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La Battaglia delle Ceneri (14 febbraio 1945)

Articolo di Carlo Alfredo Clerici e Enrico E. Clerici, pubblicato in Bollettino


della Società Pavese di Storia Patria, 1998, anno XCVIII, 391-398.

Se percorriamo la strada che collega la Val Versa con la Val


Tidone, partendo da Volpara per immetterci, dopo Torre Gandini, nella statale
412 del Penice, giunti al bivio per Canova - Moncasacco scorgiamo un
"modesto" cippo [1] costruito per ricordare che in quella località, detta “Bacà”
[2], il 14 febbraio 1945 si combatté, tra partigiani e forze italo - germaniche, la
battaglia delle Ceneri. Lo scontro prese questo nome perché si svolse il primo
giorno di Quaresima, quando i sacerdoti della Chiesa Cattolica impongono ai
fedeli, come segno di penitenza, un po' di cenere sul capo.
La notte fra il 22 e il 23 novembre 1944 i tedeschi organizzarono
con uomini della 162a divisione Turckestan [3] e con formazioni dell'esercito
della Repubblica Sociale Italiana un grande rastrellamento in Oltrepò [4]. La
divisione Turckestan aveva ampie dotazioni di armi automatiche e di artiglierie
di supporto [5] e le sue truppe avevano fama, presso la popolazione civile, di
estrema ferocia. Conquistata Pometo e il Carmine le truppe tedesche e della
R.S.I. puntarono verso il Pavese montano e la Val Tidone. Il rastrellamento durò

1
Gli autori vorrebbero costituire un comitato perchè sul luogo della battaglia sia
edificato un più significativo e durevole ricordo.
2
Bacà in dialetto pavese vuol dire “legnata”.
3
Grande unità di fanteria dell’Esercito Tedesco, composta in gran parte da
truppe turcomanne ed impiegata in Italia in compiti antiguerriglia. I suoi
componenti erano spesso impropriamente chiamati “mongoli”.
4
Ugo Scagni, Guerriglia partigiana e popolazione in un settore dell’Oltrepò
Pavese, a cura dei Corsi Serali di Stradella ANPI. Cap. IV "Il grande
rastrellamento invernale", pagg.77 - 82.
5
Pietro Chiappini, Se io muoio d partigiano (La resistenza nelle valli Trebbia,
Tidone e Lauretta), Editore Costa e Conca, 2° edizione (Borgonuovo Val
Tidone), pag 183.

1
fino a tutto dicembre costringendo i partigiani a ritirarsi in luoghi più sicuri o a
tornare alle loro case.
Dal gennaio 1945, allentatasi la morsa della divisione Turckestan,
i partigiani rioccuparono l'alta Val Versa con tre brigate (Milazzo, Togni,
Matteotti).
La brigata GL Milazzo - Deniri [6], comandata dal tenente Guido
[7], aveva inizialmente il comando a Cascina Rossarola [8] poi da metà gennaio
del 1945 fu portato a Costa Calatroni.
La brigata Togni formatasi il 10 gennaio 1945 presidiava la Valle
Ghiaia e il costone che dal castello di Montù Berchielli arriva alla chiesa di
Canevino. L’8 febbraio 1945 la brigata occupò Pometo.
La brigata Matteotti [9] nel novembre 1944, sotto la pressione
della divisione tedesca Turckestan, era stata costretta a rifugiarsi sulle montagne
dell'Alta Val Curone. Verso Natale i partigiani della Matteotti rientrarono alla
spicciolata in Oltrepò e stabilirono di riorganizzarsi nel piccolo paese di
Moncasacco. Fusco comandava la brigata [10]. Egli stesso ha scritto [11]:

Il motivo per cui scegliemmo Moncasacco per porvi il comando è


essenzialmente per la sua posizione, allora più difficile di adesso da
raggiungere. Si lasciavano le strade innevate sì da rendere difficoltoso il
traffico di mezzi a motore; difendibile, per quanto lo potevano difendere;
abbastanza defilato, per vederlo bisognava entrarci ma soprattutto perché
offriva varie possibilità di ritirata in particolare per la vicinanza al

6
Lettera di Cesare Pozzi (il comandante Fusco) in Archivio dei Conti Clerici
(d’ora in poi A. d. C.C.) a Moncasacco.
7
Guido era il nome di battaglia di Guido Dassori.
8
Cascina Rossarola,in territorio del comune di Ruino, era ed è conosciuta anche
come Sarola o Sirola.
9
Notizie ricavate da lettera del 12 settembre 1993 di Cesare Pozzi in A.d.C.C..
10
Al secolo Cesare Pozzi. Il commissario politico era Piro.
11
Lettera di Cesare Pozzi del 25 settembre 1993 in A.d.C.C..

2
piacentino. Tra le forze avversarie pavesi e piacentine, non esisteva quel
collegamento atto a produrre unità nelle operazioni. Sul piacentino si stava
meglio, non vi era la Sicherheits (la SS italiana) [12].
La brigata Matteotti al 14 febbraio contava una quarantina di uomini
dislocati fra Moncasacco e Canova.
A quella data, 14/2, l'armamento consisteva in una mitraglia tedesca
Machine Ghaver [13], formidabile per il volume di fuoco ed era un tedesco
che la usava, molto bene, il resto, fucili e Sten americani [14], nonchè un
congruo numero di bombe a mano.

Nel febbraio 1945 i Comandi provinciali delle brigate nere di Piacenza e di


Pavia, in collaborazione con i tedeschi, prepararono un piano per snidare i
partigiani e così avere la possibilità di approvvigionarsi presso i contadini dei
paesi posti in altura.
Nei giorni precedenti [15] il sergente dell'esercito tedesco Muller (un sudafricano
che si chiamava Werner Schlueter) accompagnato da un altro sudafricano [16] si
faceva chiamare Umberto e che militava con la banda partigiana che operava a
Zavattarello, fece un sopralluogo nella zona partigiana posta intorno all'asse

12
Sicherheits - Abteilung era un corpo di polizia italiana costituita nella
primavera del 1944 per operare in Oltrepò, agli ordini tedeschi, nella lotta contro
i partigiani. Ebbero il comando il colonnello Alfieri e poi il colonnello Felice
Fiorentini. Ebbe sede prima a Voghera, poi a Varzi e infine a Broni.
13
Si trattava probabilmente di una mitragliatrice (in tedesco correttamente
Maschinengewer), modello MG-34 o MG-42, in calibro 7,92 e capace di una
cadenza di tiro massima ripettivamente di 900 e 1200 colpi al minuto. Si trattava
di un’arma assai efficiente, in dotazione all’esercito tedesco durante il secondo
conflitto mondiale.
14
Lo Sten era in realtà una pistola mitragliatrice di fabbricazione britannica in
calibro 9 mm Parabellum.
15
Fusco, Un mazzo di fiori per il capitano Hoffmann, articolo in Popolo
dell'Oltrepo del 23 febbraio 1997.
16
Questi sudafricani erano cittadini tedeschi nati in ex - colonie del 2°
Reich.

3
Vicobarone - Moncasacco. I due osservatori avvicinarono i partigiani e le
popolazioni che si trovavano nelle località di Pizzofreddo, Casa Bertini,
Campasso, Casa Calatroni, Ortaiolo. Moglio e la stessa Moncasacco. Il piano
nazi - fascista consisteva nella costituzione di due presidi: uno a Nibbiano (Val
Tidone) e l’altro a Santa Maria della Versa. Da queste località i fascisti
dovevano partire per stanare i partigiani e incendiare i loro rifugi [17].
I primi giorni del febbraio 1945 un plotone della 630° compagnia OP della
Guardia Nazionale Repubblicana di stanza a Piacenza, fu inviato a presidiare
Nibbiano, centro della Val Tidone [18]. Lo componevano ventitré militi al
comando del sottotenente Ugo Caruso.
Nella notte fra il 9 e il 10 febbraio il presidio fu attaccato dagli uomini della
brigata Togni e poi della brigata "Crespi". L'assedio durò sette giorni, finché il
17 febbraio un'autocolonna italo - tedesca, giunta da Perino, liberò il presidio.
L’8 febbraio 1945 la Brigata Nera della provincia di Pavia costituì a Santa
Maria della Versa un presidio rafforzato da uomini della Sicherheits e da alcuni
tedeschi specialisti nella guerra antiribelli. Il comando era affidato al capitano
Hoffmann [19], che in realtà si chiamava Luis Ferdinand Bisping, un trentenne
sudafricano che come ufficiale dell'esercito tedesco aveva comandato reparti
turcomanni, che combattevano sotto la bandiera del III Reich. Il comandante
Fusco così lo ha descritto [20]:

arrivò a Santa Maria della Versa il 10 febbraio, non incuteva nella gente del
luogo quella paura e quel terrore che allora seminavano abbondantemente i
tedeschi; parlava discretamente la nostra lingua dotato di spirito umoristico

17
Lettera di Cesare Pozzi del 25 ottobre 1993 in A.d.C.C.
18
Giorgio Pisanò, Storia delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana,
vol. Iv pagg. 2081 - 2083, Ed. Visto (Milano, 1967).
19
Fusco, Un Mazzo di fiori per il capitano Hoffmann; articolo in Il Popolo
dell'Oltrepo del 23 febbraio 1997.
20
Fusco, idem.

4
avvicinava spesso i paesani e godeva anche la simpatia di qualche ragazza.
Indubbiamente aveva del coraggio. Raccontava Bernini il tranviere, che per
scendere a Stradella usava qualche volta il tram [21], stava davanti al fianco
del manovratore col suo machine pistol in mano, una volta Bernini gli
chiese se ad andare su a snidare i ribelli non avesse paura... sono quattro
gatti con due pistole arrugginite....rispose.

Il perdurare dell'assedio del presidio fascista di Nibbiano impose ad Hoffmann


di accelerare i tempi. Il 12 febbraio forze della Sicherheits costrinsero i
partigiani della Togni a lasciare il castello di Montù Berchielli e a ritirarsi a Ca'
del Matto.
Il 13 febbraio il capitano Hoffmann con quaranta uomini [22] perlustrò la zona di
Golferenzo spingendosi fino a Pomorosso senza incontrare partigiani. Rientrato
a Santa Maria della Versa il capitano Hoffmann studiò coi suoi uomini il piano
per il giorno seguente. L'itinerario del rastrellamento fu ritrovato [23] nelle tasche
del sergente Muller (caduto nella battaglia).
Oltre all'Ortaiolo, al Mollio e a Costa Calatroni era prevista una "visita" anche a
Moncasacco: si trattava di un rastrellamento di terzo grado che comportava
incendi dei covi partigiani e razzie di bestiame e prodotti agricoli.
I partigiani non erano impreparati a ricevere i nemici con le armi. Scrive Fusco
[24]:

A Moncasacco fissammo il piano di battaglia che prevedeva appunto la


resistenza sulla parte nord del paese, quella che guarda Canova, dove

21
Tram che collegava Stradella a Santa Maria della Versa. Entrò in funzione nel
1929 e cessò l’attività nel 1956.
22
Fusco articolo citato.
23
Lettera di Cesare Pozzi del 25 ottobre 1993 in A.d.C.C..
24
Lettera di Fusco del 12 settembre 1993 in A.d.C.C..

5
scavammo una specie di trincea su un sentiero [25] che dalla frazione
scendeva nella strada per Canova.

Questa trincea non fu utilizzata perché la Battaglia delle Ceneri si svolse sul
costone di Costa Piaggi (suddivisa in due cascine: Costa di Sopra e Costa di
Sotto) da dove i partigiani riuscirono a fermare i nazi - fascisti.

Era il giorno 14 febbraio. Mentre i parroci di Volpara (don Diana),


Canevino (don Grassi), Santa Maria della Versa (don Zanalda), Ruino
(monsignor Zeppa), San Nazzaro di Montarco (don Maggi) ... dispensavano,
nelle loro chiese, le ceneri; il capitano Hoffmann con sessanta uomini si
muoveva dal presidio di Santa Maria della Versa. Lo scopo dell'azione era di
fare un rastrellamento nei paesi posti nelle vicinanze della strada che dalla Val
Versa, portava in Val Tidone, nei pressi di Nibbiano dove il presidio fascista
resisteva da giorni all'assedio partigiano.
In fila indiana [26] i fascisti si avviarono a piedi, alcuni su calessi e su un carro
trainato da buoi. Seguiva la colonna un autobus sul quale avevano preso posto
alcuni militi. All’azione partecipavano uomini della Brigata Nera di Pavia,
Sicherheits, Guardia Nazionale Repubblicana e dell’Esercito Tedesco [27].
Come spesso succede nel raccontare un fatto storico attraverso le
testimonianze di coloro che lo hanno vissuto, anche per la Battaglia delle Ceneri
ci siamo imbattuti in diverse contraddizioni. Alcuni dicono che vi era nebbia,
altri (come il comandante Fusco) affermano di aver visto salire dal fondo valle
la colonna fascista. Forse la nebbia sopraggiunse durante l'azione, ma non fu tale

25
Chiamata delle Bregne. Fino agli anni ottanta la trincea era ancora in parte
visibile.
26
Giuseppe Modica - Fabrizio Bernini, Canevino terra dell'Alta Val Versa, Broni
1988. Memoria scritta per uso privato da Cesare Pozzi (Fusco) pag. 175 e 178.
27
Scuola Serale Studenti Lavoratori Oltrepò, Cento cuori e cento pagine di
storia della Resistenza dell’Oltrepò. Stradella 1975.

6
da impedire di vedere che i fascisti avevano dato fuoco alla cascina di Mario
Cavallari [28]. Il bagliore delle fiamme fu scorto dalle vedette partigiane che
diedero l'allarme.
Il comandante Fusco raccontò [29] ciò che vide:

....scorsi nel cerchio del binocolo un autobus che alla grande svolta della
provinciale che da Santa Maria della Versa porta a Montecalvo dove è il
bivio per Volpara e cioè la strada che arriva fino a noi, scaricava uomini.
Feci girare le lenti e al bivio Volpara - Golferenzo vidi una lunga fila
indiana che si snodava per la strada tortuosa tra la neve sino al nostro
torrente.
Venivano, infatti, dopo un attimo di sosta al bivio (probabilmente la guida
non sapeva la strada ) scelsero la destra.

Fusco mandò una staffetta ad allertare il tenente Guido, comandante della "G L
Milazzo - De Niri", perché si ponesse in difesa della costa dal Mollio a
Golferenzo. Prima che quelli della “GL Milazzo - De Niri” potessero prendere
posizione, il comandante Fusco fece appostare gli uomini della Matteotti. Così
ha scritto [30]:

Distaccai uomini a Mollio: Paciu, Leone, Gabina, e un altro che


guardassero il crepaccio che da Volpara sale a Campasso. Joseph con la
machinegaver fra Costa Piaggi Sopra e quella Sotto, dove arrivava proprio
la strada; sul cocuzzolo ad est di Costa di Sopra otto uomini con fucili e
sten, altri otto attorno a Joseph e tre o quattro con me al limitare del bosco

28
Partigiano arrestato alcuni giorni prima.
29
In memoria citata, pag.177.
30
Idem, pag.178.

7
davanti a Costa di Sotto. Un ultimo ordine di star zitti, acquattati e di non
sparare se non a un mio sparo.

La colonna fascista dopo Volpara, a causa della neve che ostruiva la strada per
Nibbiano, fu costretta a lasciare l'autobus e ad avviarsi a piedi. Arrivarono da
Moncasacco altri uomini della Matteotti. Gli uomini della "G L Milazzo De
Niri" presero posizione: [31] al Mollio (quota 554) e all'Ortaiolo (quota 561) al
comando del tenente Guido. Il vice comandante "Barbarossa" [32] si schierò a
Campasso in difesa della costa che sale da Golferenzo, per impedire
l'aggiramento delle posizioni del Mollio e dell’Ortaiolo.
I fascisti superarono Colombarone di Volpara, poche curve li separavano dalla
località "Bacà" (quota 511). Ad una di queste curve, in un terreno piantumato a
mandorli, il 16 maggio 1944 un commando della "Piccoli" aveva freddato il
colonnello Vittorio Ricci [33], commissario prefettizio di Volpara.
Un’avanguardia di dodici uomini precedeva la lunga colonna fascista,

Venivano verso di noi - scrive Fusco - verso la morte, ignari di tutto,


staccandosi, facendosi sotto, parlandosi. Vidi il terzo raccogliere la neve,
farne una palla e lanciarla ad un compagno dietro. Da noi si sentivano i
cuori a batter; era il primo vero scontro dopo il rastrellamento. Le posizioni
erano vantaggiose, eravamo ignorati, ma, nonostante tutto, non mi fidavo
dei pochi uomini e già pensavo alla via di ritirata. Arrivarono al bivio
Mollio - Casanova a duecento metri.

31
Scuola Serale studenti lavoratori, Cento eroi e cento pagine di storia della
Resistenza nell'Oltrepò, Stradella 1980.
32
Attilio Genta.
33
L’uccisione sucitò grande eco. I fascisti pavesi informarono Mussolini.

8
Guidava l'avanguardia il capitano Hoffmann che si fermò per consultare una
carta topografica insieme al sergente Muller. Il comandante Fusco sparò, lo
seguirono gli altri partigiani schierati a Costa Piaggi ed al Mollio.
Ci fu un’intensa sparatoria, un tedesco che militava fra i partigiani, un certo
Joseph, partecipò con la sua mitragliatrice.
Il sergente Muller riuscì a raggiungere un casotto di campagna posto sul fianco
della strada. Caddero invece a terra il capitano Hoffmann e otto soldati della
R.S.I.: di questi ultimi alcuni erano stati colpiti, ma altri illesi fingevano di
essere morti e rimasero immobili sulla neve per più di due ore. Quando, in una
pausa della battaglia, il comandante Fusco si avvicinò a loro, una sventagliata di
mitra gli accarezzò le orecchie, Rientrato illeso alla sua posizione si accorse che

i “morti” non c’erano più. Gabina mi riferì dopo, che vide dal Mollio
passare nelle vicinanze del Colombarone diversi uomini con altrettanti in
spalla[34].

Facciamo un passo indietro e “zoomiamo” sul capitano Hoffmann che giaceva a


terra ferito. Scrive Fusco che [35]:

Hoffmann lega la gamba con un fazzoletto; si trascina sulla neve


arrossandola, continuando a gridare ordini alla scorta che si è dispersa
raggiunge in tali condizioni la sommità della collinetta, due metri oltre i
quali si sarebbe defilato, a fermarlo per sempre fu la pallottola di un fucile
tedesco che lo colpì al ventre.

34
Fusco, memoria, ecc. pag. 178 - 180.
35
Fusco, Un mazzo di fiori per il capitano Hoffmann, ecc..

9
I fascisti dopo aver tentato più volte di portare aiuto al capitano Hoffmann si
ritirarono più sotto fino all’abitato di Colombarone di Volpara (quota 398), dove
si riordinarono per sferrare un attacco.
I partigiani, che avevano il vantaggio di occupare posizioni dominanti,
ricevettero altri rinforzi. I partigiani della brigata garibaldina “Ezio Togni” [36],
stanziati a Canevino, ricevuto ordine dal comando di brigata posto a Pometo, si
appostarono nella località Marchisola sulla sinistra del torrente Versa.
Piazzarono una mitragliatrice con la quale spararono su Colombarone. Da
Castellina di Tassara si mossero una ventina di partigiani della 10 Brigata GL
"Ferdinando Casazza" che andarono ad appostarsi nel costone fra Costa
Calatroni e Golferenzo [37].
Ai pochi partigiani si associarono alcuni abitanti della Tassara [38]

e delle località vicine, che, preoccupati di dover subire l’ennesima


rappresaglia, hanno deciso di dare mano ai fucili per fermare i nazifascisti.
Ma quelli di Tassara non sono gli unici contadini che si preoccuparono e si
mobilitarono, perchè anche gli abitanti del Mollio e dei paesi vicini
investiti dall’attacco nazifascista solidarizzano con i partigiani... gli uomini
validi chiedono ed ottengono armi.

Sull’intervento "combattente" dei civili nutriamo qualche riserva [39]. Il


comandante Fusco scrive [40]:

36
Scuola Serale, ecc., pag. 52.
37
V.Scagni op. cit. pag. 116.
38
V.Scagni op. cit. pag.116.
39
La nostra tesi è contraddetta dalla testimonianza fatta nella tavola rotonda
organizzata a Santa Maria della Versa il 20 febbraio 1977 e nel libro di AA.
VV., Liberazione, Stradella 1947, pag. 9.
40
Lettera di Fusco del 25 ottobre 1993 A.d.C.C.

10
non mi risulta che civili abbiano partecipato alla battaglia delle ceneri, in
altre occasioni ci sono state chieste delle armi, e siccome il fronte tra i due
schieramenti ha sostato dalle dieci del mattino alle sedici del pomeriggio
(circa) in quel lasso di tempo, vari sono stati i civili che vennero a portare i
viveri e soprattutto vino.

Anche se non parteciparono come “combattenti” alla Battaglia delle Ceneri, gli
abitanti del Mollio, dell’Ortaiolo, di Moncasacco, di Costa Calatroni, ecc.
rischiarono grosso: la pena di morte [41] mediante fucilazione alla schiena per
aver fornito vitto o prestato assistenza ad appartenenti a bande operanti in danno
alle organizzazioni civili e militari della R.S.I.
Verso mezzogiorno giunsero per i fascisti i rinforzi: un centinaio di uomini che
portavano anche un cannone e dei mortai. Il comando era stato assunto dal
colonnello Felice Fiorentini. Al Colombarone gli italo - tedeschi cominciarono a
a sparare con il cannone ed i mortai.
Scrive Fusco [42]:

a Costa di Sotto arrivavano colpi di mortaio ed uno sul tetto, proprio


mentre vi ero sotto io. Polverone, ma niente danno agli uomini; solo la
cantina del mezzadro ne sofferse, chè vidi il vino aggirarsi per la casa...
Pure al Mollio arrivarono colpi di cannoncino e due cascine andarono in
fiamme. Paciu e compagni illesi. Quando vidi gli incendi, temetti per un
istante che la frazioncina fosse in mano fascista, ma pensai subito alle
bombe incendiarie.

41
La pena era stabilita dall’articolo 2, comma 1, del Decreto Legislativo 18
aprile 1944, n. 145 (testo in Gazzetta Ufficiale n. 97 del 25 aprile 1944).
42
Fusco, memoria, ecc. pag. 180.

11
Di fronte al cannoneggiamento i partigiani ebbero un attimo di incertezza. Un
gruppo di sette partigiani abbandonò il posto. Piro sparò ai disertori senza
colpirli. Anche i comandanti pensarono di ritirarsi, ma due motivi li indussero a
resistere:
- il cannone e i mortai dei fascisti battevano anche le alture, luogo ideale per la
ritirata;
- l’arrivo di uomini del battaglione Balladore comandati da Guerra (Guerrino
Bagatti).
A Costa Piaggi si battevano fin dal primo mattino gli uomini
comandati da Silvio Marchi [43] che si erano appostati dietro le case da dove
tenevano sotto tiro gli avversari che tentavano di salire da Colombarone verso il
Mollio.

Ad aiutare Marchi a preparare i caricatori delle mitragliatrici c'è una


ragazza del posto (Luisa Acciardi), che ad un certo punto della lotta si è
offerta di sostituire un partigiano impegnato altrove [44].

I fascisti che si trovavano al Colombarone erano tenuti sotto controllo anche


dalla mitragliatrice della brigata Milazzo.

Il loro lanciabombe [45] da un pezzo taceva, cantava solo di quando in


quando qualche mitra e la otto da Colombarone.

Il colonnello Fiorentini aveva promesso ottomila lire a chi recuperasse il


cadavere del capitano Hoffmann. I vari tentativi fallirono per il fuoco dei
partigiani.

43
Scagni op. cit.pag. 116.
44
Idem, pag. 116.
45
Fusco, Memoria, pag.181 - 182

12
Gli ultimi tre che ci provarono furono catturati dai partigiani. Scrive Fusco [46]:

Tremanti, lasciarono le armi cariche davanti alla mia inceppata. Arriva


Paciu poi un russo di Guido che ad uno dei tre affibbia un cazzotto con una
bomba a mano tedesca. Bracco ruppe addirittura la cassa del moschetto
sulla testa di uno dei tre, il che mi fece inviperire e cazzottare lo stesso
Bracco. I tre tremavano come foglie al vento, quando sopraggiunse Luigino
che mi raffica uno al ventre mentre lo sto interrogando e cadde nel fosso
sbattendosi come i polli quando si tira loro il collo. Ordino a Gabina di
finirlo con un colpo alla testa. Gli altri due vengono accompagnati al
comando a Moncasacco.

Verso le sedici, tacendo le armi pesanti dei fascisti, i partigiani sferrarono


l’attacco verso il Colombarone.

"Fulmine" [47] pur senza essere stato investito da un qualsiasi comando


comincia ad impartire ordini di attacco con un rudimentale imbuto;
qualcuno intona il canto di bandiera rossa, altri ancora scandiscono ad alta
voce perentorie disposizioni di mobilitazione in modo da far sembrare ai
nazi - fascisti di essere molto numerosi.

Attaccati dall'alto i nazi- fascisti furono costretti alla ritirata e costrinsero

alcuni contadini a trasportare, fino a Santa Maria della Versa, con i loro
carri, le armi e le munizioni che riuscirono a salvare [48]

46
Fusco, Memoria, pag.181 - 182
47
Stefano Faravelli da Montecalvo.
48
V. Scagni, op. cit., pag. 117.

13
Dal Colombarone furono inseguiti a Casa Persoli, Poggio di Volpara.
Il partigiano Luigino uccise due della Sicherheit che lo avevano salutato,
avendolo scambiato per il capitano Hoffmann, perché aveva in testa il suo
cappello raccolto presso il cadavere [49].

Chi siete? Fa Luigino. E quelli: "Sicherheit", rispondono. E Luigino


termina la conversazione con il suo Sten; e sono altri due fatti fuori.

A Versa Fusco [50] con altri sette o otto partigiani venne fatto bersaglio da una
casa nel cui interno si trovava il tenente della Sicherheit Lino Campagnolo che
troverà la morte con i suoi tre camerati. Lasciamo la parola a Fusco [51]:

Salto dentro la casa. Entro in una comune cucina di campagna con la scala
che porta al piano superiore attraverso una botola chiusa da una tavola.
Esco e porto in casa una balla di fieno, ma, appena dentro, arriva giù una
bomba a mano che fa volare in frantumi i vetri. Salto in un angolo e una
seconda bomba mi taglia il maglione in tre punti, solo il maglione per
fortuna. Fisso gli occhi alla tavola. E' sempre chiusa. Con ogni probabilità
viene aperta per consentire il lancio delle bombe. Con gli occhi fissi alla
botola incendio il fieno e scappo fuori, però mi accorgo che il fuoco si è
spento e torno sui miei passi per ripetere l'operazione dando nuovamente
fuoco al fieno dopo averlo slegato e cosparso di petrolio della lucerna.
Stavolta il fuoco divampa ma non mi accontento e con Bracco incendio il
portico a lato della cucina davanti.
Intimo, ancora una volta, la resa, ma sempre senza risposta. Mentre la casa
va in fiamme, faccio battere le finestre, alle quali mi porto sotto

49
V.Scagni op. cit. pag.116 - 117
50
Episodio in memoria di Fusco pag. 188.
51
Idem, pag 188.

14
scaraventandoci dentro bombe a mano di ogni tipo. Qualche volta le SIPE
[52] picchiano sui davanzali e mi ricadono ai piedi ma con sei secondi di
tempo ho anche quello di gettarmi dietro qualche cosa. Tiro dentro anche
una tedesca gettata da loro e inesplosa. Bombardo anche il tetto facendo
volare tegole dappertutto. Con Joseph giro dietro sulla collina
sventagliando le due finestrelle davanti alle quali loro avevano posto a mo'
di barricate, sacchetti, ceste, cuscini.
Ormai loro non rispondono più al fuoco e mi siedo a gustarmi una sigaretta,
ma gli uomini vogliono entrare al che io ingiungo di aspettarmi. Betta più
animoso che mai appoggia una scala alla finestra del retro e sale. Mentre
apre una porta, una bomba a mano gli arriva sullo Sten getta un urlo e salta
giù grondante. Lo fasciamo e lo spediamo in su. Visto che siamo ancora
vivi faccio piovere altre bombe alle finestre, finché arriva Luigino, che
appoggia una scala alla cascina e sale sul tetto. Mentre sta scoperchiandolo
una fucilata gli toglie un mattone di mano ma lui imperterrito continua e
poi, dal buco, giù bombe fino a che tutto è silenzioso.

I fascisti costretti alla ritirata fucilarono nei pressi di Santa Maria della Versa
due civili: Mario Cavallari e Ugo Magnani.
La battaglia terminò a tarda sera. I partigiani se la cavarono con due feriti.

Da parte nostra - scrive Fusco - oltre a Betta, anche Lischen aveva preso
una pallottola in una gamba ma sparatagli da Luigino quando volle fare una
raffichetta al sergente Muller [53].

52
Tipo di bomba a mano difensiva, in dotazione al Regio Esercito nei due
conflitti mondiali, prodotta dalla Società Italiana Prodotti Esplodenti.
53
Fusco, Memoria pag.184.

15
Le formazioni tedesche e della R.S.I. lasciarono sul campo diversi morti. Sul
loro numero vi è discordanza. Bocca scrive [54] che nello scontro morirono “26
tedeschi”. Il comandante Fusco affermò [55] che gli avversari lasciarono sul
campo undici morti [56]: due tedeschi e nove italiani.
A questo punto dobbiamo riportare, per amore di completezza della
ricostruzione storica, ma con beneficio d’inventario, un “si dice” [57]. Il sergente
Muller, raccolto ferito (a trenta metri dal bivio per Canova e occultato da una
valletta) “sarebbe” stato impiccato nei pressi dell’Oratorio di Moncasacco, dove
era stato portato anche il cadavere del capitano Hoffmann.
Vero o non vero l’episodio, nulla toglie alla vittoria dei partigiani !
I contadini, temendo rappresaglie, fecero seppellire i cadaveri del capitano
Hoffmann e del sergente Muller nel bosco dell'Inferno [58]. Al cadavere del
capitano, precedentemente, erano stati tolti: il portafoglio da alcuni abitanti del
Mollio, le scarpe dal partigiano Luigino, la cinghia dal comandante Fusco [59].
Fu il comandante Fusco a ordinare l’esumazione e a far portare i cadaveri
nell'oratorio di Moncasacco perchè i tedeschi tramite don Diana avevano chiesto
la restituzione delle salme. Fusco scrive:

Le modalità le convenne don Diana con il presidio tedesco di stanza alla


centrale dei telefoni di Montù Beccaria, che spedì a Moncasacco due casse.
Martedì 20 febbraio alle quattro del pomeriggio le spoglie mortali di
Hoffmann, con quel tram salito giorni prima con tanta sicurezza,
arrivavano a Stradella.

54
Giorgio Bocca, Storia dell’Italia partigiana, Oscar Mondadori, pag. 465.
55
Fusco, memoria, pag. 184.
56
Non siamo riusciti a sapere tutti i nomi di questi caduti.
57
Su questo episodio non siamo riusciti a raccogliere testimonianze complete.
Quando chiedevamo “dettagli”, “nomi”, chi si era lasciato scappare qualche
notizia si faceva reticente.
58
Testimonianze raccolte negli anni '70 in loco dagli autori.
59
In Fusco, memoria, pag. 181.

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Furono a loro tributati gli onori militari e i loro corpi sepolti nel cimitero tedesco
di Costermano nei pressi di Verona [60]. Le popolazioni di Canevino, Rocca,
Pometo, esultarono; nei paesi di Stadera e Costa Calatroni vennero organizzate
feste danzanti, perché, si legge nella poesia di don Grassi:

Il nemico è battuto ed in rotta mentre Hoffmann è ucciso al Bacà” [61].

La battaglia delle Ceneri fu il primo scontro vinto dai partigiani dopo il


rastrellamento del novembre 1944. Il suo effetto psicologico fu grande. I pavidi
presero coraggio e si arruolarono con i partigiani [62]
I mezzi d’informazione dal canto loro cercarono di minimizzare la Battaglia
delle Ceneri. Scriveva il Popolo Repubblicano del 28 febbraio 1945:

Un nostro manipolo nella zona di Nibbiano veniva attaccato da un gruppo


di fuori legge superiore di numero e di forza !

Gli autori, che per età (classe 1939 e 1969) non hanno fatto la
Resistenza né hanno aderito alla Repubblica Sociale Italiana, hanno sentito il
bisogno di ricordare "sine ira et studio" una battaglia che fu combattuta nell'Alta
Val Versa; a poche centinaia di metri dalla casa dove conservano il loro archivio
di famiglia.

Carlo Alfredo ed Enrico E. Clerici

60
Una delegazione di partigiani porta fiori ogni anno sulla tomba dei due
tedeschi, cfr. Fusco, Un mazzo per il capitano Hoffmann.
61
Dalla canzone scritta, poco dopo la battaglia, da don Grassi, parroco di
Canevino.
62
Giulio Guiderzo, Una fondamentale battaglia partigiana, in Corriere
dell'Oltrepò del 25 febbraio 1995.

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