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tentativo
Eleonora Pantò lavora per CSP e si occupa di progetti di innovazione tecnologica legati
all'apprendimento e ai social media, applicati al mondo della scuola (Dschola TV) e al territorio
(OrsoTV, iCity). Nell'informatica dal 1981, ha progettato e realizzato le prime versioni dei web
della pubblica amministrazione piemontese. Per Apogeo ha scritto Internet per la Didattica e
collaborato a gens electrica. Collabora alla redazione italiana di Global Voices Online.
L’idea visionaria
Secondo Internet World Stats (1) a fine 2008 la popolazione mondiale si attesta
intorno a 6 miliardi e 676 milioni (6,676,120,288) di cui solo 1 miliardo e 463
milioni (1,463,632,361) di persone accede a Internet; esiste poi un forte
squilibrio sulla distribuzione di coloro che accedono ad Internet: la popolazione
africana è di poco superiore a quella europea (955 milioni contro 800), ma c’è
un larghissimo scarto per quanto riguarda l’utilizzo di Internet: 5% contro 48%.
Nel 2001 fu prodotto il primo Simputer, un palmare spartano che il New York
Times considerò l’invenzione informtica più importante per quell’anno, davanti
a Windows XP e all’Apple G4 (3). Il Simputer non ha mai avuto diffusione al di
fuori dal mercato indiano e forse per questa ragione, quando nella primavera
2005 Nicholas Negroponte lanciò la sua idea di un PC che costasse 100 dollari,
pochi se ne ricordarono.
La progettazione e la realizzazione
Negroponte dedicò tutto il 2005 a pubblicizzare il suo laptop a basso costo, che
avrebbe reso la conoscenza accessibile anche agli “ultimi” permettendone così
il riscatto. Le obiezioni alla Clifford Stoll (8), sul fatto che occorresse soddisfare
bisogni primari venivano facilmente respinte argomentando che si forniva
l’educazione e non un PC.
[..] “In certe zone del mondo che non citerò, quasi un terzo degli
insegnanti non si presenta mai a scuola. E una parte di essi si presenta in
stato di ebbrezza. Così davvero, se si cerca di incidere sull’educazione,
non è sufficiente formare insegnanti e costruire scuole. Per ottenere
questo risultato, serviranno i prossimi 30 anni e sarà un processo lungo e
lento. In questo senso, l’unica alternativa è agire sui bambini e questo è
esattamente quello che fa One Laptop per Child. E’ il modo per dare a un
bambino l’opportunità di avere un ruolo maggiore nel proprio
apprendimento”. [traduzione dell’autrice]. (11)
Il disastro di OLPC ci offre molte lezioni. Una delle più importanti è che, al
di là delle buone intenzioni, tecnologia, progettazione e innovazione non
sono sufficienti a risolvere i problemi se ingnorano cultura locale e storia.
Il laptop XO per i bambini più poveri del mondo è stato respinto in India,
Cina e Nigeria come un’ulteriore forma di colonialismo occidentale. E lo
è. [traduzione dell’autrice]. (13)
L’interfaccia estremamente innovativa, penalizza l’XO a favore dei nuovi
ultraportatili che cominciano a essere distribuiti sul mercato e che hanno un
approccio tradizionale.
OLPC/XO non si può confrontare con altri PC solo in base al peso e al costo, o ai
tempi di risposta, perché dietro l’OLPC ci sono considerazioni sia di carattere
ambientale (protezione da sabbia, acqua, urti, consumo ridotto) sia legate a
quelli che sono considerati i naturali destinatari dell’oggetto, ovvero i bambini.
L’innovazione di valore
Il libro “Strategia oceano blu. Vincere senza competere” (15) sostiene che per
le aziende è più redditizio trovare nuovi mercati, dove non esistono squali che
rendono “rosso” l’oceano: invece di segmentare la clientela occorre cercare
punti in comune tra tutti i clienti, come base per creare una domanda di massa
e ingenti profitti. Leggendo questo libro, mi ero chiesta come sarebbe stato
possibile inventare prodotti/servizi per un cliente che non esiste ancora
(sarebbe più corretto dire “di cui nessuno ha intercettato i bisogni”) basandosi
sulla cosiddetta “innovazione di valore” anziché sull’innovazione tecnologica,
ovvero su un costo che il “non cliente” sarebbe disposto a sostenere per avere
un prodotto/servizio.
La crisi
A gennaio 2009 OLPC/XO non ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato: la
seconda fase della campagna “Get 1 Give1” ha venduto circa 500.000 pezzi,
nonostante rispetto alla prima fase abbia potuto contare sul migliore
distributore a livello mondiale, cioè Amazon. La crisi economica e finanziaria ha
costretto la fondazione a dimezzare il personale, tanto che qualcuno ha
modificato lo slogan in “Keep One, Fire One” (uno lo tieni, uno lo licenzi).
Riferimenti e Note
OLPC – TV - http://olpc.tv/