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AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE AMBIENTALE

SERVIZIO PREVENZIONE E RISCHIO TECNOLOGICO

Verifiche Periodiche e Controlli di


Apparecchi A Pressione

- Linee Guida per gli adempimenti di Legge -

a cura della Direzione Tecnico-Scientifica


Direttore dott. Eduardo Patroni

e per il Servizio Prevenzione e Rischio Tecnologico


ing. Rossella Laino

Campobasso, settembre 2004


Regione Molise
AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE AMBIENTALE
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Indice

TIPOLOGIE DEGLI APPARECCHI A PRESSIONE .............................................................. 3


VERIFICHE..................................................................................................................... 3
ANOMALIE...................................................................................................................... 6

GENERATORI DI VAPORE .............................................................................................. 8


ANOMALIE PIÙ FREQUENTI NEI GENERATORI DI VAPORE ........................................ 11
I TRATTAMENTI DELL’ACQUA DEI GENERATORI DI VAPORE ..................................... 11
APPARECCHI A PRESSIONE DI GAS E VAPORI ............................................................... 12
ANOMALIE PIÙ FREQUENTI NEGLI APPARECCHI A PRESSIONE ................................. 13
LA RELAZIONE DI PRIMO O NUOVO IMPIANTO........................................................... 14
OMOLOGAZIONE DELL’I.S.P.E.S.L............................................................................ 15
ESCLUSIONI ED ESONERI ............................................................................................ 17
DENUNCIE .................................................................................................................. 18
APPARECCHI INATTIVI ................................................................................................ 19
CONTROLLI NON DISTRUTTIVI (CND)...................................................................... 20
SITUAZIONI RICORRENTI ............................................................................................ 32

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TIPOLOGIE DEGLI APPARECCHI A PRESSIONE

Generatore di vapore (fissi e semifissi, a tubi d’acqua o tubi da fumo, grande o piccolo
volume d’acqua, con uno o più corpi cilindrici, caldaie ipercritiche, monotubolari, a
riscaldamento indiretto, a recupero di calore ecc.);
Recipienti a vapore (accumulatori di vapore, scambiatori di calore, cilindri per
cantiere,autoclavi ecc.);
Recipienti a gas in ambienti di lavoro (reattori per impianti chimici, colonne di sintesi,
torri di distillazione, serbatoi per gas,bombole fisse, scambiatori di calore ecc.);
Recipienti a gas in ambienti di vita (serbatoi contenenti gas di petrolio liquefatto,vasi di
espansione per impianti termici, autoclavi per il sollevamento di acqua ecc.).

VERIFICHE

Salvo le deroghe stabilite e salvo le norme speciali, gli esercenti di officine per la
costruzione di apparecchi a pressione devono far sottoporre gli apparecchi a pressione
che man mano costruiranno o porranno in riparazione, ad una visita interna quando
l’apparecchio sia ancora smontato o comunque non finito e ad una successiva prova
idraulica quando la costruzione o la riparazione sia terminata.
Ambedue queste verifiche devono eseguirsi in officina. Tuttavia per gli apparecchi che
non possono montarsi che sul luogo di esercizio, si eseguirà in officina solo la visita
interna.
Le visite suindicate devono essere eseguite alla presenza dei tecnici dell’ISPESL, i quali
rilasceranno un certificato delle prove eseguite. Le verifiche prescritte dal precedente
articolo anche se eseguite con esito positivo non esimono i costruttori ed i riparatori di
apparecchi a pressione dalle eventuali responsabilità civili e penali relative agli apparecchi
da essi costruiti o riparati.
I costruttori e riparatori di apparecchi a pressione devono consegnare in duplice copia
all’ISPESL, prima che venga eseguita la visita interna, il disegno quotato indicante
esattamente tutti i particolari costruttivi necessari agli effetti del controllo, di ogni
apparecchio in costruzione o riparazione. Anche chi importa dall'estero un apparecchio a
pressione deve inviare all’ISPESL il predetto documento non oltre dieci giorni dalla
introduzione in Italia dell'apparecchio stesso.
Le verifiche periodiche regolamentari sugli apparecchi a pressione vengono effettuate
dall’A.R.P.A. Molise secondo le seguenti modalità, in base al R.D. n° 824/27 e alla
raccolta E del D.M. 21/05/74.
Ove l'agente tecnico ritenga che l'apparecchio non sia idoneo al funzionamento, ne deve
ordinare la sospensione d'uso e deve prescrivere le sostituzioni, le riparazioni e le
aggiunte necessarie, stabilendo altresì il termine per il loro adempimento e le verifiche da
eseguirsi prima che l'apparecchio possa funzionare.
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I generatori semifissi di capacità totale inferiore ai 150 litri sono soggetti soltanto alle
visite ed alle prove di esercizio prescritte per le locomobili.
Per i recipienti di vapore, gli agenti tecnici incaricati della verifica periodica possono
sostituire, in caso di necessità, una prova idraulica alla visita interna oppure eseguire, in
luogo di tali verifiche, una prova speciale iniettando vapore nel recipiente fino ad
ottenere la pressione di mezzo chilogrammo per cmq. superiore a quella del bollo e
mantenendo tale pressione durante tutto il tempo occorrente per l'ispezione.
In ogni caso è obbligatoria la prima prova idraulica.
Ogni generatore fisso o semifisso o qualsiasi apparecchio proveniente dall'estero, prima
di essere posto in funzione, deve subire la prova idraulica sul luogo di impianto.
Sono soggetti altresì alla prova idraulica:
a) gli apparecchi che, sebbene provati anteriormente, formino oggetto di nuovo
impianto;
b) gli apparecchi per i quali, in seguito alla visita interna, sia stata riconosciuta la necessità
della prova stessa con provvedimento motivato;
c) gli apparecchi che abbiano avuto uno dei seguenti restauri:
1) applicazione di una o più toppe, la cui superficie complessiva sia superiore ad un
quarto di mq.;
2) applicazione di una toppa di qualunque dimensione in una lamiera esposta alla fiamma
diretta;
3) applicazione di una toppa che interrompa una chiodatura di una lamiera per un terzo
della sua lunghezza totale;
4) applicazione di una toppa all'incontro di più lamiere, cioè comprendente insieme un
giunto trasversale ed uno longitudinale del corpo del generatore;
5) cambio di una parte essenziale del generatore;
6) sostituzione di oltre un quarto dei tubi da fumo o da acqua quando tale quarto non sia
inferiore a sei tubi.
Gli apparecchi di nuovo impianto devono essere sottoposti alla prova idraulica prima
che siano chiusi dalla muratura o da altro rivestimento.
Per gli apparecchi chiusi da muratura o da altro rivestimento e in facoltà dell'agente
tecnico di esigere che per la prova la muratura o il rivestimento siano in tutto o in parte
rimossi, specialmente quando non siano ispezionabili interamente.
Ogni apparecchio deve essere sottoposto a una prova idraulica entro dieci anni dalla data
in cui sia stata eseguita altra prova idraulica.

VISITA INTERNA (V.I.)


La visita interna, effettuata ad impianto fermo, consiste nell'esame di tutte le parti
dell'apparecchio, tanto internamente quanto esternamente, e dei suoi accessori, dopo
aver asportato eventuali coibendazioni e/o protezioni per la valutazione dello stato di
conservazione.
Indipendentemente dalle visite e prove eseguite nella officina del costruttore o del
riparatore, la prima visita interna sul posto di impianto deve sempre accompagnare la
prima prova idraulica dell'apparecchio fatta sul posto; la seconda deve aver luogo entro

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un anno dalla data della prova a caldo. Le successive visite interne debbono essere
eseguite a periodi di tempo non maggiori di due anni.
Quando un apparecchio subisca per qualsiasi ragione una prova idraulica, questa deve
essere sempre accompagnata da una visita interna; una successiva visita interna deve
essere eseguita entro un anno dalla detta prova o dalla prova a caldo che
immediatamente la segua. Per gli apparecchi rimasti inattivi oltre due anni, la visita
interna, da eseguirsi alla ripresa del lavoro, deve precedere la prova a caldo.
E’ possibile integrare la V.I. con specifiche indagini non distruttive.

PROVA IDRAULICA (P.I.)


La prova idraulica consiste nel sottoporre l'apparecchio a pressione idraulica.
La pressione deve essere mantenuta per tutto il tempo necessario per l'esame
dell'apparecchio in ogni sua parte. La prova idraulica si esegue ad una pressione uguale
ad una volta e mezzo la pressione massima effettiva di lavoro. La pressione però non
deve essere inferiore a kg 1,5 per cmq
Ove si tratti di apparecchi funzionanti al di sopra di 10 kg per cmq la prova deve essere
fatta ad una pressione che superi di 5 kg per cmq quella normale. Tale pressione di prova
non deve essere mai inferiore, in ogni caso, ad una volta e un quarto la pressione
massima di lavoro.
Per gli apparecchi usati o riparati dei quali si conosca la provenienza, nonché per i
generatori e recipienti di vapore, le prove idrauliche si eseguono ad una pressione uguale
ad una volta e un quarto la pressione massima effettiva di lavoro o comunque mai
inferiore ad un kg per cmq. Ove si tratti di apparecchi funzionanti al di sopra di 10 kg
per cmq la nuova prova sarà fatta ad una pressione che superi di kg 2,5 quella normale
ed in ogni caso non mai inferiore ad una volta ed un ottavo la pressione massima di
lavoro.
La prova idraulica può sostituire la V.I. per apparecchi non completamente ispezionabili
e può essere sostituita, solo per i recipienti gas, da una prova di tenuta utilizzando altri
fluidi.

PROVA DI FUNZIONAMENTO O DI ESERCIZIO (P.F.)


La prova a caldo consiste nell'esame accurato del funzionamento del generatore, del
recipiente di vapore e dei suoi accessori (verifica dell’efficienza dei dispositivi di
sicurezza ) e dell’accertamento che i parametri di esercizio siano conformi a quelli
previsti all’atto dell’omologazione. La prova a caldo si deve fare dopo la prima prova
idraulica e dopo le prove idrauliche per nuovo impianto e per restauro. Le prove a caldo
successive (nel corso delle verifiche periodiche) sono fatte, anche senza preavviso, a
periodi di tempo non maggiori di due anni. In ogni caso però la prova a caldo deve
essere eseguita dopo un intervallo non maggiore di quattro anni.
Mentre per i generatori e recipienti di vapore è prevista, ad anni alterni la visita interna e
la prova di funzionamento a caldo, per i recipienti contenenti gas e vapori diversi dal
vapor d’acqua è prevista, annualmente soltanto la prova di esercizio.

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Indipendentemente se nell'anno precedente abbia subito ambedue queste verifiche, ogni


generatore o recipiente di vapore deve subire in ogni anno la visita interna o una prova a
caldo.

VERIFICA COMPLETA DECENNALE


La verifica completa decennale è una tappa importante della vita di un apparecchio a
pressione, in quanto in tale occasione si devono valutare gli effetti dell’esercizio nel
tempo, per accertarne l’idoneità all’utilizzo in condizioni di sicurezza.
Per i recipienti per gas tale verifica è prevista con cadenza decennale dalla data del
collaudo di primo impianto.
Per i generatori e gli apparecchi a vapore è prevista con cadenza decennale dalla data
della precedente prova idraulica.
La verifica completa può essere pertanto costituita dall’insieme delle tre prove indicate

P.I. + V.I. + P.F. = VERIFICA COMPLETA DECENNALE

ANOMALIE

Le anomalie possono essere ricondotte a due categorie principali:


• Anomalie originarie
• Anomalie dovute alle condizioni di esercizio
Le tipologie delle anomalie rilevate sono numerose e quelle più rilevanti sono:
• Cricche nel materiale
• Cricche su saldature
• Corrosioni di varia natura
• Riduzioni di spessore nei materiali
• Deformazioni permanenti

Gli apparecchi interessati da anomalie, ritenute non gravi, devono essere “restaurati”
utilizzando le corrette procedure previste dalla normativa vigente, quelli con difetti non
riparabili o pregiudizievoli per la sicurezza devono essere demoliti.
Per apparecchi che hanno subito delle variazioni dei parametri costruttivi o di utilizzo
sono necessarie nuove verifiche di stabilità e deve essere prescritta, dove necessario, la
trasmissione all’I.S.P.E.S.L. competente per territorio per una nuova omologazione.

ANOMALIE ORIGINARIE
L’apparecchio a pressione viene costruito sulla base di un progetto eseguito da un
tecnico abilitato previa approvazione dell’I.S.P.E.S.L., con materiali certificati o
collaudati e con le successive verifiche di costruzione di competenza dell’I.S.P.E.S.L.
Le strutture ed i materiali che costituiscono l’apparecchio possono tuttavia possedere già
dalla loro origine difetti che in fase di costruzione potevano essere ritenuti accettabili o

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difetti di altro tipo che non potevano essere rilevati in quanto non ancora evidenziatisi in
modo apprezzabile.
A volte, le lamiere “tensionate” già in origine soggette a lavorazioni a freddo, tendono a
“sfogliarsi” e tale fenomeno può essere accentuato dalle lavorazioni successive quali ad
esempio la saldatura.
Nella maggioranza dei casi queste “sfogliature” non possono essere rilevate fino al
momento in cui non si evidenziano con cricche o fino a quando non si eseguano
specifici controlli non distruttivi.
Anche i materiali non perfettamente omogenei, ad esempio con inclusioni di materiali
diversi, possono condizionare negativamente l’esito di alcune lavorazioni successive
necessarie per la costruzione.
La distribuzione non omogenea delle tensioni quando non valutata in fase di progetto,
può provocare nel tempo difetti apprezzabili come cricche o deformazioni permanenti.
In questo caso la temperatura di esercizio è uno dei fattori determinanti.
La caratteristica dei difetti originari è quella di emergere durante l’esercizio, anche a
distanza di molto tempo dalla costruzione dell’apparecchio.

ANOMALIE DOVUTE ALL’ESERCIZIO


Per valutare adeguatamente le anomalie dovute all’esercizio, è opportuno separare
l’esame dei generatori di vapore dagli altri apparecchi, in quanto i primi sono soggetti a
fiamma diretta e pertanto sollecitati direttamente dall’energia termica.
Per gli apparecchi a pressione non è previsto un limite di tempo alla vita in esercizio,
pertanto, l’uso corretto (nei limiti di quanto previsto in sede di progetto) e l’esecuzione
delle verifiche periodiche, sono elementi determinanti per il funzionamento in sicurezza.
Nel Libretto Matricolare e nei Verbali di Verifica Periodica è riportata la storia
dell’apparecchio dalla sua “nascita” sino alla situazione attuale, soprattutto alla luce delle
eventuali diverse installazioni, delle differenti utilizzazioni, delle riparazioni o di altri
interventi tecnici.
E’, infatti, ormai accertato che condizioni di utilizzo molto gravose o non corrette,
costituiscano fattori di rischio rilevanti, tali da provocare incidenti gravi ed, in alcuni casi,
anche in apparecchi contenenti fluidi non pericolosi o con energia potenziale non
elevata.
Viceversa un apparecchio con pressione di bollo elevata e/o contenente fluidi anche
infiammabili o corrosivi, esercito in modo corretto e verificato periodicamente, può
presentare condizioni di rischio accettabili.

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GENERATORI DI VAPORE

Le anomalie più ricorrenti riscontrate nei generatori di vapore sono classificabili come:
• Cricche su saldature
• Fessurazioni nel materiale
• Deformazioni permanenti
• Corrosioni
• Incrostazioni
Nei generatori di vapore, l’elevata energia immagazzinata, la notevole temperatura di
lavoro delle lamiere del corpo a pressione, fanno sì che un’eventuale anomalia possa
rapidamente evolvere in una rottura, con conseguente pericolo di scoppio per il
fortissimo aumento di volume dovuto all’improvvisa vaporizzazione dell’acqua.
Le anomalie sopra menzionate e non prevedibili nella maggior parte dei casi sono
prevalentemente generate dai fattori di seguito menzionati.

1. Acqua d’alimentazione
Negli impianti termici l’acqua può dare origine a due tipi di inconvenienti: incrostazioni e
corrosioni.
Mentre il fenomeno delle incrostazioni è abbastanza definito e delineato perché la sua
origine è unica ed è, quasi sempre, la durezza e cioè il contenuto in acqua di sali di calcio
e di magnesio e di silicati, il fenomeno corrosivo è, invece, un fenomeno complesso di
cui è spesso difficile determinarne le cause d’origine e quelle di sviluppo. A complicare
l’analisi della corrosione nelle tubature metalliche è la presenza degli ossidi metallici
(generati dalla corrosione stessa) che si depongono in altri punti dell’impianto, dando
origine a pile di corrosione secondaria.
Tra le cause più frequenti di corrosione si può ricordare il deposito di corpi estranei, la
presenza di anidride carbonica ed infine la presenza di pile dovute ad errori impiantistici,
quali l’accoppiamento di due metalli il cui potenziale elettrochimico sia notevolmente
diverso.
Per evitare le corrosioni i sistemi fondamentali sono due: l’uno prevede la correzione
chimica o chimico-fisica dell’acqua, l’altro prevede l’impiego di sostanze che isolano il
metallo dall’acqua rendendo impossibile l’innescarsi delle pile di corrosione.
Entrambi i sistemi, purché ben controllati, sono egualmente validi, benché l’impiego di
sostanze ad azione filmante.
Le incrostazioni riducono il coefficiente di trasmissione del calore con conseguente
diminuzione del rendimento termico ed aumento della temperatura dei tubi con
surriscaldamento; la resistenza meccanica del ferro diminuisce, mentre la pellicola di
magnetite si trasforma in ossido di ferro non assicurando più la protezione e favorendo
pertanto la corrosione.
Tali cause possono produrre il rigonfiamento e lo scoppio del tubo.

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La presenza di durezza nell’impianto è indice di anomalie nella depurazione o


inquinamenti nelle condense.
Quando l’impianto di trattamento dell’acqua non funziona correttamente oltre al
verificarsi di fenomeni di incrostazioni e corrosioni si possono verificare anche fenomeni
di fragilità caustica particolarmente pericolosi perché possono essere causa di cedimenti
improvvisi delle membrature.
Per le caldaie dotate di impianti di trattamento dell’acqua, è pertanto necessario eseguire
con molta cura le analisi e gli spurghi dei fanghi come previsto dalle norme vigenti.

2. Manutenzione, analisi e controlli


Per la corretta gestione di un generatore di vapore e per la conservazione di tutte le linee
di vapore e di condensa, è necessario eseguire regolarmente tutta una serie di controlli e
analisi che consentano di verificare la regolarità di gestione e il valore dei parametri
chimici che possano influenzare la conservazione dell’impianto, che possano cioè,
provocare corrosione ed incrostazioni con riduzione dello scambio termico e
conseguente deterioramento delle caratteristiche meccaniche delle membrature dei
generatori.
Deve essere, dunque, evidenziata l’importanza dell’assistenza continua del conduttore
che può intervenire tempestivamente al variare dei parametri di funzionamento oltre i
limiti di controllo.
La corretta conduzione di una centrale a vapore prevede controlli periodici mensili da
eseguire con l’ausilio di un laboratorio qualificato sulle analisi dell’acqua d’alimento degli
impianti. In particolare il conduttore deve controllare con regolarità le caratteristiche
chimiche della condensa e tutti i parametri e dispositivi analizzabili strumentalmente
anche se dotati di sistemi di allarme.
La dislocazione dei punti di prelievo è in relazione ai tipi di impianto di trattamento
dell’acqua ed alla utilizzazione del vapore. In particolare per gli impianti di trattamento
devono essere previsti prelievi a monte ed a valle mentre quando il vapore ha diversi usi
tecnologici è opportuno prevedere prese di campione sui principali collettori di recupero.
Fondamentale durante le operazioni di manutenzione ordinaria è la pulizia del
generatore, al fine di evitare fonti di surriscaldamento localizzato delle lamiere, dei tubi e
dei giunti saldati a causa della formazione di depositi.
In questi casi, infatti, sorgono tensioni interne dovute ad un eccessivo aumento locale
della temperatura di parete la quale, per effetto di un ridotto scambio termico, può
superare anche sensibilmente quella di progetto.

3. Variazione del combustibile


L’adozione di un combustibile diverso da quello originario, in particolare la sostituzione
dell’olio combustibile con il gas metano, deve avvenire con le necessarie cautele.
La fiamma prodotta da un olio combustibile scambia calore per irraggiamento mentre
quella del gas principalmente per convezione; ciò determina il fatto che con la
combustione del gas i fumi escano più caldi con il surriscaldamento delle pareti di
scambio, provocando in molti casi fessurazioni nella parte terminale dei tubi da fumo e
nei giunti saldati.
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In questi casi soluzioni idonee possono essere: l’istallazione al termine del focolare di un
refrattario rompi fiamma, l’impiego di bruciatori con potenzialità inferiore e la
regolazione della combustione, aumentando l’eccesso d’aria in modo che sia possibile
abbassare la temperatura dei fumi all’uscita del focolare.
Quest’ultima soluzione ha però l’inconveniente di ridurre notevolmente il rendimento
del generatore.

4. Surriscaldamenti
Oltre al citato pericolo di cricche nelle saldature di unione tra i tubi e piastre tubiere o
nei tubi stessi, si possono generare aumenti localizzati della temperature di parete delle
piastre tubiere, in caso di cedimento dei refrattari d’isolamento della zona superiore a
contatto, all’interno, con il vapore.

5. Materiali e lavorazioni non idonee


Il costruttore dell’apparecchio deve utilizzare materiali certificati o collaudati e
procedimenti di saldatura omologati e costantemente controllati; a volte può accadere
che in fase di costruzione vengano impiegati materiali diversi rispetto a quelli previsti dal
progetto, anche se simili dal punto di vista tecnologico, o che ci siano anomalie nelle
saldature non riscontrate dai controlli finali.
Gli inconvenienti che possono derivare dalla diversità dei materiali impiegati, emergono
solo in condizioni di esercizio particolari e con altre cause concomitanti quali, ad
esempio, surriscaldamenti locali.

6. Dilatazioni termiche
Sono particolarmente pericolose per i generatori a tubi di fumo di grande potenzialità
(quindi dotati di una grande superficie di riscaldamento e di notevoli dimensioni), in
quanto le dilatazioni sono direttamente proporzionali alla lunghezza delle membrature.
Le conseguenze meno gravi per la sicurezza, ma rilevanti dal punto di vista economico
per l’utente, consistono nella perdita di tenuta con trafilamenti d’acqua sulla
mandrinatura dei tubi in corrispondenza del primo giro dei fumi.

7. Condizioni di esercizio non previste dal progetto


Si tratta di anomalie che si evidenziano durante l’esercizio del generatore e che non sono
prevedibili all’atto della progettazione.
Si possono citare come casi esemplificativi: lo stress termico sulle zone d’ingresso
dell’acqua di alimentazione, la non idonea potenzialità del bruciatore installato, la varietà
dei combustibili impiegati, come ad esempio i rifiuti solidi negli impianti di
incenerimento.

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ANOMALIE PIÙ FREQUENTI NEI GENERATORI DI VAPORE

La presenza di cricche passanti che interessano sia i lembi dei tubi che la piastra tubiera
stessa è una delle anomalie più frequenti che si registrano durante le verifiche interne dei
generatori di vapore. Le possibili cause che determinano la nascita delle differenti
tipologie di cricche e fessurazioni sono numerose ma sono riconducibili,
sostanzialmente, a due fenomeni:
l’eccessivo surriscaldamento localizzato
corrosione (fragilità caustica)
L’elevato carico termico che si registra sulla piastra tubiera e sui tubi è da attribuire ad
una singola o alla concomitanza di diverse cause quali la non corretta taratura del
bruciatore, il cambiamento del combustibile utilizzato (da olio combustibile a metano), il
deterioramento della guarnizione di tenuta del portello del focolare e, in particolari per i
tubi sporgenti oltre la piastra, l’insufficiente raffreddamento per conduzione dell’acqua
interna del generatore.
Il fenomeno della corrosione, imputabile ad un errato trattamento dell’acqua d’alimento,
è causa spesso di formazione di cricche nelle saldature tra fasciame e piastra tubiera.
Contribuiscono alla formazione e propagazione di tali cricche i difetti originari del
materiale e l’incompatibilità dello stesso con cui è stato realizzato il fasciame con quello
delle fasce tubiere.
Il materiale usato per la costruzione del corpo cilindrico e di tutti i suoi elementi pur
sembrando omogeneo in realtà non lo è: esso presenta a livello microscopico (reticolo
cristallino) impurità dette inclusioni non metalliche che ovviamente subiscono dilatazioni
termiche diverse con evidenti deformazioni di tutto il reticolo cristallino che le contiene

I TRATTAMENTI DELL’ACQUA DEI GENERATORI DI VAPORE

Premesso che, per evitare incrostazioni e corrosioni è necessario trattare l’acqua di


alimento e l’acqua di caldaia, vediamo quali sono i trattamenti dell’acqua utilizzati per
l’alimento dei generatori di vapore.
I trattamenti si possono dividere in due grandi categorie: i trattamenti esterni effettuati
con impianti, ed i trattamenti interni effettuati con additivi chimici, tenendo sempre che
un trattamento completo delle acque, prevede sia un trattamento esterno che uno
interno.
Il trattamento esterno di norma opera sui sali presenti per evitare fenomeni di
incrostazione, mentre il trattamento interno opera sull’acqua o sul metallo dell’impianto
per impedire fenomeni incrostativi e corrosivi.

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APPARECCHI A PRESSIONE DI GAS E VAPORI

La tipologia degli apparecchi a pressione è molto varia comprendendo il semplice


serbatoio per aria compressa, il serbatoio di stoccaggio per GPL ad uso domestico, le
colonne di sintesi, le torri di distillazione, i serbatoi per gas, le bombole fisse, gli
accumulatori di vapore, gli scambiatori di calore, i vasi d’espansione per impianti termici,
i reattori di sintesi impiegati nell’industria chimica, ecc.
Anche le capacità degli apparecchi variano da pochi litri (25 litri) a milioni di litri, nel
caso di serbatoi sferici per lo stoccaggio di idrocarburi.
E’ rilevante evidenziare che, in base alla normativa vigente in materia, non esiste limite
superiore di capacità per la costruzione di apparecchi a pressione.
Nel corso delle verifiche effettuate, in questi apparecchi, sono state rilevate anomalie
classificabili principalmente come: cricche su saldature, cedimenti strutturali con
fessurazioni sui materiali o deformazioni permanenti, corrosioni ed incrostazioni di varia
natura ed avarie dei dispositivi di sicurezza.
Tra le anomalie rilevate alcune possono determinare eventi disastrosi con gravi danni alle
persone ed alle cose; tali accadimenti possono e devono essere evitati per mezzo di
adeguati controlli e di tempestivi interventi.
Le anomalie non prevedibili, nella maggior parte dei casi, sono riconducibili
prevalentemente ai fattori di seguito indicati:

1. Materiali e lavorazioni non idonee


Secondo le normative vigenti, il costruttore dell’apparecchio deve utilizzare materiali
certificati o collaudati compatibili con il fluido contenuto; a volte può accadere che in
fase di costruzione vengano impiegati materiali simili dal punto di vista tecnologico, ma
diversi rispetto a quelli previsti dal progetto.
Gli inconvenienti che possono derivare dall’impiego di materiali diversi si evidenziano
solo in condizioni di esercizio particolari, specie in relazione a variazione
dell’installazione e dell’utilizzo o in occasione di riparazioni.

2. Condizioni di esercizio non corrette


L’utilizzo in condizioni non previste dal costruttore può avere conseguenze non
prevedibili come ad esempio le infiltrazioni d’acqua e relativa corrosione di serbatoi di
GPL interrati in vicinanza dell’alveo di un fiume.

3. Avarie dei dispositivi di sicurezza e di controllo


Le valvole di sicurezza, essendo dispositivi che permettono lo scarico del fluido con
l’impiego della sola energia potenziale contenuta nell’apparecchio, costituiscono la
migliore garanzia per la sicurezza poiché intervengono automaticamente nel caso di
avaria o malfunzionamento dei dispositivi di regolazione. Pertanto è indispensabile che
siano mantenute sempre in perfetta efficienza e con l’opportuna taratura.

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4. Sollecitazioni non previste dal progetto


Tali sollecitazioni sono proprie di apparecchi per i quali non sono state valutate
adeguatamente tutte le sollecitazioni prevedibili in esercizio; a tal riguardo sono
significativi i casi di serbatoi per il trasporto di polveri su autotelai, nei quali non sono
state opportunamente stimate le sollecitazioni dinamiche, con la conseguenza di
cedimenti strutturali in corrispondenza delle saldature selle - fasciame.

5. Manutenzione e pulizia
Una corretta e programmata manutenzione dell’impianto e dei suoi componenti
costituisce la garanzia per il mantenimento delle condizioni di sicurezza verificate
durante i controlli periodici dei tecnici dell’A.R.P.A. Come per i generatori di vapore è
fondamentale, durante le operazioni di manutenzione ordinaria, la pulizia dell’impianto al
fine di evitare incrostazioni e fonti di surriscaldamento localizzato a causa della
formazione di depositi.
Un’attenzione particolare va rivolta anche all’acqua di utilizzo per la pulizia
dell’apparecchio: diverse volte, infatti, si è soliti usare acqua di pozzo potenzialmente
ricca di infiltrazioni di gas naturale infiammabile che in un così piccolo volume arriva
rapidamente a saturazione provocando un possibile innesco della miscela.

ANOMALIE PIÙ FREQUENTI NEGLI APPARECCHI A PRESSIONE

Le cisterne per il trasporto stradale di polveri sono spesso soggette alla formazione di
cricche a causa delle eccessive sollecitazioni durante il moto a cui è sottoposto il mezzo
aggravate, inoltre, da particolari caratteristiche costruttive e tipologie di materiale
utilizzato.
Numerose cricche si riscontrano spesso in corrispondenza delle saldature selle-fasciame
dovute sempre alle vibrazioni della struttura mobile.
Le anomalie che si riscontrano frequentemente nei serbatoi per la raccolta degli scarichi
e degli spurghi sono le fessurazioni, fenomeno imputabile alle tensioni creatisi durante la
formatura a freddo dei tubi ed accentuati dalle sollecitazioni a fatica.
Le incrostazioni spesso si evidenziano negli impianti privi del foro di scarico della
condensa sulla tubazione di scarico e negli impianti a funzionamento saltuario dove non
è previsto l’uso di acqua trattata.
I fenomeni di erosione e corrosione (dovuti alla presenza di ossigeno) sono in genere
causati da una elevata presenza d’acqua e dal continuo flusso di vapore che aggredisce
chimicamente le pareti dell’apparecchio: quando la corrosione è generata da infiltrazioni
d’acqua i crateri sono leggermente più profondi e spigolosi di quelli generati da correnti
di vapore, ovviamente a parità di vita e di utilizzo degli impianti.

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LA RELAZIONE DI PRIMO O NUOVO IMPIANTO

Per gli apparecchi a pressione contenenti vapori o gas compressi, liquefatti o disciolti o
miscele di gas e vapori deve essere redatta una relazione tecnica allo scopo di dimostrare
che le condizioni di esercizio degli apparecchi in esame e i relativi dispositivi di controllo
regolazione e protezione sono conformi a quanto richiesto dalla normativa vigente. Con
il DPR n° 341 del 13/02/1981 è stato aumentato il limite di pressione massima di
funzionamento per cui un’ apparecchio è soggetto a denuncia e controllo da parte
dell'ISPESL dal valore di un ventesimo di kg/cm2 al valore di 0.5 kg/cm2, con lo scopo
di adeguare la normativa alle innovazioni tecnologiche; pertanto sono soggetti all'obbligo
della relazione di primo o nuovo impianto:
Gli apparecchi con pressione massima effettiva di funzionamento superiore a 0.5
kg/cm2
Gli apparecchi con pressione massima effettiva di funzionamento inferiore o uguale
a 0.5 kg/cm 2 e con
capacità superiore a 2000 l.
Metodologia di analisi
Nella redazione della relazione di primo impianto viene effettuato uno studio dettagliato
sui dispositivi di controllo, regolazione e prevenzione (allarmi e blocchi) finalizzato a
stabilire se tali dispositivi sono adeguati e sufficienti a mantenere i parametri di esercizio
nei limiti di processo, evitando che si creino le condizioni che possono portare ad un
incidente.
L'analisi prende in considerazione tutte le anomalie prevedibili esaminando le deviazioni
di processo, le diverse cause che portano ad una singola deviazione( guasti di
componenti, anomalie di processo non previste, errori umani, disservizi dei controllori
automatici o dei meccanismi di regolazione automatica, apporto di calore da sorgenti
esterne, guasti esterni al processo quali la mancanza di energia elettrica, ecc.), tutti i
sistemi di prevenzione adottati e le protezioni esistenti per ogni apparecchiatura.
Si precisa che per sistemi di prevenzione si intendono tutti i dispositivi di controllo,
regolazione, allarme e blocco e le soluzioni progettuali finalizzate a prevenire il verificarsi
di un'anomalia, mentre per sistemi di protezione si intendono i dispositivi che intervengono
una volta che l'anomalia si è già verificata e che hanno la funzione di limitare le
conseguenze e riportare i parametri nelle normali condizioni di processo.
Dimensionamento dei dispositivi di protezione
Il dimensionamento dei dispositivi di sicurezza è strettamente connesso con la natura
dell'impianto di cui il
recipiente fa parte e con le cause che possono determinare l'intervento di detti
dispositivi.
Queste cause possono essere raggruppate in due categorie:
Anomalie di esercizio
Incendio esterno( da non considerare quando, secondo la dichiarazione dell'utente,
sul luogo di impianto è da escludere la presenza, in quantità tali da poter alimentare un

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incendio, di sostanze infiammabili, solide o liquide, nel locale dove è installato


l'apparecchio o nelle immediate vicinanze dell'apparecchio stesso).
Per ogni anomalia che può causare una sovrapressione all'interno di una o più
apparecchiature viene calcolata la portata di fluido da scaricare attraverso i dispositivi di
protezione( valvole di sicurezza, dischi a frattura prestabilita, ecc.) affinché non venga
superata la pressione di progetto dell'apparecchiatura.
Per il dimensionamento del dispositivo di sicurezza si assume, come valore di portata, il
più alto tra quelli calcolati per anomalia di esercizio e quello calcolato per l'incendio,
secondo quanto previsto dal DM 21/05/1974
- Raccolta E.
La metodologia finora accettata prende in esame tutti gli eventi prevedibili senza fare
alcuna distinzione tra quelli realisticamente probabili e quelli calcolati come "remoti",
che, secondo una definizione ormai consolidata, sono gli eventi con frequenza di
accadimento inferiore a 10-5.
L'applicazione delle tecniche di analisi di operabilità e costruzione degli alberi di guasto è
un utile strumento che permette di calcolare la probabilità di accadimento di un dato
evento e di valutare il peso effettivo che il sistema di controllo, regolazione e
prevenzione assume nell'impedire il verificarsi di tale evento.

OMOLOGAZIONE DELL’I.S.P.E.S.L.

L’ Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza del Lavoro è un organo tecnico


scientifico del Ministero della Sanità.
Dei vari compiti di sua competenza quello riferito alla attività di verifica degli apparecchi
a pressione è previsto dal R.D. 12-5-27 n° 824, dal D.M. n° 1-12-75, dal D.M. 21-11-72,
dal D.M. 21-5-74 e da una lunga serie di norme emanate dalla disciolta Associazione
Nazionale per il controllo della combustione ed adottate dall’ ISPESL e sottoposte negli
anni ad inevitabili integrazioni e modificazioni.
Le procedure tendenti ad ottenere dalla struttura pubblica l’esecuzione delle
verifiche di legge sono abbastanza semplici; il protocollo operativo sinteticamente è il
seguente:

1) domanda in carta bollata indirizzata al dipartimento ISPESL competente per


territorio contenente la richiesta di omologazione dell’ apparecchio in pressione da
installarsi nell’ impianto. Va allegata la fotocopia del libretto dell’ apparecchio (solo
frontespizio), rilasciato all’ atto della costruzione dal dipartimento competente per
territorio.
2) L’ ISPESL ricevuta la domanda trasmette al richiedente un bollettino di C/C
postale con indicata la cifra dovuta quale tariffa per la prestazione di omologazione.
3) Il richiedente l’ omologazione, ricevuto il bollettino di cui al punto 2 ed assolti gli
obblighi di versamento, invia all’ ISPESL il tagliando “attestazione” e trattiene il
tagliando “ricevuta”.

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4) L’ ISPESL, ricevuta “l’ attestazione” , dispone il sopralluogo di verifica richiesto


inviando in cantiere un tecnico che, eseguita la verifica, emette il verbale di
omologazione.

Le verifiche citate riguardano ovviamente recipienti stabilmente inseriti nei circuiti


di impianto: recipienti per vapore, per gas, generatori di vapore. Altra normativa regola la
costruzione, e l’ esercizio degli apparecchi per gas compressi liquefatti o disciolti adibiti
al trasporto di essi gas.

Le verifiche per i primi apparecchi citati, sono :

A) per gli apparecchi per gas da assemblare sul luogo di impianto (solitamente recipienti
di rivelanti dimensioni difficilmente trasferibili in un sol pezzo via mare o su strada): una
ispezione generale, una prova idraulica, una prova di funzionamento all’ avviamento dell’
impianto.

B) per i recipienti di gas già assemblati presso il costruttore: un’ispezione generale ed una
prova di funzionamento.

C) per i recipienti di vapore da assemblare sul luogo di impianto (per i motivi sopra
citati) : una visita interna, una prova idraulica, una prova a caldo.

D) per i recipienti di vapore già assemblati presso il costruttore: una visita interna, una
prova idraulica (in casi particolari) ed una prova di funzionamento.

E) per i generatori di vapore da assemblare sul luogo di impianto: visite interne parziali
durante l’ assemblaggio, visita interna finale, prova idraulica, (o prove idrauliche se il
generatore è costituito da circuiti complessi con caratteristiche diverse), prova a caldo .

F) per i generatori di vapore già assemblati presso il costruttore: una visita interna, una
prova idraulica, un prova a caldo.

Le prove a caldo dei generatori di vapore vanno condotte da personale munito di


certificato di abilitazione alla conduzione , di tipo idoneo alle caratteristiche dello
apparecchio ( certificato di 1°, 2° , 3° , 4° grado); esso certificato si consegue dopo lo
esito favorevole di un esame sostenuto davanti ad una commissione appositamente
costituita presso le direzioni provinciali del lavoro.

Per apparecchi complessi e di rilevante capacità, assemblati sul luogo di impianto, esiste
altresì un corollario di altre operazioni che, non essendo state eseguite presso la officina
del costruttore, debbono necessariamente essere completate in cantiere (x-grafie,
spessimetrie, ultrasuoni, liquidi penetranti, trattamenti termici, ecc.); può anche
presentarsi un caso di intervento di modifica, restauro, od altro su apparecchi in fase di
montaggio in cantiere, nuovi (di primo impianto) o usati (di nuovo impianto).

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Le procedure da adottare, sinteticamente elencate di seguito, prevedono: predisposizione


di un progetto di intervento; la presentazione dei calcoli di verifica; la esibizione dei
certificati dei materiali da utilizzare; la qualifica dei procedimenti di saldatura e dei
materiali di apporto. A fine lavori si esibiranno certificati radiografici, diagrammi di
trattamento termico, spessimetrie, analisi con liquidi penetranti. Seguono eventuali
sopralluoghi di verifica da parte dell’ ISPESL previo versamento su C/C postale delle
tariffe previste secondo il protocollo già indicato in apertura per le richieste di
sopralluogo di verifica in cantiere.

Una nota a parte va fatta per la taratura e l’esercizio delle valvole di sicurezza poste a
corredo di apparecchi a pressione. Esse debbono possedere le certificazioni di progetto
e di costruzione.

Vanno tarate alle pressioni opportune per un sicuro esercizio: A) sull’ apparecchio, in
servizio, alla pressione di bollo dello stesso; B) al banco, presso una officina attrezzata;
C) sull’ apparecchio in marcia, utilizzando sistemi di alleggerimento del carico sull’
otturatore, senza che essa arrivi allo scatto di apertura. Diagrammi opportuni certificano
la buona taratura della stessa.

Le sommarie indicazioni sopra riportate possono essere meglio conosciute consultando


le già citate raccolte: M (Materiali); S (Saldature); VSR (Verifica di stabilità degli
apparecchi in pressione) ; VSG (Verifica di stabilità dei generatori di vapore) ; H (Acqua
surriscaldata) ; E (Esoneri) ; F (Forni petroliferi) ; R (Liquidi caldi sotto pressione) ; le
raccolte di circolari ancora in vigore della disciolta A.N.C.C. o dell’ ISPESL.

Buona parte di queste pubblicazioni sono stampate del Polografico dello Stato o vanno
ricercate sulle Raccolte della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana poiché sono in
gran parte norme di legge.

ESCLUSIONI ED ESONERI

L’esclusione è un atto dovuto dell’Ente omologativo o di controllo e deve intervenire


automaticamente non appena se ne realizzino le condizioni. Il R.D. 12 maggio n. 824
precisa all’art. 3 quali apparecchi siano da escludere in quanto soggetti a regolamenti
speciali, e all’art. 4 elenca 14 tipologie di apparecchi esclusi cui si può ricondurre il
concetto di mancanza di pericolo. Di queste 14 categorie 3 (punti 4,5 e 11) hanno
subito, in seguito, successive variazioni ed aggiornamenti.

L’esonero non è un atto dovuto da parte dell’Ente, ma deve sempre essere preceduto da
richiesta dell’Utente e l’eventuale negazione dell’esonero deve essere motivata.

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Il R.D. 12 maggio n. 824 prevede all’art. 5 la possibilità di esonerare in forma totale o


parziale alcune categorie di apparecchi ed evidenzia che è l’Utente che deve presentare
domanda di esonero.

Se si tratta di più apparecchi situati in un medesimo stabilimento l’utente può essere


presentata domanda cumulativa.. L’art. 68 prevede anche per gli apparecchi comunque
esonerati l’applicazione del bollo, della punzonatura e la realizzazione della relativa
scheda (libretto matricolare). E’ opportuno evidenziare che il trasferimento
dell’apparecchio esonerato in altra sede fa decadere la dichiarazione di esonero. Ricevuta
la domanda di esonero corredata di due marche da bollo, di cui una per la domanda e
l’altra per la dichiarazione di esonero, il Tecnico provvede ad effettuare gli opportuni
accertamenti di esistenza dei requisiti e trasmette proposta di esonero all’ ISPESL che
provvede a rilasciare la dichiarazione di esonero in duplice copia; l’originale, corredato
della marca da bollo, viene trasmesso all’Utente, una copia rimane agli atti del libretto
matricolare di archivio. Quando mutino comunque le condizioni in base alle quali venne
concessa la dichiarazione di esonero dell'apparecchio o impianto, l’ISPESL ordinerà
all'agente tecnico nuove verifiche in base alle quali emetterà il proprio provvedimento di
conferma o di revoca della dichiarazione di esonero.
In tutti i casi in cui l’apparecchio è in regime di sorveglianza periodica sia i
provvedimenti di rilascio che di revoca di esonero devono essere trasmessi all’ARPA
competente per le verifiche periodiche regolamentari.

DENUNCIE

Entro 10 giorni dalla data in cui viene iniziata la costruzione o la riparazione di un


apparecchio a pressione, il costruttore o il riparatore ne deve dare denuncia all’ISPESL e
all’ ARPA (se l’apparecchio è in regime di sorveglianza periodica).
Si devono denunciare gli impianti che:
1) devono essere posti in esercizio anche se inattivi o impegnati per usi che non ne
richiedono il funzionamento sottopressione ( tali denuncie devono pervenire all’ISPESL
prima che l’apparecchio sia posto in esercizio ed in tempo utile perché possano essere
eseguite le verifiche regolamentari).
2) abbiano subito restauri anche se inattivi o impegnati per usi che non ne richiedono il
funzionamento sottopressione (tali denuncie devono pervenire prima che l’apparecchio
venga riattivato)
3) siano stati oggetto di nuovo impianto (tali denuncie devono pervenire prima che
l’apparecchio venga riattivato)
4)siano stati riattivati dopo un periodo di inattività constatata da un agente tecnico con
verbale di diffida d’uso (tali denuncie devono pervenire entro 10 giorni dalla avvenuta
variazione).

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5) siano stati oggetto di trasferimento di proprietà o di possesso anche se inattivi o


impegnati per usi che non ne richiedono il funzionamento sottopressione (tali denuncie
devono pervenire entro 10 giorni dalla avvenuta variazione).
6) abbiano avuto un cambiamento d’uso o di esercizio (tali denuncie devono pervenire
entro 10 giorni dalla avvenuta variazione).
7) siano da porsi fuori uso, per determinazione del possessore (tali denuncie devono
pervenire entro 10 giorni dalla avvenuta variazione).
8) siano da ritenersi inattivi per un periodo di tempo superiore ad un anno (tali denuncie
devono pervenire entro il mese di ottobre dell’anno precedente a quello in cui si prevede
che l’apparecchio rimarrà inattivo).
E’ altresì obbligatoria la denuncia quando ne sia fatta richiesta dagli enti omologativi o di
vigilanza e anche per gli apparecchi per i quali sia stata rilasciata dichiarazione di esonero.
La denuncia deve indicare gli elementi necessari per l’individuazione dell’apparecchio.
Per i generatori fissi e semifissi alla denuncia di nuovo impianto deve essere allegato un
disegno in scala (pianta e sezione) del locale destinato all’impianto.
Nel caso di apparecchio totalmente esonerato, insieme alla denuncia di nuovo impianto
deve essere inviato all’ISPESL il libretto matricolare.
Quando si tratta di variazione di possesso di un apparecchio totalmente esonerato,
l’ISPESL ne prende nota sulla dichiarazione d’esonero che consegna al nuovo
possessore.
Le denuncie devono essere fatte dal proprietario dell’apparecchio. Le denuncie per
trasferimento di proprietà devono essere fatte tanto da chi cede, quanto da chi subentra
nella proprietà dell’apparecchio. Quando l’apparecchio è posto in esercizio dopo una
riparazione il proprietario dell’apparecchio non è obbligato alla denuncia se questa sia
stata fatta dal riparatore.
Nei casi di scoppio o di gravi avarie di un apparecchio anche se non determinanti
infortunio, l’utente deve farne denuncia entro 24 ore, mediante lettera raccomandata o in
altro modo equipollente, sia all’ISPESL che all’ARPA (se l’apparecchio è in regime di
sorveglianza periodica) che all’ASL competenti, rispettivamente, per territorio.

APPARECCHI INATTIVI

L’inattività di un apparecchio,ai fini tecnici ed amministrativi,è formalmente regolarizzata


con la denuncia dell’utente e con l’invio al medesimo, a mezzo di lettera raccomandata,
del verbale di inattività e diffida d’uso.
La constatazione dell’inattività è effettuata nell’ambito dell’applicazione del servizio
ispettivo e l’accertamento deve essere eseguito durante il periodo di inattività.
In tale sede i tecnici rilasciano, all’utente, copia del verbale di constatazione dell’inattività,
riconfermando la diffida d’uso già notificata per raccomandata all’atto della denuncia.

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CONTROLLI NON DISTRUTTIVI (CND)

Controlli non distruttivi sono un insieme di prove fisiche concepite allo scopo di
indagare sull’eventuale presenza di difetti in un pezzo senza doverlo distruggere tutto o
in parte, rendendolo inutilizzabile.
I controlli non distruttivi sono:
• Controlli con liquidi penetranti
• Controlli radiografici e gammagrafici
• Controlli con ultrasuoni
• Controlli magnetoscopici
• Controlli con correnti indotte
• Controlli visivi
I CND se collocati in punti opportuni del ciclo di fabbricazione, permettono di
individuare i difetti nei primi stadi, consentendo l’eventuale scarto prima che il pezzo sia
gravato dalle spese di ulteriori lavorazioni e da possibili cedimenti improvvisi.

CONTROLLI CON LIQUIDI PENETRANTI


L’esame con liquidi penetranti è volto ad accertare discontinuità quali cricche,
sovrapposizioni, piegature e mancate fusioni che affiorano sulla superficie da esaminare.
Il controllo viene effettuato principalmente sui materiali metallici, ma può essere
eseguito anche su altri materiali, purché siano inerti ai prodotti impiegati per l’indagine e
non siano eccessivamente porosi.
La penetrazione del liquido all’interno di una discontinuità avviene per capillarità e non
per gravità; tale prerogativa, che risulta la base di tutta la metodologia di controllo, rende
facilmente ispezionabili superfici di difficile accesso indipendentemente dalla loro
posizione. La capacità di un liquido di penetrare nelle cavità superficiali dipende
essenzialmente da:
• Configurazione della cavità
• Tensione Superficiale
• Potere Bagnante
• Angolo di contatto del liquido
La tensione superficiale dipende prevalentemente dalle forze di "coesione" tra le
molecole del liquido; quando questo viene a contatto con una superficie solida, tali forze
competono con quelle di "adesione" tra le molecole del liquido e quelle del solido.
L'equilibrio che si instaura determina l’angolo di contatto è, e di conseguenza, la buona o
scarsa bagnabilità del liquido.

È<90° BUONA BAGNABILITA’


È 90° SCARSA BAGNABILITA’

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I liquidi penetranti sono costituiti da una soluzione di un forte colorante rosso in


solventi organici o da una emulsione di una sostanza fluorescente in acqua contenente
tensioattivi. L’esame è generalmente effettuato seguendo le fasi successive:
1. Preparazione e pulizia preliminare
2. Applicazione del liquido penetrante
3. Rimozione dell’eccesso di liquido penetrante
4. Applicazione del rivelatore
5. Ispezione
6. Registrazione
7. Pulizia finale

PREPARAZIONE E PULIZIA PRELIMINARE


Tutti gli agenti contaminanti, quali incrostazioni, olio, vernici, devono essere rimossi,
utilizzando metodi meccanici o chimici o una combinazione di entrambi.

PULIZIA MECCANICA
Gli agenti contaminanti vengono rimossi con spazzolatura, raschiatura, abrasione,
sabbiatura, getti di acqua ad alta pressione. Questi metodi non sono in grado di asportare
i residui all’interno delle discontinuità

PULIZIA CHIMICA
Si utilizzano prodotti chimici adeguati alla rimozione degli agenti contaminanti.I residui
della pulizia chimica preliminare possono reagire con il liquido penetrante e ridurre la
sensibilità dello stesso.

ASCIUGATURA
Al termine della pulizia preliminare bisogna asciugare le parti da esaminare affinché non
rimangano nelle discontinuità tracce di acqua e solventi

APPLICAZIONE DEL LIQUIDO PENETRANTE


• METODO DI APPLICAZIONE
Il liquido penetrante può essere applicato sulla parte da esaminare mediante
nebulizzazione, pennello o immersione. La superficie in esame deve rimanere
bagnata per tutto il tempo in esame.
• TEMPERATURA
Per ridurre al minimo l’umidità nelle discontinuità, la temperatura della superficie
in esame deve essere compresa tra i 10°C e i 50°C. In casi particolari possono
essere adottati valori di Temperatura fino a 5°C.
• TEMPO DI PENETRAZIONE
Il tempo corretto di penetrazione dipende dalle proprietà peculiari del liquido
penetrante, dalla temperatura di applicazione, dal materiale delle parti da
esaminare e dalle discontinuità da rilevare.

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RIMOZIONE DELL’ECCESSO DI LIQUIDO PENETRANTE


Nel processo di controllo, un lavaggio eccessivo delle parti rimuove il penetrante dalle
discontinuità, mentre un lavaggio poco accurato o un penetrante poco lavabile lasciano
un sottofondo eccessivo che può mascherare le indicazioni.
L’adeguatezza del lavaggio viene normalmente giudicata con l’osservazione visiva
durante tale operazione.

Penetranti lavabili con acqua


Il penetrante in eccesso viene solitamente tolto dalla superficie spruzzando con acqua a
bassa pressione (non oltre 280 kPa) e temperatura fra +10° e +38°C.
Penetranti rimovibili con solvente
Il penetrante in eccesso viene tolto strofinando la superficie della parte in esame con
uno straccio asciutto o salvietta di carta e ripassandola con un altro straccio pulito
inumidito leggermente con solvente a rapida evaporazione.
Penetranti rimovibili con emulsificatore
Il penetrante post-emulsionante in eccesso viene tolto immergendo il componente in
un emulsificatore, e lavando successivamente a spruzzo la zona in esame o
immergendola in una vasca d’acqua.

Gli emulsificatori necessari per rendere solubile in acqua il penetrante, si classificano in


due tipi:
1) lipofilico o prodotto a base oleosa
2) idrofilico o prodotto a base acquosa.

APPLICAZIONE DEL RIVELATORE


La funzione dello sviluppatore è quella di assorbire ed attirare verso la superficie il
penetrante rimasto nelle discontinuità dopo il lavaggio e di espanderlo in superficie con
conseguente ingrandimento anche delle indicazioni relative a piccolissime discontinuità.
Lo sviluppatore consente la visibilità delle indicazioni rosse in contrasto col sottofondo
bianco, oppure luminose giallo-verdi sotto luce ultravioletta, per i penetranti fluorescenti.
Rivelatore secco a polvere
Rivelatore a sospensione acquosa
Rivelatore a base solvente
Rivelatore solubile in acqua
Rivelatore ad acqua o solvente per applicazioni speciali
• TEMPO DI SVILUPPO
Il tempo di sviluppo dovrebbe essere compreso tra 10 e 30 minuti ma, per alcune
specifiche applicazioni, potrebbero risultare necessari tempi diversi.
Il tempo di sviluppo inizia:
-Terminata l’asciugatura se si usa uno sviluppatore liquido
-Terminata l’applicazione se si usa uno sviluppatore secco.

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ISPEZIONE
Trascorso il prefissato tempo di rivelazione, si deve effettuare l’ispezione finale.
L’illuminazione usata dipende dal tipo di penetrante impiegato:
•luce bianca per il metodo con penetranti rossi.
•luce ultravioletta per i fluorescenti
Esame eseguito con una soluzione organica
Esame eseguito con particelle fluorescenti

VANTAGGI E SVANTAGGI
Metodo economico e di facile impiego.
Non si può applicare a superfici eccessivamente rugose e porose.
L'esame è limitato a zone facilmente accessibili.
Si possono rivelare solo difetti superficiali che non siano chiusi.
Non si possono rivelare difetti troppo grossi, che siano accessibili anche all'acqua e che
quindi non trattengano il penetrante.
Non si possono rilevare difetti troppo piccoli, non penetrabili dal liquido stesso o che
non possano accumularne una sufficiente quantità.
L'interpretazione dei risultati lascia un certo margine alla soggettività e all'esperienza
interpretativa dell'operatore.

CONTROLLI RADIOGRAFICI E GAMMAGRAFICI (UNI EN 444)


Mediante le tecniche radiografiche e gammagrafiche risulta possibile evidenziare un gran
numero di discontinuità presenti in manufatti industriali, getti o saldature, quali ad
esempio porosità, inclusioni, soffiature, cricche, tarli, inclusioni di scoria, mancanza di
penetrazione.
Il principio di funzionamento di tali tecniche si basa sulle alterazioni che radiazioni
elettromagnetiche subiscono quando incontrano un difetto nel loro percorso all'interno
del materiale. Quando un fascio di onde elettromagnetiche di elevatissima energia
fotonica (elevata frequenza) e fortemente ionizzanti (raggi X o raggi γ), passa attraverso
l'oggetto da esaminare, viene assorbito con legge esponenziale in funzione dello spessore
e della densità della materia attraversata. I raggi X o γ passanti e variamente attenuati
impressionano una lastra fotografica posta dietro l'oggetto da esaminare.

RAGGI X
La radiazione emessa da una sorgente può essere:

• MONOCROMATICA (costituita da un solo tipo di energia)


• POLICROMATICA (costituita da più tipi di energie).

Nella radiografia industriale la radiazione monocromatica si usa raramente in quanto i


raggi X risultano essere policromatici.
Per disporre di un fascio di raggi X occorre possedere una sorgente di elettroni, un
bersaglio (su cui gli elettroni vengono proiettati) ed un dispositivo che acceleri il

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movimento degli elettroni stessi. Il fascio di elettroni viene emesso da un filamento di


tungsteno, con forme e geometrie differenti, attraversato da corrente elettrica
(CATODO); il bersaglio di impatto è costituito da una placca in materiale ad alta densità
atomica (generalmente in tungsteno) che prende il nome di ANODO.
L'accelerazione degli elettroni, avviene polarizzando positivamente la placca; maggiore è
la differenza di potenziale esistente, maggiore è l'accelerazione e quindi l'energia degli
elettroni. Durante questo fenomeno si possono riscontrare prevalentemente tre
condizioni:
Gli elettroni provenienti dal CATODO sbalzano dalle loro orbite gli elettroni del
materiale di placca, con conseguente generazione di RX.
Gli elettroni provenienti dal CATODO non riescono a sbalzare gli elettroni del materiale
di placca, ma imprimono loro una semplice deviazione con conseguente generazione di
RX a differente intensità ed energia.
Un'altra caratteristica della generazione di RX è la possibilità di interagire non con
l'elettrone ma direttamente con il nucleo degli atomi interessati. Il nucleo, rispetto
all'elettrone, risulta fortemente positivo ed esercita una notevole azione frenante
(Bremsstrahlung) generando RX.

RAGGI γ
ISOTOPO RADIOATTIVO
radiazioni α
radiazioni β
radiazioni α + γ
radiazioni β + γ
La capacità delle radiazioni di attraversare un materiale viene attribuita prevalentemente
ai raggi γ, per cui la particolare tecnica del metodo Radiografico che prevede l'utilizzo di
isotopi radioattivi viene comunemente denominata GAMMAGRAFIA.
L'insieme del fenomeno che vede coinvolta la continua trasformazione del nucleo di un
isotopo radioattivo prevalentemente instabile, con conseguente emissione di radiazione
verso l'esterno, prende il nome di ATTIVITA' dell'ISOTOPO, ed il suo valore
diminuisce nel tempo man mano che l'isotopo in questione si avvicina verso la sua
condizione di stabilità naturale.
TEMPO DI DECADIMENTO: tempo necessario affinché si dimezzi l’ATTIVITÀ'
dell'ISOTOPO
E’ possibile effettuare alcune generali considerazioni sui vantaggi e gli svantaggi tra
l'impiego della Radiografia e quello della Gammagrafia; in particolar modo, per quanto
concerne l'utilizzo di Isotopi Radioattivi, è possibile affermare:

• VANTAGGI
Costo contenuto.
Contenitore piccolo e facilmente trasportabile.
Sorgente molto piccola che può passare in aperture strette.
Nessuna alimentazione elettrica

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• SVANTAGGI
Richiedono accorgimenti protezionistici per il personale addetto ai lavori.
Nelle radiografie si ha meno contrasto.
La capacità di penetrazione dipende dal tipo di isotopo.
Occorre considerare i costi di sostituzione dell'isotopo in funzione del
decadimento della sua attività.

Per una corretta esecuzione dell'esame radiografico o gammagrafico, in termini di qualità


dell'immagine, risulta di basilare importanza la corretta interazione di tre parametri:
• intensità di radiazione
• tempo di esposizione
• distanza dal componente
Se nell'oggetto esaminato esistono difetti quali cavità, fessure, grosse inclusioni meno
assorbenti della matrice o discontinuità del materiale più denso e quindi più assorbente,
sulla lastra si formeranno macchie più scure o più chiare, d'intensità proporzionale allo
spessore del difetto, il quale apparirà delimitato dalla sua proiezione prospettica.

APPARECCHIO GAMMAGRAFICO PER CONTROLLO PANORAMICO


CONTROLLO RADIOGRAFICO SU METANODOTTO
CONTROLLO RADIOGRAFICO SU PIATTAFORMA

VANTAGGI E SVANTAGGI
Tali tecniche radiografiche hanno il pregio di fornire una documentazione diretta,
duratura, obiettiva e dimensionale del pezzo esaminato.
I raggi X e γ possono essere molto pericolosi poiché risultano altamente ionizzanti, cioè
possono distruggere i legami molecolari della materia organica.
Tale metodo, pur risultando proficuo per l'esame di pezzi di geometria semplice diventa
di difficile applicazione quando la geometria dei pezzi diventa complessa in quanto
l'interpretazione dei risultati può dar luogo ad ambiguità; inoltre tale tecnica non può
dare indicazioni sulla profondità del difetto rilevato, se non con due proiezioni
ortogonali fra loro. I raggi X non superano spessori di acciaio superiori a circa 60 mm,
mentre i raggi γ, anche nei casi migliori non superano i 180 mm. Il maggior svantaggio
del metodo radiografico industriale è che i risultati delle analisi sono ottenuti 'off line',
ossia fuori dalla linea di produzione, dopo il processo di sviluppo fotografico. Si avverte
invece la forte esigenza da parte delle industrie di misure dello spessore delle pareti dei
tubi 'in line',senza la necessità di bloccare parti del ciclo produttivo.

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CONTROLLI CON ULTRASUONI (UNI EN 583-1)


L’esame ad ultrasuoni si basa sulla propagazione di onde elastiche attraverso l’oggetto da
esaminare e sul monitoraggio del segnale trasmesso (Tecnica per Trasmissione) o del
segnale riflesso o diffratto da qualsiasi superficie o discontinuità (Tecnica per
Riflessione).
Gli ultrasuoni sono, quindi, onde elastiche di tipo meccanico che si trasmettono nei
corpi solidi, producendo nelle loro molecole oscillazioni elastiche attorno all’originaria
posizione di equilibrio. Le oscillazioni sono di tipo sinusoidali, e quindi caratterizzate da
un tipo di propagazione (onde longitudinali, onde trasversali, onde superficiali di
Rayleigh, onde di Lamb).
Il fascio d'onde ultrasonore, ovvero il segnale, viene generato sfruttando le proprietà
piezoelettriche o magnetostrittive di alcuni cristalli di quarzo, cioè la loro capacità di
contrarsi ed espandersi sotto l'azione di un campo elettrico o di un campo magnetico
alternato.
Gli ultrasuoni generati vengono trasferiti direttamente nel materiale da controllare grazie
al contatto, o più propriamente al semplice accostamento del generatore (trasduttore) alla
superficie del pezzo. Il fascio d'onde ultrasonore si propaga nel materiale da esaminare
con la stessa frequenza del generatore e con una velocità che dipende dal materiale
attraversato. Quando il fascio incontra un ostacolo sarà riflesso, assorbito, deviato o
diffratto secondo le leggi comuni a tutti i fenomeni di propagazione delle onde.
Tecnica per trasmissione
Tecnica per riflessione
Il segnale di partenza degli ultrasuoni (eco di partenza) e quello riflesso dalla superficie
opposta a quella d'entrata (eco di fondo), vengono visualizzati sullo schermo dello
strumento con dei picchi, la cui distanza risulta proporzionale al tempo che gli ultrasuoni
impiegano per percorrere il viaggio di andata e di ritorno dalla sonda alla superficie
riflettente presente all'interno del materiale. Se durante tale percorso il fascio ultrasonoro
incontra delle discontinuità esse fungono da riflettori, e sullo schermo, tra idue
precedenti picchi (eco di partenza ed eco di fondo), ne compariranno degli altri che
rappresentano delle indicazioni relative al tipo di discontinuità incontrate.

MEZZO DELL’ACCOPPIAMENTO
Possono essere utilizzati diversi mezzi d’accoppiamento, ma il tipo deve essere
compatibile con i materiali da utilizzare:
Acqua contenente un agente (antigelo, umettante, inibitore della corrosione)
Pasta di contatto
Olio
Grasso
Pasta cellulosa contenente acqua

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VELOCITA’ DI SCANSIONE
La scelta della velocità di scansione deve tener conto della frequenza delle ripetizioni di
impulsi e della capacità dell’operatore di riconoscere i segnali.
E' possibile valutare approssimativamente la dimensione della discontinuità incontrata
dal fascio d'ultrasuoni, confrontando l'intensità dell'eco ricevuto con quello di difetti
standard, o con grafici appositamente costruiti. Nella pratica corrente i CND con US si
eseguono tarando lo strumento con adatti campioni standard, cioè cercando gli echi di
difetti precostituiti (fori di dimensioni predeterminate eseguiti in posizioni definite del
saggio di taratura), oppure tarando lo strumento direttamente sul pezzo da esaminare,
per cogliere l'eco di fondo e la sua scomparsa od attenuazione.

Controllo su saldature:
• Misura dello spessore
• Controllo dell’usura
• Controllo su rotore

VANTAGGI E SVANTAGGI
• Alta sensibilità. Si riescono a rivelare difetti molto piccoli.
• Buon potere di penetrazione. Permette l'ispezione di grosse sezioni.
• Accurata determinazione della posizione delle imperfezioni e della gravità delle
stesse.
• Veloce tempo di risposta. Sono possibili test automatici ad alta velocità.
• E' richiesto l'accesso ad una sola superficie del mezzo di ispezione
• Impossibilità di utilizzo su materiali ad alta attenuazione acustica e con geometria
complessa.
• L’eccessiva rugosità della superficie di scansione nelle ispezioni a contatto
costituisce una seria limitazione all'applicazione del metodo ultrasonoro.
• La non facile interpretazione delle indicazioni fornite da un esame ultrasonoro
necessita di operatori altamente qualificati e di notevole esperienza.

DIFETTI
• Facilmente rilevabili: cricche, mancanza di fusione, sfogliature, ripiegature.
• Difficilmente rilevabili: es. pori, porosità, inclusioni.
• Le linee di flusso, che rappresentano l'intensità locale del campo magnetico,
attraversano un metallo in modo uniforme, ma nei pressi di una discontinuità,
quale per esempio una microcricca, una cavità od un'inclusione, si addenseranno o
disperderanno, deviando localmente e creando un'anomalia del campo magnetico
ai bordi del difetto.
• Quando un rivelatore magnetico (polveri secche o sospensione liquida) è
applicato ad un pezzo dove esista una distorsione nelle linee di campo, la fuga di
flusso magnetico attira le particelle magnetiche in corrispondenza di questa zona
creando un accumulo delle particelle stesse.
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CRICCA RILEVATA CON LIQUIDO MAGNETICO FLUORESCENTE


Il controllo magnetico è basato quindi su due fasi:
1)Un brusco cambiamento nella permeabilità che distorce le linee di forza creando un
flusso disperso o polarità.
2) Applicazione di un rivelatore (particelle magnetiche) che vengono attirate da questi
flussi dispersi, indicandone così posizione ed entità
PARTICELLE MAGNETICHE
Polveri a umido: adatte per l’ispezione di cricche sottili superficiali, come le cricche a
fatica, da rettifica o trattamento termico e cricche in saldatura Polveri a secco: indicate
per la rilevazione di difetti sub-superficiali e sono di solito usate con apparecchi
magnetoscopici portatili.
L'apparecchiatura necessaria si compone del generatore del campo magnetico, che potrà
essere continuo od alternato a seconda delle esigenze e del sistema di rivelazione. Se la
corrente magnetizzante è continua, è favorita la ricerca di difetti superficiali, mentre se si
utilizza corrente alternata, possono essere rilevati i difetti subsuperficiali.

VANTAGGI E SVANTAGGI
La magnetoscopia permette d'evidenziare difetti superficiali e subcorticali, non rivelabili
con i liquidi penetranti. E' comunque un CND più rapido, meno laborioso e più efficace
di quello con liquidi penetranti, ma richiede l'uso d'apparecchiature talvolta assai costose.
La magnetoscopia è particolarmente adatta per la ricerca di difetti superficiali e
subcorticali di ogni tipo, aperti (cricche, cavità, ecc.) o chiusi (inclusioni, segregazioni,
ripiegature, cricche con bordi richiusi dalla sabbiatura, ecc.) presenti anche in pezzi
semilavorati (stampati, fucinati, laminati), o semifiniti.
Il metodo è meno soggetto ad errori dell'operatore rispetto a quello con liquidi
penetranti e non richiede necessariamente la perfetta pulizia preventiva delle superfici,
sebbene sia sempre auspicabile per ottenere i migliori risultati.
E’ poco adatta per l'esame dell'integrità superficiale di: pezzi porosi, quali i getti di ghisa,
alcuni pezzi microfusi e quasi tutti i pezzi d'acciaio sinterizzato; pezzi con superfici
troppo scabrose, rugose, filettate o di geometria troppo complessa. In tali casi infatti, è
facile incorrere in misurazioni sbagliate.
Quando il campo è generato direttamente nel pezzo tramite passaggio di corrente
elettrica, è assolutamente necessario usare puntali di contatto che si adattino
perfettamente alle superfici onde evitare scintille o scariche elettriche che potrebbero
danneggiare irrimediabilmente le superfici stesse.
Presenta scarsa sensibilità ai difetti tondeggianti ed è assolutamente inefficace per i difetti
interni o per difetti troppo lontani dalla superficie. Le dimensioni minime del difetto
rivelabile con la magnetoscopia dipendono soprattutto dalla sua distanza dalla superficie.

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CONTROLLI CON CORRENTI INDOTTE (UNI 9190)


L'esame non distruttivo con correnti indotte consiste fondamentalmente nell'indurre dei
campi magnetici alternati, creati attraverso apposite bobine (o sonde), nel materiale in
esame. Tali campi generano nella zona di intervento delle correnti indotte (correnti di
Focault) le quali saranno deviate da eventuali discontinuità presenti all'interno del
componente interessato al controllo. Il campo magnetico variabile prodotto dalle sonde
viene denominato "campo primario" mentre il campo magnetico generato dalle correnti
indotte, anch'esso variabile, viene denominato "campo secondario".
Nel controllo mediante correnti indotte si distinguono fondamentalmente due tipi di
tecniche che dipendono dalla metodologia utilizzata per generare le correnti parassite nel
materiale in esame:
TECNICA A BOBINA PASSANTE: dove la bobina di eccitazione ha la sola funzione
di produrre il campo magnetico, mentre l'avvolgimento secondario ha la sola funzione di
ricevere la tensione indotta dal flusso prodotto dalle correnti parassite.
TECNICA A TESTINA (PICK-UP): dove una sonda viene fatta scorrere sulla
superficie del componente in esame alla ricerca di eventuali difetti.

VANTAGGI E SVANTAGGI
I materiali sotto esame debbono essere conduttori di correnteLa distribuzione delle
correnti e del campo magnetico nell'elemento di prova non è uniforme sulla sezione ma
decresce in ampiezza al crescere della distanza dalla superficie, in generale, maggiore sarà
la frequenza, la permeabilità e la conducibilità, minore sarà la profondità di penetrazione.
Tale metodo risulta una valida alternativa alla difficoltà di applicazione del controllo
magnetoscopico per l'esame dei componenti realizzati in acciaio inossidabile austenitico.
Non essendo necessario il contatto fisico tra sonda e superficie in esame, risulta possibile
il controllo di manufatti in movimento e di componenti caratterizzati da particolari
geometrie o temperature superficiali molto elevate.
Le applicazioni di tale tecnica in campo industriale sono molteplici: oltre al rilevamento e
valutazione delle dimensioni di difetti superficiali e sub-superficiali, essa può essere
utilizzata per la:
Determinazione dell'integrità di tubazioni e delle parti saldate;
Misura dello spessore di rivestimenti;
Determinazione dell'integrità di cavi conduttori e la localizzazione dei fili danneggiati;
Rilevamento di inclusioni metalliche in materiali non metallici;
Misura della conduttività elettrica;
Identificazione e discriminazione di leghe metalliche;
Misura della permeabilità magnetica e dell'effetto di trattamenti termici su di essa.

CONTROLLI VISIVI
Gli Esami Visivi (anche denominati Esami Ottici) assumono particolare importanza nel
settore dei Controlli non Distruttiviin quanto, pur disponendo di sofisticate
apparecchiature otticheper l'ispezione ed elettroniche per l'elaborazione delle immagini,
l'interpretazione e la valutazione dei risultati viene effettuata oggettivamente

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dall'operatore in base a degli standards di accettabilità specifici dei particolari difetti del
componente in esame.
Il principio si basa sull’impiego della luce come mezzo rivelatore dei difetti. Analizzando
la direzione, l’ampiezza e la fase della luce riflessa o diffusa dalla superficie di un oggetto
opaco, o trasmessa all’interno di un mezzo trasparente, si possono ottenere informazioni
sullo stato fisico dell’oggetto in esame.

• ESAMI VISIVI DIRETTI: possono essere utilizzati quando sia possibile accedere
con gli occhi ad una distanza della superficie in esame non maggiore di circa 60
cm con una angolazione non inferiore a 30°.

• ESAMI VISIVI REMOTIZZATI: vengono generalmente utilizzati quando non


sia possibile accedere direttamente all'oggetto od alla superficie in esame. Allo
scopo vengono utilizzate apparecchiature più o meno sofisticate, quali ad es.
specchi, telescopi, endoscopi, fibre ottiche, telecamere, con una risoluzione
almeno equivalente a quella dell'occhio umano.
Il Boroscopio risulta fondamentalmente costituito da una guaina esterna rigida, di
lunghezza variabile, alla cui estremità anteriore incorpora un dispositivo ottico
(obiettivo) in grado di riprodurre l'immagine di un oggetto posizionato di fronte allo
strumento. Nel caso degli Endoscopi l'illuminazione della superficie viene ottenuta
mediante l'impiego di un fascio di fibre ottiche, poste parallelamente all'asse del sistema
ottico, ed utilizzando una sorgente luminosa esterna di notevole intensità.
Le microtelecamere (dimensioni di qualche millimetro), vengono inserite nel terminale
dell'endoscopio; il sensore raccoglie i segnali luminosi trasformandoli in impulsi elettrici
e li invia al processore computerizzato il quale, dopo opportuna elaborazione, li
decodifica in immagini ricostruendole su un monitor eventualmente collegato ad un
videoregistratore.

ESAMI METALLOGRAFICI
Una lega è caratterizzata, oltre che dalle fasi di cui è costituita, anche dal loro stato di
suddivisione e dalla loro forma. Poiché le proprietà fisiche e meccaniche dei metalli sono
connesse con la loro struttura, risulta chiara l’importanza dello studio della struttura reale
delle leghe. Tale struttura non coincide, spesso, con quella indicata dai digrammi di stato
(condizione di equilibrio) che dicono poco o nulla dello stato di suddivisione delle
singole fasi, elemento che maggiormente influenza le caratteristiche meccaniche delle
leghe. E’evidente quindi l’importanza degli esami metallografici per indagare sulla
struttura dei materiali metallici, non solo per i laboratori di ricerca ma anche per quelli
destinati al controllo della qualità durante e al termine dei vari cicli di produzione.
Tali metodi di indagine possono essere condotti a vari livelli d’ingrandimento che vanno
da quello macroscopico, eseguito ad occhio nudo o a debole ingrandimento, al
microscopio ottico fino a quello elettronico che ha un potere risolutivo notevolmente
più elevato.

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ESAMI MACROSCOPICI
Gli esami macroscopici vengono integrati dalla preparazione di una sezione del pezzo
spianata e rifinita con carta smeriglio, sulla quale si effettua un attacco per evidenziare
microsegregazioni o inclusioni.
L’osservazione viene fatta a debole ingrandimento sia illuminando il campione
perpendicolarmente che obliquamente. La differenza con l’esame microscopico consiste
nell’entità dell’ingrandimento.Un metodo molto usato consiste nel far aderire al materiale
della carta sensibile bagnata con un reattivo che al contatto di inclusioni o segregazioni
dà dei prodotti di reazione che impressionano la carta lasciando su di essa l’impronta del
pezzo.

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SITUAZIONI RICORRENTI

1f PUNTI DI VERIFICA INTERVENTI DI PREVENZIONE E FONTI


PROTEZIONE
1 Gli apparecchi e impianti a Sostituire gli impianti non idonei con altri D.M. 21/11/72
pressionei sono conformi ai conformi alle norme ANCC/ISPESL e alle altre D.M. 20/05/74
D.P.R. 741/82
regolamenti speciali emessi da normative applicabili
D.Lgs. 311/91
ANCC/ISPESL, laddove D.M. 15/01/98
applicabili, e alle altre D.Lgs. 93/2000
normative vigenti
2 Anche quando non soggetti a Sostituire gli impianti che non posseggono i D.P.R. 547/55
normative specifiche gli necessari requisiti di resistenza e idoneità art. 241
impianti e le loro parti all'uso con altri idonei
soggette a pressione di liquidi
gas e vapori possiedono i
necessari requisiti di
resistenza e di idoneità all'uso
cui sono destinati
3 Gli impianti a pressione sono Richiedere il collaudo degli impianti soggetti R.D. 824/27
stati regolarmente collaudati al regime previgente quello previsto dalla D.M. 21/05/74
prima della messa in esercizio normativa sulla marcatura CE
o sono dotati di marcatura CE
4 In tutte le fasi d’uso di Attenersi alle istruzioni d’uso fornite dal D.Lgs. 311/91
impianti e apparecchi a fabbricante All. II art. 2
D.Lgs.626/94 art.
pressione (installazione, uso
35 comma 4
ordinario, manutenzione D.Lgs. 93/2000
etc.) ci si attiene a quanto All. I art. 3.4
previsto dalle istruzioni d’uso
fornite dal fabbricante
5 Gli impianti e apparecchi a Provvedere a far effettuare le verifiche nei R.D. 824/27
pressione sono manutenuti e tempi e nei modi previsti dalla normativa D.P.R. 574/55
art. 375
verificati secondo quanto vigente. In particolare far eseguire le
D.M. 21/05/74
previsto dalla normativa verifiche in sede di costruzione per D.Lgs.626/94
frequenza adeguata recipienti di classe A, B e C, quelle di primo art.35 comma 4
e nuovo impianto per i recipienti in D.Lgs. 359/99
pressione di classe B e C e quelle art. 2
periodiche per quelli di classe Cii. D.Lgs. 93/2000
All. I art. 3.4

6 Esiste il registro dei controlli e Predisporre e aggiornare il registro delle D.M. 21/05/74
delle revisioni degli impianti a verifiche periodiche D.Lgs. 359/99
art. 2
pressione conforme alla
vigente normativa
7 Gli impianti e apparecchi a Verificare la conformità dei sistemi di D.P.R. 547/55
pressione dispongono dei sicurezza con le normative vigenti e nel caso art. 167
D.M. 21/05/74
dispositivi di protezione provvedere alla sostituzione con sistemi
capo IV
(valvole di sicurezza, dischi di conformi
rottura) dimensionati
opportunamente
8 Il personale addetto agli Utilizzare il personale dotato dei necessari D.Lgs. 626/94
impianti a pressione possiede i requisiti e dei certificati rilasciati dagli organi art. 35 comma5
necessari requisiti e certificati competenti. Provvedere alla preparazione di
emessi dagli organi personale idoneo
competenti

8.1 Il personale addetto agli Formare ed informare il personale circa la D.Lgs. 626/94
impianti a pressione è stato gestione degli apparecchi a pressione in artt. 37, 38
D.Lgs. 359/99
informato sui rischi ed sicurezza
Art.5
adeguatamente formato per
una gestione in sicurezza

32
8.2 E' esplicitamente vietata la Vietare formalmente al personale non D.Lgs. 626/94
manovra e la manutenzione autorizzato di effettuare manovre e art. 35 comma 5
degli impianti a pressione al manutenzione sugli apparecchi a pressione.
personale non autorizzato Predisporre idonea segnaletica di sicurezza in
specificatamente loco

8.3 Il personale addetto agli Fornire il personale che si occupa della


impianti dispone di idonea manutenzione degli apparecchi a pressione di
strumentazione per verificarne tutta la strumentazione necessaria
il corretto funzionamento per il controllo del funzionamento degli stessi

9 Sono presenti compressori

9.1 I compressori sono provvisti, Controllare la presenza della targa D.M. 21/05/74
in posizione visibile, di una riportante: per compressori di vecchiaiii D.Lgs. 311/91
All. II
targa riportante i dati di fabbricazione nome o ragione sociale del
D.Lgs. 42/97
riferimento chiaramente costruttore, luogo e anno di costruzione, art. 10 comma 1
leggibili temperatura e pressione di progetto, D.Lgs. 93/2000
numero di matricola, data dell'ultima prova art. 15 e All. I,
effettuata in sede di costruzione; per art. 3.3
compressori semplici di nuova fabbricazione
marcatura CE, pressione massima di
esercizio, temperatura massima e minima
di esercizio, capacità del recipiente, nome
o marchio del fabbricante, tipo e
identificazione del recipiente, le ultime due
cifre dell'anno in cui è stata apposta la
marcatura CE; per altri compressori
marcatura CE con numero distintivo
dell'Organismo notificato responsabile del
controllo della produzione, nome e
indirizzo del fabbricante, anno di
fabbricazione, tipo, serie o numero di
identificazione della partita, numero di
fabbricazione, limiti essenziali massimi e
minimi ammissibili e, a seconda del tipo di
attrezzatura, informazioni supplementari
atte a garantire condizioni d’uso sicure
quali volume, dimensione nominale della
tubazione, pressione di prova ecc.)

9.2 I compressori sono corredati Richiedere al fabbricante documentazione D.M. 21/05/74


da idonea documentazione conforme. Per compressori di vecchia D.Lgs. 311/91
All. II
fabbricazione: istruzioni per l’uso; libretto
D.Lgs. 93/2000
matricolare, contenente i dati di targa, All. I art. 3.4
l'indicazione dei fluidi di esercizio, le
certificazioni e le verbalizzazioni delle
operazioni e verifiche eseguite nonché un
disegno del recipiente e le dichiarazioni
rilasciate dal costruttore. Per compressori
“semplici”di nuova fabbricazione: istruzioni
per l’uso; progetto di fabbricazione
dettagliato del recipiente; informazioni sui
materiali utilizzati, sui procedimenti di
saldatura utilizzati, sui controlli effettuati e
tutte le informazioni pertinenti relative alla
progettazione dei recipienti. Per gli altri
compressori:foglio illustrativo coninfo
riguardo montaggio,assemblaggio, messa in
servizio, impiego, manutenzione e controlli
dell'utilizzatore; dati di targa, se necessario

33
documentazione tecnica, disegni e schemi
necessari alla comprensione delle istruzioni,
eventuali indicazioni sui pericoli di un uso
scorretto e sulle caratteristiche particolari
della progettazione rilevanti per la vita della
attrezzatura
9.2.1 Nelle istruzioni per l’uso Richiedere al fabbricante istruzioni per D.M. 21/05/74
fornite dal fabbricante l’uso conformi alla normativa D.Lgs. 311/91
All. II
figurano le indicazioni sul
campo di impiego previsto e
le condizioni di
manutenzione e di
installazione necessarie per
garantire la sicurezza dei
recipienti

9.3 I compressori hanno organi di Adeguare gli organi o apparecchi di messa D.P.R. 547/55
messa in moto e arresto in moto e arresto dei motori. Proteggere gli art. 52
D.Lgs. 626/94
facilmente manovrabili e che organi in moto e le parti a elevata
art 36 comma 4
impediscono avviamenti temperatura. Installare, inoltre, un
accidentali. Per motori a pulsante di arresto in emergenza in
combustione interna, sono posizione facilmente accessibile. Installare
presenti dispositivi che manovelle di avviamento diretto in modo
impediscono all’operatore di che possano essere disinnestate
agire direttamente sul automaticamente
volano. In caso siano presenti
manovelle di avviamento
diretto, esse sono costruite
in modo da evitare
contraccolpi

9.4 Viene verificato prima Verificare il corretto funzionamento e D.P.R. 547/55


dell’inizio delle lavorazioni il collocazione dei dispositivi ausiliari delle art. 234
buon funzionamento dei attrezzature
manometri e dei dispositivi
contro le sovrappressioni e
che siano collocati e
mantenuti in modo che le
loro indicazioni siano
chiaramente visibili al
personale addetto

9.5 Viene verificata prima Verificare l’efficienza del filtro sul condotto
dell’inizio delle lavorazioni di aspirazione dell’aria esterna prima
l’efficienza del filtro sul dell’inizio delle lavorazioni
condotto di aspirazione aria
esterna, laddove necessario

i
La normativa recente di recepimento di direttive europee riguardanti i requisiti di sicurezza e la marcatura CE delle
attrezzature a pressione ha un campo di applicazione ampio e differenziato di cui si riportano i termini principali,

34
insieme con le date di entrata in vigore delle disposizioni di legge, a partire dalla quale si deve intendere obbligatoria la
procedura di marcatura. D.P.R. 741/1982 (modificato dal D.M. 208/1997): riguarda i generatori di aerosol; entrata in
vigore 15/10/1982 e commercializzazione senza marcatura ammessa fino al 15/10/1983.
D.Lgs. 311/91 (modificato dal D.Lgs. 42/1997): riguarda i recipienti a pressione “semplici”, ossia ad aria o azoto, non
destinati a essere esposti alla fiamma, con particolari caratteristiche costruttive per le quali si rimanda al decreto
stesso; entrata in vigore 5/10/1991 e commercializzazione senza marcatura ammessa fino al 1/7/1992.
D.Lgs. 93/2000: riguarda le apparecchiature a pressione e i loro insiemi con pressione massima ammissibile PS superiore
a 0,5 bar. Sono escluse dal campo di applicazione, oltre alle attrezzature normate dalle disposizioni precedenti quelle
destinate al funzionamento dei veicoli, quelle che ai sensi del decreto presentano il livello di rischio più basso e
rientrano anche nel campo di applicazione di altre normative (macchine, ascensori, dispositivi medici, apparecchi a gas
ecc.), le attrezzature facenti parte di motori a combustione interna, macchine a vapore, turbine a gas o vapore, le
pompe e gli attuatori, gli altiforni, le attrezzature composte di un involucro leggero, come pneumatici, le palle e i
palloni da gioco, le imbarcazioni gonfiabili, i silenziatori di scarico e di immissione, i contenitori per bevande gassate
destinati al consumo o al trasporto e distribuzione di bevande con un prodotto PSxV non superiore a 500 bar x l e una
PS non superiore a 7 bar, le attrezzature contemplate nei regolamenti internazionali sul trasporto di merci pericolose
(ADR, RID, ICAO), i termosifoni e tubi degli impianti di riscaldamento ad acqua calda, e altre per cui si rimanda
all’articolo 1, comma 3 del decreto; entrata in vigore 19/4/2000 e commercializzazione senza marcatura ammessa fino
al 29/5/2002. I riferimenti normativi generali previgenti a quelli su indicati sono invece il R.D. 824/27, il D.M. 21/11/72
e il D.M.
21/05/74.

ii
Per la classificazione dei recipienti in pressione si veda l’articolo 3 del D.M. 21/05/74. Per quanto riguarda le
apparecchiature rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. 93/2000, è prevista l’emanazione di uno o più decreti
per definire le prescrizioni per le verifiche, installazione, messa in servizio, manutenzione, riparazione, e i casi in cui
vige l’obbligo di dichiarazione di messa in servizio, controllo di messa in servizio, riqualificazione periodica, controllo
dopo riparazione.

iii
Con la dizione di “vecchia” o “nuova” fabbricazione ci si riferisce ai compressori commercializzati o messi in servizio
prima o dopo la data di entrata in vigore delle norme di recepimento europeo che ne impongono la marcatura (vedere
nota 1)

35

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