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Ing. Pazzo
con la collaborazione di Riccardo Crociani e Andrea Piolanti
10 marzo 2010
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Si consiglia di affiancare il materiale presente in questo riassunto agli appunti presi a lezione. Que-
sto perché (ovviamente!) non si vuole avere alcuna presunzione di esaustività, né di assoluta corret-
tezza: nonostante le revisioni fin’ora effettuate, potrebbero infatti essere ancora presenti molti errori e
imprecisioni.
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Indice
2 Considerazioni a s 6= 0 13
2.1 Effetti reattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Funzione di trasferimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.3 I nodi principali del circuito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.3.1 Poli e zeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.4 Diagrammi di Bode . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.5 Guadagno, frequenza a 3dB e frequenza di guadagno unitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.5.1 Metodo delle costanti di tempo e formula di Miller . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.5.2 Frequenza di guadagno unitario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.6 Stabilità e phase margin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.6.1 Polo non dominante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3 Cose turche 17
3.1 CMR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2 Band narrowing e pole splitting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2.1 Band narrowing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2.2 Pole splitting . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.3 Slew rate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
4 Accorgimenti generici 19
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4 INDICE
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Capitolo 1
β0n
ID = Sn (Vgs − VTn )2
2
oppure, per i p-mos:
β0p
ID = S p (Vsg + VT p )2
2
Questa formula è spesso un ottimo strumento per calcolare ID oppure S, a seconda di quale parametro ci
manchi. La Vgs , infatti, fissa la corrente in maniera precisa. Dopodiché si può ricorrere ad altri strumenti
(legge di Ohm, legge di Kirchhoff per le correnti, etc. . . ) per ricavare eventuali altre grandezze a noi
richieste.
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6 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)
Si preme sottolineare che, mentre il legame fra la corrente e la Vgs è ’sicuro’, nulla possiamo dire
riguardo alla Vds . Spesso, nel calcolo delle quantità di polarizzazione, si evita di considerare il parametro
λ, cioè quello che si riferisce alla modulazione di canale. Esso è infatti generalmente dell’ordine di 10−2 :
questo significa che la variazione della corrente dovuta a tale parametro è dell’ordine dell’1 per cento1 .
La Vds potrebbe diventare importante solo nel caso in cui il transistor si rivelasse essere in regione lineare,
cosa che - come abbiamo detto poco sopra - non accade praticamente mai.
Se dunque viene richiesto il calcolo della tensione ad un certo nodo del circuito, oppure della corrente
in un determinato ramo, si faccia affidamento sugli appigli sicuri:
• le Vgs ;
• legge di Ohm;
• leggi di Kirchhoff;
Infine, si ricorda che per il calcolo delle quantità di polarizzazione è necessario cortocircuitare le in-
duttanze ed aprire le capacità (componenti che diventano invece importanti nell’analisi in frequenza, vedi
capitolo 2).
dove VDD è la tensione più alta e VSS la tensione più bassa del circuito (spesso è massa e dunque VSS = 0),
mentre IDD e ISS sono le correnti che rispettivamente fuoriescono ed entrano nei nodi riferiti a VDD e VSS .
Si presti attenzione che, se la VSS è negativa, si ha:
Visto che VDD si conosce sempre, la specifica sulla potenza dissipata può essere utile per ricavare le
correnti che fluiscono nel dispositivo.
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CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0) 7
gd = λID
Si noti che tutti questi parametri dipendono da ID : dunque sarà importante conoscere il valore della
corrente per poterli correttamente determinare.
1.3.1 Le capacità
Ogni dispositivo MOS porta con se in dote diversi contributi capacitivi:
Fra queste capacità riveste in genere grande importanza la Cgd , visto che si interpone fra ingresso e uscita
e va modellata a parte mediante la regola di Miller (paragrafo 2.5.1).
ove si sostituiranno le quantità aventi pedice ’1’ con quelle d’ingresso e le quantità contraddistinte da
pedice ’2’ con quelle d’uscita. Per ricavare le equazioni dei sistemi soprascritti sarà necessario fare affi-
damento sullo schema ai piccoli segnali e sulle regole di base per l’analisi dei circuiti (leggi di Kirchhoff,
leggi di Ohm, etc. . . quindi niente di complicato).
Nel caso si stia facendo un analisi a frequenza nulla (s = 0) non sarà necessario introdurre gli effetti
reattivi (capacità e induttanze); in caso contrario bisognerà agire come illustrato in paragrafo 2.1.
• la corrente io (per convenzione entrante dal nodo d’uscita del circuito) e la tensione vo (sempre sul
nodo d’uscita);
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8 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)
• la tensione d’ingresso vi ed, eventualmente, la corrente ii (questa però non va sempre riportata: se
l’ingresso è sul gate, infatti, tale nodo sarà flottante e non potrà scorrervi corrente3 ;
• un generatore comandato di tensione − gmb vs che inietta corrente (attenzione: è negativa) dal drain
al source, ma solo nei casi in cui vi sia effetto Body (source non a tensione costante e γ 6= 0). Se nelle
ipotesi si dice di trascurare l’effetto Body (γ = 0), questi generatori non andranno riportati;
Altri accorgimenti:
• un transistor connesso a diodo può essere schematizzato, ai piccoli segnali, come una semplice
conduttanza G = GD + gm ;
• sui talvolta presenti rami di polarizzazione, quelli che per intenderci contengono tutti quei bellissimi
transistor connessi a diodo (e che costituiscono la metà ’connessa a VDD ’ della configurazione a
specchio utile a convogliare le correnti volute sui vari rami del circuito), generalmente non scorre
corrente ai piccoli segnali;
• in genere, per ogni transistor, conviene disegnare due lunghe linee parallele rappresentanti il source
e il drain: fra questi due riferimenti, la cui tensione dev’essere ben individuata, andremo a porre in
parallelo (se presenti) gli elementi descritti nell’elenco precedente questo. Così è davvero impossibile
sbagliarsi!
Il calcolo della resistenza d’uscita Ro è uno dei momenti più delicati perché da esso dipende la buona
riuscita dell’esercizio. Dalla resistenza d’uscita derivano infatti importanti quantità come, ad esempio, il
guadagno di tensione:
A v = gm R o
Tale parametro può essere ricavato facendo riferimento allo schema ai piccoli segnali, ma a volte tutto ciò
si rivela macchinoso. Spesso risulta più semplice applicare le formule relative agli stadi elementari (source
comune, drain comune, gate comune), visto che è grazie alla combinazione di queste configurazioni che si
progettano gli amplificatori multi-stadio più complessi.
3 Consideriamo il gate come perfettamente isolante, senza effetti di leakage.
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CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0) 9
1.5.2 Cascode
Il cascode è una configurazione che compare talmente spesso da meritare un capitolo a parte. Si
costruisce impilando un source comune con un gate comune ed è contraddistinta da un’alta resistenza
d’uscita (riportata in figura 1.3). Fatte le ipotesi di avere un unico transistore al di sotto del gate
comune e di considerare gmb gm , rd1 = rd2 si ha:
Ro ≈ − gm rd2
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10 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)
a spese di un effetto Body più grave e di un peggioramento dello swing. Quanto detto fin’ora ci
fa capire come mai la parola ’cascode’ sia la risposta obbligata a domande del tipo: ’Tramite quale
schema posso migliorare la resistenza d’uscita del mio circuito?’.
Fatta l’ipotesi che M1 e M2 siano accesi e saturi, che vi sia perfetta simmetria, che siano trascurabili
l’effetto Body e quello di modulazione di canale, Ibias si dipartisce in maniera uguale fra i rami: è
questo il caso in cui, se facciamo l’ipotesi di applicare un ingresso puramente differenziale al circuito,
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CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0) 11
è possibile mettere a massa il nodo X nel circuito ai piccoli segnali. Considerando invece un ingresso
di modo comune, ciò non è più possibile da farsi, almeno in linea generale.
Per la coppia differenziale sono definiti quattro tipi di guadagno:
v
Adm = od
con vic = 0 → dev’essere grande
vid
v
oc
con vid = 0 → dev’essere piccolo
Acm = v
(
vod = Adm vid + Acm−dm vic
ic
⇒ voc
voc = Adm−cm vid + Acm vic
Adm−cm = con vic = 0 → dev’essere piccolissimo
vid
vod
Acm−dm = con vid = 0 → dev’essere piccolo
vic
Si definisce inoltre il CMRR (Common Mode Rejection Ratio) nel seguente modo:
Adm
CMRR =
Acm
Semicircuito (half-circuit)
Fatta l’ipotesi di applicare un ingresso di modo comune alla nostra coppia, è possibile sfruttare il
cosiddetto semicircuito, il quale altro non è se non un source comune doppio carico avente come RS
la Rbias , come R D una resistenza pari a metà di quella presente su entrambi i rami della coppia
originaria, e infine - in mezzo fra queste due resistenze - un unico transistor avente S doppia rispetto
a quella dei MOS della coppia originaria (e aventi sul gate il segnale in ingresso).
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12 CAPITOLO 1. CONSIDERAZIONI A FREQUENZA NULLA (S = 0)
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Capitolo 2
Considerazioni a s 6= 0
s s2
D (s) ∼
= 1− + , | p2 | | p1 |
p1 p1 p2
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14 CAPITOLO 2. CONSIDERAZIONI A S 6= 0
ivi riscontrabili. In genere risolvere questo punto non è mai fatica sprecata, perché può facilitare
di molto la formulazione del metodo delle costanti di tempo (vedi 2.5.1). Comunque sia possiamo
affermare che:
– in genere il ramo di sola polarizzazione, quello cioè in cui sono presenti i MOS connessi a diodo
che servono a formare gli specchi di corrente, non contiene questi famigerati nodi importanti;
– il nodo d’uscita del circuito è sicuramente un nodo importante e ad alta impedenza: se così
non fosse, l’amplificatore dato in consegna sarebbe inutile perché avrebbe un pessimo guadagno
(Av ≈ gm Ro !!);
– nove volte su dieci l’ingresso è su un gate. Un nodo così è sicuramente poco interessante e non
andrà considerato;
– per trovare gli altri nodi notevoli bisogna scorrere tutti gli stadi elementari intermedi: dall’uscita
all’ingresso saranno sicuramente presenti almeno un gate/source/drain comune. In tal caso,
dunque, tutti1 i nodi di ingresso/uscita di tali stadi saranno importanti.
1
ω p,i =
Ri Ci
Di ciò si parlerà più diffusamente nel paragrafo 2.5.1.
In generale, per trovare poli e zeri si deve ricavare la funzione di trasferimento H (s). A tal proposito
si può fare affidamento sul’espressione del guadagno:
Vo (s)
Av (s) =
Vi (s)
– in ampiezza uno zero fornisce un contributo di +20 dB/decade, mentre un polo si manifesta
con una variazione di -20 dB/decade;
– nelle fasi uno zero positivo/negativo fornisce un contributo di -/+ 90◦ , mentre con un polo
positivo/negativo si ha un contributo di +/- 90◦ . Il punto intermedio (±45◦ ) di questo calo o di
questa crescita di fase corrisponde alla pulsazione dello zero o del polo in questione. Comunque
sia, come dicevamo, il grafico delle fasi va tratteggiato in maniera molto qualitativa.
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CAPITOLO 2. CONSIDERAZIONI A S 6= 0 15
Per metterlo in pratica occorre innanzitutto individuare i nodi ad alta impedenza del circuito: fra
questi sarà sicuramente presente il nodo d’uscita e inoltre bisognerà considerare tutti i nodi presenti
fra ingresso e uscita e appartenenti agli stadi elementari intermedi.
Per ogni nodo si devono individuare tutti gli elementi capacitivi, sia quelli parassiti (Cgs , Cjsb , Cjdb ,
etc. . . ) che quelli presenti nello schema (ad esempio la CL ). Particolare attenzione va fatta nel caso in
cui compaiano delle capacità direttamente collegate fra ingresso e uscita di uno stesso stadio. Queste
capacità, infatti, vanno spezzate mediante la formula di Miller; consideriamo ad esempio la capacità
Cgd presente fra ingresso (nodo X) e uscita (nodo Y) di uno stadio a source comune. Tale capacità
andrà suddivisa in due termini:
In questo modo abbiamo rimosso la capacità che si trova lungo il percorso del segnale e l’abbiamo
spezzata in due contributi più facilmente manipolabili. Nelle formule soprastanti | Av | è il guadagno
dello stadio a cavallo del quale era presente la Cgd (cioè del source comune).
Dopodiché, sempre per ogni nodo, bisognerà ricavare la resistenza associata: per calcolarla bisogna
immaginare di porsi esattamente su quel nodo e di ’guardare al suo interno’. In genere vedremo:
– la resistenza d’uscita dello stadio amplificatore cui siamo collegati (si tenga presente che spesso
in tale espressione saranno incluse le gd (rd ) associate ai MOS che hanno il drain collegato a quel
nodo);
– le resistenze già presenti nello schema ai grandi segnali (R L , R D , RS , etc. . . ).
Una volta trovate le capacità e le resistenze, bisognerà calcolare le costanti di tempo, che sono pari a:
τi = Ri Ci
Infine, queste costanti di tempo vanno sommate e la frequenza f 3dB potrà essere calcolata così:
1 1
f 3dB =
2π ∑ Ri Ci
i
Attenzione!
La frequenza così calcolata non coincide con la frequenza del primo polo del circuito, bensì con
la frequenza a 3dB che consideriamo prendendo per buona l’approssimazione a polo dominante. La
frequenza di p1 e la frequenza a 3dB coincidono analiticamente soltanto nei sistemi aventi un unico
polo.
Av (s) = 1
Esiste un comodo legame fra la f u e la f 3dB , ma necessita della conoscenza del guadagno a frequenza
nulla Av :
f u = f 3dB Av
ωnd
ωu =
tan PM
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16 CAPITOLO 2. CONSIDERAZIONI A S 6= 0
Il suo valore ci dice quanto può essere valida l’approssimazione a polo dominante per il nostro
circuito. Nel caso super-ideale si ha PM ≈ 90◦ : ciò implica che il secondo polo è così lontano da
non influire minimamente sul diagramma delle fasi. Tanto più il phase margin è vicino a 0◦ e tanto
peggiore sarà invece la bontà di tale approssimazione, perché significherà che il polo non dominante
è così vicino da far sentire il suo effetto sulle fasi. Questo vorrebbe altresì dire che il dispositivo è
molto più simile ad un sistema di secondo grado (oscillante) piuttosto che a un bel sistema di primo
grado. Nella pratica si tollera un PM ≥ 75◦ .
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Capitolo 3
Cose turche
3.1 CMR
Il CMR (o Common Mode Range) è l’intervallo di valori che può avere la tensione di modo comune
nella coppia differenziale. Per calcolarlo bisogna in genere fissare due condizioni: una per il limite
superiore e una per il limite inferiore. Entrambe si ottengono imponendo la saturazione per due
particolari transistori:
Entrambi questi transistor devono essere saturi per un corretto funzionamento della coppia differen-
ziale. Se i calcoli verranno eseguiti correttamente, dovremmo ottenere una condizione per il limite
inferiore e una per il limite superiore: a quel punto basterà cercare l’intersezione di questi valori per
ottenere il CMR.
Queste due tecniche sono adottate per far sì che l’approssimazione a polo dominante, così prezio-
sa, abbia un poco di senso: solo negli amplificatori a singolo stadio, infatti, questa condizione è
realistica. Con più stadi, invece, dobbiamo sudarcela.
Trattasi di una metodologia molto semplice, che assicura un margine di fase eccellente e una grande
stabilità. Per contro, effettuare il band narrowing ci priva di una bella dose di banda, come suggerisce
d’altronde il nome.
Mettere in pratica questo metodo significa far sì che, mediante un effetto reattivo in uscita1 , il dia-
gramma di Bode delle ampiezze si sposti verso sinistra cosicché la pulsazione di guadagno unitario
sia inferiore a quella dei poli non dominanti.
1 Il nodo d’uscita dev’essere quello a più alta impedenza se vogliamo guadagnare molto: questo significa che è anche quello
responsabile del polo dominante. Per spostare quest’ultimo verso valori bassi è necessario ’pompare’ l’effetto reattivo associato al
nodo di OUT: dunque il band narrowing può essere realizzato aggiungendo una capacità in uscita
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18 CAPITOLO 3. COSE TURCHE
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Capitolo 4
Accorgimenti generici
In questo capitolo riporteremo qualche accorgimento sempre valido: al buon lettore potranno sem-
brare consigli ovvi ma, in tal caso, meglio così.
– Sarebbe abbastanza stupido sbagliare un intero esercizio perché si copiano male i dati del testo.
Cosa costa rileggere i dati una volta in più? Potremmo non esserci accorti che bisogna trascurare
l’effetto Body, che abbiamo confuso dei ’femto’ con dei ’pico’, che la VDD è 3,3 V piuttosto che 3
V, etc. . .
– Attenzione ai p-mos! Spesso compaiono e bisogna dare loro la stessa dignità degli n-mos. In
particolare, quando si copia lo schematico del disegno, si faccia attenzione e si disegnino i
transistor nella loro versione corretta.
– Si presti attenzione all’effetto Body! Bisogna sempre chiedersi se un MOS soffre o meno di
questo effetto di non idealità: in tal caso, infatti, sarà necessario ricalcolare il valore della soglia
perché da essa dipende il valore della corrente che scorre su quel transistore e quindi mille altre
cose. p p
VTn = VTn0 + γn ( 2φF + VSB − 2φF )
– Si diceva qualche pagina fa che i transistori saranno quasi sicuramente in saturazione. Que-
sto potrebbe non essere sempre vero, quindi - visto che controllare è proprio un attimo - non
è male spendere qualche secondo in più per vedere se Vds > Vds sat . A volte questa verifica è
esplicitamente richiesta, mentre è obbligatoria se per qualche motivo dovesse essere necessario
risolvere un’equazione di secondo grado avente come incognita Vd , Vds o Vgs : se essa è risol-
vibile ed è caratterizzata da ∆ 6= 0, vi saranno due soluzioni ma non necessariamente saranno
entrambe accettabili. In tal caso la condizione sulla saturazione del MOS coinvolto nel calcolo
può sciogliere l’ambiguità.
– In figura 4.1 vengono riassunti i legami principali fra le grandezze in gioco. Tale schema non
vuole essere eccessivamente esaustivo (mancano le grandezze relative ai componenti reattivi
nonché tutto ciò che riguarda le capacità parassite dei MOS), tuttavia ha il pregio di coagulare
in poco spazio le dipendenze matematiche che compaiono in circa 2/3 delle domande di ogni
compito.
– Spesso una domandina viene riservata alla progettazione del circuito di polarizzazione. Altre
volte si chiede l’utilità di alcune parti del circuito dato in consegna. Per non risultare imprepa-
rati a queste domande, occorre conoscere a grandi linee alcuni schemi ’notevoli’, che riportiamo
in figura 4.2: nel leggere e interpretare le immagini si tenga conto del fatto che a colore uguale
corrisponde un componente avente analoga funzione. Molto brevemente:
∗ specchio di corrente: serve a specchiare una corrente da un ramo del circuito ad un altro;
∗ specchio di corrente cascode: come lo specchio di corrente, ma ha una resistenza d’uscita
molto più grande. Per contro si subisce un errore nel rapporto di specchiatura, dovuto alla
diversità delle Vds nei rami, e un peggioramento dello swing;
∗ amplificatore cascode: amplificatore dotato di grande resistenza d’uscita. Soffre di effetto
Body;
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20 CAPITOLO 4. ACCORGIMENTI GENERICI
∗ amplificatore folded cascode: configurazione ’ripiegata’ che integra, ai pregi del cascode
semplice, una più facile polarizzazione;
∗ coppia differenziale: l’uscita dipende dalla differenza degli ingressi;
∗ coppia differenziale autopolarizzata: uno specchio di corrente realizza le resistenze R D ;
∗ coppia differenziale con folded cascode: schema complesso di amplificazione che unisce i
pregi del folded cascode alla necessità di un’alta resistenza d’uscita e di una facile polarizza-
zione.
– I guadagni espressi in dB vengono ricavati nel seguente modo:
Av [dB]
20 log10 Av = Av [dB] ⇒ Av = 10 20
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CAPITOLO 4. ACCORGIMENTI GENERICI 21
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22 CAPITOLO 4. ACCORGIMENTI GENERICI
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Elenco delle figure
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