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UNA COLLEZIONE

FUORI DELL’ORDINE DELLA NATURA 6. Di Sangro, Supplica (dettaglio del frontespizio)

RAIMONDO DI SANGRO (1710-1771)

UNA COLLEZIONE

RAIMONDO DI SANGRO
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FUORI DELL’ORDINE DELLA NATURA
RAIMONDO DI SANGRO (1710-1771)

UNA COLLEZIONE

LIBRERIA PHILOBIBLON
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Le signorine che volessero procurarsi una bizzarra
occupazione potrebbero rimetterlo in voga.

Luigi Capuana

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© 2008 Libreria Philobiblon, Roma
n uno degli scritti della raccolta Li-
bri e teatro, Luigi Capuana narra di
essersi imbattuto in un’opera insoli-
ta rovistando tra gli articoli di una
bancarella di un venditore di libri.
Il volume viene descritto dal cele-
bre scrittore e giornalista siciliano nei termini che se-
guono: «Il frontispizio era impresso a quattro colori:
rosso, verde, nero e rosso cupo. Sfogliai il libro con cu-
riosità.Tre grandi tavole incise in rame e colorate a ma-
no attrassero la mia attenzione. Nella prima erano dise-
gnati varie fila di cordoncini con laccetti pendenti,
annodati, e sopra, come su note musicali, le parole d’u-
na canzonetta peruviana. Nella terza tavola cordoncini
in vario modo aggruppati, annodati e colorati, forma-
vano gli alfabeti italiano, latino, francese, spagnolo, tede-
sco, e inglese. C’era insomma più che non occorresse
per tentare un bibliomane».1
Si trattava della Lettera apologetica di Raimondo di San-
gro, principe di Sansevero (1710-1771), suggestiva ed
eclettica personalità del Settecento napoletano, mem-
bro dell’Accademia della Crusca e della Massoneria,
erudito e poliglotta, inventore, meccanico, chimico, ar-
chitetto, pittore, uomo d’armi e scrittore.

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La Libreria Philobiblon è lieta di presentare la raccolta
«Fuori dell’ordine della Natura» che comprende la
quasi totalità delle prime edizioni delle opere nate dal-
l’ingegno di questo illustre personaggio, di alcune di
quelle impresse dalla sua tipografia, e di testi coevi –
anch’essi in prima edizione – che costituiscono delle
fonti preziose per la documentazione dell’attività di
questo nobile napoletano versatile e illuminato.
La collezione annovera un prezioso manoscritto filoso-
fico-ermetico del principe, parzialmente redatto in
scrittura cifrata, in cui, nella parte leggibile, ricorrono
temi cari al di Sangro, sotto certi aspetti affini a quelli
trattati nella Lettera apologetica.
Si passa poi alla prima edizione della prima opera a
stampa del Sansevero, la Pratica più agevole, e più utile di
esercizj militari per l’infanteria impressa a Napoli nel
1747, che procurò all’autore le lodi e l’amicizia del-
l’imperatore Federico II di Prussia. Si prosegue con la
già citata Lettera apologetica, edita nel 1750 e stampata
dallo stesso di Sangro con un ingegnoso procedimento
che gli permetteva di imprimere simultaneamente a
più colori. Segue la Supplica del 1753, impreziosita da
un invio autografo dell’autore, nella quale il Sansevero
chiedeva a papa Benedetto XIV che venisse tolta dal-
l’Indice dei libri proibiti la Lettera apologetica, concessio-
ne che il principe non ottenne mai anche se il sommo
pontefice gli riconobbe l’abile eloquenza del suo scrit-
to. È presente anche l’ultima opera a stampa del di San-
gro, la rarissima Dissertation sur une lampe antique del

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1756, anch’essa con invio autografo dell’autore, che è
un testo di carattere scientifico in cui viene spiegata in
maniera razionale l’origine naturale della luminescenza
fosforica, per sfatare le dicerie superstiziose che favo-
leggiavano di “lumi eterni” posti dagli antichi nelle
tombe di personaggi illustri e ritrovati accesi dopo
secoli.
Fa parte della raccolta anche la traduzione dell’opera –
originariamente scritta in francese – del massone scoz-
zese Michael Ramsay, I viaggi di Ciro, uscita dai torchi
della stamperia Sansevero nel 1753 e illustrata da Ni-
cholas Cochin – autore del frontespizio dell’Encyclopé-
die – in cui le imprese di Ciro vengono indicate quale
modello di sapienza e punto di partenza per la forma-
zione d’un grande sovrano che volesse governare con
spirito illuminato. È presente inoltre la rarissima edi-
zione, impressa dal di Sangro nel 1751, contenente le
traduzioni, la prima delle quali fatta forse dallo stesso
Sansevero, de Il conte di Gabali’ ovvero ragionamenti sulle
scienze segrete dell’abate Villars e del Riccio Rapito di Po-
pe. A completamento della raccolta si ricordano la pri-
ma edizione delle Lettres d’une Péruvienne del 1747, ro-
manzo epistolare che ispirò la stesura della Lettera
apologetica; i cinque volumi del Prodromo delle antichità
d’Ercolano di Ottaviano Baiardi, del 1752, impressi con i
caratteri ceduti da don Raimondo alla Regale Stampe-
ria Palatina e il rarissimo opuscolo del 1767, Breve nota
di quel che si vede in Casa del Principe di Sansevero D. Rai-
mondo di Sangro nella città di Napoli, che, oltre a conte-

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nere in appendice una vera e propria bibliografia degli
scritti del principe, è anche guida ai mirabilia del labora-
torio di questo poliedrico personaggio, le cui scoperte
ed invenzioni risultano talmente stupefacenti da venir
considerate dall’anonimo autore del libello «fuori del-
l’ordine della Natura».
1
L. CAPUANA, Don Raimondo di Sangro, in ID., Libri e teatro, Catania,
Giannotta, 1892, p. 206.

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OPERE SCRITTE E STAMPATE DA
RAIMONDO DI SANGRO

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Di Sangro, Raimondo. [Manoscritto filosofico-


ermetico]. Manoscritto su carta, [Napoli?, sec. XVIII].
Manoscritto su carta (mm 190x134). 8 carte non numerate, di cui
la prima e l’ultima bianche, rilegate a quaderno e prive di legatura.
Scrittura settecentesca in inchiostro marrone, in gran parte in ‘cifra’, su
un’unica colonna. Manoscritto in buono stato di conservazione, lievi
gore.

c. 2r, incipit [preceduto da righe 6 di testo in ‘cifra’]: Le memorie della no-


stra creta non vanno | maj scompagnate da quelle delle nostre miserie | Adamo
il primo infelice padre il primo uomo | reietto (creato) per regere (reggere) a la
detta gran fameglia | de viventj; lasciosi invanire da un genio | di dormire e sol
primo gradito del suo trono | piantò superie (massime) di servitù, facendo a se |
ed a j sucesorj delle sua stessa corona, | una perpetua cattena; La troppa | furtu-
na è madere di molte lagrime; | Comandò Iddio ad Adamo che morteficasse l’ |
appetito con l’ubedienza, e d’un divieto | fee fece condimento, questa picola fatti-
ca per che | virtuosa potteva comperare al primo sonno (uomo) Il | primo meri-
to, e coll’ubedire imparare l’arte de | comando; |

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c. 6v, explicit [seguito da un testo in ‘cifra’ che prosegue al recto della car-
ta seguente]: come insegna il protomedico [parola in cifra] nel suo | in [paro-
la in cifra] eccolo ridotto tutto | dimesso alla porta de medicj per riceverne | in
guidardone da medesimi de rabarbari, | rapontidj, veratij, scialappe e chesoso |
di consimilj amarissime vivande che apporta- | no nausea anche a più sani so-
giacendo | ancora al rigoroso precetto di una continua | Dieta; e tormentare an-
cora se occorre | la porta dell’anima voglion dire l’arterio | già che [parole in
cifra] per riacquistar se si puole quella | salute che con tanta trascuragine la gola
| ci tolge bene dunque disse il più | dotto

Straordinario manoscritto olografo del di Sangro, la cui


parte leggibile richiama i temi cari al principe; la scrit-
tura cifrata, da leggersi probabilmente da destra a sini-
stra, oltre che un vezzo ‘leonardesco’ del di Sangro, era
dovuta alla prudenza che il il Sansevero doveva osserva-
re per non incorrere in ulteriori censure da parte delle
autorità ecclesiastiche. In questo manoscritto la grafia
del principe è molto simile a quella della parte finale
del suo testamento olografo – datato Napoli 7 agosto
1770 – che è stata aggiunta in un secondo momento
rispetto alla stesura originaria del documento e in cui si
riscontra un’«evoluzione della linea con maggiore pie-
nezza del naturale processo formativo grafico e nel
contempo la palese difficoltà dello scrivente nel mante-
nere quell’impronta schematica che ha accompagnato
il tracciato dell’olografo fino a quel momento» (C.
Miccinelli, Il tesoro del principe Sansevero. Luce nei sotterra-
nei, Genova 1985, p. 172 e tav. XXXIV). Si potrebbe
dunque trattare di un abbozzo, o di appunti preparato-
ri, redatti dal di Sangro quando era già in età avanzata

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1. Di Sangro, Manoscritto filosofico-ermetico
2. Di Sangro, Pratica di esercizi militari
e che egli non ebbe il tempo di sviluppare in maniera
compiuta.

Very rare holograph manuscript containing a brief text, partly


written in a cyphered alphabet, dealing with masonic themes
often treated by Raimondo di Sangro in his works.

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Di Sangro, Raimondo. Pratica più agevole, e più


utile di esercizj militari per l’infanteria. Napoli,
Giovanni di Simone, 1747.

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In-folio (mm 307x206). 4 carte non numerate, 180 pagine numerate
con numerazione romana, 4 carte non numerate, 5 tavole fuori testo, ri-
piegate e montate su onglette, raffiguranti gli schemi delle formazioni
militari. Frontespizio stampato in rosso e nero, ornato da un’incisione
a soggetto allegorico su rame firmata da Ferdinando Strina e raffiguran-
te una lente attraversata dai raggi solari con dietro un roveto che prende
fuoco, il tutto in cornice sorretta da due sirene e sormontata dal motto
‘COLLIGIT UT CREMET’. Alla c. 2r vignetta su rame, disegnata e incisa dal
Baldi, con le armi di Federico II di Prussia; a p. VIII finalino inciso su ra-
me dal Baldi su disegno di Bartolomeo Sampellegrino raffigurante uno
scudo circondato da vari tipi di armi con il motto ‘PER LABORES AD
ASTRA’; a p. CLXXX finalino a soggetto allegorico in cornice figurata in-
ciso su rame da Ferdinando Strina e recante il motto ‘SPEM CREDE LA-
BORE’. Legatura coeva in pergamena rigida, titolo in oro su tassello di-
pinto al dorso, tagli spruzzati di rosso, segnalibro in seta verde.
Esemplare ad ampi margini, in ottimo stato di conservazione, lievi fiori-
ture.

Prima edizione di quest’opera, dedicata a Federico II di


Prussia, che godette di un vasto successo, che per
la sua accuratezza e le sue descrizioni precise e detta-
gliate procurò all’autore le lodi dell’imperatore e che,
per la sua purezza linguistica, gli valse l’iscrizione al-
l’Accademia della Crusca col nome di ‘Esercitato’. Scri-
ve infatti il di Sangro nella Prefazione: «Mi piace qui av-
vertire, che ho procurato nel maneggio delle armi di
servirmi, come ho potuto il più, di vocaboli veri italia-
ni, così nel dare i Comandi, come nel farne la spiegazio-
ne; e principalmente per rispetto del nominare le parti
dell’archibuso, o sia fucile, per non valermi di quello
scomposto miscuglio di voci parte derivanti dallo Spa-
gnuolo, e parte dal Francese, che finora si sono usate,

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quali che del tutto manchevole la nostra lingua ne fos-
se» (pp. VII-VIII).
Il volume – elegantemente impresso e impreziosito da
piccoli rami figurati e dalle accurate tavole che mostra-
no le formazioni militari e il loro modo di operare se-
condo gli schemi forniti nel trattato – è diviso in nove
capitoli che affrontano minuziosamente i vari aspetti
della pratica militare: dal maneggio delle armi da fuoco,
a quello della granata, dai movimenti delle truppe, al
marciare, ai vari tipi di formazione e di utilizzo degli
strumenti bellici a seconda delle differenti situazioni di
battaglia, come, ad esempio, nelle trincee o nelle stret-
toie e sui ponti. La trattazione è spesso esemplificata e
schematizzata in tabelle che indicano la sequenza dei
comandi da impartire ai soldati, la spiegazione delle
azioni ad essi collegate e i ‘tocchi di tamburo’ che de-
vono accompagnarle. La Pratica mostra la grande prepa-
razione militare e la perizia tattica del principe di San-
severo, che aveva adottato con successo la metodologia
descritta nel suo libro per l’addestramento del suo reg-
gimento della Capitanata, di cui era colonnello e con il
quale si era distinto nella battaglia di Velletri contro gli
Austriaci nel 1744. Il multiforme ingegno del di San-
gro si era inoltre interessato anche alla realizzazione di
armi innovative, come ad esempio il cannone leggero,
che venne progettato e fuso nel suo laboratorio, e la cui
invenzione avrebbe contribuito in maniera significativa
alle campagne militari di re Carlo III di Borbone.

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First edition of the first work written by the Neapolitan prince
of Sansevero, Raimondo di Sangro, dedicated to the emperor
Frederick II, that is a detailed treatise about military art.The
techniques described by di Sangro are based on his personal
experiences as colonel of the Capitanata regiment; by heading
his troops he freed the town of Velletri from the Austrian
army.
The book, masterly printed, is decorated by a beautiful alle-
gorical etching on title-page, by three smaller head headings
and tail-pieces in the text, and by five folding plates.

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333

Di Sangro, Raimondo. Lettera Apologetica del-


l’Esercitato accademico della Crusca contenente
la Difesa del Libro Intitolato Lettere d’una pe-
ruana Per rispetto alla supposizione de’ Quipu
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scritta alla duchessa di S e Dalla medesima
fatta pubblicare. Napoli, [Gennaro Morelli], 1750.
In-folio (mm 270x190). 7 carte non numerate, 320 pagine numerate, 7
carte non numerate, una carta bianca, tre tavole fuori testo.Testo in ca-
ratteri romani, sia rotondi che corsivi, e in caratteri greci, ebraici, arabi e
tedeschi. Frontespizio stampato a quattro colori (rosso, cremisi, nero e
verde), ornato da un’incisione su rame di Antonio Baldi stampata in ros-
so e raffigurante un’allegoria dell’Accademia della Crusca. Illustrato da
tre grandi tavole ripiegate, con acquerellatura dell’epoca, ideate dallo
stesso di Sangro e raffiguranti, rispettivamente, i principali tipi di nodi
quipu, una canzoncina peruviana scritta in alfabeto quipu e traslitterata in
alfabeto latino, che ha lo scopo di far conoscere le ‘parole maestre’ di

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questa scrittura; una tavola con la trascrizione degli alfabeti e della pun-
teggiatura italiana, latina, francese, spagnola, tedesca e inglese in caratteri
quipu. Alla c.8r vignetta allegorica incisa su rame dal Baldi con il motto
‘ESERCITAR MI SOLE’ e il nome ‘Esercitato’, assunti dal di Sangro in qua-
lità di accademico della Crusca. A p. 172 piccolo legno raffigurante l’al-
bero della vita del Paradiso terrestre; a p. 193 piccola incisione su legno
raffigurante un nodo quipu. Due capilettera ornati e animati incisi su ra-
me nel testo. Legatura coeva in vitello agli acidi, titolo in oro al dorso,
tagli marmorizzati, segnalibro in seta verde. Esemplare in ottimo stato di
conservazione, lievi fioriture. Al contropiatto anteriore nota di possesso
manoscritta ‘Franco Lercari Firenze 1775’.

Prima ed unica edizione della maggiore opera di Rai-


mondo di Sangro, principe di Sansevero, impressa con
un procedimento tipografico di sua invenzione capace
di effettuare la stampa simultanea a più colori con una
sola passata di torchio. Le tavole, finemente incise, reca-
no una coloritura dell’epoca e testimoniano l’eccezio-
nale qualità della mano d’opera di cui si avvaleva l’au-
tore all’interno della tipografia che aveva allestito nel
proprio palazzo.
Scritta in un linguaggio aderente ai dettami dell’Acca-
demia della Crusca, di cui il principe era membro con
il nome di Esercitato, la Lettera, pur se conosciuta e dif-
fusa in tutta Europa, nei secoli successivi è entrata in un
progressivo oblío, anche per il sospetto di eresia da cui
è stata accompagnata fin dalla messa all’Indice ad opera
della Chiesa. Essa dunque nel suo significato complessi-
vo è uscita dall’attenzione generale, rimanendo quale
fonte privilegiata di notizie autobiografiche sulla vita e
gli scritti dello stesso Raimondo di Sangro.

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3. Di Sangro, Lettera Apologetica


«La Lettera Apologetica è un’opera con una struttura par-
ticolarissima, per non dire bizzarra. Sfruttando al massi-
mo la varietà stilistica che il genere letterario, quello
epistolare appunto, gli offre, il Principe alterna confes-
sioni e sfoghi rivolti alla sua interlocutrice, la Duchessa
WWWW
di S , e al lettore con analisi tecniche di tattica milita-
re, lunghe note storiche e auto-
biografiche, esposizioni di esegesi
biblica e discussioni circa l’origi-
ne dell’universo e dell’uomo. Dal
sottotitolo della Lettera Apologetica
si desume che essa intende essere
un’apologia appunto del sistema di notazione dei quipu
scritta a proposito delle Lettres d’une péruvienne, roman-
zo dato alle stampe in un’edizione anonima e senza da-
ta né luogo da Madame de Grafigny, ovvero Françoise
d’Issembourg d’Happoncourt, nel 1747. In quest’opera
la protagonista Zilia, giovane peruviana catturata dai
soldati spagnoli e data in ostaggio ad un ufficiale fran-
cese, inviava trentasei lettere ad Aza, principe Inca, di
cui diciassette sotto la forma di quipu e diciannove re-
datte in francese. La Lettera Apologetica, pubblicata ano-
nima, è presentata con un probato metodo di mistifica-
zione e di difesa preventiva da eventuali attacchi. Nella
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prefazione, infatti, la Duchessa di S , nella veste di
curatrice, comunica al lettore che l’autore, dopo essere
stato informato dall’imminente pubblicazione del suo
trattato, ha voluto aggiungere alcune note esplicative e
che ella a sua volta, sempre con scopi chiarificatori, ne

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ha aggiunte altre ancora. Con le prime battute l’autore
annuncia che con la sua opera intende convincere la
sua interlocutrice dell’efficacia del sistema dei quipu (in
uso […] presso gli Inca nel Perù pre-colombiano, dal
momento che questa efficacia fu da ella messa in dub-
bio dopo la lettura delle Lettres d’une péruvienne di Ma-
dame de Grafigny» (Raimondo de Sangro, Lettera Apo-
logetica, a cura di Leen Spruit, Napoli 2002, pp. 21-22).
L’argomento riguardante i nodi quipu – probabilmente
il mezzo più simile alla scrittura usato in America Lati-
na prima dell’arrivo degli spagnoli, e costituito da «tan-
ti cordoni di lana tinti di differenti colori, e in differen-
ti avvolgimenti, e nodi distribuiti ad arte» (Lettera
Apologetica, c. 3r) – viene trattato sistematicamente dal-
l’autore nella seconda parte dell’opera, in cui
egli sostiene l’idea che «i quipu, sebbene utiliz-
zati dagli Inca per un linguaggio piuttosto li-
mitato o “sobrio”, sono paragonabili ai gero-
glifici egizi e in quanto tali efficaci, come si
evince dall’Histoire des Yncas (traduzione fran-
cese della Historia del Peru di Garcilaso de la
Vega), non solo per la contabilità o nella rapida
trasmissione di messaggi, ma anche per regi-
strare storie e cronache. Il ritrovamento poi da
parte di Blas Valera di una canzoncina, espressa
in alfabeto romano su un quipu, conferma
l’impiego dei quipu per la resa di testi letterari»
(Raimondo de Sangro, Lettera Apologetica, cit.,
p. 26).

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La Lettera Apologetica per le disinvolte e provocatorie ci-
tazioni di autori proibiti o fortemente sospettati dalla
Chiesa (Toland, Collins, Bayle,Voltaire, Marquis d’Ar-
gens) se da un lato ha consentito al di Sangro di diffon-
dere idee innovative, dall’altro ha suscitato le veementi
reazioni degli ambienti ecclesiastici del tempo, tanto da
essere messa all’Indice come opera «scandalosa temera-
ria, offensiva alle pie orecchie, che favorisce l’eresia e il
materialismo».

First and only edition of the most famous work printed by di


Sangro by using a new method which allowed the simoultane-
ous printing of four colours on the same page, and written by
the prince himself in defense of Madame de Grafigny’s Let-
ters from a Peruvian Princess, published in Paris in 1747.
The book can be also considered the first extensive treatise
about the quipu knots, used by Peruvians as a communica-
tion system.The volume is adorned by three beautiful folding
plates coloured at the time, showing the quipu alphabet.
According to the Harvard Professor Gary Hurton, the quipu
knots are based on a binary system capable of recording
phonological and logographic data.

Sabin 40560; Gary Hurton. Signes of the Inca Khipu. Binary Coding in the
Andean knotted-string records. University of Texas Press 2003.

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3. Di Sangro, Lettera Apologetica
4. Montfaucon de Villars, Il Conte di Gabali’
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Montfaucon de Villars, Nicolas Pierre Henri


(1635-1673). Il Conte di Gabali’ ovvero ragiona-
menti sulle scienze segrete tradotti dal Francese
da una dama Italiana a’ quali si è aggiunto in fi-
ne il Riccio Rapito Poema del Signor Alessan-
dro Pope Tradotto d’Inglese dal Signor Antonio
Conti Patrizio Veneto. Londra, Dal Pickard [ma Na-
poli], 1751.
In-4° (mm 195x134). 8 carte non numerate, 240 pagine numerate, 64
pagine numerate. Frontespizio della prima opera stampato in rosso e ne-
ro; finalini e capilettera silografici ornati nel testo. Legatura moderna in
mezza pergamena con titolo e note tipografiche in oro al dorso, piatti
ricoperti riutilizzando l’originale carta decorata del XVIII secolo. Esem-
plare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture.

Prima edizione della traduzione italiana di queste due


opere, impresse in realtà dalla tipografia del di Sangro,

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anche se come luogo di stampa viene indicata la città di
Londra. Il volume contiene il Conte di Gabali’, scritto
dall’abate Montfaucon de Villars, opera appartenente al
filone della tradizione esoterica cinque-seicentesca e
tradotta da un’anonima ‘dama italiana’, dietro alla quale
si cela probabilmente lo stesso principe di Sansevero.
Segue Il riccio rapito di Alexander Pope, che rispecchia
invece lo spirito del deismo moderato, e che venne tra-
dotto, come si evince dalla prefazione, dall’abate pado-
vano Antonio Conti, esponente di spicco nel dibattito
epistemologico della prima metà del Settecento.
«La pubblicazione di quest’opera fu considerata anch’es-
sa, al pari della Lettera apologetica, una prova della miscre-
denza e degli interessi cabalistici del di Sangro; infatti il
principe fu costretto a negare che essa fosse uscita dalla
stamperia col suo consenso, sostenendo che in realtà era
stata edita clandestinamente dai suoi “garzoni”. Ma che
cos’era che aveva messo ancora una volta in agitazione i
soliti “zelanti”? Generalmente, si dice, il fatto di avere
pubblicato “un classico della letteratura magica”; ma a
leggere l’introduzione, scritta forse dallo stesso Raimon-
do, potremo trarre qualche indicazione più precisa, che
ci riporterà in quella cerchia inglese di deismo modera-
to, a cui il principe già si richiamava nella Lettera apolo-
getica, e che trova conferma nella pubblicazione accop-
piata del Gabalis con il Riccio rapito di Pope. Bisogna
inoltre, ricordare che tale traduzione non fu affatto
un’anacronistico ghiribizzo del principe, in quanto egli
non fece altro che divulgare in ambiente napoletano

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quanto era già stato edito a Londra, dieci anni prima, al-
lorché fu ripubblicata l’opera che l’abbé Villars de
Montfaucon aveva scritto nel 1670. Chi poteva essere
interessato al Gabalis nella Londra del 1742? Tra i sotto-
scrittori dell’opera, riportati anche nell’edizione desan-
griana, leggiamo il nome di Robert Montague, duca e
conte di Manchester, noto esponente della massoneria
inglese. Massone era anche il Pope, il cui Riccio rapito fu
illustrato con una serie di incisioni da William Hogarth,
quest’ultimo notoriamente esponente di una delle logge
londinesi. Inoltre, come si suggerisce nell’introduzione
all’edizione napoletana, il poemetto del Pope doveva es-
sere letto alla luce della cosmogonia adombrata nei rac-
conti del conte di Gabalis, ovvero della divisione dell’u-
niverso nei quattro classici elementi: terra, acqua, aria,
fuoco; i quali sarebbero stati rispettivamente abitati da
gnomi, ondini, ninfe, silfi e salamandre» (Rosanna Ciof-
fi, La cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica,
Salerno 1987, pp. 100-101).

First edition of the first Italian translation, printed by di San-


gro with fictitous place and date, of two important works.The
first, the Count of Gabalis written by the French abbot
Montfaucon de Villars, and probably translated by di Sangro
himself, is a conversation about hidden sciences, that pretends
to reveal the occult and mystical knowledge contained in the
Cabala; but it is thought to have been ironically and jocosely
intended.The second is the famous Alexander Pope’s mock-
heroic narrative poem The Rape of the Lock, one of the

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most representative works of the English deism, here translat-
ed by the Paduan abbot Antonio Conti. Pope’s masterpiece
was originally published in two cantos in Bernard Lintot’s
Miscellany (1712), then enlarged to five cantos and published
separately in 1714. Pope based his poem upon a real acci-
dent, in which Lord Petre forcibly cut off a lock of Miss Ara-
bella Fermor’s hair; the poem is dedicated to Miss Fermor.

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Baiardi, Ottavio Antonio (1690-1765). Prodromo


delle antichità d’Ercolano. Napoli, Regale Stampe-
ria Palatina, 1752-1756.
5 volumi in-4° (mm 235x170). 48 pagine con numerazione romana,
2678 pagine numerate con numerazione consecutiva per i cinque volu-

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5. Baiardi, Prodromo delle antichità d’Ercolano
mi. Occhiello per tutti i volumi, il frontespizio del primo volume im-
presso in rosso e nero e illustrato da un ritratto dell’autore in medaglio-
ne inciso in rame; i frontespizi degli altri 4 volumi impressi in nero e or-
nati da un fregio silografico. L’opera è illustrata complessivamente da 10
tavole fuori testo, di cui due a piena pagina e le altre ripiegate più volte,
che mostrano le scoperte archeologiche effettuate a Ercolano. Numero-
se illustrazioni incise su rame, di cui alcune a piena pagina, nel testo del
primo volume. Legatura coeva uniforme in pelle marrone alle armi del
re Carlo VII delle Due Sicilie (dal 1759 Carlo III di Spagna). I piatti sono
inquadrati da rotelle in oro e ornati, ai quattro angoli, da gigli borboni-
ci; al centro le armi Reali sormontate dalla corona e accollate dai gran
cordoni degli ordini dinastici di San Gennaro, San Luigi, dello Spirito
Santo e dal Toson d’oro. Il dorso ha, nei compartimenti, il giglio borbo-
nico, piccoli fregi in oro e la numerazione; tagli rossi. Esemplare in buo-
no stato di conservazione, alcune carte uniformemente brunite e qual-
che gora.

Prima edizione di quest’opera, dedicata dall’autore a


Carlo III di Spagna, che forma il vasto ed erudito stu-
dio preliminare per la celebre opera iconografica Le
Antichità di Ercolano. Il Prodromo va considerato in
stretta relazione con l’attività della stamperia di Palaz-
zo Sansevero, dal momento che il di Sangro vendette
alla neonata regale stamperia Palatina i caratteri, rea-
lizzati dal Kommareck – i primi ad essere utilizzati
dal principe –, con i quali vennero stampati i presenti
volumi.
«Sappiamo da una testimonianza documentaria che il
re aveva acquistato nel 1751, per settecento scudi, “la
stampa che teneva in casa il Principe di Sansevero”,
“invaghitosi” della bellezza di quei caratteri, e che l’a-

34
veva “posta nella regia stamperia”» (Rosanna Cioffi, La
cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, Saler-
no 1987, p. 128).
«La scoperta delle antichità di Ercolano e Pompei gran
desiderio aveva destato nel cuor di re Carlo III di Bor-
bone per sentirne discorsa la storia, e conoscere gli usi
a che gl’innumerevoli monumenti quivi dissepolti eran
serviti appo gli antichi. Egli dunque, a proposta del
marchese Fogliani suo primo ministro, chiamò qui da
Roma mons. Ottavio Antonio Bayardi, perché illustras-
se quelle preziose antichità; ed affinché comodamente
avesse potuto durare sì lunga fatica, gli assegnò cinque-
mila ducati all’anno, e libri quanti ne volesse. Cinque
anni impiegava il Bayardi a preparare il suo lavoro, ed a
mantenere gli animi di tutta l’Europa letteraria in gran-
de aspettazione […]» (Napoli e i luoghi celebri nelle sue vi-
cinanze, Napoli 1845, vol. 2, p. 7).

First edition of this work in five volumes, printed with the


types once belonged to the prince of Sansevero’s
private Press, dedicated by the author to the king Charles III
of Spain, that is to be considered a preparatory study to the
Antichità di Ercolano, and that is an account about the
new archaeological discoveries made at the time in Pompei
and Ercolano.With the homogeneus armorial binding of king
Charles III of Spain.

Dura 1315; Furcheim, Bibliografia di Pompei, Ercolano e Stabia, p. 7; Cico-


gnara 2649; Lozzi 1475 (nota).

35
363

Di Sangro, Raimondo. Supplica di Raimondo di


Sangro Principe di S. Severo umiliata alla Santi-
tà di Benedetto XIV Pontefice Ottimo Massimo
in difesa e rischiaramento della sua Lettera Apo-
logetica sul proposito de’ Quipu peruani. Napoli,
Salzano e Castaldo, 1753.

In-folio (mm 259x183). 6 carte non numerate, 224 pagine numerate. Fron-
tespizio stampato in rosso e nero illustrato da una vignetta calcografica in
rosso incisa da Antonio Baldi e raffigurante una sfinge nell’atto di tenere un
libro, su piedistallo con il motto ‘IMPLEXA EXPLICAT’. Legatura coeva in per-
gamena spruzzata, titolo in oro su tassello al dorso, tagli marmorizzati.
Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture, piatto della lega-
tura inferiore usurato con qualche perdita. Dedica dell’autore al foglio di
guardia anteriore in inchiostro marrone:‘Donato dall’Autore’.

Edizione originale, con invio autografo dell’autore, di


quest’opera scritta in difesa della Lettera Apologetica e in-

36
37

6. Di Sangro, Supplica
dirizzata a papa Benedetto XIV, giudicata eretica dalla
Congregazione dell’Indice e censurata, dopo l’attenta
analisi del padre agostiniano e professore di esegesi bi-
blica Domenico Giorgi che «presenta il Principe come
uomo dotto grande sperimentatore, ma assetato, però,
di fama e vanagloria e affiliato alla nuova setta dei Libe-
ri Muratori. Credendo de Sangro anche autore del
Conte di Gabali, dedica i primi fogli della sua censura a
quest’opera per poi passare all’esame della Lettera Apolo-
getica. In gran parte la censura di Giorgi tocca argo-
menti prevedibili: segnala l’affinità del Principe con
concezioni eretiche come quelle circa i preadamiti e
l’eternità del mondo, denunzia i dubbi del Principe ri-
guardo l’autorità di Mosè quale primo scrittore e la sua
stima, o meglio, la sua preferenza, per gli storici pagani
ai danni degli autori biblici, criticando aspramente non
solo le sue pretese di poter replicare il miracolo di San
Gennaro con mezzi naturali, ma anche i disinvolti rife-
rimenti ad autori eretici o sospetti quali Bayle, Locke,
Collins e quello del Teliammed» (Raimondo de Sangro,
Lettera Apologetica, a cura di Leen Spruit, Napoli 2002,
p. 57).
La Supplica dà prova delle abilità dialettiche del Princi-
pe e testimonia la vastità e l’ecletticità della sua cultura.
Nell’opera l’autore respinge le obiezioni dei suoi av-
versari, e in particolare la tesi secondo cui nell’Apologe-
tica avrebbe espresso attraverso un “maligno gergo”
contenuti esoterici e principi contrari alla dottrina del-
la Chiesa. Nonostante l’apprezzamento per la Supplica

38
espresso dal papa, la Congregazione dell’Indice confer-
mò nel 1754 la proibizione della Lettera Apologetica.

Rare original edition of this work written by di Sangro and


addressed to pope Benedetto XIV in defense of his Lettera
apologetica, that, together with the Italian translation the
Conte di Gabali’, was inscribed by the Church in the Index
of prohibited books with, among the others, the impeachments
of being heretical, of preferring the profane historians to the
christian ones, of having made the attempt to repeat the mira-
cle of the liquefaction of San Gennaro’s blood.

39
7. Ramsay, I viaggi di Ciro
373

Ramsay, André Michel de (1686-1743). I viaggi


di Ciro. Tradotti dall’Idioma Francese. In Napoli,
Con Licenza de’ Superiori, 1753.
In-8° (mm 190x122). 4 carte non numerate, 27 pagine numerate
V-XXXI, 255 pagine numerate. Frontespizio racchiuso da una cornice calco-
grafica e ornato da un disegno allegorico di Filippo Falcatore, con le armi
dei Castropignano, inciso su rame da Francesco Sesone; antiporta allegorica
a piena pagina incisa in rame da Francesco Sesone su disegno di Nicholas
Cochin; al recto della c. 3 vignetta allegorica con le armi di Mariano Eboli,
duca di Castropignano, incisa sempre dal Sesone su disegno di Giovan Batti-
sta Rossi. Fregi, testatine e finalini silografici nel testo. Legatura ottocentesca
in mezza pergamena con angoli, titolo manoscritto al dorso. Esemplare in
buono stato di conservazione, lievi gore, alcune carte leggermente brunite.

Prima traduzione italiana dell’opera Les voyages de


Cyrus, redatta in francese dallo scozzese Michel Ram-

41
say e impressa per la prima volta a Parigi nel 1727. Il
volume è dedicato dal traduttore Annibale Antonini
(1702-1775) a Mariano Eboli, dei duchi di Castropi-
gnano e, sebbene esso non rechi il nome dello stampa-
tore, è probabile che anche l’impressione di questo
scritto sia da ascrivere all’attività della tipografia di Rai-
mondo di Sangro, che probabilmente non volle esporsi
in prima persona dopo le critiche e la messa all’Indice
in cui erano incorse le sue opere precedenti. L’argo-
mento dei Viaggi di Ciro ben si accorda infatti con gli
interessi del principe di Sansevero, dal momento che si
tratta di un romanzo di pedagogia politica e religiosa,
che si ispira alle Aventures de Télemaque di François Fé-
nelon, e che viene considerato una delle pietre miliari
della massoneria universale.
«L’edizione napoletana di quest’opera è arricchita, ri-
spetto alle edizioni francese e inglese, di tre interessanti
incisioni dall’indubbio carattere iniziatico» (Rosanna
Cioffi, La cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia masso-
nica, Salerno 1987, p. 87). L’antiporta è di notevole
importanza perché venne disegnata di Charles Nicholas
Cochin, celebre autore del frontespizio dell’Encyclopédie,
e incisa da Francesco Sesone, un artista romano chiama-
to a Napoli per lavorare all’apparato iconografico delle
Antichità Ercolanensi. La calcografia, datata 1751, anno in
cui è lecito supporre che il Cochin, che era in Italia dal
1749 per accompagnare il fratello di Madame de Pom-
padour in un giro di ricognizione dei nuovi siti archeo-
logici, si trovasse a Napoli per visitare Ercolano e Pom-

42
7. Ramsay, I viaggi di Ciro
pei. L’anteporta «rappresenta un’allegoria della riflessio-
ne, indicata a Ciro quale guida primaria nei suoi viaggi
di ammaestramento. L’ideatore di tale incisione elabora
una singolare simbologia commista di elementi di carat-
tere tecnico-sperimentale e attributi di sapore esoterico.
Infatti, partendo dalla rappresentazione di un fenomeno
ottico – un raggio di luce incidente su di una superficie
speculare convessa che si riflette in un altro specchio di
superficie concava – e attraverso l’aggiunta di alcuni
simboli alludenti al carattere misterioso dell’antica sa-
pienza, vuole sottolineare il valore iniziatico del viaggio
di Ciro. La scena ha luogo in Egitto, sede per eccellenza
della prisca theologia, come è indicato dalla porzione di
piramide che si intravede sul lato sinistro della scena.
[…]» (Rosanna Cioffi, La cappella, cit., p. 87). L’illustra-
zione della Encyclopédie del Cochin doveva aver partico-
larmente colpito Raimondo, poiché si ritrova il motivo
della ricerca della verità velata da svelare in tutta la Cap-
pella Sansevero.
Il frontespizio dell’opera venne invece disegnato da Fi-
lippo Falciatore «con una grazia rococò ben lontana
dalla tradizione classicistica dell’accademia di Francia
nella quale si era formato il Cochin» (R. Cioffi, La cap-
pella, cit., p. 92) e raffigura lo stemma del dedicatario
dell’opera, i simboli militari che alludono alla carica del
padre di quest’ultimo, Francesco da Eboli, il sole, posto
ad oriente, e una donna «con un elmo in capo e nel-
l’atto di annaffiare un arboscello, accanto al quale sono
alcuni libri. […] L’allusione al rapporto tra l’educazione

44
di Ciro e quella di Mariano da Eboli è evidente […].
Nell’incisione appaiono oltre ai suddetti libri due ele-
menti fitomorfi: uno è un ramo di quercia, raffigurato
accanto alle insegne militari, che può essere un’allusio-
ne tanto alla forza che alla sapienza, virtù necessarie al
massone – ed è da ricordare fin d’ora che la ricca vege-
tazione marmorea scolpita nella Cappella finge rami e
arbusti di quercia –; l’altro è un arboscello di acacia,
simbolo per eccellenza della massoneria già nel Sette-
cento. Alcuni di questi simboli si ritrovano ancora nella
seconda incisione che decora la pagine ove inizia la de-
dica al duca di Castropignano e c’è la ripresa dello
stemma con il ramo di quercia, i libri e l’aggiunta di un
mappamondo e di un compasso. Questa stampa, dise-
gnata da un altro maestro del rococò napoletano, Gio-
van Battista Rossi, mostra alcune analogie con la sim-
bologia presente nella tomba di Raimondo, ad esempio
gli strumenti militari e scientifici» (R. Cioffi, La cappel-
la, cit., pp. 92-93).

First edition in Italian of Ramsay’s best known work, Les


voyages de Cyrus, probably printed by Raimondo di San-
gro’s Press, translated from French by Annibale Antonini and
dedicated to the Duke of Castropignano, member of the Ma-
sonic lodge of Naples.The volume is adorned by three allegor-
ical plates, referring to masonry and initiatic subjects, one of
which was drawn by Nicholas Cochin, the famous author of
the Encyclopédie’s title-page.

45
383

Di Sangro, Raimondo. Dissertation sur une lam-


pe antique Trouvée à Munich en l’année 1753.
Ecrite par M.r le Prince de S.t Severe Pour ser-
vir de suite à la première partie de ses Lettres à
M.r l’Abbé Nollet à Paris, sur une découverte
qu’il a faite dans la Chimie avec l’explication
Phisique de ses circonstances. Napoli, Morelli,
[1756].
In-4° (mm 186x130). 5 carte non numerate, 141 pagine numerate.
Frontespizio stampato in rosso e nero, ornato, nel margine inferiore, da
un disegno coevo a penna e acquerello raffigurante un mazzo di fiori.
Illustrato da due tavole ripiegate fuori testo incise su rame da France-
sco Cepparuli: la prima – con acquerellatura coeva – raffigurante il
modello della lampada e la seconda la ‘pianta del piede d’oro che so-
stenea la caraffa contenente il fosforo del rabino di Costantinopoli’.
Legatura coeva in vitello agli acidi, titolo in oro e decorazioni a ferri
dorati al dorso; sguardie in carta a pettine, tagli spruzzati di rosso e

46
8. Di Sangro, Dissertation sur une lampe antique
marrone. Esemplare in ottimo stato di conservazione, restauro a por-
zione della metà bianca dell’ultima carta, senza perdita di testo. Al
contropiatto anteriore ex-libris inciso ‘Felicis Durandi Comitis Villae’;
nota manoscritta coeva in inchiostro marrone al recto del foglio di
guardia anteriore ‘Donné par l’Auteur.’; firma di appartenenza in in-
chiostro nero al frontespizio.

Prima e unica rarissima edizione di quest’opera del


principe di Sansevero, impreziosita dall’invio autogra-
fo dell’autore e da due tavole, di cui una recante
un’acquerellatura di mano coeva.
«La Dissertation sur une lampe antique, scritta a Napoli
nel 1754, e pubblicata in lingua francese solo due anni
dopo, è una delle pochissime opere rimasteci del
Principe di San Severo D. Raimondo De Sangro, ed è
al contempo l’ultimo lavoro che il nobile alchimista
volle dare alle stampe. […] La Dissertation trova origi-
ne negli studi di Palingenesi condotti dal De Sangro a
fasi alterne fra il 1752 e il 1765. […] Oggetto appa-
rente della Dissertazione è fare la storia, e spiegare l’o-
rigine, dei cosiddetti lumi eterni del mondo antico, cui
il nostro autore non crede affatto, e più in generale di
una serie di fenomeni luminosi ed ignei spiegati come
effetto dei fosfori. In realtà, come già in altre opere
del De Sangro, il motivo apparente è un pretesto per
parlare di se stesso, delle sue scoperte, delle sue letture
e delle sue idee, e contrabbandare in modo velato no-
zioni e concetti che certo, esposti in forma diretta,
avrebbero potuto dar luogo a fastidiosi malintesi»

48
8. Di Sangro, Dissertation sur une lampe antique
(Raimondo Maria De’ Sangro, Il lume eterno, a cura di
Gian Carlo Lacerenza, Foggia, 1999, pp. 7-10).

First exceedengly rare edition, inscribed by the author on the


first flyleaf, of this work by di Sangro, written in French in
1754, that tries to trace an history of the origins of some lu-
minous phenomenona, the ‘ethernal lights’ of the ancient
world, but is also a pretext for di Sangro to speak about his
own discoveries, his inventions and his ideas. The book is
adorned by two engraved plates, one of which with a coheval
colouring.

50
LE FONTI

51
393

Toland, John (1670-1722). Adeisidaemon, sive Ti-


tus Livius A Superstitione vindicatus. La Haye,
Thomas Johnson, 1709.
In-8° (mm 158x93). 10 carte non numerate, 199 pagine numerate.Te-
sto in caratteri rotondi e corsivi, in alfabeto greco e latino. Frontespi-
zio stampato in rosso e nero; testatine, finalini e capilettera silografici
ornati nel testo. Legatura coeva in vitello nocciola, piatti inquadrati da
una cornice dorata a tre filetti, titolo e decorazioni in oro al dorso,
dentelles interne, sguardie in carta marmorizzata, tagli dorati. Esempla-
re in ottimo stato di conservazione, cerniere della legatura un po’ usu-
rate. Antica nota manoscritta di vendita al verso del foglio di guardia
anteriore.

Prima rarissima edizione dell’Adeisidaemon (“L’uomo


non superstizioso”), interessante opera del filosofo ir-
landese John Toland – considerato tra i più eminenti li-
beri pensatori e rappresentanti del deismo inglese. In
quest’opera, di ispirazione panteista, l’autore studia per
mezzo di Tito Livio le istituzioni e le tradizioni religio-
se dalla fondazione di Roma all’inizio dell’età imperia-

53
le, indagando il problema delle superstizioni religiose,
che è inseparabile dall’esame delle condizioni politiche
più propizie a favorirne o a contrastarne la diffusione e
rivendicando le proprie convinzioni repubblicane.
«Leibniz warned Toland that he seemed to equate reli-
gion and superstition in his Adeisidaemon, particularly
in arguing that religion involved dread of punishment
and hope of reward.Toland responded that because re-
ligion played a politically stabilizing role, it encouraged
tolerable superstitions» (Stephen H. Daniel, John Toland.
His methods, manners and mind, Kingston-Montreal
1984, p. 111).
John Toland non solo si trova citato più volte nel testo
della Lettera apologetica, e viene ricordato come uno di
quegli autori i cui libri erano – anche all’epoca – pres-
soché introvabili, ma rientra nelle preferenze del prin-
cipe di Sansevero a tal punto che intorno al 1750 egli
fece uscire dai torchi della sua tipografia un’edizione in
quarto in soli cinquanta esemplari dell’Adeisidemon, che
era stato proibito dall’Indice, riportante gli stessi dati ti-
pografici della presente princeps.

First very rare edition of this essay by the Irish philosopher


John Toland, ‘the father of secular philosophy’, in which he
defends Livy’s treatment of superstition in Antiquity and ex-
tends it to the discussions of his own age.The book of this first
person called a freethinker (by bishop Berkeley) was of course
put on the Index.Toland was one of the favourite writers of
the prince of Sansevero, and he is quoted many times in the

54
9. Toland, Adeisidaemon
Lettera apologetica. Di Sangro printed printed with his
own Firm an edition of the Adeisidaemon, in quarto and
with false indication of date and place.

3 10 3

[Graffigny, Françoise d’Issembourg d’Happon-


court (1695-1758)]. Lettres d’une Péruvienne. A
Peine, [1747].
In-8° (mm 157x92). 12 pagine con numerazione romana, 336 pagine
numerate, 8 pagine con numerazione romana, 62 pagine numerate. Fre-
gi silografici nel testo. Legatura coeva in vitello agli acidi, decorazioni e
titolo in oro su tassello rosso al dorso, tagli marmorizzati. Esemplare in
buono stato di conservazione, legatura leggermente usurata.

56
Prima edizione – di cui si conoscono varie tirature che
differiscono per i fregi silografici utilizzati, per la pagi-
nazione e per il luogo di stampa – di quest’opera, la
prima conosciuta a contenere una Suite di otto lettere
aggiuntive. Il volume venne probabilmente impresso
dalla tipografia lionese della famiglia Delaroche, dal
momento che presenta numerose affinità tipografiche
con le edizioni che uscirono dai torchi di questa cele-
bre stamperia, la cui attività si protrasse dal XVIII al XX
secolo inoltrato.
L’opera, un romanzo sentimentale che risente di pesan-
ti debiti alle Lettres persanes di Montesquieu del 1721,
venne scritta da Madame de Grafigny, amica di Voltaire,
Diderot, Helvétius, e godette, nel corso del XVIII secolo,
di un vasto successo tanto da venir ristampata almeno
un centinaio di volte e tradotta in varie lingue. L’artifi-
cio letterario delle 38 Lettres e della Suite, le vuole
scritte dalla principessa Inca Zilia che, rapita e portata
in Francia dai conquistatori spagnoli, comunica col fra-
tello e fidanzato Aza attraverso lettere scritte con nodi
di cotone colorati, che potevano essere decifrati solo da
chi conosceva la registrazione logico-numerica. La vi-
cenda sentimentale narrata dal romanzo epistolare cela
una serie di appassionate denunce: dagli eccessi del co-
lonialismo spagnolo in America del Sud, alle incon-
gruenze della società francese dell’epoca, all’inegua-
glianza tra i sessi, denunce che si inseriscono a pieno
titolo nel clima culturale europeo dell’epoca dei Lumi.

57
L’opera di Madame de Grafigny, che entrò ben presto a
far parte dell’Indice dei libri proibiti, venne difesa stre-
nuamente da Raimondo di Sangro nella sua Lettera apo-
logetica e ispirò l’estesa trattazione sui nodi quipu in essa
contenuta.

First edition, known in several issues, of this famous epistolary


novel by Madame de Grafigny, friend to Voltaire, Diderot and
Helvétius, that is an imitation of Montesquieu’s Lettres Per-
sanes, and that takes the form of a series of 38 letters pur-
porting to be written by a kidnapped Inca princess, brought to
France when her country is conquered by the Spaniards, to her
lover by using the quipu code.The book, that enjoyed enor-
mous popularity and was translated into numerous languages,
was avidly defended by Raimondo di Sangro in his Lettera
apologetica.

Barbier, II, 1246; Debacker, 1131; Conlon 47:520; Negley 1408;Valette


142.

58
3 11 3

Breve nota di quel che si vede in Casa del Prin-


cipe di Sansevero D. Raimondo di Sangro nella
città di Napoli. [S.l, s.n.], 1767.
In-12° (mm 151x95). 60 pagine numerate. Fregio silografico al fronte-
spizio. Legatura ottocentesca in cartoncino ricoperto da carta decorata.
Esemplare in ottimo stato di conservazione, lievi fioriture.

Rarissima edizione da considerarsi probabilmente la


prima, dal momento che quella del 1766 è introvabile,
di questa guida che, oltre a contenere nella parte finale
la prima bibliografia dedicata a Raimondo di Sangro,
descrive minuziosamente, oltre ai marmi e alle meravi-
glie architettoniche della cappella e del palazzo Sanse-
vero, anche i misteri e le stranezze di casa di Sangro.
Nell’anonima operetta non solo vengono enumerati i
mirabilia del laboratorio sotterraneo del principe, ma vi
sono anche elogiate le sue numerose invenzioni: dalle

59
11. Breve nota di quel che si vede in Casa del Principe di Sansevero

60
gemme artificiali, alla seta vegetale, ricavata dalla filatura
di una pianta chiamata Apocino, dalle tavole stampate a
più colori, ai marmi dipinti, dalla cera prodotta me-
diante un procedimento chimico al carbone alchemico.
In questa variopinta e molteplice galleria, che certo
contribuì a creare un esoterico alone di mistero intor-
no alla figura del principe, vanno annoverate le famose
“macchine anatomiche” delle quali vien detto: «In una
stanza d’una altro Appartamento, che chiamano della
Fenice, il quale sta tutto in fabbrica, per renderlo me-
glio diviso e comodo, si veggono due macchine anato-
miche, o, per meglio dire, due scheletri d’un maschio (a
sinistra), e d’una femmina, ne’ quali si osservano tutte le
vene de’ corpi umani, fatte per iniezione, che, per esser
tutti intieri, e, per diligenza, con cui sono stati lavorati,
si possono dire singolari in Europa. Oltre a tutte le vi-
scere, e le parti interiori del corpo, colla apertura del
cranio, si osservano tutt’i vasi sanguigni della testa; e
coll’aprirsi la bocca, si veggono i vasi della lingua. Mi-
rabile poi la delicatezza con la quale e’ stato lavorato il
corpicciuol d’un Feto che morì in un colla Madre, la
quale sta in piedi e si fa girare d’ogni intorno, per os-
servarsene tutte le parti. Le dette due macchine, o sche-
letri, son opera del Signor Domenico Giuseppe Saler-
no, Medico Anatomico Palermitano» (pp. 20-23).

Exceedengly rare edition, probably the first, of this guide to the


Sansevero’s Palace, that contains also the first bibliography of
prince’s works.The book gives also an account about the marvel-

61
lous inventions and experiments of di Sangro, such as the al-
chemical marbles, the alchemical coal, the artificial gems, the vege-
tal silk, the multi-colours simoultaneous print and the ‘anatomi-
cal machines’, the skeletons of a man and a woman complete
with the entire system of blood veins and arteries perfectly pre-
served.According to the Legend which raised around the ‘Sorcer-
er Prince’ these two persons died accidentally and Raimondo di
Sangro injected them some unknown substance which petrified
all their veins, arteries and capillaries as well as several organs.

3 12 3

Genovesi, Antonio (1713-1769). Lettere familiari.


Napoli, Domenico Terres, 1774.

Due volumi in-4° (mm 211x136). 23 pagine con numerazione romana,


237 pagine numerate; 4 carte non numerate, 264 pagine. Frontespizio di

62
12. Genovesi, Lettere familiari
entrambi i tomi racchiuso da una cornice silografica e ornato da un pic-
colo fegio inciso su legno; al recto della c. 2 del primo volume testatina
incisa su rame, disegnata da Cimarelli, con le armi del dedicatario del-
l’opera; testatine silografiche nel testo di entrambi i volumi. Legatura
coeva in pergamena con titoli in oro ai dorsi, segnalibri in seta verde.
Esemplare in buono stato di conservazione, lievi fioriture ad alcune car-
te. Nota di possesso manoscritta al frontespizio dei due tomi ‘Del D.
Gaetano Spina’.

Prima edizione dell’epistolario del celebre illuminista


napoletano, autore di opere di filosofia ed economia
politica, Antonio Genovesi, che fu allievo di Giambatti-
sta Vico, pubblicata postuma e dedicata dallo stampatore
Domenico Terres al patrizio genovese Antonio Berio. Il
Genovesi, filosofo empirista influenzato da Locke nella
Metafisica, volle dare maggiore concretezza alle proprie
riflessioni affrontando i problemi dell’economia e sug-
gerendo ai governanti le possibili soluzioni nelle Lezio-
ni di commercio (1765-1767). Convinto della necessità di
stimolare l’industria interna con alte tariffe doganali al-
le importazioni, sostenne invece, in accordo con il pen-
siero economico riformatore, il libero commercio del
grano, la funzione positiva del lusso, la nocività dei pri-
vilegi nobiliari ed ecclesiastici ed inoltre collaborò alle
riforme introdotte nel Regno di Napoli da Bernardo
Tanucci.
Le sue Lettere familiari, che testimoniano l’assidua atti-
vità epistolare dell’autore e la sua fitta e vasta rete di
contatti, vengono pubblicate, come si legge nella Pre-
fazione scritta dal Terres, con lo scopo di mostrare

64
«quegli aurei sentimenti di virtute, e di amore per la
Patria, e pel genere umano» (vol. I, c. 4r). L’opera è da
annoverarsi tra le fonti atte a documentare la figura
del di Sangro poiché vi si trova la risposta del Geno-
vesi, datata 12 settembre 1769, ad una lettera del Prin-
cipe di Sansevero che gli aveva chiesto un parere sulla
Ratio Rethorica, & Critica di Marcellino Ammiano de
Luca (vol. II, pp. 172-75). Nella nota dell’editore viene
evidenziato che probabilmente si tratta di una delle
ultime, se non l’ultima, lettere scritte dal filosofo na-
poletano prima di morire. Interessante, sempre nelle
note, è la citazione di un altro brano del Genovesi uti-
lizzato per presentare il personaggio del principe e in
cui ne viene delineato un vivace ritratto: «Questo Si-
gnor (il Principe di Sansevero) è di corta statura, di
gran capo, di bello e gioviale aspetto, Filosofo di spiri-
to, molto dedito alle Meccaniche, di amabilissimo, e
dolcissimo costume; Studioso e ritirato: amante la
conversazione di uomini di lettere» il Terres aggiunge
infine che «Egli fu amicissimo del nostro Genovesi»
(vol. II, p. 172, nota 1) e difatti i rapporti cordiali tra i
due furono costanti e sinceri tanto che nella sua auto-
biografia l’economista ricorda l’aiuto determinante
che il di Sangro gli offrì per l’ottenimento della catte-
dra di Commercio a Napoli.

First edition, published by Domenico Terres after the death of the


author, of this collection of Familiar Letters by one of the most
important philosophers of the Neapolitan Enlightment, the ab-

65
bot Antonio Genovesi who was a close friend to the prince of
Sansevero.The book is an important source for the knowledge of
di Sangro because it contains a letter addressed to him in which
we find also an interesting physical portrait of don Raimondo:
«He is of short height, with a big head, of handsome and jovial
looking, he is a witty philosopher, devoted to the study of Me-
chanics, he is very agreeable and of sweet manners».

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Clemens XIV, papa (1705-1774). Lettere ed altre


opere di Clemente XIV. Ganganelli. Firenze, Presso
Giuseppe Molini all’insegna di Dante, 1823.

Due volumi in-12° (mm 150x77). Due carte non numerate, 608 pagine
numerate; 572 pagine numerate, due carte non numerate. Piccolo fregio

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raffigurante il busto di Dante al frontespizio dei due volumi e al recto
della penultima carta del secondo volume. Legatura originale in carto-
nato editoriale a stampa. Esemplare in discreto stato di conservazione,
con barbe, molte carte uniformemente brunite, dorso della legatura del
primo volume mancante.

Rara edizione di questa raccolta di lettere e di opere di


Gianvincenzo Antonio Ganganelli salito al soglio pon-
tificio col nome di Clemente XIV nel 1769, che testi-
moniano la fitta corrispondenza dell’autore con alcuni
dei personaggi più illustri della sua epoca, quali, tra gli
altri, il conte Algarotti, il marchese Scipione Maffei, il
cardinal Querini, il conte Ginori, il re di Francia Luigi
XV, l’abate Frugoni,Antonio Genovesi, Ludovico Anto-
nio Muratori e il Baudrier. La silloge si chiude con una
serie di sermoni, riflessioni e discorsi pubblici tenuti
dal Ganganelli durante il suo pontificato. La personalità
di Clemente XIV viene sintetizzata nella prefazione al-
l’edizione dove egli viene descritto come «Nemico di-
chiarato del bigottismo […] persuaso che tutto ciò che
appartiene a Dio non può essere che sublime. Amico
della vera Filosofia, egli non ambisce se non quel che
spaventa gli ambiziosi, la fortuna cioè di non avere a
governare altri che se stesso, convinto che il più bel ti-
tolo dell’uomo è quello d’esser uomo» (vol. I, pp. 5-6).
Viste queste premesse, non stupisce pertanto che all’in-
terno del libro si trovino ben tre lettere indirizzate al
‘Principe di Sansevero Napoletano’, che proprio in que-
gli anni incorreva nelle pesanti accuse della Congrega-
zione dell’Indice. Nella prima, datata 17 gennaio 1751,

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dopo aver ringraziato il principe per l’accoglienza fatta al
Signor Wesler, vengono fatte alcune osservazioni sulla
città di Napoli, che viene descritta come «la più propria
per esercitar lo spirito de’ letterati, presentando essa per
ogni dove tanti fenomeni in ogni genere, che per forza
bisogna darsi l’occupazione di osservarli. Le sue monta-
gne, i suoi sotterranei, le pietre, le acque, il fuoco, dal
quale essa è, per dir così, penetrata, son tanti oggetti che
fanno venir voglia d’esaminarli» (vol. I, lettera XXXI, p.
117). Sembra esserci, in queste affermazioni, una aperta
seppur cauta manifestazione della stima del Ganganelli
nei confronti degli esperimenti scientifici del di Sangro,
che proprio in quel periodo veniva aspramente criticato
dal potere ecclesiastico con la messa all’indice della Lette-
ra apologetica. Nella seconda missiva, del 13 dicembre
1753, il futuro papa tratta dell’utilità della storia naturale,
di Dio e dell’incredulità (vol. I, pp. 300-308), lodando il
trattato di storia naturale del Buffon e gli esperimenti del
Sansevero, ma ponendo anche come mònito fondamen-
tale che «non si parli mai delle creature se non che per
avvicinarci al creatore» (ibid., p. 307).
La terza lettera, datata 13 gennaio 1757, disquisisce infine
su come vada considerato lo studio delle antichità, che
meritano sì ammirazione, ma che spesso generano un fa-
natismo eccessivo degli eruditi. Lo scritto si apre con
un’affermazione di meraviglia riguardante le scoperte del
principe, «Ella tira fuori un secondo mondo dal primo»,
afferma il Ganganelli, per poi concludere con accenti
moderati, che hanno il tono della raccomandazione «Io

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sempre temo che le di lei chimiche esperienze non siano
nocive alla sua salute, perché talvolta ne risultano acci-
denti terribili» (vol. I, lettera CI, pp. 372-75).

Rare edition of this collection of letters and works by Antonio


Ganganelli, who became pope Clemens XIV in 1769, and ad-
dressed to the most important personalities of his time, as Louis
XV of France,Algarotti, Muratori and Genovesi.The book con-
tains also three letters written to Raimondo di Sangro in which
the Neapolitan prince is praised for his scientific discoveries.

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Serao, Matilde (1856-1927). Leggende napoleta-


ne. Milano, Giuseppe Ottino, 1881.

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In-8° (mm 183x105). 272 pagine numerate.Testatine ornate nel testo.
Legatura in cartoncino. Esemplare in discreto stato di conservazione,
gore e fioriture in tutto il volume, alcune carte uniformemente brunite.

Prima edizione di questa raccolta di storie legate alla


tradizione popolare napoletana, da annoverarsi nella
produzione giovanile della scrittrice e giornalista di
origini partenopee Matilde Serao. Nel volume è conte-
nuto, tra gli altri, uno scritto intitolato Il Cristo morto in
cui l’autrice narra, con toni documentaristici, la visita ai
marmi velati fatti realizzare da Raimondo di Sangro
nel 1759 per la cappella di famiglia, costituendo una
sorta di baedeker del luogo. «“La cappella è glaciale”, è la
prima impressione che Serao annota in questo incon-
sueto taccuino museale, nel quale del principe di San-
severo non v’è traccia. Eppure i monumenti, i simboli
massonici, le inquietanti macchine anatomiche, il se-
polcro con la lunga epigrafe celebrativa ricordano con-
tinuamente alla visitatrice il suo nome: ella, invece, vede
soltanto freddi marmi, e grandi sculture allegoriche che
una dopo l’altra le si parano davanti. In questo tempio
ove sente aleggiare la morte – “Tombe dappertutto”
scrive con evidente disagio – volontariamente ignora il
mistero che non potrebbe narrare con il tono gioioso e
rassicurante, con l’ingenuo incanto da libro delle fate
che contraddistinguono tutti i racconti delle Leggende
napoletane» (E parve castigo dal cielo.Voci di fine Ottocento
sul principe di Sansevero e il suo palazzo, introduzione e
note a cura di F. Rutoli, Napoli 2003, p. 15).

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First edition of this collection of Neapolitan legends by the
journalist and novelist Matilde Serao that contains an inter-
esting account, the Cristo morto, that is a kind of baedeker
of the famous marble statues, also called the ‘veiled marbles’,
conceived by Raimondo di Sangro in 1759, to adorn the
Sansevero’s family chapel.

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Capuana, Luigi (1839-1915). Libri e teatro. Cata-


nia, Giannotta, 1892.
In-8° (mm 194x128). 37 pagine con numerazione romana, 281 pagine
numerate. Brossura editoriale a stampa. Esemplare in buono stato di
conservazione, fioriture sulla brossura e su qualche pagina.Timbri di ap-
partenenza al piatto anteriore della copertina.

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Prima edizione di questa raccolta di saggi dello scrit-
tore, critico e giornalista siciliano Luigi Capuana, nel-
la quale viene pubblicato per la prima volta anche il
celebre saggio su Don Raimondo di Sangro, scritto
nel 1889 in seguito alle impressioni suscitate sull’au-
tore dal fatto di croncaca che descriveva lo stato di
decadenza del palazzo Sansevero, che aveva rischiato
di crollare insieme alla famosa cappella. Nel suo scrit-
to il Capuana, dopo aver tracciato un breve profilo
biografico del principe, si sofferma con particolare at-
tenzione sulla sua opera più nota, la Lettera apologetica,
di cui vengono riportati interi brani, per poi descrive-
re le invenzioni e le scoperte del Sansevero con toni
apertamente elogiativi e concludere infine con una
sorta di invito alla riabilitazione e alla riscoperta di
questo affascinante personaggio:
«Tattica, invenzioni militari, invenzioni pirotecniche
(il verde-mare, il verde-smeraldo, il rubino, il pavonaz-
zo, il giallo che oggi ammiriamo nelle girandole furo-
no scoperti da lui, come pure i razzi col fischio e gli
altri, dei quali pare perduto il segreto, “con un ben
chiaro e distinto canto di uccelli, il quale senz’altro
estraneo aiuto era dallo stesso fuoco prodotto”) in-
venzioni idrauliche, architettoniche, artistiche; studî di
lingue antiche e moderne, di filosofia, di teologia, sto-
ria e antiquaria, non gl’impedirono di trovar il tempo
per isbizzarrirsi con la lettera apologetica e con la inven-
zione del nuovo alfabeto dei Quipu, dell’antico essen-

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do rimasto soltanto il nome e il ricordo. Le signorine
che volessero procurarsi una bizzarra occupazione po-
trebbero rimetterlo in voga» (pp. 236-37).

First edition of this collection of essays by the Sicilian writer,


literary critic and journalist Luigi Capuana in which one
chapter is entirely dedicated to the prince of Sansevero. After
giving a brief biographical account about the life of Raimondo
di Sangro, the author speaks in a detailed way about the fa-
mous Lettera apologetica, praising both its contents and its
typographical mastery, and expresses his enthusiasm about the
great number of inventions conceived by the prince.

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Questo volume
è stato impresso
dall’officina d’arte grafica Lucini
in Milano
marzo 2008

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