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Riassunti Diritto dell’Informazione e della Comunicazione

Capitolo Primo – Costituzione e Informazione

1. L’ARTICOLO 21
Nel quadro costituzionale del diritto dell’info e della comun. è fondamentale l’articolo 21,
che garantisce la libertà di espressione come diritto inviolabile dell’uomo, inteso sia come
singolo che nelle formazioni sociali cui appartiene.
Ci sono alcune questioni discusse da molto tempo:

-se il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero comprenda il diritto a


farlo con ogni mezzo possibile:
la dottrina più autorevole sostiene che la protezione della libertà di pensiero comprende
non solo il diritto in sé ma anche gli strumenti necessari per esercitarlo.
La corte costituzionale concorda negando ogni distinzione tra manifestazione e
divulgazione del pensiero.
Al legislatore ordinario non è permesso limitare questo diritto, ma soltanto di disciplinare
modalità d’uso e proprietà dei mezzi di comunicazione.
Per quanto riguarda la proprietà, questa non può influenzare la garanzia costituzionale
della libertà di pensiero: piuttosto una minaccia di questa garanzia è una legislazione
assente o imperfetta.
Bisogna cmq distinguere tra i singoli mezzi di diffusione, poiché in alcuni casi non è
possibile separare gli aspetti sostanziali della libertà di espressione da quelli funzionali
mezzi di tele-radiodiffusione: secondo la corte costituzionale la disciplina legislativa di
settore deve regolamentare in senso pluralistico la proprietà di tali mezzi, coniugando:
-pluralismo interno: la libertà di utilizzazione dello strumento radio-tv in condizioni di
uguaglianza x tutti i cittadini;
-pluralismo esterno: diversificazione della proprietà dei singoli mezzi di comunicazione
come presupposto per l’effettivo esercizio della libertà di pensiero.

-se l’articolo 21 costituisca una libertà negativa ed individuale oppure positiva e


funzionale:
l’analisi storica porta all’idea di libertà negativa, nel senso di una libertà dell’individuo dal
potere centrale dello stato, di protezione di una sfera personale di diritti del cittadino.
Questa è la concezione sostenuta dall’articolo 28 dello Statuto Albertino, concesso da
Re Carlo Alberto al regno di Piemonte e Sardegna nel 1848, e diventato poi la prima forma
di Costituzione Italiana dopo l’unificazione del 1860.
L’articolo 28 faceva riferimento solo alla libertà di espressione tramite la stampa, mentre
l’art.21 dà una definizione più ampia.
Nell’articolo 28 era esplicito l’intervento del legislatore nel caso di abusi della stampa,
mentre nell’art.21 è implicito nel limite del buon costume.
Se consideriamo, invece della singola legge, tutto l’insieme di norme che regolano le
libertà civili, sociali, religiose e politiche del cittadino, troviamo la loro giustificazione nei
principi fondamentali della costituzione:
-principio di uguaglianza;
-Italia Repubblica Democratica; (art.1)
-i diritti inviolabili dell’individuo sono riconosciuti anche all’interno delle formazioni
sociali.(art.2)

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Il riferimento alla democraticità si contrappone alla precedente concezione dello Stato di
Diritto, nel senso di una maggiore attenzione non più solo all’individuo, ma anche ai gruppi
sociali in cui opera.
Il legislatore può privare delle garanzie costituzionali le forme di manifestazione del
pensiero che non hanno nessuna utilità sociale.(esempi l’iniziativa economica privata,
libera ma mai in contrasto con l’utilità sociale; la proprietà privata)
La libertà di espressione è quindi soprattutto positiva e funzionale, poiché la democraticità
dello Stato poggia sulla forza della pubblica opinione, che richiede a sua volta la diffusione
di ogni ideologia.

-se la costituzione privilegi alcune libertà di espressione:


(ipotesi sostenuta da una minoranza e senza solide argomentazioni)

ci sono forme di espressione del pensiero che sono tutelate separatamente:


-libertà di confessione religiosa e di culto;
-libertà artistica e scientifica;
-libertà sindacale;
-libertà politica;
L’articolo 21 non differenzia quantità e qualità dei limiti a seconda della materia delle
manifestazioni: per tutte ci si rivolge al doppio limite buon costume / ordine pubblico.
Si differenziano invece gli strumenti del legislatore che ne assicurano il rispetto.
Si può quindi parlare di una diversità di disciplina di esercizio, a volte più invasiva
(cinema), a volte meno o mancante (membri del parlamento, necessaria x autonomia e
indipendenza del parlamento rispetto agli altri poteri).

2. DIRITTO ALLA SEGRETEZZA DELLE PROPRIE OPINIONI E ALLA RISERVATEZZA


Diritto alla segretezza: garanzia che lo Stato non potrà esigere da alcun cittadino
dichiarazioni sulle sue idee e dovrà lasciarlo libero di difendersi dalle sanzioni sociali se
vorrà esprimerle.
Diritto alla riservatezza:garantisce la personalità stessa dell’uomo, individuando e
tutelando una sfera materiale e psichica che non deve essere fatta oggetto di esternazione
e divulgazione, senza l’esplicito consenso dell’interessato.

Una soluzione soddisfacente è stata data dalla legge n.675 del 1996 sul trattamento dei
dati personali.

3. DIRITTO ALL’INFORMAZIONE E ALLA COMUNICAZIONE


La comunicazione, intesa come diffusione delle singole manifestazioni di pensiero, trova
garanzie costituzionali nelle regole che abbiamo discusso finora (soprattutto art.21)
Non possiamo dire altrettanto dell’informazione, che può essere considerata sotto 3 profili:

- diritto ad informare o diritto di cronaca


è libera manifestazione del pensiero su fatti di interesse generale, che viene divulgato
e comunicato tramite i mass media (stampa e tv);

- diritto ad essere informati


considerandolo non come diritto del singolo ma come interesse che ha utilità sociale
per la collettività, il diritto ad essere informati acquista un valore giuridico: la tutela
indiretta da parte dell’articolo 21.

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La corte costituzionale ha affermato nel 1972 che l’interesse all’informazione in regime
di libera democrazia implica pluralità di fonti di info, libero accesso alle fonti, assenza di
ostacoli legali –ingiustificati- alla circolazione delle notizie.
Questi dettami sono stati seguiti parzialmente nel delineare le disposizioni anti-trust
specifiche per stampa e radio-tv.
Sono inoltre stati emessi alcuni precetti per cercare di rendere l’info il più possibile
oggettiva:

a. il limite della verità oggettiva, della pertinenza e della continenza dei fatti:
necessario rispettarli per esercitare diritto di cronaca.
Verità oggettiva: accertare la verità, non tacere fatti collegati che potrebbero
mutare il significato della notizia;
l’informazione che si intende divulgare deve essere pertinente, cioè rispettare
il limite della continenza sostanziale, il quale si intende violato quando il
giornalista indugia su particolari della vita della persona oggetto di notizia, che
aggrediscono l’onore altrui, siano immorali o cmq inutili e superflui nei confronti
della tesi che si vuole sostenere.
I fatti narrati devono rispettare anche il limite della continenza formale:
esposizione serena, pacata e obiettiva.
Non si deve ricorrere al sottinteso sapiente (uso di termini che vengono
fraintesi), accostamenti suggestionanti di altri fatti, tono sdegnato,
drammatizzazione e insinuazioni.

b. Il limite della privacy individuale:


legge 675/1996, articoli 96,97/1941, legge 633 tutelano soprattutto il diritto di
immagine, stabilendo il divieto generale di esporre, riprodurre o commerciare il
ritratto di una persona senza il suo consenso. (che non è richiesto in caso di
notorietà, necessità di giustizia, scopi scientifici, legata a fatti di interesse
pubblico).
La tutela data all’img è stata poi estesa al complesso della vita privata.

c. Il limite del segreto di stato:


ci sono segreti di stato in senso stretto (politici e militari), e notizie riservate che
non possono essere divulgate.
Il divieto alla divulgazione di queste notizie segrete è posto non tanto in
relazione al loro contenuto, ma a scopo cautelativo, per evitare che la raccolta
di questo tipo di notizie porti alla scoperta di veri e propri segreti di stato.
Il codice penale sanziona sia chi procaccia notizie segrete, sia chi le divulga.
A proposito del segreto politico-militare, la sua segretezza è motivata dal
supremo interesse della sicurezza dello stato, e dalla sua reputazione
internazionale.
La tutela del segreto di stato, legge 801, è affidata in esclusiva al Presidente
del Consiglio dei Ministri. Le definizioni di “segreto militare“ e “segreto politico“
vengono unificate in quella di “segreto di stato“  “atti, documenti, notizie e
qualsiasi altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno a beni
essenziali per la vita stessa dello stato (qualsiasi cosa riguardi l’indipendenza
dello stato rispetto agli altri stati, accordi internazionali, difesa, ecc.)“.
C’è il divieto assoluto di segretazione per i fatti eversivi dell’ordine
costituzionale carattere vincolato del potere di segretazione dello stato.

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d. Il limite degli altri segreti considerati dalle legge:

 Segreto d’ufficio:
vieta a quanti rivestono la qualifica di pubblico ufficiale di rivelare notizie
che devono rimanere segrete, o cmq di agevolarne la conoscenza da
parte di terze persone.

 Segreto istruttorio:
vincola i giornalisti, impedendo loro di rendere pubblici gli atti di quella
fase di processo penale che costituisce le indagini preliminari.
È stato ritenuto conforme alla costituzione perché tra i vari limiti opponibili
alla libertà di manifestazione del pensiero c’è anche il limite dell’esigenza
di realizzazione della giustizia.

 Segreto della Camera di Consiglio:


punisce chiunque pubblichi il nome dei giudici con l’indicazione dei voti
individuali che ad essi si attribuiscono nelle deliberazioni di un
procedimento penale.

 Segreto parlamentare:
vieta la pubblicazione del contenuto di quelle discussioni e deliberazioni
che i regolamenti parlamentari qualificano come segrete.

- diritto ad informarsi 
è costituito dal diritto di accesso ai documenti ed agli atti formati o detenuti dalle PA.
Questo diritto ha lo scopo di consentire al singolo individuo di partecipare alla vita
sociale, a differenza di prima, quando l’attività amministrativa era segreta.
Era stata proposta la costituzionalizzazione di questo diritto con l’articolo 21 bis, ma
senza risultato.
Furono create poi due leggi, la 349 del 1986 e la 241 del 1990, che sancivano il diritto
del cittadino di accedere alle informazioni disponibili presso le PA.
Legge 241: il diritto di accesso è un vero e proprio diritto soggettivo, giuridicamente
protetto ed esercitatile da chiunque ne abbia l’interesse.
L’oggetto dell’accesso è il “documento amministrativo”, cioè “ogni rappresentazione
grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del
contenuto degli atti della PA”.

4. DIRITTO DI SATIRA
Innanzitutto la satira è definita come “tutte quelle manifestazioni del pensiero accomunate
dall’intento immediato di suscitare ilarità nei percettori e, contemporaneamente, tra loro
differenziate secondo la specificità dei fini ulteriori perseguiti dall’autore (politica, costume,
commerciale..) e della varietà delle forme espressive utilizzate (articolo, vignetta,
schetch).”
A causa dei suoi contenuti particolari, il diritto di satira non ha gli stessi limiti del diritto di
cronaca e di critica: non valgono i limiti della verità dei fatti e della correttezza espressiva.
La satira non risponde ad esigenze informative, non avendo quindi una tendenza alla
tutela degli interessi collettivi.

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La corte di cassazione ha fissato alcune regole, per evitare quelle condotte offensive e che
ledono l’altrui riservatezza: a satira non deve sfociare in un comportamento diffamatorio,
né insultare gratuitamente, né ledere la reputazione del destinatario;
si individuano quindi due limiti a cui il diritto di satira deve sottostare:

- Un limite interno, che coincide col grado di notorietà del personaggio che ispira la
satira: scegliendo la notorietà si rinuncia ad alcuni aspetti della riservatezza.

- Un limite esterno, che riguarda il contenuto del messaggio satirico, che va valutato
dopo e considerando il mezzo di diffusione utilizzato.

5. I LIMITI ALL’ESERCIZIO DELLA LIBERTA’ DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO

a) Il limite del buon costume


C’è molta confusione sulla definizione di buon costume, non è esplicito quello che
significa.
Nell’ambito dei lavori preparatori dell’attuale costituzione, a molti sembrò che il
concetto di buon costume avesse un’estensione operativa più estesa di quella
riconducibile al comune senso del pudore. In quest’ottica venne stesa una prima
bozza, che poi venne sostituita dall’ultimo comma dell’art. 21.
La giurisprudenza, ha sempre cercato di avvalorare una nozione riduttiva di buon
costume, legandolo al concetto di pudore sessuale e di decenza.
La definizione di buon costume, quindi, è quella penalistica che riguarda la sfera della
morale sessuale e si fonda sul criterio dell’oscenità, che deve essere rintracciato in
ogni caso concreto in funzione del contesto e delle modalità.
Il limite in questione è rafforzato nei confronti delle manifestazioni del pensiero rivolte ai
minori, in quanto la loro educazione è affidata non soltanto alla famiglia, am anche allo
stato.
Secondo la dottrina dominante non è invece soggetta al limite del buon costume
l’opera d’arte o di scienza: queste opere possono essere considerate oscene solo se
per motivo diverso dallo studio, esse vengono offerte a un minore.
Prevale comunque la tesi che “l’osceno non è mai arte”.
Rende perplessi la conclusione che deve escludersi la punibilità dell’autore quando il
soggetto, pur essendo consapevole dell’oscenità, ritiene tuttavia di creare un’opera
d’arte.

b) Il limite dell’ordine pubblico


Dottrina e Corte Costituzionale sono divise sulla definizione di questo limite.
La dottrina nega che l’ordine pubblico costituisca interesse costituzionalmente
rilevante, tant’è che il termine non viene mai usato.
La Corte Costituzionale invece, afferma che l’ordine pubblico costituisce un limite
applicabile a tutte le situazioni giuridiche di libertà tutelate dalla Cost. , e che la sua
nozione debba ritenersi comprensiva, oltre alle condizioni che danno luogo ad una
pacifica convivenza, del complesso dei principi e dei valori ideali che caratterizzano
l’intero ordinamento giuridico.
Sostiene la tesi della Corte Cost. la Cassazione, secondo cui le libertà di pensiero, il
diritto di cronaca e quello di critica non sono assoluti, ma devono proteggere altri beni
costituzionalmente tutelati, per prevenire o far cessare i turbamenti della sicurezza
pubblica.

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Capitolo Secondo – L’informazione a mezzo stampa

1. LA DISCIPLINA GIURIDICA SULLA STAMPA

Fine 1800- inizio 1900


La prima fase dell’evoluzione di questo ambito consiste in un processo di liberalizzazione
generale della stampa rispetto ai periodi dello stato assoluto.
I tre aspetti principali:
- principio di equivalenza tra la garanzia della libertà di manifestazione del pensiero e la
libertà di stampa;
- ampia libertà al legislatore riguardo all’individuazione di limiti penali alla lib. di stampa;
- l’assenza di percezioni e valutazioni nei confronti dei profili più complessi dell’attività di
stampa;
Questi 3 aspetti emergono dalla lettura dell’editto sulla stampa (1848) emanato da Re
Carlo Alberto in attuazione dell’articolo 28 dello statuto albertino.
La scelta liberale si traduce in un regime giuridico basato sull’assenza di autorizzazioni e
censura, limitazione della pubblicità.
C’erano tuttavia molti divieti, come il divieto di critiche a governo e monarchia, diritto di
proprietà, la santità del giuramento, divieto di apologia di fatti criminosi, ecc.

Primi del 1900 (1° GM)


Il sistema esistente viene interessato, in coincidenza con la prima guerra mondiale, da un
ritorno al regime di limitazione della libertà di stampa.
Questo è anche un periodo in cui l’influenza della stampa sull’opinione pubblica si fa più
forte, anche perché c’è più gente che sa leggere. A causa dell’ampliamento del pubblico ci
fu un forte incremento della tiratura di stampa e di conseguenza un necessario processo di
riorganizzazione in senso aziendale delle imprese editoriali: questo processo sfocia nel
collegamento delle imprese editoriali con i grandi gruppi finanziari o industriali, di cui
diventano diretta espressione.

Fascismo
La progressiva realizzazione di un sofisticato sistema di controlli amministrativi avvenne
per mezzo di un impianto normativo così complesso che non verrà sostituito per più di un
decennio.
Principali interventi:
- trasferimento all’autorità di pubblica sicurezza delle competenze che riguardano il
sequestro, e attribuzione al prefetto dell’autorità di diffidare e revocare il
responsabile della stampa;
- il responsabile (gerente) ha responsabilità oggettiva per i periodici e concorrente
all’autore per i non-periodici.
- 1926: viene creato l’Ordine dei Giornalisti e nel 1928 il relativo albo; l’iscrizione è
subordinata ad autorizzazione del prefetto.
- La composizione politica della costituente, richiedendo una continua mediazione tra
le diverse parti politiche, impedì che il dibattito desse esiti innovativi, da qui alcune
carenze dell’art. 21 (es. la mancata distinzione tra libertà di manifestazione del
pensiero e diritto all’informazione);

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2. Legge 47, legge 416, legge 62, garante, aiuti economici, anti-trust

1948, legge 47 (Legge sulla stampa)


Principali contenuti:

• L’esercizio del diritto di stampa non è più soggetto ad autorizzazione, ma soltanto


alla registrazione degli stampati;
• Viene istituita una tutela penale delle attività di stampa, diffusione e vendita dei
giornali;
• Viene costituito il diritto alla rettifica per le persone oggetto della cronaca(dal 1975
valido anche per radio e tv):
il diritto alla rettifica è uno strumento di tutela del diritto della personalità, e allo
stesso tempo un mezzo di partecipazione all’attività di informazione. C’è l’obbligo
per il direttore responsabile del quotidiano di far inserire gratuitamente le rettifiche
dei soggetti cui sia stato fatto un torto.
Titolari del diritto di rettifica non sono più le persone ma i soggetti, quindi anche le
associazioni, i comitati, ecc.
Oggetti di rettifica non sono più solo atti, pensieri, affermazioni, ma anche le
immagini.
Sono ritenute rettificabili non solo le affermazioni contrarie a verità, ma anche quelle
considerate lesive della propria dignità.
C’è poi il caso della diffamazione “offesa all’altrui reputazione, aggravata nel
caso di attribuzione di un fatto determinato, commessa comunicando con più
persone oppure con il mezzo della stampa o altri”.
• Speciale tutela contro le pubblicazioni a carattere raccapricciante o impressionante,
che potrebbero turbare i minori.
• Tutela per alcuni valori particolari garantiti dalla costituzione, es. la famiglia.
• 1963: viene istituito l’Albo dei Giornalisti e emanata la nuova disciplina
dell’Ordine, in sostituzione di quella fascista.

Seconda metà anni ’70 – prima metà anni ‘80


Ci si è occupati della legislazione anti–trust e della realizzazione di un sistema di incentivi.
Legge 416/1981 vuole garantire completa trasparenza del settore editoriale, il rispetto
delle disposizioni antimonopolistiche, le creazione di un sistema di finanziamenti per
aiutare la stampa più debole.
Ma questi obiettivi sono stati raggiunti solo parzialmente a causa dei numerosi ostacoli,
come il ritardo con cui il legislatore intervenne nei confronti degli altri paesi,le situazioni di
fatto già consolidate, la presenza di grandi gruppi economico-finanziari nella proprietà dei
gruppi editoriali…
Questa legge è innovativa perché
-è un provvedimento organico, che prende in esame tutte le attività professionali legate a
quel mondo.
-Per l’originalità delle scelte per la trasparenza.
-Per aver istituito un garante per l’attuazione della legge, un organismo autonomo
incaricato di riferire in Parlamento riguardo ai problemi dell’editoria.
Il garante è un organo di regolazione del settore e di garanzia del rispetto dei limiti
antimonopolistici (per questo compito è affiancato dall’autorità giudiziaria).

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Sistema anti-trust:
-viene istituito il Registro Nazionale della stampa al quale sono obbligate ad iscriversi
tutte le imprese editrici di quotidiani;
-all’iscrizione al registro si aggiunge l’obbligo di deposito dei bilanci aziendali.
Il controllo del registro e dei bilanci è affidato inizialmente al Dipartimento per la
Radiodiffusione e l’editoria, nel 1990 al Garante (che nel 1990 grazie alla Legge Mammì
-223- acquista il vero e proprio ruolo di autorità di regolazione del settore, con poteri di
repressione e sanzione. Completa estromissione del governo dall’esercizio delle funzioni
amministrative in materia di stampa).
-allo scopo di consentire la riconoscibilità dell’indirizzo dell’impresa editoriale, diventa
obbligatoria l’identificazione personale di coloro che controllano l’impresa.
-per garantire l’assenza di influenze politiche dall’informazione stampata, è sancito il
divieto, per gli enti pubblici, le società a prevalente partecipazione statale e quelle da loro
controllate di possedere aziende editoriali che non siano strettamente tecniche sull’attività
dell’ente.
Possono le cooperative di giornalisti e i consorzi di coop giornalisti+coop non giornalisti.

La legge 416 ha lo scopo preciso di salvaguardare il pluralismo (esterno), per questo


fissa dei limiti alla concentrazione della proprietà e predispone interventi economici per far
diffondere anche i gruppi minori e la stampa locale (ampliando la cerchia degli aventi
diritto).
A differenza della disciplina generale anti-trust, non è una legge a tutela del mercato e
della libera concorrenza.
La nozione di posizione dominante –il cui superamento costituisce un abuso punito
dall’autorità giudiziaria ordinaria- si riferisce a chi, attraverso dati di cessione, affitto,
gestione, diventa editore o cmq controlli società che editano testate quotidiane che
superano il 20% della tiratura complessiva dei quotidiani sul territorio nazionale, oppure il
50% a livello regionale e interregionale.
La legge Mammì introdurrà nel 1990 nuovi limiti per quanto riguarda i processi di
concentrazione incrociata stampa-radiotv.
Anche il sistema di sostegno economico è volto al pluralismo, e prima della legge 416
era limitato all’integrazione del prezzo della carta, limitate agevolazioni fiscali, riduzioni
tariffarie.
Dopo invece vengono ridisciplinati i contributi ordinari di tipo diretto (in seguito
verranno ristretti i beneficiari) :
-quotidiani: per ogni copia viene elargita una somma maggiore quanto minore è la tiratura.
-periodici: contributi legati alla quantità di carta utilizzata.

Del tutto rinnovati quelli di tipo indiretto: (in seguito aumentano i fondi e ne beneficiano
anche gli editori di libri) :
-vengono creati due fondi speciali di contribuzione.
-mutui agevolati.
-riduzione tariffe telefono, telegrafiche, postali, trasporti.

Legge 7 marzo 2001, n.62


- Definisce e regolamenta la nozione di “prodotto editoriale”.
“prodotto realizzato su supporto cartaceo o informatico, destinato alla pubblicazione
o alla diffusioni di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico,
radiotvdiffusione, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici”
- Istituisce un Fondo per la promozione del libro e di prodotti ad alto valore culturale.
(Fondo per finanziamenti e Fondo per gli investimenti)

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- Incentivazione pubblicitaria ed economica per la promozione del libro e della lettura.
- Sostegno dei lavoratori delle aziende in crisi nel settore editoriale.

3. Distribuzione e vendita
Quadro italiano caratterizzato dalla scarsa rilevanza di sistemi alternativi al normale punto
vendita.
In quest’ottica è necessario assicurare il rispetto della par condicio tra le testate da parte
dei distributori (che devono garantire la distribuzione a tutte le testate).
Per quanto riguarda i venditori, essi hanno bisogno di un’autorizzazione alla vendita
rilasciata dal comune(tiene conto della densità popolazione e caratteristiche di una zona,
ecc.); l’attività può essere svolta solo a livello familiare, parità di trattamento a tutte le
testate.
Legge 108 del 1999 sperimenta la distribuzione dei giornali in rivendite di generi di
monopolio, bar e distributori di benzina con una certa superficie per vedere se le vendite si
dividono o aumentano.
Il più grande problema del sistema è considerato la strozzatura del processo di
distribuzione, causa secondo i più della scarsa vendita rispetto agli altri paesi europei.

4. La professione di giornalista
L’attività giornalistica è stata per la prima volta vista come professione nel 1925, dopo la
legge che aveva costituito l’Ordine dei Giornalisti.
C’era il fascismo, e la gestione degli albi fu attribuita al sindacato unico fascista dei
giornalisti, che con una legge successiva ottenne forti poteri di controllo ideologico sulla
composizione dell’albo. Nel ’44 la gestione passò ad una commissione nominata dal
ministro di grazia e giustizia, ma per il resto fino al 1963 tutto restò invariato.
L’istituzione di un ordine professionale sembrava necessario x garantire la preparazione,
la serietà e l’integrità morale dei professionisti; e si riteneva che agli organi di gestione
degli albi andasse affidata la tutela sindacale dei lavoratori.

Legge n. 69 del 1963, riforma dell’ordinamento della professione giornalistica


2 caratteristiche fondamentali:
1. obbligo di appartenenza ad uno degli elenchi dell’albo dei giornalisti per chi vuole
esercitare stabilmente la professione di giornalista (altrimenti sanzioni penali);
l’albo viene formato attraverso diversi elenchi che qualificano differenti figure di
giornalisti: g.professionisti, pubblicisti, praticanti, stranieri, ecc..
Giornalista professionista è colui che esercita la professione con carattere di
continuità ed esclusivamente x un datore di lavoro; il pubblicista manca del requisito
dell’esclusività, ma rimane il principio della non-occasionalità, che distingue il
giornalista da chi pratica la professione saltuariamente e non ha bisogno di
iscriversi all’albo.
2. il tipo di modello organizzatorio scelto per l’istituzione dell’Ordine dei giornalisti:
l’ordine infatti rappresenta solo professionisti e pubblicisti, ma è titolare di poteri in
materia di gestione dell’albo e di disciplina anche rispetto alle altre categorie.

Ci sono forti perplessità circa la compatibilità dell’ordine dei giornalisti con la libertà di
manifestazione del pensiero.
Il primo aspetto della discussione è che le qualifiche professionali previste dalla legge
sono formalmente molto rigide ma spesso c’è un’analogia delle mansioni.

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Inoltre la legge non definisce esplicitamente l’oggetto di questa professione, e non esiste
neanche uno specifico percorso formativo che ne dia il titolo.
La disciplina del praticantato è inoltre molto carente, poiché per poter sostenere la prova
di idoneità di giornalista professionista è obbligatorio aver passato un periodo di tempo nel
mondo del lavoro. Ma l’ammissione a quest’ultimo è del tutto arbitraria, perché il datore di
lavoro non sceglie in base a criteri precisi.
Altro contrasto sulla contrapposizione tra la definizione di libera professione e la
condizione giuridica di lavoratore subordinato la supremazia gerarchica del capo vincola
l’attività intellettuale e quindi la manifestazione del pensiero.

A proposito invece della libertà di coscienza del giornalista, c’è stato un rafforzamento
della clausola di coscienza ovvero il diritto del giornalista di lasciare il posto di lavoro ma
mantenendo il trattamento di fine rapporto e senza necessità di preavviso,nel caso di un
sostanziale cambiamento nell’indirizzo politico del giornale.
Sempre nella stessa ottica ci sono degli obblighi per l’editore e il direttore responsabile
(esplicitare programma politico, far partecipare sindacato alla formulazione delle politiche
aziendali.. ).

Per quanto riguarda diritti e doveri del giornalista, bisogna aggiungere:


il segreto professionale del giornalista, disciplinato in generale dalla legge 622 che
tutela la segretezza nei rapporti tra un professionista ed il suo cliente. Un giornalista può
pubblicare informazioni ricevute da persone che non vogliono che la loro identità sia
rivelata.
C’è il diritto di astenersi dal deporre relativamente ai fornitori delle notizie. Tuttavia se le
prove sono indispensabili alla prova del reato il giudice può obbligare il giornalista a
indicare le fonti.

Il Codice di Deontologia Professionale, previsto dalla legge 675 sulla privacy, nato x la
prima volta nel 1998.
In sostanza il codice ribadisce la specificità della professione giornalistica, che è protetta
dall’ art. 21 comma 1 e 2 della Costituzione e quindi costituisce esercizio della libera
manifestazione del pensiero, e non è assoggettabile a controllo preventivo come
l’autorizzazione e la censura.
Per quanto riguarda gli obblighi da osservare durante la raccolta dei dati personali, il
giornalista deve rendere nota la propria professione ed identità, e lo scopo della raccolta.
Deve inoltre evitare pressione psicologica o simili.
Se la redazione ha DB deve pubblicizzarle insieme al nome del responsabile del
trattamento.
Il giornalista può trattare dati sensibili purché siano fondamentali ai fini della completezza
dell’info.
Per i minori coinvolti in fatti di cronaca, ai giornalisti è vietato rivelarne il nome o altri
elementi che li facciano identificare. In questo specifico caso il diritto alla riservatezza
prevale su quello di cronaca.
Dipende dal consenso dell’interessato la pubblicazione o meno di fotografie in stato di
detenzione o con le manette ai polsi.

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Capitolo Terzo – L’informazione Teatrale e cinematografica

1. Il sistema dei controlli preventivi

Teatro
Lo Statuto Albertino del 1848 nell’articolo 28 si occupava solo della libertà di
manifestazione del pensiero a mezzo stampa, non considerando le altre forme di libertà di
espressione.
Per questo motivo il legislatore ordinario fu molto più severo nei confronti delle altre
discipline, come il teatro e in seguito il cinematografo.
Innanzitutto c’era la legge di pubblica sicurezza del 1859, che assoggettava tutte le attività
di pubblico intrattenimento ad una licenza di polizia. Non erano stati stabiliti però dei criteri
precisi per assegnare o meno questa licenza, quindi era tutto a discrezione dell’autorità di
pubblica sicurezza.
Nel 1865 oltre alla licenza, per i soli spettacoli teatrali venne aggiunto l’obbligo di
un’autorizzazione prefettizia, che era rilasciata previo accertamento del rispetto della
moralità, dell’ordine pubblico, ecc.
Era consentito anche vietare lo svolgimento di rappresentazioni già autorizzate e
sospenderle durante lo svolgimento.
Viene introdotta però anche una garanzia per i soggetti interessati: la negazione delle
autorizzazioni doveva essere motivata, e contro questa motivazione si poteva fare ricorso.

Nel periodo fascista abbiamo il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u. della
P.S.), che mantengono le disposizioni autorizzatorie precedenti. Vengono però
reinterpretati i criteri del rispetto ordine pubblico, moralità ecc. (es. non si può parlare male
del governo, del papa, delle leggi, incitare a illegalità e vizi..).
Nel 1935 si istituì l’Ispettorato per il Teatro .

Cinema
Per quanto riguarda il settore della cinematografia, esso viene per la prima volta
disciplinato nel 1926 con il t.u. della P.S.
Fu introdotta una triplice autorizzazione: sui soggetti che esercitavano attività
cinematografica, sui gestori dei locali, sui locali stessi.
Le autorizzazioni venivano rilasciate in base a criteri tecnici (professionalità, caratt. dei
locali) e criteri personali (morale): la competenza era del Ministro degli Interni.
C’era inoltre l’obbligo per i produttori di pellicole o di spettacoli teatrali di registrarsi
all’autorità locale di PS.

Alla fine del periodo fascista, nel 1945, un decreto legislativo abrogò gran parte del
sistema fondato sulle autorizzazioni, tranne il compito di vigilanza delle autorità di polizia,
che mantiene il potere di far osservare il divieto di tenere rappresentazioni che possono
turbare l’ordine pubblico o contrari alla morale.
Resta in vigore anche l’obbligo di licenza di polizia per le manifestazioni in luogo pubblico
teatrali o cinematografiche: i criteri seguiti per dare queste licenze sono però solo riguardo
all’agibilità dei locali e idoneità dei luoghi.

2. L’istituto per la revisione degli spettacoli teatrali e pellicole cinematografiche


Durante la legislazione fascista nacque questo istituto -che vige ancora oggi- , con lo
scopo di effettuare un controllo preventivo sui contenuti delle manifestazioni in funzione
del rispetto del limite del buon costume.

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Nel ’31 il potere di concedere o negare il nulla osta (che può essere revocato in ogni
momento) era affidato al Ministro della Cultura Popolare, affiancato da una commissione
di consulenti (madre, colonie, fascista, magistrato).
Nel ’62 viene eliminato ogni criterio di carattere politico nella valutazione x il nulla osta,
l’unico criterio è il buon costume.
Per il teatro la revisione è obbligatoria solo per le riviste e le commedie musicali, per tutti
gli altri spettacoli basta che il gestore della sala ne vieti la visione ai minori di 18 anni.
Le competenze per la revisione di film e teatro furono attribuite:
nel 1993 al Garante dell’Editoria e Radiodiffusione
nel 1995 al Presidente del Consiglio
nel 1998 al Ministero per i Beni e le Attività Culturali
inoltre il procedimento di revisione oggi rimane solo per le opere cinematografiche.
C’è un dibattito sulla c.d. “censura cinematografica”, tra chi vorrebbe togliere ogni controllo
e chi lo vuole mantenere.
Indicativo di una tendenza è il disegno di legge del 1998 dell’On. Veltroni (allora
ministro beni e attività culturali), oggi decaduto per fine legislatura:
il d.l. modificava radicalmente le disposizioni x la revisione , e allo scopo di uniformare la
disciplina italiana con quella europea, la tutela in via amministrativa del buon costume
viene mantenuta esclusivamente nei confronti degli adolescenti (si può vietare agli under
18 ma non a tutti).
Viene affermata una nozione di buon costume non limitata alla sfera sessuale.
Inoltre non è sufficiente una punibilità soltanto penale dei reati di oltraggio al buon
costume, è necessaria anche la coscienza e la volontà di delinquere. Senza di esse non
esiste il reato, ma tuttavia circolano pellicole oltraggiose.

3. Le azioni di promozione culturale e di sostegno economico


Si ha un grande incremento di queste attività a partire dal fascismo, le principali
innovazioni del ventennio fascista.
Teatro:
- ispettorato del teatro (1934), destinato a confluire nella divisione generale x il teatro
c/o il Ministero della Cultura popolare, con lo specifico compito di svolgere azioni di
sostegno economico alle imprese ;
- vengono attivate forme agevolate di credito x mutui x edilizia teatrale;
- nel ’37 crea l’Ente Italiano Scambi Teatrali (EIST) per promuovere il teatro
drammatico, e l’Accademia di Arte Drammatica per potenziarlo;
- Dal ’42 Ente Teatrale Italiano (ETI), con lo scopo di ampliare il numero delle sale
teatrali e gestirle;
- Istituzione degli Enti Lirici, strumenti di azione dei comuni nel campo culturale.

Cinema:
- 1927: introduzione dell’Istituto della Programmazione Obbligatoria, e tutta una serie
di iniziative economiche (contributi e premi alla produzione);
- Forme di credito agevolato e anticipi sulle spese di produzione;
- Ai gestori delle sale cinema veniva imposto di riservare una quota delle giornate di
proiezione alla visione di produzioni italiane;
- Creazione dell’Istituto Luce, compiti propagandistici, e del Centro Sperimentale per
la Cinematografia con compiti di formazione culturale e professionale (// Accademia
Arte drammatica);

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Il presente

Promozione
Legge n.6 del 2001, che ha disposto la trasformazione obbligatoria da enti pubblici a
fondazioni di diritto privato degli enti definiti di interesse nazionale nel settore della musica.
Nuovi enti come il circuito dei Teatri Stabili e l’Ente Autonomo di Gestione per il Cinema,
che ha il compito di fornire una produzione nazionale di qualità artistica e culturale.
All’interno di questo ente operano l’Istituto Luce, Cinecittà e Italnoleggio.

Sostegno economico
1965 programmazione obbligatoria: per almeno 25 gg a trimestre devono essere proiettati
film con determinate caratteristiche nazionalità italiana di autore, regista, attori; esterni
girati qui; idoneità tecnica e artistica;
Questo dà accesso a mutui, contributi, premi qualità, esenzioni e abbuoni;

1994 legge 53
regola i rapporti tra cinema e TV no passaggio in tv di film prima di 2 anni, nel caso di
co-produzioni con tv criptate 1 anno; tv deve dare quota di programmazione a prod.
nazionali.
istituisce registro SIAE,
rende facoltativa la programmazione obbligatoria,
disciplina anti trust legge 287 del 1990, posizione dominante maggiore del 25%

Decreto legislativo 28, 2004 (riforma della disciplina in materia di attività


cinematografiche)
Dà nuove definizioni normative di film, lungometraggio, ecc..

Creazione nuovo organo, Consulta territoriale per le attività cinematografiche.

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