontrare
le sue creature. Spesso con il pensiero aveva indugiato su questo o quel personaggio
per parecchio tempo ancora dopo aver finito il romanzo, quasi a desiderare di poterlo
portare in vita. Aveva i suoi preferiti: MacLean per esempio, lo scozzese perseguitato
dai rimorsi a cui aveva fatto saltare le cervella dopo avergli fatto credere di essersi
salvato. Eccolo l in prima fila. Fabio sorrise. Era un po' pi grassottello e pi basso di
come lo aveva immaginato, ma pareva avere l'aria del povero idiota che con tanta
maestria aveva dipinto per lui. E pi in l Patrizio, il parroco sezionato da uno dei
ragazzi della comunit che aveva costituito. E Amanda, la bella ballerina di tango che
aveva fatto suicidare dopo averle rovinato la vita. E altri ancora. Ma con quale fine si
stavano palesando a lui? Un piccolo brivido lo pervase.
Guard oltre le immagini, quei visi che spuntavano uno dietro l'altro, mostrando
immediatamente il loro nome. La finestra che dava sul cortile, da cui proveniva la luce
del giorno, nello specchio pareva l'antro dell'inferno, nero e fumoso. Era l'inizio della
pazzia, ne era certo, il manifestarsi di un problema al cervello che non si sarebbe
stupito fosse stato un tumore. Ma era anche affascinante poter osservare cos da
vicino i suoi personaggi, povere anime dannate che le sue mani avevano plasmato le
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vite e fatto finire tragicamente. Ecco, quello che pi di tutti stava aspettando, il
Commissario Gasparri, il protagonista di una serie di libri fortunati, un povero
alcolizzato dall'acume sviluppato, fatto morire tragicamente perch ormai stanco di
lui.
-Sei un bastardo!- sent esclamare da quel viso, diventato improvvisamente enorme
alle sue spalle. -Una feccia dell'umanit, un perdente...Si gir, pronto a colpirlo, ma si trov davanti la finestra luminosa. Nessuna ombra,
nessun personaggio, tanto meno Gasparri. Corse in cucina e spalanc il mobile dei
liquori; era sicuro di non aver bevuto la sera prima, ma ultimamente alcune
discrepanze lo stavano facendo dubitare delle proprie facolt mentali. Tutto in ordine,
le bottiglie allineate e una leggera patina di polvere, a garanzia. Gli stava succedendo
qualcosa, ne era certo, le colpe accumulate negli anni alimentavano il senso di disagio
crescente. And in camera, davanti al grande specchio e osserv se stesso,
aspettando che le ombre comparissero, ma nulla. -Vieni da me, ti far impazzire...abbass rapido lo sguardo verso il riflesso del letto e vide sopra Luana, il collo
sgozzato da una ferita da cui fuoriusciva sangue scuro. Era nuda, bellissima e morta.
Luana, bellissimo cadavere, uno splendido buco nero. Il suo viso un misto tra quella
che un tempo era stata la sua donna, che poi l'aveva piantato in asso per il suo
mestiere incostante, a detta di lei. -Non si vive di inchiostro e carta- diceva, e per
quanto tra di loro ci fosse del gran sesso e una buona dose di affetto, era tutto finito
l. L'altra parte della faccia, in alcuni dettagli, ricordava invece uno dei suoi personaggi,
l'ennesimo che a causa della sua natura violenta, per quanto riguarda la penna, aveva
fatto una brutta fine. L'aveva chiamata Lanua, anagrammando il nome della sua
donna. Mezza donna, mezzo cadavere. L'eleganza della sua ex ragazza,
l'aggressivit del personaggio omicida-suicida. I capelli lisci come corde spiegate di
una chitarra, le cadono sul volto, danno visione soltanto di alcuni dettagli pi o meno
importanti. Fabio salta rapido sul letto, come per acciuffare almeno una di quelle
prove, per disdegnare il fatto che non stesse sul serio impazzendo. Nulla di fatto, il
suo salto, solo il lancio di un folle che aggrappa il piumone. Le lenzuola fresche e
bianche per hanno dei segni imprescindibili. Gocce di sangue, fresche, profonde.
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Fabio si volta di scatto ad osservare nuovamente lo specchio. La sua immagine


appare pi distorta di prima. Ha il cuore che gli batte all'impazzata. La paura di chi ha
personaggi con tendenze omicida dentro casa, e l'eccitazione di incontrarli sul serio.
Gran bell'esperienza per uno scrittore. Stringe gli occhi con le dita, come a non
guardare pi nulla, ma voltato di spalle, si accorse di un ticchettio frenetico. Le gocce
di sangue, dal collo sgozzato, avevano ripreso a colare.
-Non ti voltare, guarda soltanto il mio riflesso allo specchio, devo solo dirti una cosa,
se siamo qui perch vogliamo che tu faccia delle cose per noi, se non altro per il
fatto che tu ci hai messo al mondo, un dovere non credi?- sussurra piano Lanua.
- Ma come ti permetti? - sbott Fabio guardandola allo specchio - Voi non avete il
diritto di accampare pretese di alcun tipo. Chi credete di essere, eh? Adesso ve
renderete conto, di cosa vi posso fare quando mi incazzo...
-

L'abbiamo

gi

visto

comment

tristemente

un

uomo

dietro

di

lui.

Fabio si volt di scatto, istintivamente, ma l'unica cosa che pot vedere fu un'ombra
sul muro che se ne andava con passo lento.
- Ci siamo capiti, direi - comment Lanua. Si stava sistemando i capelli e
...oh,

signori

della

corte,

come

era

bella

quando

faceva

cos.

Aveva un fisico splendido e pi che le sue gambe chilometriche, Fabio non pot fare
a meno di essere attratto... Si sent un porco e per la prima volta da un bel pezzo
cominci a sentire un certo dispiacere per lei. Per loro.
- Lo vedi? Forse non l'hai notato bene, ma chi ti ha risposto Snadro Tramonti, il tuo
alter ego di tante storie. Sei riuscito a far buttare dalla finestra anche lui, sarai scemo?
Va bene, il problema che noi siamo te. Quindi non puoi fare a meno di lavorare per
noi, se cos vogliamo dire
- E se io mi rifiutassi? - chiese lui con l'aria ancora pi preoccupata e triste, quasi
vinto.
La stanza era deserta. Stava parlando da solo davanti allo specchio, in quel momento
('Le 7 e 50, cavolo, rischio di far tardi') Un sospiro di sollievo, prima di sentire le voci
attorno a lui, rimbombare sulle pareti della stanza.
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- Sta a te, combattere contro di te - gli rispose la voce di Snadro ridendo.


Fabio chiuse la porta della camera sbattendo l'anta cos forte da far tremare le mura.
Ne aveva abbastanza. Voleva chiudere l dentro tutta quella follia, togliersela dalla
mente e cercare anche di dimenticarla per sempre. 'Un incidente', pensava. 'Lo
accantoner come un incidente di percorso. Il troppo fantasticare mi sta rendendo
paranoico. Una vacanza! Ecco quello che ci vuole. Mi prendo una bella settimana di
vacanza e non se ne parla pi. Anzi, un mese!'
Cos convinto usc di casa pi velocemente che pot, canticchiando ad alta voce per
evitare in tutti i modi di sentire altre voci provenire da quella maledetta camera. Ma
non sent pi niente. Appena fu in strada tir un grosso sospiro di sollievo. Il traffico,
le persone indaffarate che non lo degnavano di uno sguardo, l'aria mattutina gi piena
del dolce smog. S, dolce, nel senso che era giusto che ci fosse cos come era giusto
che gli specchi non parlavano.
Si incammin con ritrovata tranquillit, e, come tutte le mattine si diresse al suo solito
bar.
-Fabio, sei in ritardo stamattina! - lo salut subito Beppe il barista.
-Lo so lo so - rispose Fabio - Ho avuto un contrattempo.-Sei rimasto a letto? -In un certo senso s. Diciamo che ho sognato. -Ecco il solito caff - disse Beppe servendolo.
-Il solito caff! - si insinu una voce - Ma non vedi quanto sei meschino?
Fabio si gir di scatto. C'era un'ombra nello specchio appeso al muro che non
corrispondeva con nulla nel locale.
-Perch non ti uccidi? L'accento scozzese poteva riconoscerlo ovunque: MacLean, l'aveva creato lui quello
strano personaggio che con la testa dilaniata da un colpo di revolver, pareva fissarlo.
Tremando per la paura si allontan dal bancone.
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- Ma le vedi anche tu le ombre Beppe? Il barista gli offr un altro espresso pensando che l'uomo quella mattina avesse
esagerato con l'alcool.
- Brutta giornata eh? Fabio cerc di distogliere lo sguardo dalla parete, ma pareva che con il riflesso del
sole le ombre si allungassero fino a raggiungerlo. Una risata inquietante gli perfor le
orecchie.
- Non puoi fuggire da te stesso, siamo le tue ombre, la tua parte nascosta, che tu lo
voglia o no siamo una parte di te L'uomo usc come una furia dal bar, inizi a correre lungo la strada e per poco non si
fece investire da una macchina che fren a pochi metri da lui. Il sole rifletteva piccoli
raggi sul vetro della berlina, un'ombra terrificante si materializz allungando la mano
scura verso il corpo pietrificato di Fabio.
- Senti brutto stronzo, tu ci hai uccisi senza piet cosa credevi di farla franca? - Dovrai passare tutto quello che hai fatto passare a noi - Solo cos troveremo pace, solo cos saremo di nuovo una sola persona Un grande frastuono, accompagnato da una serie di epiteti al suo indirizzo, lo riport
alla realt. Si rese conto di essere ancora fermo davanti alla macchina il cui autista
continuava, inviperito, a suonare il clacson e a inveire contro di lui. A fatica, bianco
come un cencio, si trascin sul marciapiede pi vicino, biascicando parole di scusa.
"Vogliono vendicarsi" pens, mentre realizzava di stare tremando come una foglia
"Vogliono farmi impazzire. O addirittura uccidermi!"
- Signore, si sente male? - disse, gentilmente, una voce femminile. Fabio guard a chi
appartenesse, era una ragazza carina, vestita sobriamente, all'apparenza perbene
- No, no, grazie... non si preoccupi... - riusc a rispondere
- E' bianco come un lenzuolo. Si vede che non sta bene. L'accompagno a casa! disse prendendolo per un braccio. Fabio si fece portare come un cagnolino al
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guinzaglio, riflettendo sul fatto che quella ragazza lo stava aiutando, pur essendo per
lei un perfetto sconosciuto. In fondo l'umanit non era poi cos cattiva come l'aveva
descritta nei suoi libri. C'era ancora speranza! Dopo tutte le cose brutte che gli erano
capitate, questa inaspettata gentilezza lo stava confortando. Era un po' a disagio,
per. Dopo quelle poche parole, la premurosa sconosciuta era rimasta in assoluto
silenzio e lui, ancora tremendamente scosso, non era riuscito a proferire neanche una
sillaba. Sollev gli occhi da terra, dove li aveva tenuti per tutto il tempo e, con sua
grande sorpresa, si accorse di essere nei pressi del suo quartiere.
- Non le ho detto dove abito. Come ha fatto a capirlo?
Volt la testa verso di lei e rimase paralizzato dal terrore. La ragazza si era
trasformata. Indossava un bellissimo abito rosso, con un vertiginoso spacco che
lasciava intravedere le gambe stupende. I capelli nerissimi erano acconciati in un
sofisticato chignon. Ai piedi, inconfondibili scarpe da ballo.
Tango.
Amanda.
-No... non possibile... io impazzisco!- si alz di scatto, correndo all'impazzata verso
il portone di casa sua, ma pi correva pi il palazzo si allontanava. Risate alle sue
spalle, prima una, poi tante, tutte insieme, un rimbombo di suoni che lo fece
inciampare e cadere a terra. Il contatto non arriv, si sent sprofondare, risucchiato in
un enorme voragine rivestita di specchi. Facce dal sogghigno malefico lo
accompagnavano nella caduta, mentre lui urlava all'impazzata, sino a quando non
sent il duro contatto del terreno.
-Ehi, che ti succede? Presto, chiamate il 118!- la voce di Beppe lo raggiunse come un
salvagente, risucchiandolo dal profondo buco in cui si trovava.
-Che successo?- riusc solo a dire, osservando la faccia del barista, preoccupata.
-Ho visto i tuoi occhi girare verso l'alto, poi hai rantolato e sei caduto a terra dallo
sgabello. Come ti senti? Non ti preoccupare, ho chiamato l'ambulanza.-

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Chiuse gli occhi annuendo; forse in ospedale lo avrebbero visitato e scoperto il


disturbo. Aveva solo voglia di uscire dall'incubo, ritrovare se stesso e il mondo con le
cose giuste al posto giusto.
L'ambulanza arriv a sirene spiegate, rumore di barella e persone intorno a lui.
-Ha perso i sensi?- chiese una donna.
-Solo un attimo- rispose Beppe.
-Bene, mi sente?- alz la mano e fece ok. -Ora stia calmo che la portiamo al Pronto
Soccorso.Lo caricarono e il mezzo part. -Ora puoi aprire gli occhi bastardo!- lo fece, impaurito.
Attorno a lui Amanda, Snadro e Launa, vestiti da militi lo stavano fissando.
Gli occhi di Fabio si spalancarono diventando l'immagine del terrore pi profondo.
Fece per urlare, ma nessun suono gli usc dalle labbra, nella sua mente solo un
pensiero anche se assurdo: fuggire.
Fece per alzarsi dalla barella, ma Snadro gli diede uno spintone che lo fece ricadere
all'indietro.
- Cosa credi di fare, idiota? - gli ringhi a denti stretti - sei nelle nostre mani, non lo
hai ancora capito? Tu ci hai creati, uccisi e poi evocati. Ora siamo qui e ti troveremo
in qualsiasi posto tu vada a nasconderti. Siamo nella tua mente, scorriamo nelle tue
vene, siamo parte di te. Tutti.
Fabio ascoltava come in limbo. Le parole gli arrivavano da lontano. Si guardava
intorno e intanto sentiva come sottofondo lontano la voce maschile che gli parlava in
tono feroce.
Si volt indietro a guardare il guidatore e un altro brivido lo scosse: era MacLean e
aveva la faccia tutta dilaniata. A quel punto Fabio fu assalito da brividi sempre pi
grossi fino a che arriv a battere i denti talmente forte da non sentire pi nemmeno i
suoi pensieri. Saltava sulla barella come se fosse stato preso da un attacco epilettico
e sent due morse artigliargli i polsi. Nonostante ci continuava a dimenarsi come se

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tutti i suoi muscoli, nessuno escluso, si stessero contraendo contemporaneamente.


Inizi a sentire dolori ovunque.
- Hey, ragazzi, cosa succede? Se non stiamo attenti questo imbecille ci muore qui disse Launa - come facciamo ad usarlo se ci muore?
Fu in quel momento che Snadro, sentite le parole di Launa, diede a Fabio due ceffoni
che gli fecero sbattere violentemente la testa contro la barella.
Fabio non cap neppure cosa gli stava succedendo. Gli si annebbi la vista, tutto
divenne nero ed immediatamente dopo perse i sensi
A Fabio gli ospedali facevano tornare in mente i tanti parenti ed amici finiti l. Malattie
inguaribili, in alcuni casi, o semplici interventi di routine, che i medici indicavano come
'di routine', ma lo erano solo per loro, accidenti. Personalmente, per quelle poche volte
che l'ospedale era servito a lui, la sua sensazione di non poterne uscire vivo si era
accentuata sempre pi, ogni volta.
Si era risvegliato in un letto in una camera bianca e... oh, fin troppo illuminata, per
lui... ed aveva la sensazione netta di aver incontrato persone strane che gli volevano
fare del male. Se ben ricordava, le allucinazioni che aveva avuto non lasciavano
presagire niente di buono. Si alz in piedi un po' dolorante, ma tutto sommato si
poteva muovere. And in bagno, la curiosit di guardarsi allo specchio per vedere chi
c'era non la sapeva spiegare ma era forte in lui. Il bagno era in un angolo buio della
stanza. Fece per accendere la luce, premette l'interruttore, ma non successe niente.
Buio.
Questo era sempre stato uno dei suoi incubi ricorrenti.
("Vivo in un incubo, adesso?")
Il neon lampeggi, diede strani bagliori brevi e schizofrenici e nella penombra
stroboscopica, lui li vide. Di nuovo.
La luce rimase tenue e verde, l'ambiente scuro ed inquietante, lo specchio
abbagliante. Lui era l, forse un po' malconcio, ma ancora vivo ed intero, ma non era
solo.
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Lanua gli si avvicin, lo accarezz e lui sent tutto il viscido del suo tocco lascivo e
malvagio.
- Te l'ho detto - gli sussurr dolcemente - non puoi liberarti di noi - Voi non siete reali - sussurr Fabio pi a s stesso che alle ombre che lo
circondavano.
- Questo secondo te non reale? - Launa si scopr un seno, prese la mano di Fabio,
e ce la mise sopra.
Lui sussult. Quel seno era morbido e caldo, ma invece di dargli piacere, lo fece
inorridire. Ritrasse la mano con violenza.
- Voi non siete reali - ripet con gli occhi sbarrati.
- Sei andato troppo oltre - intervenne Snadro - Ci hai usati a tuo piacimento, e ci hai
fatto fare una brutta fine, a tutti noi. - S - conferm Fabio - Vi ho usati. Ma io posso farlo. Sono io che vi ho creati, e io
posso anche distruggervi! - E' qui che ti sbagli - continu Snadro - Tu sei quello che sei solo grazie a noi, e senza
di noi tu non puoi vivere, non pi. Uccidendo tutti noi, hai decretato la tua condanna a
morte.
- No! - grid Fabio - Io posso fare ci che voglio di voi perch voi esistete solo nella
mia fantasia!
Cos dicendo sferr un tremendo pugno allo specchio che rifletteva l'immagine dei
suoi personaggi, mandandolo in frantumi.
- Ah ah ah! - rise Snadro - Credi che sia cos semplice liberarti di noi? - Via! Via! - urlava Fabio - Andate via!
Poi sent le mani viscide, e le ombre si colorarono di rosso, e finalmente scomparvero,
insieme a lui. L'infermiera entr in bagno troppo tardi. Fabio era a terra con le vene
tagliate e senza vita.
Schizofrenia bipolare fu la diagnosi del professore dell'ospedale.
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- Strano per - comment il commissario che esamin il caso - gli avevano dato dei
calmanti sufficienti a stendere un elefante. Come avr fatto ad alzarsi? -

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Omicidio Al Contrario

(Massimo Ferraris, Massimo Paolo Poncetta, Linda Lercari, Alessandro Amadesi,


Nadia Finotto, Miriana Kuntz)

La lama scese veloce, sibilando nel silenzio della stanza. Le coperte cedettero a
quella forza impetuosa, aprendosi come bocche in attesa di una sigaretta, poi il
metallo scese ancora pi gi, sino ad incontrare il corpo. Un colpo solo, preciso,
calibrato con meticolosit. La mano si apr, lasciando andar il manico del coltello
tattico naja brutalis. Nessun suono o lamento, immobilit assoluta. Poi la scena
cambi angolazione, la mano torn ad impugnare il coltello, lo fece sollevare di scatto,
fuoriuscendo dal corpo e dalle coperte, che tornarono a combaciarsi perfettamente.
-Controllo stati vitali- la voce gracchiante invase la stanza, dalla porta entrarono due
uomini in camice bianco che si avvicinarono al letto, senza badare all'uomo con in
mano l'arma. Alzarono le coperte e procedettero al controllo del grosso San Bernardo
narcotizzato.
-Dottor Lewis il cane vivo, nessun segno di ferite da taglio, respiro regolare.
Procediamo con l'iniezione per svegliarlo?-Ok e per oggi basta. Grazie Jack, ti aspetto su.L'uomo rimise il coltello nel fodero e si asciug il sudore che gli imperlava la fronte.
Avrebbe voluto smettere con quel lavoro, allontanarsi per sempre, ma purtroppo lui
era un galeotto, libero grazie alla capacit di sopravvivenza che dimostrava
nell'esperimento. Un anno e la tecnica era quasi perfezionata, il metodo per far tornare
in vita le vittime e scoprire gli assassini. Ogni volta che il tempo scorreva al contrario
in lui accadeva qualcosa di inspiegabile; acquistava tempo, non invecchiava, e oggi,
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a distanza di dodici mesi era pi giovane di una settimana dall'inizio dell'esperimento.


Usc per andare a farsi controllare dal Dottor Lewis.
-L'impianto neuro corticale funziona bene-, decret il dottore. -Quello che
inspiegabile l'effetto che i salti temporali hanno sul tuo orologio biologico.Jack fece una smorfia. Avrebbe dovuto essere felice, ma in realt non lo era; si sentiva
come un topo da laboratorio, una cavia, senza alcuna possibilit di tornare libero.
-Ma non capisci?- continu il Dottor Lewis. -Qui siamo di fronte a una scoperta
epocale: la possibilit di far ringiovanire i tessuti, la vita eterna forse!Annu a s stesso grattandosi il mento pensieroso.
-Gi. Una scoperta del tutto fortuita, come spesso accade per le pi grandi scoperte.
Il fatto che non siamo in grado di capirne i processi. Tutte le altre cavie in realt
invecchiavano, cos rapidamente da morire entro due o tre applicazioni, solo tu
ringiovanisci, e ci ti rende estremamente prezioso.Jack alz le sopracciglia.
-Certo-, spieg il dottore. -Innanzi tutto grazie a te non ci sar pi bisogno di trovare
continuamente nuovi time-jumper, modificarli e addestrarli con lunghe e costose
operazioni, sarai sufficiente tu per riportare in vita gli assassinati il tempo necessario
per conoscere i loro assassini; ma non tanto questo. Ci adesso passa in secondo
piano. Quello che pi mi preme invece scoprire cosa succede in te durante il contatto
con la vittima, come possibile che quando applichi il riavvolgersi del tempo, invece
di subirne le conseguenze logiche, e cio accumulare su di te il tempo che fai
riacquistare, per te avviene il processo inverso.Improvvisamente la porta si spalanc, un assistente entr trafelato.

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-Dottore!- esclam. -Ci stato richiesto un time-jumper, subito. Il Presidente stato


assassinato!-

La notizia era stata secretata dalla intelligence; il Presidente giaceva ucciso all'interno
della Casa Bianca, in quella Sala Ovale cos sicura che nemmeno una mosca sarebbe
potuta entrare.
Il Dottor Lewis prese la notizia come la prima vera prova sul campo del suo operato.
Jack lo guard e not un sorriso aprirgli la bocca. Risolvere il caso avrebbe voluto dire
fama, soldi e fondi illimitati per i suoi studi. Nonostante il caos che si stava creando
nel laboratorio, in Jack le ultime frasi del Dottore frullavano come eliche.
"Non ci sar bisogno di trovare nuovi time-jumper... In te avviene il processo
inverso..."
Si sentiva in trappola, legato ad una promessa di collaborazione in cambio della libert
dalla prigione. L non ci voleva tornare, ma lo spaventava il fatto che il suo corpo
subisse strani fenomeni inspiegabili. Il sogno di tutti quello di non invecchiare, anzi di
ringiovanire, ma non per lui, che lo stava vivendo. Nonostante si sentisse bene
fisicamente, qualcosa in lui gli diceva che tutto questo era sbagliato. Stavano
giocando con il tempo, anche se a fin di bene. E il tempo, da quando il mondo
mondo, scorreva sempre in avanti.
-Jack, protocollo uno!- Jim Cobber, il braccio destro di Lewis si avvicin, porgendogli
il casco neuronale. Lo afferr, guardandolo come se fosse la prima volta. E in effetti
quella era la prima volta, la prova fuori dal laboratorio, il test in ambiente reale. Il casco
serviva per entrare in contatto con la scena e trasmettere i dati al Dottor Lewis, che li
avrebbe analizzati e iniziato il processo inverso. Scesero in strada, tre grosse Hummer
nere li stavano aspettando. Caricarono la strumentazione e si diressero verso
l'aeroporto. In un'ora l'aereo li avrebbe portati a Washington.

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L'apparecchio era dotato di ogni comfort: non per niente era un modello presidenziale.
Una sorridente hostess porse a Jack un bicchiere di cristallo colmo d'acqua e con una
fettina di limone. L'uomo sorrise sapendo di non potersi aspettare nulla di meglio: non
si potevano bere alcoolici durante le operazioni di time-jump. Guard fuori dal
finestrino e sospir per una libert promessa che stava sfumando come le nuvole
attorno a lui.
Un riflesso sul vetro lo distolse per un istante dai pensieri bizzarri che gli
attraversavano la mente. No, uno scherzo, un'illusione ottica di certo. Eppure, per un
brevissimo momento, gli era sembrato che un volto sconosciuto eppure familiare lo
osservasse in controluce dal finestrino. I salti erano sfiancati e gli stavano fiaccando
anche la mente!
Atterrarono e fu tutto un via vai convulso. Il tempo era il nemico prezioso con cui
avevano a che fare. Arrivarono al capezzale del defunto presidente e procedettero
con meticolosa, ma frenetica, precisione. Constatarono il decesso e la causa della
morte. Si doveva sempre utilizzare lo stesso mezzo! Sempre! In questo caso un
fermacarte conficcato nella gola aveva fatto un gran bel lavoro, sarebbe stato in grado
di fare altrettanto?
Si concentr. Apparecchiature e strumenti, tutto in ordine!
-Via!Brand l'arma impropria e colp, ma con delicatezza. Percep come un richiamo da
quella piccola lama, come un suggerimento... Un sussurro... una donna... L'arma
era stata usata da una donna!! La voce nella testa parlava dolcemente, un suono
antico e conosciuto. La voce della persona che aveva visto sull'aereo.
"Dai" pens "non possibile. Non mi devo distrarre proprio adesso. Sarebbe un
fallimento mondiale, la disfatta del progetto e quasi sicuramente la mia morte. Devo
stare calmo, non ho sentito niente"

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Era il momento pi delicato, quello in cui doveva estrarre delicatamente, lentamente,


l'arma dalla gola del Presidente, sospir ed in un momento gli pass davanti agli occhi
la scena intera del delitto. Vide come in un incubo una figura femminile alzarsi di scatto
dalla poltrona di fronte a quella del Presidente Ranton, nella stanza ovale, afferrare
rapidamente il tagliacarte ed avventarsi contro di lui. Jack osservava la scena come
se fosse in un angolo della stanza ed era una cosa che non gli era mai capitata prima.
Sussult, almeno cos dissero gli altri osservatori in seguito, mentre fremeva
estraendo la lama. La prese in mano e la butt a terra, poco pi in l. Poi si accasci,
steso sul corpo di Ranton. Che apr gli occhi, lo guard sorpreso e vide il pubblico
numeroso nella stanza. Jack si riprese in fretta, si rialz, lo guard in faccia e gli
sorrise:
- Bentornato, Mister President
Nella sala risuonarono gli applausi delle persone presenti e sia Jack sia Ranton
pensarono, quasi all'unisono, che questa mania di assistere ed applaudire ad un
evento collettivamente era stancante.
- A quanto pare ci siamo salvati - continu - Credo che i suoi addetti le spiegheranno
meglio
- Dov' Sheila? - chiese Ranton.
Ecco, la bionda sfuocata che aveva intravisto nella scena extra corporea di prima si
chiamava cos. Il pi era cercare di capire tutto il resto.
Ranton non riusc a parlare molto, ma fu sufficiente. In breve venne messo tutto a
tacere e si parl di infarto. Il presidente dei NeoUsa non poteva essere stato vittima
della legittima difesa della segretaria. Il lutto nazionale era per un buon uomo e amato
politico, non per uno stupratore seriale a cui l'ultimo colpo era andato storto.
I fondi arrivarono a profusione. Chiunque avesse saputo del vizietto del fu Ranton
aveva motivo perch la cosa fosse messa a tacere e era disposto a pagare
profumatamente per farlo. Lewis e Cobber erano al settimo cielo e cominciarono a
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progettare in grande. Il laboratorio era troppo stretto per loro: un palazzo super
tecnologico stava gi prendendo forma nelle loro menti esaltate.
Ti useranno e poi butteranno via il cadavere come un vecchio guanto
Il sussurro era pi forte. Interruppe la colazione e and a lavarsi la faccia. Lo specchio
gli rimand un volto stanco, ma incredibilmente ringiovanito. Le rughe d'espressione
sulla fronte erano svanite e le zampe di gallina attorno agli occhi erano solo un
blando ricordo. Lasci che le uova e pancetta si raffreddassero inesorabilmente e si
concentr sulla rasatura: non aveva pi appetito, ma la voglia di radersi era fortissima.
Un po' di sapone, qualche colpo di lametta. Si sentiva uno straccio, ma dal volto fresco
come quello di un bambino. Un'ultima sciacquata e, rialzando lo sguardo, vide
chiaramente la donna bionda che lo fissava ridendo.
Url.
Dall'altra parte il volto si dissolse per far posto a quello di un uomo. Un signore distinto,
con una barba curata e lunghi baffi impomatati. Un elegante monocolo e un bianco
colletto inamidato.
Jack svenne.
- Ma perch non risponde? Dove diavolo sar? - chiese il Dottor Lewis chiudendo
l'ennesima chiamata senza risposta. Era la quarta telefonata e nemmeno questa volta
aveva ottenuto risposta. Iniziava ad essere molto preoccupato. Dopo l'omicidio del
Presidente, Jack gli era sembrato diverso. In effetti diverso lo era sicuramente, dal
momento che ogni nuovo caso provocava in lui dei cambiamenti, ma nei casi
precedenti, almeno esteriormente, non si percepiva nulla. Questa volta invece doveva
essere successo qualcosa di pi profondo.
- Temo che questa volta ci siano stati dei problemi - disse il Dottor Lewis al suo
assistente.
- Che genere di problemi Dottore? Abbiamo parlato con Jack, ci ha raccontato per filo
e per segno cosa successo e a me sembrato tutto normale, anzi, mi sembrata
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una meraviglia! - fece Cobber ancora eccitatissimo per il risultato ottenuto a


Washington. - Questa volta Jack ha visto perfettamente tutta la scena, per cui, se
continua cos, non ci sar la bench minima possibilit di errore nell'identificazione
dell'assassino
- S, certamente, ma non ti dimenticare che ogni volta che Jack riporta in vita qualcuno
ringiovanisce e noi non sappiamo ancora perch. E soprattutto non sappiamo quanto.
Jack ringiovanisce sempre allo stesso modo per ogni vittima oppure ringiovanisce di
pi o di meno a seconda della difficolt dell'intervento? - e tralasci di dire che se Jack
avesse fatto troppi interventi sarebbe ringiovanito troppo e sarebbe diventato anche
lui inutilizzabile.
Lewis prov a fare un'altra chiamata e anche questa rimase senza risposta.
- Jim, vieni con me disse - Andiamo subito da Jack. Non mi sento tranquillo
I due arrivarono da Jack in pochi minuti. Il Dottor Lewis entr nell'appartamento
chiamando Jack a gran voce. Nessuna risposta. L'appartamento pareva deserto. Era
sempre pi agitato. Caleb si diresse verso il bagno e subito chiam Lewis: Jack
giaceva svenuto sul pavimento. Lewis sbianc, agitatissimo gli tast il polso e trasse
un respiro di sollievo: grazie al cielo era vivo.
- Dammi una mano Caleb, dobbiamo portarlo in laboratorio - disse con un filo di voce.
Mentre lo mettevano sulla barella si stupirono che i sorveglianti non fossero
intervenuti. Il cosiddetto appartamento era pur sempre collocato all'interno
dell'edificio che fungeva da prigione sperimentale per detenuti di massima sicurezza
al quale attingevano le cavie per gli esperimenti. Le telecamere funzionavano
perfettamente, ma non era stata rilevata la caduta del prigioniero: per loro si stava
ancora facendo la barba, come un fermo immagine.
L'idea dei cellulari era stata di Cobber, serviva a rendere il trattamento di Jack meno
disumano e a dargli una parvenza di collaborazione. Avrebbero potuto prelevarlo
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quando volevano, ma convocarlo sembrava infondere nel soggetto una sorta di


serena rassegnazione.
Stesero il soggetto e lo esaminarono. Segni vitali buoni, pupille buone, nessun trauma
cranico, nessun trauma dove i recettori del time-jump erano stati impiantati. Tirarono
un sospiro di sollievo. I costosissimi impianti erano sani e salvi, persino riciclabili in
caso di decesso del paziente. L'uomo, comunque, si stava gi riprendendo. Aveva
aperto gli occhi e sorrideva.
-Sono pronto!
-Per cosa, amico? Non abbiamo altri casi al momento.
-Sono pronto!
Detto questo Jack colp violentemente il Dr Lewis e si lanci oltre la porta del
laboratorio. Cobber rimase interdetto non sapendo come reagire, ma si rasseren al
pensiero che non si poteva uscire dal carcere tanto facilmente, inoltre gli impianti
erano dotati di un chip rintracciabile in qualsiasi istante.
Niente sotterranei, faresti la fine del topo! Ficcati nel condotto d'areazione, calmati e
poi strappati via quella roba infernale!
La voce non sussurrava pi, era imperiosa e altisonante, soprattutto decisa e
determinata. Una voce che sapeva di conoscere da sempre, ma che aveva
dimenticato. Come animale braccato si arrampic su uno scaffale e entr dove gli era
stato ordinato. Strisci per diversi metri mentre l'allarme suonava all'impazzata e poi
si accucci in un angolo. Nonostante il dolore cominci a grattarsi furiosamente la
nuca tentando di scorticare la pelle nel punto in cui erano stati innestati i recettori del
time-jump. Percep il dolore e l'odore del sangue sulle mani. Tir. C'era riuscito!
Fu come se il suo cervello implodesse: migliaia di ricordi si riversarono all'interno,
brandelli di vita, immagini di omicidi. Jack trattenne a stento un urlo, mentre il led
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verde del recettore si spegneva sino a scomparire. Immagini, ancora, sempre pi


nitide, e poi la donna bionda che uccideva con coltelli, pistole, veleni. Il suono
dell'allarme risuon all'interno del condotto d'areazione rendendo tutto irreale. Sentiva
di stare per svenire, forse l'unica cosa sensata in quel momento, il motivo per non
impazzire.
Non devi cedere, non ora!
La voce imperiosa tuon nelle orecchie, facendolo sussultare. Era di un uomo, dal
tono profondo che non ammetteva repliche.
Fai come ti dico e ne uscirai
Davanti agli occhi, come un ologramma, apparve la piantina dell'edificio, i condotti, le
uscite di sicurezza. Una sottile linea rossa partiva dal punto in cui si trovava e
raggiungeva il piano inferiore, per poi sparire oltre. Allung la mano e, come per
magia, riusc a ruotare l'immagine, che poi svan.
Ti basta pensarla e potrai visualizzarla in qualsiasi momento
Sempre lui, nelle sue orecchie. Si mise carponi e procedette in avanti, nella flebile
luce delle griglie, ma sufficiente per permettergli di individuare la giusta direzione.
Scese un paio di scalette, si infil in un passaggio appena sufficiente per strisciare,
quindi raggiunse una stanza quadrata. Mosse la mano e la mappa riapparve.
La terza sulla tua destra, quella l'uscita
Si volt nella penombra e scorse una grata massiccia a chiusura.
Prov a smuoverla, ma senza strumenti adatti aprirla sarebbe stato impossibile. Si
sedette contro la parete, esausto. Presto lo avrebbero individuato, connettore
cervicale o no. Una luce brill al centro della stanza, poi la figura di un uomo in

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bombetta prese forma. Era quello che aveva visto quella mattina nello specchio. -Ma
chi diavolo?...-Jack, mi chiamo Cronyo e sono il controllore del tempo alterato. Sono qui per aiutarti,
per rimettere le cose a posto, per renderti nuovamente mortale.Parole senza senso, forse frutto dell'esperimento. Eppure lui era l, in piedi e vestito
come un damerino dell'ottocento, l'aria di chi la sa lunga. L'uomo si avvicin e
chinandosi lo fiss negli occhi.
-Ora ti pogger la mia mano sulla testa e ti trasmetter tutto ci di cui hai bisogno per
uscire da questa situazione.In un primo momento Jack pens di essere diventato matto. Non esistono controllori
del tempo come se il tempo fosse un treno. Non esistono figure semi esistenti che ti
indicano la soluzione. Eppure se nel tempo dove si trovava esisteva un modo per
riportare in vita una vittima, un tempo dove lui diventata giovane invece di avvizzire,
forse, l'esistenza di Cronyo non era cos insulsa. La figura attraverso il suo tocco
trasfer l'intero piano alla mente confusa di Jack. La grata scura, un salto di sei metri,
e poi una corsa folle al vecchio campo d'addestramento della prigione, dove un tempo
le cavie venivano preparate all'impensabile. Il campo si trovava esattamente alle
spalle della prigione, e numerose sono le falle per quanto riguarda la sicurezza.
Alcuni dei veterani per, ammettono di non aver avuto mai il coraggio di tentare quella
soluzione perch i Capi, si dice, avrebbero sotterrato delle mine per scoraggiare ogni
tentativo di fuga. Jack arriv fin l senza alcuna fatica, le sirene avevano smesso di
suonare dopo quaranta cinque minuti di urla continue. Davanti ai suoi occhi una
distesa di terriccio, una penombra terrificante di una notte che si appresta a venire.
Ad occhi spalancati quel campo polveroso sembra l'unico modo per fuggire, allo
stesso modo l'unico sciocco modo per morire. Cronyo riapparve alle sue spalle:
- Non ti lascer morire amico, puoi fidarti.. chiudi gli occhi e visualizzerai l'intera
mappatura, quel puntino nero sei tu, quelli rossi, invece, rappresentano le mine, fa in
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modo che il punto nero non sfiori mai quello rosso. Non smetteranno di utilizzarti, e tu
diventerai a poco a poco un bambino. Cosa se ne faranno di un bambino?
Jack chiuse gli occhi, mand gi per la gola un sorso di paura, e inizi a zigzagare.
Cammin cieco della realt, ma consapevole di quanto era stato e di quanto sarebbe
avvenuto. La voce di Cronyo, a tratti amichevole, a tratti imperiosa, guidava ogni
gesto, ogni passo. Ripens alla donna bionda, al volto del suo soccorritore... Si
blocc. Un conato di magma rovente gli attravers l'esofago sin quasi a vomitare. NO!
Ecco dove aveva visto quei volti, ecco il suono familiare! Un altro tempo, un altro
luogo, lo stesso nome e il sangue. Sangue! Ovunque! Sulle mani, sui vestiti. Lei che,
sguaiata, rideva della morte delle colleghe, lui, innocente, accusato di delitti non
commessi. Quel nome scritto a caratteri cubitali su ogni giornale: il nome della morte!
Jack lo Squartatore! Il male!
Si accasci come una bambola rotta e rimase a fissare il vuoto. Era un mostro?
Oppure un carnefice? Il time-jump aveva risvegliato qualcosa che era rimasto sepolto
per secoli. Incarnazioni su incarnazioni sino a arrivare al pi beffardo degli eventi: aver
riportato alla luce l'anima rancorosa e disperata di un chirurgo di fine '800. Cronyo non
parlava pi. Jack chiuse gli occhi e ripens al volto del controllore del tempo; non vi
erano dubbi, era lo stesso volto apparso negli identikit di Scotland Yard: il suo stesso
volto! Come era potuto accadere? Era lui stesso che lo aiutava dal futuro? Che voleva
salvarsi da un passato di morte? E come?
Devi fermarla! Finch lei viagger attraverso i secoli nessuno di noi sar al sicuro
Un ordine chiaro. Quindi era lei! La bionda assassina che seminava morte e
distruzione dall'inizio dei tempi! Eva incantatrice, Eva ammaliatrice, Eva Mietitrice!
Sopraffatto si mise in posizione fetale e pianse. Era solo un pover'uomo, un criminale
di mezza tacca che doveva scontare una pena ingiusta e che era stato coinvolto in
uno stupido esperimento: tutto il resto era pazzia! Solo pazzia.

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Poi pens alla ritrovata giovent, al rischio di tornare bambino e cap. Cronyo null'altri
era che lui stesso in un continuo divenire giovane e vecchio nello scorrere dei secoli
resuscitando e uccidendo a comando: marionetta dei potenti al servizio della terribile
ed eterna Eva. Su di lui ogni colpa, su di lui ogni giudizio perch il suo nome era
marchiato dall'infamia.
Cerc gli innesti dei recettori del time-jump, nonostante ne avesse staccati molti c'era
ancora qualche sinapsi utilizzabile.
*
- Non me la sento, di continuare. Bisogna dargli una direzione. Sar pure un diavolo,
ma un povero diavolo anche lui
Il ragazzo distolse lo sguardo dal maxischermo del computer grafico dove stava
pilotando l'ambiente virtuale in cui gi da un bel po' viveva Jack. I due computer in
parallelo ronzavano pacifici mentre elaboravano la computer grafica e gli effetti.
Cobber gli rispose triste: - Non era un diavolo. E' saltato in aria mentre era in
Inghilterra, al pub con la sua ragazza. Bombe dell'IRA. All'epoca ero ancora in polizia
e non voglio parlare della scena. Quello che rimane di lui crioconservato. Non ha
mai fatto niente di male
Sean, il ragazzo, rimase pensieroso: - Sai cosa pensavo? Che Cartesio era un genio.
A parte le tante scoperte matematiche, lui questa cosa l'aveva pensata cinquecento
anni fa, il dubbio iperbolico: il mondo in cui vivo non reale. Guarda Jack. Non vivo,
rimasta solo la testa ed un po' di attivit cerebrale. Tutto quello che pensa e sente,
che tocca una stimolazione elettrica comandata dai nostri computer. Chi ti dice che
anche noi non siamo gi belli che andati?
Cobber sbuff: - Non ne ho idea; ed allo stato attuale non me ne frega niente. So solo
che questo poveretto ha bisogno di pace, su questo hai ragione. Prima che il computer
si spenga del tutto

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Sean sorrise: - Sai cosa mi piace di Jack? Che mentre gli altri seguivano il protocollo
ed invecchiavano, lui ha avuto il coraggio di usare la testa, anche in quelle condizioni
e si ribellato- Esperimento perfettamente riuscito. Fai partire il Programma B, adesso, se lo merita.
Sono secoli che non torna a fare un giro con la sua donna. Dagli il bosco, su
Una bellissima giornata di sole apparve sullo schermo.

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Mi Faccio Nuova!

(Giovanna Mastropasqua, Paola Roela, Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi, con


la collaborazione di Marisa Cappelletti)

-Buongiorno, mi chiamo Agatina ma, per semplificare, mi chiamano Gatty. Le mie


amiche Pippetta e Carlinga, per il mio cgefdsckelesimo compleanno, mi hanno
regalato quattro buoni omaggio: visagista, estetista, parrucchiere, massaggiatore.
Sa... ho un appuntamento importante per sabato sera e vorrei fare la mia porca
figura... Lei il truccatore giusto? O truccatrice? Non si capisce bene...con quei capelli
da donna, i peli da uomo, un accenno di tette... quei pantacollant cos attillati...
mmmmm... ma non ha importanza! Faccia il suo lavoro. Mi insegni come ci si trucca!- Si accomodi pure Gattina... penso io alla sua faccia! Se parliamo di cosmetici, la
parola d'ordine una sola: opacizzare! Insomma, togliere assolutamente quell'unto di
patatina fritta che sembra fatto di silverplate... lo vede si? Lo vedi? Ti do' del tu, ti
dispiace?- No no, il tu va bene...beh, si... in effetti... un po' di lucido si intravede...-Una volta opacizzato tutto l'incarnato, si passa a dargli un po' di luce.
- Ah, ma allora sei bastardo...starda!! O mi accendo o mi spengo!! Deciditi!!
-Si... ecco... poi ti spiego. E un po' di volume a queste labbra, lo vogliamo dare o no?
- Ma certoooo!! Che c'hai un cucchiaio di legno per il sugo per caso? Che me lo sbatto
sui denti? Poi una bella mano di lucido col Vernidas, cos se per disgrazia quello mi
bacia, me lo incollo a vita e vai! Come si dice? Uniti per sempreeee!! Ne ho gi
abbastanza. Meglio andare dal massaggiatore mi sa....
*

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-Buongiorno tesoro!Tesoro? E che cacchio, tesoro mi chiama solo il mio adorato Annibale! Questo qui
non l'ho mai visto prima d'ora, con chi crede di avere a che fare?
-Consiglierei, tesoro, un bel massaggio linfo-drenante, che ne abbiamo un gran
bisogno, visto le gambe non proprio da ballerina..Eddai col tesoro. Ne abbiamo bisogno? NE chi? E poi ti sei visto TU? Bassotto,
pelatino, con quel camice bianco che ti fa sembrare un uovo andato a male.
-Poi un massaggino a spalle e schiena perch ad una certa et i doloretti sono sempre
presentiSenti, stronzetto, la mia certa et me la porto alla grande ed i doloretti sono fatti miei,
come le tre ernie al disco che non te le racconto manco morta!
-Per finire in bellezza poi, cara, direi che un bel trattamento al viso
ASSOLUTAMENTE necessario anzi, tesoro, dovresti fare un bel lifting e qualche
punturina di acido e botox per il rilassamento e tutte quelle rugacce cattive!Improvvisamente diventa paonazzo, cerca di squittire, ma non ce la fa, anche perch
forse gli sto stringendo troppo forte il collo. Fortunatamente, per lui, entra un'altra
vittima. Dice di chiamarsi Gattina, Gatti, Tina, non ho ben capito, poveretta lei, e sono
costretta a mollare la presa.
- Il massaggiatore si? Ehi, ma com' che in televisione sono tutti boni e tu c'hai quel
fisico da cassa mutua? Non che hai sbagliato mestiere? Giusto per capire... Io sono
Agatina, Gatty per semplificare... Che faccio, mi spoglio o cosa?
- Si, prego signorina... Vada nello spogliatoio, indossi l'intimo usa e getta e torni qui
che l'aspetto. Vedr che dopo... ehm... mi ringrazier...- Volo!! Vado e torno immantinente! sei Pino detto tocco fino, dico bene? Diamoci del
tu!- Oh! Volentierissimo Gatty! ti aspetto qui immobile...-

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- Ma prima di andare...vorrei chiederti una cosa Pinuccio: credi che anch'io debba
rifarmi la facciata? Lo so che il tempo passa per tutti, me ne accorgo sai? Prima sul
34 mi trovavo spesso una mano che non era la mia in un posto che non era il suo, ora
non succede pi. Ora il solo modo per farmi notare quello di lasciarmi schiacciare
dalle porte automatiche del pullman medesimo. Ci sono dei lavori di manutenzione
che vanno fatti, senn si diventa pericolanti... Stavo pensando di farmi rimbastire le
tette che ormai hanno l'orlo un po' lungo...Guarda Pino bello, guarda come tendono
verso il basso! Tocca eccheccacchio! Tocca pure! Sei un massaggiatore o vendi
funghi secchi surgelati? E i fianchi? Certo se mi facessi liposu... liposu...
liposuvattelapesca, chiss cosa verrebbe fuori! Come minimo dieci porzioni di
castagnaccio e un tacchino farcito di otto chili! Povera me... Sii sincero Pinino... spara!
Senza piet!! Che ne pensi?Pinino per, memore della poderosa stretta della cliente precedente, esitava e, con
una mano si massaggiava il collo, fingendo indifferenza.
- Ma no cosa dici Gatty! Sei troppo severa con te stessa. Non sei messa poi cos male!
Credimi tesoro, ho visto decisamente di peggio! - diceva, tenendo le dita dellaltra
mano incrociate dietro la schiena.
La Gatty lo guard sospettosa, aggrottando le sopracciglia e avvicinando
minacciosamente il volto
- Senti Pino tocco fino, non mi starai mica prendendo per i fondelli eh? Perch se
m'inc...sono cavoli per diabetici! - disse agitando un dito sotto il naso del malcapitato.
- Ma tesoro, cosa dici? Non potrei mai! Su su presto che il tempo stringe. Sdraiati sul
lettino! - disse.
Gatty obbed, Pino le spalm tutto il corpo di un fango piuttosto maleodorante
- Ma cos' questo tanfo tremendo? - chiese lei
- Fango del Mar Morto misto a urea di cavalli arabi di razza pura e bava di lumache
esclusivamente francesi, le famose escargaux! The best! - rispose Pinino
- Di bestia direi! E quanto devo tenerlo? - chiese Gatty preoccupata
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- Solo un'ora e mezza qui sotto! - rispose lui, tirando gi dal soffitto una specie di tenda
che spruzzava vapore pressoch incandescente. Una volta sistemata, dopo qualche
minuto alla Gatty restava fuori solo la testa e il viso era gi paonazzo per il calore
insopportabile.
- No, non posso farcela. E' troppo caldo. Voglio uscire! - disse perentoriamente al
massaggiatore ma quello si allontan in fretta e furia
- Eh ma ci vuole un po' di pazienza, mia cara! Vedrai che acciughina quando uscirai
fuori di qui! - disse aprendo la porta e salutandola - Ci vediamo tra un'ora e mezza!
Gatty lo guard furiosa e mentre la porta si chiudeva, con tutto il fiato che aveva, url
a squarciagola
- TIRATEMI FUORI DI QUIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!
L'eco dell'urlo rimbomb in tutto il locale. Non ottenendo risposta, istinti omicidi
s'impadronirono di lei.
Visioni di valchirie, amazzoni su cavalli possenti e poi un'armatura e la spada! Gatty,
in preda ai vapori emanati da quello sterco puzzolente, inizi ad uscire di testa.
Strapp con un sol colpo la tendina, si avvolse all'interno e, afferrando il lettino come
un ariete, al grido di
- RE PINO IL FINO TI INFILZO COME UN COTECHINO!!! - part indiavolata verso
l'uscita della saletta.
Le urla attirarono Pino, intento a spalmare grasso di foca monaca sulle chiappe di una
paziente, ma pure la Ginetta, limatrice di unghie, Manu, il liposuzionista gay e il
direttore del Centro, un certo Pierpaolo Maria, noto cantante di night bar caduto in
disgrazia. La vista di quell'armata fece scattare in Gatty l'istinto omicida.
-Venite qui, branco di massaggiatori barbari, io, Gatty la Sterminatrice, vi far
capitolare a suon di fanghi del Mar Morto, lozioni per la caduta dei capelli e gel anti
smagliature all'olio di jojoba!!!-

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Era un delirio, il lettino piantato sulla porta come un cavallo di frisia, dietro il quale
l'assatanata stava radunando tutte le schifezze liquide e in gel che trovava. Sarebbe
stata una dura lotta, la rivincita delle cellulitiche sulle anoressiche. Manu urlava come
una gallina a cui stavano torcendo il collo, mentre Ginetta, afferrato il cellulare
compose il numero della Polizia. Ma Gatty cap l'intenzione e con un lancio ben
calibrato di una confezione di stucco per zampe di gallina, centr l'oggetto facendolo
esplodere contro il muro. Un urlo fece tremare Gatty, ma quando si accorse che dietro
di lei era comparsa Barbarella, un'arzilla settantenne fissata per le tette grosse, cap
che il suo esercito sarebbe sopravvissuto all'attacco.
-Che gli dei Oreal e Venus ci diano la forza per vincere la battaglia finaleeeee!!!!!
*
"Sono Costrupio Ragazuoli, il fidanzato (si dice ancora cos?) di Carlinga, l'amica di
Gatty, che a propria volta... non tergiversiamo, per la peppina.
Arrivata una chiamata alla centrale, mi hanno mandato l - al centro, non a quel paese,
eh? - al volo. A dire il vero, la Carlinga insiste che i miei maniglioni antipanico
dell'amore sono da... ehm... ridurre un po', avevo gi una mezza idea di andare; ma
con il sopralluogo di oggi ho gi visto e preso informazioni. La rivolta era al punto di
massimo, quando ci siamo precipitati in sgommata con la Punto della Polizia.
Siamo scesi a canna di bamb ed appena aperta la porta, un barattolo di alghe mi ha
beccato in piena fronte. Se non avete mai provato, le alghe non sono cos leggere e
curative come si pensa. Io ed il mio collega Tarmenzio Struffoli ci avventavamo sulla
lancia barattoli, tale Barbarella, signora un po avanti con let, probabilmente ex
lanciatrice del disco. Bloccata a terra la suddetta, da unaltra parte proveniva una
secchiata di fango quasi solido del Mar dei Sargassi. Struffoli raccoglieva il fango in
volo, lanciato questa volta da tale Manu, liposuzionista, per loccasione riciclato come
addetto alla contraerea e lo atterrava prontamente. In breve la comitiva stata tradotta
alla Centrale.

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Sentiti i punti di vista e rilasciati i soggetti, io, Costrupio Ragazuoli, dichiaro di volermi
tenere i maniglioni antipanico, ch la Carlinga, dopo questa vicenda, mi ama cos
come sono."

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Il Killer Dei Facoceri

(Massimo Paolo Poncetta, Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi, Cleo Patra,


Miriana Kuntz, Nadia Finotto, con la collaborazione di Raffaele Merloni)

-Andiamo ragazzi, il fiume ci aspetta!Nady era il capo della banda; "I Nove Facoceri" si facevano chiamare. E quando lei
diceva "andiamo ragazzi" era sottinteso che si riferiva ai Facoceri; il "fiume" non era
altro che il Park Lake. Erano quattro ragazzi e cinque ragazze, tutti di Childress;
avevano fatto gruppo perch andavano in giro sempre in bici e andavano forte. Era
una passione che tutti avevano in comune, ed era cos importante per loro che appena
avevano un attimo libero saltavano in sella e via a pedalare. Di solito si trovavano al
Sonic Drive-In, come tutti, ma loro non stavano l a bighellonare, bere birra e fumarsi
una sigaretta, spettegolare e pomiciare; loro non facevano altro che parlare di
biciclette, e organizzare corse. Gli altri li guardavano un po' strani, non capivano che
cosa ci trovassero di cos bello nell'andare sempre in giro in bici. Ma loro rispondevano
che non c'era niente di meglio al mondo, che andare in bici era un po' come volare,
che ci si sentiva liberi. Non c'erano barriere che potessero trattenerli, strade chiuse o
limiti invalicabili; loro andavano, sempre e comunque. Salite, discese, marciapiedi,
fuoristrada, acqua, terra, e persino dentro i negozi; niente poteva fermarli. Quando
correvano erano i padroni della strada. Oh, avevano ricevuto parecchie lamentele e
anche rimproveri specialmente da parte dei genitori, che se andavano avanti cos
prima o poi si sarebbero spaccati il naso, ma a loro non gliene fregava niente, loro
correvano, sempre.
Che andassero a sfracellarsi sotto un camion!
Max per esempio, quello borioso che sapeva sempre tutto lui. Non c'era modo di
metterlo in difficolt, mai. Di qualunque cosa si parlasse, lui aveva sempre la battuta
pronta.
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Per non parlare di Clemency, con quella sua aria da buonina quando era a casa, che
si trasformava in stronza non appena era libera dalle briglie, sparando le pi tremende
cattiverie su chi non gli andava. E le sue amiche, Lindy e Paulene, tutte finte generose
mammine, sempre a giuggiolarsi con i bambini, per poi tirare calci negli stinchi alle
rivali.
Finissero tutte sotto un camion, il mondo non piangerebbe certo la loro perdita.
E quell'altro idiota? Alexander, che si crede tanto particolare, con le sue cuffiette del
cazzo ad ascoltare rock che Dio solo sa da dove viene. Ascolta, ascolta pure, prima
o poi per non lo sentirai il clacson della macchina che ti tirer sotto.
E poi chi c'? Paul, Francis e Miriam, quelli seri, con la testa a posto; gi, finch non
gli cadr.
Perch io lo so che a questi nove succeder qualcosa.
Guardali l come pedalano. "Andiamo al fiume!" S s, andate. Andate al fiume a
divertivi.
E io?
La vedete la mia bicicletta no teste di cazzo? Non vi sembra a livello delle vostre?
Anche io so pedalare, come e forse pi di voi. Ma ce ne sia uno, dico uno solo, che
abbia mai detto una parola.
Chess: "Dai Maxim, noi andiamo gi al fiume, vieni anche tu?" No, niente, mai, come
se non esistessi.
Clemency ci aveva provato una volta; mi aveva fatto un cenno. Ma non era
abbastanza. Cosa avrei dovuto fare? Mettermi a pedalare dietro di loro? E' quel cazzo
di "Nove" che ci hanno messo nel nome del loro gruppo, ecco cos'. Come fanno a
farne entrare un altro? Ti sembra che i "Nove Facoceri" possano essere dieci?
No! Non sar mai! E io li uccider tutti, uno per uno, altro che nove! E Clemency sar
la prima!
Maxim era martoriato dalla rabbia e dalla delusione.

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Lui non era bello, non era simpatico, e non era neanche socievole. Aveva sempre
avuto difficolt nel relazionarsi con gli altri, un po' perch era timido e un po' perch
gli andava di farsi i fatti suoi. Non amava fare quello che facevano gli altri: parlare di
football e di ragazze, andare al cinema o bere birra. E poi, sembrava che i ragazzi
erano sempre in competizione. Ognuno era bravo a fare qualcosa, e sfidava gli altri
nel suo campo, ognuno aveva un soprannome e faceva parte di un gruppo. Lui no, lui
non era bravo a fare niente, ed era anche debole e gracilino, per cui spesso veniva
snobbato o preso in giro. C'era una cosa per che lui era bravo a fare, una cosa che
a lui piaceva moltissimo ma che agli altri non interessava per niente: andare in
bicicletta.
E poi saltano fuori quei nove. Quei nove che hanno la passione della bicicletta, proprio
come lui, ma che non lo prendono in considerazione, non perch lo snobbano, come
gli altri, ma semplicemente perch non lo sanno. Maxim non aveva mai detto a
nessuno che amava andare in bicicletta, se lo era tenuto sempre per s perch
pensava che era una cosa da sfigati e che lo avrebbero preso in giro ancora di pi.
Mai avrebbe pensato che i Nove Facoceri lo avrebbero accolto volentieri nel loro
gruppo, che sarebbe bastato chiederlo, anche solo una volta, e che i Nove Facoceri
sarebbero comunque rimasti i Nove Facoceri, ma che sarebbero stati dieci, o anche
undici, o dodici, perch il "Nove" non rappresentava il numero dei membri del gruppo,
ma piuttosto un numero che piaceva, che rappresentava il prossimo raggiungimento
di un traguardo perfetto, il dieci. Ma Maxim questo non lo sapeva, e tutte le volte che
li vedeva pedalare via, l'odio cresceva in lui, divorandolo dall'interno. Doveva
vendicarsi, per non impazzire.
Ma non c'era tempo da perdere, altrimenti il suo cervello avrebbe iniziato a vomitare
paranoie e le mani gi iniziavano a tremargli. Quando sal in sella della sua Rockrider
540 quasi non riusc a tenere il manubrio fermo, mentre da sotto il caschetto alcune
gocce di sudore colarono finendo nell'occhio destro che inizi a bruciare. Maledetto
sole, maledetto caldo e maledetti Nove Facoceri, ormai un vero incubo per lui,
cresciuto a Childress, Texas, paesone di seimila anime sperduto nella grande
America. Max e Nady gli apparvero davanti per primi, i visi sorridenti e intenti a
chiacchierare. Si vociferava in giro di quanto i due facessero coppia, anche se a
100

vederli cos sembravano pi due amici intenti a compiere un giro lungo Fair Park, per
poi attraversare l'anello intorno al piccolo lago che portava verso la Hall County. Tra
tutti i Facoceri per Alexander era quello che pi di tutti lo infastidiva; la sua aria da
saccente, unito allo sguardo spocchioso con cui lo apostrofava, lo mandavano in
bestia ogni volta che la bici color rosso amaranto luccicava sotto i raggi del sole.
Sarebbe stato lui il primo, e da quel momento il numero sarebbe sceso ad otto. "Voglio
proprio vedere se continuerete a chiamarvi Nove Facoceri, brutti stronzi!" pens,
inforcando Venice Street, stradina che portava verso la zona est della cittadina, quella
con le villette, dove abitava Alexander. Arriv sbuffando; quel pomeriggio il sole non
dava tregua e rischiava di spaccare testa e gambe. Un bel bagno al lago, poi il ristoro
sotto alle grandi querce, ma prima aveva un compito da portare a termine. L'odiosa
bici era nel vialetto d'ingresso, ma del tipo nessuna traccia. Maxim si terse il sudore,
indoss il sorriso migliore e suon il campanello accanto al cancello. Alexander fece
capolino, il viso dubbioso, fece scattare l'interruttore e attese Maxim accanto alla porta
d'ingresso.
Maxim si fece coraggio, perch in fondo, quella cosa l non l'aveva mai fatta. Di
provare a stirare qualcuno, cio. L'aveva sempre desiderato per quei nove porcelli,
ma tra il dire e il fare...
Apr la porta che cigolava non poco. Non solo ascoltava una musica idiota e ignota,
che fa rima, ma quell'asino di Alexander non dava neanche una goccia d'olio ai
cardini. Almeno l'olio di oliva, pistola, quello che vuoi, margarina, burro, ma sto cazzo
di porta che cigola non lo reggo, pens. Per qualche motivo la sua inquietudine
aument. Spinse la porta un po' di pi, che se avesse per caso voluto essere furtivo
col cavolo, poi mise un piede dentro l'ingresso. "Ci sono" pens "Ormai fatta". Mosse
qualche passo dentro l'ingresso ed apr la porta della casa, quella che immetteva nel
soggiorno. All'interno sembrava non ci fosse nessuno. Rimase un po' sorpreso, si
guard attorno e decise di indagare meglio. Inspiegabilmente gli venne da chiudere
con cura la porta alle sue spalle, per chiudersi dentro e studiare, forse. Peccato per
che nel richiuderla si accorse del biglietto attaccato proprio sul retro. Non era un post

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it, no, era un vero e proprio foglio di quaderno scritto con quella calligrafia da zampa
di gallina mancina che Alexander si ritrovava.
C'era scritto qualcosa come:
"Ciao, ragazzo che certe volte non mi ricordo come si chiama. Se devo essere sincero,
ti aspettavamo. Se ci cerchi e ci vuoi fare la guerra ci trovi al fiume. Andiamo a
pedalare da quelle parti. Se invece ci vuoi solo insultare, siamo sempre a
disposizione. In ogni caso siamo al fiume comunque e ci piacerebbe se ti aggiungessi"
In quel momento Maxim Pa rimase leggermente perplesso e cominci a studiare la
mossa successiva.
La rabbia e l'odio lo avvolsero logorandolo come un tarlo. Cosa credevano di fare quei
nove maiali tutti muscoli dalla piccola testa tarata? Pensavano fosse uno stupido? Ora
Maxim lo sfigato avrebbe dimostrato chi era il pi furbo. Mont in sella percorrendo a
ritroso la strada che lo conduceva a Park lake. Si ferm ad uno spiazzo
massaggiandosi le tempie, quel terribile mal di testa lo stava divorando lentamente.
Estrasse dall'astuccio una pasticca di ecstasy, anzi due e si nascose tra i cespugli di
una piccola radura. Da l poteva notare il gruppo dei nove. Nady se la rideva, avrebbe
saputo lui come zittire quella bionda dalla risata satanica. Eccoli l, tutti e nove. Erano
in attesa del suo arrivo, era sicuramente una trappola, non lo avevano mai calcolato
per loro era invisibile, perch mai avrebbero voluto integrarlo nel loro gruppo? Uno
strano fremito gli pervase il corpo, parole terribili provenivano da quella boccuccia di
rosa di Clemency, le avrebbe volentieri mozzato la testolina bionda e vuota. Non
doveva far altro che attendere, restare in agguato come un gatto che attende di
stanare il topo. Accanto a lei c'era quel nerd di Alexander, l'intelligentone che aveva
scritto quel bigliettino patetico. Apr lo zaino, estrasse una grossa corda e un coltello
da macellaio. Clemency e Alexander sarebbero stati i primi ad essere sgozzati come
maiali. La notte li avvolse, il gruppo non vedendolo arrivare inizi a sciogliersi, come
se lo sentissero fin dentro i loro muscoli torniti, ecco arrivare nella sua direzione i primi
due facoceri prescelti. Come una tigre Maxim usc dal suo nascondiglio impugnando
l'arma tra le mani callose .

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I nove Facoceri non erano mai stati dei tipi violenti, amavano soltanto divertirsi, nient
altro. Poche risse avevano costellato la loro esistenza, eppure stavolta, la loro
inesperienza avrebbe potuto costargli molto. Maxim aspett il momento esatto
affinch il gruppo si sciogliesse, e restassero soltanto due di quegli antipatici
rincoglioniti. Sbuc dall'albero nascondendo la lama dietro la schiena. - Sei venuto
quindi? Ma tardi, ormai dovrai aspettare domani, stiamo tornando a casa, e gli altri
sono gi rincasati.- disse Alexander dall'alto dei suoi occhialetti. Clemency annuiva
saccentemente ferma con un piede sull'asfalto, e col corpo per met sulla bici. - In
realt non volevo incontrare tutti insieme, mi sarei perso il gusto di conoscervi uno ad
uno- rispose Maxim sogghignando. -Ah beh allora credo che non sar possibile, ciao!concluse Clemency risalendo in sella con l'intero corpo. Maxim tir fuori la corda e
lanciandola in modo preciso fece cadere i due dalla bici. - Ma cosa diavolo fai?- chiese
Alexander massaggiandosi la nuca. - Quello che avrei dovuto fare da tempo!- rispose
Maxim tirando il coltellaccio nel petto del ragazzo, con foga e cattiveria, ma allo stesso
tempo con la spensieratezza con cui si lanciano le freccette su un tabellone.
Clemency sbarr gli occhi dalla paura, e mollando la bici inizi a correre nell'alta
sterpaglia di un campo vicino non coltivato da molto. Maxim la segu con passo svelto.
Era pur sempre una donna, lui correva pi forte e soprattutto i Facoceri non erano
proprio abituati ad usare le gambe, stavolta la stronzetta bionda non aveva le sue due
ruote lucidate, ma solo due gambette secche.- Vieni fuori blondie!- Gridava Maxim a
squarciagola. I fili della sterpaglia erano davvero alti e non permettevano una grande
visuale. Il respiro vicino di Clemency era forsennato.
Maxim si trov all'improvviso sudato ed eccitato; l'ansimare della ragazza creava in
lui una sorta di onnipotenza che si tramut presto in desiderio. In fondo Clemency era
un bel bocconcino, e quindi perch non divertirsi un po', magari con la lama affilata
del coltello appoggiata sul suo bel collo. Ma la stronzetta urlava come un'indemoniata,
e presto avrebbe attirato l'attenzione.
-Clem!- si sent urlare a poca distanza.

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-Maaaxxx!!! Aiuto!!!!- fece eco la ragazza. -Maxim... presto... mi vuole uccidere!...- e


intanto correva, alla cieca in mezzo a quella nube d'erba che le rigava la faccia e feriva
le gambe scoperte.
Maxim non si lasci prendere dal panico, se Max aveva sentito allora ce ne sarebbe
stato anche per lui, e in pi la voce di Clemency gli aveva fatto prendere la direzione
giusta. Osserv l'erba calpestata che si apriva davanti a lui come un tunnel, sino a
quando la vide. "Pazienza" pens tra se, ricacciando indietro la libido e trasformandola
in puro odio. Era alla distanza giusta, alz il coltello e lo fece partire. Una traiettoria
dritta, precisa, l'incontro tra metallo e pelle. La lama si conficc alla base del collo,
sprofondando con dolcezza, il corpo si irrigid, facendo inarcare la schiena. Ancora un
passo, un altro e poi Clem cadde a terra, la faccia avanti, nell'erba. Maxim la raggiunse
ed estrasse il coltello, dal quale scivol un rivolo di sangue rosso e vivo.
- Due maledetti Facoceri in meno - e si mise a ridere, lanciando infine un ululato. Passi
in avvicinamento lo misero in allarme; uno... no, forse due persone, il respiro
affannato. Si sedette a terra, poggiando il sedere sulla schiena della vittima, il coltello
in mano, gli occhi fissi. All'improvviso apparvero, Max e Nady, quelli pi vecchi del
gruppo, ma per questo non meno temibili. Sorrise loro.
Indescrivibile l'espressione che si dipinse sulla faccia dei due quando videro la loro
amica uccisa. Il sorriso di Maxim si tramut in un ghigno satanico:
- Benvenuti coglioni. Vi piace la vostra amichetta ridotta ad un tappeto? E laggi c'
anche quell'altro saccente che ha fatto la stessa fine- Stai dicendo che hai ucciso anche Alexander? - disse Max con un filo di voce e gli
occhi sbarrati
- Mah, secondo te? - rispose Maxim con un'espressione di disprezzo in volto. Nady
osservava la scena senza fiatare, immobilizzata dall'orrore.
- E tu, bionda slavata, che ne diresti di essere la prossima? - e ci dicendo avvicin
la punta della lama del coltello ad un seno della donna. Nady abbass lo sguardo

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sulla lama e lo rialz subito puntando un paio di occhi infuocati dall'ira dritti negli occhi
di Maxim.
- Tu non farai un cazzo di niente, bastardo - e cogliendolo impreparato gli moll un
calcione in uno stinco in seguito al quale Maxim non pot fare a meno di sollevare la
gamba prendendosi la caviglia dolorante tra le mani. Approfittando dell'equilibrio
instabile in cui si trovava il pazzo, Nady, furibonda alla massima potenza, gli diede
uno spintone che lo fece cadere malamente. Max si butt sul coltello scappato di
mano al killer e lo scagli lontano. Nady era una furia e avrebbe infierito a calci e pugni
sul ragazzo, ma Max la tir via per un braccio:
- Andiamo e avvertiamo gli altri del pericolo
Maxim non poteva lasciarli andare. Se avessero avvertito gli altri il suo gioco sarebbe
finito. Dolorante si alz guardandosi intorno e l vicino vide la soluzione: dei grossi
sassi. Un po' di fortuna, la sua formidabile mira e il gioco era fatto. Prese i due sassi
pi grossi e li scagli con tutta la forza che aveva in direzione dei due odiati: bingo!I
sassi centrarono il cranio dei due che caddero come pere mature. Non gli rest che
avvicinarsi e finirli fracassando la loro bella testolina con gli stessi sassi.
-Bene: fuori altri due- fu il commento.
Maxim era moderatamente soddisfatto. In fondo che animali erano i facoceri? Cosa
mangiavano? Carote?!? Adesso avrebbero mangiato la terra e non avrebbero pi
pedalato con quelle stupide biciclette, in sciame, come api disturbanti. Ma erano api
o facoceri? L'ex sfigato cominciava a non vederci troppo chiaro. In fondo uccidere
stressante, mette in circolo tutte quelle emozioni e Maxim preferiva non avere
emozioni, crogiolarsi nel fondo di un bar a bere un milk-shake alla fragola da una
cannuccia...di solito. Ma il lavoro andava finito e andava finito quel giorno stesso. Si
era preso la briga di vendicarsi e doveva portare il compito a termine. Sterminio di
facoceri. C'erano altri cinque esseri dalla prosopopea esagerata, teen-agers da
quattro soldi, tutti casa e mode adolescenziali, che dovevano essere cancellati dal
volto dell'universo e lui lo avrebbe fatto, con piacere o meno, quanto prima. Maxim, si
addentr nella boscaglia, dopo aver recuperato il coltello col quale ne aveva fatti fuori
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due. Ansimava e cerc di controllare il respiro per non farsi troppo sentire. A quanto
pareva gli altri avevano recuperato le biciclette e stavano marciando sulla strada verso
la nuova mta che si erano dati, ma non proprio tutti. Una del gruppo era rimasta
indietro, a raccogliere delle fragole. Ma non se le poteva comprare al supermercato?
Doveva proprio raccoglierle nei boschi? Comunque era Miriz.
- Ciao Miriz! - fece Maxim, avanzando e nascondendo il coltello.
- Ti conosco?
- Non so...
Proprio allora accadde un fatto strano: da alcune fronde sbuc, irsuto, peloso e
dondolante un facocero vero. O era un cinghiale? Miriz lo chiam a s e si mise a
carezzarlo.
- Il vostro gruppo prevede anche la protezione degli animali? - domand Maxim.
- Cosa?
Alla ragazza quel tipo piaceva sempre meno.
-Che succede? Il tipo ti sta disturbando?- Lindy e Paulette apparvero a bordo delle
loro bici, facendo scappare l'animale. Maxim pass la lingua sulle labbra secche,
mentre gli occhi si posavano sulle cosce delle ragazze. La libido di prima torn
prepotente, quasi un ronzio che dal cervello scendeva fino in basso. -Ma guarda, le
tue amichette pronte a salvarti dall'omaccio cattivo!-Maxim, non fare lo stronzo, non ne sei capace- lo apostrof con durezza Pauline. Siamo stati compagni alle superiori e conosco bene quanto sei codardo- poi
rivolgendosi verso Miriz, -ma dove cazzo sono finiti gli altri? Dovevamo andare a fare
una pedalata fino al fiume-.
-Sono poco pi avanti che riposano con la faccia rivolta al sole- sogghign Maxim
voltando la testa verso il campo invaso d'erba. -Ma non fate rumore, stanno
dormendo...- fece scivolare il coltello all'interno dei pantaloni.

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-Questo proprio coglione- esclam Lindy, scendendo dalla bici. -Max, Nady!- url,
ma nessuna risposta. Guard Pauline e Miriz. -Possibile che siano cos stupidi da
essere l dentro?-Io so dove sono, se volete vi accompagnoMaxim inizi ad addentrarsi. Le ragazze rimasero ferme, poi Miriz, alzando le spalle,
lo segu.
-Non mi sento tanquilla- mormor Pauline. -Nonostante sia un coglione, non l'ho mai
visto cos eccitato e fuori di testa. Penso di rimanere qui-.
-Io li seguo, non posso lasciare Miriz da sola con quel tipo- si incammin, sparendo
poco dopo nell'erba alta. Pauline torn alla bici, la testa in subbuglio. Doveva trovare
gli altri e tornare al pi presto. Aveva come l'impressione che il dolore stesse
scendendo su Childress.
Maxim sentiva i passi delle ragazze dietro di s. Il cuore gli batteva forte nel petto e
l'eccitazione lo dominava. Sentiva le mani sudate. And a cercare la lama del coltello
nei pantaloni, ma si imbatt nel suo membro duro. Ebbe le vertigini, e il paesaggio
intorno a lui inizi a traballare.
-Maxim dove sei!- sent chiamare Miriz. -Non fare lo stronzo, questo giochetto
andato troppo oltre. Dove sono gli altri!Maxim si acquatt nell'erba alta, infil la mano nei pantaloni ed estrasse il coltello.
L'avrebbe fatto, ancora e ancora, fino alla fine, e questa volta, forse, avrebbe osato
anche di pi. Avrebbe strappato i vestiti di dosso alla ragazza, e l'avrebbe sentita
piangere prima di piantargli la sua lama, dura e lucente, nella pancia. Deglut
forzatamente, cercando di mandare gi la frenesia che si stava impossessando di lui,
quando la ragazza comparve alla sua vista.
Salt fuori dal suo nascondiglio con gli occhi spiritati e lo sguardo famelico.
-Eccomi puttana! - sbrait - Sono qui, solo per te, e adesso non potrai fare a meno di
accorgerti di me, di quanto io ti voglia, di quanto voglia tutti quanti i Facoceri!-

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Improvvisamente un tremendo colpo al sedere lo fece volare in avanti, facendolo finire


con la faccia nell'erba. Il facocero era rispuntato dal nulla e l'aveva colpito.
Si volt, stordito, con il sedere dolorante e il sole negli occhi.
Sopra di lui Max gli scrollava una spalla.
-Ehi Maxim - lo apostrofava - Sveglia. Come ti senti? Sei caduto dalla roccia su cui ti
eri appisolato. Tutto ok? Maxim sbatt gli occhi incredulo.
-Oh... io... credo di s -Dai, muoviti. Perch invece di dormire tutto il giorno non vieni a fare un giro in bici
con noi? -

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Luomo Che Portava La Barba In Valigia


[una piccola commedia surreale e di spionaggio]
(Alessandro Amadesi, Massimo Ferraris, Miriana Kuntz, Giovanna Mastropasqua,
con la partecipazione di Domenica Lanzetta Falciano)

A dire il vero, la voce misteriosa al telefono gli aveva detto solo di presentarsi in
aeroporto alle undici. Ne sapeva un tubo lui, di che cosa la voce, cio la persona, gli
dovesse dire.
Andrew Henry Dobson scese dal taxi alle dieci e mezza e si sent subito teso. Forse
perch ripensandoci, la cosa non era chiara, oppure perch non era abituato a
camminare, e per lui era una discreta fatica anche l'attraversare la strada. Il peso si
faceva sentire e le ginocchia cigolavano. No, forse non emettevano proprio un cigolio,
ma di certo non erano contente di sostenere quell'ometto bassino e piuttosto rotondo
che accompagnavano da anni. Brava persona, per carit, ma non facile da
sorreggere.
Il Dottor Dobson ci ripens: come cacchio possibile che uno che non conosco mi
telefoni e mi faccia muovere per una cretinata simile?
Non sar mica diventato permeabile al miraggio del denaro? No, non sono cos
venale.
E' la voglia di avventura, allora? O di andarsi a cercare le grane?
Ma porco quadrupede, come sono deficiente.
La voce era stata perentoria: "Caro X-5" aveva detto "le verr consegnata una valigia
che aprir soltanto quando sar al riparo da sguardi indiscreti. Ovviamente sar nostra
premura chiamarla quando la potr aprire"

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Confuso pi che mai, Andy si avvicin all'entrata e sospir. Le porte scorrevoli si


aprirono ed una sventagliata di aria calda gli scompigli i pochi capelli che aveva.
"Avanti" si disse "andiamo in missione"
Con la mano paffuta, e le dita a salsicciotto, si aggiusta i quattro capelli che utilizza
come riporto per la pronunciata calvizie, pi volte ha pensato di coprire quel disastro
della natura, con un parrucchino , ma l'unica volta che si lasciato convincere dalla
vanit si ritrovato al pronto soccorso, una forte reazione allergica, gli ha causato
l'irritazione del cuoio capelluto, simile a un ustione di secondo grado, da quella volta,
si e lasciato crescere i capelli restanti e li ha sistemati a mo di tup. Grondante di
sudore, come dopo una maratona, la camicia mezza zuppa, e la giacca del vestito in
fresco lana sotto ascellare madida di sudore, il fiato corto, la schiena e le ginocchia
doloranti per il dolce peso, si avvicina al punto prestabilito, dietro una colonna
ricoperta di granito, sistemata la valigetta, che il tizio al telefono gli ha descritto, nei
paraggi non si vede nessuno, strana cosa per un aeroporto, con decisione, si avventa
sulla valigia, e si dirige in bagno. Cazzarola, per la fretta finisce di lungo disteso sopra
i bagagli di uno di quei carrelli che serve a spostarli da un terminal all'altro, ma cavolo
da dove sbucato! Il fattorino si accorge del passeggero abusivo e si ferma,
imbarazzato e consapevole della figurina fatta Dobson si aggrappa alla valigia che il
fattorino gli porge, e si allontana furtivo. Riesce a raggiungere il bagno senza ulteriori
intoppi, sussulta dallo spavento e batte con la schiena contro l'asciuga mani elettrico,
si accende immediatamente, troppo teso, si tratta solo del cellulare che sta vibrando
nella tasca della giacca, lo tira fuori, ma le mani scivolose e sudaticce, lo fanno
sgusciare come un anguilla, e cade rovinosamente nell'urinatoio attaccato al muro...
"Porca zozza, e che cacchio, non sono per nulla il tipo da missione segreta, tipo zero
zero sette. Sicuramente, la telefonata e per dirmi che posso aprire la valigia"
Con fare deciso apre, ma come per magia saltano fuori vestiti femminili.
"Tutti taglia 40..." pensa, rigirando tra le mani un paio di leggins color rosso fuoco.
Butta un occhio alla tazza del water, dove il cellulare giace sul fondo. Si accorge che
ancora acceso. Forse non tutto perduto, ma per recuperarlo gli tocca infilare la

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mano in quel... coso. Prende tempo, continua a sbirciare, mentre il sudore sgorga
copioso dal suo corpo. Oltre ai vestiti scopre riviste femminili, trucchi, un libro d'amore
e, quando sta per mollare tutto, un qualcosa di peloso attira la sua attenzione. Lo
estrae con titubanza, sfilandolo tra un paio di collant a rete confezionati. Lo rigira in
mano e sgrana gli occhi: una barba finta!
-Ma che diavolo!...- esclama, osservando la fattura ottima. Sembra quasi la barba di
Babbo Natale, ma in versione scura. All'interno ci sono le strisce a strappo di collante,
segno che debba essere indossata. Rovista ancora e trova uno specchio; quella
una valigia dalle mille risorse. Nonostante il caldo e la fatica che prova nello stare in
quell'angusto bagno, si siede sulla tazza e poggia lo specchio sulle gambe. La barba
gli calza a pennello, sembra quasi vera, gli d l'aria da cospiratore. Riprende in mano
la valigia e nota un rigonfiamento sul lato esterno; apre la zip della tasca e trova un
cellulare spento, uno smartphone ultimo modello. Scosta di lato la sua cosciona destra
e vede il suo, a bagno, spento.
"Meglio cos" si dice, e tira lo sciacquone.
Accende il gioiellino e rimane in attesa, sino a quando una vibrazione lo fa sussultare,
accompagnata dalla scritta "numero privato". Ci siamo, il contatto.
-Te la sei presa comoda X-5. Che fine ha fatto il tuo telefono? Hai dimenticato di
caricare la batteria? Comunque ora dovresti aver indossato la barba. I vestiti che hai
trovato sono per copertura. Sarai un rappresentante di accessori e abbigliamento
femminile. Ora esci.L'uomo si guarda allo specchio, con quella barba, sembra ancora pi tozzo e goffo.
Non di certo tipo da barba. Il pelo arruffato che gli pende dal viso lo rende quasi un
nano da giardino. Un nano di Biancaneve, pensa, mentre si aggiusta ancora meglio
lo strappo sul mento. Un uomo, che in procinto di urinare, lo guarda quasi con
disgusto e curiosit. Come pu una barba vera essere messa apposto? Penseranno
che sono un pagliaccio, pens. Ma chi se ne frega, se questa missione potr riscattare
la mia vita noiosa, che ben venga. Il telefono squilla ancora, l'uomo sudaticcio si copre
la bocca con le mani alla meglio. Cerca di camuffare il suo labiale.
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- X-5, dovrai per prima cosa cercare AnnaBelle Dixon, una tipa piuttosto facoltosa,
l'unico problema che davvero una racchia, e proprio per questo non riesce a trovare
un marito.- dice la voce sconosciuta
-E io che ci devo fare?- chiede l'uomo tirando su col naso
-Beh tu dovrai in qualche modo sedurla, oltretutto sappiamo che adora gli uomini
pelosi, e quando sar cotta a puntino dovrai venderle tutto ci che riesci, e poi ci
risentiremo, per l'ulteriore sviluppo della missione.La voce sconosciuta riattacca. Secondo le indicazioni che la valigia tutto fare gli ha
fornito, Annabelle Dixon si trova tutti i luned al BluePalmas Bar. Un locale piuttosto
ricercato, uno di quelli dalla puzza sotto il naso. Anna seduta su uno sgabello di
velluto, i suoi vestiti sono fuori moda, e la fanno sembrare ancora pi grossa. Il suo
naso a spada falcia l'aria ad ogni movimento, e i suoi occhi strabici la fanno sembrare
pi cozza di quanto in realt. Nessuno mai si avvicina ad AnnaBelle, per ovvi motivi
si intende. L'uomo le si avvicina, e gli si siede accanto.
- Beve qualcosa? - le chiede con cortesia. La Dixon si volta tutta in una volta, sembra
compiaciuta da quell'invito inaspettato, ma quando sta per pronunciare il Si, un fetido
fiato raggiunge X-5.
"Eccheccacchio!! E ancora peggio di quello che pensavo! Brutta ai cani e con pure
l'alitosi!!" Pens l'uomo riuscendo a trattenere a stento un naturale rigurgito innanzi a
quella putredine, ma il sorriso di circostanza, per fortuna, gli rimase stampato in faccia.
- Allora, bella signora... mi fa compagnia?- Disse abbastanza compiaciuto dell'aplomb
mantenuto.
- Si, certo... accetto volentieri un Manhattan...sa, io guardo sempre Sex and City e mi
ci ritrovo parecchio in quelle donne sempre cos affaccendate a spendere e spandere.
Non l'ho mai vista da queste parti... lavoro? Ah! mi presento: sono Annabelle... il suo
nome invece?- Io sarei Andy... cio sono Andy e faccio l'agente di commercio. Mi occupo della sfera
intima

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- Apper!! Interessanteeee! Mi dica mi dica... e non lesini, la prego...- Ecco, cose piuttosto originali per la verit... non tutte se le possono permettere...
diciamo pezzi unici e da vere intenditrici. Non donne qualunque... ma lasci stare,
questa merce costa e lei...- Io che??? Io posso permettermi tutto. Compro tutto! Sputa il catalogo!
- Uno degli articoli che vanno di pi lo scaldacapezzoli in puro visone. Stiamo
andando incontro ad inverni sempre pi freddi e il problema dei capezzoli congelati
sar uno dei drammi delle donne moderne. Pensi ai giorni della merla. Se si va
sottozero, ci si formano stalattiti e stalagmiti e se non vogliamo infilarle negli aperitivi
al posto dei cubetti di ghiaccio, conviene con me che questo articolo la morte loro...- Mmmmmm.... scaldacapezzoli eh? E poi? cos'altro?- Le posso solo dire che ci sono meraviglie ineguagliabili. Anzi - rispose sbrigativo lui
aprendo la valigetta - non ha che da guardare. Prego
Sper, in quel momento, che lei si interessasse agli articoli, mettesse la testa quasi
dentro la valigia magica e lui potesse allontanarsi un po'; e cos fu. La ragazza, presa
dalla curiosit, cominci a frugare con un'espressione sempre pi contenta dipinta sul
volto e lui ne approfitt per prendere il telefono. Si allontan pochi metri, sper che il
brusio di sottofondo del locale lo coprisse e chiam:
- E adesso, che cacchio dovrei fare? - chiese alla voce misteriosa.
- Adesso sei a cavallo - rispose la voce, non senza una certa punta di sarcasmo.
- S, a cavallo di un dromedario - comment lui scocciato - Quale sarebbe la seconda
fase del piano? Mi pare che la Dixon sia abbastanza intenzionata a comprare tutto il
baraccone
- Piano riuscito, Doctor Dobson. Adesso le posso ufficialmente dire che lei fa parte
della nostra rete di vendita. La Strange Things, ne avr certo sentito parlare. Lei uno
dei nostri venditori di punta, visto che riuscito a piazzare tutte quelle robe
improponibili. Deve essere contento, di solito i venditori vengono selezionati in un
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gioco a premi trasmesso su tutte le televisioni nazionali e lei, invece, riuscito al primo
colpo
- E se non me ne fregasse un tubo??? - chiese lui alzando la voce.
- Andyyyy.... - la voce di Annabelle Dixon lo scosse - Sono articoli meravigliosi. Il mio
sogno sarebbe provarli tutti. A casa mia, con te. Hai progetti per dopo?
- Va bene, accetto - mormor con un filo di voce Andy, parlando al telefono; ma la
voce era sparita, Annabelle lo interpret come un s a lei e Andy fu cinto in un
abbraccio da constrictor.

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Luomo che un tempo odiava le donne

(Cleo Patra, Paola Roela, Andrea Bud Basile, Massimo Ferraris, con la
collaborazione di Consuelo Ruglioni e Giovanna Cassani)

Sono disteso sul letto avvolto in una nuvola di profumo francese che fatica a
dissolversi nellaria. Il sapore di rum mi impasta la bocca arida, ho sete. Volgo lo
sguardo verso il cuscino accanto al mio. Macchie di rimmel colato dipingono la federa
di seta. Ora ricordo, lennesima amica della notte, gi fumo come tutte le altre,
evaporata. Nessuna nel mio letto dopo lalba. Le donne sono solo un piacevole
diversivo, niente legami, niente discorsi complicati. Il sesso femminile stato inventato
per allietare la vita delluomo, un passatempo divertente, niente di pi. Mi duole la
testa. Unaspirina ci che ci vuole, alle nove ho un incontro con il consiglio di
amministrazione della Lutux, nota multinazionale, di cui io dirigo il settore robotica.
Nel mio staff solo uomini, le menti migliori. Le donne sono utili per portare il caff
sculettando su tacchi a spillo. Laltra mattina una ragazza piuttosto bruttina si
presentata al colloquio per ingegnere capo nel mio settore. Le ho riso in faccia, il
cervello di genere maschile. Le ho regalato cento euro per una seduta dallestetista.
Pfui. Con ancora gli occhi chiusi, mi alzo trascinandomi lungo il parquet, mi sento
strano devo aver esagerato con lalcool. Sono leggero, come se i miei ottanta chili su
un metro e ottanta di altezza si fossero dissolti. Apro lentamente gli occhi incrostati di
sonno, mi avvio verso la porta del bagno. Un urlo degno di un soprano fuoriesce dalle
mie labbra. La mia immagine riflessa mi rimanda a quella di una donna. Una bocca
carnosa, occhi a cerbiatto e capelli rossi intrecciati in morbidi ricci. Ho paura, abbasso
lo sguardo verso il mio corpo. Un abbondante seno preme contro la mia maglia. Le
mie gambe sono lunghe e affusolate. Sono una donna. Do una sbirciatina nei boxer,
c. non c pi nemmeno quello.

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"No. Non possibile. Dev'essere un sogno. Anzi un incubo! Io una donna? Ma se le


ho sempre odiate! Beh, no, odiate un po' troppo. Le ho sempre disprezzate, per, e
di certo non godono della mia stima!"
Guidalberto pensa cos, con gli occhi chiusi, sperando che quella spaventosa
immagine riflessa scompaia dallo specchio, per lasciare il posto al suo vero io. Riapre
lentamente un occhio, ma lo richiude subito. La rossa ancora l! Si decide ed apre
di nuovo gli occhi. Guarda meglio, davvero una bellissima donna e in quegli occhi
riconosce il suo sguardo. Guarda ancora il suo nuovo corpo. Nonostante gli faccia
estremamente impressione, prova a toccarsi il seno. E' morbido e caldo. Accogliente,
come dovrebbe essere quello di una vera donna.
"Ma io NON SONO UNA DONNA! NON SONO UNA DONNA!!!!!" urla, cercando di
strapparsi i lunghi capelli rossi dalla testa. Invano.
"Ehi va tutto bene l?"
La voce della vicina dall'altra parte del muro lo convince a desistere dal gridare e dal
ferirsi.
"S" dice ma la voce sempre quella da soprano di prima "S, certo!" ripete facendo
la voce da uomo
"Ok!" risponde la donna dall'appartamento adiacente.
"Bene, almeno quest'impicciona sistemata, per il momento! ODDIO! La riunione alle
nove con il consiglio di amministrazione! Come faccio? Non posso presentarmi cos!"
Guidalberto, nonostante la disperazione, cerca di ragionare. "Taglier i capelli e il
resto lo nasconder sotto un cappello. Indosser una giacca molto larga che
nasconda queste due...cose!" dice guardandosi il seno con orrore "e per la
voce...dovr ricordarmi di parlare piano e con un tono molto pi basso. S, far cos!"
pensa, tutto soddisfatto per aver trovato cos in fretta una soluzione.
La gioia dura poco perch un dolore lancinante, al basso ventre, lo fa piegare in due.
Sul pavimento qualche goccia di sangue.
"ANCHE IL CICLO????NOOOOO....!!!"
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"CAZZO IL CICLO? Ci penso sempre ed l'unica cosa che odio. Infatti quando scelgo
le donne della sera prima, mi accorgo se sono mestruate dal modo bizzarro che hanno
di porsi, sono a disagio. Ed io ora sento dolore. Mi brucia lo stomaco come quando,
mi sfondo di cibo con gli amici, cos forte che mi fa chinare a terra. Il freddo del
pavimento non aiuta affatto. Cazzo, sono una donna, un incubo per un uomo della
mia et, certo potrei giocare con questi due bei seni, ma non sarebbe lo stesso e poi
mi fanno male. Come cazzo vado a lavoro oggi?"
Penso e ripenso mentre cerco degli assorbenti, a volte capita che le mie conquiste
serali lasciano qui le loro cose. Ne trovo uno sotto una pila dei miei men's health. Non
so come si mettono ma vado ad intuito.
"Chiamer il capo!" vado sparato al cellulare
"Hey Guy, allora la biondina di ieri sera? Hai fatto sesso come un riccio ieri eh?"
"Pronto... rispondo con quella vocina che mi era venuta non sono Guy, sono emh"
Silenzio mentre penso al nome della tipa della sera prima, cazzo non mi ricordo come
si chiama, non me ne fregava una sega. Ero li per scoparmela mica posso ricordarmi
tutti i nomi. Ne so solo uno, quello che mi ha ridotto ad odiare le donne, Gaia, user
questo
"Pronto ancora in linea?" il mio capo "mi scusi per prima, pensavo ad alta voce"
Sentivo il suo imbarazzo disperdersi nel telefono.
"Si, sono Gaia, volevo dirle che Guy sta male, non riesce ad alzarsi dal letto, credo
abbia un post sbornia di quelli incredibili" parlo mentre cerco di non usare termini
quotidiani.
"Va bene, mi faccia arrivare il certificato medico"
Ecco avevo risolto un primo problema.
Mi siedo sul letto, dopo aver indossato l'assorbente con immensa fatica.
"Certo, dovr andarli a comprare", penso con una punta di terrore. "Con le ali, senza,
che tipo usano di pi le femmine?..."
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Non mi viene in mente nemmeno una pubblicit del genere, le uniche che guardo
sono quelle con belle figliole dai fisici prosperosi, come... il mio! Quella parte della
donna che sino ad oggi mi ha sempre fatto impazzire, ora lo osservo con terrore. Mi
alzo e sento il mio fisico leggermente fuori baricentro. Colpa di questi meloni, ne sono
sicuro. Inizio a pensare che forse essere donna ha i suoi problemi, ma anche i suoi
vantaggi. Mi guardo nello specchio e rimango affascinato dalle curve armoniose del
corpo, la mancanza totale di peli, il viso liscio e senza barba. Cerco di ricordarmi
qualcuna che possa assomigliarmi, magari una tipa del passato con cui ho fatto una
sveltina e che ho abbandonato. Una strega! Anche se non credo molto in queste cose,
devo ammettere che non normale svegliarsi cos! Gi, svegliarsi... e se invece stessi
ancora dormendo? Dov' che ho letto che a volte i sogni superano la realt? Mi sento
il protagonista di un film di serie B, di quelli in cui succedono queste cose surreali,
dove poi per tutto finisce nel modo migliore. Mi butto sul letto, la pancia sempre
dolorante, ma rimanendo a contatto con il materasso un po' si attenua. Devo dormire,
e quando aprir gli occhi sar tutto passato... Si, si, far cos. Riesco a farlo, per una
mezz'ora, sino a quando il cellulare suona. Lo afferro e vedo il nome del Capo.
Pronto?... la voce impastata di sonno, ma dal tono troppo alto mi fa saltare gi dal
letto. Cazzo, sono sempre Gaia!
Mi passi Guy, quello stronzo ha pensato bene di chiudere a chiave le suo cassetto le
relazioni!
Guardo il display, il panico mi fa barcollare. Lo lancio contro al muro: fine
conversazione. Rimango impietrito, o impietrita. Ancora non so bene se parlare di me
al femminile o meno.
Rifletto qualche minuto ed escogito un piano. Indossare i sensuali panni di Gaia,
presentarmi a lavoro e consegnare le chiavi a posto di Guy, cio me.
Corro in bagno, ma mi accorgo di non aver nessun tipo di trucco, di rossetto o qualsiasi
altra diavoleria femminile. Non un vestito, non un scarpa, niente di niente!
Segreteria telefonica, 2 messaggi.

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Il capo. Questa volta mi licenzia, me lo sento. Decido di andare nella boutique


all'angolo della strada, anche se solo il pensiero di incontrare Eva, la fastidiosa
commessa dalla voce pi squillante del pianeta, mi da sui nervi. Decido prima di
passare dalla farmacia per placare questo lancinante mal di pancia. Tailleur beige con
tanto di scarpe col tacco e borsa annesse!
"Molto sobrio, adatto ad una giornata primaverile come questa!", pensai.
ODDIO! Sto anche iniziando a pensare come loro! Scaccio via questo pensiero e mi
dirigo verso l'ufficio, anche se con qualche evidente difficolt riguardo lo stare in
equilibrio su queste trappole per i piedi! Vedo il palazzo, entro, saluto quella stupida
oca della mia segretaria e le chiedo di avvisare il capo del mio arrivo e che ho qualcosa
da consegnargli, da parte di... Guy!
Salgo al primo piano e il capo mi fa accomodare nel suo ufficio. Comincia a scrutarmi
e io inizio a sentire qualche gocciolina di sudore colarmi sulle tempie. Non faccio in
tempo a pensare alla possibilit che il mio trucco potesse rovinarsi che lui esclama:
"Hai qualcosa di stranamente familiare!"
Cerco di non guardarlo negli occhi. Mi imbarazza da morire... sto arrossendo, lo
sento...
Vorrei dirgli qualcosa ma la mia voce resta soffocata, non riesco a parlare.
Il capo mi si avvicina e guarda le mie tette che sembrano scoppiare...mi dice:
"Signorina ...non ha nulla da dirmi? Io aspettavo Guy...ma se vuole ci potremo
accordare ...se vuole pranzare con me..."
Sto sprofondando... non mi esce nemmeno una sillaba dalla bocca... cerco qualcosa
nella borsetta... mi muovo con ansia... il capo mi viene sempre pi vicino... comincia
a posarmi una mano sulla spalla destra... poi mi tocca i capelli con dolcezza... mi
sento svenire...
Squilla il mio cellulare...devo rispondere...
"S... sei tu ... no... s... no..." ripeto monosillabi privi di senso mentre il capo mi sta
palpeggiando bene bene...
120

All'improvviso un urlo agghiacciante... quando la sua mano si stava per spingere


oltre...
Sono tornato Guy... e lui se n' accorto prima di me...
Io le odiavo le donne... ora so che sbagliavo.

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In vacanza?

(Antonella Rossello, Paola Roela, Alessandro Amadesi, Miriana Kuntz, Nadia Finotto)

Guardo gli scatti di attimi rubati dall'obiettivo della tua macchina fotografica e mi siedo
al tuo fianco. Mi si presenta un orizzonte azzurro cielo punteggiato da colori freschi
del verde della natura silenziosa che costeggia il mare. Sento la tua serenit, le risate
della piccola e la voglia dell' ometto di casa di dimostrare al suo pap quanto bravo
a catturare l'attimo che fugge. E' tutto molto chiaro e sereno mentre nella mia vita
un tumulto di colpi di scena intercalati da due occhi vivaci ed un sorriso mozzafiato
che non ci permette di lasciarci andare a discorsi dei grandi. Eppure un tempo non
molto lontano era naturale dirsi parole e ritrovarsi in quel Caff&friends lungo il molo
di Camogli. Sar stato la magia di questo luogo, il mare raccolto in quell'insenatura
dove ormeggiano le imbarcazioni dei pescatori del luogo, o la brezza marina che soffia
leggera.
Ci siamo incontrati per caso, tu eri in piedi al bancone che aspettavi il tuo caff ed io
con una cartina in mano che chiedevo informazioni su un bed&breakfast che mi
avevano consigliato ma che non riuscivo a trovare tra le viuzze che si intrecciano
parallele alla piazzetta di fronte al bar. Mentre cercavo di capire bene le indicazioni
stradali sei intervenuto:
In vacanza? o alla ricerca di uno scatto d'autore?
Dice a me? No, niente scatti d'autore, solo in vacanza alla ricerca di un po' di
tranquillit
Bene, le do il benvenuto, spero trovi la sua tranquillit e mi creda, qui di tranquillit
ne avr quanta ne vuole
"Se vuole, posso accompagnarla!" dicesti con un sorriso
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"Ma no, non si disturbi, grazie!" dissi confusa e imbarazzata, soprattutto pensando
che stavo facendo la figura dell'imbranata. Inoltre non volevo che ti mettessi qualcosa
di strano in testa, ero venuta l in vacanza per dimenticare una persona che mi aveva
fatto molto soffrire, e certamente non volevo imbarcarmi, almeno non cos presto, in
una nuova relazione. Mi resi conto di essere rimasta, per qualche secondo di troppo,
in silenzio e tu ne approfittasti subito
"Nessun disturbo. Si figuri. Anzi, se mi permette, le porto anche la valigia. Nonostante
quello che si dice in giro di noi liguri, siamo gente molto ospitale." dicesti, regalandomi
un altro sorriso e prendendo il mio bagaglio, prima che potessi protestare. Mi
accompagnasti fino a destinazione, l'Hotel "La gabbianella" complimentandoti per la
scelta.
"E' un ottimo hotel, spero abbia preso una camera con vista sul mare, vedr che
spettacolo!" Sorrisi, ma non risposi, pensando che quella frase nascondesse un
patetico tentativo di conoscere il numero della mia stanza.
"Spero di non essere stato troppo invadente, signorina. Posso sapere il suo nome? Io
sono Luca Rinaldi" dicesti porgendomi la mano
"Eleonora Ceccarelli" risposi, in modo molto formale.
Mi resi subito conto che, per educazione, avrei dovuto ringraziare quell'uomo cos
premuroso
"Grazie di tutto" dissi "E' stato davvero gentile!" aggiunsi con un sorriso.
"Dovere!" rispondesti "Spero di rivederla presto Eleonora e le auguro di passare una
bellissima vacanza!" dicesti mentre mi regalavi un ultimo sorriso. Mi accorsi di essere
rimasta incantata a guardarti mentre ti allontanavi. Mi ripresi quasi subito ed entrai
nell'hotel. Mi accolsero meravigliosamente e, in men che non si dica, ero sul terrazzo
della mia bellissima camera a guardare il meraviglioso paesaggio che si offriva ai miei
occhi.
Che bello, il mondo, il mare, l'orizzonte, visti da l. Mi sentivo stranamente in pace,
cosa rara visto il momento difficile e la mia indole, ma... stavo bene. Faticavo a
spiegare quella sensazione di pace e bellezza e fatico ancora oggi.

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Stanca ma serena, mi fermai un attimo, mi rilassai, disfai una parte delle valigie e mi
buttai sotto la doccia. Ne uscii rilassata, un po' cotta, forse, ma in quel momento mi
sembrava di poter riprendere in mano quella parte della mia vita che aveva sbandato
pericolosamente. Mi appoggiai sul letto e... s, persi un po' conoscenza. Mi risvegliai
che il sole era ancora alto nel cielo e l'appetito si faceva sentire. Guardai la sveglia
e... oh, giusto, era proprio l'orario adatto. Sapevo che l'albergo offriva pranzi curati e
comodi, ma decisi di andare un po' in giro, cercare un posto magari piccolo e
sconosciuto in cui perdermi un po'. Era il possibile inizio di una nuova vita, no? Mi
ripromisi di tornare a gustare cenette come si deve all'albergo e mi avventurai in
paese.
Poco sotto l'albergo c'era la spiaggia. Attraversai la strada e mi guardai attorno. Sole,
consigliami tu, pensai, poi risi della mia idea sciocca, proprio nel momento in cui tornai
ad incontrare il suo sguardo.
"Mademoiselle Eleonora..." sorrise lui, subito "Piacere di ritrovarla"
"Signor fotografo..." risposi scioccamente, con una punta di ironia.
"Qualcosa mi dice che lei, bella fanciulla, si persa".
Lo guardai e al volo mi part la risposta: "Le dir... la fanciulla ha un po' fame, in realt".
Luca rise: "Se non le dispiace ho un comodo ristorantino da consigliarle e... beh... se
non un problema, le farei volentieri compagnia"
Non esiste l'uomo perfetto, non esiste la donna perfetta. Toglietevelo dalla testa. Lo
dico tanto per chiarire. Ci sono persone pi o meno belle, pi o meno raffinate,
intelligenti od ironiche; ma per il resto, siamo tutti figli della stessa terra. Quel
cantautore siciliano, in quell'intervista di qualche anno fa, diceva che esiste il grado di
evoluzione e quello fascino.
Nonostante questo, non riuscivo a non ammirare Luca per il modo in cui aveva scelto
il 'comodo ristorantino', ma soprattutto il modo in cui guardavamo la strada con i
passanti che si muovevano con indolenza pacifica e la spiaggia, l in fondo, in
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lontananza. Non riuscivo a non sorridere del suo modo buffo di parlarmi di lenti Zeiss,
focus e tempi di esposizione, obiettivi da grandangolo o da panoramica, gelatine
colorate per gli effetti.
"...perch, vero, il digitale rapido e comodo, ma... la pellicola 35 diversa: la senti
e la vedi, ha vita..."
Detta da chiunque altro sarebbe stata una lezione noiosissima, ma da parte sua non
era cos. Sentivo l'entusiasmo e la passione che ci metteva e capivo che non stava
facendo un trattato per far colpo, ma per condividere quella meraviglia, quella che per
lui era una meraviglia che risollevava la vita a tutti. Certo, a me piaceva scattare
fotografie, ero abbastanza brava, a detta di molti, ma ero un po'... profana. Eppure
Luca sapeva raccontare, parlava di quando aveva fatto la tal fotografia ed in che
condizioni, chi erano i suoi compagni di viaggio, quali le sue avventure. Prima che
finissimo di pranzare mi aveva scattato innumerevoli 'bei ricordi', come lui li chiamava;
e mostrati tanti altri. Erano immagini splendide ed in quel momento avrei voluto che
quel momento, il pomeriggio, quello stesso periodo, non finissero.
Sulla spiaggia ogni cosa in movimento. Il vento che corre veloce, le onde che vanno
e vengono, l'alta marea che annega la spiaggia, e poi quella bassa che mostra ogni
ferita. Allo stesso modo noi due eravamo seduti sulla sabbia ormai fredda. Ogni dita
sfiorava la granella morbida della sabbia. Non avevo mai toccato della sabbia fredda.
E' una sensazione che ringiovanisce i sensi. Mentre ti ascoltavo ci giocherellavo
senza accorgermi che di l a poco mi sarei ritrovata completamente sporca. Ero come
ipnotizzata dalla tua voce, a ritmi regolari, dalla tua lingua veloce che metteva a segno
ogni frase. Ogni pausa era giusta, ogni risata. Io ero sciocca, lo sono ancora oggi,
senza parlare della mia incostanza, del mio modo rapidissimo di formulare le frasi.
Sono un casino vivente, e vivo di casini. Potrei riassumerla cos la mia esistenza, ma
tu in quel casino avevi gi districato ogni nodo, messo apposto ogni indumento che
avesse addosso il profumo di qualcuno che non c'era pi. Avevi dato un colpo di
spugna ad ogni dolore. Ti eri messo a giocare con le parole e le tue foto autentiche,
e avevi fatto di me il ritratto perfetto della pace.
"Ti andrebbe di posare per me questa notte?" mi chiedesti sottovoce.
125

"Posare per te? Non sono mica una modella, e poi posare, ma dove? Facciamo
domani."
"Domani potrebbe essere gi tardi. L nell'acqua, ho una coperta e potrai coprirti dopo
aver fatto le foto, ma va adesso, permettimi di fare delle foto uniche..."
Non ti risposi pi, mi incamminai con il mio vestito leggero bianco nelle acque gelide
del mare. Ad ogni passo mi sembrava di mettere un punto a tutte le cose della mia
vita. L'acqua mi avvolse le caviglie, poi il busto, e infine i lunghi capelli. Stavo
permettendo alla marea di fare di me una persona nuova. Non c'erano paure n timori,
ero io e il mare, e alle mie spalle tu stavi imprimendo un Sogno a mani nude.
Non pensai nemmeno a quanto mi piaceva farmi ritrarre da te, semplicemente iniziai
a muovermi come se fossi sempre stata abituata ad essere ripresa. Assumevo le pose
pi strane, da sensuali a divertenti e non mi curavo dell'acqua gelida che sembrava
quasi essere il mio elemento naturale mentre tu davanti a me mi scattavi una
fotografia dietro l'altra e sorridevi alle mie espressioni e ai miei movimenti. Ma l'acqua
non era il mio elemento naturale, bench amassi moltissimo il mare. Non mi ero mai
sentita a mio agio in acqua. Fino ad ora. Con te l a riprendermi e a chiedermi di
mettermi in questo o in quell'altro modo, tutto sembrava terribilmente naturale e
normale. Mi fermai per un attimo di troppo a guardarti ed un sorriso si dipinse sul mio
viso. Tu mi guardasti allo stesso modo: accidenti quanto mi piacevi. Mi piaceva tutto
di te: avevo passato una splendida serata, non mi ero annoiata nemmeno un
momento, mi ero goduta la cena in tua compagnia come da molto non mi capitava e
mi sentivo profondamente bene. Chiaramente tu indovinasti i miei pensieri perch
appoggiasti la tua inseparabile macchina fotografica sul tuo giubbotto buttato sulla
sabbia e mi venisti incontro, nell'acqua pure tu. Ricordo quel sorriso che non
dimenticher mai e che ancora adesso mi accompagna, quell'abbraccio nel quale mi
abbandonai senza pensare, quel bacio che mi fece restare senza fiato, incapace di
muovere un muscolo e quasi svenire tra le tue braccia. Cos'era? Ero venuta qui per
una vacanza ed ora mi stavo infilando in una storia di quelle che si vedono nei telefilm
e che non possono esistere nella realt? Per un attimo permisi al mio cervello di
intrufolarsi in quegli attimi magici con le sue congetture logiche e quasi gli diedi retta
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quando mi consigli di staccarmi da te. Ma fu solo un attimo. Lo zittii immediatamente


e mi rituffai nella magia in cui avevo avuto la fortuna di immergermi, nella magia in cui
ancora adesso sono immersa, mentre sono qui seduta al tuo fianco e ti vedo scattare
una valanga di fotografie al nostro piccolo modello riccioluto che ride divertito mentre
il suo pap lo immortala per aggiungere anche questi agli altri bei ricordi che da
quella sera nell'acqua gelata non hanno ancora finito di susseguirsi.

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A chiedersi come fanno quelli della radio (eclissi di Carlo)

(Alessandro Amadesi, Massimo Ferraris, Giovanna Mastropasqua, Massimo Ferraris,


Nadia Finotto)

Magari tornerai a casa dal lavoro, certe sere, con la radio accesa e la prima canzone
passabile la commenterai con una frase come: "Forte, questa" e di colpo troverai una
fila chilometrica, le rotonde intasate ed il traffico della A14, parallela, che ti grida: "Vieni
qui, bastardo, non vedo l'ora". Perch, insomma, passi una bella canzone ogni tanto,
ma la vita non ti pu mica regalare tutto; e con quella scusa ti regala sempre le cose
con un certo prezzo. Allora che cacchio di regalo ? Ma non ci formalizziamo, noi,
siamo tipi tosti.
Magari, sempre in macchina, penserai alle settantadue cose da fare appena si arriva
a casa e ti troverai a chiederti come cacchio fanno quelli della radio ad essere sempre
allegri e sorridere. Perch se sorridi si sente anche nella voce, ma non sono certo io
il primo a dirlo.
Magari il giorno dopo, a met mattina, partir una splendida eclissi di sole e ti
meraviglierai a pensare che quelli della radio, come te, stanno ringraziando la vita per
un evento cos bello ed quella stessa vita che ti sentivi quasi di rifiutare tempo fa.
Magari ti verr da ridere, nell'ombra.
Questo cumulo di stranezze filosofico svolazzanti e mistico euforiche venivano in
mente a Carlo, quella mattina, nel guardare il sole. Certo, d'istinto aveva alzato la
testa diretto verso la luce ed al volo aveva rischiato di ammazzarsi un occhio perch
non riusciva a smettere di contemplare. Poi lui ed altri erano andati a prendere in
prestito la maschera che usava il manutentore di officina quando saldava ed in quel
modo apparve un bellissimo pezzo di mezzaluna verde nello sfondo nero del vetro
oscurato e la sensazione netta di essere tornati bambini, come gli uomini primitivi
quando pensavano che gli dei ce l'avessero con loro e lanciassero maledizioni al sole.
-E se il sole si oscurasse e non apparisse pi?- disse Leo, il viso nascosto dalla

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maschera.
-Finirebbe il mondo!- Paolo era il pi pratico. -Fine del calore, congelamento della
crosta terrestre, cessazione della vita, stop! Quasi mi prendo un paio di ferie...-Non se ne parla nemmeno- Carlo abbass gli occhi e guard gli altri. -Da oggi tutti
insieme, per sempre...-Che cazzo stai a dire!- Paolo rimase con la maschera sospesa. -Hai avuto una
visione mistica? Guarda che Leo scherza sul fatto che il sole sparisce-Lo so, ma il problema che mi sento cos piccolo al confronto di quanto sta
accadendo che ho paura di perdere tutto da un momento all'altro. Ditemi che sono un
coglione, ma cos. Siete la mia famiglia, le persone con cui passo la maggior parte
della mia vita-Io con te non esco pi! - Leo continuava ad osservare - Non che per caso ti sei
spostato sull'altra sponda? E' solo una eclissi, la prossima ci sar tra pi di un
decennio, e goditela! Non disse nulla e rientr in ufficio, tra computer e tastiere che coprivano ogni angolo
delle scrivanie. Diede una girata alla manopola e dalle casse della radio uscirono le
note di "Total eclipse of the heart" di Bonnie Tyler. Rimase confuso, i ricordi lo
riportarono a pochi attimi prima, al sole oscurato, al suo sentirsi strano. Quelli erano
segnali, senza dubbio, piccoli tasselli di un mosaico di cui doveva trovare il disegno.
- Il cielo sta tornando azzurro e luminoso - esplose la voce dello speaker alla radio Per tutti quelli che credono nella magia di un eclissi, di come un fenomeno naturale
possa cambiarci dentro, lasciamo la parola al dottor Antonio Mauri, astrologo e
specialista del disturbo del comportamento...- Pensate, cari radioascoltatori, alla magia a cui abbiamo appena assistito... Pensate
a quello che appena accaduto sotto i nostri occhi in questi pochi secondi... quando
il sole e la luna si sono incontrati per stare finalmente insieme. Chiediamoci cosa
possono essersi scambiarsi lun laltra. Cosa si saranno detti... come si sono
guardati... Non dimentichiamo mai che questi rarissimi attimi accadono soltanto poche
volte nellarco di una vita e sono unici... Notte e giorno si ritrovano, amici miei... come
si ritrovano due amanti di nascosto, che si concedono qualche momento di pura
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felicit... Per questo hanno creato le eclissi... per questa ragione! Durante le eclissi
le coppie clandestine riescono a unirsi e a fare lamore. Non vi sentite un po' strani?
Non percepite una differenza in voi? Non vi sentite invasi da un oceano di pochezza
di fronte a tutto questo? Sapete... mi vengono in mente quei silenzi totali,
paradossalmente assordanti, di un padre ed un figlio che non si parlano, di una coppia
stanca e ormai alla deriva... A voi no?
Carlo ascolt tutto con molta attenzione. Fu decisamente colpito da quelle parole.
Aveva perfino i brividi...
Si domand come avevano fatto quelli della radio a coinvolgerlo cos quella mattina...e
decise che avrebbe chiamato a casa.
Rimase con la mano ferma sulla cornetta, fiss la tastiera e ricord con amarezza la
discussione del mattino avuta con la madre. Anche lei, forte e amorevole, con il tempo
si era trasformata in una donna arrogante e prepotente, sempre a disquisire su tutto,
capace solo di criticare ogni sua scelta.
"Sei sciatto! Sei pigro! Sei un perdente!"
Quanti sei nei suoi discorsi, un mare di cattiverie solo perch non si era ancora trovato,
a trentadue anni, una compagna. L'eclissi di una madre, la fine della sua luminosit,
perduta nel buio pozzo della malattia. Parole che comunque facevano male, anche
se in cuor suo sapeva che tutto quello che pensava e diceva era un disco rotto che
girava nella sua testa. Cosa dirle? Un ciao, come stai, cosa stai facendo...
Leo e Paolo entrarono, buttando la maschera sui tavoli, i visi soddisfatti.
-Ti sei perso uno spettacolo favoloso, babbeo! - Paolo si avvicin a lui. - Che c',
problemi con la vecchia? Sai, ti capisco, non deve essere facile... -Ma tu che ne capisci? - sbott, in maniera repentina e violenta - Cosa cazzo ne puoi
sapere, se l'unica cosa che ti interessa guardare il fine settimana le partite su Sky!
Io mi devo sorbire gli insulti e le prepotenze di una donna che amo, che vorrei potesse
tornare ad essere quella di un tempo. Vorrei che quella luna fosse stata un cancellino
in grado di grattare via le macchie dalla lavagna della vita. Ecco cosa vorrei!...
Dopo fu silenzio, occhi bassi e dolore intenso, vivo e crudele.
130

- Non crediate per che sia tutto facile - continu il dottor Mauri alla radio - la vita ci
riserva sorprese, nonostante noi facciamo di tutto per rimediare. La stanchezza,
l'abbandono e il desiderio di evadere a volte sono pi forti della volont di tentare. Sta
ad ognuno di noi il compiere la scelta, totale e inopinabile... "....la scelta, totale e inopinabile....la scelta, totale e inopinabile"
...quelle parole appena pronunciate risuonavano nella testa di Carlo come un disco
rotto. Questa eclissi aveva causato in lui un'emozione travolgente che lo aveva fatto
passare dal desiderio di comunione con le persone che aveva appena pensato
potessero essere quelle con cui avrebbe condiviso parte della sua vita, al rifiuto di
quelle stesse persone a causa di un paio di parole. Parole che lui stesso aveva indotto
in loro raccontando volta per volta quanto si sentisse frustrato e stanco a dover
sopportare sua madre alla quale, malattia o non malattia, ogni tanto avrebbe volentieri
messo le mani al collo. Lui stesso aveva raccontato le sue vicissitudini ed appioppato
alla sua "vecchia" appellativi non proprio simpatici dettati dalla pesantezza che si
sentiva sul cuore e sulle spalle a dover affrontare con lei una vita che non sarebbe
mai pi stata quella vita piacevole che nemmeno troppo tempo fa era.
"Se va vanti cos, mi sposo la prima che trovo, cos me la levo dai piedi" aveva pensato
pi volte, subito scacciando l'idea come pi stupida ancora che continuare la sua vita
cos com'era. Ed ora, per quelle quattro parole dette da Paolo, ecco il gelo pi totale
e la repulsione nei confronti di tutti.
Cosa era successo?
Sentiva freddo.
Quella sensazione di strano freddo che lo aveva avvolto durante l'eclissi,
quell'abbassamento di luce cos strano pure lui, come se di colpo tutte le cose fossero
diventate sfocate, come coperte da una patina grigia. Carlo aveva abbassato la
maschera e si era guardato intorno, aveva dovuto strabuzzare gli occhi per capire che
quello che vedeva era vero.
"Sta ad ognuno di noi compiere la scelta..."
E lui, sarebbe stato capace di compierla quella scelta? Totale ed inopinabile?

131

Come se fosse un fulmine, da un momento all'altro il rumore che sentirono fu


improvviso e forte. Un botto improvviso ed un rumore di vetri rotti che strinse loro lo
stomaco.
Carlo si precipit fuori e vide quello che non avrebbe mai voluto vedere. Nella luce
tornata forte e bella, vide il camion che portava i pezzi da lavorare ribaltato contro la
rete di recinzione dell'azienda. Un fumo poco confortante usciva dalle ruote esposte
al sole, il guidatore mezzo seppellito dai rottami gridava ed in quel momento non
seppe se per il dolore o per la paura.
Uscirono anche gli altri e d'improvviso si trovarono di nuovo uniti. Per salvare
qualcuno, in quel caso. Leo, Paolo, Antonio dall'attrezzeria, Marco, come attirati da
un campo gravitazionale, avevano lasciato perdere all'istante le battute becere sulla
madre di lui, i giorni di ferie e tutte le sciocchezze, i dissapori e le cattiverie di prima e
senza volerlo Carlo era diventato il leader di quella riscossa.
"Non percepite una differenza, in voi?"
"Una scelta totale ed inopinabile..."
Le parole del dottor Mauri ronzavano nella sua testa mentre, armati di smeriglio,
flessibili e quei pochi strumenti che avevano, tentavano di liberare l'uomo dalla
prigione di metallo in cui era finito; e per un istante seppero che loro erano sempre
stati una squadra, forse la prossima vera squadra di soccorso organizzata dell'officina.
L'autista aveva le gambe rotte, a quanto aveva detto Antonio che era un po' pi
informato, ma se l'era cavata.
Lucido, chiese a Carlo:
- I freni sono andati... Sei tu quello preposto al primo soccorso?
E lui: - No, oggi in ferie, ma ti devi accontentare di noi, siamo un'ottima squadra - e
si sorprese delle proprie parole.
Magari un giorno scoprirai che la tua utilit inestimabile... e ti verr da ridere,
nell'ombra.

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Insonnia

(Miriana Kuntz, Alessandro Civiero, Alessandro Amadesi, Nadia Finotto)

Il fumo tossico consuma ogni singola notte di James. Il suo sguardo velato dalla
tristezza nei suoi trip sembra riacquistare un insolito vigore. Una vita vuota la sua,
segnata da vuoti acidi, da discese ripide in pozzi di letame, fino ad arrivare ad un
punto fermo, il punto in cui tutto si arrestato, comprese le cose brutte. James
ossessionato da ogni cosa, ricorda ogni dettaglio, meticoloso persino nellapporre
una firma. Tuttavia, ha paura di lasciare il segno in tutte le cose, ha paura di essere
spiato, seguito, ha paura persino di s stesso se resta a guardarsi un attimo di pi allo
specchio. Dice di non riconoscersi, dice che la visione di s una macchia distorta
che va dal rosso al nero. James soffre di insonnia, e per ogni notte che passa sveglio,
c una mattinata dinferno. Linsonnia lo insegue da anni, lo raggiunge, lo appende
per il collo fino a fargli mancare il respiro, dorme due ore per notte. Il suo un corpo
distrutto, e una mente spaccata. James si guarda allo specchio, il fumo della sua
canna scappa, fino a raggiungere la finestra, si diffonde nellaria compatta e umida
della notte, lui guarda il vuoto, lo stesso che sente dentro. Queste notti andrebbero
riempite di qualcosa, si dice, niente sesso, niente risate, niente tv.
James si guarda le mani fino a stringere i pugni, ha voglia di fare del male, stavolta lo
ammette anche a s stesso. Spegne la canna sulla sua mano, una chiazza di pelle
bruciata si ritira fino a scoprire i tendini. Le gocce di sangue cadono a ripetizione sulla
moquette verdastra. James si butta fuori scavalcando la finestra, quasi uno scatto
animale, senza ragione. E' in cerca di un cuore che batte, in cerca di Te.
Scappa.
Alle notti insonni seguono giorni disadorni di ogni entusiasmo, pieni solo della paura
che ritorni la notte. Angoscia, che dipinge tutto di un grigio opaco, non brillante.
Questa la faccia di James e le sue relazioni col prossimo non sono delle migliori.
133

Per questo ha deciso di scappare, e di farlo nei vicoli bui che la notte gli offre. Spire
di oscurit che, come il ventre sinuoso e subdolo di un boa costrittore, si serrano su
di lui, sulla sua mente. Passi lunghi, di una corsa priva di reali forze, ma solamente di
disperazione e rabbia che si focalizza su di Te. Ma chi sei, o cosa sei, James ancora
non lo sa. Nemmeno il cane che si aggira solitario nel vicolo leggermente nebbioso,
con la sua aria randagia, sembra godere di quella residua dignit che a James
negata dal fumo, dall'ansia, dalla mancanza di quell'ossigeno della mente che si
respira solo nel sonno.
Gli occhi di James vagano, costernati nella vaghezza di quello che sta cercando ma
non conosce. Quella insulsa certezza che sei Tu il colpevole della sua angoscia e che
egli riesca, una volta scovato, a vendicare la propria atassia mentale. Ma le gambe
cedono. James cade carponi sulla strada sporca di fango e smog. Non sbatte la testa,
ma i suoi occhi sono prostrati e la schiena curva.
James digrigna i denti e graffia la terra come se volesse farle del male, ma lo
sferragliare secco di una serranda spalancata all'improvviso lo fa alzare lo sguardo.
Nell'oscurit livida di cemento, mattoni fumosi e asfalto, la facciata nera di un blocco
mai viso si illuminata di una luce rossa e pulsante, proveniente da dietro una
cancellata ritratta. In contrasto con lo sfondo grottesco, si staglia una sagoma di
donna. Affascinante, bella, misteriosa, ma terribile. Ti ho trovata?
Chi sei, figura misteriosa? Si chiede.
Chi sei? Io stavo qui, mezzo abbattuto sulla via, nel mezzo del niente, con nessuno
in giro, la mano che comincia a farmi male...
...e tu, di colpo, apri una serranda, ti mostri, guardi nella strada, l'unica che mi guardi
o mi scorga anche solo per caso, qui. Adesso. Chi sei?
James pi ci pensa e pi ne affascinato. La figura misteriosa, che in fondo, vista da
dove lui si trova, solo una figura, scatena in lui un misto di emozioni. Dalla rabbia
per essere stato scovato e trovato in quelle condizioni al fascino per una sagoma che
evocativa, magari misteriosa, s, ma non sa chi possa essere; e per la prima volta
da un bel pezzo, la figura scatena in lui qualche emozione.
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C' vita, fuori, si dice.


Focalizza lo sguardo sulla finestra e tenta di rialzarsi. La mano non lo aiuta molto, c'
una bruciatura che lo addolora ad ogni movimento. Non lontana, quella finestra.
Potrebbe gridare, per attirare l'attenzione, ma farebbe solo fuggire la donna. Allora si
rialza e si mette in cammino.
Quella la via, comunque sia, almeno per quella notte, James sa cosa vuole fare.
Raggiungerla.
E' solo in fondo alla strada, una finestra di quelle basse.
Si pu fare, si dice.
Fallo.
Gradualmente, mentre si incammina, i suoi passi diventano pi decisi, sicuri e rapidi.
James arriva fin sotto la finestra, la donna l che lo guarda fisso negli occhi. Due
lapislazzuli cristallini, due pozze d'acqua calma. James si tiene la mano destra sul
cuore, la fissa come si fissano le statue in chiesa. Riverenza, paura, ossessione, piet.
Poi tende la mano verso di lei, ma la donna si spaventa, e rientra in casa sbattendo
le tende rosso porpora.
James rimane a fissare le tende che balzano da una parte all'altra, fino a fermarsi del
tutto. Immobile tensione, come il mare che si acquieta e scompare. James se ne torna
a casa a passo di marcia, fa di nuovo un salto e rientra in camera. Si mette in ginocchio
ai piedi del letto, prega un Dio dal nome sconosciuto, il suo personalissimo Dio folle:
Aken.
-Fa che sia finita o grandissimo Dio, fa che questa notte scoppi il mondo e si porti via
l'umanit, fa che la rabbia svanisca come svaniscono le ombre al mattino, o le nuvole
d'estate. Aken, fa che io guarisca da questo male di vivere che mi attanaglia
l'esistenza, fa che Lei apra le tende James corre a letto e come ogni sera cerca in tutti i modi di addormentarsi. Su un
fianco, sull'altro, niente. Poi accende la televisione, ed uno strano video musicale coi
diavoli gli ricorda quanto sia bello peccare. Prende l'erba e la rolla velocemente, poi
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se la porta alla bocca, tre tiri e sa gi cosa fare. Corre allo stesso balcone rialzato, ha
un palo di ferro tra le mani, sfonda il vetro e spalanca le tende rosso porpora. Lei
distesa su un fianco, gli da le spalle piccole. Lui la gira di scatto e le copre la bocca
col palmo della mano, le fa scorrere il palo di ferro dalla coscia all'addome, poi la
costringe a voltarsi sulla schiena. Gli occhi della donna schizzano paura da ogni
angolazione. James sul suo corpo, ogni muscolo intento a sopprimerla. Sta gi
violando la sua intimit, un urlo soffocato di chi accoglie senza voler accogliere. Prima
di andare, un colpo alla testa col palo di ferro. Sangue rosso porpora.
Rosso porpora come il suo, quello che nonostante il tempo passi la ferita che si
provocato continua a lascia uscire, come in uno stillicidio infinito. Morirai, donna della
mia vita, non appena decider, morirai e vedr il tuo sangue come vedo il mio.
Ma sotto di lui il corpo non si dimena pi, gli occhi non schizzano pi di paura, da sotto
la sua mano pi nessun grido soffocato.
I due lapislazzuli lo fissano, il corpo che qualche secondo prima si rivoltava contro di
lui con ogni minuscolo muscolo, ora si muove al suo stesso ritmo, James sente sul
palmo della sua mano la lingua di lei e le labbra che sembrano accarezzargliela.
Il corpo della donna non oppone pi resistenza, anzi si avvicina e sembra chiedergli
di far uscire ci che chiuso nella parte pi segreta di lui.
Gli occhi di cristallo lo guardano, hanno riconosciuto in lui l'uomo della finestra e
beffardi gli sorridono, lo esortano a continuare, gli dicono che quel corpo vuole essere
suo. James completamente spiazzato, vorrebbe fuggire, ma quel corpo e quegli
occhi magici lo stregano.
Si avvicina al viso di lei e sente il suo profumo riempirgli le narici. Ne inebriato,
ammaliato, drogato. Quattro respiri e gi non pu pi fare a meno di quel profumo
soave che voleva rubare e che invece gli viene elargito con bramosia. Ha ancora la
sua mano sulla bocca di lei. Timoroso la toglie. Lei potrebbe urlare e allora lui sar
pronto e la spranga fermer il tempo. Sangue rosso porpora. Ma lei non grida, alza
un braccio e con una mano gli cinge la nuca attirandolo in un bacio feroce come un
morso mentre appoggia l'altra sul cuore di James.
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Gli occhi di James strabuzzano, come se volessero uscire dalle orbite, e il suo
sguardo svanisce nel rosso sangue dei capillari tesi al parossismo. Quel bacio
sanguigno non solo gli toglie l'aria, il sonno, la passione, il respiro, i sensi, la volont;
non solo gli toglie la vita. Ma quella mano, la mano incantata di lei sopra il suo petto,
che prima l'accarezza e poi, come tramutata in un artiglio inesorabile, violento e
rapace, gli strappa il cuore. Giace, dopo aver perso la volont, la virilit, la coscienza,
e la bocca vorace di quella donna che credeva di aver violentato ancora su di lui e
impressa contro le sue labbra. James ora chiude lentamente gli occhi, ora spera di
dormire, ora sogna di sognare. La sensibilit si liquefatta in un dolore che non esiste,
che stato talmente intenso da non poterlo percepire e nemmeno concepire. Ora
dormirai. James crede di intuire queste parole, ma la sua anima, che forse si libra l
attorno, da qualche parte, sa di averle udite. Nella stanza vuota e colma di un buio
violaceo, non esiste pi alcuna finestra dalle cortine rosse, non esiste pi nessuna via
d'uscita. Il corpo di quella donna che non aveva posseduta, ma che l'aveva posseduto
fino in fondo, sfuma di nuovo in una sagoma indistinta, ancora una volta, e l'ombra si
stempera in ogni cosa facendo sparire tutto nel buio pi assoluto.
James dorme, finalmente vinto da un sonno innaturale, indotto, colato come piombo
fuso dentro la sua inerzia. James sogna, e sogna di essere sveglio, o di vedere il suo
corpo sveglio, che si dimena in un letto d'insonnia. Non ci sono odori, sapori, rumori,
sensazioni tattili... solo una vista di nuovo vigile, sveglia, che osserva da un punto
indefinito dello spazio e del tempo. James, sveglio, si guarda dormire. Poi la sua mano
stancamente si posa al petto e non sente il pulsare del cuore. Il desiderio di dormire,
appagato, sprofonda in nera disperazione.

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La lunga notte

(Massimo Ferraris, Paolo Albertin, Alessandro Civiero, Paola Roela, Massimo Paolo
Poncetta, Miriana Kuntz, con la collaborazione di anonimo e Agnus)

Spegnere la luce, e all'improvviso sentire che il sonno ti abbandona. Il rumore


martellante del silenzio fece scattare in posizione seduta Andrea, gli occhi fissi nella
penombra e nel cuore un galoppare di cavalli impazziti. Niente, nessun suono, solo il
sibilo di una notte senza stelle, cielo coperto da una coltre di nubi. Si alz,
raggiungendo il terrazzo, sul quale si ferm ad osservare la campagna circostante.
Vivere tra la natura, gran cosa, pace e tranquillit, ma anche tanto silenzio, forse
troppo. Andrea aveva ventiquattro anni, viveva nella piccola villetta con i genitori e da
quasi quindici giorni trascorreva le notti su quel terrazzo, sul quale finiva con
l'addormentarsi alle prime luci dell'alba. Una cosa strana per lui, abituato a dormire
come un ghiro. Eppure, di punto in bianco, era iniziata l'insonnia, accompagnata da
una serie di pensieri che ronzavano in lui come lampadine prossime a fulminarsi.
Quella notte avrebbe piovuto, se lo sentiva, lo percepiva dall'odore dell'aria e dal
muggire agitato delle mucche nella stalla. Ma quella notte Andrea non l'avrebbe
passata sul terrazzo, in balia dei pensieri, no, sarebbe uscito senza dire nulla ai suoi
e andato in giro in cerca di risposte.
"A quali domande?" pens tra se, non riuscendo a dare un significato al disagio che
nasceva in lui ogni volta che si sdraiava a letto "Sar una lunga notte"
La sveglia segnava le ventitre e diciassette. Era un sabato sera, e lui, un ragazzo
come tanti, invece di essere in giro con gli amici, si trovava in mutande ad osservare
le nubi in cielo. Si vest in fretta e in silenzio raggiunse l'esterno della villa. Niente auto,
n moto, solo le sue scarpe e i passi che lo avrebbero portato in citt, tre chilometri
sul ciglio della strada, senza una ragione, una meta, ma con la voglia di sapere cosa
gli stava succedendo. Infil le mani nelle tasche dei jeans, scroll la testa e inizi il
cammino attraverso la notte.
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Venti minuti, tra stradine di campagna e lampioni ingobbiti dal tempo, dalle fioche luci
che raggiungevano a malapena il suolo, tra rumori di insetti che planavano sulla testa,
frinire di grilli e il rombo lontano delle auto sulla statale. Andrea si sentiva confuso,
quasi alieno in visita su un pianeta non suo. Eppure era nato l, aveva calpestato
quelle strade migliaia di volte. La notte rendeva tutto diverso, pi irreale e spaventoso.
Era massiccio, sapeva difendersi, ma solo, in mezzo alle tenebre, prov la sensazione
di non essere in grado di gestire la sua esistenza. Si ferm, sollevando la testa verso
l'alto, verso quelle nubi che improvvisamente lacrimarono a terra il loro dolore. "Mi
bagner, mi ammaler, per una stupida ricerca di risposte", la sua testa formicolava,
mentre goccioline impalpabili rendevano l'aria pi pesante. Alz il cappuccio della
felpa e acceler il passo. Valut la distanza dal centro in cinque minuti, tempo
sufficiente per essere devastato dalla pioggia, che invece continu a persistere sotto
forma di pulviscolo. Un'auto da cui usciva musica dance a paletta pass oltre, seguita
dalle urla dei ragazzi a bordo; guard nelle due direzioni, quindi attravers, trovandosi
all'inizio della cittadina. La scuola elementare sulla destra, il parco in cui aveva
imparato ad andare in bicicletta poco pi avanti. Conosceva ogni angolo, ogni sasso
di quel luogo, eppure quella sera sentiva che qualcosa poteva disturbare l'idea che gli
apparteneva, quella di essere uguale agli altri. Una sensazione senza ragione
apparente, ma legata all'insonnia che lo stava minando, al vagabondare per strade
amiche e quella pioggia che rinfrescava la pelle. Gir in una strada che portava verso
il centro storico, luogo pullulante di pub e bar. Non sapeva se i piedi lo avrebbero
condotto l, ma qualcosa lo spingeva a cercare risposte tra la gente.
La pioggia aveva svuotato le strade. I gruppi che uscivano dai locali, si muovevano
veloci verso le auto.
Solo qualche coppietta indugiava incurante della pioggia, riparandosi sotto i balconi.
Per le luci dei lampioni e delle vetrine, toglievano alla notte quella sensazione di
mistero

tristezza

che

si

stava

portando

dietro

da

troppo

tempo.

L'insonnia prolungata gli aveva costruito come un alone intorno alla testa, suoni e
colori avevano perso spessore, ma in quella notte resa opaca dalla pioggerellina
139

insistente, la testa si stava snebbiando e per la prima volta da mesi pens alla sua
vecchia compagnia. Gli amici del sabato sera, quelli con cui fin dai tempi del liceo
aveva l'abitudine di passare le serate al pub, con una birra e tante cazzate.
Si avvi verso il Lion's. Il passo era pi deciso.
S, avrebbe passato la sera con gli amici, si sarebbe rilassato e non avrebbe pensato
a niente per un paio d'ore. Tutto sarebbe stato come prima. Gi come prima...
Il passo rallent senza che se ne rendesse conto.
Poi pens all'atmosfera del Lion's, al rumore, alle risate, alle pacche sulle spalle...
Erano tutti l ne era certo, attorno al solito tavolo in fondo. Avrebbe preso una sedia
e si sarebbe accomodato in mezzo a loro, come se non si fosse mai allontanato.
E loro sarebbero stati l, tutti.
Tutti, tranne Giacomo.
Gi, tranne Giacomo.
Quel pensiero affacciato alla sua mente all'improvviso gli tolse la voglia di entrare nel
locale. Super la porta attraverso la quale si riverberava una musica assordante, poi
gir l'angolo ed entr nel primo bar che incontr.
Era uno di quei bar che lavorano al mattino con le colazioni e forse fino all'ora di cena
con gli spritz. A quell'ora erano rimaste tre brioche secche e tre clienti anziani che
guardavano la tele.
Il barista se ne stava appoggiato al bancone come se non fosse entrato nessuno, poi,
proprio quando non poteva farne a meno si alz di malavoglia e fece un cenno ad
Andrea.
"Cappuccio, grazie"
Il barista cominci a trafficare col bricco del latte ed intanto Andrea si sedette. Non gli
dispiaceva lo squallore di quel posto, forse in un pub affollato non avrebbe potuto dar
corpo ai suoi pensieri che quella sera, o forse da quelle sere, gli rendevano il sonno
stentato.

140

Giacomo, il povero Giacomo, come ormai era uso chiamarlo dopo l'incidente. Ma solo
chi non era presente in quell'occasione poteva nominarlo con il rispetto indifferente
che il lutto comportava. Quel nome era un punteruolo straziante nelle carni dei suoi
familiari, ma quelli che avrebbero dovuto essere i suoi amici sembravano essersi dati
pace in fretta di quello che da successo quella sera. Lui, se ne rendeva conto in quel
momento, non ci riusciva.
Eccolo, era nuovamente l, ricomparso dalle profondit notturne, che rendevano
Andrea nottambulo. Cosa era ricomparso? Non lo sapeva perfettamente, ma Andrea
credeva che la cosa che lo faceva restare solo e sveglio notti intere si chiamasse
dolore. Cosa ne sapeva Andrea del dolore, a ventiquattro anni? Ne sapeva gi
abbastanza. In primo luogo sapeva che il dolore era sordo. Una sensazione che
parlava solo a se stessa e si rintanava nei luoghi bui, spenti e solitari. Poi sapeva che
il dolore era anche muto, e non si poteva esprimere, non conosceva parole con cui
parlarne. Il dolore per Andrea aveva un volto, questo s, ed era il volto del suo amico
Giacomo. Il viso sorridente che gli era rimasto impresso l'ultima volta che l'aveva visto.
Rideva e scherzava al Lion's pub, assieme agli altri ragazzi della compagnia, prima di
quella decisione fatale.
Non aveva senso chiamarla cos. Ma quale decisione fatale? Come decine, centinaia
di serate in allegria, Giacomo aveva preso la macchina per fare un giro, magari per
andare a rimorchiare ragazze al Mito, la discoteca che tutti i ventenni frequentavano,
allora, ma che adesso sembrava in un altro mondo, troppo lontano, troppo
spensierato. E Giacomo era saltato su in macchina, allegro e sorridente come sempre,
il braccio fuori dal finestrino, perch era estate, era sera, era sereno, ed incitava gli
altri ad andare. In quattro salirono in auto quella sera, e la notte aveva presto ingoiato
i fanalini rossi infondo alla strada del Lion's pub. Andrea era uno di quei quattro.
La luce dei fanali faceva scorrere la campagna buia e placida troppo velocemente, gli
alberi si rincorrevano sul ciglio della strada, i cartelli con le bande nere e bianche
comparivano improvvisi come fantasmi, fino all'ultimo. Poi il ponte sul canale, lo
schianto, lo sbalzo, il buio, il freddo, il nulla del ricordo. Andrea conservava solo la
reminiscenza di una notte troppo lunga.
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Pian piano iniziarono a riaffiorare, nella sua mente, dettagli spiacevoli, che credeva
dimenticati per sempre. L'arrivo dei soccorsi, che erano stati veloci, ma non
abbastanza per Giacomo. Lui si era liberato da solo, gli altri due erano stati tirati fuori
facilmente. Giacomo no, era rimasto incastrato e, nonostante gli sforzi di tutti, era
rimasto per troppo tempo senza ossigeno, svenuto nell'acqua gelida. Ramment
improvvisamente di aver cercato di aiutarlo, senza riuscirci e, al limite della resistenza
fisica, di essere tornato in superficie a prendere aria. Si rese conto che, forse, proprio
questo era quello che pi lo faceva star male. Forse non aveva fatto abbastanza.
Avrebbe dovuto insistere, provare di pi... ma ormai, non aveva alcun senso
tormentarsi ulteriormente.
Ricord l'arrivo dei genitori di Giacomo sul posto, le urla strazianti della madre, che
dovette essere sedata dal personale infermieristico. Gli sovvenne che, quando la
madre di Giacomo aveva iniziato a gridare, con quel lamento spaventoso da animale
ferito a morte, aveva pensato alle donne siciliane, o arabe, e alle loro litanie negli
eventi funesti. Il dolore non ha confini, di sesso, di razza, di religione, colpisce tutta
l'umanit allo stesso modo, pens Andrea. Rivide Il padre di Giacomo, accasciato, le
mani nei capelli.
Quel lutto improvviso li aveva strappati alla spensieratezza della giovent,
catapultandoli nel mondo reale, un mondo di dolore e morte. Con la certezza che nulla
sarebbe stato come prima.
Ma la vita continua.
Lo dicevano sempre, lo dicevano tutti. E forse s, avevano ragione. Bisognava in
qualche modo metterci una pietra sopra e pensare al futuro, come avevano fatto tutti
i suoi amici, pi o meno. Sono cose che possono capitare nella vita, del resto, siamo
vivi proprio perch possiamo morire. Bisognava farsene una ragione. Un colpo di
sfiga, e via, tutto finito. Amen.
Ma perch Andrea non riusciva a darsi pace?

142

Fissava la tazzina del cappuccino; la schiuma aveva preso una forma a spirale
quando aveva usato il cucchiaino per girare lo zucchero, e da l non si era pi mosso,
come catturato in un vortice ipnotico.
"Andiamo Andrea", disse Giacomo. "Te lo vuoi bere 'sto cappuccino 0 no? Ancora un
po' che aspetti e diventer pi freddo del fondo di un canale gelato."
"C... come?" fece Andrea incredulo.
"Gi, che ne puoi sapere tu."
"Ma chi... chi sei?"
"Lo sai benissimo chi sono, e s, per rispondere ai tuoi pensieri, sono morto e fottuto."
Andrea alz di scatto la testa e si guard intorno impaurito.
"No, non fare quella faccia", continu la voce. "Non mi puoi vedere, ma mi puoi sentire.
Credi di essere pazzo, lo so, quello che credono tutti, ma non ha importanza, perch
comunque vada penserai di esserti immaginato tutto. Ma non sono venuto fin qui solo
per spaventarti; perch, dopo tutto, sono in debito con te."
Si sent spaventato ed impaurito, perso in quella tazzina che mostrava la sua schiuma
mutevole ad ogni giro di cucchiaino. Respir a fondo, chiuse gli occhi ed attese che
la calma tornasse a farsi strada in lui. Era scosso, ed i ricordi che prepotentemente
erano tornati in vita potevano avergli creato una sorta di incubo ad occhi aperti. Era
solo un ragazzo, con dietro alle spalle un'avventura che avrebbe cambiato il futuro a
chiunque.
"Sei l'unico che ci abbia provato, l'unico a gettarsi in quel liquido freddo e torbido, il
solo che ha pianto il giorno del funerale e che pensa di aver sbagliato. Nessun altro
lo ha fatto, forse perch troppo superficiale o per la certezza che la vita, anche senza
di me, andava avanti lo stesso"
La schiuma cadde al di fuori della tazza, si rovesci sul bancone rapprendendosi in
forma di cuore. Il barista lo guard, sbuffando e provvide a pulire con la spugna.

143

"Sono in te, nella tua testa, reale come se nulla fosse accaduto. Non ci star per
sempre, mi stato concesso poco tempo, ma questo tempo lo voglio dedicare a te,
per estirparti dalla mente il senso di colpa"
Andrea poggi cinque euro e si alz, non aspettando nemmeno il resto. La pioggia lo
accolse, accompagnata da un vento tiepido, mentre muoveva i passi verso casa di
Giacomo. Ci arriv in pochi minuti, come spinto da qualcuno, forse il suo stesso amico.
"Passa la mano sopra al tettuccio del cancello, troverai la chiave di casa. Non
preoccuparti, dentro non c' nessuno. I miei sono nella villa al lago, mentre mia sorella
andata a dormire dal ragazzo. Entra, non titubare, ho bisogno che tu veda una cosa"
Sent una vertigine e un dolore al petto. La voce di Giacomo rimbombava nella sua
testa come un richiamo ancestrale. Si domand, preso dal vorticoso turbinio di
emozioni miste alla paura e all incredulit se ascoltare quella voce e darle credito.
Sono stanco e assonnato tanto da non discernere pi tra la realt e la fantasia e
lasciare spazio alla pazzia?
Eppure, listinto gli chiedeva, con una grande spinta che proveniva dal suo centro,
dalla sua pancia, come fosse un senso di fame profonda, di ascoltarlo. Di trovare delle
risposte. Di chiudere un conto aperto e vedere il prezzo da pagare. Non poteva dirgli
quanto gli volesse bene e quanto forse, per mancanza di sensibilit, aveva glissato,
dandolo per scontato. Un bisogno che prov anche pochi anni prima quando la sua
adorata nonna dalle tasche sempre piene di caramelle mou si era spenta in cui sent
un fortissimo senso dimpotenza. Fu la prima volta che si vide piccolissimo e solo
nelluniverso. Pieno di dubbi e rimorsi. Lui che aveva avuto uneducazione
frammentaria e grezza, tipica degli ambienti della campagna veronese. Uninfanzia
tra prati e colline a rincorrere i conigli, a contare gli alberi e a giocare a nascondino
dietro le balle di fieno. Giacomo amava celarsi sotto cumuli di foglie secche in
autunno, uscendo poi sudicio di fango e impolverato di terriccio bruno. Si buttavano
nei ruscelli come se fossero oceani e saltavano i fossi per il lungo. Scorse nella sua
mente frammenti veloci come foto vive e nitide, come se i divertimenti infantili si
fossero svolti ieri e invece, era passato pi di un decennio in un solo battito di ciglio.
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Se solo si potesse riavvolgere il nastro e riscrivere un passato mai vissuto...invece di


uscire quella sera, stare a casa a guardare un film o a giocare ad un videogame.
Questo fu il suo l'ultimo pensiero prima di ripiombare nello sconcerto totale dato dalla
voce udita dalla sua testa e dalla sua pancia
La porta si apr su un ambiente noto, fatto di ricordi e voci. Il divano nell'ingresso, la
libreria in cui poteva scorgere ancora i fumetti di Dylan Dog, la porta che conduceva
al corridoio su cui si aprivano le stanze ed in fondo la cucina. Si sent un ladro di
emozioni, un esploratore in cerca di indizi dimenticati. La stanza di Giacomo, la prima
a sinistra, chiusa come tutte le altre.
"Entra"
L'amico lo spinse ad afferrare la maniglia. Lo fece, con gli occhi che si stavano
riempiendo di lacrime. Sapevo che ci che l'attendeva sarebbe stato un altro duro
colpo, una serie di ricordi a cui non poteva sfuggire. Accese la piccola lampada posta
sul mobile accanto alla porta e rischiar l'ambiente. Tutto era come se lo ricordava,
ogni particolare mantenuto come se Giacomo dovesse tornare a casa da un momento
all'altro. Un silenzio irreale, anche nella testa, e di nuovo quel senso di vuoto che dallo
stomaco scendeva nella pancia. Il computer, la Playstation, la piccola pista con le auto
da corsa, e poi libri, fumetti e poster appesi alle pareti. Ebbe un capogiro e dovette
sedersi sulla sedia accanto alla scrivania. Si port le mani alla testa e una lacrima
scese sulla guancia.
Che ci faccio qui? disse ad alta voce, singhiozzando dal troppo dolore.
"Per capire, per comprendere, perch giusto che tu sappia..."
Sapere cosa? Che non sono stato capace di salvarti? Che quella sera avremmo
dovuto essere a casa a guardare pallosissimi film di fantascienza? Che io continui a
passare il resto dei miei giorni nel rimorso di un ricordo dannatamente incancellabile?
Alcuni secondi di silenzio, poi Giacomo torn a parlare nella sua testa.
"Per sapere che io ero innamorato di te...
Innamorato balbett Andrea.
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Si, ma non come pensi tu, insomma non ho mai pensato di fare robe strane, non mi
era mai successo con nessuno, e quando mi successo con te ho capito che sono
cose rare, che non tutti possono comprendere rispose Giacomo
Neanche io comprendo
Va in camera mia, di sopra, dovresti saperlo no? guarda tra la libreria dovrebbe
esserci ancora il diario che tenevo, leggilo, anzi fai una cosa, portalo a casa con te, i
miei genitori non sapevano neppure che ne scrivessi uno, il regalo che voglio farti
prima di andare.
Andare? Resta ancora Giacomo, ci sono tante cose che voglio chiederti.
Non ho pi tempo, saprai tutto quello che c' da sapere quando leggerai il mio diario.
Andre ti prego sii felice.
La voce di Giacomo si disperse come quando la radio perde potenza, e
fastidiosamente la canzone che ti piaceva si trasforma in un'altra che detesti. La voce
di Giacomo divenne silenzio, e poi paura. Andrea corse fino a casa sua stringendo
quel diario di pelle tra il petto e il cuore. Aveva il fiatone quando raggiunse camera
sua, gli occhi velati da grosse vene rosse. Gett quel diario sul letto con una tale forza
che esso rimbalz sul cuscino finendo a terra. Due pagine rimasero spalancate.
Andrea si accorse di averlo gettato con troppa violenza forse. Troppa rabbia, troppa
paura. Lo raccolse dal tappetto nero ai piedi del letto e lesse sottovoce.
"Andrea un dono, non sono mai stato bravo nella vita neppure per ricevere un regalo
a Natale, eppure se esiste un Dio, ha pensato a me quando l'ha messo al mondo. Mi
ha scongelato il cuore senza saperlo, con me non trover mai ci che cerca, ma se
esiste il Paradiso in terra, dallo a Lui."
Le mani di Andrea tremavano come in balia di una tempesta. Le sue dita pizzicavano
corde invisibili di un piano mai esistito. Il diario aveva centinaia di pagine da leggere,
ma per quella sera ne aveva abbastanza di rivelazioni. Gli occhi gli facevano male
come se avesse fatto a botte con i suoi demoni, ma nessuno lo aveva sfiorato se non
tre righe di un inchiostro nero come la notte. Dentro di s la paura di aver perso un

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treno troppo grande, e di averlo perso inconsapevolmente, allo stesso modo la paura
per qualcosa di troppo diverso rispetto alla realt che pensava di vivere. Non aveva
mai guardo un ragazzo con interesse, non l'aveva fatto neppure con Giacomo, eppure
l'idea di averlo perso, adesso, era pi insopportabile di prima. La lunga notte che
viveva non era l'estenuante passare delle ore, la notte Andrea ce l'aveva dentro, la
sua notte copriva il Sole, le stelle, faceva apparire tutte le cose di un grigio spento. La
notte che pensava fosse passata in realt, non si apprestava a passare, forse perch
siamo distratti da mille cose, forse perch non ci facciamo mai una domanda non
prima che qualcuno ci dia la risposta. Forse certe notti dovrebbero essere spazzate
via dalle nostre dita, pizzicando pianoforti visibili, baciando labbra vere, ascoltando la
voce di chi sembra essere andato via, mentre in realt ancora nel tuo cuore. La
notte non passa se non si pronti a svegliarci. Andrea osserv il diario chiuso per
trenta minuti di fila, poi corse a rovistare nel suo porta penne, prese un pennarello
rosso, scelse l'ultima pagina, ancora vergine. A lettere cubitali scrisse:
Arrivederci presto.
Non sapeva se in realt aveva ragione Giacomo, non sapeva se per caso lui fosse
rimasto, cosa sarebbe successo, ma se esisteva un Paradiso, sperava che Lui lo
stesse gi vivendo.

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Nuova Primavera

(Francesco Francica, con la partecipazione di Alessandro Amadesi)

Febo ascolt la notizia. Sprofondato nella poltrona verde della casa di riposo, coperto
dalla vita in gi dalla sua coperta di tartan verde e arancio, stringendo nella mano
destra la sua pipa di pannocchia carica di trinciato forte, rigorosamente spenta,
l'avrebbe accesa come tutte le sere dopo il notiziario, con la pancia piena, sulla
veranda della Casa Serena. Nella sinistra impugnava il suo bastone con il manico in
peltro annerito dalla sua stessa impronta. Febo tapp con il pollice la bocca della pipa
per non rovesciarne il contenuto e la volt per rivedere la vecchia incisione sul fondo,
erano passati quasi settanta anni e la scritta risultava venire da un tempo lontanissimo
ma ancora leggibile:
"Al pi giovane di noi, Sandro P. CLN"
Lo schermo mostrava cortei di giovani rasati, vestiti di nero, tatuati con svastiche e
croci celtiche marciare in assetto da guerriglia lungo la Via dei Fori Imperiali a Roma,
esultare quasi vittoriosi a Piazza San Babila a Milano, a Piazza Castello a Torino, a
Piazza del Dante a Napoli, tragicamente armati. La Nuova Aurora Aurea, sostenuta
dalle squadracce che ora esultavano in piazza, aveva iniziato a sparare contro
esponenti del governo e dei partiti di altra astrazione. Febo si alz dalla sua poltrona,
impugn il suo bastone e prima di scendere in veranda and il camera a cercare
qualcosa nel suo vecchio baule. Si sedette sulla panchina e si accese la pipa. Carlo,
detto Mangano, fidanzato ventenne della cinquantenne direttrice di Casa Serena,
entr dal cancello impennando con la moto sventolando la bandiera di Aurora Aurea
mentre la Direttrice lo osservava con occhi carichi di amore e ammirazione. Febo tir
la pipa, aspett che il centauro si fermasse, si alz in piedi, al collo indossava il
fazzoletto tricolore, in mano la sua vecchia rivoltella partigiana. Il primo colpo fredd
Mangano, il secondo la direttrice, quello fu l'inizio della nuova resistenza.

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Sergio scese in strada di buon ora, come tutte le mattine, il pullman sarebbe passato
di li a poco, fino in stazione, quindi il treno e ancora un buon quarto d'ora di strada
fino alla scuola. Alle sei meno un quarto c'erano in giro giusto i primi pendolari, si
poteva stare ancora tranquilli, le squadracce si sarebbero fatte vive pi tardi, si
sarebbero mosse probabilmente nel primo pomeriggio. I giornali alla stazione non
titolavano altro che la sommossa civile, chi osannava alla nuova repubblica, chi
denunciava un colpo di stato, le foto dei parlamentari ammazzati in piazza, la polizia
ferma, in tenuta antisommossa ad aspettare un ordine che non sarebbe arrivato,
mentre nuovi barbari manganellavano civili e sparavano contro Montecitorio. A Sergio
si gel il sangue nelle vene quando arriv alla stazione centrale. Fuori un capannello
di polo nere intonava cori da stadio menando fendenti di manganello in aria. Li
conosceva tutti, anni prima aveva cercato di insegnare qualcosa anche a loro,
inutilmente. Non studiavano, non avevano intenzione di imparare nulla che andasse
contro la loro ideologia nata dal disagio, dal loro, da quello dei loro genitori che
comunque li avrebbero difesi a spada tratta e a dire il vero qualche minaccia da alcuni
di loro l'aveva pure ricevuta. Senza contare le minacce ricevute direttamente dagli
allievi, qualcuno gliela aveva giurata, adesso avrebbe anche potuto mantenere le
promesse. Sergio aveva paura, ma durante le sue lezioni di lettere non aveva fatto
altro che spiegare quanto importante fu la resistenza, la lotta che nasce da chi si
occupa della povera gente, contro i soprusi dei prepotenti, di chi prende le parti dei
pi deboli, dei partigiani, appunto. Quella mattina Sergio inspir profondamente,
sciolse i legacci della paura delle gambe e si leg al collo il tricolore, usc dalla
stazione e imbrocc la strada per la scuola prendendo cos parte alla resistenza.
Marta tornava a casa come tutte le sere , un po' di corsa per evitare di perdere il treno,
quello successivo le avrebbe procurato un'ora di ritardo e quella sera avrebbe dovuto
vedere Giorgio. Girava meglio in quel periodo, il primo impiego in quell'ufficio, un po'
lontano da casa forse ma comunque il primo inerente ai suoi studi. Nulla di particolare,
mansioni impiegatizie ma finalmente doveva smetterla di girare hamburger sulle
piastre dei fast food. E poi Giorgio, capelli neri e occhi di brace, conosciuto al
laboratorio teatrale, il primo Puck Shakespeariano con la voce bronzea di Egeo, si
erano conosciuti sul palco come in un sogno di una notte di mezza estate. E mentre
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sognava d occhi aperti le dolci parole di Giorgio si vedeva sfilare via il treno davanti
agli occhi, ed il sogno divenne incubo. Dall'altra parte della banchina tre polo nere ben
rasati brandivano mattarelli e la fissavano, uno si accarezzava il pacco dei jeans neri
ben attillati. La colpa di Marta fu quella di aver indossato una gonna troppo rossa,
troppo corta, che non nascondeva gambe troppo sensuali. Oltre la fine della banchina,
sulla linea di un binario morto, un vecchio deposito di non si capisce cosa della
stazione, la portarono l e alzarono quel poco che bastava la gonna, poi a turno fecero
i loro porci comodi, da nuovi padroni si prendevano tutto quello che adesso pensavano
gli appartenesse. Uno di loro aveva lasciato il giubbotto a terra, Marta sconvolta e
rannicchiata lo vide sotto un vecchio manifesto ferroviario: il settebello sfrecciava sotto
il tricolore. Una pistola faceva capolino dalla tasca interna. Fu un attimo e Marta decise
che parte prendere, decise di parteggiare e di resistere, prese la pistola e tir tre colpi.
Il pavimento si tinse di rosso e lei si riprese tre volte la vita che le era appena stata
violentemente lacerata.
Andavano sempre in tre, sti delinquenti. A volte anche di pi. No, quelli delle
squadracce non erano solo delinquenti. Erano molto di peggio. Cos pensava Ettore,
aspettando dentro il portone che passassero. Vestiti di nero, le polo nere, gli anfibi
alti, le pistole e i manganelli in bella vista. Sti schifi umani. Non c'era pi una donna o
una ragazza che potesse andare in giro come o quando le pareva. non c'era pi uomo
libero che si potesse definire libero, o almeno provarci.
Gli torn in mente il nonno, Aldo, i suoi racconti di ci che era successo anni prima.
di quando era stato menato, pi di una volta, perch la pensava in modo diverso dal
loro, perch si rifiutava di fare la marionetta per loro, il saluto a comando, le frasi di
battaglia. Lo spirito del nonno Aldo si impossess di lui quando vide sfilare i tre
individui. Rasati, neri, armati. In un attimo torn in casa, prese la mazza da baseball.
Poi scese, prese dalla buchetta della posta, dove la teneva ben nascosta, la bandiera
e la mise sulle spalle. Apr il portone e si lanci nella strada, dietro i loschi figuri. Era
la nuova Resistenza.
Uno di loro sent i suoi passi, si volt e lo riconobbe.

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- Ma guarda qui - disse - C' Magenta. Lo conoscete Magenta, voi?


- Come no? - comment un altro, prendendo il manganello - Il figlio di nessuno. Che
non ha nemmeno titolo per stare a questo mondo. Razza impura
Ettore sollev la mazza da baseball, ma il primo colpo lo raggiunse allo stomaco prima
che potesse muoversi. Non ci furono altri colpi perch ora, insieme ad Ettore, c'erano
altri due ragazzi molto meglio armati. Le pistole spararono e i tre figuri rimasero distesi
sul selciato.
*
Fa freddo.
Non siamo in montagna, ma cazzo che freddo che fa.
Eppure dovrebbe essere primavera, Maggio ce l'hanno sempre venduto come un
mese in cui il caldo dovrebbe fare capolino tra un acquazzone e l'altro. Eppure di notte
fa freddo. Soprattutto perch notte, e le notti di Maggio le ho sempre trascorse tra
le lenzuola del mio letto, ma d'altronde se quelle lenzuola le voglio riabbracciare
ancora, se ho ancora intenzione di dormire sonni tranquilli, se davvero ho bisogno di
guardare in faccia un mio connazionale e non vederci un nemico, allo questa notte,
come quella scorsa e come quella che verr la devo passare qua, all'addiaccio, morto
di stanchezza e paura, imbracciando questo fucile, facendo valere il nostro diritto a
dire no!
No alla dittatura.
No ai populismi da stadio.
No alle ideologie lontane dalla libert.
Mi chiamo Fabio, ho venticinque anni, fino a tre mesi fa studiavo filosofia ad Urbino,
adesso sparo contro ai miei fratelli, invasati di rabbia e facili ideologie, pi vicino alle
tifoserie che al pensiero, che hanno rubato il potere alla democrazia, cavalcando
l'onda del malcontento e della paura, alimentata da chi ci ha visto dentro la possibilit
di un successo personale, forte di una disinformazione manipolata.
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Sparo contro di te, fratello. Se alzi il pugno contro la libert la libert ti sparer contro.
Non mi sono mai fidato della storia ma mio nonno era un partigiano e non ho mai
avuto dubbi su di lui.
Ci trovammo insieme, chi tra sulle banchine di una stazione aspettando il treno per
correre a casa prima del coprifuoco, chi sotto una pensilina al riparo dalla pioggia,
sussurrando parole tra i denti per non farsi sentire troppo, vincendo la paura,
conoscendo fratelli tra le lacrime, nel ricordo di un padre, di un amico, di una sorella
sacrificati al nuovo e non voluto regime.
Il coprifuoco poi... chi non lo rispettava rischiava un sacco di botte, ma se fosse riuscito
a scansarle avrebbe trovato sicuramente una via di scampo.
Tanti si arruolarono cos, un ritardo, una strada sbagliata, una figura nel cono d'ombra
di un incrocio, un fischio di richiamo, una via di fuga da una squadraccia ed ecco un
gruppo di gente che ti chiede dove vai, se hai paura, se ti serve aiuto... Una mano
tesa in cui nessuno sperava e una speranza che un mondo migliore, nuovamente
libero, sia possibile e quindi capire che la gente era davvero stanca di regimi, e si
organizzava, ed imbracciava le armi per difendere il loro futuro, quello dei loro figli.
Finch non sarebbe nata anche in te la speranza, realizzare che ci si poteva opporre
e cercando ancora quell'ombra nella notte, chiedendo di far parte di quel movimento
di liberazione nazionale, come i padri fondatori della repubblica, come i veri liberatori
della patria, e diventando nuovamente parte della storia e riconoscere in quel sorriso
il fratello perso, l'amico trucidato, la madre violentata. Avrebbero combattuto ancora
per loro, per dare un senso alla loro morte, avrebbero sparato ancora e ancora contro
quei fratelli che avevano perso il senno, che non riconoscevano pi nessuno, che
odiavano per i colori indossati, senza pi capire che il sangue che lasciato sul selciato
era lo stesso sangue di fratello.
Se mi affaccio alla finestra c' sempre qualcuno sotto a farmi il saluto romano, sono
convinti che li salver, sono convinti che li aiuter, sono cos convinti che non vedono
altre alternative a me, e sono pronti a dare la vita per me, sono riuscito a iniettare nelle
loro vene l'amore per la patria, e la loro patria adesso sono IO.

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Come se sapessero veramente cosa significa patria... come se davvero avessero mai
vissuto in una patria, la loro terra natia non l'hanno mai nemmeno conosciuta: gente
di Palermo che osanna le guglie del duomo di Milano, torinesi che si riconoscono con
i napoletani all'ombra del Colosseo, bellunesi e crotonesi a fare il saluto sotto la torre
di Pisa, tutti sotto la stessa bandiera, quella nera, la mia.
Adesso vi sentite parte di un tutto? Adesso vi sentite italiani? Bene ecco la vostra
nuova religione, ecco il vostro nuovo oppio, riempitevi il petto di orgoglio, accendete i
vostri animi, inebriatevi delle mie parole e versate il vostro sangue per me.
Se solo sapeste dove andremo a finire, se solo vi rendeste conto che la vostra patria
non nient'altro che una frequenza digitale, la vostra terra grande quanto gli schermi
del vostro PC, della vostra televisione, e voi la chiamate madre.
Lo so... non andremo da nessuna parte e prima o poi le coscienze si risveglieranno,
ed Io finir cadavere appeso alla merc di una folla inferocita dalla mia stessa ferocia,
in qualche piazza a monito per i posteri. Beh, per ora me la godo ancora, finch dura,
finch l'ultimo dei miei tossicodipendenti da dottrina sar in piedi, io me la godr
ancora, finch non arriver la loro nuova primavera.
*
Erano i momenti pi duri che la vita ti metteva davanti. Giuseppe correva avanti e
indietro dalle piazze agli ospedali, senza fermarsi, da mesi ormai. Suo figlio di sette
anni viveva in un istituto del regime, come tutti i figli della Patria e del Condottiero
cresceva come imponeva la dottrina, sua moglie Laura non usciva dall'ospedale da
mesi, come lui, si vedevano di sfuggita tra le corsie gremite di feriti, tra una chiamata
e l'altra, tra una lacrima e 'altra, sotto l'occhio vigile dei controllori. Giuseppe arrivava
in piazza, schivava le pallottole e faceva la cernita, poi si sdraiava di fianco a quello
che ancora respirava, valutava se c'era margine di recupero o se era spacciato, poi
riempiva corpi esangui di liquidi, somministrava miracolosi e obnubilanti antidolorifici,
caricava chi ce la poteva ancora fare e lo portava in ospedale, a prescindere dai colori
che indossava, tanto ormai erano tutti della stessa tonalit: rosso sangue.

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- Lavora per la patria, camerata infermiere! - Furono le parole di un milite nero ferito
durante il trasporto.
- Lavoro per la vita, la tua come quella di altri... - rispose Giuseppe e si rese conto
della fiamma di odio che il milite accese negli occhi.
Passarono due settimane e Giuseppe rientrava in pronto soccorso con quello che
restava di un partigiano crivellato, era sudato, era stanco e reggeva una flebo, stava
passando la consegna al collega della corsia, e non si accorse di nulla. Non si accorse
del milite in carrozzina che lo fissava in cagnesco, non li riconosceva nemmeno pi,
non si accorse che aveva in mano una pistola, non si accorse nemmeno del colpo che
part centrandolo esattamente tra gli occhi, freddandolo all'istante. Il milite mor la
notte stessa, durante il sonno, nella sua branda ammazzato da un mix di farmaci letale
iniettatogli in vena da Laura che, morta dentro, non aveva ancora finito il turno.
La gente aveva fame, fame di pane, fame di giustizia, fame di libert. Solo i gatti
giravano per le strade satolli dei loro macabri pasti a base di quel sangue che tingeva
costantemente le strade.
Il Condottiero appariva in televisione a reti unificate, comandando la calma, la
pazienza, annunciando che la vittoria era alle porte, annunciando proclama a cui
ormai nessuno pi credeva, dichiarando la disobbedienza peggior reato, passibile di
pena di morte immediata e in loco, diffondendo ancora la fiamma della paura che
piano si affievoliva negli animi della gente.
Pi di un territorio ormai aveva abbandonato il regime, i gruppi partigiani fiorivano in
ogni provincia, in ogni comune, in ogni strada. Le milizie erano braccate dentro i loro
edifici mandando messaggi dai loro telefonini con richieste di rinforzi a comandi che
non esistevano nemmeno pi.
I controllori delle funzioni pubbliche erano caldamente invitati a deporre le armi e
abbandonare il loro posto di lavoro, quale ora avessero disobbedito al comitato di
liberazione locale avrebbero subito la stessa pena prescritta per la disubbidienza agli
ordini del regime.

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Tanti disertarono, spogliandosi della loro divisa finalmente consapevoli del fallimento
delle promesse ricevute, passando dall'altra parte delle barricate. Tanti feriti
nell'orgoglio e nell'anima si puntarono l'arma di ordinanza in bocca e premettero il
grilletto ad uccidere definitivamente quell'idea di ordine che li aveva canzonati fino a
quel momento.
E quando anche le forze dell'ordine smisero di ricevere ordini di soppressione sbocci
la primavera.
Il condottiero fu catturato prima che l'alba di un giorno qualsiasi iniziasse a rischiarare
il cielo di un giorno di primavera.
Lo riconobbe un giovane studente di filosofia dell'universit di Urbino, vestito di
stracci, con un tricolore al collo, ed un fucile quasi scarico al collo. Vide un signore
avanti con l'et aggirarsi nelle strade della capitale a passo svelto, accompagnato da
un ragazzo che continuava a guardarsi intorno con fare troppo circospetto.
Fu quando il ragazzo sussurr al suo compagno:
- Via libera da questa parte Eminenza! - che Fabio non esit nemmeno un istante a
tirare il grilletto spiattellando al muro quello che una volta era il cervello del ragazzo.
L'uomo rimase impietrito e sporco di sangue in volto, il grande condottiero, il
comandante supremo di Aurora Aurea, colui che aveva seminato morte e terrore per
tutte le vie del paese, adesso tremava come una foglia davanti a un giovane uomo
con l'arma ben puntata e la determinazione negli occhi.
- Getti le armi e mi segua. Facciamola finita per piacere. L'uomo butt a terra una pistola d'oro, poi alz le mani in segno di resa.
I due si incamminarono nella notte, l'uomo davanti il ragazzo dietro, il fucile scarico in
mezzo, ma questo l'uomo non lo poteva sapere ed il ragazzo aveva cos tanta smania
di porre fine al tutto che non fece trasparire il men che minimo segno di tentennamento
cammin imperterrito come se stesse guidando un tank.
Arrivarono al comando del Comitato di Liberazione che il cielo iniziava a colorarsi di
rosso.
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Quel giorno, a reti unificate, non apparse la solita faccia del condottiero. La notizia fu
data da un uomo anziano, molto anziano, con le lacrime agli occhi, per quanta pena
possa fare un uomo anziano che piange, con un fazzoletto tricolore al collo, per
quanto forte appariva ora quel simbolo.
La gente che vedeva quel tricolore sul collo curvo di quell'uomo anziano sullo schermo
di casa, riempiva gli occhi di lacrime, proprio come lui, quel vecchio e nuovo
partigiano, e senza che egli proferisse ancora parola il messaggio di libert era ormai
arrivato a tutti, negli occhi, nel cuore nel piatto di pasta a tavola, tra le narici e nell'aria
inspirata forte, negli abbracci delle madri ai figli, nell'alzarsi in piedi dei padri e nel
silenzio dell'attesa dell'annuncio del vecchio.
"Cari, cari concittadini,
con rinnovata commozione che traspare evidente dagli occhi di un vecchio
partigiano, che ho avuto l'onore e l'infinito piacere di annunziarvi oggi la notizia che
da oramai troppo tempo tutti aspettavamo.
Notizia che gronda di sangue, fame e pena ma che il tempo consegner alla storia
come la fine di un inverno troppo rigido, che ha ghiacciato le anime dei fratelli, che ha
inaridito la terra e i grembi delle nostri madri, ma che finalmente vede la fine.
Mi chiamo Febo Perri, ho novanta anni, e vi annuncio che la guerra finita, il
condottiero stato catturato questa mattina dal Comitato di Liberazione Nazionale e
ha rassegnato le dimissioni, attende il giudizio per alto tradimento. Il CNL assume il
potere esecutivo legislativo e giudiziario traghettando il paese fino alle prossime
elezioni. Buona primavera a tutti."
Da ogni casa si alzarono pianti di felicit e urla di gioia, la gente scese in piazza
stavolta disarmata, sventolando il tricolore. Da una piccola scuola elementare di un
paese di provincia vicino al confine, dove un professore era stato relegato nel sospetto
di idee sovversive i bambini uscirono in fila per due, mano nella mano, in ordine si
mossero verso la piazza e quando raggiunsero il centro, tutti insieme, in coro, diretti
dal professore Sergio intonarono:

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"Una mattina mi son svegliato, o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato e ho trovato l'invasor.
O partigiano, portami via, o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via, ch mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano, o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano, tu mi devi seppellir.
E seppellire lass in montagna, o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lass in montagna sotto l'ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno Ti diranno Che bel fior!
questo il fiore del partigiano, o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
questo il fiore del partigiano morto per la libert!"

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Autori e Idee

L'acciuga in rosso
Idea del racconto, incipit: Nadia Finotto
Nodi: Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi, Miriana Kuntz, Nadia Finotto, con la
collaborazione di Giovanni Beria

La pi bella del paese - I & II


Idea del racconto, incipit: Massimo Ferraris
Nodi: Giovanna Mastropasqua, Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi, con la
collaborazione di Lidia Popolano
Nodi II Parte: Massimo Ferraris, Giovanna Mastropasqua, Nadia Finotto, Alessandro
Amadesi

L'ottavo nano - I & II


Idea del racconto, incipit: Cleo Patra, da un sogno strano di Cleo Patra
Nodi: Massimo Ferraris, Miriana Kuntz, Giovanna Mastropasqua, Alessandro
Amadesi, Nadia Finotto, Paola Roela, Cleo Patra
Nodi II Parte: Cleo Patra, Massimo Ferraris, Giovanna Mastropasqua, Nadia Finotto,
Paola Roela, Miriana Kuntz

Zen, cavalieri biscottati e l'arte della manutenzione del dromedario - I & II


Idea del racconto, incipit: Alessandro Amadesi
Nodi I Parte: Linda, Cleo Patra, Nadia Finotto, Alessandro Amadesi, Massimo
Ferraris, Paola Roela
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Nodi II Parte: Alessandro Civiero, Linda Lercari, Alessandro Amadesi, Nadia Finotto

Il premio della colpa


Idea del racconto, incipit: Alessandro Amadesi
Nodi: Nadia Finotto, Massimo Ferraris, Miriana Kuntz, Alessandro Amadesi, Massimo
Paolo Poncetta, Cleo Patra, Paola Roela

Omicidio al contrario
Idea del racconto, incipit: Massimo Ferraris
Nodi: Massimo Paolo Poncetta, Massimo Ferraris, Linda Lercari, Alessandro
Amadesi, Nadia Finotto, Miriana Kuntz

Mi faccio nuova!
Idea del racconto, incipit: Giovanna Mastropasqua
Nodi: Giovanna Mastropasqua, Paola Roela, Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi,
con la collaborazione di Marisa Cappelletti

Il killer dei facoceri


Idea del racconto, incipit: Massimo Paolo Poncetta
Nodi: Massimo Paolo Poncetta, Massimo Ferraris, Alessandro Amadesi, Cleo Patra,
Miriana Kuntz, Nadia Finotto, con la collaborazione di Raffaele Merloni

L'uomo che portava la barba in valigia


Idea del racconto, incipit: Alessandro Amadesi
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Nodi: Massimo Ferraris, Miriana Kuntz, Giovanna Mastropasqua, Alessandro


Amadesi, con la partecipazione di Domenica Lanzetta Falciano

Luomo che un tempo odiava le donne


Idea del racconto, incipit: Cleo Patra
Nodi: Paola Roela, Andrea Bud Basile, Massimo Ferraris, con la collaborazione di
Consuelo Ruglioni e Giovanna Cassani

In vacanza?
Idea del racconto, incipit: Antonella Rossello
Nodi: Paola Roela, Alessandro Amadesi, Miriana Kuntz, Nadia Finotto

A chiedersi come fanno quelli della radio (eclissi di Carlo)


Idea del racconto, incipit: Alessandro Amadesi
Nodi: Massimo Ferraris, Giovanna Mastropasqua, Massimo Ferraris, Nadia Finotto,
Alessandro Amadesi

Insonnia
Idea del racconto, incipit: Miriana Kuntz
Nodi: Alessandro Civiero, Alessandro Amadesi, Miriana Kuntz, Nadia Finotto,
Alessandro Civiero

La lunga notte
Idea del racconto, incipit: Massimo Ferraris
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Nodi: Massimo Ferraris, Paolo Albertin, Alessandro Civiero, Paola Roela, Massimo
Paolo Poncetta, Miriana Kuntz, con la collaborazione di anonimo e Agnus

Nuova Primavera
Idea del racconto, incipit: Francesco Francica
Nodi: Francesco Francica, con la partecipazione di Alessandro Amadesi

Grafica e copertina: Miriana Kuntz

Editing ed organizzazione della raccolta: Alessandro Amadesi, Nadia Finotto

I Nove Facoceri sono: Miriana Kuntz, Nadia Finotto, Cleo Patra, Alessandro
Amadesi, Linda Lercari, Paolo Albertin, con Paola Roela, Massimo Ferraris, Giovanna
Mastropasqua, Francesco Francica, Alessandro Civiero, Antonella Rossello, Andrea
Bud Bambino Basile e Massimo Paolo Poncetta

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Indice
Prefazione I Quattordici Facoceri
1) L'acciuga in rosso
2) La pi bella del paese - I & II
3) L'ottavo nano - I & II
4) Zen, cavalieri biscottati e l'arte della manutenzione del dromedario - I & II
5) Il premio della colpa
6) Omicidio al contrario
7) Mi faccio nuova
8) Il killer dei facoceri
9) L'uomo che portava la barba in valigia
Bonus
a) Luomo che un tempo odiava le donne
b) In vacanza?
c) A chiedersi come fanno quelli della radio (eclissi di Carlo)
d) Insonnia
e) La lunga notte
f) Nuova Primavera

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