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“Il passato e il presente”

rev. Nisshin m. claus – giugno 2008

passato e presente

Tutti noi abbiamo un passato.


Alcuni di noi respirano nel presente, ma vivono nel passato e ciò è in contrasto
con il messaggio del Buddha, che ci esorta invece a considerare solo il ‘qui e ora’.

La maggior parte di coloro che si avvicinano al Buddhismo ha alle spalle toccanti


o drammatiche esperienze personali. Solo una minima parte arriva al Buddhismo
per altri motivi. Nonostante questo però tutti tendiamo a vivere nel passato e il
nostro presente è vincolato dalle nostre esperienze passate. Verrebbe allora da
chiedersi: ‘Ma allora quand’è che il nostro passato diventa passato? Se il passato
guida il presente, allora non è passato, ma è presente.’ Alla luce di questo, quale
risposta diamo a questa domanda?

Fatti i dovuti calcoli risulta che noi non viviamo mai il presente: in ogni frangente
della nostra vita volgiamo la testa indietro o avanti e, a seconda di ciò che
vediamo, agiamo. Non pensare al futuro ci appare incoscienza e non basarci sul
nostro passato ci appare pazzesco, o pazzia. In effetti non considerare né il
passato né il futuro a priori, può apparire effettivamente così, ma il punto è
l’importanza che noi diamo sia al passato che al futuro. Nella realtà conosciamo
soltanto il passato e questo ci porta a pensare che tutto dipenda da noi, dalle
nostre capacità, dalla nostra razionalità, dal nostro ‘grado evolutivo’. Ma allora se
siamo convinti di questo, perché ci siamo avvicinati al Buddhismo, e soprattutto
perché ci siamo avvicinati ad una religione? Domanda questa a cui è complicato
rispondere.

Quale senso ha tutto questo? Quale senso ha il


“Quand’è che il nostro comportamento abituale? Quanto la nostra
pratica del buddhismo si limita all’invocazione
nostro passato delle parole del Buddha e alle preghiere? Nella
nostra vita nel mondo quanto c’è della parola del
diventa Buddha? Qual è il nostro atteggiamento nei
passato?” confronti di tutto ciò che ci circonda? Questo che
sto facendo rispecchia in qualche modo
l’insegnamento del Buddha o è frutto soltanto delle
mie aspirazioni o delle mie esperienze passate? Quanto ci interessa davvero stare
bene e cosa siamo disposti a dare di noi stessi per questa causa? Queste sono
domande che ognuno di noi dovrebbe porsi, specialmente in quei momenti in cui
ci rendiamo conto che siamo forse troppo indulgenti con noi stessi. Dovremmo
essere coscienti quindi che spesso tendiamo a praticare più una nostra religione
anziché il buddhismo.

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HOKKEKYO SHU – SCUOLA DEL SUTRA DEL LOTO
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“Il passato e il presente”
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In ogni frangente della vita dovremmo chiederci: ‘Cosa farebbe il Buddha al mio
posto?’
Certamente il Buddha viveva in un’epoca diversa dalla nostra e lo sappiamo bene,
ma sappiamo anche che il suo insegnamento ha colpito e colpisce tuttora milioni
di persone sul nostro pianeta! Conosciamo bene l’attualità del messaggio del
Buddha ed è per questo che abbiamo deciso di seguirla, ma la seguiamo
veramente? Quanto ci sforziamo di seguirla? Quanto tendiamo a manipolarla
fino a plasmarla alla nostra vita? Questo dovrebbe farci riflettere.
Il passato ci serve per comprendere il presente, non per viverlo al nostro posto. Il
futuro allo stesso modo è qualcosa di troppo incerto per poterci basare le nostre
esistenze.

Il buddhismo ci insegna che per arrivare alla meta non bisogna preoccuparsi della
meta stessa, ma di ogni singolo passo che intercorre fra noi e la meta, fra noi e il
nostro obiettivo. Per fare un esempio si potrebbe dire che se noi camminando,
considerassimo soltanto ciò che è di fronte a noi, ad una distanza di 4-5 metri,
potremmo incorrere nello spiacevole
inconveniente di inciampare in qualcosa posto ad
una distanza inferiore! Per questo, per arrivare
dove abbiamo deciso di andare, dobbiamo “Per conquistare
preoccuparci di ogni singolo passo, di dove la nostra
mettiamo i piedi. Allo stesso modo per conquistare
la nostra serenità dobbiamo preoccuparci di ogni serenità
singolo momento, e di ogni singolo giorno che dobbiamo
compone la nostra vita. In questo modo avremo
davvero la certezza che non abbiamo perso la preoccuparci di
direzione nel corso del tempo. Se noi ci ogni singolo
preoccupiamo di seguire solo la direzione finiremo
per inciampare in qualcosa di molto più vicino a momento”
noi: il nostro ego, la nostra inadeguatezza, la
nostra debolezza e cose di questo genere.

Alla guida di un Sangha vengono sempre poste molte domande, si potrebbe


anche dire che viene fatta richiesta di molte risposte.
Nella meditazione di oggi ho voluto portare delle domande anche io, delle
domande che ritengo ci si debba porre per non perdere il contatto con la realtà.
Siamo tutti ben predisposti alla critica e questa nostra particolare caratteristica
spesso si trasferisce anche nei confronti dell’insegnamento del Buddha,
considerandolo a volte obsoleto, arrivando a pensare anche che le nostre
preghiere non siano ascoltate da nessuno. Siamo come dei malati che criticano la
cura data dal dottore senza averla mai provata. Questo può far sorridere, ma
pensate a quanto c’è di vero in questo.

Imparare a praticare gli Insegnamenti del Buddha nella nostra vita, questa è la
nostra meta, che tendiamo però a perdere di vista ogni volta che ci alziamo
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dall’altare e cominciamo a praticare la nostra vita. L’invocazione delle parole del
Buddha, dei mantra e delle nostre preghiere recano in sé innumerevoli benefici -
come ci viene descritto dal Buddha nel Sutra del Loto. Ma nel Sutra si dice anche
di vivere secondo i suoi insegnamenti, secondo gli insegnamenti racchiusi nel
Sutra stesso senza interpretazioni personali o adattamenti, perché soltanto allora
potremmo asserire di praticare gli insegnamenti del Buddha.

Potremmo quindi dire di aver fatto la nostra cura e di essere sotto cura del
Buddha.

nisshin

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