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L’Infinito
in un’aula scolastica
Maggio 2010
L’infinito in un’aula scolastica
L’infinito si presenta prestissimo nell’esperienza
matematica: quando, da bambini, si prende coscienza che la
possibilità di aggiungere 1, senza uscire dall’insieme dei
numeri naturali, non consente ad alcuno di vincere la gara a
chi indovina il numero più alto. La classe IIC del Liceo Issel
di Finale Ligure nell’anno scolastico 2009-10 ha analizzato il
concetto di infinito attraverso la storia, dai filosofi greci
fino ai matematici moderni.
Il progetto è stato presentato alla Festa dell’Inquietudine
2010 che aveva come filo conduttore Inquietudine e Limite.
Contenuti
• Le idee degli studenti sull’infinito
• Atteggiamento classico e romantico nei confronti
dell’infinito
• La definizione di Dedekind
• Due galline, due pietre e due teste
• Le ricerche di Cantor
Note sull’Autore
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Queste sono di quelle difficoltà che derivano dal
discorrere che noi facciamo col nostro intelletto finito
intorno a gl’infiniti, dandogli quegli attributi che noi
diamo alle cose finite e terminate, il che penso che sia
inconveniente … Galileo Galilei.
L’infinito si presenta prestissimo nell’esperienza
matematica: quando, da bambini, si prende coscienza che la
possibilità di aggiungere 1, senza uscire dall’insieme dei
numeri naturali, non consente ad alcuno di vincere la gara a
chi indovina il numero più alto.
Il riferimento è al breve racconto di Cesare
Zavattini nel libro Parliamo tanto di me (foto:
libreriauniversitaria.it).
L’infinito lo s’incontra sovente in un percorso
scolastico, prima ancora di trattarlo come
specifico oggetto di studio: quando si divide un
numero rappresentato in base dieci per un altro
numero che contenga fattori diversi da 2 e da 5, ottenendo
come risultato un numero decimale illimitato; quando si
parla della retta o dei segmenti come costituiti da infiniti
punti; quando, in aritmetica, si parla di addizione e
moltiplicazione come operazioni interne nell’insieme dei
numeri naturali.
Le idee degli studenti sull’infinito
In un percorso scolastico, soprattutto se prevede lo studio
dell’analisi matematica, dove la presenza dell’infinito
diventa stabile e permanente, può quindi essere
interessante indagare le idee degli studenti sull’infinito. Il
percorso che abbiamo affrontato con la classe IIC del Liceo
Issel di Finale Ligure nell’anno scolastico 2009-2010 è
iniziato proprio con questa indagine.
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“Una delle prime volte in cui sono entrata in contatto con il
concetto di infinito è stato a scuola, quando si è iniziato a
parlare dei numeri; l’infinito, come dice la parola è un
qualcosa di non finito …” (Angelica).
“Infinito è qualcosa che non si può rappresentare e che non
finisce” (Filippo).
“Sono entrato in contatto con il concetto di infinito con i
numeri periodici … L’infinito è qualcosa di indefinito e
inimmaginabile …” (Jacopo).
“Per infinito intendo una cosa continua, che ha un inizio, ma
non una fine. Spesso lo vedo come un limite, il non sapere
oltre un limite che cosa ci sia, allora immagino …” Monica
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la cosa più infinita è la fantasia che può avere un bambino,
capace di vedere in un bastone una spada, uno scettro e una
bacchetta magica tutti insieme” - e, ciò che è interessante,
molto simili alle caratterizzazioni che dell’infinito sono state
date, per più di duemila anni, nella cultura Occidentale:
infinito come non finito, indefinito, non terminato,
illimitato. Si tratta sempre di caratterizzazioni in negativo
del concetto: si esprime l’infinito nei termini dei suoi
opposti e, cioè, di ciò che non è infinito.
Si noti che quest’approccio, tipico della cultura Occidentale,
accomuna chi ha nei confronti dell’infinito un atteggiamento
di tipo classico e quindi vede nell’infinito un errore, un
mostro della ragione, un labirinto senza uscita nel quale si è
perduta l’armonia, la perfezione di ciò che è determinato,
finito, compiuto.
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Questo approccio all’infinito non è caratteristico solo del
periodo romantico. Nel III secolo D.C., per esempio, il
filosofo Plotino costruisce una struttura dell’universo al cui
principio sta l’Uno, il Bene, che è infinita potenza creativa,
infinitamente trascendente e al quale l’uomo può
ricongiungersi, dopo un faticoso cammino razionale, solo
attraverso un’esperienza mistica, puramente irrazionale e,
durante la vita terrena, limitata.
La definizione di Dedekind
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Come osservava Galileo, sembra di poter trarre due
conclusioni che sono in contraddizione: da una parte sembra
di poter dire che l’insieme dei numeri naturali contiene
tanti elementi quanto quello dei numeri pari; dall’altra
sembra di poter affermare che i numeri naturali sono il
doppio dei numeri pari. Galileo concludeva dicendo: queste
sono di quelle difficoltà che derivano dal discorrere che noi
facciamo col nostro intelletto finito intorno a gl’infiniti,
dandogli quegli attributi che noi diamo alle cose finite e
terminate, il che penso che sia inconveniente …
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perché i due insiemi possono essere messi in corrispondenza
biunivoca (in simboli, f(n) = 2n).
Finalmente, grazie a Dedekind, abbiamo un modo per
definire che cosa si intende con “insieme di infiniti
elementi”: ogni insieme che può essere messo in
corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.
Ciò ovviamente non vale per gli insiemi finiti: un insieme
con un numero finito n di elementi non può essere messo in
corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio,
ossia con un insieme che contenga meno di n elementi. Si
noti che, con Dedekind, in un certo senso si ribalta la
prospettiva: non si caratterizza più l’infinito come qualcosa
che non è finito, limitato, definito; sono gli insiemi finiti che
non possono essere messi in corrispondenza biunivoca con
loro sottoinsiemi propri.
Le ricerche di Cantor
Nella storia della matematica, ma anche nella classe IIC, si
va quindi alla ricerca di confronti fra insiemi infiniti: i
numeri naturali e i quadrati perfetti; i numeri naturali e i
numeri interi; i numeri naturali e i numeri razionali positivi
(ossia i rapporti tra numeri naturali). In tutti i casi si scopre
che è possibile costruire una corrispondenza biunivoca tra le
coppie di insiemi considerati, anche quando questa richiede
molta creatività (come nel caso della dimostrazione che i
numeri razionali positivi e i numeri naturali hanno la stessa
cardinalità): sembra che, rispetto alla cardinalità, esista un
solo tipo di infinito.
Che delusione: tanti sforzi per catturare un concetto nel
quale sembrano confondersi, in un’informe poltiglia, tutti gli
insiemi infiniti fino ad allora studiati?
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Le sorprese, però, quando ci s’impegna con
l’infinito, non finiscono mai. Che ne sarà
dell’infinità dei numeri reali (quelli
utilizzati nell’analisi matematica)? Georg
Cantor, nel 1891, dimostra con un metodo
molto ingegnoso e ricco di conseguenze per
la ricerca matematica, la non numerabilità
dell’insieme dei numeri reali, il che vuol
www-history.mcs.st-
dire che i numeri reali sono di un’infinità and.ac.uk/
maggiore dei numeri naturali …
La ricerca, che sembrava finita e chiusa, si riapre
spalancando, come spesso accade, territori inesplorati.
Il grande matematico David Hilbert, commentando le
ricerche di Cantor disse “nessuno riuscirà mai ad cacciarci
dal paradiso che Cantor ha creato per noi …” che si tratti di
paradiso o inferno, la classe IIC condivide.
[Cfr: http://matematica-old.unibocconi.it/infinito/ infinito03.htm]