You are on page 1of 260

Io, Europa

2010 Daniele Gatti

Indice
Nota dellautore Estate 2008. Norvegia Svezia Finlandia Estate 2009. Francia Belgio Paesi Bassi Estate 2010. Islanda Tabelle di marcia di ciascun viaggio 3 4 104 182 259

Nota dellautore
Il momento in cui inizia la preparazione di un viaggio cruciale. Un giorno scatta la scintilla, si consulta la carta geografica e si dice: questa sar la mia meta, stavolta. E cos, animati da una nuova forza, si comincia a informarsi, a procurarsi tutto ci che serve, a consultare le guide turistiche, fantasticando su quello che si trover allarrivo. Poco alla volta il viaggio prende forma, e non si sta pi nella pelle dalla voglia di partire, di conoscere e di scoprire un angolo di mondo mai battuto. Dopo unestenuante e febbrile attesa, arriva finalmente il momento di partire. Lesaltazione ai massimi livelli, ma dopo pochi giorni iniziano i problemi. Stanchezza cronica, spostamenti difficoltosi, situazioni spesso disagevoli, meteo implacabile. Sempre in giro con lo zaino in spalla, pesante e ingombrante; sempre attenti a non perdere il treno per non sballare la tabella di marcia; sempre qualche piccolo malanno in agguato. Ci si stanzia in un luogo e dopo un giorno o due gi ora di ripartire: non si dorme mai abbastanza, si mangia male, ci si deve arrangiare come si pu, perch si soli. La domanda che prima o poi tutti i viaggiatori indipendenti si fanno Ma chi me lha fatto fare?. Infine, dopo un periodo che inizialmente pareva lunghissimo e interminabile, giunge inaspettato il momento di tornare a casa. Ed qui che il viaggio inizia a vivere veramente: ricordando tutto ci che si passato, riguardando le fotografie, metabolizzando le esperienze, rileggendo gli appunti scritti su un vecchio e logoro taccuino. E improvvisamente ci si rende conto che stato s difficile, ma ne valeva assolutamente la pena. Tutte le fatiche sono state ripagate da esperienze indimenticabili e luoghi meravigliosi. E qualche volta si decide di trasformare quegli appunti, frettolosi e incerti, in un vero e proprio racconto, per poter rivivere i viaggi ogni volta che si desidera, e per non permettere ai ricordi di perdersi nelloblio. Ora avete capito come nato questo libro, e per quale scopo: raccontare le esperienze di due giovani viaggiatori alle prime armi con il mondo esterno, con semplicit e schiettezza. E magari infondere a qualcun altro la voglia di riprendere in mano latlante e cominciare a programmare un nuovo viaggio. Buona lettura e buon divertimento!
3

Estate 2008
Norvegia Svezia Finlandia
Partenza il 28/07/2008 Ritorno il 19/08/2008 23 giorni totali di viaggio

Sogno nordico Il Grande Nord terra di leggende. Chi non ha mai sentito parlare delle epiche battaglie combattute dai Vichinghi, abili navigatori e mercanti oltre che spietate macchine da guerra? Chi non rimasto affascinato ascoltando le storie dei mostruosi Kraken marini, mastodontici esseri capaci di sbriciolare ed affondare in un attimo qualsiasi nave con la forza dei loro devastanti tentacoli? Chi non ha visto una minacciosa profezia nel Fimbulwinter, il lunghissimo inverno che presagisce al Ragnark, l'ultima battaglia degli Dei che porr la parola fine al mondo terreno? Oltre il circolo polare, per alcuni mesi lanno il sole non tramonta mai, risalendo beffardo prima di toccare lorizzonte ed illuminando costantemente rocce che si tuffano vertiginosamente in mare, scavate dallacqua nel corso dei millenni. Ma nei mesi pi freddi il volubile astro cambia idea e decide di non mostrarsi mai, preferendo rimanere nascosto sotto lorizzonte, inviando solo qualche flebile raggio di luce come messaggero. E chiss quante altre sorprese pronto a riservarci il Grande Nord, ora che muniti di biglietto Interrail stiamo per intraprendere un viaggio che lo esplorer da cima a fondo. A lungo abbiamo atteso la possibilit di vedere queste terre, ed ora che ne abbiamo la reale possibilit stentiamo a credere che un desiderio possa a volte diventare realt cos facilmente. Fuori dalle ampie finestre possiamo scorgere le centinaia, forse migliaia di automobili parcheggiate poco fa dai viaggiatori, i quali stanno ora trascinando i loro bagagli su pratici carrellini a rotelle, mettendoli poi ad uno ad uno su un nastro trasportatore che li inghiotte inesorabilmente dietro delle bande di plastica flessibile. Mi sento legato a loro da un invisibile ma potente filo conduttore. Insieme a loro, stiamo lasciando la sicurezza della vita ordinaria al fine di metterci in qualche modo in gioco, scegliendo ognuno la propria sfida personale da vincere. Mi diverto ad osservare le persone che mi passano davanti indaffarate come formiche, cercando di immaginarmi cosa celino in quel bagaglio cos ingombrante che non passa dal check in ordinario e deve essere incanalato nel trasporto apposito, oppure in quella borsa cos piccola che sembra poter contenere al massimo i vestiti per due giorni. Nonostante le diverse ore di attesa che abbiamo ancora davanti, non ho voglia di mettermi a passeggiare per i saloni
5

dell'aeroporto. Preferisco rimanere stravaccato sulla poltroncina, aspettando che il luogo mi fornisca qualche stimolo per alzarmi. Per scaramanzia, non voglio immaginarmi nulla della nostra prima destinazione. Le domande che mi frullano in testa su ci che trover una volta arrivato vengono temporaneamente accantonate, lasciando spazio ad una marcata ansia che mi prende ogni volta che devo salire su un mezzo volante. Una tensione generale che decido di curare da solo, basandomi unicamente sulle mie forze e senza affidarmi a pericolosi sedativi, che non si sa mai quali strani effetti possano sortire. La sensazione altalenante: per qualche minuto credo di essermi tranquillizzato definitivamente, per poi sentire all'improvviso una lieve fitta all'epigastrio che mi ricorda inesorabilmente di essere ancora a terra. Tuttavia, senza che abbia il tempo di accorgermene, gi dopo qualche ora siamo in volo a svariati chilometri di altitudine. La metropoli milanese si fatta sempre pi piccola fino a diventare quasi indistinguibile dal paesaggio, e ora la visuale esterna comincia ad annebbiarsi a intermittenza mentre laereo attraversa numerosi banchi di minutissime goccioline sospese. Nel momento del passaggio oltre le nuvole, saettano velocissimi alcuni lampi di condensa lattiginosa, scomparendo dopo pochi centesimi di secondo, finch emergiamo dallo strato di nubi e arriviamo nellaria pura, dove la visuale si riapre. Il pavimento sottostante ora costituito esclusivamente da nuvole. Ormai dubbi e pentimenti non hanno pi senso, vengono inghiottiti dal veloce sfrecciare dell'aereo che ci porta sempre pi lontano da casa, alla velocit di ottocento chilometri orari. Dopo aver sorvolato le maestose Alpi, gli innumerevoli campi coltivati francesi e lo splendido stretto della Manica, inizia la discesa verso Londra per effettuare il primo scalo. Heathrow Lenorme aeroporto londinese affollatissimo e vivacizzato ovunque da pannelli luminosi di un giallo sgargiante. Ogni angolo ospita boutique e negozi, tanto da farlo sembrare pi un centro commerciale che un aeroporto. La scena di poche ore fa si ripete, ma con qualche lieve differenza: la tensione che mi attanagliava le viscere ora completamente svanita, e mi sento praticamente gi arrivato a destinazione. Quasi non penso al secondo aereo che mi
6

aspetta di qui a poco. Se sono sopravvissuto al primo, non potr pi succedere nulla di male. Pigramente seduti su una panchina di legno, inganniamo il tempo osservando un padre che rincorre lentamente il figlioletto di pochi anni, il quale si nasconde continuamente dietro le colonne, ingenuamente convinto di non esser visto. Padre e figlio paiono proprio divertirsi e non si curano di nulla di ci che hanno attorno, n di noi che li fissiamo, n delle donne delle pulizie che a pochi passi stanno svuotando i cestini della spazzatura, n degli altri passeggeri che a volte devono scansarsi leggermente per non essere investiti dal vivace marmocchio. Sto cominciando a ciondolare di lato con la testa. La soporifera attesa, unita alla monotonia dell'atmosfera aeroportuale, mi sta leggermente snervando, ma mi distraggo nuovamente ascoltando un po' di musica. Le rabbiose ed intense melodie di chitarra che scaturiscono dagli auricolari accelerano notevolmente il trascorrere del tempo, e presto siamo nuovamente allacciati alle poltrone di un aereo. Accelerando vertiginosamente e librandoci ancora una volta nell'aria, puntiamo infine alla Norvegia. Gli utili schermi di bordo tracciano la posizione dellaereo minuto per minuto, mentre due fantastici tramezzini farciti di ogni leccornia condiscono il viaggio nel migliore dei modi. Presto iniziano ad essere visibili i primi accenni della frastagliata costa norvegese. Osservandoli, si ha limpressione che qualcuno si sia divertito a sbriciolare unenorme torta di terra, lasciando i rimasugli sul bordo a formare una cortina che avvolge la costa rimasta intera. Tantissime minuscole isolette, intervallate ad altre pi estese, non lasciano nemmeno un pezzettino di litorale diritto e regolare. Osservarle un piacere, mentre l'aereo scende al ritmo di dieci metri al secondo, definendo sempre pi i particolari alla nostra vista. Intravedendo i primi sprazzi di citt, la curiosit sale. Ora tempo di farmi la domanda che a Malpensa ho temporaneamente accantonato. Come si presenter Oslo? Sar una meraviglia di architettura nordica da togliere il fiato, oppure un'ordinaria citt europea senza arte n parte? Prime impressioni Le sorprese non mancano in questa citt, a cominciare dall'aeroporto. La prima cosa che colpisce la nostra attenzione un
7

interminabile corridoio, stretto nella morsa di un calore asfissiante. La mancanza di ricambio d'aria e gli energici raggi del sole, che da parecchie ore trafiggono implacabilmente i vetri, hanno creato un ambiente infernale. Nelle poche centinaia di metri che ci separano dall'ambiente climatizzato, cominciamo subito a sudare abbondantemente sotto le nostre felpe pesanti. Arrivati a un passo dalluscita, i problemi non sono per finiti: nella fila ci precede una popolosa famiglia di colore, e limpiegato addetto al check out deve chiamare tutti i membri per nome, tra tentativi esilaranti. Quando infine, dopo parecchi minuti, termina la conta degli impronunciabili nomi, possiamo finalmente uscire allaria aperta. Non abbiamo quasi il tempo di ossigenarci il sangue come vorremmo, poich ci tocca gi correre per prendere il primo treno, istituito per fare spola tra l'aeroporto e la citt. Non abbiamo nessuna intenzione di perdere gi il primo treno, avendo programmato un percorso composto in gran parte da spostamenti su binari. Corriamo dunque a perdifiato, ricominciando a sudare profusamente. La fortuna dalla nostra parte: un attimo prima che le porte si chiudano, poggiamo i piedi sul pavimento della carrozza. Ce labbiamo fatta. Una prima occhiata veloce al nostro mezzo sufficiente per inquadrare il livello di civilt di questa nazione: la carrozza spaziosa, vetri e sedili sono perfettamente puliti, le indicazioni sono chiarissime. Non c' possibilit di sbagliare nemmeno volendo, poich ogni fermata segnalata sia a voce sia a video in pi lingue, e sugli schermi scorrono continuamente informazioni supplementari. Faticosamente incastrati i nostri ingombranti bagagli tra i sedili, quasi tutti vuoti, riprendiamo fiato e possiamo finalmente rilassarci un po, godendoci dal finestrino il primo accenno del panorama norvegese. Campi brulli e sterminati, qualche rara casetta rossa sperduta in cima ad una collinetta, mandrie di mucche che pascolano liberamente con il sole che accenna appena un tramonto sull'orizzonte. Un primo momento di serafica curiosit e contatto con la natura che ci ristora un po' dalla stancante trasvolata ed eleva notevolmente il tono dellumore. Osservo curiosamente tutto ci che appare dal finestrino: voglio assimilare fin da subito il pi possibile della Norvegia, stampandomi in mente le prime decisive immagini, che saranno quelle che ricorder in modo particolare quando sar tornato a casa.
8

Non appena usciamo dallordinata e pulitissima stazione centrale di Oslo, la citt ci colpisce con impressioni contrastanti. Ad una prima occhiata superficiale, non pare molto diversa da una normale capitale europea. Sono poche le costruzioni di fattura chiaramente nordica, e la maggior parte degli edifici squadrata ed ordinaria. Gli ubiquitari cantieri, coronati da buche aperte e montagne di ghiaia, rendono un po difficoltoso percorrere le strade e ci costringono spesso a noiose deviazioni. Vicino ad uno di questi cantieri, un uomo pi morto che vivo appena finito dentro un cassonetto e la polizia sta cercando di tirarlo fuori con vani tentativi, fermandosi spesso per valutare le sue condizioni psicofisiche. Non ti curar di loro, ma guarda e continua a cercare lostello. Il nostro primo dormitorio si rivela abbastanza spartano, ma accogliente. I nostri compagni di stanza sono tre viaggiatori indipendenti come noi: un cipriota, un indiano e un tedesco. Il cipriota, dai capelli molto corti e dallespressione curiosa, si rivela subito molto cordiale e loquace, perci iniziamo subito a raccontarci un po le nostre aspettative, scoprendo molte analogie tra i nostri programmi di viaggio. Chiacchierando con lui il tempo passa in fretta, e ormai sono quasi le undici di sera. Ci sorprendiamo non poco quando leggiamo il quadrante dellorologio, poich il cielo ancora chiaro come se fosse giorno. Se Oslo finora c' sembrata una normalissima citt, questa la prima reale prova che siamo arrivati nel Grande Nord. La stanchezza tuttavia notevole, dunque non facciamo fatica a prendere sonno nonostante leccesso di luce, filtrata a malapena dalle tende quasi trasparenti. Oslo Dopo aver dormito ben poco a causa del nostro compagno di stanza tedesco, che ha russato allegramente tutta la notte, ci vestiamo e usciamo allaria aperta, curiosi di esplorare la citt. Nella zona del porto si erge una strana costruzione, interamente rivestita di blocchi di granito bianco e lucente: si tratta del prestigioso Teatro dell'Opera, lunico edificio che colpisce seriamente il nostro sguardo. Le rampe esterne delleccentrica costruzione sono percorse da gradini dalle forme volutamente irregolari. Lintera costruzione domina fieramente la scena marittima, arricchita nella sua spettacolarit da numerosi promontori naturali e rientranze create
9

dallirregolare costa. Il sole cocente: i suoi raggi, seppur leggermente pi inclinati a causa del cambio di latitudine, sono ugualmente molto carichi di energia. Dallalto del teatro si vede bene la citt e la sua organizzazione: le strade sono ben fornite di piste ciclabili munite di semaforo regolatore, sottopassaggi e sovrapassaggi, e il tutto ha un'aria di funzionalit e di sicurezza. Il traffico perfettamente scorrevole e non ci sono ingorghi di alcun tipo; i semafori per l'attraversamento pedonale sono tutti muniti di segnale acustico per i non vedenti; non c' automobilista che non si fermi per lasciarci passare sulle strisce zebrate. Non uno. Abituati agli attraversamenti pedonali allitaliana, non riusciamo quasi a credere a ci che vediamo, vale a dire automobilisti che rallentano e si arrestano prontamente, quando diamo anche solo limpressione di voler tentare un attraversamento. Quando li ringraziamo, agitando la mano ed affrettando il passo come siamo abituati a fare in Italia, notiamo una certa sorpresa nelle loro espressioni. Probabilmente pensano: Perch mi stanno ringraziando, quando ho solo fatto il mio dovere?. Domanda legittima per chi non mai stato in Italia. La prima delle numerose mete culturali che abbiamo programmato di vedere un museo che ospita residuati bellici. Una lunga fila di cannoni e bombarde, ancora inquietanti nonostante non sparino pi da parecchi decenni, campeggia in bella vista nel cortile dellentrata. Queste possenti armi fanno da contorno a due impressionanti carri armati, un po arrugginiti ma ancora integri, pesanti quasi cinquanta tonnellate l'uno. All'interno del museo invece c' ogni tipo d'arma da guerra esistente, dalle umili baionette fino ai potenti siluri da sottomarino, uno dei quali misura oltre sette metri di lunghezza per trecento chilogrammi di peso. Un mostro di latta grigiastra e liscia dalla potenza distruttiva grande quanto la sua insensatezza e la scelleratezza di chi l'ha progettato e costruito. Le armi non possono non lasciare un vago senso di malessere, per quanto dismesse e inattive siano. Le armi servono per uccidere. Si cambia decisamente registro con un castello di epoca medioevale dagli enormi e luminosi saloni e dalle suggestive viuzze lastricate. Sul lato rivolto verso il centro cittadino si stagliano fieramente altri cannoni, di colore verdognolo, che sembrano puntare direttamente al porto per distruggerlo. L'effetto molto realistico, nonostante le vetuste armi siano ovviamente solo ornamentali. Dopo aver camminato su ogni bastione e visitato tutto questo gioiello
10

architettonico da cima a fondo, possiamo darci all'ozio in una delle numerose panchine nelle vicinanze, trovando anche un po di ombra stabile. Siamo appena all'inizio delle scarpinate che ci attendono, tuttavia i nostri piedi, fin troppo lisci e disabituati alle camminate, iniziano gi a soffrire. Le vesciche stanno solamente aspettando il momento giusto per comparire e rovinarci le giornate. Escogito subito un sistema molto artigianale per eliminare il problema: il cerotto di tela bianca rimastomi nelle tasche dopo l'ultimo tirocinio in ospedale si rivela eccezionale per ridurre gli attriti sulle parti pi sensibili della pianta del piede e risolvere quasi radicalmente il problema. Devo per stare attento a sistemarlo senza formare pieghe, o le grinze potrebbero peggiorare gli strofinii e causare lesioni anche pi fastidiose. Ma faccio un lavoro perfetto, da vero infermiere. Presto il problema dimenticato e siamo nuovamente pronti per affrontare lunghe camminate, che nelle prossime settimane non mancheranno di certo. Passeggiando per il lungomare, troviamo lo squadrato ed altissimo municipio di mattoni rossi, e poco pi in l il palazzo dove avviene la consegna del premio Nobl per la pace. Il viale decorato da lunghe file di fiori colorati, mentre qualche barca a vela ormeggiata mostra i suoi alberi maestri spogli da vele. Presto ci troviamo a camminare sul conosciuto Karl Johans Gate, il principale viale della citt, nel quale si trovano la gran parte degli edifici storici: il Palazzo Reale e lUniversit, entrambi ottocenteschi, e qualche centinaio di metri pi avanti il Parlamento, molto sfarzoso e barocco. Il vialone lungo in totale pi di un chilometro e mezzo, e la vista dall'estremit in rilievo semplicemente splendida. Sul lato destro, quasi del tutto sgombro da edifici e palazzine, vi sono fontane dalle forme bizzarre, aiuole di fiori variopinti e statue intervallate da chioschi gastronomici, che vendono piatti tipici con ottimi profitti. Se non fossero cos costosi ne prenderemmo qualcuno anche noi. Il viavai di persone continuo e la strada non si svuota mai, anche perch lora di punta. I numerosi alberi e le panchine disposte strategicamente sotto di essi ci riservano un po di ombra e riposo, necessari periodicamente per riportarci in temperatura, visto che il sole che si sta facendo sempre pi implacabile. La gente che si incontra passeggiando per questo brulicante viale appartiene a tutte le etnie: i norvegesi si riconoscono subito dai capelli biondissimi e dalla corporatura piuttosto robusta, ma sono numerose anche le
11

persone di carnagione scura, musulmani in quantit, frotte di giapponesi e soprattutto di italiani. Come una maledizione strisciante, infatti, sentiamo parlare il nostro idioma da qualunque parte ci giriamo. La nostra nazionalit non ci permette di lamentarci, ma arrivare in un posto distante diverse migliaia di chilometri da casa e sentire ancora parlare nella propria lingua pu essere veramente seccante. In ogni caso gli italiani allestero sono l'ultimo dei problemi: le voci dei nostri connazionali passano progressivamente in secondo piano, mentre percorriamo questo ricchissimo viale lungo il quale ad ogni metro c' una sorpresa nuova. Dopo tutto questo sole e questincessante camminare, abbiamo proprio voglia di fermarci, ma non c nessun posto che non appaia costosissimo. Ad un passo dal vaneggiamento, mentre giungiamo in una confluenza con densit di passanti e di venditori ambulanti elevatissima, scorgiamo per miracolo un fast food nel quale ci fermiamo per un'oretta. Non sar la soluzione pi sana, ma certamente la pi economica, e il nostro budget non ci permette molto di pi. Riempito lo stomaco, ripartiamo cercando il Munch Museum, dedicato al grande pittore nato a Lten, nel sud della Norvegia. Tale museo, tuttavia, contiene solo le copie dei dipinti pi famosi, come l'Urlo e la Madonna. I veri dipinti sono in un altro museo di Oslo. Non essendo un grande appassionato d'arte, i musei non sono il mio pane, ma non possiamo tralasciare una delle attrazioni pi famose della citt. La visita passa veloce, tra i miei sguardi distratti e sfuggenti che si soffermano solo su ci che appare straordinario a prima vista, contrapposti a quelli pi attenti e prolungati del mio compagno, maggiormente avvezzo ai musei pittorici e ben pi ferrato di me in materia artistica. Esauriti i quadri da ammirare, passiamo il resto del pomeriggio stesi sull'erba del parchetto appena l fuori, a respirare aria pulita sotto qualche frondoso albero, giocando a briscola per ingannare il tempo. Obblighi e doveri sono temporaneamente inesistenti. Una condizione che nella vita moderna ormai riscontrabile solo di rado. Pochi minuti dopo il nostro ritorno allovile, il tedesco varca la soglia della camera con fare gongolante, declamando in inglese "Sono ubriaco e felice!". Subito dopo, inizia a discutere animatamente con il mite cipriota: sembra che lamico etilista abbia
12

qualcosa da ridire sul nostro compagno di stanza indiano, che lascia sempre tutte le finestre chiuse e con le tende alzate quando esce per ultimo dalla camera. Come ci si poteva aspettare, nel corso dellinfuocato pomeriggio la stanza si trasformata in un forno crematorio. La battuta del tedesco esilarante: "Ma dove abita questo, all'Inferno?". Dopo una grassa risata generale, ognuno riprende ad occuparsi dei fatti suoi e dopo una mezzoretta ci troviamo a chiacchierare con il cipriota a proposito della politica italiana. Vuole sapere qualcosa di questa famosa Mafia, che tipo di organizzazione , dove stanno le mele marce in Italia, quante ce ne sono. Pare incredulo, quando gli raccontiamo le cose come stanno, ma purtroppo non inventiamo niente. Allestero facciamo inevitabilmente una figura poco onorevole, con la nostra tradizione corrotta e mafiosa. Tuttavia, lamico cipriota sufficientemente intelligente per capire che italiano non significa necessariamente corrotto e mafioso, cos come islamico non significa necessariamente terrorista e americano non significa necessariamente ignorante. Dopo cena, doverosa unaltra camminata nell'arteria principale della citt, stavolta dotata di un'atmosfera tutta particolare. In cielo dominano dei nuvoloni neri, solcati da qualche raro fulmine, ma non cade una sola goccia di pioggia. La luce quasi irreale: sembra un'alba, ma senza sole. Seduti di spalle al Palazzo dei Congressi, con tutto il viale illuminato che si estende a perdita d'occhio dinanzi a noi, rimaniamo fermi ad osservare senza pronunciar parola, affascinati da questatmosfera. Tuttavia, un tuono un po troppo forte ci spinge a muoverci per tornare al coperto, ma ci perdiamo nelle intricate vie del centro proprio mentre inizia ad infuriare un acquazzone, che ci infradicia impietosamente nonostante gli ombrelli. Ritrovata la via giusta, rientriamo bagnati come pulcini e altrettanto sudati, crollando sui letti vergognosamente sfatti. Nessuno ha voglia di sistemarli, dovranno rimanere cos solo per poco ancora Opere darte In un orario imprecisato oltre la mezzanotte, vorrei seriamente alzarmi per soffocare nel sonno il tedesco. Ha addirittura raddoppiato lintensit del russamento rispetto a ieri notte. Fargli il
13

classico pissi pissi non serve a nulla, anzi peggiora la situazione. Di conseguenza, passo unaltra notte disturbata. Per fortuna lultima volta che ci dormo assieme: il tempo per il check out ormai agli sgoccioli e dobbiamo sloggiare dallostello. Il cipriota ci saluta amichevolmente declamando "Italian Mafia is leaving!. Ricambiamo il saluto, divertiti, e riprendiamo la via per la stazione. Una volta depositati i bagagli nei lockers della stazione, prendiamo la strada per un altro importante museo d'arte, una delle ultime tappe programmate per sfruttare appieno la giornata che rimane. In questo museo si trova il vero Urlo di Munch, recuperato per l'ennesima volta dopo l'ennesimo furto. In effetti, non devessere stato troppo difficile rubarlo, poich apparentemente non protetto da alcun sistema di sicurezza. semplicemente appeso come tutti gli altri quadri, solo in una posizione un po pi appartata. Trovarmi davanti a questo quadro cos famoso, presente su tutti i libri darte del mondo, non mi riempie di particolare ammirazione, ma in compenso non posso fare a meno di esaltarmi trovando casualmente su una parete lenorme Caccia Selvaggia di Odino, quadro cui si ispirato il musicista svedese Quorthon per la copertina di uno degli album cardine della discografia metal nordica. Lorda divina rappresentata trasuda epicit da ogni pennellata, la stessa epicit che impregna ogni composizione artistica partorita in queste terre. In particolare, essa evidente in una serie di quadri naturalistici che raffigurano paesaggi pi o meno inventati dell'estremo Nord. Saranno un preludio di ci che ci aspetta, oppure semplice fantasia degli artisti? Dovremo attendere solo qualche giorno per scoprirlo, quando aumenteremo ancora la nostra distanza dallEquatore. Il villaggio Finiti i quadri, tempo di un deciso cambiamento di programma: poco distante c un antico villaggio rurale, ora riadattato a museo. Casette di legno a tetto spiovente, verniciate con colori che spaziano dal giallo al rosso vivo fino all'azzurrino; piccoli cortili circondati da bianche staccionate; minuscole finestrelle munite di tripli vetri, per isolare meglio dalle rigide temperature dei mesi invernali; interni cos angusti e raccolti da lasciare a malapena lo spazio per muoversi. Questi ambientini fanno venire una voglia incredibile di abitarci, per
14

la loro atmosfera cos antica e suggestiva e gli spazi cos piccoli che ispirano protezione e riservatezza. Cos vivevano i norvegesi un tempo, e nonostante si tratti di comuni abitazioni non si pu non notarne il carattere fiabesco. Una bambina vestita in abiti tradizionali sta preparando un caff in una delle stamberghe, con la madre che stende i panni fuori, anchessa vestita come una donna vichinga. Nei loro occhi chiari si legge la fierezza e l'attaccamento alla propria cultura. La riproduzione del villaggio organizzata ed inscenata alla perfezione: c da domandarsi se queste persone non vivano davvero qui tutto lanno. Proseguendo, camminiamo in mezzo a capanne su palafitte, dalle strane forme oblunghe o irregolari, costruite in legno scuro e non verniciato. Alcune di esse hanno l'erba che cresce sul tetto e sembrano emerse direttamente dal bosco selvaggio. Daltra parte, questa piccola bizzarria ha un risvolto ecologico non indifferente: se tutte le case al mondo avessero lerba che cresce sul tetto, chiss quanta anidride carbonica in meno ci sarebbe nellatmosfera! Proseguendo ancora oltre, le casette si fanno sempre pi povere e somiglianti a stalle, finch troviamo le stalle vere, con tanto di maiali che grufolano e si rotolano allegramente nel fango. Un socievole gatto si avvicina a noi e si lascia accarezzare fiducioso, strusciandosi sulle nostre gambe come fanno tutti i gatti per salutare gli esseri umani di cui ritengono di potersi fidare. Le nostre gambe stanno iniziando a dare segni di cedimento dopo tutto questo camminare senza soste, perci ci fermiamo allombra di qualche albero per mettere qualcosa sotto i denti, osservando nel contempo alcuni bambini alle prese con i loro trampoli. Rimaniamo pigramente seduti in panchina per circa unora, prima di partire per la prossima ed ultima attrazione, il museo delle navi vichinghe. In realt, pi che un museo uno stanzone spoglio nel quale si trovano tre relitti di drakkar. La loro caratteristica prua a spirale talvolta modellata per assumere la forma d'animali mostruosi come serpenti marini e draghi, necessari per incutere timore al nemico e proteggersi dalla malvagit delle mitiche creature marittime. Pur belle che siano le navi, nel piccolo museo non c' altro, perci usciamo presto per darci nuovamente al relax sull'erba, lasciando ancora una volta alla musica il compito di creare degli spettacolari ricordi di questi minuti.
15

Non ce ne siamo nemmeno accorti, ma gi ora di ripartire. Verso tarda sera ci aspetta il treno per Stavanger, qualche centinaio di chilometri pi ad ovest. Mancano cinque ore prima della partenza del treno notturno, e ormai non abbiamo pi un posto dove andare. La nostra casa la stazione ferroviaria. Per far trascorrere un po pi in fretta il tempo, risaliamo in cima al Teatro d'Opera, rischiando costantemente di inciampare negli insidiosi gradini. Dalla piattaforma superiore ci godiamo un nuvoloso tramonto, che infiamma debolmente il cielo. Presto per cade qualche goccia di pioggia e la lieve brezza si fa sempre pi tesa. meglio ripararsi al caldo, prima di farci sorprendere da un altro temporale mostruoso. Prima notte in treno La notte da passare in treno mi preoccupa, viste le grosse difficolt che ho nel dormire seduto. Non mi riesce assolutamente di addormentarmi in quella posizione, nemmeno dopo ore di tentativi. Lho gi sperimentato in passato e so gi cosa mi aspetta. In ogni caso, i treni notturni ci sono molto utili e non possiamo lesinare su di essi. Il risparmio che ci garantiscono in termini di tempo e soldi notevole. Sui nostri sedili, reclinabili ma non troppo, gli inservienti hanno gentilmente lasciato una mascherina per gli occhi, una coperta e due paia di tappi per le orecchie. I regalini per la notte potrebbero aiutarmi a prendere sonno, ma so che saranno comunque inutili. Ma forse non dovrei lamentarmi, poich poteva andarmi molto peggio: nei posti immediatamente dietro di noi, gli schienali dei sedili non si possono abbassare nemmeno di un millimetro, essendo a contrasto direttamente con la parete posteriore della cabina. L sarei sicuro al cento per cento di non chiudere occhio, qui mi rimane qualche flebile possibilit. Il controllore passa tra i sedili subito dopo la partenza, cercando eventuali passeggeri abusivi, ma non ne trova nessuno. Tutti sanno che qui non si scherza e le multe per i furbi sono molto pesanti. Una volta finito il giro di controllo, le luci vengono abbassate notevolmente per permettere ai viaggiatori di prendere sonno. Mi sento escluso dal resto dei passeggeri: dopo due ore dalla partenza, infatti, sono ancora al punto di partenza. Ho molto sonno, ma non posso dormire se non mi sdraio. Continuo a rigirarmi nel sedile in cerca di una posizione comoda per addormentarmi, ma senza il
16

bench minimo risultato. Il massimo che riesco ad ottenere distruggermi qualche vertebra del collo, per aver tenuto la testa piegata di lato per troppo tempo senza accorgermene. Comincio ad irritarmi per la mia incapacit di addormentarmi, ma purtroppo non ci posso fare niente. A volte non si pu fare altro che lasciar passare il tempo. Il mio compagno si gi addormentato da un pezzo, fortunato lui. Io mi rassegno a passare la notte in bianco, ma non tutto il male viene per nuocere. Guardando fuori dal finestrino, infatti, posso intravedere la luce del sole sotto l'orizzonte. Considerato che sono quasi le tre di notte, posso ritenermi fortunato ad essere sveglio per ammirare questo spettacolo. Di colpo la situazione si ribalta. Ora non voglio pi dormire, ma solo gustarmi quest'insolito fenomeno che la natura norvegese mi sta regalando. La nostra stella si nasconde bene dietro le montagne, ma non poi cos lontana come potrebbe sembrare. I tenui e appena accennati raggi creano unaura di colori sbiaditi attorno alle creste delle montagne, mentre il treno prosegue indifferente la sua corsa. Unesperienza quasi metafisica. Mentre mi perdo nei meditabondi meandri della mia mente, stimolata da questi paesaggi cos surreali, comincia a farsi mattina. Il sonno mi torna e si fa sempre pi violento, ma non c verso che mi addormenti. La posizione semiseduta rovina tutti i miei sforzi. Riesco solo a cadere in uno stato di trance che potrei definire dormiveglia profondo, ma che non diventa mai sonno vero se non per pochissimi ed insignificanti minuti, dei quali non ho memoria n certezza. Il tempo lento ma non si ferma mai, e so che anche questa notte prima o poi finir, cos come finiscono le lunghe ed apparentemente interminabili notti di turno in ospedale. Alle sette di mattina lagonia termina definitivamente, e il sole stavolta sorge per davvero. Siamo arrivati a Stavanger. Stavanger Scendiamo dal treno assonnati e rimbecilliti, ma laria frizzante della mattina norvegese ci ringalluzzisce e ci fa riacquistare un filo di lucidit mentale. Ci troviamo in una cittadina che conta oltre centomila abitanti ed famosa per la fiorente industria petrolifera che ospita, ma che non offre alcuna attrazione turistica di rilievo. Lunica cosa che ha una parvenza artistica un simpatico laghetto
17

circolare, posto proprio di fronte alluscita della stazione. Una fontanella al centro del laghetto spruzza costantemente acqua in ogni direzione, ma non abbiamo tempo di osservarla. Dobbiamo muoverci e trovare in fretta un ufficio informazioni. Solo l, infatti, ci potranno dire dove si trova lostello e soprattutto come dobbiamo fare per effettuare il trekking sul Preikestolen. Questo nome significa Roccia Pulpito, e identifica una mastodontica roccia a forma di parallelepipedo, situata lungo un fiordo e strapiombante per seicento metri sulloceano Atlantico. Una meraviglia d'architettura naturale, ed una tappa irrinunciabile per qualsiasi viaggiatore che approda in Norvegia. La febbre della conquista brucia in noi, ansiosi come siamo di raggiungere questa succulenta meta, ma le cose iniziano ad andare storte. Orientarsi a Stavanger non facile e il tempo a nostra disposizione molto scarso. Non abbiamo assolutamente intenzione di tentare la salita alla Roccia con gli zaini pesanti sulle spalle, nemmeno nel pi sconsiderato impeto di spirito d'avventura estrema: probabilmente non arriveremmo in cima vivi. Dobbiamo perci depositare i bagagli in ostello, o in alternativa nelle casseforti della stazione dei traghetti, della quale per ignoriamo lubicazione. Calcolando male i rischi, optiamo per il deposito in ostello, molto lontano e irraggiungibile a piedi dalla stazione. Per arrivarci bisogna prendere uno dei numerosi bus urbani che servono il paese in ogni angolo, per poi riprendere lo stesso bus e tornare indietro. Un piano azzardato, visto il poco tempo a nostra disposizione, ma presi dallimpeto decidiamo di provarci ugualmente. Con laiuto dellufficio informazioni e di un autista di pullman, riusciamo infine a trovare la fermata giusta dove aspettare il nostro autobus. Qui incontriamo una signora che parla italiano! Ella infatti originaria di Chiasso, cittadina vicinissima al confine svizzero e a due passi da casa nostra. Il mondo davvero piccolo! Dopo averci parlato dei suoi parenti che abitano all'isola d'Elba, la signora ci aiuta nella nostra ricerca, spiegandoci dove dobbiamo scendere. La ringraziamo moltissimo per il vitale aiuto e scendiamo alla fermata da lei indicata, mentre il tempo inizia gi a stringere. Il problema che di quest'ostello non v' nemmeno l'ombra. Nei dintorni c solo un campeggio, coperto in ogni centimetro quadrato da tende e roulotte. Edifici, quasi nessuno. La reception chiusa e aprir tra cinque minuti, stando a ci che recita il cartello
18

affisso sullentrata. Ci sono un po di persone che stanno aspettando fuori, con aria seccata. Staranno anche loro cercando lostello? Questa sar veramente la reception? Non possiamo saperlo finch non apre, e il tempo utile per prendere il traghetto sempre pi scarso. Non sappiamo assolutamente cosa fare e ci sta prendendo una spiacevole ansia. meglio rimanere ad aspettare, oppure conviene tornare immediatamente indietro, sperando di trovare un deposito bagagli nella stazione dei traghetti? Tentiamo la fortuna scegliendo la soluzione pi immediata, cio ripartire subito. Il bus dal quale siamo scesi poco prima tarda solo qualche minuto ad arrivare, ma quei minuti potrebbero fare la differenza tra il salire sul traghetto e il vederselo passare davanti. Quando finalmente scorgiamo lautobus che percorre senza troppa fretta le curve in cima alla strada, dirigendosi verso di noi col motore che ansima e borbotta, saliamo e ritroviamo la stessa signora di prima. strano, pensavamo fosse gi scesa da un pezzo. Vedendoci in evidente difficolt, la donna si offre di portarci i bagagli nellalbergo dove lavora. Lofferta allettante, ma uno sguardo diffidente di Davide mi convince che per quanto l'anziana signora si mostri gentile e disponibile ad aiutarci, non possiamo lasciare in mano i nostri bagagli a quella che pur sempre un'estranea. Rifiutiamo dunque gentilmente la proposta. Una volta scesi dal bus, iniziamo una corsa folle per raggiungere la stazione navale, fortunatamente poco distante da quella ferroviaria. La raggiungiamo in un lampo. Stocchiamo i bagagli in fretta e furia, contando le monetine necessarie con le mani che quasi tremano, dopodich ripartiamo a razzo verso la biglietteria. Siamo gi convinti di essere arrivati troppo tardi, ma c ancora una piccola speranza... ed ecco la sorpresa! Il nostro traghetto arriver tra ben tre quarti d'ora, e non tra pochi minuti. Il traghetto che parte alle nove in punto appartiene ad un'altra compagnia navale. Accidenti alle informazioni sbagliate! Tanta fatica e apprensione per nulla, ma almeno possiamo tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, e nondimeno fare colazione. Purtroppo, il succo di frutta che abbiamo comprato si rivela disgustoso, e dopo qualche sorso finisce allegramente nel cestino. Rimpiango il cibo italiano, universalmente conosciuto ed apprezzato, ma si sa, in viaggio occorre fare qualche rinuncia.
19

Consumata anche questa poco appetibile colazione, sono finalmente arrivate le nove e tre quarti ed tempo di partire per la Roccia. Il sole picchia forte anche oggi, ed una bellissima giornata, ideale per un itinerario di trekking avventuroso. Lenergia salita di nuovo a livelli stellari e siamo pronti ad affrontare le due ore e mezzo di salita, necessarie per posare i piedi sulla rude roccia granitica che regna incontrastata sul Lysefjord. Lascesa Armati di scarpe da trekking e di spirito di conquista, iniziamo ad inerpicarci su questo sentiero, che sembra ben tracciato e livellato. Presumiamo che sar una salita tranquilla e panoramica, nella quale fare affidamento soltanto sul fiato e sulla buona volont di arrivare presto in cima, ma non abbiamo unidea precisa di quale sia la reale natura di questo percorso. Alla nostra destra possiamo scorgere gli ultimi lembi di oceano, che sono penetrati fino a qui serpeggiando in mezzo alle montagne, ed veramente paradossale vedere il mare confinare direttamente con esse. Dobbiamo ancora abituare gli occhi a questinsolito paesaggio. Nei primi dieci minuti di camminata, tutto fila liscio come lolio, ma il nostro ottimismo presto intaccato da una poco incoraggiante rivelazione: il sentiero ha mutato radicalmente la sua morfologia ed ora consiste quasi interamente in massi e rocce irregolari, che tappezzano completamente la strada. Tutte le rocce vanno ovviamente scavalcate o aggirate, poggiando il piede nel posto giusto, stando attenti a non sbilanciarsi e a non caricare il peso su una lastra instabile, e soprattutto a non causarsi qualche fatale distorsione alla caviglia. I piedi iniziano subito a soffrire per via del sentiero, cos aspro ed irregolare; il fiato per fortuna non ci manca, ma la natura della strada ci rende la vita difficile. Come se non bastasse, il percorso popolato da centinaia di persone che intralciano il passaggio, cos come noi lo intralciamo a loro, ma la convivenza non crea troppi problemi, poich siamo tutti concentrati solo nel mettere un piede davanti allaltro. Alterniamo momenti d'accelerazioni furiose a testa bassa, stufi di non vedere mai un punto d'arrivo, ad altri di camminata enormemente rallentata a causa di un colpo di fatica. Ogni crinale roccioso sembra l'ultimo, ma poi si scopre che ce n' ancora un
20

altro identico da raggiungere prima di arrivare in cima. La montagna sa essere atroce! La strada, inoltre, non una salita uniforme, bens un continuo ed imprevedibile saliscendi che mette a dura prova i piedi, costretti prima a volgersi in un senso e poi nell'altro, senza mai potersi abituare ad un'andatura regolare. Passo dopo passo, un'imprecazione dietro l'altra, il tremendo sentiero pietroso finalmente finisce. Ora non c' pi nemmeno un vero e proprio sentiero, bens solo delle rocce larghissime e piatte dalle quali bisogna continuamente scendere e salire. Tali lastre sono quasi tutte irregolari ed inclinate, cosicch il piede non si trova mai dritto, ma si flette costantemente, ora a destra ora a sinistra. Il rischio di distorsioni molto alto, e se non ci pensano le distorsioni a rovinarci la festa, di sicuro ci pensa il dolore alle caviglie, irritate dal basso bordo della scarpa. Avrei dovuto scegliere una calzatura dal bordo pi alto! Nessuno attorno ha un'idea precisa di dove sia il sentiero giusto, e la massa di persone si apre a ventaglio per cercare la via pi facile. L'intera scena montana condita da limpidi laghetti, nei quali alcuni temerari stanno facendo dei rigeneranti pediluvi alla temperatura di forse tre o quattro gradi centigradi. Sulle montagne circostanti, altri isolati specchi dacqua sono circondati su ogni lato dalle foreste di pini, che paiono delle minacciose squadre dassalto, armate di spine e frasche. Linsolito paesaggio contribuisce a lenire un po la fatica dell'ascesa, esacerbata dalla scarsit d'acqua che ci costringe ad un razionamento severo. Passiamo continuamente da vaste zone completamente in ombra, nelle quali si patisce un freddo intenso, a zone esposte al sole cocente, quasi per nulla ostacolato da un cielo terso e pennellato solo qua e l da qualche cirro isolato. La faccenda inizia a farsi stressante e ci stiamo preoccupando seriamente sulla distanza che ci rimane da percorrere: ogni volta che troviamo un cartello indicativo scopriamo di essere ben pi indietro del previsto, traditi dallingannevole morfologia del percorso. Tuttad un tratto, passiamo sul fianco della montagna, dove ci sono tanti ponticelli di legno collegati tra loro ed intervallati a rocce sporgenti, nelle quali si incastonano magistralmente. Da qui si inizia ad intravedere in lontananza la fine della montagna, e questa visione ci d nuova forza per continuare. Non possiamo mollare, ora che siamo cos vicini!
21

Dopo altri trenta minuti di scarpinata, coi piedi sempre pi doloranti e macerati nel sudore, raggiungiamo senza quasi accorgercene il primo punto in cui la montagna d a picco sul mare. Impossibile esprimere a parole la magnificenza del luogo. Lo strettissimo sentiero ora fiancheggiato da roccia solo da una parte, mentre dallaltra cade un vertiginoso strapiombo, protetto solo da qualche ciuffo derba che funge da ciglio. Stranamente, la paura di ruzzolare di sotto non mi sfiora nemmeno per un istante, cos come non accuso vertigini. La bellezza del panorama e l'emozione di essere qui sovrastano qualsiasi paura e sensazione fisica sgradevole. La stanchezza e i dolori ai piedi hanno cessato di esistere, come temporaneamente svaniti. Rallentiamo il passo per goderci meglio questi spettacolari paesaggi e per assaporare fino in fondo il brivido dellemozione. Distogliendo lo sguardo dalloceano sottostante e rivolgendo gli occhi verso lorizzonte, le catene montuose del fiordo si estendono a perdita docchio, magnificate da unatmosfera secca e limpida. Man mano che ci avviciniamo alla meta vera e propria, distante ormai solo poche decine di metri, gli strapiombi si fanno sempre pi netti e paurosi. Improvvisamente, il sentiero si appiattisce e ci rendiamo conto di essere arrivati sullo spiazzo finale, un quadrato roccioso di circa venti metri di lato. La Roccia Pulpito finalmente conquistata. Sulla Roccia Ci fermiamo per qualche secondo, tentando di digerire questa strana e quasi irreale situazione. Siamo in piedi su un blocco di granito, quasi perfettamente liscio e verticale, che si getta a precipizio in quello che sembra un grosso fiume, ma che in realt lOceano Atlantico. Le sue acque serpeggiano tra le due catene montuose che si fronteggiano fieramente, dividendole in due e riempiendo le vallate, che migliaia o forse milioni d'anni fa erano completamente asciutte. Le pareti laterali della Roccia sono del tutto sgombre da vegetazione, e alcuni irregolari contrafforti rocciosi contornano il monolite. Un limite nettissimo divide la fine della montagna dallinizio dellacqua, ben seicento metri pi in basso, limite al quale bene avvicinarsi sdraiati bocconi onde evitare una fatale sincope. Qualche solitario traghetto carico di turisti solca lentamente le acque, lasciando un'appena visibile scia di schiuma bianca dietro di
22

s. Sembra cos piccolo a guardarlo da cos in alto, e anche il resto del mondo sembra cos infimo ed insignificante. Sporgendo la testa dal bordo della Roccia, lemozione raggiunge il climax. La mancanza assoluta di protezioni e la visuale diretta sul fiordo lasciano sensazioni indescrivibili. Pu tutto questo essere unicamente un effetto dell'erosione dell'acqua scioltasi nei ghiacciai, la quale poi andata a riempire le vallate sottostanti, millennio dopo millennio? Si stenta a crederlo, pare invece che sia tutta opera di pazienti scalpellini umani che per lo stesso lasso di tempo hanno modellato e plasmato questo colosso. Le persone attorno a noi non fanno che vociare concitatamente in tutte le lingue possibili e immaginabili, ma non c tempo per badare a cosa fanno gli altri n per lamentarsi della loro rumorosit. Mi siedo sul bordo laterale della Roccia, ammirando uno dei pietrosi contrafforti che mi sovrastano sulla destra e lasciandomi cullare dai riflessi del sole sullacqua. In certi punti, la luce forma strane figure, che sembrano veri e propri disegni impressi sulla superficie delloceano. Guardando gi mi sento come invulnerabile: io sono qui e il resto del mondo l in basso. La discesa In mezzo al quadrato roccioso consumiamo uno spuntino molto spartano, condito da qualche barretta energetica per affrontare al meglio la discesa, che immaginiamo non sar pi semplice della salita. Rifare al contrario tutti quegli improbabili sentieri, con la stanchezza accumulata e non del tutto smaltita dal breve riposo, non si prospetta un gioco da ragazzi. Diverse persone si stanno togliendo le calze per mettere i cerotti antivescica sulle piante dei piedi, esattamente come ho fatto io prima di partire. Per chi ha i piedi che tendono a ferirsi e vescicarsi facilmente, il sentiero non perdona. Oltretutto, lacqua agli sgoccioli e dobbiamo usarla con parsimonia, per evitare di trovarci a met sentiero con la gola arsa e poche inservibili gocce sul fondo della bottiglietta. Cominciamo a scendere con un passo molto lento, tastando prudentemente ogni roccia per evitare di esacerbare l'ingravescente dolore ai lati del piede. Ora che non c pi febbre della conquista a infiammarci, sopportare fatiche e dolori meno facile. Ripercorriamo lo stesso sentiero al contrario, fermandoci spesso per bere, e constatiamo che
23

probabilmente lacqua non baster fino alla fine. In un tratto boscoso, dove la sete di nuovo incoercibile, ci consultiamo per un attimo su cosa sia meglio fare: vuotare subito quel che rimane della bottiglia, facendo durare il pi possibile gli ultimi sorsi, o tenere il fondo per emergenza? La mente direbbe di scegliere la seconda opzione, ma il corpo non daccordo e cos scegliamo la prima. Vuotiamo la bottiglietta in pochi sorsi, e da questo momento in poi non parliamo pi per risparmiare le energie e non far inaridire la gola, respiriamo solo col naso e soffriamo in silenzio sulle rocce aguzze. Il silenzio rotto solo da qualche rara imprecazione, proferita dopo essere incappati nel classico masso traditore che fa cadere col sedere per terra. Per scendere impieghiamo quasi lo stesso tempo che abbiamo speso per salire. Ci aiuta la consapevolezza che ogni passo ci porta pi vicino alla salvezza, ma ad un certo punto daremmo tutto quello che possediamo pur di essere gi in fondo al percorso. Dopo qualche ora di dolori, tastiamo di nuovo con i piedi il suolo asfaltato. Completamente senza forze, e con le caviglie ormai distrutte, ci stravacchiamo sui sedili dellautobus e vorremmo rimanere l in eterno. Ma in fondo siamo indescrivibilmente felici per ci che siamo appena riusciti a compiere, trovando anche una giornata perfetta che ci ha permesso di ammirare appieno uno spettacolo che la natura regala solo di rado. Nel traghetto disponiamo finalmente di un sedile abbastanza comodo, e badando a non sprecare altre energie sistemiamo come possibile zaini e scarpe. Togliendole, scopro un piede semidistrutto e che nelle parti pi massacrate mi duole solo al tocco. Davide cede al sonno e si addormenta ancora seduto dritto, mentre io resto sveglio, ma sono cos rallentato e privo di forze che potrei cascare a terra da un momento all'altro, semplicemente scivolando gi dal sedile. La forza di volont, cos necessaria sullaspro sentiero, ora svanita completamente, e mi rimane giusto quella necessaria per continuare a respirare. Rimaniamo in questo stato di dormiveglia apatico fino alla fine dellora di traversata, recuperando appena quel briciolo di energia che ci servir per raggiungere lostello, dove potremo finalmente recuperare tutte le forze perdute con una sana dormita, che ormai manca da troppe ore.

24

Con il solito autobus, arriviamo nella gi conosciuta zona campeggio, sperando di trovare finalmente il fantomatico ostello. Non c nessuno in giro, tranne una ragazza che sta pitturando con molta solerzia e pazienza la facciata di un bungalow. Nel vederla ci rinfranchiamo, pensando che deve per forza essere una dipendente del campeggio. Grazie al suo aiuto, finalmente troviamo lostello, seminascosto dietro alcune frondose piante. Ecco perch stamattina non labbiamo nemmeno visto, ma forse hanno giocato a nostro sfavore anche la fretta e ladrenalina accumulata. Dopo le solite formalit burocratiche, accogliamo con enorme gioia la nostra camera doppia. Una camerata sarebbe stata pi economica, ma ora come ora i soldi sono lultimo problema, e la priorit riposare tranquilli senza avere a che fare con nessuno. Non appena recuperiamo sufficienti forze per avventurarci al supermercato, lo saccheggiamo (in senso metaforico). I nostri stomaci, e soprattutto i muscoli, reclamano cibo a volont per riparare tutti i microtraumi prodotti dalla salita e soprattutto dalla discesa, per non parlare dei piedi, profondamente segnati di rosso nelle zone corrispondenti agli attriti con la parte dura delle scarpe. Ripensando a cosa abbiamo appena passato sul duro sentiero, ci sentiamo veramente dei pasci in riposo serale. Dopo quaranta ore ininterrotte di veglia, finalmente posso dormire come si deve, in conclusione di una giornata passata sognando ad occhi aperti. Bergen La mattina ripartiamo di buonora. La Norvegia ci regala unaltra esperienza panoramica indimenticabile: per raggiungere Bergen percorriamo un tratto della spettacolare Strada Atlantica, macinata per met in autobus e per met in traghetto. Ma noi non scendiamo mai dal pullman: esso, semplicemente, sale sulla nave e viene trasportato per qualche chilometro, poi ridiscende e ricomincia a camminare per conto suo, in un continuo intercambiarsi. Ad ovest appare direttamente limmenso oceano, e stavolta non seicento metri pi in basso, ma a pochi passi. Lautobus supera numerosi ponti a campana e costoni rocciosi che delimitano le strade serpeggianti sullacqua, cespugli di fiori viola intenso che danno un tocco di colore al fiabesco paesaggio, mandrie di mucche e pecore che pascolano tranquille sapendo che nessuno
25

le disturber. Ancora una volta, la musica stuzzica la fantasia e rende molto coinvolgente il susseguirsi dei paesaggi. Un fraseggio di chitarra impetuoso corrisponde ad una violenta discesa, un arpeggio pi delicato invece si sposa con una curva stretta lambita dalle acque tranquille. Il sole ci regala anche oggi tutta la potenza dei suoi raggi, illuminando scogli solitari ed acque increspate da una lieve brezza. Per ore non facciamo che passare da un'isoletta all'altra, in una strada complicata e tortuosa, costantemente sospesa fra la terra e l'acqua. Nel primo pomeriggio raggiungiamo finalmente Bergen, importante citt portuale. Un laghetto ci d il benvenuto non appena usciamo dalla stazione centrale, proprio come a Stavanger. Alcune curiose fontane, situate proprio in mezzo allo specchio dacqua, zampillano incessantemente formando nubi di goccioline ed onde, che non permettono mai allacqua di riposarsi. Alcune sculture di legno, raffiguranti triangoli impossibili, decorano il viale che costeggia il lago, e percorrendo tale strada raggiungiamo subito il cuore della citt, direttamente affacciato sulla baia di Vagen. Qui si trova il famoso quartiere di Bryggen. Caratteristica attrazione di questa citt, classificato dall'organo dellUnesco come patrimonio dell'umanit. Si tratta di un intero villaggio di ben 280 casette di legno, quasi tutte uguali, ma verniciate con colori differenti. Le strette finestrelle sono sviluppate in verticale pi che in orizzontale e sembrano derivate dallarchitettura gotica. Queste casette sono attaccate l'una all'altra come delle villette a schiera, e la fine di ciascun tetto coincide con linizio del successivo. Mi chiedo cosa succeda in inverno: la neve andr ad accumularsi tutta nelle concavit? I canali di drenaggio dove sono? Non riusciamo a capirlo, ma di sicuro gli abitanti sanno il fatto loro e sono attrezzati con loccorrente per tutte le eventualit climatiche. Indispensabile essere preparati quando si abita oltre una certa latitudine, e soprattutto qui a Bergen, dove le precipitazioni sono tra le pi abbondanti dEuropa. Le casette del Bryggen sono ormai in buona parte riadattate a negozi di souvenir, ristoranti e musei, sempre in grande attivit data lingente mole di turisti che visita ogni anno la citt. Bergen molto pi nordica di Oslo: si nota dovunque il classico stile di costruzione locale, con i tetti molto spioventi. Finalmente ci sentiamo davvero ospiti di una citt nordica. Non mancano i soliti mercatini del pesce, intervallati a tanti pittoreschi e strettissimi viottoli che sfociano al
26

molo. La baia letteralmente invasa da barche, in massima parte pescherecci, costantemente all'opera per pescare il merluzzo che da sempre fa la fortuna economica di questa nazione. La citt appare fin da subito ricca di fascino e di sorprese, ma siamo comunque piuttosto stanchi, e prima di perderci a visitarla dobbiamo trovare un ostello per tranquillizzarci sulla nostra sistemazione e poterci organizzare al meglio. Stavolta, per, non abbiamo prenotato niente e dobbiamo basarci un po sulla fortuna. Uno dopo laltro troviamo gli alloggi tutti gi occupati, ma fortunatamente le ben informate ragazze dell'ufficio turistico ci parlano di un dormitorio non lontano da noi e che non figura in nessuna guida o carta ostelli di cui disponiamo. la nostra salvezza: ha giusto due posti liberi per stanotte, ma poi ci dovremo arrangiare e cercare unaltra sistemazione poich per le notti successive tutto prenotato. Per ora va bene cos, poteva andare molto peggio. La camera un dormitorio da otto posti, molto spartano e minimale. I letti a castello, dalla sottilissima struttura, sono verniciati di nero e hanno un aspetto veramente povero. La prima persona con cui veniamo in contatto nella camera un inquietante rastafariano di colore, con le classiche treccine e lo sguardo truce, che sta dormicchiando sul letto a castello proprio di fronte alla porta. Dopo un primo e biascicato Whats up?, cui rispondiamo farfugliando timidamente qualcosa, ci chiede con una voce da oltretomba la nostra nazionalit, senza nemmeno girare la testa. Una volta che lha scoperta emette un laconico verso di intendimento, smettendo definitivamente di parlare. Si limiter successivamente a squadrarci con sguardi obliqui, che eviteremo il pi possibile. Questa volta la compagnia non il massimo: il resto dei vicini di dormitorio costituito in buona parte da debosciati puzzolenti ed alcolisti, che per fortuna ci ignorano. Le porte della camera si aprono con le inaffidabili chiavi magnetiche, che tendono a guastarsi e smagnetizzarsi con estrema facilit. Pi volte dobbiamo litigare con le chiavi per entrare in camera. L'armadio nel quale dovremmo chiudere a chiave i nostri bagagli difettoso, completamente scardinato nella parte inferiore. Lo chiudiamo solo dopo non pochi sforzi e imprecazioni, producendo molto rumore che potrebbe turbare i sonni dei nostri inquietanti vicini di letto con chiss quali conseguenzema nessuno si sveglia. Dopo aver riposato qualche minuto, partiamo finalmente con lesplorazione
27

della citt, nuovamente carichi di energie e felici di abbandonare la camera, invasa dalla puzza di piedi mai lavati. Il centro di Bergen un fermento d'attivit, popolato da numerosissime bancarelle che vendono ogni bene possibile e immaginabile. Gli immancabili negozi italiani offrono gelati alla panna cotta e al lampone, mentre i bar locali servono birra a quasi otto euro al boccale. Otto! Un prezzo proibitivo, al quale non cediamo, nonostante la tentazione di farci una birretta al tramonto sia forte. Dalla piazza si nota anche la funivia panoramica che percorre la montagna sopra di noi. I viottoli della cittadina sono una goduria da esplorare: ce ne sono alcuni cos stretti e pittoreschi da sembrare di essere in una favola. Le case sono tutte di colori diversissimi tra loro, anche se il bianco predomina; alcune abitazioni hanno perfino l'asta per la bandiera incorporata nell'architettura. Non ci sono costruzioni particolarmente alte nel quartiere residenziale: predomina l'architettura tipica, che bassa, squadrata e spigolosa. Camminando per uno dei vicoli, notiamo un inflessibile vigile che sta multando un'automobile parcheggiata appena fuori dal limite delle strisce, di fronte ad una chiesa dalle porte pesantemente serrate. Viene da sorridere, pensando a certi parcheggi selvaggi in terza fila che si vedono a casa nostra, totalmente impuniti. A furia di girare per le strade, si ormai fatto tardi e optiamo per il ritorno alla base. Sulla strada del ritorno intercettiamo per unesercitazione di canto che si sta tenendo in una chiesa. Incuriositi, facciamo una piccola deviazione. Il coro intona serie di note sempre pi complesse e articolate, ma non inizia mai a cantare sul serio. Lo spettacolo inizier solo dopo diverse ore, come apprendiamo da un cartello affisso al muro, perci dopo qualche minuto accantoniamo il proposito di assistervi e ce ne andiamo a dormire. Musei e acquario Le mete di oggi sono il castello di re Hakon, ledificio laico pi grande dellintera Norvegia, e successivamente il museo della pesca, situato vicino al quartiere industriale. L'interno del castello realmente angosciante, e in modo particolare lo sono i sotterranei, che anticamente erano delle prigioni. Le finestre sono minuscole e claustrofobiche, cos come le stanze, grandi quel tanto che basta per
28

sopravvivere ma non di pi. Scale e porte sono estremamente strette, e talvolta quasi ci incastriamo per passare, nonostante le nostre dimensioni ridotte. In compenso, la sala cerimoniale enorme. Non c quasi niente al suo interno, solo il pavimento in legno un po scricchiolante e un tavolo ricoperto da un decoratissimo arazzo giallo. Si respira aria di medioevo, specialmente visitando i bastioni e i punti pi alti di questo mostro di pietra, dai quali si ha una visuale della citt veramente notevole. Il biglietto dentrata ci d diritto ad un caff gratuito nel vicino bar, e approfittiamo volentieri di quest'insperato e corroborante spuntino, poich qualsiasi cosa venga offerta in viaggio sempre una manna dal cielo. I soldi non bastano mai, e il cibo una di quelle cose che bisogna sfruttare al massimo per risparmiare. Riprendiamo quindi la strada per il museo della pesca, che ospita una carrellata di tutti gli arnesi del mestiere. Gli enormi arpioni usati per la caccia alle balene sono lunghi diversi metri e terribilmente potenti: con un colpo solo squarterebbero un essere umano e lo ridurrebbero in mille brandelli di carne sanguinante. Non vorrei certo essere al posto delle sventurate balene, che la Norvegia caccia ancora, indifferente alle pressioni internazionali. L'atmosfera del museo mi ricorda molto Capitani Coraggiosi, un libro sempreverde riletto infinite volte. Non riusciamo nemmeno ad immaginare a cosa serva la gran parte degli utensili esposti, e anche le reti da pesca costituiscono una rivelazione: grazie ad alcune riproduzioni in scala, scopriamo che vengono posizionate sott'acqua a grande profondit, enormemente di pi di quello che pensavamo, cos da catturare la maggior quantit possibile di prede in una singola pescata. Come doveva essere difficile fare il pescatore qualche secolo fa, senza le moderne navi accessoriate con ogni comfort e dotate di tutti gli attrezzi da pesca intensiva e automatizzata! Dopo aver visitato il museo della pesca, siamo costretti a cambiare ostello. una necessit tremendamente noiosa ma indispensabile. Lasciamo dunque un dormitorio da otto persone, per approdare in uno da dodici. Anche qui le porte si aprono con la tessera magnetica, e funzionano malissimo, bloccandosi ed inceppandosi ogni due per tre. Gli inservienti stanno disinfettando le stanze, passando insistentemente lo straccio sotto i letti dopo averlo imbevuto e strizzato nel secchio della candeggina. Non c nessuno nelle camere e non ci sono nemmeno le lenzuola posate sui
29

materassi. Sembra che per ora siamo gli unici occupanti. Capiamo per che dobbiamo levarci dalle scatole, per non intralciare le operazioni di pulizia. Dopo aver lasciato gli zaini in camera, ci dirigiamo a visitare lantica Bergen, un villaggio ora tramutato in esposizione. Superando ci che assomiglia vagamente ad un arco di trionfo romano, entriamo in questo piccolo agglomerato di casette a punta, sviluppato lungo una forte pendenza. Ormai iniziamo a conoscere l'architettura delle case norvegesi, dunque non c pi molto di nuovo da vedere, a parte alcuni sentieri davvero piacevoli, inaugurati da staccionate bianche disposte a ventaglio e muniti di siepi che li costeggiano da ogni lato. A fianco del piccolo laghetto centrale c uno stormo misto di piccioni, gabbiani e anatre, che coesistono pacificamente camminando gli uni in mezzo agli altri, senza mai battibeccare per accaparrarsi le briciole di pane lasciate dai visitatori. Non avevamo mai visto tutti questi uccelli di specie diverse andare cos daccordo! Vederli mangiare ci ricorda che anche il nostro stomaco va riempito, cos troviamo un posto riparato per consumare il nostro fugace pranzo, proprio mentre comincia a piovere. Le pietanze sono penose ma sazianti. Al ritorno optiamo per qualcosa da vedere al chiuso, evitando cos la pioggia, che sta diventando sempre pi fitta ed insistente. La scelta cade sull'acquario, raggiungibile a piedi dal centro. Tornati al porto, assistiamo ad una scenetta davvero comica: un tale si lanciato in acqua, avvolto da capo a piedi in una rete da pesca imbottita all'inverosimile di pop corn. Ora sta lentamente nuotando verso la riva, gettando a manciate i pop corn, che vengono prontamente raccolti dagli uccelli. Chiede anche a tutti i curiosi ammassati a riva, tra cui noi due, se ne vogliano qualcuno, con un'espressione gioviale ed evidentemente compiaciuta dalla sua eccentrica prestazione. Dopo averlo osservato per un po mentre cerca di togliersi di dosso lingombrante rete, passiamo oltre verso la nostra destinazione. Ce n di gente strana in giro Nell'acquario troviamo ogni genere d'animale pensabile, tranne i pesci di taglia enorme. Nelle vasche all'aperto ci sono i pinguini, esserini curiosamente bassi che paiono avere perennemente freddo da come tengono le pinne raccolte attorno al corpo. I maschi sono impegnati nella cova delle uova, e le femmine zampettano
30

lentamente, con la loro caratteristica andatura incerta e goffa. Da dietro i vetri mi diverto un po a far impazzire uno sventurato esemplare, sventolandogli velocemente la macchina fotografica di fronte al becco, ed osservando la sua reazione mentre tenta freneticamente di seguirne il movimento. Poi il turno d'alcune grasse foche, un po pigre ma molto simpatiche. All'interno invece, in un afoso clima tropicale riprodotto artificialmente, abitano i coccodrilli, i varani e tutti gli animali amazzonici. I coccodrilli sono molto pigri ed difficile convincerli a fare qualcosa, tanto meno a farsi fotografare. Alcune piccolissime scimmiette, dagli occhi curiosi e attenti, sono chiuse in gabbia assieme ad un'iguana abilissima nel mimetizzarsi sui rami. Nella zona delle vaschette c unaltra serie impressionante di pesci diversi, inclusi ragni e stelle marine, ognuno con relativo commento scritto e proiettato su un video. Alcuni hanno forme davvero curiose che attirano lattenzione, altri si nascondono timorosi di essere visti. Vita cittadina Rientriamo velocemente, facendo tappa ad ogni panchina pubblica per far riposare le gambe, ampiamente massacrate da tutto il tempo passato in piedi. Nel nuovo dormitorio conosciamo un po di gente nuova: i primi sono due inquietanti signori giapponesi, uno dei quali si siede per terra proprio di fianco al mio letto a tagliarsi le unghie dei piedi, spargendone i pezzi in giro, sotto il nostro sguardo un po divertito e un po infastidito. Poi un gruppo di nordici biondissimi, e infine due ragazze bolognesi della nostra et, anche loro munite di biglietto Interrail, ma che si limiteranno ad una vacanza di sedici giorni. Una di loro abbastanza simpatica, ma laltra pi ritrosa e non si dimostra molto loquace. Chiacchierando un po, scopriamo che hanno intenzione di esplorare la Norvegia da cima a fondo, incluse le tappe di Troms e Capo Nord, che noi invece salteremo per motivi di tempistica. Purtroppo, non siamo riusciti ad estendere il viaggio d'altri due giorni, che sarebbero serviti per includere anche quelle due tappe, ma ci siamo presto consolati, quando una nostra amica ci ha assicurato che non sono posti irrinunciabili. Scambiamo un po di opinioni con loro a proposito di programmi di viaggio e ostelli visitati, dopodich si mettono a programmare le loro faccende, cos le salutiamo e usciamo nuovamente.
31

Stavolta siamo fermamente intenzionati a provare qualche piatto tipico norvegese, poich scandaloso mangiare sempre cibo in scatola. Passando per la solita viuzza che conduce al centro, ci giunge dal cielo l'ispirazione: un chioschetto poco lontano dal porto sta vendendo degli hot dog con la carne di renna! semplicemente squisita: ha un sapore indefinibile se confrontato alla carne d'altri animali. Finalmente soddisfatti dal punto di vista alimentare, riprendiamo a girare in maniera molto disimpegnata per i negozi della zona, specialmente all'alimentari, nel quale contiamo di rifornirci. Una volta che abbiamo provveduto ai generi di prima necessit, la nostra attenzione si rivolge ai frigoriferi che stoccano la birra. Ce n' di ogni tipo, da quella che si trova in qualsiasi supermercato europeo fino a quella tipicamente nordica, riconoscibile dalle effigi vichinghe che reca sull'alluminio. Il prezzo circa tre euro per una lattina da mezzo litro, molto economico. Mentre stiamo valutando se sia il caso di comprarla o no, allungando la mano per aprire il frigorifero cos da guardare meglio, Davide si accorge tutt'ad un tratto che la maniglia legata strettamente con un robusto fazzoletto di cotone bianco, e quindi impossibile da aprire. Tentiamo dunque col secondo frigorifero, pensando che il primo sia guasto o chiuso temporaneamente, ma dopo aver guardato meglio le nostre speranze crollano: tutti i quattro frigoriferi sono chiusi col lucchetto! In Norvegia, infatti, il commercio dellalcool soggetto a severe limitazioni, essendo il suo abuso un problema di rilevante gravit sociale. Si possono comprare alcolici solo una volta raggiunta la maggiore et, obbligatoriamente esibendo un documento d'identit, e let da raggiungere direttamente proporzionale alla gradazione. Ci sono pochi negozi, tutti di monopolio statale, dedicati alle bevande alcoliche, ma anch'essi sono soggetti a limitazioni, e il limite di legge d'alcolemia alla guida tale che con nemmeno mezzo bicchiere di vino si gi quasi certamente fuorilegge. Essere sorpresi ubriachi al volante significa come minimo beccarsi ventuno giorni di carcere senza condizionale, oltre ad una salatissima multa! La legge norvegese molto severa e non concede scappatoie. A noi potr sembrare esagerato, ma sono sicuro che ci diminuisce significativamente le morti su strada causate dallalcool. Oltretutto, gli alcolici comprati in bottiglia sono

32

gravati da una tassa supplementare, che verr restituita solo riportando il vuoto al negozio. Non abbiamo voglia di trafficare con documenti didentit per berci una misera lattina di birra, n abbiamo voglia di tornare poi a riportare il vuoto, dunque rinunciamo al nostro proposito. Tuttavia, non resisto alla tentazione di comprare delle caramelle, che per si rivelano cos disgustose da doverle sputare subito in preda alla nausea. Hanno un sapore terribile, un misto tra salato e dolce. Che robaccia! Tornati in centro, un vento insistente inizia a spirare con parecchia forza, perci ci mettiamo addosso anche i kee-way. Quel che rimane della serata lo passiamo su una panchina, osservando un bellissimo tramonto che tinge di rosso e giallino le numerosissime nuvole all'orizzonte. Le persone abbandonano pian piano le loro barche, ma le strade invece di svuotarsi si riempiono sempre di pi di gente che adora la vita notturna. Noi per sappiamo di doverci alzare presto lindomani, quindi non tiriamo troppo la corda e ritorniamo al nostro ovile. Se stessimo sempre nella stessa citt potremmo anche stare fuori pi a lungo, ma spostandoci continuamente non possiamo dedicare troppe energie ad un singolo posto, o non ne rimarrebbero pi per i successivi. In ostello ci irritiamo non poco, poich le nostre tessere magnetiche non funzionano pi e la porta non si apre. Praticamente siamo chiusi fuori e nessuno risponde al campanello. Rimaniamo bloccati allesterno per una decina di minuti, e possiamo finalmente entrare solo grazie ad altri occupanti che ci salvano con la loro tessera. Una volta dentro, i problemi non sono per finiti: la porta della camera si blocca automaticamente qualche minuto dopo che stata chiusa dallinterno, costringendoci a rimanere sempre almeno in uno in stanza per aprire all'altro che rimasto fuori. Per rendere pi vivace la serata, uno dei giapponesi si addormenta con il computer portatile acceso, e dalle sue cuffie si sente costantemente una fastidiosissima musica da film, sempre uguale, tremolante ed ossessiva. Linsopportabile litania dura tutta la notte. Commento rumorosamente questo fracassone, sicuro di non essere capito, finch dopo diverse ore non cedo al sonno. Quando poi ci svegliamo la mattina seguente, il giapponese ancora nella stessa

33

posizione, con le cuffie ancora sulle orecchie, e la musica ancora identica. Sulla Flmsbana La giornata di oggi dedicata allesplorazione della natura delle zone limitrofe. Dalla stazione centrale parte un treno diretto a Myrdal, piccola cittadina dalla quale ha inizio (o fine) la linea Flmsbana, descritta come il pi bel tratto ferroviario panoramico dellintera nazione. Questa breve ferrovia collega Myrdal con il minuscolo villaggio di Flm, dal quale si pu prendere il traghetto ed effettuare una crociera lungo il fiordo, riapprodando poi a Bergen. Il viaggio in treno si compie in poco meno di un'ora, superando un dislivello di quasi novecento metri in soli venti chilometri di binari. Si tratta della linea ferroviaria pi ripida dEuropa che non faccia uso della cremagliera, e un indiscusso capolavoro d'ingegneria, con tutte le sue curve incastonate perfettamente nel coriaceo granito. Il nostro treno arriva ancora una volta in orario, com' la regola per i treni nordici, e attraversiamo velocemente le nude montagne, sovrastate da un debole sole. Giungiamo a Myrdal in poco pi di tre quarti dora. Abbiamo scelto di partire da qui e di percorrere la linea in discesa, per poterci godere un panorama pi ampio ed una pendenza vertiginosa. Unaltra volta dopo quasi settantanni di onorato e ininterrotto servizio, il treno parte dalla minuscola stazione e comincia la discesa, tenendo i freni sempre tirati data la notevole ripidezza dei binari. Siamo circondati da cascate su ogni lato: dalle alte montagne che ci sovrastano scendono in numerosi punti dei rivoli dacqua a strapiombo, disposti quasi regolarmente sulle creste rocciose. Dividono in pi parti le montagne come una riga tirata a pennarello. Sembra lopera di un geometra. La prospettiva dalla quale li osserviamo li fa sembrare ancora pi alti e minacciosi: lacqua scende velocissima e sembra che sia in grado di tagliare in due qualsiasi ostacolo si presenti lungo il suo percorso. I freni di questo vecchio treno stridono in modo lancinante, a volte quasi assordandoci, mentre la locomotiva incespica e contrasta a fatica limperiosa forza di gravit che tende a trascinare i vagoni verso il basso. In alcuni punti vi sono delle gallerie scavate nella montagna e si aprono delle finestre naturali in mezzo ad esse, rinforzate da travi di legno incrociate a mo di grata. Passandoci in
34

mezzo, sembra quasi di essere imprigionati dentro la roccia. Dopo qualche minuto, raggiungiamo una piccola piattaforma panoramica in legno, davanti alla quale il treno si ferma del tutto e lascia scendere i passeggeri, per permettere loro di ammirare la solenne cascata di Kjosfossen. Essa sgorga furibonda da un crinale distante meno di un centinaio di metri da noi, ed una vera cascata, molto pi larga degli altri rivoli. Un vero e proprio fiume in piena che scende impetuoso, cambiando pi volte direzione quando incontra gli scogli indifferenti. Di per s gi emozionante vedere cos da vicino questenorme massa dacqua in movimento, ma lemozione aumenta ancora quando, da alcuni altoparlanti abilmente nascosti dietro le rocce, si sprigiona una musica molto evocativa e celestiale, sulla quale ballano due biondissime ragazze, apparse dal nulla in mezzo ai sassi. Indossano vesti tradizionali vichinghe e danzano leggiadramente tra un masso e laltro, appena davanti alla cascata, avvolte dalle nubi di spruzzi e dal fragoroso rumore dell'acqua, che si frange in migliaia di flutti e scivola sulle rocce, erodendole nel corso dei secoli con leggendaria perseveranza. Nessuno si aspettava un simile spettacolo, e rimaniamo tutti a bocca aperta. Quando la musica finisce, le danzatrici spariscono improvvisamente, lasciandosi cadere apparentemente a peso morto al di l di un masso. Prima di poter dire qualcosa, limperioso fischio del ferroviere rompe la magia e ci richiama sulle carrozze: il viaggio deve proseguire. Siamo finalmente riemersi dalla stretta gola rocciosa ed ora possiamo vedere molto meglio la ripida vallata sotto di noi. Gli stretti fiumi dacqua in caduta libera si raccolgono a valle scavando una conca, che va poi a formare degli eleganti laghetti. Alcune fattorie, quasi appese sulle montagne, fanno da contorno al magico scenario. In men che non si dica siamo a Flm, un minuscolo borgo portuale e commerciale dal quale presto partir il battello che solcher tutti i quaranta chilometri del Sognefjord, il maggiore della Norvegia. Sul Sognefjord In attesa del traghetto, che arriver solo tra qualche ora, camminiamo spassionatamente attorno alle poche costruzioni portuali, circondate sui tre lati da montagne dal vago aspetto
35

dolomitico. Non mancano le zone per sedersi, ma preferiamo camminare un po per sgranchirci le gambe. Le montagne del versante opposto a quello del porto sono molto vicine a noi, e si gettano quasi a perpendicolo in acqua. Sembra che ne manchi la parte inferiore, come se fosse stata tagliata di netto. In realt, tale parte semplicemente sommersa dallacqua oceanica, che si insinuata fino a questo punto dellentroterra. Mentre aspettiamo, seduti in riva al golfo in una consueta pausa meditativa, due bambine norvegesi bionde come il sole e munite solo di costume leggero si tuffano in acqua, che deve essere gelida, senza provare il minimo brivido o collasso. Rimaniamo allibiti: se ci provassimo noi probabilmente andremmo a fondo privi di sensi. Anche le persone che incrociamo sono spesso coperte solo da magliette a maniche corte, al massimo da giacchette leggere, mentre noi abbiamo freddo pur con addosso vari strati di indumenti pesanti. Guardiamo con crescente irritazione questi individui quasi insensibili al freddo, a mano a mano che se ne presentano altri. Com possibile che loro non soffrano minimamente, mentre noi non possiamo tirare gi la cerniera della giacca senza congelare dopo pochi minuti? Forza dell'abitudine a vivere in paesi freddi e a passarvi i mesi invernali, nei quali il sole sorge per pochi minuti al giorno, o addirittura non sorge affatto. Il cielo, discretamente nuvoloso fino a poco fa, inizia ora a scurirsi e a coprirsi di nuvole nerastre. Non passer molto tempo, prima che si metta a piovere. Riusciamo a mangiare tranquilli su una panchina le nostre poco invitanti cibarie, e non appena finito iniziano a cadere i primi goccioloni. Riparatici in qualche modo, dopo mezzora arriva il nostro battello a prelevarci. La traversata dura circa quattro ore, ed un vero peccato che il tempo sia cos brutto, ma la gita si rivela comunque piacevole: i fiordi hanno il loro fascino anche se avvolti da nuvole e nebbia. Nell'ultima parte, per, diventano un po monotoni: dopo qualche ora l'occhio si abituato al paesaggio e non reagisce pi, se non nei punti in cui veramente impossibile non stupirsi delle curve formate dallacqua e dalle montagne insieme. Poco prima del ritorno a Bergen, il comandante supera se stesso con un divertente annuncio: "Vi ringraziamo per essere stati a bordo con noi. Tra poco saremo arrivati e potrete scendere. Ma se
36

le ragazze vorranno trattenersi di pi, saranno ben accette!". Tra le risate generali, la piccola nave si ormeggia lentamente nel porto, e non appena scendiamo a terra puntiamo spediti verso lostello. Anche se oggi non stata una giornata molto faticosa, non abbiamo voglia di fare altro che dormire. Ape assassina La mattina lasciamo il dormitorio, mentre stanno ancora quasi tutti ronfando beatamente. Abbiamo cos voglia di andarcene e ripartire che non facciamo nemmeno colazione. Buttiamo in qualche modo le lenzuola sporche in fondo al sacco di recupero e abbandoniamo il campo senza far rumore. In questa fredda mattinata finiamo di visitare Bergen, iniziando con la chiesa di San Giovanni, rossa e fiera costruzione in pietra che si staglia in fondo ad un viale in pendenza. Lungo la ripida strada sono parcheggiate numerose automobili, talmente inclinate da stupirsi che non rotolino gi per la forza di gravit. La chiesa altissima, di forma appuntita, con le guglie verdi e l'onnipresente arco a sesto acuto, richiamante dinamismo ed incisivit. Purtroppo il suo giorno settimanale di chiusura. Dopo questa piccola interruzione nella nostra fortunata serie, ci facciamo un altro giretto nella zona pi elevata della citt, per fermarci poi di fronte ad uno stagno pieno d'anatre e ninfee, divertendoci ad osservarle mentre galleggiano beate in acqua senza alcuna preoccupazione. Loro non devono pensare a dove dormire, n ai posti da prenotare in ostello, n alle coincidenze perse, tutte cose con cui noi abbiamo a che fare quasi quotidianamente da una settimana, abbastanza stressanti perch non finiscono mai, ma allo stesso momento piacevoli e coinvolgenti. Tutto ci trasuda un fantastico spirito d'avventura e di piacevole precariet. Ormai il tempo agli sgoccioli, da cui lasciamo quest'affascinante citt e ritorniamo alla stazione ad attendere il treno che ci riporter ad Oslo, dove poi prenderemo la coincidenza per Trondheim. Purtroppo, non c un treno diretto che colleghi le due citt. Lalternativa pi rapida sarebbe il traghetto, che per costa troppo. Ci sediamo sulle non troppo comode panchine di legno della stazione, in paziente attesa. Ognuno immerso nei propri pensieri. La gente si muove senza sosta da una piattaforma all'altra, e tutti posano una parte della loro vita sulle fredde pietre del pavimento
37

della stazione, erodendo impercettibilmente questo suolo cos vissuto. Anche noi ora siamo parte di tutto questo, orgogliosi di poter dare il nostro contributo a questo eterno viavai. Lattesa stimola la fantasia e aiuta a riflettere su come il tempo pian piano stia passando e stia divorando una tappa dietro l'altra, lasciandoci interdetti per la sua velocit. Sembra cos lungo un viaggio, quando appena cominciato, e poi un giorno improvvisamente gi tutto finito. Ci pensa un'ape a risvegliarci dai nostri pensieri e a riportarci nel mondo reale: il temerario insetto, infatti, ha appena punto l'orecchio di Davide, nonostante lui non abbia fatto il bench minimo movimento che potesse anche solo lontanamente innervosirla. Sappiamo che un'ape e non una vespa, poich il pungiglione, ancora infisso nella carne molle del padiglione auricolare, si trascinato dietro anche le interiora del temerario insetto. La zona offesa diventa subito gonfia e dolorante, e ci vorrebbe del ghiaccio per lenire gli effetti spiacevoli, ma non abbiamo granch sottomano. Lunica idea che mi viene di mettere sulla parte offesa la confezione metallica degli sgombri al pomodoro, cos da dare un po di refrigerio. Non propriamente un metodo scientifico, ma funziona. Facciamo quattro passi per calmare le acque, agitate dalla spiacevole puntura, e per rinfrescare la parte dolorante con un po di vento, passando per alcune vie cittadine non ancora battute, che per non rivelano nulla di interessante. Poco prima che il treno si presenti al capolinea, recuperiamo i bagagli dagli indistruttibili cassetti metallici e ci troviamo a lottare ancora una volta con la massiccia presenza di vespe assassine. Sembra proprio che ce l'abbiano con noi e noi soltanto. Riusciamo a scacciarle solo dopo numerose sventolate di berretti e di mani. Forse i nostri movimenti non fanno altro che innervosirle di pi, ma ormai la guerra ingaggiata e non pu interrompersi, finch finalmente il treno arriva e ci libera dalla presenza dei molesti insetti. Seconda notte in treno Ci aspettano sedici ore complessive da passare in carrozza, spezzate solo dal breve cambio che ci aspetta prima di mezzanotte. Lungo la strada vediamo ancora tante impetuose cascate e assistiamo ad un violento temporale, seguito da uno stupendo arcobaleno che taglia
38

in due le montagne rocciose ed irregolari. Un altro regalo di una natura veramente generosa nei nostri confronti. Forse segretamente sensibile al nostro desiderio di vedere le meraviglie che riesce a creare gratuitamente, ed disposta a regalarci un po della sua ricchezza. La vista dellarcobaleno ci fa dimenticare per un attimo di tutti i problemi, della dolorosa puntura e della noia del lungo viaggio. Siamo tuttavia un po preoccupati per la coincidenza che dovremo prendere ad Oslo, dato che il treno in leggero ritardo e abbiamo poco margine, ma ancora una volta non abbiamo ragione di angustiarci troppo. Sfrecciando velocemente e senza mai fermarsi, la scatola di latta semovente recupera totalmente i minuti perduti, e presto teniamo saldamente in pugno i biglietti per Trondheim. Tuttavia, grazie ad un provvidenziale scrupolo di pignoleria di Davide, ci accorgiamo che segnano un orario sbagliato! Tra le mille scuse del gentile commesso, ci vengono cambiati immediatamente, e per fortuna che ce ne siamo accorti in tempo. Mai dare niente per scontato! Saliamo sul treno con una certa fretta, che come si sa una cattiva consigliera: infatti sbagliamo la carrozza, entrando in quella dei vagoni cuccetta. Purtroppo, per raggiungere la carrozza giusta dobbiamo obbligatoriamente ritornare da dove siamo venuti, e dobbiamo quindi scavalcare tutte le persone e i bagagli che nel frattempo si sono ammucchiati tra noi e luscita. Dopo non pochi sforzi e contorsioni negli stretti passaggi dei vagoni, ci liberiamo dalla folla e dalle borse, guadagnando finalmente il possesso dei nostri posti. I gentili regali per aiutarci a dormire meglio ci sono anche stavolta. Dopo la precedente esperienza, mi sono preparato al peggio: stavolta non voglio nemmeno tentare di addormentarmi, vada come vada. Se mi addormenter sar tanto di guadagnato, altrimenti preferisco rimanere sveglio. Tollererei di pi una notte completamente in bianco, piuttosto di una dormita pochissimo e malissimo. Effettivamente, le cose non vanno molto bene nemmeno stavolta. Dormo complessivamente solo un'ora. Gi meglio di niente, in ogni caso. Inoltre, restare sveglio mi offre ancora una volta una cospicua ricompensa: intorno alle cinque e mezza, mentre il mio compagno tranquillamente appisolato, assisto ad una spettacolare alba che mi meraviglia ancora una volta per le incredibili sfumature di colore che riesce a creare.

39

Trondheim Ci risvegliamo pochi minuti prima dellarrivo a Trondheim. Siamo piuttosto rimbecilliti e abbiamo ben poca voglia di passare un'altra giornata a girare per una citt, ma dobbiamo farcela lo stesso. A Trondheim contiamo di dedicare solo una giornata, prima di ripartire alla volta di Bod. Arriviamo in stazione verso le sette e mezza, con la luce del sole ormai piuttosto forte. Il clima ora molto pi rigido ed assolutamente necessario mettersi anche il secondo maglione e la giacca. Frugando nello zaino, mi accorgo che il boccettone di sapone liquido si rotto e sta impiastricciando tutto. Fortunatamente, non ha rovinato niente di importante. Imprecando, butto via il traditore e mi libero di un buon mezzo chilo di peso. Non abbiamo molta fretta di gettarci nellesplorazione della citt, quindi individuo subito una panchina libera e mi sdraio, tentando di dormire ancora un po. Il mio tentativo, tuttavia, non va a buon fine: la panca troppo rigida e i miei ritmi sono troppo scombussolati per riuscire a prendere sonno, e anche se ci riuscissi probabilmente dormirei solo pochi minuti, svegliandomi ancora pi imbesuito. Consumiamo una spartana colazione con quel che rimasto dei biscotti e del succo di frutta, poi rimaniamo un po seduti, in attesa di riscuoterci dalla momentanea mancanza di energie e lucidit mentale. Quando finalmente ci decidiamo ad uscire, puntiamo subito alla stupenda cattedrale Nidarosdomen, la pi grande della nazione. Lo stile un misto tra il romanico e il gotico, le dimensioni sono enormi. Allesterno, le sue svettanti guglie e le decine di statue ci osservano dall'alto, e linterno ancor pi magnificente, con il suo rosone di vetro sapientemente colorato da mani esperte e devote. Costruire questo mostro di pietra avr richiesto un lavoro titanico, coronato da decenni di sudore e tenacia. Impossibile non provare un senso di riverenza per chi ha dedicato la sua vita alla costruzione di questo colossale monumento, che ora crea meraviglia in chi lo osserva. E chiss quante persone hanno perso la vita durante la sua costruzione, persone di cui ormai non si ricorda pi nessuno. Allinterno c addirittura un set cinematografico: apprendiamo presto che si sta preparando una grande recita tradizionale in nome di una ricorrenza storica della citt che cade proprio oggi. Due attori
40

vestiti in abiti tradizionali stanno incrociando le loro spade di legno con disinvoltura, provando e riprovando finch le loro mosse non saranno perfette. Dopo averli osservati per un po, scopriamo che la recita inizier solo in tarda serata, dunque usciamo dalla cattedrale per una giusta pausa di riposo atta a rifocillarci. Siamo assediati dalla fame, ma soprattutto dalle vespe, che non ne vogliono proprio sapere di lasciarci in pace. Sembra che ci abbiano innaffiato di resina concentrata, da come le attiriamo. Dopo uno spuntino veloce e approssimativo, durante il quale passiamo pi tempo a scacciare le vespe che a mangiare, raggiungiamo il centro. Lattrazione della giornata una fiera medioevale, popolata da suonatori ambulanti di viola e perfino da un giovane fabbro, che sta dando una dimostrazione di come si forgia una spada. La batte infinite volte col suo martello, per rimuovere pi impurit possibili, mettendo poi la punta incandescente a raffreddare in acqua e producendo la classica fumata bianca. Quando la punta tocca una superficie con troppa violenza, centinaia di piccole scintille esplodono come fuochi dartificio e vanno a spegnersi spontaneamente nellaria, senza pi lasciare traccia. Pura tradizione che si assimila attraverso i sensi, col clangore ossessionante del martello che stanca le delicate ossa dellorecchio, l'odore del pesce fresco che stuzzica insistentemente i recettori olfattivi, i colori sgargianti degli abiti tradizionali che colpiscono subito locchio. Dopo esserci persi in questatmosfera festaiola, ci incamminiamo verso la fortezza, che dalla sua posizione sopraelevata domina tutto il paesaggio sottostante. Uno stretto sentiero, che si snoda in mezzo a verdi boschetti, ci porta in uno spiazzo erboso molto ampio, che circonda il vecchio castello. Entro le spesse mura, troviamo ancora cannoni ornamentali, ammassi di roccia non meglio identificabili, strapiombi senza protezioni e qualche panchina su cui sedersi ad ammirare lintera citt dallalto, con il mare e le onnipresenti montagne sullo sfondo. Acqua e montagne, qui, vanno sempre a braccetto. Tornando indietro, in fondo ad una discesa notiamo un congegno a dir poco insolito: sembra una specie di binario metallico che percorre tutto il dislivello. Scopriamo subito dal cartello indicativo di cosa si tratta: un montacarichi per le biciclette! Le medesime vanno semplicemente incastrate nei supporti, e il macchinario le porta in un attimo fino in cima alla salita, per non
41

doversela fare in sella a morire di fatica. Un ottimo aiuto per i ciclisti pi pigri, ma specialmente per gli anziani! Ritornando indietro, passiamo attraverso il quartiere pescatori, molto simile al Bryggen. Esso conta due file di case bianche, rosse, azzurre, gialle e verdi che si estendono a perdita docchio, separate da un serpente dacqua che si insinua sotto le case, rigorosamente erte su palafitte. Unaltra scena difficilmente visibile a casa nostra. Dopo questultima perla, Trondheim non offre pi nulla da vedere, perci ci ritiriamo in stazione, stanchissimi ma soddisfatti. Aspettiamo con fiducia il treno per Bod, localit che ha costruito la sua fortuna sul sole di mezzanotte, curioso e spettacolare scherzo della natura che si dice causi anche molti suicidi e malattie mentali. Bod situato in una delle posizioni migliori per assistere allo spettacolo, ma con nostro grande rammarico noi non potremo vederlo: la stagione gi troppo inoltrata. Non ci fermeremo dunque in citt: ci passeremo solo per prendere il traghetto per le celebri isole Lofoten, universalmente descritte come un piccolo paradiso naturale. Terza notte in treno Ormai si sta facendo sera e presto arriver il nostro treno. Mi attende un'altra notte in bianco? Questa volta no. Nonostante non ci diano coperte n mascherine n tappi per le orecchie, dormo quasi bene, poich il sedile si pu reclinare allindietro fino a renderlo quasi orizzontale. Non mi sono perso, tuttavia, lormai consueto spettacolo dellalone solare visibile anche in piena notte, intravisto in un momento di temporanea veglia. Sono le nubi nottilucenti, che riflettono la luce solare e creano lillusione di essere ancora in un crepuscolo inoltrato. Sono questi i momenti in cui non mi pento di aver voluto venire qua. La mattina ci destiamo con largo anticipo, per essere pronti a scattare verso il porto non appena messo piede a terra. Gli altri passeggeri dormono ancora tutti. Estesi boschi circondano la ferrovia da ambo le parti, nascondendo ogni cosa, e la luce gi forte, nonostante siano solo le sei e mezza. Il treno supera silenziosamente il limite del Circolo Polare Artico, senza che ci venga annunciato da alcun altoparlante, rispettoso del sonno dei viaggiatori. Siamo ora nella magica terra del sole di mezzanotte e della notte polare, e superare questo confine invisibile
42

non pu non riempirci di soggezione. Essere oltre un Circolo Polare un po come superare una linea di demarcazione mistica. Qui si trovano alcuni tra gli ultimi avamposti umani prima delle gelide terre polari, e poterli raggiungere una fantastica opportunit che siamo pi che grati di avere ricevuto. Tuttavia, non siamo ancora arrivati a Bod e non c ancora nulla di certo, perci ci conviene non farci trasportare troppo dal romanticismo. Non conosciamo nulla di questa citt, n dell'ubicazione della sua stazione navale, e andiamo praticamente alla cieca, sperando di avere fortuna e di trovare il traghetto della mattina. In caso contrario, ci toccher quello del primo pomeriggio, che ci farebbe perdere un sacco di tempo inutilmente. Oltretutto, siamo in ritardo di quasi unora rispetto agli orari previsti, e stavolta il treno non ha recuperato il tempo perduto. Ci significa che arriviamo a Bod proprio in coincidenza con lorario di partenza del traghetto. Mentre il treno si sta lentamente arrestando al capolinea assoluto delle ferrovie norvegesi, noi siamo gi in piedi con gli zaini in spalla, allacciati sotto la vita per scaricare meglio il peso sui muscoli lombari. L'adrenalina gi in corpo a dosi massicce, sapendo che abbiamo solo pochi minuti a disposizione. Bod Appena scesi, non perdiamo un secondo. Chiediamo il pi velocemente possibile alcune informazioni alla bigliettaia della stazione, dopodich ci dirigiamo speditamente nella direzione da lei indicata. Non sentiamo nemmeno il freddo pungente della mattina artica. Intravedo in lontananza dell'acqua e deduco che da quella parte ci deve essere il porto. Una volta arrivati in zona, per, non vediamo in giro anima viva. C' soltanto un singolo traghetto attraccato, che sembra in procinto di partire, ma non ha scritto niente sulle sue fiancate o da altre parti, da cui non possiamo sapere dove sia diretto. Per giunta non c' nemmeno l'accenno di una biglietteria. La brutta sensazione di essere rimasti a terra si impadronisce di noi, ma non demordiamo. Rischiando di farci investire dalle automobili che passano veloci lungo il curvone, attraversiamo la strada e troviamo casualmente due ragazzi in motocicletta, fermi davanti al traghetto. Sono gli unici esseri umani rintracciabili nel raggio di un
43

chilometro quadrato. Gli chiediamo dove possiamo fare i biglietti, e loro rispondono indicandoci vagamente una costruzione distante circa cento metri. Corriamo ancora pi veloci per fare questi fantomatici biglietti, ma la mia cintura non tiene e i pantaloni quasi mi cadono a terra. Devo rallentare per sistemarla, perdendo altro tempo. Arriviamo trafelati in questo complesso di baracche bianche con il tetto grigio, adibite a bar e servizi igienici, ma di biglietterie non c nemmeno unombra sbiadita. Ormai disperati, torniamo altrettanto velocemente al traghetto ormeggiato, sperando di poter fare i biglietti direttamente a bordo. Questo, ovviamente, ammettendo che tale nave sia effettivamente diretta a Moskenes, il paesino a sud dellarcipelago Lofoten. Magari il nostro traghetto gi partito da un pezzo e stiamo correndo per niente. La moto dei due ragazzi si appena accesa e sta entrando nel vano veicoli, mentre il controllore sta per chiudere il passaggio. Riusciamo ad entrare nel traghetto per un pelo e a comprare i due biglietti direttamente dal controllore, dopo aver ricevuto la conferma che la destinazione quella che cerchiamo. Mentre stiamo ancora cercando le monetine di calibro pi piccolo per pagare esattamente la cifra dovuta, la piattaforma di metallo si rialza velocemente e chiude l'entrata a qualsiasi veicolo o persona che volesse salire. Isole Lofoten Ancora totalmente increduli per essere veramente riusciti a salire sul traghetto, individuiamo i primi posti a sedere disponibili e ci lasciamo cadere quasi a peso morto sulla morbida tela violacea che li ricopre, con gli zaini ancora allacciati in ogni punto. Col fiatone, ci guardiamo con aria stralunata ma indescrivibilmente felice. Non so come avremmo potuto reagire, vedendo il traghetto partire proprio sotto i nostri occhi e condannandoci a cinque ore di inutile attesa. Il computer di bordo sopra le nostre teste ci informa che la traversata durer in totale un paio d'ore. Sul piccolo schermo appare di tutto: la velocit della nave, quella del vento e la direzione in cui spira, la posizione geografica che stiamo occupando, la forma dell'itinerario percorso. Anche qui c la striscia colorata che si allunga a mano a mano che la nave prosegue nella sua traversata.

44

Inizialmente non mi accorgo nemmeno che siamo in movimento, poich sono troppo concentrato sul colpo di fortuna assurdo che c' appena capitato. Quando Davide esce per fare delle riprese con la videocamera, io non ho nemmeno la forza di alzarmi per seguirlo: preferisco rimanere seduto a lasciar scaricare l'adrenalina, con le gambe che mi tremano ancora leggermente. Un po di succo di frutta toglie l'aridit della gola e la barretta di cioccolato mi dona nuova forza, e dopo qualche minuto mi avventuro fuori anchio. Solo ora, dopo parecchi minuti, mi accorgo che Bod si sta allontanando e le creste rocciose delle Lofoten si avvicinano. Il forte vento mi convince a rientrare presto: per ora ho solo voglia di starmene tranquillo e rilassato in un ambiente caldo, finch non mi sar completamente rimesso in sesto. Quando per le isole sono molto vicine, non posso esimermi dal tornar fuori a vederle. Pu anche tirare un vento gioviano, ma non posso perdermi lo spettacolo. Gi da lontano, si nota che le montagne dellarcipelago hanno qualcosa di strano. Sembrano dei grossi denti che spuntano direttamente dall'acqua, in gran parte irregolarmente frastagliati e aguzzi, e quasi tutti piegati in ununica direzione. Sembra che vi sia un dente del giudizio che li costringe a spostarsi lateralmente, accalcandoli gli uni contro gli altri. Oppure potrebbe essere merito di una strana forza invisibile che aleggia sopra l'isola e attira irresistibilmente le cime delle montagne tutte da una parte. Ci avviciniamo sempre di pi al punto d'attracco, osservando molto intensamente queste strane rocce e il paesino che sta ai loro piedi. La curiosit sale a mille. i Lofoten Il villaggio di Moskenes, situato nella punta meridionale dellarcipelago, il nostro primo punto d'arrivo. Non appena messo piede a terra, lo sbalordimento non fa che aumentare: le montagne sono quasi identiche alle nostre Dolomiti, vale a dire rocciose e totalmente spoglie di vegetazione arborea o arbustiva, ma la differenza che si stagliano direttamente sull'oceano, quasi senza soluzione di continuit, e sono tutte cos curiosamente inclinate. Moskenes un borgo piccolissimo ed insignificante, ma ha un ottimo ufficio turistico: per il sostentamento di queste isolette
45

dimenticate dal mondo, la pesca e il turismo significano tutto. Apprendiamo che presto passer un pullman che ci porter ad i Lofoten, il paese monolettera che un po il punto di riferimento delle Lofoten meridionali. Ancora con gli occhi non abituati a questo ben poco comune panorama insulare, ci sediamo pazientemente ad aspettare questo fantomatico bus, ma non si vede nulla arrivare. Siamo in pochissimi e la zona di un silenzio quasi totale. Alcune automobili sono ferme e aspettano di entrare nel prossimo traghetto, ma nulla si muove. Dopo qualche minuto, arriva da lontano un anonimo furgoncino che supera la piccola chiesetta bianca del paese, passa oltre a noi senza fermarsi e parcheggia dietro il centro informazioni, sparendo dalla nostra vista. Non ci facciamo molto caso, finch Davide avanza un'ipotesi audace. Non sar mica quello il nostro pullman? Presi dalla curiosit andiamo a controllare, e lintuizione si rivela azzeccata: grande poco pi di un furgoncino dei gelati, conta solo quattordici posti a sedere. Questo il mezzo che ci porter fino ad i Lofoten. Saliamo divertiti su questo trabiccolo e ci godiamo dieci minuti di strada assolutamente indimenticabili: lo spettacolo che offrono queste isolette impareggiabile. Ovunque ci giriamo ci sono baie, casette rosse su palafitte, piccole costruzioni incastrate in mezzo alle rocce costiere. Su tali rocce cresce solo della fragile erbetta o qualche raro arbusto abbarbicato su se stesso e piantato saldamente nella poca terra presente. Ci sono innumerevoli barchette da pesca ormeggiate sotto le case, cespugli di fiori circondati da piccoli laghetti, golfi che penetrano fin nei villaggi grazie a strettissime aperture nelle coste rocciose, montagne di nuda roccia appuntite e arzigogolate che ci sovrastano incastonandosi perfettamente con la geometria dei villaggi e strapiombando sull'oceano immenso. Un paesaggio che sembra uscito dalla penna del pi fantasioso scrittore di favole mai esistito a questo mondo. Mentre il furgoncino borbotta e sbuffa lungo le strette stradine, ci viene quasi il torcicollo a furia di girarci indietro e voltare la testa di qua e di l, irrimediabilmente rapiti dal meraviglioso panorama. I quadri nel museo di Oslo non erano semplice fantasia. Il villaggio di i Lofoten altrettanto splendido: ci vive meno di un centinaio di persone, ed quanto di pi appartato e rustico si possa
46

pensare. Questo vecchio e fiero borgo di casette rosse, abitate da pescatori e da innumerevoli gabbiani, resiste al passare del tempo senza abbandonare le sue tradizioni n un briciolo della sua piccola ma significativa storia. Ci non toglie che gli abitanti si concedano qualche modernit: laccesso a Internet arrivato anche in questo paesino sperduto, tuttavia nessuno ha appeso al chiodo le reti da pesca. Ogni singolo angolo di strada veramente pittoresco. C' un unico negozio di cibarie, dotato di registratore di cassa manuale e di etichette sulle quali segnare i prezzi delle merci, come si faceva una volta. Un solitario ristorante si affaccia direttamente sul mare in una posizione strategica, circondato da baracche di legno che fungono da officine attrezzi, ormai trasformate in musei. Il tutto condito da innumerevoli tralicci di legno, usati da secoli per appendere gli stoccafissi a seccare durante i mesi primaverili e per far asciugare le reti da pesca al sole. Ancora piacevolmente frastornati dall'impatto con questo ridente paesino, troviamo immediatamente l'ostello: lautobus ci ha lasciato esattamente di fronte ad esso, ma in ogni caso il luogo cos piccolo che impossibile avere problemi di orientamento. All'ufficio turistico, anche qui presente ed efficiente, non ci danno la piantina del paese, bens direttamente una fotografia scattata da poche decine di metri d'altezza, sufficiente a comprendere in un colpo solo tutto quello che c' da vedere. Alloggiamo in un carinissimo rettangolino di legno con quattro letti, finestrelle quadrate, stufa elettrica per le evenienze e pochissima polvere. Un ottimo regalo per noi allergici agli acari. La camera ancora completamente libera, ma dovremo aspettare la sera per scoprire se avremo compagnia. Ci concediamo un'ottima birra comprata all'alimentari, questa volta senza limitazioni d'alcun genere, gustandocene ogni sorso come simbolo di ritrovata libert. Duecento chilometri a nord del Circolo Polare Artico, ora siamo proprio in un altro mondo. Le botteghe Non possiamo non esplorare ogni angolo del paese, e cominciamo subito dopo aver bevuto lultimo sorso di birra. Una mezzoretta prima che chiudano, riusciamo a visitare tutti i musei del posto, se
47

cos si possono chiamare, viste le loro dimensioni. Ognuno in passato era adibito ad una funzione diversa. La casa del pescatore talmente piccola che si fa fatica a muoversi. Le scale sono conformate nel modo usuale, ma sono talmente ripide da risultare quasi verticali, come una scala a pioli. I soffitti sono bassissimi per una persona di normale statura, figuriamoci per i nordici che sono notoriamente pi alti di noi. Tutto rispecchia pienamente la dura vita dei pescatori, abituati alle poche comodit e al lavoro pesante. Su ogni comodino si trovano soprammobili di porcellana, vecchissimi vasi di ceramica e molte fotografie ricordo delle famiglie del paese; sul tavolo della minuscola cucina sono allineate diverse bottiglie di vino, molto impolverate, che si possono solamente annusare. La tentazione di rimanere ad abitare per un po in questi piccoli gioiellini dismessi e provare com'era la vita dei pescatori veramente forte, ma dobbiamo accontentarci della camera del nostro ostello, che tuttavia non molto diversa. La prossima stamberga la rimessa delle imbarcazioni e degli attrezzi da pesca, tutti abbondantemente arrugginiti. Sempre qui si trovano delle impressionanti e autentiche ossa d'animali acquatici, in particolare una vertebra di balena. identica nella forma a quelle umane, ma grossa come un televisore. Impressionante! Sapevo che la balenottera azzurra pu raggiungere i trenta metri di lunghezza, ma vedere di persona una sua parte, grossa almeno cinquanta volte la corrispondente umana, tutta unaltra cosa. Tocca ora alla fabbrica di olio di fegato di merluzzo, la pi antica dell'intera Europa. Le capsule che ingoiamo oggi per ridurre il colesterolo arrivano da posti come questo. A pensarci bene, strano: ci fa capire come tutto il mondo sia collegato insieme da una rete invisibile, di cui purtroppo spesso non ci rendiamo nemmeno conto, credendo di bastare a noi stessi e di non aver bisogno di nient'altro, di nessun'altra cultura diversa dalla nostra, mentre ogni singola parte del mondo importante per dare il suo contributo al massiccio e poliedrico ingranaggio della vita. Poco distante c' la vecchia fucina del fabbro, con le sue morse arrugginite ma ancora funzionanti e i suoi utensili di ogni forma e dimensione. Qui si fabbricavano gli strani coltelli per sventrare i pesci, oltre alle lampade ad olio necessarie per illuminare le abitazioni nei duri mesi invernali.
48

Infine, chiude il cerchio il panificio, col suo enorme forno annerito. Ora freddo da anni, ma chiss in passato quanti sacchi di farina sono finiti in quella piccola grotta rovente. Questa era la vita che si faceva ad : semplice, tranquilla, di pochissime pretese e altrettante poche aspettative, atta solo a guadagnarsi da vivere onestamente senza dare fastidio a nessuno, e soprattutto senza distruggere l'ambiente. Una vita che pu apparire invidiabile o detestabile, ma indiscutibilmente autentica. Se penso che anche questi gioiellini di isolette sono state coinvolte loro malgrado nella seconda guerra mondiale, in cui l'unico obiettivo era distruggere il pi possibile per accaparrarsi una supremazia territoriale ed economica, mi chiedo veramente a che livello possa arrivare l'idiozia d'alcuni esseri umani, sempre che si possano definire propriamente tali. Come coronamento finale, tentiamo anche di visitare il museo dello stoccafisso, vero motore dell'economia locale. Il famoso pesce delle Lofoten viene periodicamente esportato nel Vicentino, grazie ad un gemellaggio collettivo che garantisce continui scambi sia commerciali sia culturali. In quel di Vicenza, lo stoccafisso viene poi cucinato con la ricetta locale, alla Festa del Baccal. Come per confermare questa lunga e fruttuosa collaborazione, sulla porta troneggia un cartello che recita orgogliosamente "Noi parliamo italiano!". Purtroppo, prima di riuscire ad entrare veniamo bloccati dal gestore, il quale ci comunica in perfetto italiano che il museo in chiusura. Non abbiamo nemmeno aperto bocca: sa solo lui come abbia fatto a capire che siamo italiani. Per caso ce labbiamo scritto in fronte? Oceano Esaurita la parte culturale, il momento di dedicarsi alla natura, che non ha orari di chiusura. La baia del paese una porta aperta sullimmenso Oceano Atlantico. Seduto sullultimo spruzzo di roccia prima del mare, osservo lorizzonte in uno stato di pace mentale assoluta. Il mare, piatto quasi come una tavola, elimina qualsiasi brutto pensiero. Guardando il cielo sgombro mentre si fonde con loceano allorizzonte, mi sento quasi trasportato in quella zona con la mente, mentre il corpo rimane fermo seduto sulla roccia. Il ritmico alternarsi delle debolissime onde amplifica questa sensazione e provo una forte attrazione per quella sconfinata distesa
49

dacqua, nonostante non sappia nemmeno nuotare. Non un rumore, n tanto meno quello delle nostre voci, che stanno perfettamente zitte lasciandoci ascoltare lassordante silenzio della natura. Quando ci siamo lasciati sufficientemente ipnotizzare dalle onde, tempo di cercare nuove visuali: dalle collinette di sassi e muschio che sovrastano il borgo si pu godere di una vista davvero emozionante. Di fronte a noi il minuscolo paese, alla nostra sinistra le imponenti montagne che lasciano in ombra buona parte della zona, mentre sulla destra appena visibile un campeggio in riva al mare. Dietro di noi c un verdognolo lago circondato da montagne, e sulle cui rive due persone stanno campeggiando liberamente, non senza suscitarci una punta d'invidia. Pavel Torniamo in ostello gi rimpiangendo gli stupendi momenti appena vissuti, e facciamo conoscenza con il nostro nuovo compagno di stanza, un ventiseienne israeliano di nome Pavel. Si rivela subito estremamente loquace, a volte perfino invadente. Non la smette nemmeno per un secondo di farci domande di ogni tipo. Dopo un po scopriamo che s intrufolato in ostello senza pagare, e per giunta sta usando il sacco a pelo, che severamente proibito onde evitare infestazioni di pidocchi. Facciamo finta di niente e aspettiamo che esca per riguadagnare qualche minuto di tranquillit, ma dopo poco il richiamo serale di i Lofoten si fa sentire anche per noi. Non possiamo certo perderci latmosfera di questo piccolo capolavoro, mentre il sole inizia lentamente a scendere sotto lorizzonte. Solo un mese fa non sarebbe tramontato affatto. Appena usciti dalledificio, ritroviamo subito il nostro compare. molto difficile non incontrarsi in un paese abitato pi da gabbiani che da esseri umani. Pavel formalmente ci invita a fare una passeggiata, ma praticamente ci costringe ad andare con lui. Inizia dunque a raccontarci le sue imprese di free climber, indicandoci la montagna di fronte a noi e sostenendo di essere in grado di scalarla in venti minuti senza aiuti d'alcuna sorta. Siamo abbastanza scettici a proposito di questaffermazione, nonostante il suo fisico robusto e muscoloso parli chiaro, ma non lo contraddiciamo per puro istinto di conservazione. Il suo argomento successivo il confronto tra le temperature locali e quelle israeliane, esposto con dovizia di
50

particolari. Infine, non poteva mancare un accenno agli italiani: afferma di averne incontrati praticamente ovunque, veri infestatori di ostelli (in senso positivo). Tutto sommato il ragazzone simpatico, peccato che sia tremendamente logorroico e non ci lasci nemmeno il tempo di replicare qualcosa alle sue affermazioni. Continuiamo quindi a camminare verso il promontorio, sempre incalzati dalla sua parlantina inarrestabile, sperando che la bellezza del posto alla fine azzittisca anche lui. Sono quasi le undici di sera, ma la luce ancora praticamente diurna. Il mare incontra dolcemente il cielo rosato, mentre qualche gabbiano lancia il suo grido in mezzo al mare. La maggior parte degli uccelli si ormai ritirata sotto i tetti delle case, dove se ne possono vedere a centinaia, e tutti non smettono un solo secondo di garrire. Beati loro che si godono questa meraviglia gratuitamente per tutto l'anno. Nonostante il terzo incomodo, si viene a creare un altro momento meditativo di grande intensit: i colori del tramonto amplificano la perenne sensazione di meraviglia che ci ha presi non appena abbiamo messo piede alle Lofoten. Tuttavia Pavel non vuole proprio saperne di stare zitto e cos accampiamo una scusa per tornarcene in ostello, unicamente per liberarcene. Tuttavia, ci dormiamo assieme, quindi non possiamo scappare molto a lungo. Passiamo la serata a chiacchierare del pi e del meno, e solo in ora molto tarda il grosso Pavel ci permette di infilarci sotto le coperte per dormire. Domani ci aspetta una giornata molto intensa e dobbiamo recuperare le energie Pedalando L'ostello propone un servizio di noleggio biciclette per ventiquattro ore, pi che sufficienti per effettuare un giro panoramico eccezionale. Quale mezzo migliore di una bicicletta per esplorare nei dettagli quest'angolo di paradiso terrestre? Con una tariffa piuttosto salata, ma non trattabile, la ragazza della reception ci porta a scegliere i nostri mezzi. Sono tutte delle scassate ed apparentemente poco affidabili biciclette da citt, che probabilmente hanno molte migliaia di chilometri alle spalle, ma non possiamo pretendere troppo. La selezione dei mezzi accurata: scartiamo le bici che frenano poco, quelle con i cambi di velocit troppo arrugginiti e quelle apparentemente un po sbilanciate. Alla
51

fine, non resta di meglio che due biciclette costruite assemblando parti d'altre bici diverse tra loro, come testimonia il cambio di velocit, la cui levetta segna ben sette rapporti, quando in realt le ruote dentate sono solo tre. Io non monto su una bicicletta da parecchi anni e non sono mai stato una cima del ciclismo, mentre Davide un po pi abituato a pedalare, ma anche lui a corto d'allenamento da qualche anno, perci possiamo dire che entrambi siamo assolutamente fuori forma. Dopo un periodo di inattivit totale, riprendiamo entrambi ad andare in bici nell'ultimo posto al mondo che ci saremmo aspettati. Partiamo lentamente, ancora ignari di ci che ci aspetta. Siamo freschi di energie, ma solo per i primi cinque minuti. Le strade delle Lofoten, seppur ottimamente asfaltate e prive di buche, sono infatti estremamente tortuose, e se possono apparire affascinanti e divertenti quando si percorrono in autobus o in macchina, in bicicletta sono odiose. Si tratta, infatti, di superare continui e ripidi saliscendi, distruttivi per gambe non allenate. Ripercorrendo la strada che ci porta a Moskenes, rivediamo ancora tutti i meravigliosi paesaggi dell'andata, ma la differenza che stavolta stiamo soffrendo non poco per far camminare questi rottami, totalmente inadatti ad un percorso simile. La fine delle salite un miraggio che non arriva mai, e in compenso le discese finiscono sempre in un attimo. Il percorso veramente massacrante e mi sto leggermente pentendo di aver voluto a tutti i costi fare questa gita, ma poi penso che in caso contrario lavremmo rimpianta troppo. Cos stringo i denti e continuo a faticare sulla bicicletta con la mia penosa andatura, maledicendo ogni salita e benedicendo ogni discesa, consapevole che prima o poi arriver in un qualche posto. Nonostante la fatica e landatura a dir poco stentata, percorriamo abbastanza velocemente i quattro chilometri e mezzo che ci separano da Moskenes. Ora il momento di proseguire ancora oltre, verso altre mete ed altre presumibili meraviglie naturali e artificiali. Presto incontriamo una galleria lunga esattamente un chilometro, come segnala il cartello posto allentrata. A nessuno di noi mai capitato di percorrerne una in bici, ma la imbocchiamo senza pensarci troppo a lungo. Le automobili che sfrecciano in galleria vengono preannunciate da un rombo fragoroso, come se stesse atterrando un aereo di linea proprio di fianco a noi, ma quasi sempre il tremendo rombo rivela poi una banale utilitaria, lanciata
52

alla folle velocit di cinquanta chilometri l'ora. Abbiamo un po paura di sbandare per gli spostamenti d'aria dei mezzi che ci passano di fianco, visto anche il bordo della strada molto irregolare e ciottolato, ma presto usciamo dal tunnel, indenni. Quando rivediamo la luce del sole e abituiamo le pupille al cambio di luminosit, abbiamo davanti un'altra scena mirabolante. Il calmissimo mare in un bagno di sole, e davanti a noi ben visibile laggraziato dosso di uno degli innumerevoli ponti che collegano tra loro le decine di isolette. Le catene montuose si estendono a perdita docchio, affiancate come decine di mostri marini, emersi per fare a pezzi gli sparuti agglomerati residenziali che ogni tanto si scorgono ai piedi di questi ammassi di roccia aguzza ed irregolare. Siamo fortunati ad aver trovato delle giornate cos belle, poich meteorologicamente parlando le Lofoten sono famose per essere capricciose e volubili. Ci accorgiamo solo ora della presenza di una pista ciclabile, costruita apposta per non dover attraversare direttamente la galleria. Fosse stata segnalata un po meglio, magari lavremmo anche vista. Tutto sommato, per, ci siamo divertiti molto di pi a passare in mezzo alla galleria! Con rinfrancato spirito, prendiamo stavolta la pista ciclabile ed imbocchiamo il primo ponte sospeso, con la sua curva sinuosa che aspetta solo di essere solcata dal nostro consumato battistrada. Le isolette sono unite tra loro in modo cos apparentemente precario da sembrare catene umane, e alcune possono a malapena dirsi isole in quanto sono poco pi che scogli, sui quali i ponti fanno presa da un lato per poi ripartire dallaltro entro poche decine di metri, unendosi ad uno scoglio pi grande. Solo in pochi punti c qualche sparuta collinetta vagamente erbosa, in mezzo alla rocciosit generale. Appare ora la cittadina di Reine, sorta sul pi grande degli isolotti. Le biciclette scendono veloci per l'inerzia della discesa, concedendoci un breve riposo dopo una prolungata salita. Anche qui dimorano poche centinaia d'abitanti, ma le strade sono notevolmente pi larghe, c un piccolo supermercato e addirittura uno sportello bancomat. Dopo una breve sosta per riprendere fiato, ripartiamo alla volta della prossima cittadina, Hamnoy. Lungo la strada ci godiamo lo scenario pi bello dellintero arcipelago. I ponticelli sono sempre pi suggestivi: alcuni hanno diverse campate di cemento, mentre altri sono solo dei semplici
53

ammassi di roccia, levigata sulla cima per permettere alle auto di passare, ma lasciata grezza ed irregolare sulle pareti laterali. Non sono ovviamente disposti su una linea retta, bens a zig zag, e non potrebbe essere altrimenti data la geografia tremendamente frastagliata delle isole. In corrispondenza dei ponti, capita spesso che le automobili che si incrociano debbano alternarsi per poter passare entrambe, e perci le imboccature sono quasi sempre regolate da semaforo. Nonostante lo scarsissimo traffico, ci pu significare attese anche molto lunghe per passare da un appezzamento di terra allaltro. Il dedalo di vie di comunicazione creato dai ponti piacevolissimo da percorrere, e la fatica di pedalare si attenua notevolmente, schiacciata dal fascino di questi sputi di terra e roccia sparsi in mezzo allacqua. In mezzo allacqua si ergono degli strani recinti circolari di ferro verniciato, che assomigliano a piccole arene, apparentemente sospese sulloceano. Non hanno un pavimento: c unicamente la ringhiera, la quale circonda solo altra acqua. Non si capisce bene come possa stare in piedi una struttura simile, n tanto meno riusciamo ad immaginare a cosa serva: forse sono punti d'attacco delle reti da pesca, o chiss cos'altro. Non mancano nemmeno i numerosissimi tralicci di legno infissi nei rari punti dove il suolo erboso. Le montagne circostanti, nude o al massimo popolate da pochi fili derba rachitici, formano delle strette gole ed insenature, nelle quali lacqua si insinua con grazia. Solo in alcuni punti le pareti rocciose degradano in una gola a forma di U, che per quanto bassa non lascia per intravedere nulla al di l di essa. Alcune montagne hanno persino delle tracce di neve nelle zone che rimangono perennemente in ombra. Vedere della neve estiva su una montagna sorta al livello del mare uno spettacolo decisamente inusuale! A mano a mano che passiamo da un ponte all'altro, fermandoci sempre pi spesso per via della stanchezza che ormai la bellezza dei paesaggi non mitiga pi a sufficienza, arriviamo alla cittadina di Hamnoy, dislocata in modo a dir poco bizzarro sugli scogli. I nostri stomaci reclamano qualcosa di commestibile, perci cerchiamo un posto tranquillo dove poterci stravaccare in pace. Ci fermiamo su una spiaggia isolata e rocciosa, lungo la quale sorge una serie di case su palafitte, elegantemente alternate alle rocce lambite dal mare. Le
54

case sembrano momentaneamente disabitate, perci possiamo intrufolarci nei cortili e usufruire delle panchine senza il timore di essere scacciati. Le alghe e i coralli che intravediamo nell'acqua bassa sono un'infinit, cos come sono numerosissimi gli uccelli che vociferano continuamente, dicendosi chiss che cosa nel loro linguaggio a noi incomprensibile. Magari si stanno insultando e cercano di cacciarsi via vicendevolmente dalla propria zona, mentre a noi sembra che stiano semplicemente cantando. Il sole quasi a perpendicolo sopra di noi, e mi viene quasi la tentazione di fare un bagno in mare per rinfrescarmi un po, ma accantono lidea quasi subito. Non tanto per la mancanza del costume, ma piuttosto per la paura di cosa mi potrebbe succedere una volta uscito ed esposto al vento fresco ed incessante, che da ore ci sferza vigoroso. Mi limito dunque a lavarmi le mani, per togliere dai palmi la sostanza appiccicaticcia che ricopre il manubrio della bicicletta. Moskenes Ormai ripresici dalla fatica, ma non dai dolori alle gambe, iniziamo a tornare indietro. Anche stavolta, come successe al Preikestolen, il ritorno si rivela duro tanto quanto l'andata. Tutti i saliscendi si sono semplicemente invertiti e conservano intatta la loro difficolt. Sono cos stanco che percorro praticamente tutte le salite spingendo la bicicletta a piedi. Questa volta evitiamo la galleria, preferendo le sterrate strade alternative, fiancheggiate da alberelli e percorse solo da qualche raro turista appiedato, per poi arrivare nuovamente a Moskenes. La chiesetta bianca, posta su una piccola altura, ci d il benvenuto, mentre l'ufficio informazioni vende magliette delle Lofoten raffiguranti il sole di mezzanotte, tazze souvenir e perfino delle bustine di stoccafisso, rigido come il legno e talmente disidratato da contenere ben ottanta grammi su cento di proteine. Passiamo lentamente in mezzo alle onnipresenti e fittamente intrecciate travi di legno, alcune delle quali recano stesa qualche malandata rete da pesca strappata in alcuni punti e probabilmente inutilizzabile. Non c anima viva in giro per il paese e ormai siamo molto stanchi, dunque meglio far rotta subito verso i Lofoten. Mentre Davide ha ancora una certa energia nelle gambe, io ormai continuo a spingere sui pedali per forza d'inerzia. Vale la pena di
55

riportare un memorabile scambio di battute, proferito a stento durante una difficile salita: Daniele: "Ma come fanno quelli che fanno il giro d'Italia?" Davide: "Si dopano" Daniele: "E quelli che non si dopano?" Davide: "Arrivano ultimi!" Si prepara una missione Alle cinque di pomeriggio, raggiungiamo finalmente i Lofoten, fermandoci direttamente nei sostegni delle biciclette. Non vogliamo pi avere a che fare con quegli orrendi velocipedi, nemmeno per un istante. Siamo distrutti dalla fatica, ma anche molto soddisfatti. Per esigenze di servizio dobbiamo cambiare ostello, approdando in una camera quadrupla ma disabitata. Siamo riusciti a sfuggire alla logorrea di Pavel, se non altro. La sera siamo troppo stanchi per uscire, cos passiamo il tempo cercando di calcolare il calore irradiato dalla lampadina appesa al soffitto. Una volta trovata la metratura cubica della stanza, calcolata partendo dalla capacit dei nostri zaini, e trovato il calore specifico prodotto dalla lampadina, possiamo dedurre che a livello teorico la nostra lampadina scalda di sei gradi la temperatura della stanza ogni ora! Insomma un ottimo modo per far passare il tempo fondendosi il cervello inutilmente. Prenotiamo inoltre un ostello nella piccola cittadina di Svolvr, trovato allultimo minuto dopo una lunga ricerca. La citt la capitale amministrativa delle Lofoten, nonch la pi antica dellintero Circolo Polare Artico: risale allepoca dei primi Vichinghi. Situata nella parte centrale della catena insulare e curiosamente gemellata con la nostrana citt di Ancona, sar la nostra prossima meta. La ragione per cui non scegliamo la ben pi visitata Stamsund che a pochi chilometri da Svolvr si trova un piccolo ed insignificante villaggio, Kabelvg, nel quale vive (o dovrebbe vivere) Lalla, una vecchia amica di mio padre. Purtroppo, i due hanno perso i contatti da pi di trentanni ormai, ma adesso ho lopportunit di ricucire questo strappo, e non voglio certo

56

farmela scappare. Non sar tuttavia unimpresa facile: sicuramente in quel paesino ormai sar cambiato tutto, geografia e persone. Svolvr Dopo una buona dormita, ci svegliamo presto e abbandoniamo i Lofoten. Il nostro pullman impiegher circa tre ore e mezza per raggiungere la capitale amministrativa delle isole, che conta solamente quattromila abitanti, ma possiede addirittura un aeroporto. Un sacco della spazzatura smembrato, probabilmente opera di qualche cane o gatto in cerca di cibo, ha riversato tutto il suo contenuto sulla pensilina del bus, ma nessuno dei pochi presenti si cura di raccogliere i rifiuti. Tutti si preoccupano unicamente di ripararsi dal penetrante freddo che si insinua sotto le giacche. Il cielo oggi molto nuvoloso e renderebbe impraticabili le gite in bicicletta: troppo alto il rischio di pioggia e soprattutto troppo intenso il freddo, senza lausilio del prezioso sole. Siamo stati pi che fortunati. Ripercorrendo per l'ennesima volta la strada per Moskenes, che ormai conosciamo a memoria, il paese delle meraviglie si allontana sempre di pi e salutiamo malinconicamente questi luoghi incantati, che la nebbia fa sembrare ancora pi effimeri e inconsistenti. Costeggiando loceano, appaiono altre decine di ringhiere circolari perfettamente allineate tra loro, sospese come per magia in mezzo al mare. Con laumentare dei chilometri percorsi, l'aspetto delle isole cambia radicalmente. Le montagne cominciano a riempirsi di vegetazione arborea ed arbustiva, il paesaggio da fiabesco si fa sempre pi ordinario, specialmente una volta raggiunto lentroterra. Sembra tuttavia di viaggiare in alta montagna e non certo poco sopra il livello del mare. Aiuto il tempo a passare pi in fretta, rimettendo ancora una volta gli auricolari e facendo scorrere un po di tracce nel lettore. Cerco sempre di conciliarle col paesaggio, scegliendo solo quelle pi malinconiche ed evocative per accoppiarle alla perfezione con la natura e le condizioni atmosferiche. Alcune chitarre dal sapore decadente e triste mi fanno tornare un po di nostalgia per il ridente paesino appena abbandonato, finch un brano pi deciso e potente mi risolleva il morale e mi ricorda che sto andando in missione, a cercare come un segugio questa vecchia amica di famiglia. Quando mai mi ricapiter di viaggiare in un luogo
57

cos remoto e di trovare una persona che tanto tempo fa ha avuto contatti con la mia famiglia? La piccola cittadina di Svolvr, situata in uninsenatura della costa circondata da montagne verdi, ormai segnalata come prossima. Per raggiungerla attraversiamo proprio Kabelvg, che si trova esattamente sulla strada principale. Cerchiamo di carpire gi qualche informazione sul paese, ma l'autobus passa senza fermarsi e non abbiamo modo di vedere quasi nulla, se non alcuni cespugli di fiori viola che riempiono ogni angolo libero di entrambi i lati della strada. L'arrivo a Svolvr un po approssimativo: dopo una mezzoretta di vagabondaggio nelle sue larghe e poco popolate strade, finalmente troviamo un ufficio informazioni, situato in una piazza affacciata direttamente sul mare. Accanto c il punto di partenza dei traghetti, presidiato da alcune giovani bigliettaie in borghese che si guardano attorno, cercando di catturare qualche nuovo cliente. Le bancarelle sono anche qui onnipresenti, mentre i numerosi uffici di cambio ci ricordano che siamo in una piccola capitale. La ragazza dell'ufficio informazioni ci spiega subito dove dobbiamo andare per raggiungere lalloggio, che come volevasi dimostrare lontanissimo. Un interminabile vialone da percorrere a piedi, poi un chilometrico ponte curvo, curiosamente piegato a forma di volta. Questenorme ed altissima lingua d'asfalto, che assicura vertigini ai deboli dorecchio, sovrasta i moli nei quali le navi da container aspettano di essere varate. Si intravedono in lontananza le numerose industrie ittiche che sostengono leconomia locale, e le montagne stavolta lasciano un po di terra tra s e il mare, non gettandosi pi a capofitto in acqua. Il ponte d lillusione di essere infinito: camminiamo e camminiamo, ma le distanze paiono sempre uguali. Quando finalmente il ponte termina, scopriamo che la piccola isola sulla quale siamo arrivati la zona industriale del paese. Le costruzioni pi frequenti sono i serbatoi per la benzina e il gasolio, mentre decine di pescherecci e qualche nave mercantile galleggiano pigramente in acqua. Lambiente intriso di un penetrante olezzo di pesce che si sente dappertutto. Recuperate le chiavi del nostro alloggio, camminiamo ancora per qualche centinaio di metri verso il limite del molo, fino ad arrivare ad un malandato edificio squadrato e scrostato. Alloggeremo qui. Lunica cosa positiva che la camera una doppia: per il resto, il panorama che si vede dalla finestra orrendo (in primissimo piano c' una cisterna di benzina) e non
58

possiamo aprire la finestra senza che la stanza venga istantaneamente invasa dalla puzza, un insolito misto tra pesce fresco e gasolio bruciato. I letti sono ai limiti dell'igiene, cosparsi di peli, capelli e forfora, o chiss quale altra sporcizia non meglio identificabile. La stanza doccia e la stanza servizi hanno ingresso unico, e le docce sono la prima delle due stanze, cosicch se qualcuno si sta lavando tutti gli altri devono aspettare che finisca. Per fortuna dobbiamo rimanere qui solo due notti. Dopo aver coperto la sozzura dei letti con due lenzuola pulite, lasciamo la stanza e prendiamo lautobus per Kabelvg, che impiega solo dieci minuti per percorrere la strada che separa le due cittadine. Kabelvg Il paese piccolissimo e non sembra disporre di edifici pubblici significativi, a parte un ufficio informazioni dipinto di giallino sbiadito, che reca appese allesterno numerose bandiere di varie nazioni. Nonostante sia un luogo insignificante e poco popolato, il borgo ha un aspetto moderno e ben curato. C un ristorante e addirittura una banca. Prima di raggiungere il centro vero e proprio, cerchiamo il cognome della donna sui campanelli e sulle cassette della posta delle case che incontriamo, tutte rigorosamente di legno e verniciate con colori vivaci. Nessun nome corrisponde a quello di Lalla. Oltretutto, mio padre non si ricorda nulla n della via in cui si trovava la casa n tanto meno della casa stessa, dimenticanza pi che comprensibile dopo tutti questi anni, quindi siamo completamente soli nella nostra ricerca. Arrivati in centro, proviamo per prima cosa a chiedere all'ufficio informazioni dove sia il municipio, cos da trovare l'elenco dei residenti. Il giovane commesso non sa aiutarci nella nostra richiesta, forse un po azzardata. Sembra che non ne sappia nulla, o forse non c nemmeno un municipio a Kabelvg, perci desistiamo e tentiamo la fortuna nel ristorante. Essendo l'unico in tutto il paese, sar sicuramente frequentato da tutti e sar quindi probabile trovare qualcuno che abbia almeno sentito parlare di lei, o che addirittura la conosca di persona. Il locale ottimamente arredato e nulla lascia intendere che ci troviamo in uno sperduto paesino delle Lofoten. Chiediamo informazioni al barista, che si mostra subito molto gentile ed interessato al nostro caso. In un baleno, luomo chiama a
59

raduno tutto il personale, cercando qualcuno a cui quel nome sia familiare. Le voci dei ristoratori si alternano incerte, e le poche informazioni che riceviamo sono approssimative e contraddittorie. L'unica che troviamo incoraggiante che vent'anni fa la donna dovrebbe essersi trasferita nella vicina isoletta di Skrova, ma non possono assicurarcelo, poich nessuno la conosce direttamente. Parlano solo in base a reminescenze. Lisola non lontana e si pu raggiungere in tre quarti dora col traghetto che parte da Svolvr. Potremmo farcela. Ringraziamo tutti per la cortesia e disponibilit che ci hanno dimostrato, e usciamo dal ristorante un po scoraggiati, ma decisi a non mollare. Per cercare di ottenere informazioni pi precise, entriamo in quello che sembra un piccolo museo. Proviamo a chiedere al bigliettaio se conosca l'ubicazione del municipio del paese, ma anche lui ci rimanda indietro allufficio informazioni. In questo paesino, evidentemente, non c altro di importante. Decidiamo di ritentare nuovamente l. Il commesso stavolta ci invita a tornare dopo un'ora, quando gli dar il cambio un uomo pi anziano che potrebbe esserci di maggiore aiuto. La proposta ragionevole. Nell'oretta che abbiamo da aspettare, andiamo a visitare la chiesa intravista durante il tragitto in pullman, che scopriamo essere la seconda chiesa in legno pi grande della Norvegia. Esternamente colpisce molto lo sguardo con la sua verniciatura giallina e marrone scuro, che dona alla chiesa unaria austera. Lintero edificio sorge su unaltura che domina una vecchia baia ormai prosciugata, tappezzata dagli strani fiori viola che qui sono particolarmente numerosi. L'ingresso costa venti corone, ma non le vale. Dentro c' ben poco da vedere. Usciamo presto, e Davide propone di cercare il camposanto: non detto che la nostra Lalla non si trovi l. Troviamo subito le lapidi, in mezzo ad un boschetto a pochi metri dalla chiesa. Come cimitero decisamente grande per un paese cos piccolo. Ci dividiamo per cercare meglio, ma pur setacciando lintera area da cima a fondo, troviamo solo un'omonimia di cognome. Meglio cos, almeno significa che la signora, seppur irreperibile, viva. O forse sepolta altrovechiss. Torniamo in paese, poich ormai passata quasi unora. Questa volta nellufficio ci sono due uomini. Uno ha laspetto pi vissuto, con la pelle rugosa e i ricciolini a cascata su tutto il capo, l'altro pi giovanile, anche se quest'ultimo che ci viene presentato come l'esperto del luogo.
60

Purtroppo, nessuno dei due pare conoscere la signora Lalla. L'uomo apparentemente pi giovane prova anche con una telefonata, presumibilmente ad un ufficio informazioni di qualche altro posto vicino, o forse al municipio di Svolvr. Dopo qualche minuto di speranza, il ricevitore torna al suo posto. Nessuna informazione, nessun ricordo. Ci rassegniamo temporaneamente e ci sediamo in mezzo alla piazza a mangiare qualcosa, guardandoci attorno per scorgere qualche eventuale anziano vagante a cui possiamo fare qualche domanda, confidando in qualche suo ricordo di tanti anni fa. Purtroppo non abbiamo fortuna nemmeno qui. Non passa nessuno che possa aiutarci, solo qualche turista dall'aria distratta che passeggia attorno alle case. Oggi la fortuna ci ha proprio voltato le spalle. Attacco aereo Per calmare gli stomaci, ci sediamo su una panchina in mezzo alla piazza e tiriamo fuori i nostri ormai insopportabili panini con la mortadella, nauseante ma indispensabile componente dei nostri pasti. Frugando nello zaino, mi accorgo di avere ancora tre pacchetti di cracker italiani, ormai completamente sbriciolati. Dopo aver mangiato i panini, mi viene la buona idea di offrire i cracker agli uccelli che passeggiano per la piazza lastricata, perennemente in cerca di briciole dimenticate dagli umani. Apro un pacchetto, stritolandolo prima tra le mani per polverizzare bene il contenuto, ed incautamente ne getto un po ad un paio di piccioni che mi stanno passando proprio ora vicino alle gambe. Ma non affatto una buona idea. Nel giro di pochi secondi attiro una quantit impressionante di pennuti di ogni tipo, inclusi gli onnipresenti gabbiani, che arrivano in massa e si fiondano sul cibo, litigando e beccandosi tra loro. I volatili, presi da frenesia alimentare, si ammassano attorno al tavolo e alcuni ci salgono temerariamente sopra, scatenando le mie risate e l'ira del mio compagno di merende, che tocca lapice quando un gabbiano rapace, ingolosito da un sacchetto di biscotti lasciato imprudentemente aperto, scende in picchiata e fa razzia del cibo prima che possiamo avvicinarci per recuperarlo. Ma da dove sono saltati fuori tutti questi uccelli? Il nostro tavolo diventato una voliera. Davide mi guarda con aria indescrivibilmente seccata e mi odia per quello che ho combinato,
61

ma io non riesco a far altro che ridere. Non riusciamo a scacciare tutti questi uccelli: hanno troppa fame per andarsene, e anche quando hanno finito di beccare l'ultima briciola non ne vogliono sapere di lasciarci in pace. Ormai sanno che gli ho dato da mangiare, e mi seguono nei miei spostamenti ovunque mi trasferisca. Siamo quindi costretti a traslocare di tavolo, mentre io uso gli altri pacchetti di cracker come esca, lanciando briciole sempre pi lontano per attirare i frenetici pennuti nella parte opposta della piazza. Con questo simpatico diversivo si conclude la nostra infruttuosa missione a Kabelvg, che abbandoniamo pochi minuti dopo. Rinnovata speranza Un po delusi dal fallimento della spedizione, ritentiamo il giorno seguente con lisola di Skrova. Anche se non troveremo Lalla, lufficio informazioni ci assicura che un bel posto dove passare un pomeriggio in pace, quindi pare la scelta pi azzeccata. La ricerca dunque non ancora finita, e qualche tenue speranza si sta riaccendendo, ultima fiammella superstite prima delleventuale soffio definitivo. La mattina ci alziamo molto presto per prendere il traghetto, che in tre quarti dora dovrebbe recapitarci su questo minuscolo appezzamento di terra e roccia, famoso per essere un centro baleniero. Nello spiazzo portuale non c come al solito anima viva, ma il traghetto dovrebbe partire proprio da qui. Cominciamo a preoccuparci, pensando di aver sbagliato qualcosa, ma quando una nave lentamente si accosta e si apre per lasciar salire inesistenti veicoli e passeggeri, la verit presto svelata. Siamo gli unici due temerari che stamattina vanno a Skrova. Senza di noi, il traghetto partirebbe vuoto. Una situazione lievemente imbarazzante, ma tutto sommato divertente avere una nave tutta per noi, con i bigliettai e manovratori che ci guardano come bestie rare. Probabilmente non ne vedono molti salpare a quest'ora per raggiungere un posto cos deserto. Dopo queste premesse, non possiamo fare a meno di chiederci che razza di isola misteriosa sia questa. Speriamo per i marinai e i macchinisti che almeno ci sia qualcun altro da caricare pi avanti, poich far partire dei traghetti completamente vuoti non devessere molto soddisfacente, anche se si pagati per farlo.
62

Skrova Il minuscolo porto di Skrova anchesso completamente deserto. C un singolo punto d'attracco per le navi ed unaltrettanto singola corsia per il carico dei veicoli. Appena messo piede a terra e lanciata un'occhiata circolare a quel che vediamo del paese, capiamo subito di essere finiti in un vero e proprio villaggio fantasma. Nessuno in giro, un silenzio di tomba, tranquille casette con giardini ben tenuti, due panchine dalla curiosa forma a stella, e infine un unico negozio di generi alimentari, col marchio della catena Coop infisso sopra l'entrata. Detto cos, potrebbe far pensare ad un grande magazzino, ma il suddetto mercato non un grosso parallelepipedo bianco come siamo abituati a vedere, bens un minuscolo quadratino di nemmeno cinque metri di lato. Non possiamo fare a meno di sorridere, osservando questo buffo supermercato in miniatura. La globalizzazione arrivata anche qui. Nonostante la desolazione che si avverte nell'aria, lisola ha tuttavia una sua forte attrattiva: mi affascinano sempre questi luoghi cos dimenticati e fuori dal mondo. Skrova inoltre popolata da tantissimi gatti, notevolmente pelosi. Per questi animali, lisola devessere un paradiso. Qui hanno tutto il pesce che vogliono, e la probabilit di essere investiti da un'automobile, loro acerrima nemica senza odore n respiro, prossima allo zero. Non mi stupirei se tutti questi gatti avessero ventanni e pi. Una delle poche persone che incrociamo per le polverose stradine una simpatica signora con gli occhiali da sole, la quale ci riconosce subito come viaggiatori spaesati. Vedendoci vagare senza meta, girando la testa qua e l in preda alla disperazione, si avvicina a noi e gentilmente ci offre il suo aiuto. Approfittiamo per spiegarle che stiamo cercando lintrovabile signora Lalla, che secondo le nostre poche informazioni dovrebbe essersi trasferita qui, ma lei scuote il capo. Non si d tuttavia per vinta, offrendosi di provare a chiedere alla gente del posto. Su una delle panchine si appena seduta una signora attempata, con una rosa di capelli grigi. Le due donne si parlano un po nella loro lingua, ma niente: l'anziana donna vive qui da sempre e non ha mai conosciuto n sentito parlare di nessuno con quel nome. Oltre a lei non c nessun altro a cui chiedere. La ricerca finisce qui, ormai chiaro che non la troveremo mai.

63

Cosa ci rimane da fare? Semplice: esplorare in ogni angolo quest'avamposto selvaggio. Alcune banderuole rosse, infisse nel terreno ad intervalli regolari, indicano la strada da seguire in mezzo alla vegetazione, per chi volesse fare il giro dellisola. In un tratto ci troviamo nel sottobosco, tra gli alberi che ci coprono come in un tunnel, poi siamo sulle rocce ricoperte interamente da muschi, licheni e cardi che crescono invadendo ogni spazio disponibile, poi siamo su massi enormi e lastricati di conchigliette, portate dalle onde che da millenni bagnano queste coste. Il silenzio completo, rotto solo dall'incespicare dei nostri passi su una roccia un po scivolosa e instabile, oppure dalle eriche e dal muschio secco, che crepitano quando sono calpestati e ci riempiono le scarpe di fastidiose spine. Ogni tanto mi devo fermare a toglierle, poich mi sembra di camminare su un letto di chiodi. Sul suolo crescono innumerevoli mirtilli e bacche rosse opache non meglio identificabili, forse ribes ancora immaturi. Alcune particolari sostanze nutritive, depositate qui dall'acqua delloceano, creano un ambiente in cui riescono a vivere delle specie di piante che alle nostre latitudini crescono solo in alta montagna. Un altro aspetto delle sfaccettate Lofoten. Cespugli di splendidi fiori, molto simili ad azalee, spuntano ogni tanto da qualche avvallamento nel terreno, insieme ad arbusti dalle foglie rosse ed arancione, che costeggiano intere parti di sentiero. Ogni tanto c qualche buca piuttosto profonda, coperta da lunghi fili derba che si piegano su di essa come a proteggerne lentrata, e pi volte rischio di posarci il piede sopra. Se non si sta attenti facile sprofondare ed insozzarsi col fango dei torrentelli nascosti. L'unico rumore percepibile quello del vento oceanico e delle risacche che non producono mai due volte lo stesso suono in milioni di anni, in un avanti e indietro che sempre stato e sempre sar. Per il resto, tutto tace. Proseguendo lungo la costa della collina, sbarrata dalle rocce e impossibile da percorrere ulteriormente, il sentiero vira verso lalto e muta bruscamente in roccioso e tortuoso. Ora la strada decisamente ripida. Pi volte perdiamo il sentiero e finiamo dentro i cespugli spinosi, che scricchiolano sotto i nostri piedi come il vetro sottile di lampadine infrante, facendoci sprofondare in un equilibrio costantemente instabile. Dobbiamo inerpicarci per molti gradini scavati nella roccia, decisamente faticosi da superare. Alcuni di essi
64

creano delle piccole grotte, nelle quali un esploratore in difficolt potrebbe passare una notte al riparo. Finalmente, dalla cima si riapre la visuale sulla vallata sottostante. Il paese appare cos piccolo e insignificante da quass. Una bianchissima spiaggia sulla destra unisce come un ponte naturale l'isola su cui poggiamo i piedi con un'altra pi piccola, sulla quale spiccano due solitarie casette bianche. Sullo sfondo vi una lunga catena di montagne quasi esclusivamente rocciose, che solo in pochi punti degradano per consentirci la vista del mare che si estende oltre. Nuvoloni grigi avvolgono le cime in una densa cappa, che per non riversa nemmeno una goccia dacqua. Dopo una breve sosta sul crinale, ridiscendiamo per un sentiero ancora pi difficile, composto da continui salti tra una roccia e quella sottostante, abbastanza bassi da poterli superare con un balzo, ma abbastanza alti da farci male ai piedi se atterriamo con tutto il peso in una volta sola. Scivolando ed incespicando, raggiungiamo di nuovo il sentiero battuto, fiancheggiato dallonnipresente vegetazione del sottobosco. Felidi Ritornando nella deserta piazza, troviamo un bellissimo ma poco socievole gatto norvegese delle foreste, talmente peloso da sembrare un peluche fuori misura. In un impeto di sconsiderato ottimismo lo sollevo, esponendomi al rischio di graffiate, ma il bestione sembra starsene tranquillo. Pesa parecchio! Dopo molte insistenze, Davide mi scatta una foto mentre lo tengo saldamente tra le braccia, e un attimo dopo che la foto stata impressa sul rullino il gatto si libera dalla presa e scappa come un fulmine. Dato che il felino non offre molte soddisfazioni, ci avventuriamo in unaltra zona dellisola. L troviamo solamente quello che sembra un faro, ma che poi si rivela essere un centro di controllo per i cavi dell'alta tensione, che qui scorrono in parte appesi ai tralicci e in parte a terra, ben isolati ai lati del sentiero battuto. Lungo la strada non resisto al fascino di uno scivolo e di un'altalena, tra la disapprovazione del mio compare, che si rifiuta categoricamente di salirci. Tornando nella piazza principale, nella quale fa la sua comparsa anche qualche essere umano, ci sediamo involontariamente a fianco di un grosso nido di vespe. Ce ne accorgiamo solo dopo svariati minuti, quando dei bambini incoscienti iniziano a bombardarlo con numerosi
65

sassolini. Gli insetti, visibilmente innervositi, cominciano ad uscire uno dopo laltro vorticando rabbiosamente attorno al nido, cos ce ne andiamo prima che inizino a prendersela con noi. Facciamo un giro anche nellultima parte del paese, seguendo la costa. Unaltra zona vuota e smorta che sembra proprio un villaggio abbandonato da Far West americano, se non fosse per alcuni simpaticissimi gattini di pochi mesi che hanno voglia di giocare. Si fanno anche prendere in braccio, da bravi cuccioli che ancora si fidano di tutti. Quando iniziano a rincorrersi tra loro infilandosi nelle siepi e nelle pallide staccionate, li lasciamo divertire e proseguiamo per il polveroso viale. Troviamo numerose automobili, vecchie di almeno trenta o quarant'anni, parcheggiate a fianco d'alcuni grossi blocchi di cemento abbandonati sulla riva. Probabilmente sono destinati alla costruzione o alla riparazione delle navi baleniere, che partendo da qui uccidono ogni anno centinaia di questi animali, tingendo di rosso gli oceani. Torniamo per lultima volta nelle vicinanze del molo, e assistiamo ad alcune animate lotte di territorio ingaggiate da tre felini autoctoni, che si rincorrono e si punzecchiano per decidere chi tra loro avr il dominio di quella zona. Ci divertiamo ad osservarli, mentre si scrutano prudentemente dalle loro posizioni di guardia. Ogni tanto fanno qualche piccolo scatto, per poi muoversi in tuttaltra direzione, ma la situazione non si risolve mai. Strano individuo Questa volta ci sono diverse persone sul traghetto e i posti disponibili sono pochi, perci ce ne accaparriamo velocemente due. Appena sbarcati, facciamo la spesa in un grande magazzino, dato che per qualche giorno non vedremo pi un ostello o un locale dove mangiare. Arriviamo proprio mentre stanno chiudendo e riusciamo a fare la spesa praticamente al volo. Mi metto a cercare febbrilmente le bustine di stoccafisso, poich presto usciremo dalla Norvegia e probabilmente non ne trover pi. Questa lultima occasione di provare questo tipicissimo prodotto. Sfortunatamente, per quanto giri il supermercato non riesco a trovarle, e inoltre veniamo pi volte in contatto con un essere umano di dubbia provenienza, coi capelli neri lunghi che paiono sottolio, i vestiti stracciati e una bottiglia vuota in mano. Il figuro si aggira per il
66

supermercato sbuffando e facendo strani versi a chiunque involontariamente gli si pari davanti. Sembra che sia convinto di essere su un altro pianeta dallespressione che ha negli occhi, pericolosamente infossati. Dimostra settantanni, ma forse non raggiunge nemmeno i cinquanta. Mi inquieta un po, continuando ad andare avanti e indietro proprio a fianco a me, anche se dopo i primi versi che mi ha buttato in faccia sembra non curarsi pi della mia presenza. Affrettandoci a finire la spesa per liberarci il prima possibile del curioso personaggio, all'ultimo riesco a trovare le bustine di stoccafisso, seminascoste in un angolo. Non appena abbiamo finito di pagare dobbiamo subito uscire in fretta e furia, incalzati dagli inflessibili commessi, che non possono ritardare nemmeno di un minuto a chiudere il negozio. Quasi ci spingono allesterno, sotto la pioggia che sta iniziando a cadere proprio ora. Dello strano personaggio, fortunatamente, non v pi alcuna traccia. Per cena tento di mangiare lo stoccafisso cos come lho comprato, peccato che non riesco nemmeno a staccarne un pezzettino minuscolo da quanto duro! Ha la consistenza di un pezzo di legno, e va cucinato a dovere prima di poter essere commestibile. Domani si riparte alla volta di Narvik, uscendo definitivamente dalle terre norvegesi per non pi ritornarvi. Terre che ci hanno regalato grandi emozioni e splendidi ricordi, che ci accompagneranno per sempre. Narvik Ci attende una giornata intera in movimento, prima di raggiungere il nostro punto di riferimento in Svezia, la cittadina di Lule. Non riusciamo a contattare telefonicamente lunico ostello che abbiamo trovato, e non ne conosciamo nemmeno lindirizzo, quindi larrivo in citt sar piuttosto approssimativo. La mattina ci alziamo fin troppo presto, abbandonando con soddisfazione il puzzolente ostello, e saliamo sul bus che ci riporter sul continente. La prima destinazione Narvik, distante qualche centinaio di chilometri. Essendo domenica, non c' assolutamente nessuno in giro n niente d'aperto, nemmeno il pi grande dei supermercati. La luce gi forte, ma la cittadina dorme ancora e sembra proprio che non si voglia svegliare. Le uniche cose che si vedono muoversi sono le cartacce per terra, sospinte dal vento.
67

Quando lautobus arriva, ci mettiamo comodi per affrontare il lungo tragitto che ci aspetta: arriveremo nel primo pomeriggio. Il paesaggio della parte pi settentrionale delle Lofoten abbastanza piatto. Le montagne sono simili a quelle nostrane, vi sono pochi tratti sull'acqua, e tanti anonimi svincoli stradali. Queste sono alcune delle nostre ultime immagini della Norvegia. Dopo sei ore di pullman, siamo nuovamente rientrati nella Norvegia continentale, grazie ai lunghissimi ponti che uniscono le Lofoten alla terraferma e ci permettono di non dover pi prendere mezzi navali. La cittadina di Narvik famosa per essere stata pesantemente bombardata dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale, cos da accaparrarsi il ferro ivi prodotto, tanto caro all'industria bellica nazista. Nonostante limportanza storica, la sua stazione letteralmente un buco. Piccolissima, deserta e ridotta al minimo indispensabile. Le serrande della biglietteria sono chiuse e non sembra che apriranno nel pomeriggio, ma fortunatamente lInterrail ci salva anche da questa situazione. Abbiamo gi il biglietto in mano per ogni evenienza, anche se per salire su alcune tipologie di treni occorre comunque prenotare. Il tabellone delle partenze decisamente mal progettato, dato che mostra gli orari in modo confuso e per meno di dieci secondi alla volta, lasciando poi il posto a minuti e minuti di informazioni pubblicitarie che non servono a nessuno. Mentre mi guardo intorno, seduto su una delle panche all'interno, un viaggiatore confuso dall'ambiguo tabellone mi si avvicina timidamente per chiedermi qualche informazione su come potr arrivare a Stoccolma in giornata. Dopo aver decifrato assieme le partenze, sono costretto a informarlo che il suo treno gi partito la mattina, e che dovr accontentarsi di fare tappa intermedia un po pi a nord. Dalla sua espressione capisco che c chi sta peggio di noi in quanto a spostamenti, ma non siamo comunque molto pi fortunati di lui: abbiamo s il treno pronto, ma niente di pi. Nessuna informazione sulla destinazione e tanto meno un posto per dormire prenotato. Davide trova un elenco telefonico abbandonato sul bancone, e gli balena l'idea di cercare l la nostra introvabile signora Lalla. Una minuscola speranza si riaccende. Troviamo due omonimie esatte, ma dopo aver telefonato scopriamo che sono abitanti di Narvik, che non hanno nulla a che fare con le persone che stiamo cercando. Le
68

speranze di trovarle, distrutte e ridestate tante volte, crollano ora definitivamente. Svezia Il nostro treno composto da carrozze specificatamente divise per destinazione. Alcune si staccheranno a met strada e proseguiranno in un'altra direzione, mentre una sola di esse ferma a Lule. Per raggiungere la Svezia ripasseremo di nuovo dal Circolo Polare Artico, abbandonando le terre del sole perenne per non tornarvi pi. Prendiamo posto liberamente sulla carrozza, mentre il controllore vidima i nostri biglietti, stupendosi che non parliamo svedese (non si nota che siamo italiani?). Possiamo finalmente dare l'ultimo vero saluto alla Norvegia. Dopo una mezzoretta dalla partenza, la voce del capotreno si fa sentire imperiosa, amplificata dallaltoparlante. Abbiamo oltrepassato il confine e stiamo entrando nella vasta Svezia. Il paesaggio decisamente diverso da quello norvegese: fiordi e maestose montagne ora lasciano spazio ad interminabili foreste di conifere e betulle nane, poste ad intervalli talmente regolari da sembrare una piantagione. Ogni tanto si intravede qualche grossa montagna rocciosa, raramente qualche palude e fiumiciattolo, e come ciliegina sulla torta un paio di splendidi arcobaleni. Ora la campagna a fare da padrona. Allorizzonte stanno girando stancamente alcune pale eoliche, con un variopinto tramonto sullo sfondo che non pu non emozionare anche il pi insensibile dei viaggiatori. Per vederlo dobbiamo girarci continuamente, ma a costo di farci venire il torcicollo non possiamo perderci lo spettacolo. Stento a credere che quel gioco di colori sia dovuto unicamente al pulviscolo atmosferico che devia i raggi solari, tingendo il cielo di rosso ed arancione. Probabilmente c dietro qualcosa di pi. Incrociamo poi un'industria di legname, motore trainante delleconomia scandinava. Nel suo enorme cortile giacciono centinaia di tronchi grezzi, ammassati in attesa di essere lavorati e trasformati ora in una sedia, ora in una scarpiera, ora in una scrivania. Probabilmente, tutti abbiamo in casa qualcosa che proviene dalle foreste nordiche, dato l'enorme sfruttamento delle zone boschive.

69

Treni merci interminabili solcano lentamente le rotaie in direzione opposta alla nostra, e ci divertiamo a contare il numero dei vagoni: il pi lungo ne ha ben sessantotto, di forma triangolare. La disarmante ma allo stesso tempo affascinante monotonia del paesaggio rallenta l'incedere del tempo, nonostante il treno stia sfrecciando velocemente sulle rotaie. Lule Arriviamo a destinazione alle undici di sera. C' ancora una discreta luce nel cielo, ma la stazione ferroviaria gi chiusa. La poca gente scesa insieme a noi si allontana in tutte le direzioni, disperdendosi nelle strade. Nei pressi della stazione rimaniamo solo noi due, probabilmente gli unici senza una sistemazione. Riponiamo una flebile speranza nella stazione degli autobus, ma purtroppo anchessa ha le porte bloccate da robuste serrature, e riaprir solo la mattina seguente alle sei e mezza. Linterno molto ben illuminato, con numerose panche di legno vermiglie, che stranamente sono divise dal bracciolo sulla due terzi, invece che a met. Attorno alle panche ci sono delle verdissime piante ornamentali che fanno la loro bella figura, e alcuni tabelloni che indicano solo un paio d'autobus, per giunta in arrivo e non in partenza. Intuendo che sar difficile trovare un autobus notturno che ci possa portare subito in Finlandia, comincio a preparare la panca per il pernottamento in stazione. Allestisco solo un posto, poich uno di noi rimarr sveglio a turno per fare la guardia: nonostante vi sia la stazione della polizia dall'altra parte della strada, meglio essere prudenti. Stendo asciugamani, giacche, vestiti inutilizzati e qualsiasi cosa che possa rendere pi morbida la panca, ma con scarsi risultati: scomodissima e troppo stretta. Per giunta, sono tutte conformate in questo modo, dunque inutile provarne unaltra. Mi sdraio cercando una posizione comoda, e quasi la trovo, finch un paio di sbandati passano davanti alla stazione a bordo di un rumorosissimo motorino, urlando come ossessi. Dopo pochi secondi spariscono lungo una strada secondaria, ma hanno fatto in tempo a svegliarmi mentre quasi mi stavo addormentando. Ora ho perso il sonno, ma in compenso sta arrivando il primo autobus. Davide corre subito a chiedere informazioni allautista, che per non dispone di tutti gli orari degli autobus internazionali, e ci
70

invita ad aspettare il mezzo successivo. Cos attendiamo altri venti minuti, meditando nel frattempo sulle possibili soluzioni per dormire, ma non trovando nessuna opzione soddisfacente. A quest'ora le chiese sono tutte chiuse, la stazione inaccessibile e protetta da efficienti sistemi d'allarme, non ci sono bagni pubblici aperti. La temperatura non nemmeno troppo bassa, perci pensiamo di poter resistere tranquillamente per una notte allaperto. In fondo, che sar mai di cos terribile? Il secondo ed ultimo autista arriva col suo mezzo e ci informa che per questa notte siamo a piedi: fino a domani mattina non ci sono autobus per Haparanda. Ci consiglia un piccolo hotel nelle vicinanze, ma chiuso e si pu aprire solo con un codice numerico, che logicamente non conosciamo. Decidiamo dunque di terminare le ricerche e di dormire fuori. Delusi dalle scomode panchine, scegliamo come giaciglio notturno la collinetta erbosa che domina la piazza della stazione. decisamente pi comoda, anche se molto pi umida. Il freddo inizia ad aumentare, perci ci copriamo con tutti i vestiti che abbiamo a disposizione, incluso il kee-way. Due asciugamani, stesi sull'erba fradicia di condensa, fungono da materassi vagamente isolanti. Tocca a me tentare di dormire per primo. Circondo la zona della testa con gli zaini, cos da isolarla il pi possibile dal vento, e infilo i piedi in un sacchetto di plastica per ridurre al minimo la dispersione del calore. Tuttavia, di dormire non se ne parla proprio. Il poco sonno residuo ora mi passato completamente, e sono nella fase in cui darei qualsiasi cosa per scivolare nel sonno, ma il corpo non collabora. Capisco che di questo passo non riuscir mai a dormire, cos cedo il mio posto a Davide e vado a farmi un giro nella vicina pista ciclabile. Dalla posizione sopraelevata ben visibile il riscaldato ed illuminato ambiente della stazione, terribilmente invitante eppur inaccessibile. Solo per un attimo una persona si avvicina alle pesanti porte a vetri: un addetto alla vigilanza. Dopo aver controllato che gli allarmi siano in funzione, sparisce nel nulla. Anche un paio di tassisti rimangono in zona per qualche minuto, nella loro macchina riscaldata, poi ricevono una telefonata e ripartono, senza pi tornare. La fioca e rossastra luce del sole si intravede sopra un enorme centro commerciale, come un'alba dormiente che non si risveglia mai. Un momento intenso: nonostante la situazione sia disagevole, mentre osservo nuovamente quei ben conosciuti colori
71

ci passa in secondo piano. la notte di San Lorenzo: sarebbe veramente un bel colpo riuscire a vedere una stella cadente, cos rivolgo gli occhi al cielo. Lassenza di nubi lascia intravedere centinaia di stelle. Osservandole mi pare che si muovano, ma in realt sono ingannato dal loro costante tremolio e dal freddo intenso, che altera le mie percezioni. Il mistero che racchiudono queste stelle cos infinitamente lontane ed immense mi fa ancora una volta riflettere e rimango ad osservarle a lungo. Proprio mentre sto desistendo per la troppa immobilit e i dolori al collo, finalmente vedo una stella cadente! Velocissima, percorre circa met cielo in meno di un secondo, per poi sparire in un lampo, cos com' apparsa. Il meteoroide si completamente vaporizzato al contatto con latmosfera terrestre, lasciandomi un piccolo regalo che mi allieta per qualche secondo la difficile permanenza nella morsa del freddo. Notte gelida Dopo le due di notte, i minuti sembrano ore. Ogni tanto controllo l'orologio, pensando che sia passato ormai parecchio tempo, quando in realt le lancette si sono spostate avanti solo di una decina di minuti. Talvolta passano delle persone in bicicletta, proprio davanti alla nostra aiuola. Hanno meno della met dei nostri vestiti, ma non appaiono per nulla sofferenti. Cosa ci facciano in giro in bicicletta, alle due di notte passate, non riesco veramente a spiegarmelo. Forse hanno una percezione del freddo simile a quella della piccola statua di bronzo che si regge tranquillamente in piedi in mezzo allerba. A differenza della statua, io sono costretto a camminare avanti e indietro senza sosta, saltellando per non congelarmi i piedi, che stanno gi perdendo un po di sensibilit. Tiro fino in cima la cerniera lampo della giacca, alitando nel colletto per tentare di riscaldarmi, ma ottengo solo di infradiciare la giacca di vapore acqueo. Davide si sveglia e ormai tocca a me cercare di dormire, anche perch non ne posso pi di stare in piedi. Mi sdraio al suo posto, cercando di addormentarmi il prima possibile per sottrarre i miei sensi all'ambiente. Tuttad un tratto, mi accorgo di tremare come una foglia, cos cerco di sistemarmi in modo da sentire meno freddo, e pian piano mi calmo riuscendo a prendere sonno.
72

Forse dormo venti minuti. Alle tre e mezza sono di nuovo in piedi, con i sensi ottusi e il dubbio di non aver realmente dormito, ma solo dormivegliato. Tuttavia, ho qualche debole ricordo di aver sognato, quindi almeno un po ho dormito di sicuro. In questi venti minuti il freddo si fatto insopportabile: stare fermi ora impossibile. Guardo nuovamente il cielo in corrispondenza della decisa sfumatura rosata all'orizzonte, sperando di vedere il sole comparire, ma un inganno. La luce non prelude all'alba, rimanendo sempre beffardamente uguale e solo accennata, senza riscaldare minimamente l'atmosfera. Iniziamo a vagare insieme senza meta, cercando di riscaldarci camminando. Il tempo si enormemente dilatato e passa con una lentezza ancora pi insostenibile di prima. Darei qualsiasi cosa per poter entrare in un ambiente caldo. Ci aggiriamo per le strade della citt, cercando qualche locale aperto dove poterci rifugiare, ma non c' niente di niente. Tutti i negozi sono perfettamente chiusi dai loro lucchetti. Alcuni hanno le luci interne di guardia ancora accese, altri sono completamente bui. Sulle mura d'alcune case ci sono dei bocchettoni che sputano aria: proviamo a scaldarci con quelli, ma laria fredda e non ci di nessun aiuto. I sei o sette strati di vestiti che portiamo addosso sembrano non riscaldarci affatto, quasi come non averli. I minuti per passano, anche se lentamente. Noi non ce ne accorgiamo, ma lentamente arrivano le quattro, poi le quattro e un quarto, poi le quattro e tre quarti, finch fanno capolino i primi tenui accenni di una vera alba. Dopo ore passate a gelare, allo scoccare delle cinque siamo finalmente investiti dalla prima luce del sole. Mentre lastro sale lentamente nel cielo, ricominciamo a scaldarci. Il sangue riprende a circolare nelle arterie periferiche con decrescente difficolt, la mente si risveglia dall'ottundimento. Lentamente, i nostri corpi tornano in temperatura, immobili di fronte alla luce per assorbire tutto il calore possibile. Ci spostiamo solo per essere investiti meglio dai raggi, quando le fronde degli alberi li attenuano. Ora non serve pi la camminata forzata per non fare la fine dello stoccafisso, che giace ancora intonso nella tasca inferiore del mio zaino. Dopo non molto, per, alcune perfide nuvole nerastre mandate da un diavoletto dispettoso oscurano completamente il sole, riportandoci in un attimo al gelo. Dopo pochissimi secondi, ricominciamo ad avere freddo esattamente come prima. Ritorniamo quindi a camminare
73

per le vie della cittadina, maledicendo le nubi. Quando vediamo i vetri delle automobili completamente coperti di ghiaccio, capiamo che stanotte deve aver fatto proprio un bel freddo! Con una lentezza davvero esasperante, arrivano le sei di mattina. Ancora mezzora e potremo finalmente entrare nella stazione, per rimetterci un po in sesto e successivamente prendere il nostro autobus, che arriver dopo altre due ore. Il sole improvvisamente rif capolino, illuminando un tratto di strada verso il quale ci spostiamo nel tempo di un battito di ciglia. I minuti passano ora un po pi in fretta. Finalmente una donna, vestita solo con una giacchetta leggera, si avvicina ad unentrata secondaria del negozietto di dolciumi annesso alla stazione. Deve per forza essere la commessa che prepara il negozio per aprirlo. enorme il sollievo quando, dopo aver armeggiato un po all'interno ed aver acceso qualche luce in pi, la vediamo uscire dalla porta d'ingresso per sistemare i quotidiani nuovi sui supporti, muovendosi in fretta per non subire il freddo che ci tormenta da ieri sera. Appena possiamo, spingiamo finalmente quella porta ed entriamo. Siamo i primi, intirizziti clienti della giornata, con lo stomaco vuoto da troppe ore. Ora che siamo al caldo, anchesso ha iniziato a lamentarsi. Ci dirigiamo immediatamente verso la macchinetta del caff, preparandoci una colazione megagalattica. Ci prepariamo due enormi cappuccini bollenti, con limmancabile croissant di contorno, e completiamo la mangiata con innumerevoli biscotti, prelevati direttamente dagli zaini. Il liquido caldissimo scende gi nello stomaco, bruciando piacevolmente al suo passaggio nellesofago, e poco alla volta ci rimettiamo in sesto. L'indaffarata ma gentile commessa continua a sistemare il negozio, indifferente alle nostre vicende. Di sicuro non ha la minima idea della notte che abbiamo appena passato. Ci sediamo infine sulle panche che abbiamo visto per tutta la notte da dietro i vetri, finalmente accessibili. Stravaccati sul legno rosso, nel caldo ambiente della piccola stazione, il gelo ormai un ricordo lontano. Malessere Mi sto quasi addormentando sulla strana panca. Sono ormai entrato in un dormiveglia profondissimo, e se mi dicessero qualcosa sentirei le parole, ma probabilmente non intenderei niente. quello stato di
74

trance in cui i pensieri e le immagini mentali si fondono con la realt, nel quale ci si trova ad immaginare ed abbinare cose e situazioni assurde, senza alcuna logica. Non piacevole, preferirei un buon sonno invece che questo stato di ottundimento che non d riposo. Ci pensa per Davide a riscuotermi, quando il momento di prendere l'autobus. Alle otto e venti arriva finalmente questo mezzo che ci porter a Haparanda, al limite del confine svedese. Da l entreremo in Finlandia, nella cittadina dal buffo nome di Tornio. Molto svogliatamente, abbandono il mio giaciglio e usciamo di nuovo alla fredda aria di Lule. Fuori non fa certamente caldo, ma la temperatura decisamente pi sopportabile di quella di stanotte. Viene a prelevarci un autobus a due piani, tardando per a posizionarsi correttamente nella sua fermata. In questo momento odio profondamente l'autista che se la sta prendendo comoda con le manovre, poich il mio intestino sta malissimo dopo tutto il freddo che ho preso, e ho assolutamente bisogno di un gabinetto. Prego con tutte le mie forze che su quellautobus ce ne sia uno. Vivo degli attimi d'autentico terrore quando salgo e non lo trovo subito, ma cercando meglio fortunatamente appare, dietro una porta a vetri dallapertura automatica. Sistemo frettolosamente le mie cose sul sedile e mi ci reco all'istante, trovandolo libero. Lass qualcuno mi ama: in vita mia avr visto forse uno o due autobus con bagno incorporato, e questo un vero colpo di fortuna. Nelle due ore di strada che ci separano da Tornio, visito il piccolo stanzino ben cinque volte, battendo sempre la testa contro le bassissime porte degli scompartimenti, a causa della troppa fretta. Come se non bastasse, la luce nel gabinetto continua a spegnersi per un malfunzionamento della fotocellula, e ogni tanto devo anche preoccuparmi di ondeggiare un po, per ricordare alla gentile scatola di latta che sono ancora dentro e mi serve luce. In ogni caso non solo il mio intestino a soffrire, poich non mi sento per niente bene in generale. Mi salita una lieve febbricola e ho i brividi. Mi schianterei volentieri a letto a dormire, e invece mi tocca cambiare due autobus, per poi prendere immediatamente un treno che arriver a destinazione solo in tarda serata. Non avendo vie di uscita, cerco di riprendermi il pi possibile. Non posso concedermi il lusso di stare male. Il mio impegno ha successo: evitando di addormentarmi e tenendomi sveglio mentalmente, all'arrivo a Haparanda sto quasi
75

bene. Anche stavolta ho vinto io contro il freddo e le piccole avversit del cammino. Finlandia Il confine tra le due nazioni ci stato descritto come un ponte in mezzo al quale passa esattamente la linea divisoria, dunque ci aspettiamo una degna e trionfale segnalazione. Niente di tutto questo. Entriamo a Tornio senza nemmeno accorgercene. Il ponte unanonima ed insignificante striscia di pietra, senza uno straccio di indicazione. Forse siamo troppo stanchi per vederla. Ma anche senza le segnalazioni, ce labbiamo fatta a raggiungere la Finlandia. I nostri euro, a lungo nascosti nella parte pi remota del portafogli, hanno finalmente riacquistato valore. Il bus per Kemi parte tra pochi minuti e dobbiamo sbrigarci a prenderlo: come di consueto, lo raggiungiamo all'ultimo secondo. Un altro colpo di fortuna sfacciata. Sembra che le cose abbiano ripreso a girare per il verso giusto. Sullautomezzo vediamo subito persone di fattura diversa da com'eravamo abituati a vedere solo qualche ora prima: i finlandesi, cos bianchi di pelle e platinati di capelli, sono inconfondibili. Anche la loro lingua un idioma a s, non cos influenzato dallinglese come lo sono il norvegese e lo svedese. L'autista cambia i soldi ai viaggiatori usando una macchinetta ingegnosa: basta schiacciare dei pulsanti, ognuno abbinato ad un differente calibro, per trovarsi direttamente in mano le monete del giusto valore. Tutte piccole migliorie che aiutano a semplificare la vita. Il viaggio per Kemi dura solo un'ora, ma non mancano le sorprese. Ci accorgiamo presto che la guida in Finlandia segue regole diverse dalle nostre. In pratica non esistono gli incroci con lo stop, e chi arriva da destra ha sempre e comunque la precedenza, anche se proviene da una strada secondaria. Per un turista automunito, senza unadeguata preparazione, gli incidenti sono quasi assicurati. Fortunatamente, viaggiando in treno non si hanno problemi di questo genere. Le rotaie sono molto meno interpretabili e pi sicure rispetto alle strisce dasfalto. Kemi solo una breve tappa di passaggio, necessaria per arrivare a Kuopio, nel cuore della Finlandia. Tutto ci che facciamo qui camminare per chilometri prima di trovare un supermercato in cui
76

rifornirci di cibarie. Ci sono negozi di ogni tipo in tutta la citt, ma stranamente gli alimentari scarseggiano. I finlandesi non mangiano? Scovato allultimo un supermercato, ci riforniamo e saliamo sul treno per Kuopio. Finalmente ci possiamo rilassare, avendo davanti una sferragliata di diverse ore senza soste n cambi. Foreste Il paesaggio finlandese quanto di pi monotono mi sia capitato di vedere in vita mia. Foreste di abeti rossi e betulle, e null'altro. Le distese di alberi sono cos sterminate da sembrare infinite. Per ore e ore mai un cambiamento. Il legname di questi alberi adatto per produrre fogli di carta e per costruire mobili e abitazioni, ma la coltura intensiva dei medesimi rappresenta un pericolo per l'ambiente: coltivare sempre e solo una o due specie d'alberi porta a sconvolgimenti dell'ecosistema, che ha bisogno di biodiversit per garantirsi la sopravvivenza. Le industrie cartiere finlandesi inquinano i fiumi e i 188.000 laghi della nazione, rendendoli tra i pi sporchi dell'intera Europa nonostante la loro apparente purezza. Forniscono pur sempre lavoro ad unenorme parte della popolazione finlandese, e non potrebbe essere altrimenti, dato che i tre quarti della Finlandia sono coperti da boschi. La situazione crea un dilemma: come fare per continuare a produrre e sostentare adeguatamente gli abitanti, ma senza danneggiare lambiente? Per ora, della questione ambientale vediamo solo il risvolto paesaggistico, cio un tedio unico. Una noia strana, a met tra lammirato e lapatico. Vedere i boschi finlandesi potrebbe far sorgere qualche dubbio sulleffettiva entit della deforestazione mondiale. Solo rarissimamente le foreste si aprono per lasciare spazio a qualche pianura, oppure a quattro timorose case raggruppate assieme per non farsi inghiottire dalla selva, oppure ad un'industria di legname o una cartiera. Cosa succederebbe se il treno si guastasse in mezzo a queste sconfinate distese di niente? Sicuramente i soccorsi sarebbero ben organizzati, ma non sarebbe comunque una bella cosa. In qualche modo passa anche questestenuante viaggio e giungiamo alla stazione di Kuopio. di nuovo il momento di drizzare le antenne e darci da fare per trovare l'ostello, situato in cima ad una collina raggiungibile solo a piedi. Abbiamo davanti due chilometri di
77

salita, di cui uno e mezzo decisamente ripido, che sembra non finire mai. Per di pi, una densa nebbia rende impossibile capire quanta strada ci rimanga effettivamente da percorrere. Gli zaini pesanti ci costringono a fermarci spesso, per riportare i battiti del nostro cuore alla normalit e lasciar smaltire l'acido lattico agli affaticati muscoli delle gambe. Ogni volta che pensiamo che la curva che abbiamo davanti sia l'ultima, scopriamo che c' ancora un po di strada da fare. Non pensavo davvero che due chilometri potessero essere cos lunghi! Oltretutto, la reception presto chiuder e non possiamo prendercela tanto comoda, o rischiamo di rimanere fuori! Pezzati di sudore da capo a piedi, con la gola riarsa, finalmente arriviamo in cima, circa venti minuti prima dellorario di chiusura. Riceviamo le chiavi ed immediatamente puntiamo verso la camera, ma la dannata porta non si apre. La chiave si incastra nella toppa, non gira. Ormai siamo ad un passo dalla salvezza, ma dobbiamo nostro malgrado tornare indietro a chiedere un passepartout per entrare. Lidea ci riempie di indolenza, ma sembra che non ci sia alternativa: la porta non ne vuole proprio sapere di aprirsi. Con un gesto di rabbia, giro la chiave pi violentemente, e come per magia la serratura finalmente scatta e la porta si apre, permettendoci di posare a terra i maledetti zaini. Sorpresa: la camera una doppia, con tanto di bagno e doccia incorporati. Una bella lavata proprio quello che ci vuole per far scivolare via la stanchezza e il sudore, che ormai non sopportiamo pi. Dopo la doccia ci sentiamo meravigliosamente bene e mangiamo con notevole appetito le vivande procurateci al supermercato, facendo il bis pi volte. Non c pi traccia del malessere di stamattina. Linaugurazione della scatoletta di tonno, priva d'apertura a strappo, tragicomica. Il coltello non riesce a penetrare il metallo, e non ci riesce nemmeno la lama del coltellino svizzero. Il tonno ormai ci d la nausea, ma se vogliamo stare in piedi dobbiamo mangiarlo. Non sappiamo pi come fare per aprire la scatola, ma infine ci riusciamo grazie alle forbicine per le unghie (lavate prima!). Dopo aver riempito gli stomaci, ci addormentiamo quasi subito, senza nemmeno aspettare la canonica mezzora per la digestione. Domani ci aspetta Jtknkmpp, la sauna pi grande del mondo. Dove poteva essere, se non in Finlandia, patria che ha dato i natali a
78

questa pratica? La cosa divertente che potremo visitarla grazie allennesima coincidenza fortunata: la sauna aperta solo due giorni alla settimana, marted e venerd. Casualmente, domani sar proprio marted. Non avendo programmato assolutamente niente, direi che un ottimo risultato. Kuopio Unottima dormita ci rigenera nel corpo e nello spirito. La colazione a buffet inclusa nel prezzo, perci ci alziamo di buon'ora per approfittarne, prima che il grosso delle vivande venga saccheggiato impunemente dagli altri affamati clienti. C' veramente di tutto: approfittiamo in modo indegno, mangiando da scoppiare. Finalmente una colazione decente e sostanziosa, dopo giorni a mangiare schifezze. Usciamo con la pancia piena e il sorriso stampato sul volto, prepariamo velocemente i nostri pratici zainetti per uscire e saliamo sulla grossa torre panoramica, situata a poche decine di metri dall'ostello. Ieri sera nemmeno labbiamo vista, tanto era nascosta dalla fitta nebbia. La vista dalla cima ottima: i famosi laghi finlandesi appaiono ora nell'insieme, tutti vicini gli uni agli altri, con qualche sperduta conifera che cresce negli isolotti al centro di alcuni di essi. Nella zona di Kuopio i laghi sono molto numerosi. In tanti hanno descritto la vista che si ha dalla torre come la migliore possibile per avere un quadro d'insieme della Finlandia. Foreste e laghi, che dinverno si trasformano in uniformi distese di neve e ghiaccio. E non dimentichiamo che c una sauna ogni otto abitanti. La sauna apre alle cinque di pomeriggio, perci visitiamo prima il centro di Kuopio, molto animato. La piazza del mercato centrale un fermento di bancarelle che vendono di tutto, dai ribes alle magliette, fino alle coloratissime matrioske. Il mercato coperto, chiamato Kauppahalli, ancora pi ricco di prodotti, specialmente culinari. Sono irresistibilmente attratto da una barretta di cioccolato al mirtillo, divorata subito in un impeto di curiosit: squisita! Ovunque abbondano i negozi e i distributori automatici di caff, la bevanda preferita dai finlandesi: con un consumo medio di quattordici chilogrammi annuali, pari a circa nove tazze giornaliere, si collocano come i primi estimatori al mondo di questa bevanda. Sono molto divertenti le tradizioni nordiche: quando si viene
79

invitati a casa di qualcuno in Finlandia, il caff va rifiutato per tre volte, poi alla quarta offerta si dice Va bene, solo mezza tazza, e poi si finisce con il berne cinque o sei. Dopo il mercato, cerchiamo un posto dove riposarci e troviamo un parco che contiene al suo interno un inquietante cimitero militare. Ogni lastra di pietra levigata reca incisi nomi e cognomi degli sventurati, ma c anche qualche tomba anonima. Ognuna ha il suo mazzo di vistosi fiori rossi, a perenne ricordo di una morte assurda ed insensata. Un cimitero militare la lampante dimostrazione che qualcosa in questo mondo davvero malato. Quando siamo stanchi di osservare il triste monumento e di farci assalire dalle vespe che hanno ricominciato a tormentarci, coadiuvate da fastidiosissimi moschini, ci dirigiamo verso la sauna. Jtknkmpp L'autobus ci abbandona davanti ad un sentiero sterrato, che si inoltra nel bosco proprio di fianco ad un lago. Siamo molto curiosi di scoprire quant grande la sauna pi grande del mondo. Per me una cosa completamente nuova, sono un esordiente totale, e provarla per la prima volta proprio qui un'idea elettrizzante. Le temperature che si trovano in questi forni di calore variano dagli ottanta fino a quasi cento gradi. In questo caso si tratta di calore secco: questa, infatti, una savu-sauna, letteralmente sauna di fumo. La camera rovente viene scaldata ventiquattrore prima dell'uso, tempo necessario per raggiungere la temperatura giusta, mentre il calore prodotto dalla combustione della legna e non dal vapore acqueo. Nelle saune a vapore tradizionali, esso si forma gettando acqua sulle pietre roventi. Gli esperti, tuttavia, assicurano che la sauna pi potente proprio quella secca. Dopo una serie di bivi, in mezzo a foreste popolate da libellule e altri insetti enormi, appare questa costruzione di legno, delle dimensioni di un cottage estivo medio. immediatamente adiacente al lago, e permette dei veloci tuffi ai temerari che volessero provarli. I finlandesi si buttano in acqua anche in inverno, rompendo il ghiaccio che si forma sulla superficie del lago, per non perdersi nemmeno una possibilit di dare un po di salutare shock termico al loro corpo. La sauna l'elemento caratterizzante la cultura finlandese, ed usata per curare o alleviare i sintomi di qualsiasi
80

malattia o malessere, dalla pi banale alla pi grave. Vicino al cottage c un ristorante che serve cibo solo in corrispondenza dell'apertura della sauna, e poco distante fa la sua bella figura la capanna dei taglialegna. Periodicamente, essi danno una dimostrazione della loro abilit, sfasciando tronchi con maestria, come sanno fare i popoli che vivono di legname dai loro albori. L'atmosfera lacustre peculiare: i giunchi che spuntano ovunque dall'acqua ondeggiano leggermente con il vento, e lumidit richiama molti moschini, che per stranamente non sono molto aggressivi. Qualche tronco immerso per met nellacqua, abbandonato a marcire: forse non legno buono da lavorare. Alcuni rimasugli di legname stanno bruciando proprio di fronte all'acqua, producendo grandi sbuffi di fumo che il vento spinge nella nostra direzione, facendoci tossire a pi non posso. Siamo costretti a ripararci dietro gli edifici finch il fuoco non sar spento completamente. Le passerelle di legname in mezzo ai boschetti portano ad alcuni piccoli rifugi e capannine, nei quali certamente non si pu abitare, ma che come al solito destano unattenzione particolare per i loro ambienti rustici e antichi. La capacit teorica del locale sauna di sessanta posti, che possono arrivare anche a centotrenta se si includono i posti in piedi. La gente inizia ad arrivare a frotte ed meglio spicciarci ad entrare, prima di rimanere in piedi. Il gentilissimo e sorridente gestore, dagli enormi occhi azzurri, ci ricorda che possiamo usare la carta studenti, casomai ne avessimo una, per ottenere uno sconto sul biglietto. Onesto da parte sua: avrebbe potuto tranquillamente tacere e incassare di pi. Dopo aver depositato gli zainetti, entriamo in una stanza dove diversi uomini nudi o quasi si stanno asciugando e rivestendo senza fretta. Inizialmente credo che quella stanza sia gi la sauna, sentendo un gran calore umidiccio, ma qualcosa mi dice che mi sbaglio. Rimaniamo in costume, anche se i finlandesi non ne vedono di buon occhio l'utilizzo, poich il calore intenso potrebbe degradarlo liberando molecole tossiche, oltre ad impedire ai tessuti sottostanti di traspirare normalmente. Nel dubbio, chiediamo espressamente al gestore se si possa tenere il costume addosso, e ci risponde affermativamente, quindi non ci facciamo pi troppe domande. Una volta pronti e muniti di due asciugamani, entriamo in un locale un po pi caldo, con numerose docce a muro. Nemmeno questa la sauna! Vedo una porta sul lato aprirsi, e
81

qualcuno entrarvi coperto solo da un asciugamano legato attorno alla vita. La camera del calore devessere per forza quella. Non ho idea di cosa mi stia aspettando in quella fornace, perci entro con decisione. Non appena mi rendo conto della temperatura interna, rimango scioccato. L'ambiente incandescente, quasi insopportabile: il muro di calore mi investe in pieno e sento quasi subito i battiti del cuore accelerare convulsamente. Anche il mio compare non se la passa molto meglio. Ci sediamo su una delle panche di legno, muovendoci lentamente per non peggiorare le cose. Evitiamo accuratamente le zone sopraelevate, ricordandoci che il calore tende a salire verso l'alto. Dopo nemmeno una ventina di secondi, sento gi la pelle, che fino ad un attimo fa era asciutta, riempirsi di sudore ovunque: nei capelli, tra le dita, sulla pancia, sui polpacci. Una sudata generalizzata. una sensazione mai provata prima e credo di sentirmi male, ma solo l'emozione. In men che non si dica, stiamo tutti e due letteralmente nuotando nel nostro sudore. Respiriamo mano a mano sempre pi normalmente, grazie alla natura secca del calore, che non opprime i polmoni. Le dimensioni della stanza non superano i cinque metri di lato per due metri abbondanti d'altezza: alla faccia della grandezza! Ma non c trucco: le saune che si trovano nelle case private sono grandi pi o meno come unutilitaria. I finlandesi usano i mestoli per prelevare l'acqua bollente da alcune ciotole metalliche, e poi la lanciano sul braciere, producendo getti di vapore. Nonostante la sauna sia secca, il lancio dellacqua c lo stesso. Dopo nemmeno cinque minuti, la temperatura e le condizioni della nostra pelle diventano insopportabili: dobbiamo uscire da questaltoforno che ci sta consumando. Traballando sulle gambe, varchiamo la porta dalla camera infuocata, e appena fuori dalla porta il sollievo quasi immediato. Tuttavia, non osiamo fare subito il tuffo nel lago, preferendo come prima volta una "semplice" doccia gelata. In qualsiasi altro momento, una cascata d'acqua fredda ci bloccherebbe il respiro istantaneamente, ma adesso alquanto rigenerante: il getto dacqua, sulla pelle caldissima, sembra quasi tiepido. Dopo un paio di minuti di doccia, gradualmente spostata su temperature pi canoniche, rientriamo nella camera ardente (si fa per dire). Lesperienza assolutamente da rifare! Il ritorno nel
82

braciere meno traumatico adesso che la nostra pelle pi umida, poich l'acqua che ci rimasta addosso a evaporare per prima, tenendoci un po pi freschi. Rimaniamo dentro unaltra decina di minuti, non pi con la lingua impastata dallo shock termico e dall'arsura. Ora riusciamo a conversare quasi normalmente, anche se non c' molto da dire. Preferiamo concentrarci sulle sensazioni fisiche. Questa volta per dobbiamo assolutamente provare a tuffarci nel lago. Appena usciti, puntiamo subito verso la passerella di legno. Avvertendo a malapena il vento, camminiamo velocemente verso il molo. Davide si tuffa a peso morto, con una spanciata solenne. Il tempo di rendersi conto della temperatura dellacqua, e subito strabuzza gli occhi, terrorizzato, uscendo il pi velocemente possibile. Lacqua deve essere proprio fredda! Ora tocca a me. Non sapendo nuotare, mi tocca immergermi gradualmente, scendendo i gradini al limite del ponticello. Arrivo con lacqua alla gola, ed un altro shock. Nonostante tutto il calore assorbito, lacqua freddissima. Mai e poi mai mi sarei buttato nel lago cos, prima di entrare nella sauna! Uscendo dall'acqua ci copriamo lo stomaco con l'asciugamano, per evitare una congestione, e ricominciamo da capo. Lebbrezza della sauna ci ha preso, e rifacciamo lintero ciclo altre cinque volte. come una droga, invita a farne sempre di pi. Dopo un certo tempo, tuttavia, avvertiamo un po di stanchezza per via di tutto questo strapazzamento. I polpastrelli delle dita si sono raggrinziti, completamente macerati nell'acqua e nel sudore. Decidiamo quindi che ne abbiamo abbastanza e ci facciamo un'ultima doccia ripulitrice prima di andarcene. Dieci minuti dopo, siamo di nuovo vestiti e privi di qualsiasi stanchezza o malessere fisico. I benefici della sauna sono davvero consistenti, ci si sente rinnovati. Per coronare al meglio la giornata, ci concediamo un bel boccale di birra, comodamente seduti sulle panchine esterne. Guardando la gente in costume che si tuffa nel lago, senza essere pi parte di loro, ci torna in mente quello che pensavamo fino ad unora prima: sono pazzi ad andare in giro nudi con questo freddo! Lasciamo il luogo dopo aver assistito alla divertente performance di un pescatore, che arriva e svuota rumorosamente degli interi torrenti d'acqua dai suoi stivali, tra le risate generali.

83

Verso Helsinki Sono io il primo ad alzarsi dal letto stamattina, anticipando di soli due minuti il suono della sveglia. Ormai ho sviluppato una sorta di orologio biologico tarato sulle frequenze del viaggio, che mi fa spesso ridestare all'ora giusta senza quasi bisogno di puntare alcuna sveglia. Ci concediamo una velocissima colazione, ancora una volta gratuita, poi riprendiamo sulle spalle gli zaini, sempre pi carichi di biglietti timbrati e scontrini dei negozi, accuratamente conservati per non perdere nemmeno un pezzettino di ricordi. Scendiamo per l'ultima volta dalla collina, con il peso degli zaini che involontariamente ci fa accelerare sempre di pi landatura, costringendoci a rallentare volontariamente per non sfracellarci gli alluci dentro le scarpe. Sono fermamente intenzionato a tentare l'autostop con la prima automobile di passaggio, ma transitano solo poche automobili e tutte vanno in direzione contraria, cos ci tocca anche stavolta percorrere tutta la strada a piedi. Sul treno ci toccano i posti adiacenti all'area attrezzata per i bambini, dai piccoli ai piccolissimi. Risultato: cinque ore di viaggio tra urla, risatine, pianti inconsolabili, versi e sbrodolii, madri disperate che non sanno pi come far stare zitti i loro pargoli, e ovviamente noi due che dobbiamo sopportare tutto. Non scendiamo direttamente alla stazione centrale di Helsinki, bens alla fermata precedente: il nostro albergo, un po fuori zona, si trova proprio in corrispondenza della penultima sosta. Nella stazione in cui arriviamo ci sono indicazioni per ogni luogo, meno che per dove dobbiamo andare noi, e come se non bastasse i bigliettai affermano (in inglese) di non sapere linglese. Dopo qualche insistenza, otteniamo almeno un qualche genere di indicazione per lalbergo. Ci incamminiamo in quella direzione, finendo in uno strano quartiere, composto da sopraelevazioni di cemento intervallate a sprazzi di verde. Dopo un po di peregrinazioni, giungiamo al nostro mastodontico residence, situato in una zona decisamente periferica ma non per questo degradata. Lalbergo unoasi nel deserto, se confrontato agli ostelli in cui siamo abituati ad alloggiare: lussuoso, pulitissimo, decorato in ogni modo possibile. E dire che il pi economico della zona. Veniamo trattati con gentilezza estrema dalla bionda receptionist, che ci illustra ogni singolo dettaglio di funzionamento dellhotel.
84

La nostra camera, all'ottavo piano, stratosferica. Tanto per dare unidea, munita di comodit esagerate come lo stirapantaloni (!), un intero servizio di bicchieri, frigobar, ferro e asse da stiro, una presa allungabile per il modem, asciugacapelli, luci che si accendono e si spengono automaticamente inserendo la carta magnetica nella fessura, e dulcis in fundo un televisore che visualizza il messaggio di benvenuto "Welcome, Dear Mr Davide". Noi volevamo solamente un posto a buon mercato dove dormire, ma se per una volta possiamo godere di qualche comodit in pi, tanto meglio. Non ci offendiamo. Helsinki La capitale della Finlandia una citt famosa per le sue molteplici influenze culturali e la sua variegatezza. Qui si parlano indifferentemente due lingue ufficiali, il finlandese e lo svedese, e si notano chiaramente anche le influenze russe, data la vicinanza col territorio sovietico e la lunga storia di conflitti e collaborazioni che accomuna le due nazioni. Per le strade c gente di ogni nazionalit ed appaiono edifici di ogni tipo di architettura. Il sistema di trasporti pubblici e di regolamentazione del traffico ottimo. Helsinki l'unica citt finlandese dotata di metropolitane e tram. La nostra prima tappa il Kauppatori, vale a dire il mercato del pesce allaperto. Passiamo davanti alle sue bancarelle arancione, ma senza fermarci. Lo visiteremo bene in seguito: ora meglio cercare il Duomo di Helsinki, prima che chiuda. Si trova in piazza del Senato ed accoppiato alla statua equestre di Alessandro II di Russia, che si staglia fieramente in mezzo alla piazza. La chiesa sopraelevata e domina tutta la citt con linterminabile scalinata, l'enorme cupola centrale e le pareti bianchissime sia all'esterno che all'interno, cos perfettamente levigate e candide da sembrare di ghiaccio. la prima chiesa totalmente priva di affreschi che vedo. La zona invasa dai visitatori, italiani in primis, perci ci spostiamo presto in un'altra area pi tranquilla per ammirare una vera e propria meraviglia d'architettura e gusto artistico: l'Uspenskin Katedraali, chiesa ortodossa dall'inconfondibile stile russo. Ha le murate rossastre e le classicissime cupole d'oro a cipolla. Due di esse sono appena state restaurate e brillano molto pi delle altre. magnifica all'esterno, ma soprattutto all'interno: riusciamo ad entrare per
85

miracolo, giusto un minuto prima della chiusura. Abbiamo fatto bene a sbrigarci subito. Ammiriamo tutti i quadri che tappezzano la parete, anch'essi riccamente decorati e dorati, e finiamo con uno sguardo fugace rivolto all'altissima cupola, in parte coperta da uno sfarzosissimo lampadario dalle mille candele. Riprendendo a girare per le vie del centro, mi viene l'idea di comprarci qualcosa d'alcolico, per festeggiare degnamente almeno una serata. L'idea subito accolta, ma dobbiamo stare attenti a come fare. Anche in Finlandia, infatti, gli alcolici non sono ben visti dalle autorit statali e si vendono solo in appositi negozi, nonostante ci non riduca di molto il problema dellalcolismo. Veniamo a conoscenza di un negozio d'alcolici non molto lontano da dove ci troviamo, e lo puntiamo speditamente. L'et necessaria labbiamo superata, dunque non ci sono problemi. Nel negozio sono probabilmente presenti tutti i tipi d'alcolici esistenti al mondo. I vini provengono da ogni angolo del pianeta, e ovviamente i vini italiani rappresentano una fetta consistente del totale. Individuo quasi subito una solitaria bottiglia di vermouth rosso a buon mercato, appoggiata su un angolino di uno scaffale e coperta da un velo di polvere, come a testimoniare il tempo che ha passato l senza che nessuno la prendesse in considerazione. Insisto per comprarla, snobbando il blasonato ma costosissimo Martini, che campeggia in bella vista poco pi sopra, perfettamente pulito. La scelta compiuta: limpolverato ma onesto vermouth sar il nostro festeggiamento della serata. Sotto la pioggia che inizia a cadere leggera, arriviamo ad un'imponente chiesa di stampo tedesco, purtroppo chiusa. E' un vizio dei nordici quello di aprire le chiese solo per pochissime ore al giorno. Un po scornati, proseguiamo e arriviamo ad un'altra chiesa, stavolta dedicata a San Giovanni: ricorda un po Notre Dame di Parigi per le sue due torri identiche sulla parte frontale, anche se queste sono molto pi alte di quelle della cugina francese. Ma non finita: c un'altra chiesetta luterana dall'altra parte della citt, con la particolarit di essere completamente incastonata nella roccia. Dopo una lunghissima camminata per raggiungerla, fortunatamente la troviamo ancora aperta. La roccia forma un cerchio tutto attorno alle panche e all'altare, e il consueto organo incastrato in un'altura sulla sinistra. Il tetto ramato sostenuto da fitti piloni d'acciaio
86

lungo tutta la circonferenza, con un sorprendente effetto di contrasto tra l'antico e il moderno. Il sacerdote, con il suo lungo abito talare verde, sta celebrando messa ad un discreto numero di persone. Ascoltiamo per un po il prete finlandese mentre declama i passi del Vangelo nella sua lingua cos incomprensibile, poi ritorniamo sui nostri passi fino allalbergo. Dopo tanti monumenti sacri, escogitiamo ogni sistema possibile per rendere speciale la profana serata in albergo. In un lampo di genio cerchiamo di connettere il lettore Mp3 alla televisione, sperando nella loro compatibilit, ma purtroppo le prese non combaciano. Ripieghiamo mettendo gli auricolari a volume massimo ed incollandoli con lo scotch agli angoli della televisione, rivolti verso di noi e verso l'alto. Apriamo la bottiglia soddisfatti, vuotandola lentamente bicchierino dopo bicchierino, in allegria. Dopo numerosi bis, non mancano le scene divertenti: ad un certo punto Davide fa una capriola sul letto e io gli intimo di smetterla di fare quei "trabaglioni", parola completamente senza senso. Ancora oggi non so assolutamente cosa avessi voluto dire. Unaltra cosa esilarante il mio tentativo di versare altro vermouth nel bicchiere, inclinando sempre di pi la bottiglia fino quasi a metterla in verticale, col vino che non ne vuole sapere di uscire. Solo dopo parecchi secondi, mi accorgo che non ho tolto il tappo. Dopo qualche discorso inconcludente, ci addormentiamo entrambi, cotti dalletanolo. Io crollo per primo, mentre Davide mi segue a ruota dopo pochi minuti, addormentandosi con la pancia scoperta. Alle quattro di mattina, la vescica troppo tesa lo costringe a svegliarsi e ad accorgersi non solo di aver preso freddo per ore, ma anche di aver lasciato tutte le luci accese. Un po rimbambiti ed assonnati, con la schiena indolenzita dai morbidissimi letti d'albergo, ritardiamo la colazione per riprenderci un po dagli effetti dellalcool. Approfittiamo comunque di quanto ci viene offerto dal generoso buffet: ci sono perfino le uova e il bacon per qualche eventuale inglese in vacanza, cibarie che ovviamente rifuggiamo con tutte le nostre forze. Tornati a Helsinki con il solito treno, la prima attrazione della giornata il museo d'arte moderna. Dentro non c' granch: i soliti panni sporchi stesi e venduti come opere d'arte, forme bizzarre o quadri monocromatici, lattine di colore tremendamente arrugginite ed ammassate tutte assieme a simboleggiare non si sa cosa. Alcune opere sono per
87

affascinanti e a volte inquietanti. Una su tutte, il video di un gruppo di bambini, probabilmente in qualche zona dell'Est europeo devastata dalla guerra, che prendono letteralmente a mazzate una vecchia automobile, trasformata in giocattolo da sfascio in mezzo alla strada. I genitori assistono a met tra il divertito e l'indifferente, fino all'arrivo della polizia che mette fine al gioco. Decisamente pi ricco ed interessante il secondo museo, dedicato alla storia di Helsinki e della Finlandia in generale. Si va dalla preistoria fino ai giorni nostri: dai chopper scheggiati alle sfavillanti cotte di maglia medioevali, fino alle coloratissime e ormai dismesse markke finlandesi, la valuta abbandonata da qualche anno in favore dell'euro. Terminata la lunghissima visita, puntiamo il mercato del pesce che ieri abbiamo saltato. Affacciato direttamente sul Golfo di Finlandia, il vero centro nevralgico della citt. Nelle vicinanze si trovano quasi tutti gli attracchi per i battelli che visitano le isolette circostanti, molto numerose e ricche di interessanti attrazioni turistiche. Una pista ciclabile attraversa completamente il mercato, e nelle intersezioni ci sono i soliti piccoli semafori. C perfino un cartello di pericolo, che invita i ciclisti a stare attenti a non scontrarsi con altre biciclette. Nelle bancarelle si vende ogni tipo di cibaria e souvenir, tra cui gli ottimi kalakukko, squisiti panini di segale imbottiti di salmone e verdure miste, da servire caldi o freddi a seconda dei gusti del consumatore. Dopo aver consumato numerosi pranzi e cene in posti scalcagnati, ci rappresenta un piacevole diversivo. Terminata la parentesi cibarie, ci prepariamo per la visita alla storica isola di Suomenlinna. Sottomarino Suomenlinna un arcipelago di sei isolette, protetto dall'Unesco ed inserito nei Patrimoni dell'umanit. Sullisola principale c' un vento freddo e un'aria di pioggia che si sta inesorabilmente preparando a cadere. Camminando lungo le strade ghiaiose e ciottolate, circondate da mura, si respira l'atmosfera delle guerre del Settecento, quando la Svezia, onde evitare di subire l'ondata dell'espansionismo russo, mise in mezzo la Finlandia a fare da scudo, fortificando l'isola. I bastioni sono ormai ricoperti in gran parte derba, che la ripara quasi completamente dagli sguardi
88

provenienti dal cielo, rendendo la fortezza quasi indistinguibile dalla vegetazione. Al centro svetta fiera ed altissima la bandiera finlandese, come a simboleggiare leterna indipendenza rivendicata da questa piccola e coraggiosa nazione. L'attrazione pi interessante per il vecchio sottomarino, l'unico rimasto della flotta finlandese dai tempi della guerra. Esternamente verniciato di rosso e bianco, ma i colori sono notevolmente sbiaditi dopo anni di servizio sottacqua. Lo scafo completamente emerso ed incastrato in modo apparentemente precario su alcuni scogli costieri, che reggono in pochi punti quasi tutto il peso. Con due euro ci guadagniamo lentrata in questo claustrofobico relitto, che ai tempi scendeva chilometri sottacqua, tra la paura dei marinai che potevano da un momento allaltro vedere quellangusto barattolo di lamiera riempirsi dacqua e fiamme a causa di una silurata. Linterno stupefacente: la poca luce artificiale non permette di vedere nel dettaglio tutti i particolari, ma ci che si vede gi sufficiente per capire di trovarsi in un miracolo d'ingegneria. Ogni centimetro quadrato di parete percorso da tubi d'acciaio e manometri pressori che si intersecano in un labirinto inconcepibile. Il passaggio centrale cos stretto da far fatica a muoversi, nonostante siamo praticamente gli unici visitatori del momento e superiamo di poco i cento chili in due. Unestremit ospita i vecchi siluri. I marinai non potevano vedere le bombe nemiche, che puntavano spedite contro il loro sottomarino: potevano solo sentirne i boati, sperando di essere stati mancati. Le cuccette dei marinai, ormai senza materassi n coperte, sono anchesse terribilmente anguste. Non c nemmeno lo spazio per girarsi, sono di una scomodit unica. Ringrazio chi di dovere di non essere nato in quegli anni di insensata e sanguinosa guerra. Doppio arcobaleno Usciamo con molta difficolt dal portellone posteriore, aperto solo a met e quasi inamovibile. Non appena fuori, ci troviamo sotto una pioggia intermittente ed estremamente fastidiosa, peggiorata dal vento che la fa scorrere praticamente di lato. Il battello senza tetto ci riporta indietro verso la terraferma, mentre fortunatamente spunta un accenno di sole. Durante la traversata non possiamo fare a meno di notare alcune isolette di pochissimi metri quadrati con
89

una sola casetta al centro, tutte munite del proprio personale attracco per le barche. Chi mai vivr in quei fazzoletti di terra in mezzo al mare, che sembrano quasi le microscopiche isole con l'unica palma da cocco centrale, tipicamente associate ai naufraghi? Mentre ci immaginiamo le possibili risposte, attracchiamo e ricominciamo i nostri giri, trovandoci di fronte ad un fenomeno eccezionale: un doppio arcobaleno sullo sfondo della chiesa ortodossa. La prima delle due strisce di luce colorata prepotentemente visibile, la seconda tenue e appena accennata. Entrambi gli arcobaleni formano un arco sopra le bellissime guglie d'oro. Piove con il sole che splende, un momento davvero particolare. Approfittiamo della schiarita per riposarci un po, seduti di fronte al porto. Osserviamo attentamente le navi attraccate con i ristoranti all'aperto sui ponti, le grosse gomene tutte avvolte attorno alle bitte per evitare che i battelli scappino via sospinti dalla continua brezza, e in lontananza le enormi navi da crociera, mosse da centinaia di resistenti motori diesel che le sospingono lungo i mari per giorni interi. Dopo una decina di minuti di rilassamento, ripassiamo nella piazza del Senato per raggiungere la stazione centrale, intercettando fugacemente un'esibizione di canto corale. In albergo troviamo un'altra sorpresa: i nostri vestiti, lasciati stropicciati ed ammassati irregolarmente sui letti sfatti, sono ora perfettamente stirati e piegati, appoggiati su lenzuola assolutamente prive della pi piccola grinza. Un servizio decisamente diverso a quello a cui siamo abituati da qualche settimana, e che rischia di viziarci un po troppo. Un bel bagno nella spaziosa vasca per eliminare la sporcizia e la stanchezza residua, e poi subito tra le braccia di Morfeo, preparandoci all'ultimo giorno nella capitale. Solo non si vedono i due liocorni Stamattina la sveglia suona un po pi tardi. I dolori al rachide, dovuti all'eccessiva morbidezza dei materassi, sono ancora presenti. Stamattina ci concediamo una pantagruelica colazione, e torniamo a riempire il piatto pi e pi volte con qualsiasi cibaria presente sui tavoli. Il caff viene erogato dalle macchinette in quantit esagerata: qui la porzione per una persona lequivalente di una moka da tre! Ne butto via gran parte per poterlo diluire, e la cameriera si stupisce
90

del mio gesto. Sembra che non riesca a credere che si possa buttare via del caff, ma mi lascia fare senza obiettare. Una volta rimpinzatici cos tanto da far fatica ad alzarci dalla sedia, barcolliamo lentamente verso la camera per recuperare tutto il necessario per la giornata. Questa mattinata la passeremo allo zoo, su un'altra isoletta vicina a Suomenlinna. Un timido scoiattolo, che corre qua e l velocissimo in preda all'agitazione, ci d il benvenuto sulla stradina che conduce alle gabbie dei grandi felini. Il leone in siesta pomeridiana, cos come la tigre, pesantemente assonnata. I ghepardi sono un po pi attivi, ma si muovono in modo artefatto, ripetendo gli stessi movimenti ossessivamente. Probabilmente sono molto sofferenti per la loro condizione di prigionia. Un simpatico gatto selvatico sta dormendo, appollaiato in cima ad un albero, con l'espressione beata che hanno tutti i gatti che dormono. Ce n' per tutti i gusti. Alci dalle ramificate corna, cammelli dal morso veloce e dallo sputo facile, gazzelle costrette in poche decine di metri quadri di spazio, canguri dalle cortissime zampette anteriori e dalla buffa andatura saltellante. Gli em, grossi uccelli molto simili agli struzzi ma dal piumaggio molto pi scuro, ci guardano con un'espressione bellicosa e non ci invitano a fermarci a lungo dinanzi ad essi. I vanitosi pavoni, in stato di sorprendente semilibert, non si degnano di mostrare la variopinta ruota, riservata unicamente ad impressionare gli esemplari femminili. Gli scortesi lama, notoriamente di carattere difficile, scappano non appena ci vedono arrivare. Gli enormi bisonti, dal peso che pu raggiungere la tonnellata, sono intenti a masticare la loro paglia. Particolarmente divertente il branco di babbuini, dal sedere rosso e prominente, estremamente agili nell'arrampicarsi su qualsiasi appiglio trovino. Il loro urlo lancinante, e a volte iniziano tutti insieme a gridare senza alcun apparente motivo, fracassandoci i timpani. Uno degli animali si porta dietro un pezzo di legno per minuti e minuti, credendo di aver trovato un tesoro, per poi lanciarlo a terra spezzandolo. Rimaniamo a guardarli per diverso tempo, fino a quando la porticina metallica sul retro si apre, permettendo ai babbuini di entrare nella giungla artificiale. L amano darsi la caccia, gridando come ossessi e rotolando sulle reti appositamente studiate per le loro acrobazie. All'interno degli altri edifici troviamo gli animali amazzonici e africani. impossibile rimanere indifferenti di fronte
91

agli orribili scarabei, ammassati a centinaia e grossi come una noce. Farebbero scappare terrorizzato anche il pi coraggioso ed armato degli esploratori. Lancestrale terrore degli insetti qualcosa di difficilmente eliminabile. Non sono meno impressionanti i serpenti boa, in grado di stritolare un uomo in pochi secondi, anche se dietro i vetri sono inoffensivi e piuttosto pigri. Fanno loro bella figura anche gli innumerevoli animali marini, ragni, crostacei ed echinodermi, ma purtroppo non c' tempo per vederli tutti e dobbiamo rientrare sulla terraferma. Tra poche ore si parte per Stoccolma. Tutti in barca In cima alla passerella che conduce alla nave, un plotone di fotografi ci saluta, mostrando tutti e trentadue i denti. Impossibile rifiutare la foto, dato che hanno messo le macchine fotografiche in posizione strategica. Probabilmente tutto ci serve per avere un qualcosa di identificativo, nel caso che qualcuno si perda o abbia dei problemi di qualche genere sulla nave. Due pagliacci e un trampoliere, vestiti nei modi pi strani, ci accolgono calorosamente. Finalmente riusciamo ad accedere al settimo piano, quello dell'imbarco. Linterno della nave stupefacente: vi sono centri commerciali mastodontici, l'insegna di un casin in fondo al corridoio, numerosi ascensori con le pareti trasparenti. Mentre camminiamo, un mimo luccicante e truccato intercetta la camminata di Davide, piazzandosi dietro di lui e seguendo ogni suo movimento in modo insistente ed irritante. Il nostro eroe fa finta di niente, sperando che il buffo personaggio molli la presa, ma non sembra proprio che se ne voglia andare. Alla fine, per, riesce a liberarsene, simulando un impatto contro una ringhiera e piegandosi in due: il mimo, per seguire quella posizione, creerebbe una situazione imbarazzante Congratulandosi per la trovata, lamico pagliaccio finalmente lo lascia in pace e va ad importunare qualcun altro. La nostra cabina si trova in fondo ad un dedalo inestricabile di corridoi tutti uguali, nei quali si rischia seriamente di perdersi, ma il nostro senso dellorientamento sufficiente per trovare in fretta la cabina. Alloggiamo in un buco claustrofobico, ovviamente senza finestre, con due letti a castello e pochissimo spazio vitale. Dallalbergo dei sogni alla cabina degli orrori.
92

Un ragazzo australiano, dagli spiccati lineamenti orientali, entra con noi e rivela di essere il nostro compagno di stanza. molto discreto e si fa i fatti suoi, dunque non parliamo molto. Non rimaniamo a lungo in questo loculo: la nave troppo grande e piena di sorprese per non esplorarla da cima a fondo. Il settimo piano dotato di ogni comodit possibile e immaginabile: c perfino un negozio "tax free" in cui non si paga l'IVA sui prodotti, istituito apposta per i turisti. Tra la merce sugli scaffali spiccano bottiglie di vodka da due litri, pacchetti di caramelle da mezzo chilo l'uno, nonch terrificanti chupa chups giganti da 200 grammi. Praticamente delle clave. Sembra la fiera dellesagerazione: non esistono confezioni piccole o medie, ma solo enormi. Le sorprese non finiscono qui: sulla nave ci sono anche uffici di cambio soldi, negozi di vestiti d'alta moda, ristoranti costosissimi. Sembra di essere finiti su una crociera di lusso. Ad un certo punto notiamo una lunghissima bacheca, sulla quale sono appese tutte le foto che ci sono state fatte alla partenza. Dopo una breve ricerca, troviamo anche le nostre! Le preleviamo subito, senza chiederci se siano a pagamento o meno, vedendo che cos fan tutti. Al massimo ci arresteranno e finiremo i nostri giorni in galera, niente di grave. Il piatto forte, per, arriva soltanto la sera. Non possiamo certo perderci una serata al casin, che campeggia in bella vista in fondo al corridoio con la sua voluminosa insegna luccicante. Gioco dazzardo Il notevole fascino del gioco dazzardo rende molto difficile smettere di giocare una volta iniziato. Di venti centesimi in venti centesimi, ci promettiamo ogni volta un tetto massimo di spesa oltre il quale non andare, peccato solo che tale tetto venga ridefinito continuamente, schiacciato dall'eccitazione e dalla voglia di rischiare di pi. Ci rendiamo conto di quanto sia pericoloso lasciarsi tentare da questo tipo di giochi, se gi con pochi centesimi di euro difficile darsi un freno. Avendo conosciuto personalmente gente che si rovinata col gioco d'azzardo, l'effetto che mi fa ancora pi forte. Dall'altra parte della sala, due croupier stanno decidendo le sorti d'accaniti giocatori, in gran parte giapponesi, al black jack e alla roulette. Le loro dita sciolte manipolano abilmente le carte,
93

distribuite una alla volta e lentamente scoperte sotto gli occhi ansiosi di chi ha puntato. I soldi giocati vengono inghiottiti, talvolta per sempre, in apposite buche del tavolo verde. La pallina della roulette, lanciata in direzione contraria al senso di rotazione della medesima, decreter presto se i portafogli dei giocatori si alleggeriranno o si appesantiranno a fine serata, in un tiro della sorte completamente imprevedibile e per questo estremamente tentatore. Banconote da dieci, venti, cinquanta euro passano continuamente sotto il nostro naso fin nelle mani del croupier, dall'espressione di ghiaccio e completamente indifferente a tutto quel movimento di soldi e a quella febbre del gioco. Probabilmente per lui un lavoro come un altro, che non gli procura alcuna emozione. affascinante osservare queste scene di tensione silente, che talvolta esplode in contenuti gesti di stizza e di rammarico per le centinaia di euro appena buttate via, mentre altre volte scatena gioiosi abbracci per le cospicue vincite ottenute. Nessuno, purtroppo, sta giocando al poker con le vere carte. Assisteremmo volentieri ad una partita, ma non ci sogniamo certamente di proporci. Dopo un po torniamo ad aggirarci nei dintorni delle macchinette, in cerca davventura. Un videopoker rimasto vuoto attira la nostra attenzione, poich ha un bottone rosso ancora acceso. In tutti gli altri videopoker spento, cosa sar? Schiacciamo il pulsante, solo per curiosit, e magicamente scendono cinque monete da un euro. Ci guardiamo increduli: com' possibile che le abbiano lasciate l? Le ghermiamo, mettendole in tasca senza dare nell'occhio, e passiamo alla macchinetta successiva, anchessa munita di pulsante rosso illuminato. Altri tre euro guadagnati senza sforzo. Da questo momento in poi non facciamo altro che aggirarci come avvoltoi tra le slot machine, cercando qualche monetina dimenticata da puntare. Approfittiamo dellinsperata vincita per giocarcene una parte, stabilendo per un tetto massimo invalicabile da non superare per nessun motivo, e stavolta lo rispettiamo. Puntiamo quasi sempre venti centesimi, altre volte quaranta, perdiamo un po di soldi e poi ne riguadagniamo il triplo, per poi perderne il quadruplo, e cos via. Un'andatura altalenante, che ogni volta che sembra stia per finire in realt ricomincia in modo del tutto inaspettato, vincendo cinque volte tanto dopo che l'ultima monetina utile stata puntata.

94

Come prevedibile, in finale perdiamo tutto quello che abbiamo deciso di giocarci, ma riusciamo ancora a recuperare altri due o tre euro, lasciati da qualche distratto utente che si dimenticato di riprendersi i suoi spiccioli. Probabilmente gente abituata a puntare cinquanta, cento, duecento euro alla volta. Gente che non sta certo a contare le briciole, presa com dallinestinguibile febbre del gioco. La mezzanotte ormai passata da un po, e cominciano a vedersi le prime scene di ubriachezza: un finlandese piuttosto pingue, con i capelli biondi a spazzola, sta dormendo beatamente a sghimbescio sulla sedia, e il suo bicchiere di Bailey's ancora pieno fino all'orlo. Il suo amico sta tentando inutilmente di svegliarlo, battendo sempre pi forte il bicchiere sul tavolo, senza successo. Il ragazzone viene poi svegliato in qualche modo da altri finlandesi, che scuotendolo ed incitandolo riescono perlomeno a farlo rimettere seduto dritto. Non vorrei essere tra quelli che poi tenteranno di farlo alzare. Altri individui poco raccomandabili cominciano ad aggirarsi nei dintorni, perci vista anche l'ora tarda decidiamo di uscire dal casin e di tornarcene in cuccetta. All'entrata dei nostri corridoi vediamo un altro finlandese collassato sul fondo delle scale, completamente ubriaco, poi un altro in piedi con la faccia rossa come un peperone e l'espressione stranita, che ci fissa insistentemente dall'imboccatura del nostro corridoio. Prudentemente, deviamo per la strada pi lunga, evitando di passargli davanti. Riusciamo infine a raggiungere la nostra camera senza essere aggrediti da ubriachi vaganti. La banda magnetica fa un po di noiose bizze, ma pulendola bene con i fazzoletti si sblocca e ci lascia entrare nel nostro loculo, finalmente al sicuro. Il nostro compagno di stanza non c. Chiss se collassato anche lui per il troppo alcool ingurgitato, o se si perso nellintricato labirinto. Stoccolma Dalla nostra cabina impossibile capire che ore siano, se non uscendo o consultando un orologio. La totale assenza di finestre fuorviante e potrebbero tranquillamente essere le quattro di mattina come le due di pomeriggio. In piena notte mi sveglio sentendo degli strani rumori: tendo lorecchio per capire cosa siano quegli scricchiolii e quei suoni di portelloni che paiono aprirsi e chiudersi. Sembra che la nave si sia fermata del tutto. Per un attimo penso che
95

siamo arrivati e che dobbiamo correre immediatamente per uscire, ma quando Davide si sveglia mi informa che solo lo scalo notturno alle isole land, a met tra Helsinki e Stoccolma. Guardo lorologio: sono pi o meno le tre di notte. Mi riaddormento subito dopo, senza pi preoccuparmi dei rumori della nave. Alle otto saltiamo in piedi e ci prepariamo per scendere a Stoccolma. Una volta mandati gi i soliti due biscotti e i soliti tre sorsi di succo di frutta, facciamo un'altra veloce ispezione nella zona del casin, sperando che sia ancora aperto. Quale momento migliore per raccogliere le monetine dimenticate nel corso di un'intera notte? Purtroppo tutto chiuso. Recuperiamo dunque i bagagli e ci apprestiamo a seguire la marea di gente che si sta ammassando alle uscite. Il nostro compagno di stanza ci saluta augurandoci buona fortuna, ricambiamo e lo vediamo sparire lungo unanonima rampa di scale. Prima di potercene rendere conto la nave ha gi attraccato al porto di Stoccolma. Siamo tornati in Svezia. Ripercorriamo velocemente i corridoi sospesi per raggiungere la famosa metropolitana Tunnelbana, molto decorata e ricca di vetrine con esposizioni artistiche. Praticamente, un misto tra una metropolitana e un museo. Il tunnel per non ci esalta come dovrebbe, in quanto l'arrivo piuttosto caotico e stressante: il caldo e la folla ci sfiancano, cos come ci esasperano le decine di passeggini che ci sbarrano la strada, incastrandosi dappertutto, specialmente ai tornelli della metropolitana. Chiedendoci come sia possibile che tutta questa gente abbia cos tanti figli piccoli e se li porti sempre in giro, prendiamo il primo treno diretto alla zona del centro storico, famosa per la sua densit di edifici antichi. L'isoletta di Gamla Stan, il vero nucleo centrale della citt risalente al Medioevo, colma di edifici sontuosi come la chiesa mortuaria di Riddarholmen, la cui svettante ed appuntita guglia di ferro tocca la ragguardevole altezza di novanta metri. lastricata internamente di pietre tombali, che ospitano i resti di tutti i re svedesi fino all'epoca contemporanea, e sulle pareti sono stampigliati stemmi e trofei dei cavalieri dell'ordine dei Serafini. Poi viene la monolitica Residenza Reale, l'edificio pi importante e rappresentativo di Stoccolma. la vecchia abitazione dei re, che per vediamo solo dall'esterno, giallognola e squadrata. Una carrozza trainata da cavalli, che sta
96

passando proprio ora in mezzo alla piazza, contribuisce ad aumentare l'aria di medioevo che aleggia densa attorno a noi. Ci aspettano poi la torre del municipio, dalla quale ci godiamo unottima vista dellintera citt, e la visita allenorme Palazzo Reale, dove alcuni soldati, in divisa verdognola e stivali bianchi, stanno pronunciando ordini in lingua incomprensibile, comandando il cambio della guardia e marciando a passo sicuro, mentre nutrite schiere di turisti osservano. L'ingresso dei quattro musei ospitati dal Palazzo presieduto da un guardiano solitario, armato di fucile a baionetta, che ha lordine di non muoversi n parlare. Nonostante ci, un turista sta intavolando con lui una specie di conversazione, nella quale per le proporzioni sono fortemente sbilanciate: la guardia si limita a rispondere con qualche parola seccata, trasgredendo agli ordini probabilmente per disperazione, mentre il curioso e logorroico importuno non accenna a smettere di fare domande. Deve essere gi particolarmente noioso stare ore e ore in piedi senza potersi muovere, in bala di qualsiasi condizione atmosferica e senza nemmeno poter andare al bagno, se poi si aggiungono anche i turisti, davvero il colmo! L'interno del palazzo magnifico: le stanze sono enormi, spaziose, riccamente decorate con ogni genere d'affresco. Alcune statue bronzee sono incastonate negli spigoli delle pareti e sembrano tenersi con le mani alle due travi dangolo. Tanta ricchezza impressionante e tutto questo sfavillare d'oro quasi abbaglia la vista. Nei sotterranei, invece, possiamo ammirare corone e spade tempestate di diamanti e pietre preziose in ogni centimetro quadrato, oggetti straordinari e d'altissimo pregio, che osserviamo senza pronunciare parola. Finita la visita ai ricchissimi musei, tempo di visitare altri gioielli, come la cattedrale di Storkyrkan. I suoi colonnati in mattone rosso e a strisce biancastre sorreggono le tre lunghe navate, mentre spicca il maestoso altare argentato con la consueta e splendida vetrata colorata circolare sulla cima. Perla finale la complessa e finemente rifinita statua rappresentante la lotta tra San Giorgio e il drago, terminata con la sconfitta di quest'ultimo, secondo la leggenda raccontata dai tempi delle Crociate. Finisce qui la prima parte della scorpacciata di storia e cultura locale, ed ora ci occupiamo di cose pi banali, come cercare un posto dove mangiare tranquilli, senza essere sorpresi dalla pioggia che continua beffardamente ad andare e venire. A
97

complicare le cose si aggiunge anche il vento freddo che spira dal mare, portando pi nuvole invece di spazzar via quelle presenti. In mancanza di meglio, non rimane che la stazione. Riempito lo stomaco, ripartiamo per le vie del centro. Nonostante la stanchezza delle gambe, un piacere camminare per le strette viuzze, con qualche guglia che spunta all'improvviso dietro un caseggiato che fino a poco prima ne nascondeva la vista. Ci concediamo un altro momento di riposo sui gradini di una statua nella piazza adiacente al golfo, dove dall'altro lato ormeggiato l'Af Chapman, un vecchio vascello a vela ora trasformato in ostello. Purtroppo non alloggeremo l: trovare posto difficile, bisogna prenotare settimane prima. Curiosamente, questostello galleggiante porta il nome dellassassino di John Lennon. Come chicca della tarda serata, troviamo unorchestra che sotto un tendone sta suonando il V Pensiero. Perfino in Svezia sentiamo cantare italiano! Il direttore dorchestra si affanna con la sua bacchetta, piegandosi e facendola volteggiare qua e l senza sosta, mentre i musicisti, visibilmente concentratissimi, eseguono i loro pezzi in modo magistrale. Applausi scroscianti. Tumba Dopo il concerto, proviamo ad incamminarci lungo unaltra strada, decisamente affollata. Un concerto di dimensioni enormemente pi grandi si sta preparando. Non sappiamo chi dovr suonare, ma dallaspetto dei milioni di ragazzini che si sono riversati in strada possiamo capire che sar qualche plastificato idolo del pop. Spintonando e sbuffando, riusciamo a liberarci dalla calca nella quale imprudentemente ci siamo addentrati. Una volta liberi, constatiamo che tardi e ormai i musei sono tutti chiusi. Si sta facendo sera, siamo stanchi e dobbiamo pensare a come raggiungere i nostri giacigli per la notte. Non avendo trovato un ostello a Stoccolma per la prima notte, abbiamo dovuto prenotare una sistemazione a Tumba, un sobborgo distante circa cinquanta chilometri dalla capitale. Tumba unaltra cittadina come Lule, sperduta nella campagna svedese, e lunica informazione che abbiamo sullostello un numero di codice, che dovremo digitare su una tastiera a muro per poter entrare. Non sappiamo nemmeno
98

dove sia esattamente il posto, anche se ci hanno assicurato che facile da trovare. Torniamo dunque in stazione per prendere il treno, ma inspiegabilmente i commessi non accettano il biglietto Interrail. Ci tocca pagare la tariffa piena, cio sei euro, per venti minuti di treno. Gi questo sufficiente per farci un po arrabbiare, ma non finita qui. Appena scesi dal treno, cerchiamo subito un autobus, e ne troviamo subito uno che va a Tumba, ma quando proviamo a salire lautista di colore ci risponde in italiano "Qui non si fanno biglietti". Un altro che legge il pensiero e indovina le nazionalit con la sola imposizione delle mani. Non abbiamo nemmeno parlato! Ritorniamo in stazione, ancora pi scornati, e paghiamo l'esorbitante cifra di diciotto euro per un tragitto di pullman della durata di un quarto d'ora. Con tutti questi soldi, spesi per niente, avremmo potuto dormire in un comodo albergo di Stoccolma. Speriamo che, come minimo, il biglietto valga anche per il ritorno, dato che conta numerosi spazi vuoti numerati. Ci mettiamo ad aspettare, e venti minuti dopo arriva un altro autobus. Lautista timbra il biglietto in corrispondenza del secondo riquadro, su sedici totali. Ci viene il dubbio di aver comprato un abbonamento. In ogni caso, siamo sullautobus giusto. La nostra fermata in un posto che definire isolato un eufemismo. Tuttavia, un enorme cartello segnala un ostello della giovent sulla sinistra. Il simbolo della casetta e dellabete inequivocabile. Davide indovina subito il punto in cui tagliare a sinistra, e presto scopriamo che l'ostello parte di un camping molto ben organizzato, composto da decine di edifici. Seguendo le indicazioni, arriviamo nei pressi di una costruzione un po dismessa, ma tutto sommato d'aspetto invitante, e che reca la fatidica tastiera a muro sullo stipite della porta. il momento della verit: se per caso il codice sbagliato, non funziona o labbiamo capito male, rimaniamo fuori. Primo numero valido, secondo e terzo validi...quarto valido. La serratura lampeggia di verde e possiamo entrare. Nellanticamera notiamo subito una busta appesa al muro, indirizzata proprio a me. C il mio nome sopra. Essa contiene le chiavi della camera e le istruzioni su come pagare. Dovr lasciare il mio numero di carta di credito, che verr registrato e utilizzato
99

luned, quando riaprir la reception. In Italia chi si fiderebbe a fare una cosa del genere? Chiunque potrebbe tranquillamente lasciare un numero di telefono falso, dormire abusivamente ed andarsene senza pagare. Ma evidentemente qui non consuetudine. La camera riservata per noi, ben riscaldata e pulita, il che ci ripaga in parte della scarpinata e dell'esorbitante costo del biglietto, che ancora non sappiamo se sia valido anche per il ritorno. Ottimizziamo i bagagli per potercene andare quanto pi velocemente possibile lindomani, poi ci infiliamo sotto le coperte. Incoscientemente, mi copro solo col lenzuolo, convinto che faccia gi abbastanza caldo. Grave errore di cui pagher le conseguenze, svegliandomi lindomani con un incipit di raffreddore. Ostello galleggiante La mattina ce ne andiamo a velocit supersonica, ansiosi di ritornare a Stoccolma e dimenticare questinutile deviazione. Aspettando lautobus, ci prepariamo numerose scuse nel caso in cui il controllore ci dica che il biglietto non va bene. Potremmo fare gli gnorri, oppure insistere dicendo che abbiamo chiesto un abbonamento, oppure tentare di corromperlo. Ma nessuna di queste opzioni si rivela necessaria: lautista ci timbra il biglietto in corrispondenza del quarto spazio (ma perch solo quelli pari?) e ci lascia salire senza dire nulla. Ormai siamo certi di aver comprato un abbonamento, non c altra spiegazione. Certo che la donna che ce lha venduto non ha proprio capito niente di quello che abbiamo detto. Pazienza, ormai siamo tornati nella capitale e mettiamo definitivamente una pietra sopra la parentesi di Tumba. Ora dobbiamo pensare a cose pi importanti, come ad esempio trasferire i bagagli nella nuova sistemazione, il che implica che prima dobbiamo trovarla. Ci mettiamo un bel po, ingannati dalla strana conformazione delle vie che costeggiano lacqua, ma quando finalmente lo raggiungiamo ne rimaniamo piacevolmente sorpresi. Si tratta di un vecchio battello da pesca, ora diventato un ostello! Non sar lAf Chapman, ma pur sempre un ostello galleggiante. Purtroppo, una volta entrati lentusiasmo iniziale cala di molto. Solo il fatto di galleggiare salva lostello dalla nomina di uno tra i peggiori. Le scale per scendere al piano inferiore, dove si trova la nostra cabina, sono ripidissime, strette e pericolosamente
100

scricchiolanti. C' un unico orinatoio per tutta la nave, munito di lavandino, mentre l'altrettanto unica tazza, in un altro bugigattolo, ne invece priva. Che senso ha non metterlo proprio dove ce n' pi bisogno? Sorvoliamo su questo dettaglio e parliamo delle docce, praticamente aperte. L'unico barlume di privacy dato dalla tenda che si pu tirare, ma non esiste porta: di conseguenza, praticamente nessuno nellostello fa la doccia, tanto meno noi. La camera l'apoteosi: due letti a castello in uno spazio che definire claustrofobico un complimento. Chi dorme sopra non ha nemmeno una scaletta per arrampicarsi, ma solo un vago gradino, liscissimo ed inclinato a 45. Completamente inutile. Oltretutto, una volta arrivato in cima, lo sventurato pu a malapena girarsi nel letto, poich lo spazio tra materasso e soffitto cos ridotto che anche scendere diventa un problema. Per non parlare di quando loccupante del medesimo letto tenta di sollevare il busto: pu farlo al massimo per una ventina di centimetri, prima di sbattere la testa contro lirregolare soffitto. Gli obl sono microscopici, tenuti costantemente chiusi dalla coppia di francesi che alloggia con noi. Il ricircolo daria cos azzerato, e ci non fa bene al mio raffreddore, che sta esplodendo proprio in queste ore. Musei e vascello Una volta sistemati gli zainoni negli unici vani in cui riescono a passare, ce ne andiamo preparandoci ad un'intensa e mentalmente faticosa giornata. Oggi abbiamo ben tre musei da visitare. Il National Museum, un altro d'arte moderna e, dulcis in fundo, il Vasa Museum, che ospita un intero vascello, ancora intero. Il primo il pi classico, dedicato a quadri e oggetti di uso comune dal primo Novecento agli anni Settanta. Ben poco mi rimane in testa dopo esserne uscito. Il secondo un insieme d'arte astratta e bizzarra, ma che lascia intravedere significati nascosti molto profondi. In particolare, un'opera mi colpisce: un insieme di centinaia di foto di persone comuni, prese dalla strada, appese sul muro a formare un collage. Sotto tutte queste fotografie stanno altrettanti fogli di carta, che recano la descrizione di ogni individuo. C' la persona che ha appena perso l'aereo, pagato profumatamente, perch le indicazioni del centro turistico erano sbagliate. C l'ex alcolista, affidato agli assistenti sociali che ogni mattina passano a recapitare la busta con il
101

cibo senza suonare il campanello, perch hanno paura di lui. C l'uomo a cui hanno appena tolto il rene sbagliato, la donna che ha appena perso il figlio in un incidente stradale, lo studente a cui stata rifiutata la tesi preparata in due faticosi anni, la ragazza che ha scoperto di essere sterile solo dopo essersi sposata, e cos via per centinaia di pietose situazioni. Sono tutte apparentemente slegate tra loro, ma hanno un denominatore comune: l'impietosa variet delle sofferenze che si possono provare e soprattutto l'incomunicabilit della condizione umana, dove ognuno abbandonato a se stesso, senza che il resto del mondo se ne curi. Il terzo ed ultimo museo, indubbiamente il pi interessante, contiene un enorme vascello del diciassettesimo secolo ancora quasi completamente intatto, lungo circa settanta metri. C da rimanere senza fiato ad osservare le sue statue di legno incastonate a poppa, le reti sulle quali i marinai si arrampicavano per arrivare in cima all'albero maestro a fare da vedette, i paurosi fori quadrati sulle fiancate dai quali i marinai nemici vedevano spuntare le bombarde. Ci sono pi di dieci piani su cui salire, e da ognuno si vede la nave in unangolazione diversa, finch dalla cima si pu ammirare lintero vascello in tutta la sua enormit. Come abbiano fatto a trasportare questo mostro e rinchiuderlo dentro quattro mura e un tetto un vero mistero. Forse hanno semplicemente costruito il museo attorno alla nave. Ai lati delledificio ci sono tutte le rappresentazioni in miniatura della nave e delle sue stanze. Rendono abbastanza bene lidea, ma preferiamo osservare la nave vera e propria. Non ci si pu salire sopra per ovvi motivi, ma non necessario: si pu comunque vedere il ponte a brevissima distanza. Ancora una volta mi sembra di essere entrato in un capitolo di Capitani Coraggiosi. Finale Una lieve ma costante pioggerellina non ci risparmia nemmeno durante lultimo giorno a Stoccolma, che coincide con lultimo giorno di viaggio. Tuttavia, ci concediamo un rilassato giro panoramico lungo una strada della citt alta, dalla quale si vedono benissimo tutti gli edifici storici. Poco distante si trova la chiesa di Santa Sofia, un grazioso luogo sacro con le panche disposte a semicerchio attorno all'altare. Sedendoci su di esse, assorbiamo un
102

po di benefico calore ed approfittiamo per meditare sulle nostre odierne sorti. Quello che pensavo nella stazione di Bergen si sta avverando: tra poche ore torneremo a casa, chiedendoci come abbia fatto il tempo a passare cos velocemente. Lultima cosa che ci rimane da vedere a Stoccolma il Globen, dallaltra parte della citt. Si tratta di unenorme costruzione sferica, bianca e reticolata. la pi grande costruzione a forma di globo del mondo intero. Ospita molti negozi al suo interno (circa 150!), ma tra tutti quei negozi non ce n nemmeno uno che ci stuzzichi la fantasia, perci torniamo nel centro della citt per unultima camminata. Curiosando un po nei vari negozi del viale, troviamo in vendita veramente di tutto. divertente confrontare i prezzi e pensare a quante stupidate siano in vendita per non pochi soldi, come le orribili statuette dei troll, delle quali gli scaffali fortunatamente non si svuotano mai, dato che non le compra nessuno. Ormai sufficientemente stanchi da non voler strafare, ci liberiamo da qualsiasi impegno per quel che resta della giornata, complice anche il mio naso che sta ricominciando a colare violentemente. Convinco Davide a tornare presto in ostello, poich non mi sento molto bene. Ho la febbre e sto consumando fazzoletti uno dopo l'altro. Il calduccio della cabina mi cura nuovamente, fino a scivolare in un sonno leggero. Lindomani prendiamo il treno per laeroporto di Arlanda, ormai la nostra odissea finita. Ci rivediamo sul prossimo treno, destinazione ignota.

103

Estate 2009
Francia Belgio Paesi Bassi
Partenza il 01/08/2009 Ritorno il 22/08/2009 22 giorni totali di viaggio

104

Appena un anno dopo Una strana atmosfera aleggia questa mattina nella piccola stazione di Mendrisio. Le prime tenui luci dellalba illuminano debolmente i numerosi treni merci che dormono profondamente sulle fredde rotaie, in meritato riposo dopo una giornata di duro lavoro. Gli edifici di servizio sono chiusi e non c nessuno nei paraggi. Gli unici movimenti sono lavanzare delle lancette del grosso orologio, infisso sulla parete della costruzione principale della stazione, pi londeggiare dei ciuffi derba che crescono tra un binario e laltro, spinti da un leggerissimo venticello appena percettibile. Pian piano, senza fretta, le lancette dellorologio scandiscono i minuti che mancano alla partenza del prossimo treno, che due strani personaggi dallaria assonnata sembrano attendere, camminando avanti e indietro sulla banchina del terzo binario. Sono le uniche due persone che stanno aspettando un treno ora, nella dormiente e desolata stazione. Portano entrambi un grosso zaino in spalla, allacciato a livello della vita e del torace per distribuire e bilanciare meglio i pesi e non farli gravare unicamente sulle clavicole. Uno degli zaini completamente nero e piuttosto spartano, laltro blu e bianco e molto pi elaborato, ricco di tasche aggiuntive e di cordicelle che ciondolano da ogni dove, che gli conferiscono un aspetto professionale e adatto ai viaggi d'avventura pi estrema. Ovviamente, quei due viaggiatori siamo noi. Entrambi indossiamo vari strati di vestiti per difenderci dal fresco della notte, ormai prossima al termine. Per ingannare lattesa, ci sporgiamo sul bordo della banchina per esaminare i rifiuti lasciati da qualche passeggero, o per valutare la quantit di ruggine che sta lentamente aggredendo le sbarre di ferro e i bulloni, o ancora per tentare di capire da dove provengano i vagoni merci. Il treno arriva alla stazione prima del sorgere del sole e ci porta via da Mendrisio, pronti ad affrontare una nuova avventura in giro per lEuropa. Il vagone che abbiamo scelto per la prima sferragliata della giornata quasi vuoto e molto silenzioso, pulito e ordinato come ci si aspetterebbe da un treno svizzero. I pochi viaggiatori presenti oltre a noi si occupano dei fatti loro: qualcuno legge il giornale, qualcun altro sonnecchia, forse per recuperare qualche ora di sonno prima di recarsi al lavoro. Anche noi abbiamo sonno, ma non certamente il momento di dormire. Difficilmente la partenza del primo treno di una lunga serie pu essere vissuta con indifferenza. Mi rendo conto che sto provando la
105

stessa potente, inebriante sensazione che provai esattamente un anno fa, quando stavo per partire per la Norvegia con il mio fidato compagno Davide, che anche questa volta mi sta accompagnando. Il treno supera cittadine addormentate ed intricate linee elettriche, tuffandosi in mezzo a verdi boschi e costeggiando dirupi vertiginosi, prima di entrare nel buio tunnel del Gottardo. Mentre lo attraversiamo, le orecchie mi si chiudono, amplificando la sensazione di ottundimento e di sonnolenza che ora inizio a provare pi intensamente, cullato dal tranquillo e silenzioso avanzare del treno in mezzo alloscurit della lunghissima galleria. Passare il Gottardo come varcare una linea di demarcazione. Questo traforo, che attraversa le Alpi da parte a parte, funge un po da spartiacque tra il piccolo mondo che lasciamo a casa e il nuovo mondo che andiamo a conoscere ora. Non si capisce molto bene dove sia linizio del tunnel, cos come non netto il principio di un nuovo periodo della vita. Simbolicamente, lattraversamento del tunnel rappresenta luscire di nuovo allaria aperta dopo un lungo periodo di buio, durante il quale si era un po smarrita la strada. Quando il treno riemerge trionfalmente dalle oscure profondit della montagna ed investe nuovamente laria pura, fendendola con sicurezza, capita di nuovo quello che capit un anno fa, quando laereo prese sempre pi velocit fino a decollare: la linea di margine stata finalmente oltrepassata, e tutti i dubbi e le preoccupazioni non hanno pi ragione di esistere. C una calma strana sul treno, che non turbata nemmeno dalla vista di due militari armati di mitragliatrice, venuti a sedersi vicino a noi. Lestremit della canna dellarma forata lateralmente in vari punti, forse per permettere di disperdere al meglio il calore durante una raffica di colpi, e nonostante le armi mi lascino sempre un vago senso di inquietudine, ora non mi comunicano nulla di particolare. Cambiando due treni alle stazioni di Zurigo e Basilea, ci troviamo finalmente sulla direzione giusta per la nostra prima, grande tappa. Il treno percorre le rotaie alla velocit di oltre trecento chilometri orari, ma non ce ne accorgiamo quasi. Il treno troppo confortevole per rendersi conto della sua estrema velocit. Prima che possiamo accorgercene, siamo gi arrivati, ed gi tempo di scaricare i bagagli, metterseli in spalla e ridiscendere dalla scaletta del vagone, abbandonati finalmente a noi stessi. Parigi ci attende.
106

Ville de Lumire La capitale francese stata descritta cos tante volte, da cos tante persone e con cos tanti aggettivi che trovo difficile tentare una descrizione anchio. Rischierei di ripetere unicamente ci che gi stato detto da innumerevoli altri artisti, scrittori, musicisti, attori, letterati e via dicendo. Non necessario che mi metta a descrivere pedantemente la sua lunga e prestigiosa storia, o citare tutto quello che i grandi del passato e del presente hanno detto su questa famosa metropoli. Non nemmeno necessario commentare il caos della stazione centrale, lampiezza e lariosit delle strade, la grande quantit di alberi, la quantit pi grande ancora di escrementi di cane disseminati per le strade, sui quali scivolano e finiscono al Pronto Soccorso una media di seicento parigini l'anno. Parigi anche questo. Non nemmeno necessario descrivere il carattere dei francesi e la loro storia. Su di loro ci ha insegnato molto la Rivoluzione del 1789, quando i parigini insorsero armati di fucili, razziati dallHotel des Invalides, e rovesciarono i loro oppressori con la violenza, cominciando con lassaltare la prigione della Bastiglia. Della suddetta galera, oggi non rimasto nulla: il posto che occupava ora diventato una piazza commemorativa, attorno alla quale stata istituita una rotatoria stradale. Tuttavia, con un po d'attenzione si pu notare una linea tracciata per terra, che indica i vecchi confini della prigione. Purtroppo, i francesi hanno ben poca propensione a parlare inglese, come ci accorgiamo gi dal primo contatto con il bigliettaio della stazione parigina. Non ne vuole proprio sapere di parlarci in qualsiasi lingua che non sia francese, nemmeno per dire due semplicissime parole in croce. Saranno luoghi comuni, ma ne incontriamo troppi per credere che non sia vero. Con qualche difficolt, poich nessuno di noi due parla francese, riusciamo comunque a farci capire ed otteniamo ci che vogliamo. Evidentemente, sar un viaggio in gran parte allinsegna del linguaggio a gesti. Parigi non mi nuova: esattamente dieci anni fa la visitai, come parte di una breve vacanza durata una settimana, nella quale toccai anche le citt di Versailles e Vezelay. Conservo ancora qualche frammento mnemonico di quel viaggio, ma non certamente sufficiente a ricordarmi nei dettagli tutto ci che vidi ai tempi, e che adesso ho la possibilit di rivedere con maggiore consapevolezza e maturit. La citt notoriamente enorme, ma il nostro alloggio
107

servito abbastanza bene dalla metropolitana, dunque non fatichiamo molto ad arrivarci. Si tratta di un ostello piuttosto povero: la camera a dir poco spartana e si apre con quelle maledette chiavi magnetiche, che tanto ci hanno fatto dannare lanno scorso. Stranamente, per, adesso sembrano funzionare a dovere. Nonostante non sia eccelso, lalloggio non affatto economico. Dobbiamo ricordarci di essere in una delle maggiori capitali europee, dove non facile spendere poco, ma abbiamo le nostre risorse per risparmiare qua e l, come il sacco a pelo che stavolta ci siamo portati per fronteggiare eventuali notti gelide alladdiaccio. Lanno scorso, una ci bastata e avanzata. Tour Eiffel Acclimatatici un po, decidiamo di non perdere nemmeno un secondo e di esaurire subito qualche succulento boccone di Parigi. Il viaggio appena cominciato, le energie sono a mille, le cose da vedere sono tante e i giorni sono solo apparentemente numerosi. Qualsiasi durata abbiano i nostri viaggi, sono sempre ipercompressi, non c mai un momento libero. La prima scelta cade sulla blasonata Tour Eiffel, il monumento pi visitato al mondo. Non so se siano pi numerosi i turisti oppure i venditori ambulanti, che tentano in tutti i modi di sbolognare ai passanti immaginette della torre, modellini in varie scale, bracciali e chi pi ne ha pi ne metta. A volte, i venditori sono cos carichi di merce che se lappendono tutta addosso, trasformandosi in maracas ambulanti che fanno rumore ad ogni alito di vento. Riusciamo ad evitarli con qualche difficolt, ma a complicarci la passeggiata ci pensano alcune donne, vestite con velo e gonna nera sdrucita, che si avvicinano chiedendoci insistentemente Do you speak english?. Nel caso che qualche malcapitato risponda di s, esso viene istantaneamente tempestato di richieste caritatevoli. Alla quinta richiesta nel raggio di pochi metri, sono tentato di fingermi un turista russo, ma alla fine veniamo lasciati in pace e riusciamo ad approdare allentrata della torre. La coda chilometrica e il caldo torrido, ma fortunatamente siamo rinfrescati da un provvidenziale vaporizzatore dacqua, accolto come unoasi nel deserto. Opera di un ingegnere ed imprenditore di nome Gustave Eiffel, costruita in appena due anni (dal 1887 al 1889) e alta ben 324 metri,
108

la Torre non ha certo bisogno di presentazioni, essendo il simbolo universale di Parigi e della Francia intera. E dire che non venne molto apprezzata quando fu costruita, poich considerata esteticamente brutta e deturpante! Anche se tuttora qualche francese non lapprezza (viene definita da taluni lasparago di ferro), tutto il mondo sembra essersi messo daccordo sul fatto che lintera struttura sia un capolavoro d'architettura. Su tutti e quattro i lati, appena sotto il primo livello, sono incisi molti nomi di importanti cittadini francesi, specialmente matematici, fisici e scienziati. Tutti nomi che ci ricordano qualcosa, dalle ormai vetuste lezioni di fisica del liceo. Nel corso della sua vita, la Torre stata anche protagonista di vari episodi curiosi: vale la pena di ricordarne uno in particolare, riguardante larrivo di Hitler in citt durante la Seconda Guerra Mondiale. Per costringerlo a salire quasi duemila gradini, nel caso volesse arrivare in cima alla torre, i francesi disattivarono tutti gli ascensori motivando il malfunzionamento con la scarsit di pezzi di ricambio, dovuta al conflitto. Il Fuhrer decise, assennatamente, di rimanere a terra ed evitare lardua ascesa, e cos si perse la magnifica visuale. Lascensore ci porta al primo livello, destreggiandosi tra le intricate sbarre di ferro, mentre la Senna diventa progressivamente pi visibile in tutto il suo serpeggiare per il centro di Parigi. Siamo pressati allinverosimile allinterno dellascensore, tipicamente in stile scatola di sardine, ma un disagio di breve durata. Infatti, poco dopo traslochiamo su un altro ascensore, che rapidamente fa il suo dovere portandoci allultimo livello, raggiunto solo dopo altre decine di minuti di coda. Dallalto possiamo goderci una vista veramente notevole. Mi pare di ricordare che, nelle giornate perfettamente limpide, da quass si riesca perfino a vedere lo stretto della Manica. Purtroppo, oggi non esattamente una giornata che si possa definire limpida, perci dobbiamo accontentarci della sola vista di Parigi. Il Sacro Cuore perfettamente visibile in lontananza, sulla sua rocca posta in mezzo al leggendario quartiere di Montmartre. Spiccano anche i molti ornamenti doro sulle cupole delle chiese o in cima ai pilastri situati ai lati dei numerosi ponti sulla Senna, che non sono mai allineati bens divergono tra loro. Appaiono un po fuori posto i Bois de Boulogne e Bois de Vincennes, con tutti questi alberi in mezzo alla citt che formano unisola verde e felice attorniata da costruzioni e grattacieli da ogni
109

lato, ma almeno fungono da polmone verde della citt. Stranamente, pur trovandoci a pi di trecento metri d'altezza, non c nemmeno un alito di vento. Ricordo che quando mi trovai qui per la prima volta ci fu cos tanto vento da rendere impossibile la permanenza nella met ventosa della piattaforma, mentre ora c gente su tutti i lati. La calca cos intensa da rendere appena possibile uno scatto fotografico, prima di doversi ritirare nelle retrovie. Presto ci stufiamo di questo fiume umano e ce ne torniamo a riposare. Louvre Il museo del Louvre indiscutibilmente uno dei pezzi pi forti di Parigi, ma difficilmente si riesce ad apprezzarlo appieno: talmente vasto e ricco di opere che facile perdersi o disperdere lattenzione, trasformando la visita in una confusa serie di immagini che non possono essere tutte immagazzinate nella memoria. Peggio ancora, pu capitare di non riuscire a trovare le opere pi famose, e uscire quindi scornati e delusi. Per fortuna non il nostro caso: oltre ad unentrata gratis, garantita dal fatto che oggi la prima domenica del mese, sappiamo anche dove trovare le opere maggiormente degne di considerazione, in quanto queste cruciali informazioni sono scritte nella nostra inseparabile guida Lonely Planet, un punto di riferimento per i viaggiatori indipendenti (anche se qualche volta sbaglia). La caratteristica piramide di vetro del Louvre, che continua anche nel sottosuolo formando un rombo, ci accoglie per lingresso, nemmeno troppo affollato di turisti. Strano ma vero, la densit umana relativamente bassa. Fiumi di inchiostro sono stati versati per descrivere i capolavori ospitati da quest'impressionante ammasso d'arte, situato sulle rive della Senna. Gi la prima opera, che torreggia in cima alle scale dingresso, non pu non suscitare un qualche genere di emozione anche in chi, come me, non vive di pane ed opere darte. la Nike di Samotracia, che raffigura la dea alata, personificazione della vittoria, mentre si posa sulla prua di una nave. Limmaginario vento la investe, incollandole i vestiti addosso, come traspare magistralmente da questo vecchio blocco di pietra, che altro non . La statua ha perso testa e braccia, ma non lo slancio n la forma maestosa ed ispiratrice di forza, che ben si sposano con la posizione in cui stata messa: in cima ad una lunga scala, dalla
110

quale non si pu far altro che guardare lopera dal basso verso lalto, come a simboleggiare una sottomissione di chi lammira. Unaltra statua senza braccia, conosciuta praticamente da chiunque, la marmorea Venere di Milo, magistralmente ricostruita nel diciannovesimo secolo dopo essere stata ritrovata spezzata in due tronconi. Le braccia non sono mai state ritrovate, ma ci non toglie alla statua la sua bellezza. La grande mole di visitatori rende difficile apprezzare appieno tutte le fattezze del capolavoro, poich siamo costretti a camminare di continuo per non essere travolti da orde di turisti giapponesi, che stanno fotografando ogni opera da ogni angolazione possibile e immaginabile. A volte sono davvero irritanti: regolano la macchina fotografica per minuti e minuti, pensando forse di essere dei fotoreporter professionisti e di dover scattare foto assolutamente perfette, pena la morte. Imprecando a denti stretti, riusciamo finalmente a liberarci dellorda di fotografi incalliti, prede della sindrome di Stendhal, e a proseguire verso la galleria dei dipinti. Ci interessa logicamente trovare per prima cosa la Gioconda di Leonardo da Vinci, famosa in tutto il mondo non solo per la sua bellezza, ma anche per le numerose vicende che lhanno vista protagonista, da quando nei primi anni del sedicesimo secolo fu dipinta a Firenze fino ad oggi. Nei primi anni del Novecento, infatti, il quadro stato vittima di un furto da parte di un custode. Egli riusc, incredibilmente, ad uscire dal museo con il quadro, semplicemente nascondendolo sotto la giacca, convinto comera che un quadro dipinto da un genio italiano non dovesse essere di propriet francese. Forse non sapeva che lo stesso artista aveva trascorso gloriosamente in Francia gli ultimi anni della sua vita, e vi aveva perfino portato la Gioconda di sua spontanea volont, vendendola poi al re. Curiosamente, mentre la gendarmeria francese non sapeva che pesci pigliare per sbrogliare il caso, tra il mirino degli indagati fin anche il celebre pittore Pablo Picasso, ovviamente dichiarato poi innocente. Non sono mancati altri fantasiosi attentati: spruzzo dacido che danneggi piuttosto gravemente la parte inferiore, lancio di pietre, improperi da parte di squilibrati che passavano le giornate ad inveire contro Monna Lisa. A ragione, il quadro ora protetto da un vetro blindato spesso ben venti centimetri, che dovrebbe garantirgli protezione contro qualunque tentativo di rovinarlo, perfino contro latomica. Gli squilibrati giocano pesante? Ebbene, pesantizziamo anche noi!
111

Nonostante la sua fama planetaria, trovare la Gioconda non affatto facile: seminascosta in un anfratto di un lunghissimo corridoio, tanto che riusciamo a perderci pi volte nel tentativo di rintracciarla, nonostante seguiamo pedissequamente tutte le indicazioni che conducono ai capolavori italiani. Forse i proprietari del museo hanno fatto apposta a posizionarla in un luogo appartato, per evitare che si formi troppo intasamento di visitatori? Riusciamo infine a trovarla, e la prima cosa che ci colpisce, oltre al nugolo di giapponesi in piena estasi fotografica davanti al dipinto, la grandezza del dipinto stesso. La verit che la Gioconda piccola! Molto, molto pi piccola di come la si immagina! Il suo enigmatico sorriso stato interpretato in vari modi, dal pi semplice ed innocente fino al pi malizioso, passando per teorie abbastanza strampalate come quelle freudiane, secondo le quali il quadro simboleggerebbe la segreta attrazione sessuale di Leonardo verso la madre. Vabb Amore e Psiche di Canova un altro capolavoro conosciuto in tutto il mondo. Con il suo marmo bianco lucido, raffigura le seducenti forme del dio alato Amore e della giovane Psiche, rianimata dal suo bacio sfuggente e appena accennato. Lo Schiavo Morente di Michelangelo, scolpito nellattimo precedente la rovinosa caduta a terra, un altro pezzo forte della scultura, espressivo e dalle forme perfette, aperto a molte interpretazioni sul significato di quella caduta. Cambiando zona geografica di provenienza, altri capolavori sono presto serviti: un grosso monolite nero di diorite, con incisi dei fittissimi caratteri cuneiformi, non altro che lo storico Codice di Hammurabi, la pi antica legge partorita dalluomo. Piuttosto brutale, con la sua legge del taglione, ma indubbiamente di grandissimo valore per la progressione della civilt, dagli albori fino ad oggi. Difficile non provare un senso di meraviglia di fronte a questi caratteri cos diversi da quelli che usiamo noi oggi, sapendo che gi millenni prima dellanno zero questi simboli significavano qualcosa di ben preciso ed importante. Anche le sculture assire, raffiguranti strani esseri a cinque gambe, sono degne di una menzione. Ricordano vagamente le sfingi. Proprio a questo proposito, linconfondibile arte egiziana arriva subito dopo, con bassorilievi, sarcofagi e canopi, utilizzati per conservare le viscere dei faraoni dopo la morte. Ogni canopo dedicato ad un organo diverso: cuore, fegato, cervello
112

Il culto della morte egizio pu apparire insensato oggi, considerando in cosa consisteva. Migliaia e migliaia di uomini compivano fatiche immani per ammassare pietre, ricchezze, onori e gloria per un mortoma che dire delle meraviglie che ci hanno lasciato? Notre Dame de Paris Incredibilmente, riusciamo a visitare lintero, enorme museo. Ce ne rendiamo conto allimprovviso, quando capiamo che non ci sono pi stanze da vedere. Siamo piuttosto provati dallimpegnativa visita, tuttavia non passa molto tempo prima che la voglia di esplorare ci prenda di nuovo e ci porti verso lIle de la Cit. L si trovano altri due capolavori d'architettura sacra, che ricordo abbastanza bene dal mio ultimo viaggio, ma che ora posso anche immortalare, avendo a disposizione una macchina fotografica. Con una veloce corsa in metropolitana raggiungiamo la prima delle due mete, la celeberrima cattedrale di Notre Dame. Oltre ad essere una chiesa eccezionale, qui ambientato il celebre e omonimo romanzo di Victor Hugo, che abbiamo letto entrambi e sulle cui pagine abbiamo passato molte ore, in attesa di scoprire quali sarebbero state le drammatiche vicende del deforme campanaro Quasimodo e dellenigmatica zingara Esmeralda. Imponenti colonne, numerose statue decorative, un rosone di vetro colorato che tanto delizia lo sguardo con le sue mille sfumature. Un possente concerto dorgano accompagna la nostra visita, infiammando i nostri timpani con enormi note vibrate, che fanno tremare lintera cattedrale. Dopo unora e mezza di coda, pi uninterminabile serie di gradini di una strettissima scala a chiocciola, riusciamo perfino a salire sulle torri campanarie anteriori. Qui si trova la Grande Maria, la campana preferita di Quasimodo, e i suoi amici gargoyle, che scrutano lorizzonte parigino con aria pensosa, a volte arcigna, a volte stupita. Alcuni gargoyle hanno il collo particolarmente lungo e si sporgono curiosamente dal bordo. Se non fossero saldati alla dura roccia, cadrebbero come pere mature. Da dove ci troviamo ora, Quasimodo scagliava ogni genere di macigno contro il popolo della Corte dei Miracoli, che assediava la cattedrale convinto che Esmeralda fosse stata sequestrata e tenuta prigioniera a Notre Dame. E sempre da questo punto godeva di una
113

vista fenomenale sulla citt, in perfetta solitudine, disponendo di un unico amico, lambiguo arcidiacono Frollo. Chiss se qualcuno, un giorno, impugner questo libro e dir, al cospetto della cattedrale: Questo uccider quello!, come recita lintenso passo di Hugo. Sainte Chapelle Questo piccolo capolavoro d'architettura gotica , a mio parere, quanto di pi emozionante si possa trovare in questa citt. Risalente alla met del tredicesimo secolo e fatta costruire da Luigi IX, originariamente doveva essere la cappella del Palazzo Reale, che per poi venne distrutto. Ora, la cappelletta circondata dal Palazzo di giustizia, le cui entrate sono pesantemente sbarrate da cancelli con punte dorate ed aguzze. La parte inferiore possiede numerose volte e un soffitto decorato con croci su sfondo blu, ma il meglio si ha nella cappella superiore, pi piccola e circondata da vetrate colorate su ogni lato. La muratura che non altro che una semplice struttura di sostegno, e il ruolo principale giocato dalle vetrate: altissime, coloratissime, decoratissime. Questo posto mi ricorda molto la Cappella Sistina, che ha unimportante analogia con la Sainte Chapelle. Entrambe, infatti, raffigurano lintera Bibbia nelle loro vetrate. Il gigantesco rosone sulla parete dellentrata rappresenta limmenso caos dellApocalisse, e tutto linsieme di questo magico luogo sarebbe di gran lunga pi emozionante se non fosse costantemente pieno di persone, che vociano e ciarlano in ogni lingua immaginabile, senza tacere un attimo. Mi chiedo come sarebbe questa cappella se non ci fosse nessuno e si potesse rimanere a meditarci in santa pace. Probabilmente acquisterebbe unatmosfera ed una bellezza incomparabili, stimolando pensieri cristallini. Ma non succeder mai: sono troppe le persone che vengono a vedere queste meravigliose vetrate, noi inclusi. Ma ci non toglie che rimpiango di non poter stare qui dentro da solo, senza bisogno di niente se non di un paio di occhi e qualche raggio di sole che mi permettano di imprimere nella mente le mirabolanti immagini che mi giungono alla retina. Usciti dalla Sainte Chapelle, tempo di tornare in ostello per rilassarci un po, discutendo come al nostro solito degli argomenti pi disparati, che questa sera toccano ciclismo, doping ed effetti della chimica sullorganismo. Non c una particolare logica con cui
114

intavoliamo i discorsi, n alcuna correlazione con ci che abbiamo visto durante la giornata: semplicemente, arriva un argomento e se ne parla. Dobbiamo per forza parlare tra noi, poich non abbiamo compagni di stanza. Ma dopo tutto il camminare che abbiamo fatto oggi, presto i discorsi finiscono per lasciare spazio ad un buon sonno. Parigi Consumata velocemente una scarsa colazione, offerta gratuitamente dallostello, oggi abbiamo nuovamente intenzione di sfiancarci, poich ci sembra di aver dormito bene e che sia un peccato lasciare qualche briciolo di energia non speso. Senza perdere tempo, ci tuffiamo nelle intricate linee della metropolitana e riemergiamo nei dintorni del Pantheon, proprio nel centro del Quartiere Latino. una zona molto ricca di scuole ed universit, e si chiama cos poich il latino era la lingua nella quale professori e studenti comunicavano tra loro, prima della Rivoluzione. Accanto al Pantheon si trova la biblioteca, sulle cui pareti sono incisi numerosi nomi di personaggi illustri della letteratura. Il Pantheon ancora chiuso ai visitatori, cos passiamo una mezz'oretta seduti sul marciapiede ad osservare linterminabile processione d'autobus turistici, tutti stracarichi, che arrivano, fanno il giro attorno alledificio e si allontanano in direzione opposta. I turisti hanno giusto il tempo di scattare una fugace fotografia, sicuramente distorta dal movimento e dai riflessi dei vetri. Quando ci concesso di entrare, vediamo che linterno del Pantheon ampio e spazioso, discretamente decorato da statue e affreschi. Al centro oscilla un pendolo di Foucault: la sfera dorata appesa ad un filo lungo quasi settanta metri, che si allaccia alla sommit della cupola. Esso una delle prove pi spettacolari ed evidenti della rotazione terrestre attorno al proprio asse, basata sul principio della forza di Coriolis. In parole povere, quella forza che nellemisfero boreale fa turbinare lacqua del lavandino in senso antiorario, e viceversa nellemisfero australe. In realt, la storia dei lavandini una leggenda, poich la forza cos debole da non poter essere osservata cos macroscopicamente, ma lesempio rende bene lidea, poich il principio proprio quello. Noi ora vediamo il pendolo oscillare seguendo una linea, ma con il passare delle ore
115

essa ruoter pi volte, senza che nessuno faccia nulla. Il pendolo prosegue il suo moto incessantemente, indifferente allattrito dellaria grazie alla presenza di un elettromagnete che mantiene il sistema in movimento. Altrimenti, dopo un po si fermerebbe tutto. Potrei rimanere a fissare lipnotico movimento per ore. Essendo il Pantheon un edificio adibito alla conservazione delle salme dei pi importanti personaggi storici francesi, presto scendiamo nella gelida cripta per cercare i luoghi dove gli illustri riposano. Qui giacciono gli illuministi Voltaire e Rousseau, gli scienziati Carnot e Marie Curie, gli scrittori Hugo e Dumas, e tantissime altre personalit di spicco che abbiamo sentito nominare e celebrare mille volte, delle quali abbiamo letto i libri e le citazioni, ma che non avevamo idea riposassero proprio qui. Le loro tombe sono bianchissime, chiuse in piccole nicchie inaccessibili al pubblico e talvolta sormontate da statue che raffigurano i defunti. Loro sono morti da tempo, ma fortunatamente le loro idee, scoperte o scritture sono immortali. A poca distanza dal Pantheon si trovano gli splendidi Giardini del Lussemburgo, che circondano il Senato francese. Un luogo ideale per una mezzora di relax assoluto: cielo terso, molti alberi a fare ombra, specchi dacqua e fontane, obelischi e fiori variopinti creano un ottimo cocktail rilassante. Approfittiamo della sosta per mettere qualcosa nello stomaco, tutto cibo rigorosamente comprato al supermercato per risparmiare il pi possibile. Il budget di due ragazzi di ventun anni non cos elevato da potersi permettere di mangiare e dormire bene quando si in viaggio, ma chi se ne importa? Abbiamo tutto il resto dellanno per darci alle comodit. Il resto della mattinata passa velocemente, con una visita allimportante centro culturale Pompidou, che ospita un importante museo ricco di opere darte di varia natura ed epoca storica. Ledificio un grosso parallelepipedo, munito di numerose appendici esterne, sulle quali scorrono delle scale mobili che gli conferiscono un aspetto molto moderno. Allinterno troviamo opere di Matisse, Picasso e altri grandi della pittura, accanto ad altro materiale di dubbio gusto. Uno dei primi quadri che vedo raffigura un paesaggio, apparentemente ameno, peccato che in primo piano vi sia un uomo sventrato, del quale rimangono solo le gambe e la colonna vertebrale in bella mostra. Che senso ha? Tra ammassi di ferrivecchi arrugginiti, inquietanti video psichedelici e tele riempite
116

con un solo colore e poi bucate, diamo giusto unocchiata veloce e poi via. Dopo il consueto spuntino del supermercato, cambiamo direzione e puntiamo verso il pittoresco quartiere di Montmartre. La cosa che ci colpisce subito lincredibile quantit di stranieri che vi alloggia: non appena riemergiamo dalle oscure profondit della metropolitana, veniamo letteralmente circondati da magrebini, camerunensi, senegalesi, arabi. Molti di loro tentano insistentemente di venderci sigarette, declamando in un italiano stentato Sigureta!. Se una volta Montmartre era il quartiere dei poeti e degli artisti di strada, che vi alloggiavano per via del basso costo delle abitazioni, ora il quartiere multietnico (e piuttosto degradato). Rispetto ai quartieri parigini pi blasonati, il cambio d'atmosfera piuttosto frastornante: non riusciamo pi a trovare nemmeno un francese, anche se in realt non ne sentiamo cos tanto la mancanza. Nonostante la zona appaia abbastanza sicura, ci sentiamo un po come due pesci fuor dacqua, e solo con fatica riusciamo ad emergere dalla travolgente calca, per approdare finalmente alla scalinata che conduce alla chiesa del Sacro Cuore. Ancora scaleci sono sempre scale da fare in questa citt, incessantemente. Per fare qualsiasi cosa bisogna salire una scala. Il fatto che Montmartre sia il punto pi alto di Parigi non aiuta, ma con un po di fatica possiamo raggiungere questa sontuosa chiesa, dalle pompose forme barocche, e che internamente vanta la presenza di un mosaico tra i pi grandi del mondo, che riveste la cupola. Immortalare il luogo tuttavia difficile, poich un attentissimo e pignolo custode sta controllando chiunque porti una macchina fotografica o una videocamera al collo, intimandogli perentoriamente di metterla via. I pochi che riescono a sfuggire al controllo la fanno franca solo per qualche secondo, prima che linflessibile controllore li redarguisca. Anche noi subiamo lo stesso trattamento, tuttavia riusciamo a portare a casa una furtiva fotografia della cupola, scattata praticamente alla cieca per non farci notare. Ritorniamo dunque indietro, passando per un viottolo molto artistico, nel quale numerosi venditori hanno esposto fuori dalla loro bottega alcuni quadri di gusto impressionista, raffiguranti Parigi. Suonatori ambulanti di fisarmonica allietano latmosfera e si guadagnano da vivere con lelemosina dei turisti, mentre i classici ritrattisti sono perennemente in cerca di clienti da accalappiare e
117

disegnare. Involontariamente, fracasso con i piedi una vaschetta di plastica, che una statua vivente sta usando come portasoldi. Tra mille scuse cerco di risistemargliela, con scarsi risultati, ma limpassibile individuo non si scompone minimamente. Del resto, il suo lavoro stare fermo. Dopo aver visitato en passant lintricato cimitero di Montmartre e lintramontabile Moulin Rouge, culla del cabaret, la giornata ancora una volta finita. In ostello riusciamo perfino a dimenticare la chiave magnetica in camera e poi chiudere la porta dallesterno. Fortunatamente, il gestore si fida della nostra buona fede e ci concede di usare il suo passepartout, in totale autonomia e senza controllo, per poter recuperare la nostra chiave. Vorrebbe venire lui di persona, ma ha troppi clienti per lasciare il bancone. Noi ci limitiamo ad aprire solo la nostra porta, ma con questa banda magnetica potremmo aprire qualsiasi porta dellostello e rubare di tutto, se solo avessimo linclinazione. Il gestore si proprio fidato ciecamente, come un bambino si fida della madre. Impressioni Lindomani prendiamo la via per il Musee dOrsay, ricavato da una vecchia stazione ferroviaria. Vi sono conservati tantissimi quadri dellepoca impressionista e post-impressionista, forse lunica corrente pittorica che mi abbia mai veramente appassionato. Mi ricordo di un quadro che dipinsi io stesso, quando ero alle medie, con tratti di pennellata incerti e grezzi, che per fu ampiamente soddisfacente per le mie attitudini artistiche. Raffigurava alcune barche che dondolavano su uno specchio dacqua, ma non ricordo altro. Lunico particolare che le prue delle barche puntavano verso la cornice inferiore del quadro, e che le increspature dellacqua erano particolarmente visibili e marcate. Questo dipinto opera di un famoso pittore impressionista, ma ora ho stampata in testa solo una vaga immagine di esso, e non mi ricordo n lautore n tantomeno il titolo. Ci mi d una spinta ulteriore per osservare avidamente queste tele, sperando di trovare la mia, per senza successo: non c da nessuna parte. Ci sono quadri molto simili, a volte talmente somiglianti da farmi quasi dubitare, ma alla fine mi devo rassegnare. Nonostante tutto, i capolavori impressionisti sono impareggiabili. Mi affascinano quei tratti veloci, appena accennati,
118

che devono colpire losservatore nellinsieme, tralasciando la cura dei dettagli. Partendo da un singolo dettaglio ed isolandolo dal resto, infatti, non possibile distinguere alcunch del quadro. Bisogna osservare limmagine nel complesso, e lasciarsi trasportare dalla fugace ed irripetibile impressione che il pittore coglie in quel momento. Forse proprio questo che mi attira dello stile impressionista: la capacit di fissare i ricordi in un istante, di non lasciarsi sfuggire di mano il tempo, che una brutta sensazione. Per immortalare il pi possibile la cattedrale di Rouen, Monet scelse di dipingerla in ben cinquanta quadri diversi, tutti raffiguranti la stessa identica facciata, ma in condizioni di luce e colore differenti. impossibile fissare tutti gli effimeri istanti che trascorrono in una vita, ma lui almeno ci ha provato, cogliendo lattimo. A mano a mano che mi appaiono davanti scene rurali e ameni paesaggi, mi vengono in mente tante cose che un tempo esistevano ed ora non esistono pi, come una vecchia casa in un paesino di montagna, fiancheggiata da unintricata siepe punteggiata qua e l da fiori gialli e viola. Di questa vecchia casa cadente, ma piena di ricordi e storia, ormai rimasto per lappunto solo il ricordo. Un nuovo stabile lha sostituita, lindo e pulito, senza nemmeno una crepa nei muri. Non c pi quellinstabile balcone sul quale i grandi mi raccomandavano sempre di non provare a salire, o avrei rischiato di sfondarlo e precipitare di sotto. Non c pi la polverosa soffitta, popolata stabilmente da ragni e insetti in perenne conflitto tra loro, ma nella quale si potevano fare delle interessanti scoperte aprendo un vecchio baule e trovandoci dentro qualche antico libro davventure, oppure qualche giocattolo impolverato e consumato dallenergia selvaggia con cui stato maneggiato. Non c pi la piccola stradina ghiaiosa, che con qualche piccolo sforzo percorrevo per arrivare fino alla porta dingresso e da l entrare nellampia cucina, dove dei mobili verniciati di verde acqua facevano da trono ad un bellissimo vaso di fiori, appena colti dal vicino campo. Tutto ci si sarebbe potuto imprimere su una tela, per cogliere non solo lanonima disposizione di pietre ed oggetti, ma anche il riflesso della luce e dellombra in quella particolare mattina di gennaio, o lo scorrere dellacqua in quel pomeriggio destate. Invece ora tutto perso, relegato a qualche instabile immagine mentale che col tempo verr modificata e, forse, cancellata. Nulla rimane intatto nella memoria. Non lasciarsi sfuggire nemmeno un istante di vita, fissando nella memoria gli istanti pi intensi, tentando di sottrarli il
119

pi possibile al distruttivo ed inesorabile trascorrere del tempo. Questo ci che questi grandi artisti volevano comunicare con le loro tele. Alla luce di ci, non posso certo rimanere indifferente alle sensazioni che procurano questi sapienti schizzi d'olio e acquerello. Serata Resi ormai nevrastenici dal terrificante caldo cittadino, facciamo una veloce puntatina allHotel des Invalides, dov' custodita la tomba di Napoleone Bonaparte, il sanguinario condottiero colpevole di averci provato una volta di troppo quando ormai era gi quasi tutto suo. La forma di questa cassa di legno lucente indefinibile: sembra un pasticcino, ma sono ben accette altre interpretazioni. Curiosamente, la salma del celeberrimo condottiero riposa qui, ma una sua piccola parte sta invece a New York, acquistata da qualche macabro collezionista, e lascio immaginare quale possa essere questa fantomatica parte! Siamo piuttosto stanchi e affamati, perci prima di uscire nuovamente ci concediamo una lunga pausa in ostello. Mentre stiamo mangiando tranquillamente, si avvicina a noi una delle receptionist dellostello, una ragazza pi o meno della nostra et, che ci ha riconosciuto come suoi connazionali. Finalmente troviamo qualcuno con cui parlare in italiano. Ci che apprendiamo di lei che originaria di Milano ma ora vive a Parigi allincirca da dieci mesi, e si nota da come parla il francese, in maniera sciolta e senza tentennamenti. Solo la pratica costante pu dare questi risultati. Penso che il lavoro di ostellante non sia niente male: si imparano lingue diverse, si vedono tante persone provenienti da tutto il mondo, si possono ampliare gli orizzonti scambiandosi opinioni tra culturema forse non sempre cos. Come succede per ogni attivit che si trasforma in lavoro, probabilmente non cos bello come sembra. Purtroppo possiamo chiacchierare poco, dato che continuano ad arrivare nuovi clienti. Per mezzora non arrivato nessuno, e proprio adesso arrivano tutti assieme! Pazienza, ci consoliamo con una lunga passeggiata sugli Champs Elysees. Si va dallArco di Trionfo alla Place de la Concorde, chiamata cos perch fu teatro di un orrendo massacro e si tent in seguito di renderla un posto meno macabro, cambiandole il nome. Vedendola ora, luccicante e splendente, non si direbbe proprio che qualche
120

secolo fa ci sia stata unefferata strage. Tutto il viale ha questaspetto lucente e ricco: non mancano nemmeno le sorprese, come uno stand automobilistico che espone vetture messe in verticale, auto depoca, un impressionante motore a dieci cilindri e addirittura una vera Formula 1, nella quale ci si pu sedere per provare una simulazione di guida su schermo. Voglio provare anchio! Durante la coda osservo le prestazioni altrui e mi dico che io sar sicuramente in grado di fare di meglio. Dopo una decina di minuti tocca a me: mi fanno infilare delle soprascarpe per non insozzare labitacolo, poi mi danno qualche informazione sul forte rinculo del volante, e finalmente posso scatenare i miei istinti da pilota. In due giri esco di pista almeno dieci volte. Tutto appare sempre cos facile, quando lo si vede fare dagli altri Terminato il viale, iniziamo subito a cercare un ristorante tipico francese. Sarebbe troppo vergognoso passare cinque giorni a Parigi tirando avanti sempre a fast food e cibo comprato al supermercato. Questa sera, costi quel che costi, vogliamo provare qualcosa di tipico. Dobbiamo girare un bel po prima di trovare un locale soddisfacente, ma infine arriviamo a scoprire un posticino carino, situato lungo un vicolo piuttosto buio e pieno di tavolini, adatti per romantiche serate al chiaro di luna. C posto solo dentro, e miracolosamente ci sono giusto due sedie per noi, nel pienone generale. Sul tavolo c un antipasto di olive speziate, e perfino qualche gessetto, che non si capisce bene a cosa serva. La giovane cameriera gentile fin da subito con noi (addirittura parla inglesemiracolo), ma la lista ovviamente scritta in francese. Per non perdere mezzora a chiedere cos questo e cos quello, ordiniamo praticamente a caso, confidando nel buon suono delle parole, che speriamo si rifletter anche sul gusto delle pietanze. Ricevo come antipasto una gelida brodaglia di pomodoro alle spezie, talmente fredda da farmi venire quasi i crampi allo stomaco. Per giunta tantissima. Gustosa certamente, ma non ce la faccio proprio a finirla. Arrivano poi i secondi piatti. Davide ha ordinato alcune specie di funghi poco identificabili serviti con carne, mentre a me arrivano dei canederli di pane con verdure e pasta, un blob indefinibile e talmente gommoso da far fatica a deglutirlo. Il sapore per non male. Il problema che ci vengono portate anche due enormi porzioni di patatine fritte, che non erano segnalate nel menu ed evidentemente sono offerte indipendentemente da ci che si
121

ordina. Basta, non se ne pu pi! Siamo venuti qua per evitare di mangiarne ancora! Tutto questo cibo salato, inoltre, causa una sete ardente. Non ho il coraggio di fermare le cameriere per chiedere dellaltra acqua, vedendo che sono talmente oberate di lavoro da non potersi fermare nemmeno un secondo. Mi ricordano molto le mie giornate in ospedale, nei turni in cui il diavolo ci mette la zampa e c veramente confusione. Noto la stessa frenesia, la stessa ansia di fare tutto quello che bisogna fare nel minor tempo possibile, gli stessi passi veloci e gli ancora pi veloci monosillabi lanciati ai clienti che chiamano, come quando due persone stanno male contemporaneamente e c la nonnina attaccata al campanello che deve andare al bagno ogni cinque minuti. Per solidariet con i miei colleghi, sto zitto e sopporto un po la sete, fino a quando proprio non si fa bruciante. Sono sicuro che hanno gradito, seppur inconsapevolmente. Dopo aver terminato la pantagruelica cena con un ottimo sorbetto al limone, arriva il momento di pagare il conto. La nostra cameriera ci informa, guardandoci negli occhi con unespressione molto intensa, che la mancia non inclusa. Purtroppo, oltre alle banconote di grosso taglio ci sono rimasti solo pochi spiccioli. Dare una mancia cos ridicola imbarazzante, ma non faccio in tempo a decidere cosa fare che la ragazza gi tornata per riscuotere. Prende le monetine, fa un sorriso forzato e ci ringrazia con un secco Thank you. un chiaro segno che s irritata, altrimenti avrebbe detto Merci. Inutile tentare un atto riparatore, se n gi andata. Non ci rimane altro da fare che prendere la porta e uscire. Cos si conclude la nostra permanenza a Parigi. Lindomani riusciamo a salutare velocemente litaliana receptionist, e poi via, verso nuove mete. Versailles Oggi ci aspetta la magnifica Reggia di Versailles, ma la giornata fin dallinizio piuttosto difficile. Per cominciare, il nostro treno ferma a circa un chilometro e mezzo dalla Reggia. Anche se la strada per raggiungerla tutta in discesa, ci non rappresenta una grande consolazione, poich al ritorno quel chilometro e mezzo dovremo ripercorrerlo in salita, appesantiti dagli zaini. Ovviamente la stazione sprovvista di lockers per i bagagli, dato che quando servono non
122

ci sono mai, e cos continuiamo a camminare, sperando che almeno nella Reggia ci sia un posto dove stipare i nostri mostri da spalla. Versailles non di per s una cittadina attraente: ha laria sporca e mal tenuta, le strade sono piene di barboni che chiedono lelemosina tra odori nauseabondi, le costruzioni sono architettonicamente brutte. Lunica attrattiva la maestosa Reggia, simbolo della potenza del leggendario Re Sole Luigi XIV, il quale impieg una quantit enorme di risorse e di fondi pubblici per costruirla e mostrare cos a tutto il mondo la sua potenza e nobilt. Quella corsa al prestigio oggi pu apparire vanagloriosa, ma ha comunque permesso che venisse costruita una vera meraviglia. Nonostante la Reggia non mi sia nuova, percepisco subito che diversa dallultima volta che lho vista. Stavolta molto pi affollata. Lampio piazzale infatti stracolmo di persone, disposte in una lunghissima e scoraggiante coda a serpentone. Non ci sono indicazioni per capire da dove si entri, cos ci mettiamo anche noi in coda, sotto il sole, con gli zaini pesanti in spalla e senza bere. Dopo unora passata cos, siamo gi sfiniti e daremmo qualsiasi cosa pur di poter incenerire la folla e passare al primo posto. Ad un certo punto, una voce annuncia dallaltoparlante: Ricordiamo che i giovani sotto i ventisei anni possono entrare direttamente, senza fare la coda. L per l pensiamo ad uno scherzo, o di non aver capito bene. In ogni caso, non ci muoviamo dal nostro posto. Se anche fosse vero, ormai la coda quasi finita e non saggio abbandonarla proprio adesso, col rischio di ritrovarci doppiamente turlupinati. Dopo un altro quarto dora infernale, finalmente la biglietteria conquistata. Una signora giapponese, che ha il compito di smistare i turisti, ci chiede let, e quando gliela comunichiamo ci spedisce immediatamente dallaltra parte della piazza, dove c una coda molto pi breve. Abbiamo fatto unora di fila per niente. Nel minuto di strada che ci separa dallentrata, Davide insulta vivacemente tutto lalbero genealogico francese a partire da Carlo Magno, senza mai riprendere fiato. Se solo questi genialoidi avessero messo qualche indicazione chiara allingresso...ma non finita qui. Ci sono ancora i bagagli da depositare, poich non possiamo visitare la Reggia con gli zaini pesanti sempre addosso. Meravigliandoci di non trovare nessuno che lascia gli zaini oltre a noi, ci dirigiamo al piccolo bancone del deposito. Il luogo presidiato da una gentilissima signora francese, che per metterci a
123

suo agio continua a farci cenno di no e a parlare esclusivamente in francese, bofonchiando qualche frase incomprensibile. Temiamo che i bagagli siano troppo grossi e che quindi non ce li vogliano tenere, ma dopo un minuto di tentati chiarimenti guardiamo alla nostra destra e vediamo unaltra coda chilometrica, parallela a noi. quella la vera coda per il deposito bagagli. Quando finalmente riusciamo ad entrare, siamo gi distrutti. Non il miglior modo di cominciare la visita, ma limportante che siamo infine riusciti ad entrare. Le numerosissime stanze sono sfarzose fino alleccesso, con letti a baldacchino, statue placcate doro, intarsi, quadri, preziosi tappeti e arazzi, mobilio antico e tanto altro ancora. La meravigliosa sala degli specchi lemblema dellintera Reggia: i suoi lampadari di cristallo pendono sulle nostre teste da una discreta altezza, mentre il lunghissimo salone ha pareti interamente tappezzate da specchi, che formano interessanti illusioni ottiche. Esse si apprezzerebbero molto meglio se il salone non fosse quasi completamente pieno di persone, in particolare di infervorati giapponesi. meglio recarsi alla Reggia quando non c ancora nessuno, poich gli ingorghi di persone smorzano almeno di met la bellezza complessiva dellopera. Mi ricordo bene di quando, in occasione del mio precedente viaggio in Francia, sbagliammo a puntare la sveglia e ci alzammo con ben due ore d'anticipo, traditi dall'ora legale. Una volta svegli, decidemmo di muoverci comunque subito verso la Reggia, poich sarebbe stato poco sensato riaddormentarsi e poi risvegliarsi di nuovo. Cos facendo, ci godemmo una splendida visita: la Reggia era praticamente vuota. Quando dopo due ore uscimmo, non dimenticher mai la scena delle orde barbariche di turisti giapponesi che si stavano velocemente avvicinando, riempiendo il piazzale in pochissimi minuti. Se fossimo arrivati allora che avevamo stabilito inizialmente, ci saremmo trovati nel bel mezzo di una calca insopportabile, proprio quella che invece ho trovato oggi. Ma la Reggia rimane comunque un pezzo molto grosso, affollata o meno. Anche i giardini, curatissimi ed estesi per centinaia e centinaia di metri fino quasi allorizzonte, sono ragguardevoli. Peccato solo che la bianchissima ghiaia rifletta il sole negli occhi con unintensit abbacinante, da far fatica a tenere gli aperte le palpebre. Mi manca giusto una congiuntivite per coronare

124

al meglio questa difficile giornata. Meglio non trattenersi troppo e partire subito per Chartres. Langolo rosso Distrutti dal caldo e dal lungo tragitto in salita occorso per tornare alla stazione, ci lasciamo finalmente cadere su uno dei pochi posti disponibili del treno per Chartres. Ci troviamo in corrispondenza delle porte e siamo costretti ad utilizzare i sedili reclinabili, a causa della mancanza di luoghi migliori. Lo spazio per gambe e zaini non ottimale, ma in qualche modo ci sistemiamo ugualmente, soffrendo per un caldo senza precedenti. La poca acqua che ho bevuto durante il giorno contribuisce ad aumentare la sensazione di malessere. Ho un po di nausea e sono in preda ad una sete inestinguibile. Trangugio di malavoglia gli ultimi rimasugli d'acqua clorosa che stagnano in fondo alla bottiglietta, ma non mi aiutano affatto a placare la sete. Il viaggio pare non terminare mai. Ogni volta che sentiamo il treno rallentare pigramente fino ad arrestarsi in una delle innumerevoli stazioni intermedie, limpazienza ci prende e vorremmo solo che il treno ripartisse alla massima velocit, senza pi fermarsi, fino a Chartres. Purtroppo, le stazioni disturbatrici sono veramente tante. In questa condizione trascorriamo ancora unoretta. Ad un certo punto decido di recarmi al bagno, che si trova appena dietro il mio sedile. Non accorgendomi della presenza della banda rossa in corrispondenza della serratura, la quale segnala che il bagno chiuso dallinterno, abbasso la maniglia con forza, facendo un gran rumore. Immediatamente sento un incomprensibile grido provenire dallinterno del bagno, e prima che possa muovere un passo per tornare al mio posto, la porta del bagno si apre e ne fuoriesce un tizio sui venticinque anni, dalla carnagione leggermente scura ed olivastra. Ha un che di straniero, forse ha origini nordafricane. Piantandomi addosso uno sguardo irato, comincia subito a tempestarmi di parole, e ovviamente parla solo in francese. Che vuole questo adesso? Evidentemente irritatissimo per qualcosa che ho appena fatto, altrimenti non avrebbe mollato la sua attivit solo per venire a rompere le scatole a me. Non capisco nulla del suo discorso, ma intuisco che accenna al fatto che potevo tirargli una mazzata in testa se lui non avesse chiuso a chiave la porta. In effetti,
125

il gabinetto minuscolo e la porta si apre verso linterno. In ogni caso queste sono solo mie supposizioni, poich il ragazzo parla cos velocemente da non lasciarmi modo di intendere nulla. Lunica cosa che capisco senza bisogno di traduzioni che incavolato nero con me. Quando finalmente finisce la sua arringa e si zittisce per vedere cosa gli rispondo, decido di dirgli la verit, cio che non ho capito assolutamente nulla di ci che ha detto. Glielo dico in italiano, e lui risponde Oksee you later. A parte aver tentato di aprire la porta con un po troppa foga, non riesco a trovare qualche cosa che possa averlo fatto arrabbiare, forse ce lha con gli italiani o pi probabilmente gi incavolato per i fatti suoi, e se l presa con me perch sono il primo che ha trovato sulla sua strada. Tuttavia, decido che meglio non rimanere l ad aspettarlo e me ne torno a sedermi al mio posto. Poco dopo, lo strano figuro esce dalla toilette. Davide, che dalla posizione in cui si trova pu vedere la carrozza che ho alle spalle, mi comunica che andato subito a sedersi in fondo al vagone, piuttosto lontano da me. Dalla sua posizione il tizio non pu vedermi, a meno che non si metta a cercarmi carrozza per carrozza. Non tento di tornare al bagno per non incrociarlo di nuovo. Non si sa mai che genere di teste calde si possono incontrare, magari spalleggiate da altre personemeglio evitare possibili guai. La lieve tensione che mi salita dopo il piccolo incidente non fa altro che peggiorare le mie gi precarie condizioni fisiche. Inizio a sudare un po pi abbondantemente di prima, ed ora come non mai non desidero altro che il treno si fermi a Chartres, e che possibilmente lantipatico personaggio non scenda alla mia stessa fermata, cos da non rivederlo mai pi. Il caldo ora si fatto veramente insopportabile, e per giunta abbiamo finito le scorte dacqua. Finalmente, per, arriviamo alla benedetta stazione di Chartres. Non appena le porte si aprono, scendo velocemente dalla carrozza, felice di essere finalmente smontato da quel treno, che tra calore e incontri ravvicinati mi stava veramente dando sui nervi. Chartres Gi notevolmente rinfrescati dal solo contatto con laria esterna, ci sediamo su una panchina della stazione per decidere quale sar la nostra sistemazione. Dopo aver valutato distanze e prezzi,
126

scegliamo un alberghetto economico proprio di fronte alla stazione. Mentre risistemiamo lo zaino sulle spalle, scorgo di nuovo il tizio di prima, sceso con noi insieme alla stragrande maggioranza dei passeggeri. Mi passa vicino guardandomi fisso per qualche secondo, ma poi si accorge che non sono solo, e si allontana in direzione opposta. Lo vedo salire su un autobus e sparire, questa volta definitivamente. Davanti allalbergo c un uomo di mezza et, con i capelli raccolti in una coda e laspetto vagamente trascurato, che sta fumando tranquillamente una sigaretta. Evidentemente il proprietario, poich nota subito la nostra indecisione di fronte al cartello con i prezzi e ci chiede se abbiamo bisogno di qualcosa. Tanto per cambiare, luomo non parla una parola dinglese, ma dopo un po capiamo che ci sta offrendo una camera con letto matrimoniale. Un po scomoda, ma pi economica di una normale camera doppia con letti separati. Davide tentenna un po, notando che lalbergo sembra piuttosto malridotto e fatiscente, ma dopo qualche mia insistenza si convince che meglio buttarsi sullopportunit. Finiamo quindi con laccettare lofferta ed entriamo per pagare e firmare le dovute carte. Luomo tenta di spiegarci le regole dellalbergo con i gesti, uniti ad un francese perfettamente scandito, che risulta molto pi comprensibile del francese sparato a tutta velocit dallo squilibrato sul treno. Poi sale con noi fino alla camera per mostrarcela, e casualmente nel momento dei saluti dice una parola in spagnolo. Subito gli rispondo nella medesima lingua, e scopro cos che luomo di origine spagnola e abbiamo finalmente trovato una lingua in cui possiamo comunicare! Aver studiato lo spagnolo per qualche mese da autodidatta mi stato utile. Parlando in modo abbastanza fluido nonostante la scarsa pratica, intavolo una conversazione con lui, e ci capiamo perfettamente. Quasi mi rimprovera, bonariamente, per non averglielo detto prima! Gi che ci sono, approfitto per chiedergli se domani mattina avremo problemi nel caso in cui dovessimo ripartire molto presto. Lautobus che ci interessa, infatti, parte alle sei e mezza. Ci risponde che non c nessun problema e possiamo uscire a qualunque ora. A questo proposito, ci mostra perfino un curioso trucco per far scattare la serratura della porta anche dallesterno, senza usare le chiavi, in modo da potercene andare a qualunque ora senza bisogno di nessuno. Che albergo singolare. Peccato che abbia anche i soliti
127

inconvenienti tipici degli alberghi economici, come la vaporosa carta igienica rosa che non ne vuole proprio sapere di andarsene dal water, nonostante tiriamo lo sciacquone decine di volte. Ancora piacevolmente sorpresi dallo sviluppo della situazione, non ci sdraiamo nemmeno sul letto, nonostante la stanchezza accumulata. Le forze ci sono tornate rapidamente. Quella che era iniziata male e continuata peggio si improvvisamente trasformata in unottima giornata, e cavalcando londa partiamo immediatamente con la visita di Chartres. La principale attrazione della citt la splendida cattedrale duecentesca. Le sue due guglie hanno stili differenti: una romanica, laltra gotica. Questo imponente e meraviglioso mucchio di pietra crollato ed stato ricostruito per ben quattro volte, prima di trasformarsi in ci che vediamo ora e che fortunatamente resiste dallanno 1260, durante il quale la chiesa venne definitivamente consacrata. La cattedrale ha rischiato nuovamente di essere distrutta durante la Rivoluzione, quando si voleva eliminare limmagine dellopulento clero, ma si salvata unicamente per la lentezza delle mostruose pratiche burocratiche che tanto piacciono ai francesi. Le lungaggini, infatti, furono tali che lidea di distruggere la cattedrale venne dimenticata prima che i funzionari riuscissero a sbrogliare tutte le formalit necessarie. Sono perci rimaste le preziosissime vetrate istoriate, considerate le pi importanti di tutto il tredicesimo secolo; i possenti pilastri, che sembrano in grado di reggere pesi immani; le stranissime statue, che pullulano sulle pareti laterali esterne. Sul pavimento della navata centrale disegnato un labirinto, simbolo del difficile cammino che luomo deve compiere per rimanere sulla retta via. Esternamente, la cattedrale inganna. Sembra che tutto ci che ci sia da vedere consista nella facciata anteriore, ma in realt la costruzione molto estesa, conseguenza delle numerose ricostruzioni. Alcune sue parti, infatti, sono sopravvissute ai disastri e sono state usate come base per ricostruire il resto, perci la cattedrale si progressivamente allungata. Nei dintorni della cattedrale si snoda un insieme di viuzze suggestive, che percorriamo senza troppa fretta, anche perch ha iniziato da poco a salirmi un leggero mal di stomaco, come una sensazione di costrizione che non passa. Forse sto abusando delle mie forze e mi sono dimenticato troppo in fretta di quella strana sete incoercibile che
128

sono riuscito a domare solo in apparenza. Ci districhiamo tra alcuni cespugli, accuratamente potati per assumere forme geometriche precise, poi attraverso canali e ponticelli, fino ad arrivare in una pittoresca zona dove si staglia qualche casa con alcune curiose travature scure, in rilievo sul fondo bianco. Mi ricordano molto le case di Bergen. Percorrendo strade molto ripide e passando di fianco a numerosi parchi e aiuole fiorite, il mio malessere aumenta ancora un po, perci ritorniamo indietro per costringerci a riposare degnamente. In albergo mi accorgo di essermi ammalato: anche questanno non sono riuscito a farmi il mio viaggio senza sorbirmi almeno un giorno di febbre. Forse stata la giornata massacrante, combinata al caldo, o forse mi sar preso il virus della febbre suina che tanto sta imperversando in questo periodo, specie in chi si avventura allestero ed entra in contatto con molte persone. Scarto questultima improbabile ipotesi, propendendo decisamente verso la prima, pi banale ma pi veritiera. La serata trascorre in modo incerto: prima tento di resistere bevendo molta acqua e tentando di non farmi vincere dal sonno, ma poi arrivano i brividi e il caldo, cos mi rintano sotto le coperte. Stranamente, appena mi sono messo a letto fa capolino in camera il nostro albergatore, che apre la porta con il passepartout. Fatti pochi passi nella stanza si accorge che ci siamo noi e si blocca, con una certa sorpresa. Dopo averci salutato e chiesto come va, saluta e sparisce. Ma perch entrato se poi non ha fatto niente? Potrebbe essere solo un controllo di routineoppure era un tentativo di furto? Dobbiamo ricordarci che stiamo in un albergo molto sgangherato e leventualit non del tutto impossibile. Voce nel deserto Giusto per aiutarmi a riposare meglio, alle tre di notte vengo svegliato da un pazzo, che grida e sproloquia ininterrottamente proprio sotto la nostra finestra. Il delirante discorso in francese, ma non occorre essere laureati in lingue per capire che questuomo decisamente arrabbiato, e lo sta urlando a voce altissima, solo un po disturbata da un probabile eccesso d'alcool o droga. Drizzando le orecchie riesco a distinguere qualche fonema, ma lunica parola comprensibile che riesco a registrare racisme. Il resto una
129

confusione di suoni e vocalizzi, apparentemente senza senso. Ripete poi insistentemente parole che suonano Scitoon e Vessaver, che sono il suo intercalare pi frequente. Pi avanti scopriremo, con laiuto di qualcuno competente in lingua francese, che questi epiteti corrispondono probabilmente a Sci tout!, che significa andate tutti a quel paese, e Vers a ver!, cio Versa un bicchiere. Non c verso di attenuare il rumore: pur chiudendo ermeticamente tutte le finestre, continuiamo a sentirlo. Solo dopo una buona mezzora di continue urla, il buontempone viene finalmente raggiunto da altre persone, forse la polizia. I nuovi arrivati ripetono concitatamente La verit, la verit!. Forse stanno cercando di assecondarlo per farlo smettere. Alla fine ci riescono e lo conducono via, anche se per qualche minuto si sente ancora gridare in lontananza. Poi il silenzio. Forse lalcool e la droga, di cui luomo sicuramente imbottito, hanno finalmente avuto il sopravvento. Quattro stagioni Alle sei di mattina la sveglia suona, impietosa. Nonostante siamo riusciti a riaddormentarci abbastanza in fretta, non abbiamo riposato granch questa notte, grazie al simpatico strillone notturno. Tuttavia, sembra che la febbre mi sia passata, anche se noto subito che qualcosa in me non gira per il verso giusto. In particolare, la frequenza cardiaca si assestata su valori alti, che non diminuiscono mai, indipendentemente dalla quantit di liquidi che bevo e dagli sforzi che faccio. Riconosco i sintomi di un probabile colpo di calore da carenza di liquidi e sali minerali, ma per adesso non ho tempo di curarmi, poich tra venti minuti partir lautobus per Tours. Recuperate in fretta tutte le nostre cose, scendiamo e troviamo lalbergatore che pare attenderci alla reception, nonostante lora da allodole. Strano che sia sveglio a questora: ci ha perfino dato istruzioni per cavarcela da soli e uscire quando non c nessuno, ed ora invece l. Pazienza, meglio cos. Lo salutiamo e ringraziamo per lultima volta, poi attraversiamo la piazza per prendere il bus, atteso da cinque o sei persone oltre a noi. Non mi sento molto bene, ma cerco di non pensarci. Non ho fatto uno straccio di colazione n voglio tentare di farla, poich lo stomaco chiuso in una morsa. Durante il tragitto tento di rilassarmi ascoltando un po di musica e conciliandola alla perfezione con il
130

paesaggio: pianure sterminate, illuminate dal primo sole del mattino, che ben si sposa con le atmosfere rarefatte della canzone che ho scelto ora. Come al solito, ad ogni nota corrisponde unemozione. Il brano successivo, lungo quasi venticinque minuti, mi fa vivere momenti molto intensi. La prima delle sette parti totali, lAlba Cremisi, introdotta da un delicato ma potente arpeggio di chitarra, che lentamente esplode in un intreccio strumentale ritmato e potente. Esso ha lo scopo di introdurre nel migliore dei modi Innocenza, nella quale il protagonista declama con forza la sua nuova sensazione di purezza e libert. Egli ricorda di quando vide, ancora con la mente sgombra da pregiudizi, una bellissima alba, e di come si immagin cosa sarebbe potuto succedere di grandioso nella sua vita. Sono le stesse sensazioni che provo ora, osservando il paesaggio. Ma ora il brano vira decisamente verso la depressione, come rapito da una dolorosa consapevolezza che matura allimprovviso: di quei giorni felici ora rimasto solo il ricordo, e tutto perduto. La paura invade il protagonista, ed egli sente che deve cogliere lattimo fuggente, o dovr fermarsi per sempre ad aspettare che maturi un grano che non mai stato seminato. Carpe Diem, il titolo della terza parte. La vita non sar sempre cos com ora, afferma con protervia il protagonista. E come dargli torto? Quando ripenso a ci che in passato stato bello e che ora solo un ricordo, anchio provo esattamente quello stato danimo. Il viaggio dellanno scorso finito, in un attimo. E quello che sto vivendo ora, quanto durer? Finir anche lui cos presto, impietosamente? Il pi Oscuro degli Inverni seguir a questa estate? E tutto evolver, come nel brano che ormai ha superato la met, in un niente, un vuoto di perdita che nulla sembra riuscire a colmare? La disillusione prender il sopravvento, catapultandomi in un Altro Mondo fatto di nichilismo, sfiducia e sotterfugi? LInevitabile Estate aiuta a cancellare per un attimo questi pensieri, con i suoi virtuosismi che temporaneamente saturano i sensi. Ma lepilogo del Tramonto Cremisi non lascia scampo: arrivato alla fine della vita, tempo di tirare le somme e di scoprire se si lasciato qualcosa di valido in questo mondo. Il crescendo finale, rabbioso e appassionato, termina nuovamente con larpeggio di chitarra iniziale, chiude definitivamente il cerchio e presenta il conto.

131

Prestigio Ci fermiamo un paio di volte lungo la strada, per far salire e scendere delle persone e per cambiare autista, ma presto siamo gi arrivati alla stazione centrale di Tours. Ora mi sento abbastanza bene. Questa citt la base per visitare tutti i numerosi Castelli della Loira. A volte i collegamenti con essi sono difficili, ma ci siamo informati molto bene e contiamo di riuscire a visitarne un buon numero. Scendiamo dal bus per recuperare i bagagli rimasti nel vano, ma qualcosa non quadra. Davide trova subito il suo zaino, ma il mio non c pi. Guardo meglio, per accertarmi che magari non sia finito in qualche anfratto nascosto, ma niente. Istintivamente mi guardo attorno e giro attorno allautobus per vedere se qualcuno per sbaglio non abbia preso il mio zaino, ma poich siamo scesi per ultimi, ormai se ne sono gi andati tutti. Il vano rimasto desolatamente vuoto. Mantengo la calma, anche se ho gi capito cos successo e non inizio nemmeno a darmi false speranze. Faccio capire allautista, un po in inglese e un po a gesti, che il mio bagaglio scomparso. Lui capisce quasi subito qual il problema, e in preda alla sorpresa pi totale si mette anche lui a cercare ovunque, ma senza successo. Non essendoci pi opzioni, non possiamo fare altro che seguire lautista nel punto informazioni davanti al quale ci siamo fermati, per cercare il responsabile della stazione e farci dare una mano a risolvere il problema. Lautista e limpiegato comunicano tra loro, poi ci chiedono la nostra nazionalit, ed infine ci fanno aspettare per una decina di minuti. Sono matematicamente sicuro che il bagaglio stato rubato. Se fosse stato semplicemente scambiato, sarebbe rimasto almeno un altro bagaglio al posto di quello erroneamente preso. Comincio a valutare mentalmente la situazione che si venuta a creare: nello zaino avevo le fotocopie dei documenti, i vestiti di ricambio, la mantella impermeabile, il sacco a pelo, un asciugamano, le medicine e il kit di pronto soccorso, un paio di pile ricaricabili, e anche un po di soldi, imprudentemente lasciati in un portafogli di riserva. Mai e poi mai lasciare i soldi nello zaino, per nessun motivo. Ora lho imparato a mie spese! Nel frattempo che penso a tutte queste cose, cercando di capire come possa essere successo questo spiacevole imprevisto, arriva il responsabile della stazione. Lhanno scelto apposta per aiutarci a sbrogliare il caso, poich originario della zona del Garda e quindi
132

parla un ottimo italiano, sebbene pesantemente contaminato dallaccento francese. Evidentemente, vive e lavora in Francia da cos tanti anni che ha assimilato totalmente la nuova fonetica. Gli descriviamo sinteticamente la situazione, poi gli assicuriamo che nessuno sapeva dove questa mattina eravamo diretti e che non abbiamo fatto assolutamente niente di strano prima di salire sullautobus. Siamo scesi solo a destinazione, non abbiamo parlato con nessuno, e prima di partire non abbiamo certamente visitato bar o altri posti simili, dove potremmo essere stati silenziosamente adocchiati da qualche ladro di bagagli appostato presso la stazione. Ci vengono in mente tante ipotesi e tante conseguenti contraddizioni: se veramente qualcuno alla stazione di Chartres ci ha tenuto docchio, perch ha scelto il mio zaino, molto pi brutto e povero di quello di Davide? Siamo stati veramente puntati da un ladro che ha organizzato tutto fin dallinizio, o si trattata solo di semplice sfortuna? E chi avrebbe potuto rubare lo zaino, se non uno dei passeggeri che sono scesi nelle stazioni intermedie? Come avr fatto a passare inosservato a ben due autisti? E lalbergatore, che questa mattina pareva aspettarci, potrebbe essere coinvolto? Ci spiegherebbe quella strana levataccia che ha fatto. Sapeva che saremmo partiti presto. Sarebbe anche pi chiaro il motivo della sua strana irruzione in camera la sera prima. Magari si alzato presto apposta per mandare un complice sullautobus, il quale ha rubato lo zaino in fretta e furia prima che partissimo, e poi ha riportato indietro i soldi al suo mandante. Ma nessuno sapeva che tenevo anche dei soldi nello zaino! Al massimo potrebbe averlo immaginato. E come avrebbe fatto a passare inosservato? La versione pi probabile, sostenuta anche dal responsabile della stazione, che qualcuno abbia approfittato di una delle soste intermedie e nella confusione generale abbia trovato qualche secondo per arraffare il bagaglio e allontanarsi velocemente. Ci potrebbe riuscire anche un pivello qualunque, con una sufficiente dose di destrezza e fortuna. Certo, sarebbe stato sicuramente pi prudente da parte nostra scendere ad ogni fermata, per controllare che nessuno toccasse gli zaini, ma chi va a pensare che possa succedere una cosa del genere? Bisogna proprio girare con il costante timore di essere rapinati? A me non passata nemmeno per la testa leventualit di un furto, e dire che di solito sono particolarmente attento a non farmi rubare niente e ad evitare individui poco raccomandabili. il colmo che sia successo proprio
133

a me, che in metropolitana tengo tutto il tempo la mano sulla tasca del portafogli! Ma c anche la ciliegina sulla torta. Il responsabile, infatti, ci assicura che la prima volta in dieci anni che succede una cosa del genere. Sono proprio fortunato. Luomo, al quale nella fretta non abbiamo nemmeno chiesto il nome, ci accompagna allufficio oggetti smarriti, facendoci da interprete. Devo riempire qualche modulo e poi recarmi al commissariato, a circa mezzo chilometro di distanza, per denunciare il furto a fini assicurativi. Purtroppo, egli non pu accompagnarci personalmente dato che ha altri impegni, ma il suo aiuto stato comunque prezioso. Lo ringraziamo e cominciamo svogliatamente a camminare verso il commissariato. Ci mancava giusto il furto, adesso. Fortunatamente, per non so quale segno del destino, ho ancora con me lo zainetto contenente tutti i documenti, la carta di credito, la macchina fotografica e il biglietto Interrail. Se mi avessero rubato anche quello, la nostra vacanza sarebbe probabilmente finita allistante. Forse solo grazie a questo, se ho mantenuto fin da subito la calma e non sono caduto preda dello sconforto. Non abbiamo ovviamente intenzione di interrompere la vacanza. Un misero ladruncolo non pu rovinarci tutto cos facilmente. Davide mi prester un po di ricambi di biancheria, per il resto ci arrangeremo. Se non altro, ho risolto il problema dello zaino troppo pesante. Al commissariato La receptionist del commissariato parla un inglese molto stentato, ma perlomeno si sforza di capirci e riesce ad incamerare che lo zaino mi stato rubato e non lho semplicemente perso. Il modulo che ho portato dalla stazione, con la descrizione dellavvenimento tradotta in francese, fa il resto. Dobbiamo aspettare una ventina di minuti prima che una poliziotta mi chiami nello studio, annunciando Monsieur Gat!. Solo grazie allintuito di Davide mi accorgo che cercano me. Io non lavrei mai capito sentendo pronunciare il mio nome in quel modo. La situazione in cui mi trovo abbastanza ridicola: in Italia non ho mai avuto rapporti significativi con la polizia, se escludiamo i classici alt alla dogana o per strada, n ho mai dovuto denunciare nulla, n sono mai stato vittima di furti. Mi tocca cominciare i miei rapporti con le forze
134

dellordine proprio qui in Francia, dove tra laltro linglese sembra essere considerato uno sconosciuto idioma dalcune trib primitive. Nello stanzino da interrogatorio, ovviamente, la prima cosa che chiedo alla poliziotta che mi riceve Parlez-vous anglais?, sperando in un miracolo. La risposta, ovviamente, negativa: dovr arrangiarmi con i gesti anche stavolta. Pi o meno capisco le domande che mi pone, perlomeno quelle a cui si pu rispondere con un s o con un no, ma la parte tragicomica arriva quando devo descrivere cosa cera nello zaino. Per far capire alla brigadiera che avevo un sacco a pelo, Davide mima il gesto di dormire e fa finta di imbozzolarsi, mentre per mimare lasciugamano non trovo di meglio che strofinarmi le braccia vigorosamente, come se stessi asciugando qualcosa. Alla fine comunque capisceOui, toilet! pi facile far capire soldi e fotocopie dei documenti: sufficiente mostrare gli originali che ancora possiedo. Incertezza dopo incertezza, finalmente lufficiale riesce a redigere un verbale, che riesco a capire abbastanza bene. Ovviamente non mi aspetto nulla dalle forze dellordine, che non possono certo mettersi a dare la caccia ad un ladruncolo di zaini morto di fame che ha rubato poche centinaia di euro, perci mi metto il cuore in pace e accetto che quello zaino non lo rivedr mai pi. Ironia della sorte, prima di partire avevo perfino appiccicato unetichetta allinterno, con scritto il mio nome e indirizzo, nel caso lo perdessi. Una precauzione che si rivelata molto utile! Una volta firmato il verbale originale e ricevutane la copia, non possiamo fare altro che salutare e andarcene in cerca dellostello, per darci almeno un po di tregua da tutte queste nuove emozioni sgradite. Ma nella sfortuna siamo stati fortunatissimi: ci viene in mente solo ora che lindispensabile guida turistica si trovava nello zainetto per puro caso, dato che di solito la lascio nello zainone. Sonno In questo momento non desidero altro che stravaccarmi su un letto, un po perch voglio incassare il colpo senza scocciature, un po perch lo spiacevole malessere e la tachicardia mi sono tornati nuovamente. Arriviamo allalloggio piuttosto stravolti, ma almeno alla reception troviamo una persona gentile, che parla bene linglese. Scopriamo ora che in realt lostello un vecchio dormitorio per
135

operai, usato come ostello solo durante lestate. La prima camera che ci viene proposta ha un letto solo, e tra molte scuse ci viene cambiata con unaltra, del tutto particolare. Larredamento a dir poco naif, con porte giallo canarino ed una geometria davvero singolare, dove predominano le linee inclinate. Traduco: si sbatte la testa contro il soffitto ogni due per tre. Il primo letto a terra, mentre il secondo si trova in una specie di mansardina, raggiungibile solo con una scala da muratore. Non si capisce bene perch i costruttori non abbiano deciso di mettere tutto su un solo piano, dato che lo spazio sarebbe stato sufficiente, ma tutto sommato la camera ottima ed incredibilmente economica. Lunica nota realmente negativa il caldo, soffocante e atroce. Il sole sta battendo fortissimo sulle due finestre, da ore. Anche se non abbiamo nulla per misurare la temperatura, possiamo affermare con certezza che supera i trenta gradi, e nella mansardina la temperatura almeno di cinque gradi pi alta. Davide si offre di dormire sopra, per non farmi stare ancora peggio di come gi sto. Il nostro eroe tenta di aprire labbaino per far entrare un po daria, ma non appena ci prova cadono sul letto decine di ragni ed insetti morti, cos desiste e si rassegna a soffrire il caldo. Io mi schianto sul letto senza pi dare segni di vita, addormentandomi in pochi minuti. Davide non prova nemmeno a sdraiarsi, vista linsopportabile temperatura, cos torna al piano di sotto e si dedica ai cruciverba, per tentare di ingannare un po il tempo. Ma dopo pochi minuti anche lui abbassa la testa sulle parole crociate, vinto dallaria torrida e dalla stanchezza, fino ad addormentarsi seduto, con la testa appoggiata sul tavolo e un braccio penzoloni. Dormiamo quasi unora e ci svegliamo praticamente allunisono. Io mi sento ancora pi rimbambito ed accaldato, per niente rigenerato dal breve riposo, mentre lui ha dei simpatici segni di pagine sul braccio e sulla testa, nei punti dove poggiavano. Una delle peggiori dormite della nostra vita. Nonostante abbia ancora i battiti del cuore velocissimi e il polso debole, ora mi sento abbastanza in forze per uscire a visitare Tours. Se non altro, ci mi aiuter a distrarmi. Tuttavia, la citt in s non offre molto di interessante, a parte la bella cattedrale, che per non riusciamo a distinguere dalle altre gi viste. Presto ho di nuovo quella strana sete. Forse meglio che non insista a bere lacqua di rubinetto, piena di cloro. A mano a mano che camminiamo verso
136

lostello, la sete diventa insopportabile e mi costringe a fermarmi nel primo chiosco che trovo, dove compro una bottiglia dacqua fresca di frigorifero. In tre sorsate ne prosciugo met. Facciamo una veloce spesa e torniamo subito alla base, dove finalmente mi stravacco per tutto il resto della serata senza pi muovermi. Giornata fallimentare. I battiti del cuore non si sono ancora normalizzati, ma ho davanti una notte di sonno e spero che sia sufficiente a rimettermi in pista come si deve. Inoltre, i succhi di frutta concentrati mi aiutano a reintegrare gli elettroliti persi, perci sono speranzoso di stare molto meglio domani. Questo finch non mi rendo conto che la mia urina ha assunto un simpatico colore arancione intenso. Potenti lampi e tuoni condiscono la nottata, insieme ad alcuni ragazzi che si mettono a parlare a macchinetta proprio sotto la nostra finestra, che si trova ad un piano elevato, ma non cos tanto da impedirci di sentire tutto ci che dicono. Sembrano discorsi molto concitati, ma le voci non sembrano quelle di gente ubriaca. Pare piuttosto che siano tutti impegnati in una mastodontica discussione filosofica ed esistenziale. I francesi studiano molta filosofia a scuola, ma ci non significa che per forza debbano parlarne ad alta voce, quando c gente che dorme tuttattorno. Fortunatamente, qualcuno dalle finestre vicine grida per zittirli, e presto possiamo dormire. I Castelli della Loira Inspiegabilmente, stamattina sto benissimo. La fastidiosa tachicardia definitivamente scomparsa, cos come la sete. Tuttavia, non mi fido troppo e spesso mi metto due dita sotto la mandibola, in corrispondenza della carotide, per verificare se veramente i battiti non aumentano pi. Davide non pu fare a meno di ridere, vedendomi continuamente con queste due dita stampate sul collo e lespressione assorta, ma io continuo imperterrito le mie indagini diagnostiche, e infine posso finalmente tranquillizzarmi. I sintomi sono scomparsi per davvero. I succhi di frutta e la notte di riposo hanno fatto il loro dovere. La gi modesta arrabbiatura per il furto quasi caduta nel dimenticatoio, e il viaggio pu continuare nel migliore dei modi. E cosa c di meglio di tuffarsi nella meravigliosa valle della Loira? Sparsi per queste verdi colline ci sono pi di
137

trecento castelli. Alcuni sono poco pi che residenze di campagna, altri sono veri e propri poderi sontuosi dalle eccezionali dimensioni. Non mancheremo di visitare i pi belli, i pi artistici e raffinati, i pi storicamente importanti. Oggi cominciamo dal castello di Chenonceau, situato nella quasi omonima e minuscola cittadina. La piccolissima stazione in cui arriviamo immersa nel verde, e latmosfera proprio quella di un minuscolo paesino conosciuto solo perch ospita il castello, ma che senza di esso sarebbe solo uno degli innumerevoli ed insignificanti borghetti francesi. Dopo un lungo viale, fiancheggiato da altissimi platani che creano un tetto naturale unendo le loro fronde, appare il castello vero e proprio. Le sue numerosissime volte di pietra si appoggiano elegantemente sul fiume: se non sapessimo che il castello stato costruito a partire da un ponte gi esistente, ci sembrerebbero a dir poco strane. Tra ponti levatoi, fossati e torri di guardia, ci sentiamo quasi catapultati nel mondo di Age of Empires, storico e meraviglioso videogioco ambientato in epoca medioevale. Ampi giardini fanno da degno contorno, con bellissime forme geometriche e fiori bianchi e rossi, che circondano aiuole allinglese e qualche rara fontana. Limpatto con questa solenne costruzione notevole, peccato solo che delle orribili impalcature la stiano deturpando ignominiosamente. Fotografare il castello senza includere grossi pezzi di travi e pertiche arrugginite unimpresa, ma il risultato finale comunque soddisfacente. Le impalcature non tolgono per il piacere di osservare il gioco di specchi dellacqua, le bianche pareti solo lievemente sbiadite, i numerosi abbaini e le piccole guglie. Nonostante la grandiosa apparenza dellesterno, linterno non regge il confronto: gli arredamenti sono un po poveri, mentre linsopportabile ingorgo di persone rende la visita alquanto difficoltosa. La parte pi interessante la discesa alle cucine, dove possiamo vedere tutti i vecchi attrezzi culinari medievali, uniti a plastici di cibo che riproducono fedelmente ci che si mangiava ai tempi. Cibo che probabilmente oggi sarebbe considerato buono solo per i cani. Gironzolando per il boschetto circostante, ci imbattiamo in un curioso labirinto dalle pareti di siepe. In un punto stanno in piedi quattro statue, incastrate su un colonnato con architrave. Queste strane sculture ci comunicano un vago senso di inquietudine: sembrano uscite direttamente da un libro di Tolkien, ma con una
138

sfumatura macabra. Rimaniamo a fissarle per un po, ogni tanto lanciando qualche furtiva occhiata al bosco silenziosoma ormai tempo di tornare indietro. Inaspettatamente, il tempo a nostra disposizione ancora molto e possiamo approfittarne per visitare anche il castello di Amboise, dove il grande Leonardo mor in gloria diversi secoli fa. Amboise una cittadina molto pi grande di Chenonceaux, e il suo castello si trova circondato dalle case, in cima ad unaltura. Per raggiungerlo dobbiamo farci qualche centinaio di metri a piedi ed attraversare un ponte, per poi perderci nelle intricate viuzze del centro. Fortunatamente, laccesso al castello segnalato molto bene, e in men che non si dica percorriamo una rampa ed entriamo. Per noi ancora una volta tutto gratis, dato che in Francia i siti di interesse culturale sono quasi sempre gratuiti per i ragazzi dellUnione Europea che hanno meno di ventisei anni. Lesterno del castello poco appariscente, ma la vista della cittadina e del fiume notevole. Dai parapetti si vedono tetti spioventissimi a perdita docchio, piuttosto inusuali per la latitudine a cui ci troviamo. Anche linterno di Amboise non stupefacente, ma in compenso qui si trova la tomba di Leonardo, conservata allinterno di una cappelletta e costituita da una semplice lapide di pietra, profondamente incassata nel pavimento lastricato. Gi che siamo qui, approfittiamo per vedere la tenuta di Leonardo. Per raggiungerla ci tuffiamo nuovamente nelle strette vie pedonali, lungo le quali ogni tanto si intravede qualche suggestiva casa, ricavata direttamente nella nuda roccia. La vecchia dimora di Leonardo immersa in un verdeggiante parco e conta numerosi edifici, alcuni dei quali ospitano i modellini delle sue invenzioni. Ce n per tutti i gusti. Il doppio scafo delle navi era utilizzato in guerra per difendersi dagli speronamenti, e tuttoggi viene costruito per le navi petroliere come prevenzione di disastri ecologici (che per si verificano lo stesso, basta pensare a quando sciacquano le cisterne in mare aperto). Ci sono i cuscinetti a sfera: sembra incredibile che li abbia inventati gi Leonardo. Anche il cambio meccanico, oggi utilizzato in tutte le nostre automobili, opera sua. Queste invenzioni sono in gran parte conosciutissime, ma chi mai va a pensare al genio di chi le ha create? Oggi diamo tutto per scontatoma ogni tanto farebbe bene fermarsi un po a riflettere.

139

Lindomani tocca alla cittadina di Blois, dalla quale partiamo per un tour organizzato che toccher i celebri castelli di Chambord e Cheverny. Prima per viene il castello della stessa Blois, che forse il meno interessante del lotto, anche se presenta molti elementi stilistici diversi, che lo rendono un ibrido tra tutti i castelli che visitiamo. Chambord, invece, assai pi spettacolare. Il pi grande dei castelli della Loira situato in una riserva di caccia privata e circondata da boschi su ogni lato, i quali rendono questo mostro di pietra abbastanza difficile da raggiungere. Ma con un autobus organizzato le cose sono pi facili: il logorroico autista, che non smette un attimo di spiegarci tutto quello che c da sapere sulla valle della Loira, ci scarica esattamente davanti a questo mastodonte bianco e azzurrino, ricchissimo di torri e gugliette e circondato da possenti mura. Anche qui, purtroppo, non mancano le impalcature. Chambord il pi castello dei castelli della Loira: sia gli interni che gli esterni hanno proprio lo spirito della fortificazione e del combattimento. Il castello fu costruito dai signori francesi come residenza protetta per effettuare le battute di caccia con i loro segugi, e la tradizione rispettata ancora adesso, nonostante siano passati diversi secoli. Una spettacolare attrazione viene riproposta ogni giorno dagli addestratori dei cani da caccia. Su costoro si pu dire innanzitutto che hanno unottima memoria: si ricordano, infatti, tutti i nomi delle decine e decine di cani, tutti apparentemente uguali, che compongono la muta. Come facciano a distinguerli non molto chiaro, tuttavia non qui che sta la loro vera abilit. Tutti i giorni verso le cinque del pomeriggio, infatti, si svolge un numero eccezionale, che per non descrivo subito. A causa della scarsit di tempo, infatti, non a Chambord che vediamo questo spettacolo, bens a Cheverny. Anchessa, infatti, unantica tenuta di caccia, dove viene proposto lo stesso spettacolo visibile a Chambord. La paura fanovanta cani Vista dallesterno, Cheverny una tenuta molto pi modesta rispetto al sontuoso castello di Chambord, ma i suoi interni sono incomparabilmente pi fini ed eleganti rispetto a quelli del gigante pietroso. Essendo tuttora una residenza privata di una ricca famiglia, le stanze sono arredate in modo estremamente raffinato,
140

con mobili d'altissimo pregio ed innumerevoli suppellettili preziose. Un gioiellino che ammiriamo in ogni angolo. Ma torniamo alla scena forte, che consiste nel pasto dei cani, unabbuffata del tutto particolare. Si svolge in questo modo: novanta cani della medesima razza sono rinchiusi in un recinto e lasciati digiuni per ore. Il recinto collegato, tramite delle scale, ad un piccolo attico rialzato. Le scale sono sbarrate da un cancello, che alle cinque in punto laddestratore apre, per far salire tutti i cani al piano superiore. Il cancello viene quindi richiuso, impedendo ai cani di scendere e costringendoli ad assistere a quello che succede di sotto, senza poter fare nulla. Nel cortile inferiore viene quindi scaricata una carriola di polli morti e spennati, innaffiati poi da chili di croccantini. Tutto il cibo viene accuratamente disposto per terra lungo una linea retta. Qui comincia lo spettacolo: laddestratore, munito della sua lunga frusta, apre il cancello e i cani si fiondano da basso, scalpitando sulle scale in modo scomposto e spintonandosi a vicenda, ma finch la frusta rotea nellaria non osano oltrepassare la linea immaginaria che li separa dalla striscia di cibo. Per uninterminabile ventina di secondi, i cani si ammassano sempre di pi gli uni sugli altri e abbaiano disperati, ma non rompono le righe, resistendo stoicamente al richiamo del cibo fresco. Chiss cosa darebbero per avventarsi subito sulla carne ancora sanguinolenta, ma non osano farlo per timore di punizioni. Sempre roteando la frusta e gridando secchi ordini, laddestratore arretra lentamente e i cani si avvicinano sempre di pi ai succulenti bocconi, finch finalmente la frusta cade e di colpo la marmaglia di segugi si avventa letteralmente sul cibo, divorandolo voracemente in una mischia spaventosa, nella quale tutti cercano di strappare agli altri i migliori bocconi. La frenesia alimentare da cui gli animali sono presi impressionante. Lesibizione ha un che di crudele, con tutti questi cani ammucchiati alla belle meglio e torturati con la privazione del cibo, ma forse proprio questo che rende la scena cos affascinante e stucchevole. Non abbiamo pi di un paio di minuti per starcene ad osservare la truculenta scena, che comunque non dura molto, poich il cibo viene interamente divorato nel giro di pochissimo tempo. Ma noi dobbiamo correre quasi subito a prendere il bus che sta per passare e riportarci a Blois. Ormai abbiamo terminato con i castelli della Loira, e possiamo dire di aver accumulato un buon bottino! La pedante voce dellautista ci accompagna anche durante il ritorno,
141

snocciolandoci cifre e aneddoti. Ormai quasi arrivati alla stazione di Blois, ci becchiamo pure un rimprovero collettivo perch stiamo parlando per i fatti nostri, quando invece dovremmo ascoltare. Mi sembra di essere tornato ai tempi delle gite scolastiche. Una volta ritornati a Tours, riusciamo miracolosamente ad aprire il portone dellostello, che per alcuni minuti era parso irrimediabilmente chiuso, poi laviamo qualche vestito e finalmente ci infiliamo a letto. Saint Malo Dopo aver cambiato un treno a Le Mans e un altro a Rennes, siamo gi nella verde Bretagna, la regione pi a nord ovest della Francia. Arriviamo a Saint Malo di domenica, il che rende molto difficile trovare una sistemazione per la notte, ma non disperiamo. Sappiamo che la nostra buona stella non ci abbandoner nemmeno stavolta. Le vie di quest'atipica citt sono quasi deserte, lunghissime ed interminabili, fiancheggiate da case poste in maniera molto irregolare e discontinua. Il quarto albergo trovato lungo la strada finalmente aperto: ci fiondiamo allinterno, dove veniamo ricevuti da un uomo di colore vestito in maniera elegantissima, in perfetto accordo con larredamento della lussuosa reception. Da una prima impressione capiamo gi che il pernottamento ci coster una fortuna, ammesso che non ci buttino fuori subito, ma vale la pena chiedere comunque. Ci viene risposto, in inglese, che per una notte in una camera doppia ci vogliono 135 euro in due, ma che c un altro albergo proprio a fianco che potrebbe fare al caso nostro, in quanto molto pi economico. Un albergatore che consiglia a due potenziali clienti, palesemente sperduti e ridotti alla disperazione, un altro albergo dove si paga meno: onesto da parte sua! Effettivamente, il fratello minore del costoso hotel molto pi rustico ed economico. In camera troviamo un letto matrimoniale (ancora) sul quale ci stravacchiamo per qualche decina di minuti, poi viriamo subito verso la cittadella fortificata, che si affaccia sul mare. Accompagnati da una brezza leggera e rinfrescante, stiamo ora osservando lo stretto della Manica, che lanno scorso vedemmo solo dallaereo. Passeggiamo lungo uninterminabile spiaggia sabbiosa, nella quale sono conficcati innumerevoli tronchi dalbero che corrono parallelamente alla strada sopraelevata per tutta la sua lunghezza. Poco lontano si intravede unisoletta rocciosa con una
142

piccola fortezza che vi sorge al centro, e tanti bagnanti che tentano di godersi il sole che oggi splende fiero, in combinazione con un cielo quasi completamente terso. Davide tentato dallidea di fare un bagno, ma il vento ora piuttosto intenso e lo convince a rinunciare. Meno male, cos non devo trovare una scusa per rifiutare di entrare in acqua. Inoltre, a parte il fatto che non so nuotare, il costume era nello zaino rubato. Cos proseguiamo lungo la strada, passeggiando tranquilli, e raggiungiamo le intricate vie della citt murata, percorse un po in cima alle mura e un po a terra, fino allarrivo nel vero e proprio centro. Anche questa zona molto turistica, ricchissima delle tradizionali crepere, dove si pu mangiare qualche dolce tipico. Le strade principali sono densamente intasate, ma i viottoli laterali sono quasi del tutto sgombri, e quando la ressa si fa insopportabile li sfruttiamo per muoverci pi velocemente. Incrociamo anche una simpatica recita teatrale, che si sta tenendo su unaiuola fiorita. Probabilmente rappresentano Il malato immaginario di Molire, poich talvolta il protagonista si rotola comicamente per terra, in preda a chiss quali malanni e tormenti. Peccato che non capiamo nulla delle battute. Assistiamo divertiti per qualche minuto, ma ora inizia a sorgere un altro problema: il freddo vento bretone mi ricorda che ora siamo pi a nord di prima, e difficilmente potr resistere per tutti i giorni che mi restano senza una giacca che mi ripari dal vento e dalla pioggia. Quella che mi hanno rubato era perfetta, ma ora temo di doverne comprare unaltra. Cos inizia una paziente ricerca di un negozio che venda vestiti decenti. Il primo che troviamo ne vende esclusivamente di invernali, in molti altri non tentiamo nemmeno di entrare vista lesagerata raffinatezza dei capi esposti, ma un banale negozio di souvenir incrociato per caso sembra proprio fare al caso mio. Sono esposte in bella vista alcune giacche impermeabili, piuttosto leggere ma ben isolanti. Me le provo un po tutte per trovare la mia misura, e presto arriva la cassiera a consigliarmi. Ora mi devo inventare un modo per chiedergli se il vestito ripari bene dalla pioggia oppure no. Mi viene in aiuto una canzone di Charles Trenet, intitolata Le parapluie, cio Lombrello. Pronunciando la parola sotto forma di domanda, mi viene confermato che s, la giacca impermeabile! Come mettere in pratica efficacemente la propria conoscenza di dieci parole francesi

143

Dopo aver fissato lo sguardo sulle vetrate della modesta chiesa locale ed aver percorso gran parte della cinta muraria, un certo languorino inizia a farsi sentire. Dobbiamo assolutamente provare le specialit culinarie bretoni. I ristorantelli tipici abbondano, non sar difficile trovarne uno. A volte sono pi piccoli di un bar, ed proprio su uno di questi che cade la nostra scelta. Linterno invitante e luminoso, ricco di colori. Ci dimostra che, quando si tratta di mangiare, anche locchio vuole la sua parte. Ci servono gallettes, cio delle strane piadine con formaggio, prosciutto e uova, e poi delle crepes dolci, zuccherate allestremo. Una tazza di ottimo sidro secco completa la cena bretone in modo eccellente. Ormai pieni come un uovo, risaliamo sulle mura per goderci il mare di sera, ma il vento ci fa rabbrividire molto presto, nonostante abbiamo indosso praticamente tutti i nostri vestiti. Meno male che ho comprato la giacca! Mi chiedo come facciano i giapponesi a resistere, vestiti con magliette a mezze maniche e pantaloni corti: sui loro volti non c alcuna traccia di sofferenza. Ormai stufi dellincessante vento, riprendiamo la via di casa passeggiando lungo il mare, e tuttad un tratto ci rendiamo conto di una banale quanto sconcertante realt: la spiaggia sparita! Dov andata a finire? Semplice, salita lalta marea ed ora tutto sommerso. Anche lisolotto con la fortezza ormai inaccessibile, e chiunque si fosse attardato su di esso dovrebbe aspettare parecchie ore al buio e al freddo, prima di poter riapprodare alla terraferma. Il sole sta tramontando dietro una spessa coltre di nubi, mentre lacqua lambisce piuttosto rumorosamente la fila di pali di legno, ora quasi completamente sommersi. Dopo essere rimasti un po ad osservare questaffascinante atmosfera serale, ritorniamo a dormire in albergo, in compagnia di numerose mosche, che si sono stabilite in camera durante il pomeriggio poich la finestra rimasta spalancata. Porto Oggi si va in una zona ben pi isolata e periferica, quella portuale. Dista diversi chilometri dal nostro alloggio, tutti da percorrere a piedi, ma non ci scoraggiamo e ci mettiamo in marcia di buonora, appena svegli. Le vie periferiche di Saint Malo sono molto squallide e degradate: tipico di una zona industriale, ma questa una delle
144

pi brutte zone industriali mai viste. Attraversiamo un ramo di ferrovia ormai abbandonato e inglobato dalle polverose strade, incrociando ogni tanto delle piccole oasi di verde, nelle quali le piante sono quanto mai disordinate e crescono selvaggiamente, fiancheggiate da marciapiedi sporchi che servono costruzioni imbrattate o cadenti. Nelle vicinanze del porto stazionano numerosi camion gialli e bianchi, che vengono continuamente caricati e scaricati di merci, mentre un penetrante olezzo di pesce permea laria senza lasciarne libero nemmeno un alito. Giunti a destinazione, abbandoniamo finalmente la cementosa zona per tuffarci in un piacevole dedalo di vialetti alberati, che in alcuni punti lascia intravedere scogliere e spiagge isolate, dove qualche rarissimo bagnante si sta concedendo un po di pace. Quasi nessuno percorre queste stradine silvestri, nelle quali si trova solo qualche rara panchina. Laria di mare stantia e pesante oggi. Il cielo grigio contribuisce a dare un tono depressivo allintera giornata, depressione che a poco a poco mi prende senza che vi sia un motivo preciso. Ogni tanto capita di trovarsi in quellindefinibile stato danimo nel quale si ha tutto ci che si potrebbe desiderare, ma sembra sempre che manchi qualcosa. Raggiungiamo quindi la spiaggia, sovrastata da una torre che reca le solite bandiere in bella vista. Alcuni piccoli passaggi si aprono nella scogliera, permettendoci di aggirare le rocce e spingerci fino al retro delle piccole fortezze, ma si tratta sempre di vicoli ciechi, che costringono a ritornare indietro quasi subito. Oggi sembra che non si riesca a concludere niente, una giornata stranamente incompleta. Sar la stanchezza, sar il tempo, sar qualunque altra cosa, ma una giornata no. Perfino la fortezza chiusa, perci dobbiamo accontentarci di camminare un po tra le viscide rocce, incrostate d'alghe e conchiglie. La giornata passa in fretta, nella noia e nel grigiore. Al ritorno, vaghiamo per le anonime strade cercando un negozio d'alimentari, ma anche qui come in Finlandia sembra che nessuno mangi, poich proprio non ce ne sono per chilometri. Finalmente scoviamo una boulangerie, cio una panetteria, e facciamo incetta di cibo senza badare a spese. Saint Malo ormai agli sgoccioli; citt controversa, interessante e ambigua allo stesso tempo, con qualche consistente parentesi di tristezza.
145

Mont Saint Michel Labbazia di Mont Saint Michel famosa in tutto il mondo per la sua peculiare posizione, asserragliata su un isolotto fortificato che viene quasi interamente circondato dallacqua con la piena delle maree. Una volta lacqua lo rendeva completamente inaccessibile, ma oggi c una strada rialzata ed asfaltata che la collega alla terraferma, sufficiente a garantire una via di comunicazione stabile (tranne quando capitano maree di eccezionale portata). Lasciamo la stazione di Saint Malo, stipati in un unico vagoncino diretto a Pontorson, paese situato a breve distanza dallabbazia. Davanti a noi, nella carrozza, c una coppia di giovani francesi in viaggio come noi, con la differenza che oltre agli zaini hanno limmancabile baguette sotto il braccio. Sembra che anche loro abbiano in mente di fare il nostro stesso giro, e infatti scendiamo nello stesso punto, cercando poi insieme di capire da dove parta il bus per Mont Saint Michel. Ne sappiamo quanto loro, ma quattro menti lavorano meglio di due e riusciamo a trovarlo in fretta. Lalternativa raggiungere labbazia in bicicletta, ma per chi munito di zaini pesanti non una soluzione praticabile. Meglio affidarsi al solito autobus. Davide sistema il suo grosso bagaglio nel vano apposito, con la differenza che stavolta terremo gli occhi ben aperti per evitare di farci rubare anche questo. Lautista un canuto ed arzillo vecchietto, che guida lautobus in modo impeccabile nonostante let. Ha inoltre una pazienza notevole: la fila di macchine davanti a noi terribile, inconcepibile. Procediamo a passo duomo, fermandoci di continuo. Dopo unora passata in prima marcia, finalmente appare in lontananza labbazia e la coda si scioglie lievemente, permettendo allautista di innestare la seconda. Al momento c la bassa marea e i fangosi fondali sono ben in evidenza, lambiti solo perifericamente dal mare che per ora si ritirato. I vari livelli su cui si eleva la cittadella fortificata ricordano molto le diafane mura della solenne Minas Tirith, la citt dei Re nella conosciuta saga di Tolkien. Per essere uguale le manca giusto lo sperone di roccia centrale. La salita verso il livello pi alto irta di difficolt, non tanto per gli zaini pesanti (anzi, solo uno), ma per lenorme ed insopportabile massa di persone che intasa le gi anguste viuzze. Si fatica a camminare e si formano ovunque code, che talvolta proseguono per intere rampe di gradini. Sarebbe tutto diverso se potessimo camminare per questi bastioni in silenzio e
146

solitudine, con la pace necessaria per fantasticare un po sugli incontri che potremmo fare ad ogni angolo. Magari troveremmo un cavaliere in cotta di maglia, pronto a partire per qualche lontana frontiera, oppure un manipolo di lancieri e picchieri in formazione. Per sottrarci alla pressione della folla, ogni tanto ci fermiamo a scrutare il mare e la striscia di terraferma, come facevano un tempo le sentinelle, per permettere alla fortezza di organizzare la difesa in tempo in caso d'attacco nemico. In effetti, Mont Sant Michel ha resistito ad innumerevoli tentativi dinvasione. In alcuni casi, rimasto lunico terreno ancora in possesso dei francesi lungo le coste settentrionali. Purtroppo il meteo abbastanza bruttino e il mare appare un po grigiastro e spento, ma regala comunque un bello spettacolo con qualunque condizione meteorologica. Le numerose costruzioni che formano la cittadella sono state continuamente aggiunte nel corso degli anni e dei secoli, a partire dai tempi dei Galli e dei Romani, come possiamo vedere nelle numerose riproduzioni in scala presenti nel museo. Passando per numerose sale di pietra completamente vuote e talvolta molto buie, completiamo in men che non si dica il giro e ritorniamo presto verso la base della fortezza, esausti. Attrazione promossa a met: troppo affollamento e troppo chiasso. Patrick Grazie ad uninaspettata coincidenza, riusciamo ad anticipare di unora il ritorno a Pontorson. Possiamo dunque rilassarci, poich non rischiamo pi di perdere il treno per Bayeux, il quale parte una volta sola durante il pomeriggio e poi non si muove pi fino alla mattina successiva. La coda di veicoli non meno lunga ed estenuante di quella dellandata, ma sufficiente superare un punto critico, pi o meno a met strada, perch lintasamento si sciolga allimprovviso, in un modo del tutto inspiegabile. Inutile chiedersi dove siano finiti quei milioni d'automezzi, che fino ad un attimo prima erano tutti perfettamente fermi in coda, e che lattimo dopo sembrano essersi volatilizzati nel nulla. Deve esserci una qualche legge arcana che governa ci e che sfugge totalmente allumana comprensione. Grazie a questa fantomatica legge, arriviamo con largo anticipo alla microscopica stazione ferroviaria di Pontorson, desolata e vuota. Perfino i bagni sono chiusi. Nellattesa, posso
147

finalmente sfruttare il momento per chiamare il mio amico olandese, Patrick. Chi questo nuovo personaggio? Ora mi spiego meglio. Questa primavera sono stato spedito a fare tirocinio nel reparto di Neurologia, e l mi capitato di assistere un signore olandese, colpito da una recidiva di ictus cerebrale. In attesa che luomo si ristabilisse a sufficienza per poterlo trasferire in un ospedale olandese, ho stretto amicizia con i suoi parenti, e in particolare con il figlio quarantenne, Patrick. Alla fine delle tre settimane di tirocinio, egli mi ha ringraziato calorosamente dellassistenza prestata a suo padre, e in pi, sapendo che avrei effettuato le vacanze estive passando per Amsterdam, mi ha lasciato indirizzo e numero di telefono per poterlo contattare una volta arrivato. Lui e la moglie Michaela, infatti, abitano a soli cinque chilometri dalla capitale olandese. Come potevo farmi scappare unoccasione simile? E cos, dopo diversi mesi, ci rivedremo. Ci render sicuramente lesperienza di viaggio un po diversa, permettendoci di conoscere in modo pi approfondito la gente del posto. Magari ci ospiteranno addirittura a casa loro. Dopo almeno dieci telefonate fallite, a causa di problemi con i prefissi, un telefono finalmente squilla e mi risponde Patrick in persona. Inizialmente non mi riconosce, ma appena capisce che sono io la conversazione si anima immediatamente e il suo tono di voce diventa estremamente caloroso. Apprendo che suo padre ancora in ospedale, ma stato ricoverato in una zona dove i collegamenti sono piuttosto difficili, perci non va a trovarlo molto spesso come vorrebbe. In ogni caso mi assicura che ci ospiter volentieri, quando arriveremo in Olanda. Non vedo lora, ma per adesso devo ricordarmi che la Francia non terminata, e inoltre manca ancora il Belgio. Ho telefonato cos in anticipo solo per dargli il tempo di organizzarsi, ma adesso che mi ha risposto mi sento gi mentalmente ad Amsterdam. Solo con fatica smetto di pensare al futuro incontro e ritorno a pensare al presente. Adesso ora di partire per Bayeux. Bidet fiorito e cattedrale Bayeux una cittadina tranquilla, ariosa e molto ricca di spazi verdi. Conta poco pi di diecimila abitanti, al limite tra un grosso paese ed una piccola cittadina. Quando arriviamo, circa alle sette di sera, le
148

strade sono quasi vuote ed un piacere percorrerle con il sole al tramonto, costeggiando gli ampi ed incolti prati oltre le strade. Non abbiamo ancora un posto stabile dove dormire, ma per uneventuale notte alladdiaccio i posti non mancherebbero: dovunque ci sono morbidi spazi verdi e panchine riparate. Stiamo seriamente pensando di abbandonare zaini e corpi sullerba, poich tutti gli hotel che incontriamo lungo la strada sono pieni oppure costosissimi, e perfino lunico ostello non collabora. Questultimo, poi, alquanto tragicomico: oltre ad essere beffardamente chiuso e buio, sulla sua porta troneggia un cartello con scritto Aperto. Ormai abbiamo quasi deciso di dormire fuori, ma prima decidiamo di fare un ultimo tentativo in unaltra zona. Finalmente, al decimo albergo, c una camera libera per noi. Il letto ancora una volta un matrimoniale (basta!) e la camera si trova al sesto ed ultimo piano, il che significa altri chilometri di scale da salire. Curiosamente, proprio accanto al letto ci sono perfino un lavandino e un bidet. Sappiamo che il bidet lhanno inventato proprio i francesi, ma che sembrano essersene disaffezionati, poich non lo usano praticamente mai. Qui invece lo troviamo dentro la camera, e per giunta dipinto di fiorellini viola lungo tutto il bordo! Rimane ancora un po di tempo prima dellora della nanna, cos ci incamminiamo verso lenorme cattedrale di Bayeux, visibile da ogni angolo della citt. Casualmente, proprio oggi la suddetta cattedrale chiude pi tardi del solito, e possiamo perci godercela adesso, senza aspettare domani. La luce di un tramonto spettacolare illumina a met le torri campanarie, formando un contrasto molto forte con lazzurro del cielo, solcato solo da qualche tenue nuvoletta. La cattedrale realmente splendida. Anche se la struttura praticamente identica a quella delle sue sorelle, c una sostanziale differenza che la rende ora assolutamente particolare: quasi vuota. Latmosfera cambia in modo radicale, quando si soli in un luogo cos maestoso. Ogni pietra, ogni vetrata, ogni passo che risuona e riverbera debolmente sul pavimento: tutto assume un significato diverso. Si percepiscono meglio i colori e gli odori, possibile accorgersi di particolari apparentemente insignificanti, che sfuggono a sguardi distratti. Anche la cripta sotterranea, con il suo meraviglioso ed inebriante odore di pietra umida, cambia completamente aspetto ora che vuota. Se lorgano suonasse adesso, sentiremmo tutta la sua terrificante potenza sonora ed
149

espressiva sprigionarsi come mai abbiamo sentito prima. Dopo aver minuziosamente osservato ogni angolo della cattedrale, girovaghiamo un po per le tranquille stradine, per met lastricate e per met asfaltate, e infine torniamo nel parco cittadino, dal quale vediamo il disco giallo del sole tramontare lentamente tra due alberi. Il tramonto ormai in fase avanzata e possiamo fissare la stella senza rimanerne abbagliati. Lerba molto ben curata ed uniforme su tutto il prato, querce secolari ci circondano da ogni lato, una fontana al centro zampilla tranquillamente. quasi un peccato aver trovato una sistemazione in albergo: avrei preferito dormire su una di queste panchine, se non mi avessero rubato anche il sacco a pelo. Arazzo Stamattina si parte verso le spiagge dello sbarco in Normandia, uno dei pezzi forti del viaggio. Questa colossale operazione militare, la pi grande della Storia intera, non ha certo bisogno di presentazioni. Un conto per averla letta sui libri di storia, un conto calpestare fisicamente i luoghi dove ha effettivamente avuto luogo. Nello specifico, si tratta di cinque spiagge a nord di Bayeux, denominate in codice Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword. Esse si estendono per circa settanta chilometri in tutto. Sulle prime due sbarcarono i soldati americani, sulla terza e sulla quinta gli inglesi, sulla quarta i canadesi. Altri paesi si unirono alloperazione, come la Norvegia, la Polonia e il Belgio, per dar vita ad una giornata che rimarr per sempre nella storia: il 6 giugno 1944, che noi oggi chiamiamo DDay. Curiosamente, il fatidico giorno sarebbe dovuto inizialmente essere il 5 giugno, ma lintera operazione venne rimandata a causa di un terribile maltempo. Sembra facile trovare le condizioni giuste per far sbarcare un intero esercito su qualche decina di chilometri di spiagge, che non erano certo tranquilli e serafici lidi balneari sui quali prendere la tintarella. I tour guidati sono organizzati dallalbergo della stazione, che ieri non aveva camere per noi, ma che si spera oggi abbia due posti da riservarci per la gita. Arrivando allalbergo, abbiamo gi notato il piccolo furgoncino nero parcheggiato fuori, che ha una capacit di otto posti e reca la scritta Normandy Tours. Di nuovo ci preoccupiamo: se gli alberghi di questa citt sono tutti cos pieni, e questo in particolare il pi pieno di tutti, come possiamo sperare
150

di trovare due posti per questi, presumiamo, richiestissimi tour? E invece li troviamo subito. Il gestore dellalbergo un piccolo uomo eccitabile, dai modi di fare concitati ed involontariamente comici. Si affanna a spiegarci, in buon inglese, tutto ci che andremo a vedere, dove ci fermeremo, quanto ci metteremo, e via dicendo. Non smette un secondo di parlare, sempre con questo tono di voce frenetico, ma si dimostra molto gentile. Peccato che non ci lasci mai rispondere a nulla, anticipando sempre quello che vogliamo dire e parlando praticamente solo lui. Dopo avergli lasciato i soldi, ci raccomanda in modo quasi parossistico di farci trovare davanti allalbergo A few minutesBEFORE one oclock, per fare lappello prima di partire. Ripete pi volte quel Before con una particolare enfasi. Tentiamo di rassicurarlo sul fatto che saremo l per lora che ci ha detto, ma insiste a chiederci quest'immane favore con una foga indomabile. Sembra che dipenda la sua vita da questo. Quando finalmente ci lascia andare, rimaniamo un po storditi dalla sua inarrestabile furia dialettica, ma anche molto divertiti dallo strano personaggio. Abbiamo ancora qualche ora da passare in giro. Sempre dietro lappassionato consiglio dellalbergatore, andiamo alla tapissere, dov esposto il celebre Arazzo di Bayeux. Ovviamente sapevamo gi della sua esistenza e la visita era gi stata programmata, ma non abbiamo osato spiegarlo al sovreccitato uomo, per paura che ci tenesse l un altro quarto dora. Larazzo raffigura, su una tela lunga ben settanta metri, le vicende di Guglielmo il Conquistatore, che invase lInghilterra nel 1066. Di fronte a questa lunghissima tela, ripiegata su se stessa a forma di U per farla stare tutta nel museo, laudioguida automatica ci spiega in un italiano un po stentato tutte le vicende che si susseguono nelle settantadue scene. Castelli, ambasciatori, navi, tempeste, armi, guerrieri che mozzano teste. C raffigurato di tutto, perfino il passaggio della periodica cometa di Halley, che avvenne proprio nellanno 1066. Chiss se avr la fortuna di rivedere questa meraviglia cosmica, dato che sono nato un anno dopo il suo ultimo passaggio, che avviene regolarmente ogni 76 anni. Se voglio vederla sono obbligato a diventare vecchio. La cosa non mi entusiasma, ma lunico modo che ho per non morire giovane, quindi mi tocca mettere in conto di invecchiare. Non ci possiamo mai fermare ad osservare bene una scena, poich dobbiamo sempre camminare per non perdere il filo del discorso.
151

In men che non si dica, siamo gi arrivati in fondo al lunghissimo arazzo. Quanto lavoro per costruire unopera darte simile! E soprattutto com conservato bene, nonostante abbia quasi mille anni di et. Dopo il fastoso arazzo, si torna alla stazione, poich quasi ora di partire per le spiagge normanne. Per mezzogiorno e mezzo siamo gi pronti davanti allalbergo. Leccitatissimo uomo ci ringrazia calorosamente di essere gi l, e ci concede di sederci nel piccolo porticato, colmo di piante. Dopo pochi minuti arrivano le altre persone che hanno prenotato il tour, e cos scopriamo di essere sette in tutto, incluso lautista. Rimane perfino un posto libero nel pulmino. E noi che pensavamo fosse tutto esaurito da chiss quanto. I compagni di escursione sono tre donne del Tennessee, due uomini inglesi e lautista francese, che per parla ottimamente inglese e spagnolo. Da quando abbiamo messo piede nel nord della Francia, linglese molto pi diffuso e riusciamo a farci capire quasi senza difficolt. Semplice coincidenza oppure effetto delle antiche colonizzazioni inglesi? Il porto magico Con due italiani a chiudere la comitiva, cio noi, il pulmino cosmopolita. Stipati sul trabiccolo, partiamo alla volta di Arromanches. Attraversando piccoli borghi e vaste pianure inondate dalla luce solare, giungiamo in questa minuscola cittadina marittima. Essa sede di un importante museo commemorativo, poich il luogo in cui gli Alleati costruirono un porto artificiale, dopo essersi resi conto che non sarebbe stato possibile utilizzare i porti di Cherbourg e Calais, in mano ai tedeschi. Cos pensarono: se non possiamo usare un porto vero, ce ne costruiremo uno nuovo! Dalla spiaggia sabbiosa sono ancora visibili i rimasugli del porto artificiale, circondati dallacqua. In particolare, i cassoni Phoenix sono facilmente distinguibili. Queste mostruose scatole di cemento, pesanti come unintera Torre Eiffel, venivano trasportate sul posto e poi riempite dacqua tramite un meccanismo ad ingranaggi, cos da farle affondare una dopo laltra. Poco alla volta si accumulavano una sopra laltra, andando a costituire le fondamenta del porto. Nel museo rimasto lultimo esemplare di volano bronzeo, che veniva usato per lapertura e la chiusura. Nulla stato lasciato al caso: prima di trasportare i cassoni in zona, essi erano stati fatti affondare
152

nel Tamigi, per non dare troppo nellocchio. Il porto era di dimensioni impressionanti: poteva scaricare centinaia di camion allora, insieme a migliaia di uomini. Visitiamo il museo con estremo interesse, osservando tutte le riproduzioni in scala, i plastici animati che riproducono i movimenti del porto in relazione alle onde, le vecchie armi ormai piombate, le inquietanti divise mimetiche. I vecchi cannoni contraerei stazionano fuori dal museo, accanto a giostre e negozi di souvenir, che coesistono con i residuati bellici senza il minimo imbarazzo. Fa un certo effetto vedere unallegra e spensierata giostra di fianco ad un cannone, che sessantanni prima faceva esplodere aerei in unimpressionante nube di fuoco, incenerendo vite umane in pochi secondi. Bombe Ora tocca alle casematte tedesche, poco distanti dalla spiaggia di Longues Sur Mer. Questi blocchi di cemento ospitano i cannoni antinave, che avevano un raggio di tiro di venti miglia e che potevano mirare sia alla spiaggia di Utah, ad ovest, sia alla spiaggia di Omaha, ad est. Curiosamente, il giorno dello sbarco i cannoni spararono, ma non colpirono nemmeno una nave alleata, cos come gli alleati non riuscirono a colpire e a disarmare dalla distanza nemmeno un bunker. Solo uno di essi mostra evidenti segni di bombardamento, ma stato distrutto solo nella parte posteriore, ed evidentemente il danno non stato sufficiente a renderlo inservibile. Ora i cannoni tacciono per sempre, si spera. Il mare perfettamente visibile allorizzonte, la giornata splendida, i campi coltivati si estendono a perdita docchio. Chi sospetterebbe, se non ci fossero i cannoni ancora minacciosamente puntati verso le rive, che qui ci sia stata la guerra anni e anni fa? Sembra tutto cos ameno e pacifico ora La visita ai bunker breve. Cinque minuti il tempo che ci viene concesso per esplorarli, prima di ripartire per raggiungere il cimitero militare americano di Saint Laurent, posto proprio sopra la terribile spiaggia di Omaha. Qui, il massacro dei soldati americani fu ingente e per poco non caus il fallimento dello sbarco. Dobbiamo passare per numerosi controlli di sicurezza prima di poter accedere al museo sotterraneo. Nemmeno al Louvre ci hanno controllato cos. Pazienza, lingresso per noi gratuito e possiamo sopportare di
153

buon grado le perquisizioni. Il museo ospita molti ricordi della battaglia e dispone di un terminale per cercare il nome di eventuali nonni o bisnonni caduti tempo fa, cosicch non se ne perda la memoria. Cosa penserebbero i combattenti morti in battaglia, magari ragazzi di ventanni che avrebbero preferito rimanere a casa a studiare e a costruirsi un futuro, se sapessero che ora nessuno si ricorda pi di loro? Come minimo dovrebbero tornare dallaldil e prendere a calci chi ancora propugna guerre in giro per il mondo. Presto siamo nuovamente allaria aperta, pronti a girare tra le oltre novemila tombe che compongono il cimitero militare, solo uno dei diciotto che sorgono in Normandia. La maggioranza delle tombe sono croci latine, inframmezzate da qualche ebraica stella di Davide. La quantit impressionante. Ognuna reca nome e data di nascita di qualche sconosciuto, che in quegli anni ha combattuto, volente o nolente, per liberare lEuropa. Su alcune tombe non c nemmeno un nome, ma un anonimo Un compagno d'armi, conosciuto solo a Dio. Sono i soldati mai identificati, spesso della nostra et o anche pi giovani, che non possono essere citati con lunica cosa che ne conservava la dignit in battaglia: il nome. Dopo linquietante cimitero, arriva la famigerata spiaggia di Omaha, che si estende da Sainte Honorine des Pertes fino a Vierville Sur Mer, per un totale di otto chilometri. Sembra una normalissima spiaggia balneare, se non fosse per due monumenti commemorativi: un monolite con incise poche malinconiche frasi, pi una serie di lingue di pietra dalle forme aguzze, messe proprio in mezzo alla sabbia. I bambini piccoli fanno il bagno e costruiscono castelli di sabbia, mentre i pi anziani si rilassano al sole. Questa fu la spiaggia che pi di tutte fu macchiata dal sangue dei soldati alleati, costretti a fare i conti con una resistenza tedesca accanita che rese quasi impossibili le operazioni di sbarco, in particolare dei veicoli. Solo due carri armati, dei quarantaquattro previsti, riuscirono a sbarcare sulla spiaggia. I soldati appiedati non poterono contare su un valido supporto dartiglieria e dovettero farsi strada con la forza della disperazione, scavalcando continuamente i cadaveri dei loro compagni morti. In aiuto dei tedeschi si ergeva un muraglione di terra, ora scomparso, dallalto del quale si sparava allimpazzata sui soldati americani, decimandoli senza dar loro il tempo di organizzarsi n contrattaccare. Dopo una giornata infernale, le truppe americane ebbero infine la meglio, forti di una grande
154

superiorit numerica, ma subirono perdite altissime. Ora di quellinferno non rimasto praticamente nulla. Ultima tappa Pointe du Hoc, collinetta che fu raggiunta dagli Alleati solo dopo aver scalato le ripide scogliere rocciose che la proteggono. A suo modo ancora una volta impressionante: le colline sono piene di crateri, creati dalle esplosioni delle granate. Non c un angolo di terra libero da queste voragini, ormai completamente ricoperte derba, come se nulla fosse successo. Le torrette di guardia tedesche sono aperte ai visitatori, e la storia che vi sta dietro piuttosto curiosa: gli Alleati sapevano che cerano delle fortificazioni in questa zona, dotate d'artiglieria ad ampio raggio, e scalarono le scogliere per andarle a disarmare prima che potessero infliggere pesanti danni alle navi. Ma una volta raggiunte, scoprirono che le armi erano finte! Trovarono poi le vere armi, ma in modo del tutto casuale, poich erano nascoste cos bene da renderle quasi invisibili. Il promontorio piuttosto ventoso e il cielo si sta rannuvolando, ma riusciamo comunque a scorgere in lontananza le coste dellInghilterra! Con quest'ultimo regalino lasciamo le spiagge degli sbarchi in Normandia per tornare a Bayeux, in mezzora di strada. Congedatici dal gentile autista e dal simpatico organizzatore, tempo di andare a dormire. Tra meno di dodici ore si riparte verso una citt conosciuta, che diede anche lambientazione ad alcune parti dellopera prima di Flaubert, Madame Bovary. Rouen I muri del nostro nuovo albergo sono tutti scrostati e le tubature dellacqua occupano un intero angolo della camera, ma tutto sommato il prezzo onesto. Tuttavia, dobbiamo sorbirci un altro matrimoniale. Sta decisamente diventando unabitudine. Rouen ci accoglie subito con varie impressioni contrastanti. Come citt sembra piuttosto degradata, nonostante la fama. Quasi tutte le case hanno un aspetto stranissimo: la loro facciata composta da travi di legno di vari colori, combinate in modo sempre diverso. Forse solo quest'interessante particolare estetico salva Rouen dallimpressione di mediocrit che immediatamente mi comunica. Mi aspettavo decisamente di pi. Uninteressante eccezione alla regola la torre in cui fu rinchiusa Giovanna DArco, in attesa del processo che lavrebbe poi condannata al rogo. lunica parte rimasta in piedi di
155

un vasto castello che comprendeva quattro torri. Poco dopo tocca alla cattedrale, che come ho gi citato fece la fortuna del pittore Monet. La sua facciata molto diversa da quella delle altre cattedrali viste finora: molto pi frastagliata, ricca di intarsi e statue, e ha un colore molto pi scuro, non so se per via dellinquinamento o dei materiali usati. Queste parentesi di bellezza non riescono per ad infrangere laria pesante e triste che aleggia sulla citt. Sar forse la stanchezza, che ha ricominciato a fare capolino, ma mi sento decisamente svogliato, trascinandomi per le strade quasi forzatamente. Oggi non giornata. Passeggiamo un po sulle rive della Senna, accerchiati da individui poco raccomandabili. Ne incrociamo uno che indossa vestiti stracciati e ha i capelli rasta, tinti di biondo platino. Sta camminando nella strada parallela alla nostra, tutto frettoloso. Ad un certo punto si ferma di colpo, si gira contro il muro e inizia ad urinare nel bel mezzo del marciapiede. Chiss quanta droga c in quel fiume che sta invadendo la strada. Dopo aver fatto allegramente i suoi bisogni, monta su una moto e scomparema solo per un po. Girato langolo, lo ritroviamo mentre discute animatamente con un automobilista, fermo ad uno stop. Quando scatta il verde lautomobile prosegue dritta, mentre il dubbio motociclista sterza bruscamente e sale sul marciapiede (!), aprendo il gas al massimo. Fortunatamente non ci sono persone sulla sua strada, altrimenti qualcuno sarebbe stato investito. Forse quel tizio uno scippatore che riceveva istruzioni dal suo capo, per poi tuffarsi a peso morto tra i passanti tentando di rapinarne qualcuno. Meno male che andato dallaltra parte. Cos passa la nostra giornata a Rouen. Una giornata noiosissima. Probabilmente solo una mia impressione, poich Rouen una meta turistica molto gettonata, ma non posso farci niente se proprio non riesco a farmela piacere. Capita per un divertente episodio: compriamo un giornale italiano e leggiamo che uninviperita signora russa ha recentemente scagliato una tazza contro la Gioconda. Pare che il motivo del gesto sia stato la rabbia per non aver ancora ricevuto la cittadinanza francese. Ovviamente il quadro non stato danneggiato: il vetro blindato ha fatto il suo dovere. Ma il fatto comico che il lancio avvenuto proprio il giorno in cui noi eravamo al Louvre. Peccato che non abbiamo assistito alla scena, ce la saremmo ricordata molto a lungo!
156

Il resto della serata lo passiamo in albergo a guardare un po di televisione francese, spanciandoci dalle risate. I concorrenti di un gioco a premi devono indovinare un numero, e hanno solo trenta secondi per arrivarci il pi vicino possibile, andando per tentativi. Il suono di numeri lunghissimi, gridati freneticamente in francese, semplicemente esilarante. Falesie Oggi tocca a Etretat, cittadina marittima situata a poca distanza da Le Havre. Questo modesto villaggio ospita insolite formazioni rocciose naturali, dette falesie, sulle quali ha costruito una fortuna turistica. Ma Etretat prima di tutto una cittadina deliziosa. Le strette vie sono colme di fiori, casette variopinte, panchine e angolini riparati. La densit umana elevata, ma non cos soffocante. Una volta superato un piccolissimo crinale, che chiude il paese, lo spettacolo che ci troviamo davanti gi fantastico. Davanti a noi c una spiaggia interamente ghiaiosa, e ai limiti di essa stanno dei curiosi faraglioni bucati, che si uniscono alle alte pareti rocciose in modi bizzarri. Le scogliere sono impressionanti: nonostante siano naturali, sembrano cesellate dalla mano delluomo. A mano a mano che saliamo lungo il sentiero che porta in cima ad esse, si aprono sotto di noi alcuni dirupi scoscesi. Qualche appendice di roccia, raggiungibile con un po di coraggio, offre una vista ottimale da un punto isolato e riparato. Scogli e scogliere sono bianchissimi, ma si notano chiaramente gli strati che lacqua ha scavato poco alla volta. Sembrano tutti sovrapposti luno allaltro, come fette di formaggio stagionato impilate. Dalla cima, lo spettacolo straordinario. Qualche candido dente di roccia spunta dal mare, solitario e aguzzo, mentre le spiagge sono dominate da pareti quasi perfettamente verticali. Solo pochissime persone stanno percorrendo quelle spiagge, un centinaio di metri pi in basso. Bisogna stare attenti a camminarci, poich quando sale la marea si rischia di rimanere sommersi. Alla fine della spiaggia c un altro enorme faraglione, unito al resto della scogliera da un architrave naturale, che forma una solenne porta di pietra. I cordoni rocciosi sembrano le gambe di un gigante, potenti e granitiche. I prati che coprono la cima delle scogliere sono verdissimi, popolati da decine di gabbiani, onnipresenti abitanti del mare. Le distese
157

erbose sono troppo grandi per non riuscire a trovare un angolo appartato dove meditare un po, riscaldati da una stella che oggi non trova nemmeno un brandello di nubi ad ostacolare il suo dominio. Lunica nota veramente stonata la presenza di campi da golf, posti a qualche centinaio di metri dal limite delle scogliere. Le macchine tagliaerba non smettono un solo secondo di percorrere in lungo e in largo il campo, ma per fortuna non ci arriva il loro disgustoso rumore. assurdo rovinare in questo modo un luogo cos straordinario. Ci sistemiamo in un angolino di roccia a cavallo tra due strapiombi, uno sulla spiaggia e uno sullacqua. Alcune sedie naturali di roccia sono i nostri troni, dove ci sediamo a mangiarci una salutare baguette al prosciutto. Un leggero venticello marittimo ci rinfresca, spazzando via i minuscoli brandelli di nuvole che osano ancora resistere ad una giornata cos splendida. Non capita spesso di potersi rilassare in un luogo cos ameno, e siamo intenzionati a far durare questi momenti il pi a lungo possibile, anche se sappiamo che il tempo li brucer in fretta. Sappiamo tutti che unora, passata in mezzo alla natura, dura un secondo, mentre un secondo, passato in mezzo a puzzolenti fumarole di traffico urbano, dura unora. Un gabbiano molto curioso assiste al nostro pasto e continua ad avvicinarsi a noi, osservandoci con degli occhi totalmente inespressivi. Questo coraggioso uccello solo nella sua impresa: tutti gli altri si tengono a distanza, pronti per ad intervenire nel caso abbassiamo la guardia. La presenza dello sgradito ospite diventa a tratti inquietante, poich non si muove e continua a fissare me e il mio panino, ignorando il mio compare. Tuttavia non subisco assalti. Alla fine lascio un po di prosciutto al vorace uccello, come premio per la sua costanza. Non appena lha inghiottito, prende il volo. Che opportunista! Dopo unoretta di rilassamento assoluto, ritorniamo in basso per tentare di percorrere un tratto di spiaggia sotto le falesie. La ghiaia della spiaggia molto grossa e si fatica a camminarci, poich i piedi sprofondano ad ogni passo e sembra di camminare su un terreno particolarmente molle. Giungiamo proprio ai piedi delle scogliere, completamente avvolti nellombra. La camminata insidiosa, poich le rocce, fittamente punteggiate di conchiglie, sono coperte da viscide alghe. Ai lati ci sono alcune grotte, dalle pareti umidicce, scavate lungo le scogliere verticali. Superando un masso lambito da
158

due corsi dacqua, arriviamo nellaltra spiaggia, ma non possiamo avventurarci pi di tanto, poich la marea sta gi iniziando a salire. I piccoli rivoli che toccavano appena il grosso masso ora si sono gi gonfiati e si preparano a sommergerlo. Siamo solo allinizio, ma meglio essere prudenti e tornare, anche perch ci manca da vedere laltra parte di spiaggia. Da quella parte, una barca a vela sta passando apparentemente in mezzo ad un arco di roccia, che la circonda come una cornice. Stravaccati su un masso isolato, osserviamo un po le onde del mare che smuovono appena la grossa ghiaia della spiaggia, senza pensare a niente in particolare. Dopo unaltra mezzora di sosta, saliamo sulla montagnetta vicina, sulla sommit della quale c una chiesetta bianca. Il sentiero impervio e fatichiamo un po a percorrerlo, cotti dal sole, e una volta in cima troviamo tutte le panchine occupate, cos ci sediamo sul selciato esterno della chiesa, assorbendo dosi generose di raggi ultravioletti. Siamo veramente fortunati ad aver trovato una giornata simile, la migliore possibile per godersi al meglio la natura e ricaricare le batterie. Quando siamo stanchi di rosolare al sole, torniamo in paese, girovagando per le stradine con fare rilassato. Stranamente, le automobili si mescolano ai pedoni in modo sregolato e non ci sono zone pedonali, che qui sarebbero decisamente utili. Slalomando un po tra persone e veicoli, riusciamo a raggiungere una zona tranquilla, dove c un negozio di prodotti locali, in buona parte vini. Scatta subito la lampadina: perch non comprare una bottiglia per festeggiare stasera, come lanno scorso a Helsinki? Presto detto, presto fatto. Cinque bottiglie di sidro sono esposte su un tavolino, generosamente scontate, e ce ne accaparriamo subito una. La gradazione alcolica molto leggera, circa il quattro per cento, e ci un bene, dato che domani mattina ci alzeremo alle sei in punto. Stiamo infatti per abbandonare la Francia, terra controversa ma indubbiamente interessante. Ci vuole un brindisi di commiato, prima di partire per Bruxelles. Nella piazza principale aspettiamo una mezzora abbondante sotto il solito sole infuocato, senza riuscire a trovare nemmeno una panchina allombra, finch finalmente passa lautobus che ci riporta nella stazione di Breaute, dalla quale poi puntiamo di nuovo verso Rouen.

159

Bruxelles Per raggiungere la capitale belga dobbiamo necessariamente passare da Parigi, poich non esistono collegamenti diretti tra Rouen e lestero. Per giunta, dobbiamo farci chilometri di metropolitana e di camminate per raggiungere la stazione opposta a quella in cui arriviamo, poich le stazioni di Parigi sono sei, e ognuna si occupa delle partenze per zone geografiche diverse. In poche ore di viaggio, il treno ci catapulta a Bruxelles, citt piuttosto ambigua. Mentre il treno si sta fermando in stazione, appaiono davanti ai nostri occhi numerose brutture architettoniche. Agglomerati di baracche e capannoni industriali anneriti, orrendi tralicci, cumuli di lamiere. Sembrerebbe una citt del Terzo Mondo, se non fosse per alcuni svettanti e modernissimi palazzi di vetro, che spiccano sullobbrobrio generale. Una volta scesi dal treno, limpressione generale che abbiamo di essere capitati in un porto di mare. Dovunque andiamo, troviamo individui poco raccomandabili, specialmente nelle stazioni e nella metropolitana. C chi spintona, chi bofonchia frasi incomprensibili ai passanti, chi sale ad una fermata della metropolitana, declama un delirante discorso e poi scende alla fermata successiva. Teniamo le mani ben strette sui portafogli. Fortunatamente, lostello sembra un posto molto serio. Stavolta dormiremo in una camerata da sei persone. Ci siamo ormai disabituati alle camere condivise, ma se i compagni di stanza sono persone interessanti e simpatiche, per certi versi sono desiderabili. Dopo la canonica ora di riposo, partiamo subito con la visita della citt, che per ci entusiasma poco. Capitiamo per prima cosa in un inquietante e deserto quartiere a luci rosse. Ce ne accorgiamo poich Davide commette uninvolontaria gaffe: mentre filma una costruzione, non si accorge di includere nel video anche una prostituta, chiusa in una cabina di vetro. Ovviamente, la donna si irrita non poco, facendoci segno di sparire immediatamente e di smettere di riprenderla. Ci spostiamo in unaltra zona, popolata da altri individui non ben identificabili. Una persona evidentemente ubriaca o drogata sta arrancando scompostamente in mezzo alla strada, dirigendosi verso di noi. Cambiamo direzione per non incrociarla, affrettando il passo e sperando di uscire in fretta da questi bassifondi. La cosa ridicola che un lato della strada pieno di catapecchie e fumosi bar, mentre laltro popolato da palazzoni come lOrto Botanico, un lucentissimo colosso di almeno venti
160

piani. Abbandonata la zona, finiamo dalla padella alla brace: siamo ormai in prossimit della Stazione Nord, sporca lurida e affollata. Il viale stracolmo di cinema porno e locali di dubbio gusto. Dobbiamo per forza entrare nella stazione per informarci sugli orari dei treni, ma nella zona dei tabelloni c un terribile odore di urina, che ci costringe a leggere in fretta gli orari per poi scappare via. Non parliamo poi dei casi umani che si aggirano per la stazione. Prendendo uno sgangheratissimo treno, finalmente riusciamo a raggiungere il centro storico. Speriamo che almeno qui ci sia qualcosa di carino da vedere. Niente da fare: anche larchitettura piuttosto scadente. Per giunta, le strade sono piene di lavori in corso. Quasi in ogni angolo c un cantiere, circondato da orribili recinzioni gialle. Un ragazzo italiano che incontriamo in metropolitana ci conferma le stesse impressioni: ma che ci stiamo a fare, a Bruxelles? Lui la ritiene una bella citt, ma totalmente inadatta per una vacanza. Io invece la ritengo un fiasco su tutta la linea. Perfino le chiese non sono un granch. Davanti alla cattedrale c un parchetto con alcune sedie a sdraio in legno, dove ci fermiamo per riprendere un po di forze. Proprio qui mi viene lidea: siamo proprio sicuri che Bruxelles meriti due giorni di visita? Secondo me, possiamo tranquillamente esaurirla oggi e ripartire domani. Non so perch, ma restare qui mi infastidisce. Vorrei solo andarmene via il prima possibile. Sar latmosfera di scarsa sicurezza e degrado che mi trasmette lintera citt, oppure leffettiva mediocrit del suo aspetto, o forse qualcosaltro ancora. Sta di fatto che premo decisamente nella direzione della fuga, e anche Davide sembra daccordo con me, pur mantenendo qualche riserva, com sua abitudine. Uno dei vantaggi del viaggiare con un biglietto Interrail appunto quello di poter decidere tappa per tappa cosa fare, senza essere vincolati da alcunch. Perch allora non sfruttarlo? Intanto finiamo di vedere quello che riusciamo, poi si vedr cosa fare. Dopo altre camminate, riusciamo ad incrociare almeno un paio di spettacoli interessanti. Prima un teatro dei burattini, poi unesibizione di due musicisti, i quali, armati solo della propria voce e d'alcuni strani strumenti africani, riescono a riprodurre i suoni di natura in modo eccezionale. Il verso delluccellino che producono quasi indistinguibile da quello vero. Poco dopo, tuttavia, ricominciano le sorprese spiacevoli. Davide si mette a filmare tranquillamente un monumento, ma un ragazzo
161

seduto l vicino lo apostrofa irosamente, chiedendogli cosabbia da guardare. Senza rispondere, immediatamente voltiamo i tacchi e scompariamo alla velocit della luce. Cosa aspettiamo ad andarcene? Non vale la pena nemmeno di descrivere quel poco di architettonicamente interessante ospita Bruxelles. Facciamo in tempo a vedere solo lAtomium, per giunta da lontanissimo, e lo scintillante Europarlamento, raggiunto dopo un lungo peregrinare in zone assolutamente deserte. Dietro lenorme e luccicante edificio sorge un campo da basket, dove alcuni ragazzi stanno giocando. Qualche aficionado della bottiglia sta bevendo birra, stravaccato su una panchina. Individuiamo uno spazio libero per noi, il pi possibile lontano dagli ubriaconi, e ci sediamo a far riposare le gambe, decisamente massacrate. Qui faccio una scoperta strana. da un po che sento pungere allinterno della scarpa, ma anche se la rovescio non escono sassolini n altro. Ora che sono fermo, la esamino bene. Non so come ci siano riuscite, ma tre graffette si sono infilate dentro la bassa suola, trapassandola da parte a parte. Passo un buon quarto dora ad armeggiare con una forchetta da cucina, imprecando, per estrarre questi ospiti sgraditi. Oggi gira tutto per il verso storto! Adesso abbiamo fame, ma tardi e tutto sta chiudendo. Non c traccia di fast food aperti, il cibo finito e paventiamo di andare a letto senza cena. Tuttavia, dopo un lunghissimo vagare, finalmente capitiamo davanti ad un piccolo alimentari! Facciamo la spesa in fretta e furia e scopriamo di essere gli ultimi clienti della giornata, poich praticamente ci chiudono le porta alle spalle non appena usciamo. Almeno questa ci andata bene. Dopo aver cenato in uno squallido parco, questa volta senza essere infastiditi da nessuno, ce ne torniamo in ostello prima che faccia troppo buio. Se Bruxelles cos inquieta di giorno, figurarsi di notte. Tornando indietro, facciamo altri incontri con alcuni pazzi scatenati in metr, poi con due tizi che hanno trovato per strada un passeggino vuoto e lo stanno sballottando in mezzo al marciapiede. Quando finalmente ci chiudiamo in camera, siamo proprio contenti di esserci arrivati. Non c ancora nessuno, dunque ignoriamo lidentit dei nostri compagni di stanza. Facciamo la loro conoscenza solo alluna e mezza di notte, quando ritornano. Sono dei fracassoni tremendi. Sbattono le loro cose qua e l, discutendo animatamente tra loro e ignorando il fatto che non ci sono solo loro in stanza. Facciamo finta di dormire
162

per non doverli salutare. Gli scomodi inquilini smettono di far rumore solo dopo una buona mezzora, lasciandoci finalmente dormire, ma non mancano di far fracasso anche a notte fonda. Per fortuna domani cambieremo camera, per esigenze di servizio. Bruges Affacciandomi alla finestra durante la notte, vedo una strana scena che mi mette un po in allerta. In lontananza, mi sembra che un grosso aereo stia perdendo quota. Penso che sia una qualche genere di manovra, ma sembra picchiare sempre di pi. Dopo un po capisco che sta per schiantarsi: un aereo non pu scendere con quellinclinazione. Infatti si schianta, con un enorme botto ed una luce fortissima! E adesso che faccio? Ma non finita: sembra che dal punto dimpatto sia sorto un arcobaleno, dai colori nettissimi, e che questarcobaleno si trasformi a poco a poco in un vulcano che erutta lava e lapilli, sempre pi vicino a noi, fino quasi a sommergerci. Mancano pochi metri e verremo completamente distruttima ecco che mi sveglio di soprassalto, madido di sudore e con i battiti del cuore a mille. Era solo un sogno, ma sembrava cos reale! Forse stata la stressante giornata di ieri a suggerirmi questi incubi. Lentamente mi rilasso e mi riaddormento, sprofondando in un sonno senza sogni che dura indisturbato fino alle sette. Oggi una giornata piuttosto nebbiosa e grigia. Presto sbaracchiamo dalla camera e ci trasferiamo nellaltra, praticamente identica, poi puntiamo ancora una volta verso la terribile stazione Nord per prendere il treno per Bruges, cittadina belga vicina al mare e molto famosa per i canali, il sentore un po rustico e le pittoresche vie. Dopo unoretta di viaggio, ci appare dinanzi agli occhi una citt totalmente diversa dallinsulsa capitale. Bruges merita ampiamente una giornata intera di visita. Le sue stradine sono contornate da canaletti, filari d'alberi, ponticelli e casette in stile nordico, che nuovamente mi ricordano le case di Bergen. Negli stagni convivono assieme cigni e anatre. Ma non finita: abbondano pozzi, fontane, mulini, statue equestri, bandiere belga, aiuole fiorite e recintate. Si capisce facilmente perch Bruges sia una meta turistica pi visitata di Bruxelles. Viene infatti definita la Venezia del Nord, anche se si contende il primato con diverse altre citt. Nella piazza principale si erge un filare di casette tutte uguali, con un curioso tetto a gradini.
163

Camminiamo lasciandoci guidare dallistinto, che ci porta nelle strade meno battute e pi nascoste. Lungo i canali, che non possiamo quasi mai fare a meno di costeggiare, passano continuamente barche turistiche. Il capitano, munito di megafono, spiega costantemente tutta la storia della citt a vagonate di turisti. Mi chiedo come arriver alla fine della giornata, costretto a fare sempre lo stesso giro e a dire sempre le stesse cose! Dopo un po di camminate, Bruges inizia a stancare, poich vie e canali sono s belli, ma offrono poca variet. tempo quindi di arrivare sul limite della citt, dove sorgono diversi mulini a vento e il corso dacqua navigabile da imbarcazioni pi grandi. La camminata molto rilassata: non abbiamo fretta di tornare a Bruxelles, dato che ci dobbiamo passare ancora una notte prima di lasciare il Belgio. Se dobbiamo annoiarci, molto meglio farlo qui. Ma la noia se ne sta abbastanza lontana. Un curioso spettacolo a cui assistiamo il sollevamento di un ponte navale, che passa da perfettamente orizzontale a perfettamente verticale. Per il resto non facciamo che camminare in silenzio, gustando la mischia di colori della citt. Socializzando Torniamo a Bruxelles in serata. I nostri nuovi compagni di ostello sono due ragazzi spagnoli, con i quali socializzo un po nella loro lingua. Anche se non capisco tutto quello che dicono, poich parlano molto velocemente, si intavola ugualmente una conversazione interessante. Non posso ovviamente competere con un madrelingua, ma apprezzano comunque il tentativo. Chiacchierando un po, apprendiamo che sono due amici in vacanza assieme. Uno abita a Valencia e laltro a Madrid. Stanno facendo una vacanza in Belgio e in Lussemburgo: hanno visitato oggi Bruxelles e domani passeranno a Bruges, per poi proseguire a nord verso Anversa. Non andranno nei Paesi Bassi come invece faremo noi, in quanto ci sono gi stati tempo addietro. Essendo spagnoli, non possono fare a meno di farci domande sul calcio. Quando scoprono che il suddetto sport non mi interessa minimamente, mi accusano addirittura di non essere un vero italiano! Qui si invertono le parti: Davide non sa lo spagnolo e finora non ha aperto bocca, ma quando si tocca il tasto del calcio si rianima e riesce ad
164

intendersi perfettamente con loro, solo pronunciando i nomi dei giocatori. Non ha problemi nemmeno a far capire per che squadra tiene: quando gli chiedono Milan? lui risponde No no, Inter! Milan BUUUH!. E quando vuole far capire quanto poco apprezzi Ronaldinho, non sapendo come si traduce schiappa in spagnolo, si fa intendere benissimo con un tranquillo Ronaldinho m.!. Pi chiaro di cos Anche a loro Bruxelles non piaciuta particolarmente. In particolare, trovano ridiculo il fatto che una statua di un bambino che fa pip sia considerata il simbolo di Bruxelles. Approviamo in pieno, ma il fatto curioso che ieri ci siamo passati davanti, e nemmeno labbiamo vista. Gli spagnoli dopo un po ripartono per continuare i loro giri, noi preferiamo rimanere rintanati. Sono solo le tre di pomeriggio, ma non abbiamo voglia di andare da nessuna parte n di fare alcunch. Ormai pensiamo solo ad Amsterdam, che raggiungeremo domani. La citt del liberalismo e della trasgressione. La filosofia di vita olandese, improntata a separare le questioni morali da quelle sociali e alla tolleranza generale verso le stranezze altrui, lho sempre condivisa. Essa porta risultati anche in campo pratico: rispetto alla Francia, dove le sanzioni per il possesso di droga (anche per uso personale) sono pesantissime, lOlanda ha un tasso di tossicodipendenza molto pi basso, e sicuramente la liberalizzazione della droga un efficacissimo modo per contrastare lo spaccio clandestino. Chiaramente si parla di droghe leggere, poich per quanto riguarda le droghe pesanti il discorso completamente diverso. Vanno eliminate con ogni mezzo. Non mi sono dimenticato neanche del fatto che tra pochi giorni rivedr Patrick. La parentesi belga stata appena sufficiente, salvata in extremis da Bruges, ma ora tempo di ritornare su livelli alti. Amsterdam Scappiamo dunque dalla deludente Bruxelles. Quando finalmente scivolo sul sedile del treno, mi sento molto pi rilassato. Contemporaneamente, per, non posso fare a meno di pensare che la tappa olandese sar lultima di questo viaggio: sembra incredibile come, ancora una volta, sia passato in fretta il tempo da quando siamo partiti. Ma soprattutto, come siamo stati fortunati a continuare il viaggio nonostante il furto. Se mi avessero rubato
165

anche solo il biglietto Interrail, proseguire nel viaggio sarebbe stato un vero disastro. Dopo aver cambiato due treni, giungiamo in una stazione periferica della capitale, dalla quale possiamo prendere gratuitamente la metropolitana per sbucare alla stazione centrale. la prima ed ultima volta che usiamo la metropolitana olandese: la citt troppo interessante per girarla sottoterra. Non appena riemergiamo alla luce del sole, diverse cose colpiscono la nostra attenzione. Innanzitutto, la grande quantit di binari del tram che passano lungo le strade, poi lancora pi grande quantit di ciclisti e biciclette stipate ad ogni angolo di strada, e infine luniformit delle vie della citt. Esse sono costruite tutte con lo stesso schema: fila di case, stradina, marciapiede per le biciclette sempre pieno, ringhiera, canale dacqua, e via allincontrario. I quartieri sono tutti praticamente uguali. Sono molte le similitudini con Venezia. Lungo i canali ci sono addirittura alcune case galleggianti, adornate con fiori di ogni colore, e il resto dello spazio acquatico occupato da barche da pesca o da battelli turistici. Un tocco di diversit dato dal viale commerciale e turistico. Siamo letteralmente sommersi dagli effluvi dolciastri emanati dai numerosissimi coffee shop, dalle insegne rosa e provocanti dei sexy shop, dai fumi dei ristoranti etnici. I negozi sono in numero impressionate, c veramente di tutto. Sembra di essere capitati nel mitico paese della cuccagna. Il nostro ostello si trova appunto in questa via, e non manca di sorprenderci fin da subito. Tanto per cominciare, lentrata quasi invisibile: solo dopo parecchi minuti scoviamo unanonima porta, seminascosta da unorgia di cartelli e scritte luminose. Le scale per salire sono ripidissime, quasi come scale a pioli. Ma pi di tutto ci colpisce la sala reception, che ospita anche i tavoli per la colazione. completamente tappezzata di targhe automobilistiche americane, e soprattutto da banconote provenienti da tutti i paesi del mondo, anche i pi sperduti come Pakistan, Ruanda e Angola. Ci chiediamo se chi lavora qui le abbia collezionate viaggiando effettivamente in tutto il mondo per procurarsele. In questo caso, si merita tutta la nostra stima. In effetti, a giudicare dallaspetto dellostellante che ci riceve, le nostre supposizioni sembrano fondate. Luomo ha un aspetto vissuto, lunghissimi e vaporosi riccioli grigi che gli cascano ben sotto le spalle, e ci parla in buon italiano non appena capisce da
166

dove veniamo. Probabilmente, durante i suoi numerosi viaggi ha imparato tante lingue diverse. Laria d'avventura e vita, che trasuda da queste pareti ricolme di cimeli, indescrivibile. Poter allestire una stanza simile a casa mia un sogno che ho da sempre. Tra laltro, probabile che lostello sia a conduzione familiare, dato che il nostro amico ad un certo punto si rivolge ad una donna nellaltra stanza, chiamandola con una parola che ricorda linglese mother. Sulla parete della nostra camera doppia, al quarto ed ultimo piano (ovviamente non c lascensore), affisso un grosso quadro in bianco e nero, raffigurante centinaia di navi nel porto di Amsterdam. Dopo esserci come al solito riposati un po, iniziamo subito ad esplorare la citt. Riusciamo a trovarne una mappa solo allufficio informazioni, situato dietro la stazione centrale. Dobbiamo pure pagarla due sonanti euro, mangiati da un distributore automatico di mappe che ce ne consegna una impacchettata, come un pacchetto di sigarette. Con questa mappa in mano, riusciamo ad orientarci, cosa non facile in una citt dove le vie sono tutte uguali. Prima di concederci una meta precisa, per, vaghiamo un po lungo il nostro viale. C troppa roba per non esplorarlo da cima a fondo. Non possiamo evitare di entrare almeno una volta in uno dei sexy shop. Ovviamente non compriamo nulla, anche perch i prezzi sono altissimi. Dentro quelle case di perdizione si vendono cose veramente allucinanti, da non riuscire ad immaginarsele. Ci sono perfino degli stanzini dove, a pagamento, si possono visionare i film che si intendono acquistare. Chiss a cosa serviranno le tendine allingresso dei camerinima meglio cambiare discorso. Perch non parlare dei coffee shop? C dentro gente che fuma ad ogni ora della giornata, e non possibile sbagliarsi sulla natura di questi locali: i colori rastafariani (rosso, giallo e verde) e le immagini di palme, che campeggiano in bella vista sulle insegne, sono assolutamente inequivocabili. Le strade sono piene di persone, ma sorprendentemente la citt ci d subito lidea di essere estremamente sicura, nonostante la sua fama libertina. A patto che si rispettino le classiche regole del buon senso, valide ovunque. Quando abbiamo ormai vagato a sufficienza, passiamo davanti alla vecchia casa di Anne Frank, evitando a stento i numerosissimi ciclisti che qui hanno la precedenza su tutto e tutti. Non proviamo nemmeno ad entrare: lingresso orribilmente costoso e la fila
167

lunghissima. Poco distante, invece, troviamo una vera chicca. Si tratta del museo della tortura, inquietante ricettacolo di demoniaci strumenti del passato, anche se sappiamo che anche oggi la tortura praticata in mezzo mondo. Ce n per tutti i gusti. Il cavallo spagnolo, che disarticolava gli arti inferiori attaccandovi pesi enormi; le gabbie, dove si era costretti a restare immobili per giorni e si diventava pazzi per i crampi muscolari; la Vergine di Norimberga, dove si rimaneva chiusi a fare i conti con i chiodi sporgenti. La luce negli angusti locali appena accennata, come per far risaltare lanima nera di questi aggeggi. Quando usciamo siamo abbastanza sollevati di esserci tolti da quellatmosfera di dolore e di morte, che tuttavia affascinante. Vedere fin dove si pu arrivare con queste efferatezze, e soprattutto sapere che la popolazione le crede utili se si convince che servano per una giusta causa, aiuta ad aprire gli occhi sulla vera natura umana. Ieri il cavallo spagnolo, oggi il fosforo bianco lanciato sui civili o le droghe utilizzate per far confessare. Non cambiato assolutamente niente. Decidiamo di terminare qui le visite della giornata. Da domani comincer a combinare lincontro con Patrick, sperando che vada tutto liscio. Ci siamo concessi la prima giornata in libert, per scoprire Amsterdam a modo nostro, ma da domani ci farebbe comodo avere una guida. Il paese delle meraviglie Unabbondante colazione ci aspetta nel salone dellostello, offerta gratuitamente. Non c pi lostellante di ieri: ora ha preso il suo posto un uomo dallaspetto meno leonino. Probabilmente il fratello, dato che un po gli assomiglia. Coffee or tea? sono le uniche parole che ci rivolge, il resto gi tutto preparato e assolutamente insindacabile. Fette di pane con marmellata, uovo sodo, formaggio stagionato. Addirittura c del latte cagliato. Puro semplicemente imbevibile, ma nel t diventa squisito. Con quest'assortimento di vivande iniziamo la giornata nel migliore dei modi, salutati anche da un simpatico gatto tigrato, che si aggira tra i tavoli con laria assonnata, ma tuttavia non disdegna qualche carezza. Prima di uscire per le vie della citt, provo a chiamare Patrick, che stranamente non risponde. oggi il giorno in cui ci dovremmo sentire, di comune accordo, e questo telefono che squilla a vuoto mi inquieta un po, ma pazienza. Magari fuori casa
168

e torner pi tardi. Il fatto che ora non mi risponda non deve per forza essere un segnale negativo, come spesso sono portato a credere. Probabilmente andato a trovare il padre in ospedale, ed per questo che da casa non risponde nessuno. Usciamo dunque per i fatti nostri, puntando al museo dellHermitage. Qualcuno dir: Ma non a San Pietroburgo?. Effettivamente cos, ma noi siamo particolarmente fortunati, poich il celeberrimo museo russo ha temporaneamente trasferito duemila opere in una sede distaccata, che si trova proprio qui ad Amsterdam. Non possiamo certo perdercelo, anche se il prezzo del biglietto una brutta sorpresa: costa ben quindici euro, senza sconti d'alcun genere per gli studenti. Si vede che siamo ritornati nei paesi nordici, dove si paga tutto. Dissento per da quest'abitudine: quando mai i giovani si avvicineranno alla cultura se lentrata di un museo costa cos tanto? I francesi lhanno vista giusta a non far pagare nulla a chi ha meno di una certa et. Pazienza, ormai siamo qui e un po controvoglia tiriamo fuori le banconote. Gli aristocratici vestiti nobiliari e tutto ci che ruotava attorno alla nobilt pietroburghese sono un bello spettacolo, ma continuo a pensare che ho speso decisamente troppo in proporzione a ci che vedo. Con lamaro in bocca finiamo la visita e ci spostiamo in unaltra zona della citt, dove si trova la pi grande raccolta al mondo di quadri di Van Gogh, il celebre pittore olandese che sforn ben ottocento dipinti nella sua breve carriera. Per raggiungerlo, passiamo da un pittoresco viottolo curvo illuminato in modo strano dalla luce del sole, e solo dopo averci camminato un po scopriamo che dietro le vetrine ci sono degli inquietanti individui, dal sesso non ben identificabile, che ci salutano ammiccanti. Sono necessari solo pochi secondi, per capire che sono dei transessuali. Siamo finiti nel quartiere a luci rosse! O meglio, in uno dei suoi bracci esterni, poich per ora vediamo solamente queste poche vetrine senza insegne n nulla. Ma sicuramente, a pochi isolati di distanza, comincia la via della perdizione vera e propria. Curiosamente, quasi allimboccatura di questo strano vialetto si trova una chiesa. Forse un simbolo della filosofia di vita olandese, dove ognuno relativamente libero di farsi gli affari propri, purch non disturbi troppo gli altri? In un quartiere le prostitute, nellaltro le messe. Non importa la distanza, basta che

169

ognuno sia libero di condurre la sua vita come crede, nel rispetto dellaltro. Deviando dal quartiere, riusciamo finalmente ad imboccare la via giusta per il museo. Van Gogh un altro di quei pittori le cui opere mi affascinano, nonostante la mia scarsa passione per la pittura. Destreggiandoci tra mangiatori di patate e campi di grano con i corvi, finisce velocemente anche questa carrellata di capolavori, che non descrivo, poich non saprei nemmeno esattamente cosa dire. Non c molto da parlare a proposito di un quadro, bisogna semplicemente vederlo. Nelledificio adiacente si tiene invece una mostra d'arte contemporanea, a tratti affascinante. Ci sono delle opere disegnate per terra, che Davide calpesta inavvertitamente. Non appena si accorge che ci sta camminando sopra, fa subito un balzo indietro temendo d'averle danneggiate, ma subito si accorge che quelle opere vanno calpestate. Sono l per quello, come recita la targhetta. Mi ricordano un po le opere dellinquietante vankmajer, sempre tese a mostrare il contrario di ci che dovrebbe essere, per lasciare esterrefatto losservatore. C anche un grosso ammasso di ferraglia che viene attivato e messo in moto con la pressione di un pulsante. Il risultato un blob di ferri ed ingranaggi arrugginiti che scorrono gli uni sugli altri, si intersecano e scalpitano facendo un rumore infernale, ma senza portare a nulla, fino a che non si rilascia il pulsante. Allora lammasso si tacita, torvo e minaccioso. Forse una metafora di una tecnologia che porta sempre di pi luomo verso linutile e il fine a se stesso. Solo interrompendo il circuito, ossia svegliandosi e dicendo basta, ci potr avere fine. Il risultato degno di qualche minuto di considerazione, in mezzo alla mediocrit d'altre opere, che continuo a non capire cosabbiano di tanto speciale per meritarsi un posto qui. Daccordo che il senso dellarte moderna che non importa ci che si fa, basta farlo per primi. Ma c un limite anche a questo! Tocca ora a cose ben pi grette, come ad esempio mangiare. Questoccupazione non meriterebbe di essere citata, se non fosse che devo sudare le proverbiali sette camicie per riuscire a prendermi lhot dog che voglio: una vespa dispettosa se l presa con me e non vuole assolutamente che allunghi la mano verso gli erogatori di ketchup e maionese. Faccio come minimo venti tentativi prima di riuscire a spalmarne solo un filo, poich sembra che questo dannato insetto mi stia controllando come un dietologo e minacci di
170

pungermi se solo provo a sgarrare. A chi osserva la scena dallesterno, probabilmente, appaio come un pazzo dissociato, che nel momento in cui cerca di condire il panino come trattenuto da una forza misteriosa e demoniaca che lo fa sussultare e scappare, e cos via a ripetizione. Non ci posso fare niente se ho paura delle vespe. Al colmo della frustrazione e ad un passo dalla crisi di nervi, finalmente riesco a guarnire lhot dog e posso scappare dal molesto insetto. Ci sediamo per una mezz'oretta sul prato, sbafando biscotti per contorno e godendoci ancora un po il sole che anche oggi picchia. Le nostre visite culturali per non sono finite: c anche il Rijks Museum, altra rassegna di quadri totalmente sconosciuti ma sempre piacevoli da vedere, conditi da una simpatica chicca. Una scatola di legno nero, chiusa da ogni lato e alta come una persona, ha un piccolo schermo circolare sulla parte anteriore, come se fosse una pendola a muro. Peccato che questo schermo sia digitale, e dietro di esso si veda lombra di un uomo che dallinterno cancella le lancette con un panno, ridisegnandole con un pennarello ad ogni minuto che passa. Sembra proprio che ci sia dietro una persona che continua a cancellare e a rifare le lancette, disegnandole sul vetro. Linganno talmente ben congegnato da farmi sorgere il dubbio che ci sia dentro effettivamente qualcuno, ma niente. Magia tecnologica. Potrei rimanere a guardare questinsolito spettacolo per ore, ma tempo di andarcene ormai. In unampia piazza incrociamo un altro spettacolo interessante: una partita a scacchi, ma non con la solita scacchiera di legno su un tavolino, bens con pezzi enormi, mossi su una scacchiera gigante disegnata per terra. Sembra la partita a scacchi viventi di Marostica, tranne che qui si tratta di birilli e non ancora di persone. Appassionato come sono di questo gioco, per me una delizia stare ad osservare i due contendenti. Si capisce che i giocatori non sono dei dilettanti, in quanto le loro mosse sono precise e ben calcolate. Davide non sa giocare bene a scacchi, ma non posso comunque fare a meno di spiegargli tutti i retroscena della partita, commentando ogni mossa. Riesco anche a coinvolgerlo, in quanto dopo un po inizia a fare commenti anche lui, ma in quel momento la partita finisce. Il conduttore del Nero, infatti, si lasciato fare una clamorosa forchetta di Cavallo ai danni di Re e Torre, con conseguente perdita irrimediabile di questultima. Del resto, la sua
171

situazione era gi abbastanza difficile, con due pedoni e la qualit in meno. Tirando un debole calcio al colpevole cavallo bianco, il padrone dei pezzi neri abbandona la partita. Aiuto subito a rimettere i pezzi al loro posto, sperando che non ci sia pi nessuno in coda per giocare, ma purtroppo il posto era gi prenotato e cos sfumano le mie speranze di intavolare una sfida. Peccato. Se avessimo pi tempo rimarrei ad aspettare il mio turno, ma chiss quante persone ho davanti. Quando passiamo davanti ad un negozio di giocattoli, una forza ignota ed irresistibile ci trascina dentro, senza che possiamo opporci. Io mi butto immediatamente sugli scaffali delle innumerevoli carte Magic, mentre Davide seziona tutti i giochi da tavolo uno per uno. Ma non finita qui. Nel paese della cuccagna ci sono anche dadi a dodici, venti, cento facce; mazzi di carte truccati, con le carte che improvvisamente diventano tutte bianche o tutte uguali, per poi tornare miracolosamente normali; cubi di Rubik, che immediatamente compriamo, uno a testa. Riesco perfino a trovare una versione da viaggio di Stratego, vecchissimo gioco che cercavo da tempo immemorabile. Passiamo unora intera a selezionare carte da comprare e simpatici souvenir da regalare agli amici rimasti a casa, come un cubo di Rubik con soli due quadrati per lato, apparentemente elementare ma in realt complicato da risolvere quasi come il cubo normale. Finalmente troviamo la volont di uscire dal negozietto e ci concediamo una tranquilla merenda nellaffollata piazza principale, iniziando subito a tentare di risolvere il dannato cubo, che dopo poche mosse si scombina in modo irreparabile. Per quanto ci sforziamo, non riusciamo pi a rimetterlo a posto. Era pi bello prima. Con la sua mente da ingegnere, Davide molto pi sollecito di me nei tentativi, e infatti continua per un bel po a provare, ma senza grossi risultati. Io desisto dopo pochi minuti, non sono in grado di risolvere quella mostruosit. Ma si fatta improvvisamente sera, ed tempo di tornare alla base. Tento ancora di chiamare Patrick, sperando che almeno per domani sia disponibile. Risponde la sorella, e mi informa che il fratello al lavoro. Mi assicura, tuttavia, che gli riferir della mia chiamata. In realt, comincio ad avere il dubbio che non voglia farsi trovare.

172

In barca Ci svegliamo piuttosto tardi stamattina. Vado in bagno prima io, ma il pi vicino dei due minuscoli gabinetti immerso in un odore di disinfettante piuttosto penetrante, perci scelgo il secondo, ancora intonso. Davide non ha per altrettanta fortuna. Quando arriva il suo turno, nel bagno sano stanno facendo le pulizie, ed quindi costretto ad usare quello che stato appena disinfettato. Ci rimane dentro forse un minuto, ma sufficiente per intossicarsi con i pestilenziali effluvi dellignota sostanza battericida. Esce dal bagno tossendo allimpazzata e continua almeno per altri dieci minuti, senza tregua, lamentandosi e imprecando nelle pause tra un colpo di tosse e laltro. Finito laccesso di tosse, finalmente scendiamo a fare colazione. Oggi dobbiamo assolutamente portare a casa qualcosa di divertente e spiritoso, che ci ricorder per sempre questa citt. Ci tuffiamo dunque in un assalto disperato ai negozi di souvenir, che sono in numero impressionante. Non si riesce a fare dieci metri senza incontrarne uno. Presi da raptus, entriamo in tutti quelli che troviamo. Dopo il decimo c da diventare epilettici. In un punto della strada ci sono addirittura due negozi che si fronteggiano faccia a faccia. Chiss che concorrenza spietata si fanno. La nostra scelta infine cade su due simpatiche magliette, pi un cubo di Rubik interamente rosa. Solo per bionde, recita la scritta sulla confezione. Sappiamo gi a chi regalarlo. Un po misogino, ma divertente! Dopo aver passato unaltra ora nel solito negozio di giocattoli (non abbiamo proprio di meglio da fare), ritento ancora con la telefonata al mio amico olandese, dato che il tempo inizia a stringere e non rimarremo qui in eterno. Ancora una volta risponde la sorella, ma il diretto interessato non si trova, ancora al lavoro. Ma lavora ventiquattore su ventiquattro? La donna ci assicura che lui stato informato della nostra telefonata e che si far sentire sicuramente domani, ma ormai inizio a fiutare limbroglio ed chiaro che non si far mai trovare. Aspetteremo domani per averne la conferma definitiva, dato che sar lunico giorno utile per fare uneventuale gita fuori porta, ma non mi aspetto pi granch. Certo che sarebbe il colmo avere ancora una volta un contatto e non riuscire a trovarlo, come ci capit in Scandinavia. L per si trattava di persone perse di vista pi di trentanni prima, delle quali conoscevamo solo il nome e lantico paese di residenza senza indirizzi n niente, mentre qui ho numero di telefono, indirizzo di
173

casa e tutto quanto, ci ho anche parlato e non si tratta di ectoplasmi! Le speranze di un ritardo in buona fede si stanno affievolendo sempre di pi, e Davide sempre pi convinto che Patrick sia un buontempone. Ciondolando beatamente per le strade, arriviamo a sera e optiamo per una gita in barca sui canali della citt. A parole sembra molto interessante, ma dopo pochi minuti gi ci stanchiamo, veramente tutto troppo uguale. Le cose pi carine che possiamo vedere sono un galeone dipinto di giallo e verde che staziona beato in acqua, poi un impressionante silos per le biciclette, che ne ospita migliaia. Dopo unora ci sembra di essere passati sempre dallo stesso punto, girando in tondo, e la giornata finisce cos, senza particolari emozioni. Afsluitdijk Un centinaio di chilometri a nord est di Amsterdam, presso la cittadina di Den Oever, si trova la diga di Afsluitdijk. Essa divide il mare del Nord da un piccolo mare interno dacqua dolce, e proprio qui cade la nostra scelta per una gita avventurosa in bicicletta. Come da tradizione, lescursione ciclistica non manca nemmeno questanno. La suddetta diga lunga ben trenta chilometri, e logicamente disperiamo di poterla percorrere tutta avanti e indietro, ma gi arrivare a coprire la met della distanza sarebbe una bella esperienza. Perci prendiamo il treno, che cambia alla stazione di Alkmaar, ma dato che le istruzioni sono tutte in olandese non capiamo che dobbiamo cambiare carrozza per proseguire, e quando lo capiamo troppo tardi. Scendiamo di corsa, ma non abbastanza veloci: la parte di treno che ci interessa si sta gi allontanando, e la perdiamo proprio per un soffio. Che rabbia! Mezzora persa per niente. Sarebbe bastato aggiungere al tabellone due righe in inglese! Pazienza Ripreso infine il treno giusto, poi un autobus, giungiamo infine in questo desolato agglomerato di costruzioni e strade, nelle quali non passa una persona che sia una. Una cittadina fantasma, oserei dire, anche se estremamente ariosa, spaziosa e colorata. Non sappiamo dove andare e ci tocca chiedere informazioni ad un concessionario, che ci indica lufficio informazioni, fortunatamente aperto. Grazie alle sue indicazioni, integrate poi da quelle di un meccanico dallo stranissimo accento, raggiungiamo il punto di noleggio delle biciclette. un posticino
174

tranquillo e riparato, forse anche troppo. Ci vuole un bellintuito per capire dov, anche con le indicazioni in mano. La zona pullula di simpatiche villette a schiera, circondate da steccati di legno e verdi siepi. Approfittiamo dellattesa per far fuori due tramezzini, che ci devono bastare per tutta la giornata, sedendoci sul selciato che divide due filari di garage perfettamente chiusi. Dopo mezzora, finalmente arriva qualcuno ad aprire. Il noleggiatore molto gentile e ci offre subito le due biciclette migliori, che non sono assolutamente paragonabili agli scandalosi macinini che ci propinarono alle isole Lofoten. Queste sono decisamente pi sportive e adatte a lunghi percorsi, e non meno importante sono molto pi economiche. Una volta assicurati gli zaini al portapacchi con una corda elastica, siamo pronti ad iniziare lavventura! Un autoscatto ci immortala nellattimo prima di imboccare la corsia ciclabile della diga, e dice pi di mille parole. Maniche corte, cappellino voltato allindietro, braccia abbronzate a met dopo tutte giornate passate al sole, pantaloni ormai sporchi e consunti per non essere mai stati cambiati, cielo terso e tanta energia da spendere. A volte, non documentare certe situazioni una colpa imperdonabile. Seppur totalmente pianeggiante, il percorso presenta qualche difficolt. Tanto per cominciare c un forte vento laterale, inevitabile dato che ci troviamo in mezzo a due mari. Inoltre, per quanto possiamo andare veloci, il panorama non cambia mai. Lorizzonte sempre identico a s stesso, e le uniche cose che cambiano continuamente sono le automobili e i camion che sfrecciano accanto a noi sullautostrada. A tratti provo una punta dinvidia verso di loro: si fanno tutta questa strada senza alcuna fatica, mentre io sono qui a pedalare. Un automobilista che proviene dal senso opposto sembra addirittura incitarci, suonando il clacson e facendoci chiss quali gesti con la mano. Beato lui che deve solo schiacciare un pedale per andare avanti. Fortunatamente, il tempo ottimo e non fa assolutamente freddo, nonostante il fortissimo vento che ci investe senza sosta. Fermandoci al monumento, situato al quinto chilometro, lentamente percorriamo questinterminabile lingua dasfalto. Ogni tanto ci fermiamo per far riposare le gambe e per cercare qualche punto di riferimento, ma invano. Dopo ben tredici chilometri intravediamo in lontananza un cavalcavia, e poco dopo riusciamo a distinguere un autogrill. Ottimo! Non ci aspettavamo proprio di trovarne uno, e cade
175

proprio a fagiolo, poich lacqua sta finendo, velocemente prosciugata ad ogni sosta. Allautogrill facciamo incetta di gelati e bottiglie dacqua. Mi sto quasi per addormentare sulle panchine di legno, da quanto sono stanco, ma sono troppo scomode per prendere realmente sonno, e in ogni caso meglio rimanere vigile, poich la pedalata non affatto finita. Dobbiamo ancora rifare al contrario tutti i quindici chilometri che abbiamo appena percorso. Non sarebbe unimpresa cos difficile se non ci fosse il vento, ora totalmente contrario alla nostra direzione di marcia, che rende il ritorno un vero strazio. Non superiamo mai i dieci chilometri orari, in prima marcia, e le mie gambe dopo poco iniziano a cedere. Ma perch tutte le volte che salgo su una bicicletta me ne devo pentire amaramente? Godo di un minimo di sollievo quando rimango dietro a Davide, sfruttando la sua scia che mi permette di ridurre le turbolenze atmosferiche. Dopo un po, tuttavia, decido che non giusto che solo io riceva questo privilegio, cos mi stacco e mi porto di fianco a lui per superarlo e mettermi davanti. Non appena la protezione della scia viene a mancare, mi sento immediatamente investito da folate di vento assurde, tanto forti che mi sembra di fare il doppio della fatica di prima. Maledicendo il destino ed arrancando penosamente, continuiamo a pedalare con la sola forza della disperazione. Si mette male Allaltezza del monumento, quando ormai manca relativamente poco alla fine dei tormenti, il cielo comincia a rannuvolarsi a vista docchio. Inizio subito a pensare che la situazione non si potr evolvere verso il meglio, ma piuttosto tender sempre di pi ad andare in peggio. Conviene affrettarsi. A circa tre chilometri dallarrivo dobbiamo per fare una sosta, poich non ce la facciamo pi. Durante la pausa vedo una palla di sterpi che rotola sospinta dal vento, in stile Far West, e ci mi d lispirazione per girare un video delirante che ci ricorder per sempre latmosfera tragicomica del momento. Il video anche lultima cosa che riusciamo a fare prima del cataclisma. Dopo non pi di venti secondi, infatti, inizia a cadere qualche gocciolone dallo spessissimo muro di nuvole che ci sovrasta torreggiante. Un muro che si formato a tempo record e che ora sta per scaricare tutta la sua furia su di noi, unici ed indifesi
176

occupanti della corsia ciclabile in tutta la lunghezza della diga. Lampi e tuoni, inizialmente lontani e poi sempre pi vicini e forti, non tardano a manifestare la loro minacciosa presenza, facendoci ulteriormente preoccupare. Qualcosa mi dice che meglio tirare fuori immediatamente il kee way, per tentare di salvare il salvabile, anche se per ora si tratta solo di qualche rara goccia. Davide pensa di poter rimandare la bardatura, operazione noiosa, ma lo incito urlando No no, equipaggiamento, subito!. Uso proprio la parola equipaggiamento, quasi senza pensare. Forse mi sento nel mezzo di una battaglia, ed effettivamente non ci sono poi cos lontano. Dopo mezzo minuto dallaver pronunciato questa frase, infatti, si scatena il diluvio universale. Pedalando sempre pi forte per tentare di sfuggire allinevitabile, vedo i pantaloni che cominciano a chiazzarsi dacqua e capisco che mi laver da capo a piedi. Spero solo che non mi venga la febbre, una volta sola mi bastata e avanzata. Oltretutto c un altro problema: il vento ancora contrario e sta aumentando di intensit, e questo fa s che lacqua colpisca direttamente la faccia e gli occhi. Il cappuccio del kee way, che sono costretto a tenere sempre con una mano per non farlo volare allindietro, sembra non ripararmi quasi affatto. Anche Davide nella medesima situazione. Devo guidare la bici con una mano sola e tenere il capo sempre basso, per evitare che lacqua mi vada dritta negli occhi. Non posso sentire cosa dice il mio compagno di pedalata, ma molto probabile che stia imprecando a raffica. Posso esserne ragionevolmente certo nel momento in cui me lo vedo passare di fianco, velocissimo e avvolto da nubi di spruzzi, con la testa bassa e larrabbiatura che si pu percepire nelletere. Chiss quante ne sta tirando in questo momento! Anchio ho voglia di tirare gi qualche santo dal paradiso, poich non ha mai piovuto seriamente nemmeno una volta in tutta la vacanza, e deve diluviare proprio ora. Cerco di accelerare landatura, con le scarpe di tela leggera ormai completamente fradice, ma le forze sono quelle che sono e il vento diminuito solo leggermente, quindi mi rassegno a fare ci che posso. Sono gi completamente lavato, inzupparmi un po di pi non cambier significativamente la situazione. Usciti finalmente dalla diga, alla disperata ricerca di un riparo, avvistiamo un ponte qualche centinaio di metri pi avanti. La nostra salvezza. Lo puntiamo furiosamente, e non appena ci arriviamo sotto ci
177

spogliamo quasi completamente, strizzando calze, scarpe e pantaloni. Le scarpe sono cos piene dacqua che mi sembra di camminare in una palude melmosa. Miracolosamente, felpa e zainetto hanno resistito e sono in buona parte asciutti. Davide non stato altrettanto fortunato: lacqua gli penetrata fin nella canottiera e nello zainetto, bagnando anche il nostro programma di viaggio, che per fortuna ormai non ci serve praticamente pi, in quanto siamo arrivati alle ultime battute. Tentando di ritornare ad una temperatura corporea normale, aspettiamo invano che spiova. Si alternano continuamente momenti di calma assoluta, che ci invitano ad andarcene subito, con scrosci terrificanti, che ci scoraggiano anche solo dal pensarci. Non c mai una tregua sufficientemente lunga per percorrere allasciutto i due chilometri che ci separano dal punto di noleggio biciclette. Prima di prendere il bus per tornare ad Amsterdam, infatti, abbiamo anche queste diavolo di biciclette da riportare indietro. Il noleggiatore ci ha dato il suo numero di telefono in caso di bisogno, ma anche se telefonassimo, cosa gli potremmo raccontare? Che siamo stati sorpresi dalla pioggia? Affari nostri, ci potrebbe risponderee avrebbe anche ragione. Cos aspettiamo ancora un po, tentennando, finch non convinco Davide a muoversi nonostante lacqua, argomentando che se aspettiamo troppo tempo rischiamo di rimanere senza mezzi per tornare indietro. Oltretutto, le zone asciutte sotto il ponte si stanno riducendo sempre di pi, poich lacqua non viene smaltita completamente dagli oberati tombini e sta iniziando a straripare, invadendo tutto. Pedalando veloci, in un momento d'apparente tregua meteorologica, raggiungiamo infine il noleggio, stanchi morti. Incredibilmente, lungo tutta la strada non ha pi piovuto. Vedendo le nostre condizioni, il gentile noleggiatore ci propone di rimanere ad asciugarci dentro il negozio, prima di ripartire. Lidea allettante, ma non sappiamo se ci potrebbe farci perdere lautobus, quindi rifiutiamo. Ormai non piove pi, ma meglio non fidarsi e camminare il pi velocemente possibile fino alla fermata dellautobus, prima di essere sorpresi dalla replica del diluvio universale. Ci viene in mente che per tornare ad Amsterdam potremmo fare lautostop, cos da evitare autobus e treno. Ma tra il dire e il fare c di mezzo il mare. Non ci tirer mai su nessuno, meglio non provarci neanche. Riprendiamo a camminare lungo la strada bagnata,
178

percorsa soltanto da qualche rara automobile che sfreccia a tutta velocit. Ad un certo punto, per, capiamo che stiamo tornando verso la diga. Che succede? Abbiamo perso completamente il senso dellorientamento? Eppure lufficio turistico l, ben visibile, e la stazione dei bus si trova poco distante. Possibile che non ci sia? Ritorniamo indietro, incerti sul da farsi, e anche un po preoccupati di esserci persi. Mentre camminiamo, il telefono di Davide si mette a vibrare. Proprio adesso devono telefonarci? E se fosse finalmente Patrick? Affari suoiprima dobbiamo sistemarci! Dopo aver fatto avanti e indietro per un centinaio di metri, mi casca locchio su alcune sbarre che abbiamo oltrepassato con il bus dellarrivo. Un lampo davanti agli occhi: la stazione dei bus proprio l davanti a noi. Riconosco la vetrata infranta davanti alla quale lautobus ci ha lasciato stamattina. Ce labbiamo davanti da mezzora e non labbiamo vista, accecati dalladrenalina. Rischiando di farci investire, attraversiamo di corsa la strada e finalmente possiamo rilassarci un po sotto la pensilina, aspettando il bus che sar qui tra cinque minuti. Giusto in tempo. Nellattesa, Davide tira fuori il telefono e scopre che spento. Come faceva allora a vibrare? Temiamo si sia rotto, e infatti non si accende pi. Ha preso talmente tanta acqua da guastarsi. Maledizione! Ci mancava anche questa per concludere la giornata. Intanto arriva il bus, ma faccio fatica ad appoggiarmi sui sedili, poich tutto il tempo passato sul duro sellino della bici ha offeso il mio sensibile posteriore. Odio le biciclette anche per questo motivo. Mi sento gi un po di febbre, ma sicuramente una cosa passeggera dovuta allo stress del momento. Unica consolazione: il cellulare di Davide, ormai asciutto ha ripreso a funzionare. Quando finalmente calpestiamo il suolo di Amsterdam, puntiamo direttamente ad un fast food, per comprare qualcosa da portar via e poi mangiarcelo in camera. La commessa sembra non capire cosa vogliamo, rispondendo solo con strani e laconici uh. Proprio adesso che abbiamo fretta di rintanarci al caldo, dobbiamo trovare la commessa rincretinita. Dopo non pochi chiarimenti, capisce che vogliamo del cibo da portar via, e in un lampo ci inscatola patatine, un hamburger e qualche crocchetta di pollo. Tutti in ostello, pi veloci della luce. Finalmente possiamo levarci di dosso i vestiti bagnati. Non abbiamo pi ricambi, speriamo che si asciughino entro domani mattina.
179

Mulini a vento La nottata tranquilla, a parte un brusco risveglio dovuto ad un tizio che alle quattro di mattina grida proprio sotto la nostra finestra. Una scena ormai comune, non ci facciamo quasi pi caso. Luomo continua ad utilizzare la parola Fuck per costruire centinaia di frasi diverse. Per fortuna dopo qualche minuto si zittisce, a differenza del cugino francese che era andato avanti per oltre mezzora. Al risveglio vero e proprio, scopriamo che i vestiti e le scarpe si sono asciugati quasi completamente, e con un po di giochi di prestigio riusciamo a ridistribuire tra noi i vestiti puliti e asciutti che ci sono rimasti, per avere qualcosa da mettere indosso oggi. Va a finire che mi ritrovo con le mutande, le calze e la canottiera di Davide, mentre lui porta la mia canottiera. Dopo la solita abbondante colazione, ci rechiamo ancora una volta alla stazione centrale, per prendere un altro treno. Per la gita fuori porta abbiamo scelto Koog Zaandijk, una piccola cittadina a sud est di Amsterdam. Ci andiamo da soli, ovviamente, poich Patrick non si fa trovare nemmeno stamattina. Ormai si rivelato per quello che , cio un contafrottole. Dovevo immaginarlo che sarebbe finita cos. Il percorso per raggiungere questo piccolo borgo rurale piuttosto anonimo. Solo ogni tanto si intravede dal finestrino qualche campo debolmente punteggiato di fiori rossi e lilla. Purtroppo non siamo nella stagione ideale per ammirare le distese di tulipani, che rendono famosa questa nazione tanto quanto la droga e i mulini a vento. Di mulini per ce ne sono in abbondanza ovunque: in riva al fiume ne spiccano subito cinque, circondati da casette immerse in un verde che pi verde non si pu. Lacqua limpida e cristallina, e il villaggio ornato da innumerevoli dalie multiformi. Latmosfera bucolica e rilassante, non fosse per una terrificante puzza dolciastra, probabilmente proveniente da unindustria vicina, che si insinua in ogni angolo di villaggio. terribile. Ci addentriamo maggiormente nel dedalo di viottoli sterrati, fiancheggiati da corsi dacqua, per tentare di sfuggire allinsopportabile olezzo. Neutralizzato lodore, ci concentriamo meglio sulla natura. I canaletti sono completamente coperti da alghe, che formano una densa pellicola verde sul pelo dellacqua. Hanno tutta laria di essere sentieri erbosi, e qualche sbadato ci potrebbe tranquillamente cadere dentro. La sua unica salvezza per evitare il bagno sarebbe notare le papere e i cigni, che galleggiano beati su quello strato di fanghiglia verde, talvolta
180

immergendo la testa per catturare qualche sventurato pesciolino. Nelle vicinanze sorgono piccole capanne di legno dai rossi tetti, oltre a mulini in piena attivit. Seduti su una panca in riva al fiumiciattolo, inganniamo il tempo osservando le increspature dellacqua e i riflessi che il sole produce su di esse, foraggiando contemporaneamente uno stormo d'anatre particolarmente golose dei nostri biscotti. Non ci mollano pi, addirittura saltano per rubarceli, e siamo costretti a traslocare. Poco dopo torniamo ad Amsterdam, ormai presi da una stanchezza cronica. Facciamo solo un ultimo giro per alcune strade non ancora battute, poi ci rintaniamo nel nostro loculo a riflettere su questo viaggio, controverso e particolare. Forse non stato mostruosamente esaltante come il viaggio in Scandinavia, ma stato comunque molto denso di emozioni, novit e luoghi meravigliosi. Anche stavolta torneremo a casa arricchiti e diversi da prima. Inconsapevoli vandali Lindomani ci prepariamo velocemente ad andarcene, ma qualcosa non va per il verso giusto. Chiudendo la porta della camera per lultimissima volta, stacco involontariamente la maniglia. Proprio adesso doveva succedere? La rimetto a posto come riesco, facendo finta di nulla. Scendiamo, ma troviamo la porta della reception chiusa. Stanno ancora dormendo tutti. Il problema che un treno ci aspetta tra mezzora e dobbiamo riconsegnare le chiavi. Lunica cosa vivente che ci risponde il gatto. Forse proprio il suddetto felino a salvarci, poich miagolando riesce a svegliare i padroni e qualcuno viene ad aprirci. Consegnate le chiavi, afferro quasi involontariamente la maniglia della porta, e anche questa si stacca e cade a terra. Stamattina ho davvero una presa devastante. Per un po tento di rimetterla a posto, ma sembra un danno complesso, quindi desisto e lascio la maniglia in mano al gestore. Mentre lui va a chiamare qualcuno per farsi aiutare, scivoliamo furtivamente via, ormai liberi. Si arrangeranno loro, non abbiamo tempo ora di stare a guardare come ripareranno quella dannata maniglia. Sappiamo solo che adesso dovremo cambiare tre treni, attraversando la Germania e la Svizzera e trapassando di nuovo le solenni Alpi, ancora una volta linea di demarcazione tra ci che era e ci che riprender ad essere.

181

Estate 2010
Islanda
Partenza il 02/08/2010 Ritorno il 18/08/2010 16 giorni totali di viaggio

182

Astronomia Per un italiano del nord come me, non facile osservare la costellazione dello Scorpione. Sempre bassa sullorizzonte anche quando si trova al suo culmine, ha una declinazione negativa ed dunque visibile per intero solo a partire dallItalia meridionale in gi, sempre a patto che la foschia sia inesistente e che non ci siano fastidiosi palazzi a coprire la visuale dellorizzonte. Non sono mai riuscito a scorgerla nel cielo stellato, prima dora. Solo laltezza a cui mi trovo adesso rende facile distinguere lenorme supergigante rossa Antares, insieme alle tre stelle azzurre che formano la testa del velenoso animale, che anche il mio segno zodiacale. Da undicimila metri di quota, abbondantemente sopra la densa coltre nuvolosa che stanotte ricopre lEuropa, questa meraviglia cosmica appare chiaramente, anche se il riflesso delle luci interne sul finestrino rende difficile distinguerne i particolari. Se questo un biglietto da visita del viaggio che sto andando ad intraprendere, posso dire con certezza che cominciato nel migliore dei modi. Insieme allinseparabile compagno di viaggio Davide, sto ora volando verso lIslanda per ampliare ancora un po la mia conoscenza del mondo, e gi poche ore dopo aver lasciato casa mia sto assistendo ad uno spettacolo che pi volte avevo desiderato vedere. Chiss se mi capiter anche di vedere qualche aurora boreale, una volta raggiunta quellisola lontana e inospitale. Siamo appena entrati nel mese d'agosto e dunque non la stagione migliore per vedere questo autentico miracolo naturale, ma non escluso che con un po di fortuna riusciremo a scorgere qualche alone verde o rosso saettare lungo il cielo. Gli antichi Vichinghi pensavano che le aurore boreali fossero il risultato del passaggio delle Valchirie, che sfrecciavano nel cielo per raccogliere i guerrieri morti e portarli nel Valhalla, lasciando questa scia colorata dietro di s. Noi oggi sappiamo che leffetto della radiazione ionizzante del Sole sugli atomi dellalta atmosfera. La prima spiegazione era certamente pi poetica. Terra di fuoco e ghiaccio E pensare che abbiamo scelto lIslanda quasi per caso, nei mesi di febbraio e marzo, durante i quali abbiamo come al solito setacciato febbrilmente la carta geografica in cerca di una nuova meta da
183

esplorare. Sar per la sua posizione isolata nellestremo nord ovest dellEuropa, oppure per la sua tradizionale fama di nazione costosissima, ma non labbiamo presa in considerazione finch per caso locchio non vi si posato e non ci siamo resi conto che il viaggio era possibile. Prenotando in anticipo si abbattono i costi, e al resto avrebbe pensato il costante e parsimonioso risparmio che durava da tutto lanno. Risparmio che ci permette ora di partire per un altro viaggio come piace a noi: lungo, avventuroso e dal ritmo serratissimo. Ormai sappiamo che in vacanza ci piace massacrarci di fatica, macinare chilometri e tappe una dopo laltra, ma non semplicemente vedendo tutto di fretta e ripartendo, bens fruendo al massimo di tutto ci che ogni luogo ha da offrire, consapevoli del fatto che ben difficilmente loccasione di vivere questi momenti potr ripetersi. Ci richiede una quantit ingente di energie fisiche e mentali, ma come al solito, se ne vale la pena si pu fare tutto. Curiosamente, questanno non possiamo usare il biglietto Interrail che abbiamo sempre comprato gli anni passati: in Islanda non esistono ferrovie. Ma incarneremo comunque lo spirito del viaggio indipendente e vagabondo, spostandoci sempre con i mezzi pubblici, vale a dire gli autobus. LIslanda ha fama di essere un luogo inospitale, brullo, dominato dalla forza ancestrale e terribile di una natura ancora acerba ed instabile. Lisola stessa una parte emersa della temibile Dorsale Oceanica, nella quale dimorano numerosissimi vulcani. Non deve sorprendere il fatto che lIslanda conti ben centotrenta bocche fumanti. Alcune sono spente, ma quelle funzionanti sono ancora troppo numerose per considerare lIslanda un luogo tranquillo. Inaspettatamente, magari dopo centinaia d'anni di quiescenza, qualcuno di questi mostri si risveglia ed esplode con forza, a volte causando veri e propri cataclismi naturali che fanno sentire i loro effetti anche in aree lontanissime. Come nel caso delleruzione del Laki nel 1783, che uccise un quarto della popolazione islandese e caus carestie in tutta Europa per via delle nubi di cenere che oscurarono il sole. Si dice perfino che leruzione del vulcano, con i disagi che arrec al continente, contribu potentemente a scatenare la Rivoluzione Francese, sei anni dopo. Gli scarsi raccolti esasperarono ancora di pi una popolazione gi duramente provata, e il resto lo sappiamo dai libri di storia. LIslanda dunque una terra capricciosa, che non ammette di essere comandata dalluomo, ma
184

che invece spesso e volentieri si rivolta contro di esso. Non ha tutti i torti, forse, considerando come stiamo distruggendo il nostro pianeta. Ma nonostante questa terribile fama, un luogo ammaliante. Oltre ai vulcani, tante altre meraviglie si trovano concentrate tutte assieme: enormi ghiacciai, spiagge di sabbia nera, possenti faraglioni, geyser impetuosi, cascate che fanno tremare il terreno. Linterno del paese un deserto arido, desolato e inospitale. Pochi luoghi al mondo sono cos emozionanti: a mio parere non c sensazione pi forte di quella che deriva dal trovarsi in un luogo dove la natura ancora incontaminata, fredda e ostile. Non c piet in questa terra: diverse persone hanno perso la vita nel tentativo di realizzare il loro ideale di viaggio, tradite dallimprevedibilit del tempo o da un percorso particolarmente difficile e accidentato. Qui si respira ancora laria di milioni di anni fa, quando il pianeta era ancora una massa ribollente e inquieta, che lentamente cercava di assestarsi. Per certi versi lo ancora, ma solo in un luogo come lIslanda ci si avverte ancora chiaramente. Difficile rendersene conto nella Pianura Padana, o nel bel mezzo di una popolosa e inquinatissima metropoli dellEuropa centrale. Ed ecco che ora, quasi senza rendercene conto, stiamo sfrecciando a tutta velocit in direzione di quest'ultimo avamposto della civilt umana. La preparazione degli zaini e del materiale ha assunto ormai quasi un carattere rituale: dopo qualche anno che giriamo per lEuropa, abbiamo infatti imparato cosa meglio portare e cosa meglio lasciare a casa, abbiamo acquisito esperienza sulla migliore distribuzione dei pesi allinterno dello zaino, ci siamo informati in modo pi efficace su tutto ci che abbiamo intenzione di vedere. Non possiamo certo definirci degli esperti, ma nemmeno dei novellini totali. Tuttavia, il mondo dei viaggi talmente vasto che anche dopo anni e anni di esperienza non si pu mai dire di sapere tutto quello che c da sapere, ma ci vale in ogni ambito della vita. Questanno abbiamo inoltre portato con noi una tenda e un materassino arrotolabile, poich contiamo di campeggiare durante i trekking che abbiamo programmato. Non abbiamo mai campeggiato nei precedenti viaggi, e questo un altro elemento di novit che non manca di preoccuparci e stimolarci contemporaneamente. Sar sicuramente unesperienza emozionante montare una tenda e dormire in mezzo alla natura pi selvaggia, a patto che le condizioni meteorologiche siano decenti. Campeggiare
185

con il tempo sbagliato, infatti, pu trasformare una vacanza in un vero incubo. A questo proposito ci siamo procurati anche una giacca e dei pantaloni da velista, totalmente impermeabili fino a due metri di pioggia. Lacqua sar un elemento caratterizzante il viaggio, considerando la frequenza delle precipitazioni in Islanda. Viaggiare in aereo non mi mette mai di buon umore. Tuttavia, adesso che il velivolo in alta quota, un po di paura mi passata. In fondo, dopo casa mia questo il posto pi sicuro del mondo. un dato statistico. Nel momento in cui passa la paura, di solito, subentra la fase dellesaltazione. Anche questa volta non manca di manifestarsi, seppure a scoppio ritardato. Aspettando il check in allaeroporto di Malpensa mi sentivo ancora imbozzolato in una crisalide di ottundimento, che attutiva ogni emozione, ma ora la consapevolezza di essere nuovamente in viaggio prende forma e si trasforma in un sentimento splendido. Sullaereo stanno quasi tutti dormendo, essendo notte fonda, ma io come al solito non riesco a prendere sonno. Se non mi sdraio completamente, non c verso che mi addormenti. Approfitto di questi momenti per compiere altre osservazioni astronomiche, ma il finestrino basso e dopo non molto devo desistere per non farmi venire il torcicollo. Siamo in viaggio da due ore e ne rimangono altrettante. Davide si gi addormentato da un pezzo, e in qualche modo devo passare il tempo. Come faccio sempre in questi casi, accendo il lettore musicale. Le melodie naturalistiche ed evocative degli Agalloch mi tengono unottima compagnia, anche se il costante rombo dellaereo le rovina non poco. La musica quasi mi fa addormentare, mentre osservo la ben conosciuta ed illuminata Parigi passare lentamente sotto di noi. Ma non appena i muscoli del collo perdono tono, la testa ciondola in avanti, svegliandomi bruscamente. In uno di questi risvegli ho la classica sensazione di precipitare, e per un momento credo che laereo stesso stia cadendo, ma ben presto realizzo che solo un effetto del mio cervello, che ormai si inventa le cose per conto suo. Superata la Scozia, e infine la distesa dacqua che la separa dallIslanda, finalmente inizia la discesa. Dai finestrini rivolti a levante chiaramente visibile la nostra stella, ma per vederla da terra ci vorranno ancora diverse ore. C giusto il tempo di dare una fugace occhiata allastro, poi laereo scende allinterno di un banco di nubi e tutto scompare. Man mano che scendiamo, appare la nera
186

costa islandese, sovrastata da nuvole tenuemente illuminate dal Sole. Leffetto che ne deriva ipnotico e spettacolare allo stesso tempo: i riflessi solari le trasformano in brandelli di fuoco gassoso, in lento ma perenne movimento. Questa la mia prima immagine dellIslanda. Enigmatica, oscura, terribilmente intrigante. Notte in aeroporto Laeroporto internazionale di Keflavik si trova ad una cinquantina di chilometri dalla capitale Reykjavk, e nonostante ci siano degli autobus navetta che partono in corrispondenza di ogni arrivo di un volo, non abbiamo prenotato un posto per dormire e rischieremmo di rimanere in mezzo alla citt al freddo. Meglio passare la notte in aeroporto, almeno ledificio ben riscaldato. Inizialmente siamo un po tentennanti, poich non sappiamo se si possa bivaccare in aeroporto modello clochard, ma camminando per i primi corridoi possiamo gi vedere decine di persone stravaccate per terra o sulle panche. Evidentemente, avere gente che campeggia in aeroporto non rappresenta un problema per le autorit islandesi. Questo popolo ha fama di essere molto tollerante, e ci ne gi un segno abbastanza chiaro. In altre parti dEuropa, la sorveglianza avrebbe buttato fuori immediatamente tutti quanti, noi inclusi, al gelo. Dopo aver sbrigato le prime noiose formalit, come ad esempio cambiare i soldi in corone islandesi, ci sistemiamo sulle panche di metallo e ci prepariamo a passare alcune lunghe e scomode ore di attesa. Il fuso orario cambiato di due ore, in regola con le strane convenzioni islandesi, ma sono soltanto le due del mattino. Poco alla volta, le persone che sono scese insieme a noi spariscono, caricate sulle navette o prelevate dai taxi. Alla fine rimaniamo in pochissimi. Per diverse ore ci alterniamo tra tentativi di prendere sonno e alcune stanche passeggiate per i pulitissimi stanzoni. Purtroppo, anche stendendo il materassino da campeggio sulle sedie, non c modo di stare comodi e non riusciamo a dormire nemmeno un minuto. Le ore passano lentamente, lasciandoci sempre intorpiditi quel tanto che basta da non essere lucidi, ma non quel tanto in pi per riuscire a sprofondare in un vero sonno. Perlomeno, qui siamo al caldo. Ci non toglie che il tempo sia sempre lentissimo. Ci fosse un modo per accelerare lo scorrere dei secondi, pagherei oro per conoscerlo ora.
187

Sono le quattro di mattina, non arrivano pi voli e lunico movimento quello della bionda e cerea ragazza delle pulizie, che sta svuotando dei grossi cestini di spazzatura. Oltre a quello si occupa anche del negozietto, nel quale compriamo una bottiglia d'aranciata. Non c acqua, dobbiamo accontentarci di quella. La bevanda arancione ci ricorda che siamo tornati nel Nord Europa: come tutti gli scandinavi amano fare, anche gli islandesi gasano le bibite in modo pesantissimo. Per riuscire a bere quel concentrato d'anidride carbonica solida dobbiamo far sgasare il liquido manualmente, agitando la bottiglia e aprendo il tappo subito dopo, ma la lucidit mentale non ai massimi livelli e pi volte mi faccio una salutare doccia di aranciata spumeggiante. Lalta latitudine, tuttavia, ci aiuta a vedere il sole prima del tempo. Alle cinque di mattina c gi abbastanza luce per vedere distintamente lorizzonte. Passeggiamo fuori nel tentativo di svegliarci, lasciandoci pigramente sferzare da un vento teso ma non eccessivamente raggelante. Le giacche da velista costituiscono unottima protezione anche dalle raffiche daria. Nessuno dei due pronuncia una sola parola, com' nostra abitudine nei momenti in cui non c nulla da dire. Il cielo coperto di nuvole molto basse, che solo in alcuni punti si fanno meno spesse e si lasciano attraversare dalla prima luce del mattino. E questa la mia seconda immagine dellIslanda, permanentemente scolpita nella memoria. Sono i momenti apparentemente pi banali a rimanere in testa, poich in quei momenti si nasconde la vera essenza del viaggiare. Un folletto sorridente Con fatica, giungono le sette di mattina ed ora di andarcene dallaeroporto. Il viaggio in autobus per raggiungere Reykjavk devastante: non riesco a tenere gli occhi aperti, e quasi non mi accorgo che sto gi attraversando campi brulli e punteggiati da roccia vulcanica. Campi completamente privi d'alberi, arbusti o altra vegetazione che non sia erba o licheni. Non penso di aver mai provato un sonno cos violento, eppure non posso addormentarmi completamente, poich ancora una volta sono seduto su uno schienale dritto. Inconvenienti del cominciare il viaggio di sera e del non essersi garantiti una degna sistemazione per la prima notte. Ogni tanto provo a stare sveglio per ammirare meglio il paesaggio e
188

cercare di risvegliarmi un po, ma gli occhi mi si chiudono. Quando finalmente arriviamo a Reykjavk, ci ributtiamo sulle spalle gli zaini e laria fresca dellesterno mi aiuta a svegliarmi quel tanto che basta per non collassare. Il cielo molto nuvoloso e grigio, ma perlomeno ora non piove. Il nostro punto di riferimento per raggiungere la casa della salvezza unenorme chiesa, visibile praticamente da ogni punto di Reykjavk. Questo particolare, oltre allaspetto generale della citt, mi ricorda molto la cittadina francese di Bayeux, visitata lanno precedente. Sono le otto di mattina e non c nessuno nelle immediate vicinanze della stazione degli autobus. Iniziamo a camminare lungo una linea retta immaginaria, tenendo sempre lenorme edificio in prossimit delle ore dodici. Le vie di Reykjavk sono sorprendenti. Pulizia certosina, colore delle case costantemente tendente al bianco, atmosfera moderna eppure inequivocabilmente nordica. Cambiando zona, iniziano a fare capolino delle abitazioni di colori sgargianti, ma il bianco rimane sempre il colore predominante. Le strade sono quasi completamente vuote, ma quelle poche persone che passano ci sorridono tutte. Non un sorriso di compatimento o ipocrita, ma un sorriso sincero. Si percepisce dallo sguardo. Chiss come mai ispiriamo questi sentimenti. Forse perch siamo due giovani ventiduenni con due zaini quasi pi grossi di noi. Fortunatamente, la nostra guesthouse non lontana. Ci accoglie una giovane ragazza bionda, dai vestiti a dir poco pittoreschi. Gonnellino verde marcio, calze lunghe scarlatte, scarpe di colore indefinibile, maglione beige. Sembra un folletto. Ha un sorriso stampato in faccia che quasi abbaglia. Tiene in braccio un bambino molto piccolo, probabilmente suo figlio, e se lo porta sempre appresso. Da subito gentilissima ed esuberante, si prodiga nel mostrarci ogni singola stanza della guesthouse, informandoci purtroppo che siamo arrivati presto e quindi non c ancora una camera libera per noi. Quando chiede il perch del nostro arrivo a questora e scopre che abbiamo passato una notte insonne in aeroporto, si offre di darci due materassi per dormire un po, anche senza una stanza. Stiamo per accettare, felici di questa inaspettata cortesia, ma non ce n bisogno: una camera si libera in extremis e possiamo subito entrare a riposarci in un letto vero. Ma non prima che laffabile ragazza ci abbia scattato una foto, che poi terr appesa in bacheca insieme alle fotografie di tutti gli altri occupanti della
189

guesthouse. Dobbiamo perfino scrivere nomi e nazionalit sulla foto, cosicch tutti possano sapere che qui ci sono anche due italiani. Unusanza simpatica, ma in questo momento casco letteralmente dal sonno e vorrei solo sparire dentro la mia stanza. Finalmente riusciamo a liberarci dalla presa della bionda folletta e possiamo stravaccarci nella nostra camera doppia, prima di tuffarci nella visita di Reykjavk, il cui nome significa baia fumosa. Di tutto il resto riparleremo meglio quando avr dormito. Riusciamo a riposare per tre ore, prima di svegliarci e capire che questo il massimo quantitativo di sonno che il nostro corpo disposto a concederci. Dormire oltre potrebbe non farci bene, rimbecillendoci ancora di pi. Non rimane che vestirsi e uscire, sperando che la fresca aria cittadina ci sia di aiuto. Reykjavk Qui vive un terzo dellintera popolazione islandese. La citt conosciuta, oltre per il fatto di essere la capitale pi settentrionale del mondo, anche per la sua scatenata vita notturna. Puntualmente, ogni venerd e sabato sera gli islandesi fanno festa girando uno dopo laltro tutti i pub della citt, finendo inevitabilmente per collassare ubriachi sul marciapiede. Loro lo chiamano runtur. Peccato che capitiamo in citt durante la settimana e non abbiamo dunque modo di vedere nulla di animato, a parte il viale principale, costantemente brulicante di persone. La citt tranquilla, vivibile ed estremamente sicura, ma non offre granch di interessante da vedere. comunque un piacere camminare per le sue vie, vedendo gli sguardi amichevoli della gente e scoprendo che se si in difficolt a trovare una strada, qualcuno si offrir spontaneamente di aiutarti. In qualsiasi negozio, ufficio turistico e simili, tutti ci accolgono col sorriso, con un perfetto inglese e con una grande disponibilit. Qualche rilassante oasi di sedie e tavoli, dipinta con colori vivacissimi proprio in mezzo ai viali pedonali, oppure un graffito che raffigura tutti i modi possibili di annodarsi una cravatta, con tanto di spiegazioni passo passo: queste sono le cose che donano il tocco di classe in pi a questa citt, cosmopolita e aperta alle nuove frontiere. La chicca principale della citt la sua enorme cattedrale, che si fa notare per la sua totale mancanza di decorazioni e affreschi. Pietra
190

bianca, sia allinterno che allesterno, e un enorme organo saldato alla parete. Basta. Osservandola dallinterno sembra una chiesa in costruzione, cos liscia e spoglia. Questo minimalismo non manca di fascino: potrebbe ricordare come la religione debba essere una cosa intima, non appariscente, sentita da ognuno. Non uno status symbol, non un modo sfarzoso per dichiarare la propria salvezza futura, non una dimostrazione di potenza e superiorit. La semplicit nordica trasuda in modo evidente da questo freddo luogo sacro. Non avendo trovato molto di stimolante nel resto della citt, scattiamo solo poche fotografie e ritorniamo presto al nostro alloggio per riposarci ancora un po dopo la tremenda nottata. Sul muro della nostra piccola stanza appesa unenorme cartina geografica: non posso evitare di perdermi ad osservarla, apprezzando ancora una volta la vastit del globo e rammaricandomi del fatto che non basterebbero venti vite per girarlo tutto. Fantasticando sulle meraviglie del pianeta in cui vivo, sprofondo nuovamente nel sonno. La giornata di oggi stata interlocutoria, ma domani sar sicuramente molto pi eccitante. Il Circolo dOro LIslanda sorge esattamente sulla dorsale oceanica, e per questo una nazione geologicamente molto giovane. Paragonata al resto del mondo, come se fosse un neonato ancora in fasce. Ricca di vulcani, spaccature della crosta terrestre, terremoti e ribollenti masse dacqua che si vaporizzano ed erompono in superficie con una forza impressionante, essa non manca di possedere delle vere e proprie mirabilie naturali correlate a ci. Alcune di esse si possono sintetizzare percorrendo il celebre Circolo dOro, che va a toccare nellordine: il punto di divisione tra la placca eurasiatica e quella americana, una potente cascata doppia e un geyser. Praticamente obbligatorio per chiunque si avventuri in Islanda, non possiamo certo farcelo scappare. La mattina presto ci presentiamo alla fermata dellautobus, attorniati da molte altre persone delle pi svariate nazionalit. Curiosamente mancano gli italiani, da sempre conosciuti per essere dappertutto in giro per il mondo. Ci siamo comunque noi a tenere alta la bandiera nazionale. Lautobus arriva in perfetto orario e ci conduce velocemente al di fuori della citt, rivelando il vero carattere del
191

paesaggio islandese. Si potrebbe riassumere come una pianura irregolare e brulla, punteggiata qua e l da massi e laghetti, senza che una sola pianta ad alto fusto faccia capolino. Siamo usciti dal centro urbano solo da pochi chilometri, ma la natura gi selvaggia. La guida continua a parlare al microfono, in perfetto inglese, ma non abbiamo granch voglia di ascoltarla. di gran lunga pi gratificante immergersi nel paesaggio, estraniandosi dal resto. Dopo aver percorso svariati chilometri su una strada sterrata e serpeggiante, affiancata da numerosi condotti che servono a portare lacqua calda dalle sorgenti geotermiche fino in citt, raggiungiamo una centrale elettrica. Una bionda e paffutella ragazza ci illustra tutto il suo funzionamento, portandoci a vedere le enormi turbine e stupendoci quando racconta che a Reykjavk le persone hanno lacqua calda istantanea, poich arriva direttamente dalle sorgenti calde, ma per avere lacqua fredda a volte devono aspettare anche qualche minuto, prima che essa riesca a filtrare. Desta stupore anche il fatto che lIslanda utilizzi al 99% le energie rinnovabili per i fabbisogni della popolazione. Presto, infatti, la nazione conta di liberarsi dalla schiavit del petrolio, che ancora costretta ad importare con costi non indifferenti. Un paese cos isolato e povero di risorse naturali deve importare di tutto, per poter vivere. Terminata la breve visita alla centrale, tempo di muoverci ancora in autobus per raggiungere il celebre parco naturale di Pingvellir. Esso, oltre ad essere un luogo di una bellezza straordinaria con i suoi canyon e le sue muraglie naturali, conosciuto per essere il punto dal quale passa la fenditura che divide la placca continentale eurasiatica dalla placca americana. Una spaccatura della roccia larga solo qualche metro, che divide con una linea netta questi due colossi geologici. Un momento siamo in Eurasia, laltro in America, geologicamente parlando. Se gi stare in Islanda fa sentire un po in un altro mondo, la sensazione si amplifica sapendo che qui siamo al confine tra altri due mondi. Il terreno ci sembra sempre cos solido sotto i piedi, ma girare per lIslanda aiuta a capire che in alcune zone del mondo la terra capricciosa, pu aprirsi in due in qualsiasi momento, senza preavvisoe rivelare abissi che forse meglio non conoscere. Dopo Pingvellir tocca a Gullfoss, una spettacolare cascata doppia. La sua conformazione peculiare: invece di aver campo libero per
192

rovesciare le sue tonnellate dacqua in uno spazio aperto, costretta a far scivolare tutto di lato in una stretta fenditura, poich un muro di terra si erge trasversalmente alla direzione del fiume. Il risultato estetico formidabile. Il doppio salto crea altissime nubi di spruzzi, che salgono specialmente dalla stretta gola, e vengono scomposte dai raggi solari creando riflessi iridescenti. Siamo fortunati a capitarci in una giornata di bel tempo come quella di oggi, poich ci dicono che nei giorni di foschia il secondo salto completamente avvolto dalla nebbia e non si vede affatto. Ma la natura generosa con noi, oggi. Speriamo che decida di esserlo anche per i prossimi quindici giorni. Non c molto da dire riguardo ad un luogo spettacolare come Gullfoss: potrei andare avanti per pagine e pagine a descrivere la sua bellezza, ma penso che la maggior parte delle sensazioni che ne derivano rimangano impossibili da trasmettere. Per chi non un amante della natura, la cascata potrebbe suscitare solo indifferenza, mentre a noi fa nascere un turbine di sentimenti che per non hanno voce. Sopra la cascata, la presenza di un vastissimo ghiacciaio allorizzonte e di alcuni cavalli in un recinto rende il tutto ancora pi particolare. Curiosamente, i cavalli che vediamo sono tutti di razza islandese purissima: per evitare che venga contaminata da specie diverse, ora assolutamente vietato importare cavalli stranieri in Islanda. Il cavallo autoctono basso, elegante ma molto resistente: un animale fiero, e soprattutto molto fotogenico. Come ultima attrazione della giornata, c Geysir. Da esso hanno preso il nome tutti gli altri geyser del mondo. Il funzionamento di un geyser il seguente: lacqua riempie un pertugio che scende in profondit nella crosta terrestre. Nello specifico, addirittura per venti chilometri. A quelle profondit il magma sotterraneo scalda lacqua che vi arriva vicino: essa dunque vaporizza e sviluppa una forte pressione. Per liberarsi, si fa strada attraverso lacqua pi fredda soprastante. Il vapore continua a salire, incontrando una resistenza progressivamente maggiore, che aumenta la pressionefinch raggiunge la superficie ed esplode, producendo un getto di gas caldissimo che buca letteralmente lacqua. La fontana di vapore e acqua bollente che ne deriva una spettacolare dimostrazione della forza della natura, e in questo caso anche della sua regolarit: lo Strokkur, infatti, molto abitudinario ed erutta ogni cinque minuti in media. Raramente bisogna aspettare per pi
193

tempo, prima di vedere lacqua del tranquillo laghetto gonfiarsi improvvisamente ed esplodere in uno sfavillio di fumo e gocce roventi. Le eruzioni sollevano una colonna alta almeno una decina di metri, che prontamente ricade su se stessa e sparisce nel giro di pochi secondi. Apparentemente la situazione torna normale, ma poco dopo il ciclo si ripete. Mentre noi stiamo qui ad aspettare, dalle profondit della terra sta gi salendo un getto di vapore incandescente, ad altissima velocit. Questo spettacolo continua ad ogni ora del giorno e della notte, senza curarsi di nulla e di nessuno. Guai ad avvicinarsi troppo scavalcando le corde di protezione, oppure a posizionarsi sottovento: si rischierebbe una spiacevole doccia bollente. Lo Strokkur il geyser pi turistico, ma non il pi potente. Lammiraglio sarebbe per lappunto Geysir, a poche decine di metri dallo Strokkur, ma sfortunatamente inattivo da parecchi anni. Per la precisione, non erutta come si deve fin dagli anni Cinquanta. La colpa dei turisti, o meglio di una razza incosciente e metastatica di turisti: gli intelligenti, infatti, lanciavano pietre nello specchio dacqua, sperando in questo modo di smuovere il mostro. Ovviamente, a lungo andare i sassi hanno tappato tutto. Successivamente ci ha pensato un terremoto a disostruire parzialmente lingorgo, tuttavia oggi il geyser erutta solo poche volte al giorno e raggiunge altezze modeste, non certo paragonabili agli ottanta metri che un tempo sfiorava. Per un colpo di fortuna riusciamo anche a vederlo eruttare, ma la sua potenza del tutto irrilevante, deludente. Tuttavia, non sono solo questi due geyser a popolare la zona. Tantissime altre fumarole e piccole sorgenti calde pullulano sul terreno. Il fumo si confonde a tratti con i cumuli di nuvole, insolitamente bassi. Alcuni dei geyser pi piccoli non sono niente pi che piccole pozzanghere ribollenti di vapore, mentre altri sono laghetti pi grandi, dai quali fuoriesce costantemente acqua calda, che poi va a perdersi ed evaporare lungo le rocce. Provo a toccare lacqua con le dita, e quasi me le ustiono. La temperatura prossima a quella di ebollizione. Continuiamo per un po ad esplorare la zona, ma purtroppo non c molto tempo: presto lautobus ripartir verso Reykjavk ed meglio affrettarsi a salire. Come prima giornata di natura islandese, credo che abbiamo iniziato molto bene, ma i piatti forti devono ancora arrivare.

194

Preparazione per la battaglia Ritorniamo a Reykjavk con un discreto carico di stanchezza, ma molto soddisfatti. Un pensiero ci elettrizza e preoccupa nello stesso momento: domani cominceremo il trekking da Landmannalaugar a Porsmork, universalmente apprezzato e conosciuto come uno dei pi belli al mondo. Inutile dire che, per due appassionati di paesaggi naturali come noi, loccasione di percorrerlo tremendamente interessante. Ma come tutte le cose che vale la pena di fare, anche questa camminata si prospetta difficile, massacrante, irta di difficolt. Dovremo raggiungere il campo base del Landmannalaugar, in cinque ore di autobus. Tra il campo base e il rifugio di Porsmork, che lultima tappa, ci sono quattro giorni di cammino. Tre rifugi intermedi, Hrafntinnusker, lftavatn e Botnar I Emstrur, sono disseminati lungo il percorso, ma non fanno certamente servizio ristorante e quindi necessario portarsi sulle spalle il cibo e lacqua per quattro giorni interi. Gli zaini sono gi pesanti per via del nutrito equipaggiamento necessario per il trekking, e le provviste li renderanno veramente gravosi. Peseranno pi di quanto abbiamo mai portato sulle spalle, e proprio in corrispondenza di una delle esperienze pi difficili. Ma ce la dobbiamo fare, siamo venuti qua apposta. Qui non ci sono comodit: per godersi le vere meraviglie islandesi bisogna faticare e conquistarsele. Passiamo tutta la giornata che rimane a riorganizzare gli zaini, fare la spesa, cercare di far entrare nelle tasche tutto il possibile senza far straripare nulla, imprecare perch non ci riusciamo, e tante altre cose ancora. Il momento della pesata drammatico: gli zaini, riempiti con tutto il necessario, sono dei veri macigni. Ma non c nulla di superfluo: tutto necessario. Ci sono oggetti che speriamo di non usare mai, ma che in condizioni di emergenza potrebbero rivelarsi fondamentali, quindi non possiamo non portarli. Ci ritroviamo sulle spalle circa diciassette diciotto chili ciascuno. Se riusciremo a superare i primi dieci metri, sar gi un successo. Arrivare in fondo, poi, sarebbe la prova che siamo immortali. Trasporto fino al campo di battaglia Da una parte vorremmo che questa nottata non finisse mai, per non arrivare al momento in cui dovremo metterci per forza gli zaini in
195

spalla e cominciare a sudare. Dallaltra, vorremmo essere gi sul posto e iniziare subito a camminare, senza doverci sorbire cinque scomode ore di viaggio. In tutta la prima parte del trasferimento in autobus, una nebbia densissima ci avvolge senza tregua. Inoltre, le strade interne dellIslanda sono dissestate, sconnesse, piene di piccoli fiumiciattoli da guadare. Lautobus perfettamente attrezzato per questi percorsi, ma nonostante i suoi potenti ammortizzatori a balestra, il comfort lascia decisamente a desiderare. Lo sballottamento continuo, tuttavia, non ci impedisce di sbalordirci per la desolazione delle zone che attraversiamo. Il comune denominatore la totale assenza di vegetazione, se escludiamo la fragile erba, il muschio e i licheni. Il terreno si alterna tra erboso, sassoso, ghiaioso e sabbioso, ciascuno con differenti variet di colori. In prossimit del vulcano Hekla, la porta dellInferno secondo gli islandesi, si mette anche a piovere. Lacqua si mischia alla sabbia nerastra, formando un fango che si appiccica dovunque. Dense nubi coprono le cime montuose che ci circondano da ogni parte, impedendoci di vedere questo bellicoso vulcano. Ed ecco che dopo la bocca fumante ricominciano le piane erbose, punteggiate da massi anchessi neri. Tra le conche montuose fanno capolino anche diversi laghetti di forma allungata, perfettamente limpidi e calmi. Infatti ha gi smesso di piovere ed uscito un sole quasi prepotente. Lautobus svolta attorno ad una sporgenza rocciosa e ci troviamo improvvisamente di fronte ad una valle sconfinata, della quale a stento si vede la fine. Ma quanto mancher ancora? Sembra di inoltrarsi in un paesaggio alieno, di quelli che si vedono solamente nei sogni. Dopo qualche chilometro, finalmente, sono visibili alcuni segni di presenza umana. Siamo giunti davanti ad un ammasso di baracche di legno verde, poste esattamente in mezzo al nulla. Non sar per caso questo il campo base? Ce lavevano descritto come un luogo in cui c poco o niente, solo un piccolo spaccio che vende panini, caff e bibite, e nientaltro. Potrebbe benissimo essere questo, ma non cos. A quanto pare, ci siamo fermati davanti a quest'agglomerato di capanne solo perch lautista doveva consegnare il giornale al gestore. Sembra che siamo venuti qua apposta per portarglielo. Tra altri saliscendi, corsi dacqua e rocce dal colore indefinibile, finalmente in vista il vero campo base di Landmannalaugar. popolato da tende di ogni colore, forma e
196

dimensione, pi qualche baracca di legno e un vecchio autobus, dismesso e riadattato a spaccio. E cos questo il luogo della verit. La gente abbonda ovunque, sembra di essere ad un raduno motociclistico. Dopo aver faticato un po per trovare il punto informazioni, cosa piuttosto paradossale data la scarsit di strutture, scopriamo che prima di partire dobbiamo compilare un modulo. Questo per ragioni di sicurezza: dobbiamo infatti scrivere tutte le tappe che abbiamo intenzione di raggiungere, il giorno in cui contiamo di arrivare in ciascuna di esse, e infine la sistemazione che prevediamo (rifugio o tenda), cos che i gestori possano sapere quanta gente aspettarsi per ogni notte. Gli dobbiamo anche lasciare il numero di cellulare, cos da dar loro modo di chiamarci prima di far partire uneventuale spedizione di recupero e salvataggio. Speriamo di non arrivare mai a questo punto! Inoltre, come faranno i cellulari ad avere campo in questo luogo totalmente selvaggio, se escludiamo i paletti di segnalazione del percorso? Non vediamo da nessuna parte ripetitori, n linee elettriche, n altro. Natura incontaminata, pura, vergine. Di umano c solo il sentiero. vietato perfino piantare la tenda nei luoghi non adibiti a campeggio: lintera area fa parte della Riserva naturale di Fjallabak, ed protetta. Chi viene sorpreso a piantare una tenda dove non pu, rischia una multa indimenticabile. Dopo aver consumato un veloce ed energetico spuntino, nonch esserci assicurati che ogni cosa sia al suo posto, iniziamo a pensare a come vestirci per camminare. Il sole splende, ma le nuvole sono numerose e non sappiamo come potr evolversi la situazione meteorologica. Sarebbe seccante e disagevole tirar fuori precipitosamente giacca e pantaloni impermeabili e poi indossarli sopra i vestiti che gi abbiamo. Anche se la scelta discutibile, scegliamo di tenere su i vestiti idrorepellenti fin dallinizio. Suderemo indegnamente, ma almeno non rischieremo di essere sorpresi da un acquazzone. Se anche si metter a diluviare allistante, almeno avremo gi addosso i vestiti adatti. La battaglia iniziata Ora arrivato il momento di partire. Non il caso di indugiare ulteriormente: sono gi le due di pomeriggio e prevediamo almeno sei ore per raggiungere il rifugio di Hrafntinnusker. Il primo giorno
197

si percorrono dodici chilometri. Una fotografia di quello che ci circonda allinizio del nostro percorso : da un lato rocce, dallaltro montagne spoglie, dallaltro ancora rocce, dallaltro ancora altre montagne spoglie ma di colore diverso. Basta. Nonostante il peso degli zaini, il primo tratto superato senza troppi problemi. Lunico ad avere qualche noia Davide, che litiga pi volte con gli spallacci lombari del suo zaino, colpevoli di non scaricare sufficientemente il peso sul bacino e di farlo gravare tutto sulle spalle. Alla fine per riesce a sistemarsi definitivamente e a trovare il giusto bilanciamento, o meglio si accontenta del meglio che riuscito a fare, e riprendiamo a tenere un passo stabile. Camminiamo in mezzo a campi di ossidiana, una particolare roccia nera e vetrosa formata dalla lenta solidificazione della lava. Con questo materiale le civilt precolombiane costruivano le loro lance. Duro, ma fragile e facile a spezzarsi. Scintilla al sole in modo quasi sinistro, complice lassoluta aridit del contesto. Sembra che qui la cosa pi viva sia proprio lossidiana. Cominciamo ora a salire. Sulla nostra sinistra si riapre la visuale, rivelando uno sterminato campo di pietre, e a mano a mano che saliamo la pietraia si amplia sempre di pi. Accanto a noi, invece, ci sono numerose fumarole dallodore pesantemente sulfureo. Conviene respirare con la bocca, anche se irritante per i polmoni, per non saturarsi i recettori olfattivi con questa puzza tremenda. La presenza di zone sulfuree per ha anche i suoi lati positivi: le rocce che lo ospitano hanno colori stranissimi, tendenti allazzurrino ma mischiati con varie tonalit di marrone. Se non fosse assolutamente proibito portare a casa ricordini rocciosi, sarebbe bello prenderne un po per esporla su una mensola di casa. Darebbe un tocco di colore splendido. Ma vietato, e inoltre non proprio il caso di caricare gli zaini di altro peso. Per ora i fardelli sembrano ancora sopportabili, ma bisogna vedere in che condizioni arriveremo al traguardo. Lunico pensiero consolante che prima o poi consumeremo buona parte del cibo e dellacqua, e quindi il tutto andr a pesare sempre meno, ma anche vero che contemporaneamente aumenter la stanchezza e alla fine la risultante dello sforzo sar sempre uguale. Lho gi sperimentato pi volte camminando in montagna. Superata la fumarola, scolliniamo e iniziamo a percorrere una parte pi pianeggiante, stavolta in prevalenza sabbiosa e marroncina.
198

Osservando la montagna direttamente dietro di noi, ci accorgiamo che percorsa da un sentiero praticamente verticale e ben tracciato. Non sar per caso quella la nostra strada? Guardando bene possiamo scorgere anche delle persone che ci stanno camminando, dunque non una strada di servizio o qualcosa di simile, un percorso a tutti gli effetti. Ci sentiamo gi male se pensiamo che la continuazione potrebbe essere quella. Come potremmo mai camminare lungo un sentiero cos impervio, carichi come siamo? Ma fortunatamente la strada non quella: proseguendo vediamo che ce ne allontaniamo sempre di pi, e infine il sentiero vira chiaramente in direzione opposta. Per ora siamo salvi, ma non sappiamo nulla di quel che abbiamo davanti ed meglio non vendere la pelle dellorso prima di averlo ammazzato. Il paesaggio non cambiato di molto, anche se ora le tonalit verdi predominano. Ci attende un numero incalcolabile di collinette sulle quali salire e scendere, in un continuo percorso altalenante. Ogni tanto, qualche persona passa e ci supera di gran carriera, forte di chiss quanti anni di allenamento, ma non ce ne curiamo troppo. In montagna bisogna andare al proprio passo. Inoltre abbiamo tutto il necessario per sopravvivere in qualsiasi condizione atmosferica, cibo e acqua a volont, e una tenda e i sacchi a pelo per le emergenze pi catastrofiche. Anche se rimarremo gli ultimi su queste montagne, non finiremo qui i nostri giorni. Lunico problema potrebbe essere un eventuale temporale. Sappiamo che non bisogna assolutamente ripararsi sotto gli alberi, perch se colpiti dai fulmini esplodono come granate, a causa dellistantanea vaporizzazione della linfa. Il problema qui non si pone, in quanto gli alberi non esistono proprio: tuttavia, non ci sarebbe nemmeno uno straccio di riparo dove ficcarsi. Le montagne sono completamente spoglie e lisce, non c un anfratto, non c una grotta, non c un luogo riparato. Siamo allo scoperto, sotto il costante tiro di un cecchino dalla vista grandangolare e dal cuore spietato. La battaglia continua Le nuvole ora coprono il cielo e il sole temporaneamente sparito dietro di esse. Comincia a fare un freddo intenso, e anche il vento che spira non affatto benevolo. Ci implica che dobbiamo rivoluzionare labbigliamento. Un maglione supplementare addosso,
199

il cappellino con visiera sostituito dal berretto pesante, il bavero della giacca tirato fino in cima. Purtroppo mancano i guanti, e ne sento la mancanza. Il problema delle mani fredde per me cronico, mentre non cos per Davide, che sembra proprio indifferente. Fortunato lui. Risolvo il problema tenendo le mani in tasca, ed effettivamente avverto un certo beneficio. Quando rialzo la testa dal sentiero e mi guardo in giro, mi fermo un attimo a valutare realmente la situazione. Ormai il campo base non si vede pi. Tutto quello che vedo terra brulla e arida. Lunico rumore quello del vento. Mi sono gi trovato pi volte in questa situazione, per me splendida. Nei due mesi che ho passato in Siberia, durante linverno, ho visto territori sconfinati e desolatissimi, ma lIslanda riesce a battere perfino la regione pi estesa e disabitata del mondo. In Siberia non mi potevo mai allontanare pi di tanto dalla ferrovia o dal paese, per via delle bassissime temperature. Bene o male, anche nella natura pi estrema e selvaggia, ero vincolato alla civilt. Qui invece la civilt appare molto pi distante, irraggiungibile. Mi si affollano in testa pensieri contrastanti. Stare qui bellissimo, ma cosa mi succederebbe se dovessi ammalarmi seriamente? Anche solo una banale appendicite sarebbe un problema grave. Non succede, non deve succedere e non succeder mai, ma potrebbe succedere. A volte, durante la vita normale, ci sentiamo invulnerabili e inattaccabili dalle intemperie del mondo esterno. Disgrazie, malattie e problemi colpiscono sempre gli altri, noi ne siamo risparmiati. Camminare in mezzo a questi crinali, per, ha il potente effetto di ricordarmi che non c niente di pi effimero della vita umana. Qualsiasi cosa che a casa mia sembra semplice e scontata, qui diventa importantissima. A cominciare dalla pi banale di tutti, la salute, che in questo preciso momento un dono di inestimabile valore. Lo sempre, ma solo in momenti come questo che me ne rendo pienamente conto. Vedere queste terre cos inconsuete, inoltre, apre altri interrogativi. Tutto questo stato creato per noi, sempre che sia stato creato da qualcuno? Non vedo a cosa possa servire questa distesa di niente. Ci crescono a malapena i fili derba, animali non ce ne sono, gli esseri umani non ci possono vivere. Ma una volta, tutto il globo terrestre era cos, spoglio e selvaggio. solo adesso, dopo averlo trasformato fino allosso, che improvvisamente lIslanda appare unoasi di natura ancestrale. Solo adesso sembra un mondo fuori dal mondo, un luogo sostanzialmente privo di
200

significato. Abituati come siamo a non poter pi vivere senza le comodit moderne, un posto come questo diventato potenzialmente pericoloso e dispensatore di morte. tuttavia tempo di riscuotermi dalle riflessioni di carattere filosofico e metafisico, poich la prima tappa tuttaltro che raggiunta. Ormai siamo saliti di quota e inizia a fare pi freddo: cominciano perfino a vedersi le prime lingue di neve. Esse riempiono ogni spazio disponibile tra le colline, come farebbe lacqua liquida. Su alcuni di questi ponti di neve, sporchi di cenere vulcanica, bisogna camminare come se fossero sentieri. Per fortuna non si ancora sciolto niente, altrimenti sarebbero state necessarie alcune deviazioni. Superate le ultime collinette, che ora hanno assunto un colore ocra, appare sulla sinistra il maestoso ghiacciaio del Myrdalsjkull. Non siamo lontani nemmeno dallEyjafjallajkull, il ghiacciaio - vulcano che questa primavera ha eruttato dopo 187 anni di inattivit, paralizzando il traffico aereo di met Europa. La cenere che si vede ovunque sulla neve proprio la sua. Non ci impensierisce molto la vicinanza con questo mostro: ormai il vulcano ha fatto quello che doveva fare, e se per caso volesse tornare a finire il lavoro, sempre meglio morire sepolti da uneruzione in Islanda piuttosto che a casa nostra, in uno stupido incidente automobilistico. Osservando sempre il ghiacciaio sulla sinistra, attraversiamo un ponte di neve pi grande degli altri, sul quale qualcuno ha scritto delle parole usando i piedi. Forse un messaggio di saluto per qualche altro compagno rimasto indietro, ma non si capisce bene. La scritta in parte cancellata. Poco dopo, si fanno strada dei fiumiciattoli attraverso una massa di muschio, che cresce precariamente sul terreno nerissimo. Il collage di colori veramente spettacolare, non sembrano nemmeno reali. Ma le sorprese non finiscono: qualche centinaio di metri pi avanti riappaiono le fumarole, e addirittura una sorgente dacqua caldissima, che sgorga impetuosamente da una piccola nicchia. Potremmo buttarci la pasta. In questa zona lacqua pi abbondante: i fiumiciattoli formano numerose anse e si uniscono gli uni agli altri, per poi divergere e andare ad alimentare altre zone. Alimentare per modo di dire, poich c ben poco che vive quass. Il clima rigido, nonostante ci troviamo a meno di mille metri daltitudine. Complice laridit del
201

suolo e la latitudine, le condizioni sono simili a quelle che in Italia troveremmo a duemila o forse anche tremila metri. Finalmente, dopo diverse ore dalla partenza incontriamo qualche persona che cammina in direzione opposta alla nostra. I primi sono tre ciclisti che scendono dalle collinette a tutta velocit, salvo poi smontare dalla bicicletta e spingerla a mano fino alla cima della collina successiva, e cos via. Hanno un bel coraggio a lanciarsi verso la valle in quel modo, anche se per poche decine di metri. Poi incontriamo una turista tedesca di circa cinquantanni, accompagnata da quello che probabilmente il figlio. Alla mia domanda in merito, afferma che il prossimo rifugio non lontano ed dietro quella grossa collina che vediamo in fondo. Decisamente rinvigoriti da questa informazione, riprendiamo a camminare con rinnovata forza. Ci sono due o tre colline pi piccole da superare prima di raggiungere quella grande, ma ormai cosa di poco conto. Almeno cos pare Sembra che le novit non debbano finire mai lungo questi sentieri. Sul fondo di una verdissima conca ristagna del vapore solforoso, che per non riesce a nascondere la presenza di numerosi fiorellini bianchi. Finalmente qualcosa che cresce! Ma non ci sono altri fiori: proseguendo non ne troviamo pi nemmeno una traccia. Crescono solo in quel punto preciso. Oltre, ci sono solo cumuli di neve, variamente ammassati tra le montagne, alcuni in posizioni cos precarie da dare limpressione di reggersi con tutte le loro forze alle pendici dei monti per non rovinare gi. Arriviamo infine in cima alla collina grande, ma non c traccia di insediamenti umani qui. Unaltra sorpresa fa capolino, ma stavolta negativa: mancano ben tre chilometri e mezzo allarrivo, come recita un cartello! Ma com possibile? O la signora ci ha preso in giro oppure abbiamo capito male noi. Non bisogna mai fidarsi! Il cartello ci demoralizza notevolmente, poich ci eravamo gi creati delle aspettative, cosa che non si dovrebbe mai fare. Tra noi e il rifugio, ora, c di mezzo un apparentemente sterminato pianoro di sabbia vulcanica nera. Non ci sono punti di riferimento, solo le segnalazioni. Se non ci fossero, potremmo camminare in qualunque direzione senza accorgerci della differenza. Iniziamo a seguire i paletti con sempre meno motivazione, ma ben presto un banco di nebbia fittissima si avvicina da destra e ci ingloba. Ormai, da
202

qualunque parte ci giriamo, vediamo sempre la stessa cosa, cio niente. Fortunatamente, i paletti sono stati messi molto vicini tra loro, appunto per evitare che gli escursionisti si possano perdere in condizioni di scarsa visibilit. Eliminato il rischio di perderci, c per un altro problema. Ormai siamo in viaggio da non poche ore, anche se abbiamo perso il conto preciso, e comincia a calare la sera. Sono quasi le sei. Ce la faremo ad arrivare fino in fondo oggi? Non ci sembra di aver tenuto un passo particolarmente lento, ma in ogni caso sembra che non sia stato sufficiente. Fortunatamente, in questo periodo ci sono almeno venti ore di luce a queste latitudini, quindi anche arrivando pi tardi del previsto non dovremmo avere problemi. Ma non sappiamo come sia la strada che ci separa dal rifugio. Questi tre chilometri e mezzo saranno sempre pianeggianti o al massimo in falso piano, come sono adesso, oppure ad un certo punto si ricomincer a salire? Gi adesso siamo molto rallentati dalla fatica e dagli zaini, che hanno cominciato a segare in due le clavicole e la zona lombare. Lunico modo per scoprirlo andare avanti, e sperare che questi chilometri mancanti passino in fretta. Una leggera pioggerellina portata dalla nebbia si aggiunge al quadretto, ma non ci impensierisce, poich abbiamo addosso un completo di vestiti impermeabili. Tuttavia, sentiamo le gambe completamente zuppe. Deve essere il sudore, che non ha modo di traspirare e si accumula. Ci non piacevole: in questo modo, i pantaloni jeans indossati sotto si imbevono e si appesantiscono, ostacolando la marcia. Ma questo non proprio il posto adatto per cambiarsi. Le soste diventano sempre pi numerose, e ognuna dura un po di pi della precedente. Le stesse sensazioni che provavo allinizio ora si sono tramutate in sensazioni negative. Pur sapendo che non rischiamo nulla, non certo piacevole essere qui ora in queste condizioni, con addosso lo spettro di esserci persi. Razionalmente so che non possiamo perderci finch non manchiamo il sentiero, ma ormai abbiamo tutti e due raggiunto quello stato mentale in cui ogni cosa perde il proprio sapore piacevole e diventa solo un peso. Ogni movimento teso a scappare e non ci gustiamo pi niente. Speravo che non sarei arrivato a questo punto, ma ci sono dentro in pieno. Se almeno non ci fosse la nebbia
203

Trattato di pace Passa unaltra ora di camminata, sempre pi stentata, prima di raggiungere un ponte di neve davvero enorme. Fortunatamente solido come gli altri, ma impieghiamo almeno cinque minuti per attraversarlo tutto. Sembra quasi che lorizzonte lo faccia la neve, adesso, e non pi il terreno. Ma presto siamo dallaltra parte e, dopo aver superato un piccolo crinale, scopriamo di non essere ancora giunti in nessun posto. Ancora paletti, tutti uguali. Basta, non ne possiamo pi! Ormai qualsiasi sentimento positivo svanito, sentiamo solo i dolori alle spalle e daremmo qualsiasi cosa per essere gi arrivati. In pi, non ci aspetta nemmeno un letto, ma uno scomodo materassino dentro una tenda, che tra laltro dovremo montare per la prima volta. Ormai spero pi di arrivare, ma dopo lennesimo crinale improvvisamente appare il rifugio, sul vicino fondovalle. tutto avvolto dalla nebbia, ma si vedono bene anche le numerose tende, piantate su questa conca nera e sabbiosa. Nel momento in cui ho smesso di aspettarmi larrivo, sono arrivato. Succede sempre cos. Sono circa le sette e mezza di sera, e ci abbiamo messo sei ore come previsto. Finalmente scendiamo per lultima volta lungo la collina e cerchiamo il punto dove prenotare la piazzola. Scendendo, notiamo che ogni tenda circondata da barricate di sassi, presumibilmente per proteggerle dal vento. Mi sento male al pensiero che dovremo costruirne una anche noi, prendendo i sassi uno per uno da chiss dove. Gi mi mancano le forze per camminare, e nel momento in cui devo posare a terra gli zaini, le mani non hanno quasi la forza di slacciare gli spallacci. Figurarsi spostare dei macigni. Davide insiste nel dire che secondo lui il punto di riferimento per i campeggiatori una grossa tenda bianca, grande almeno il triplo delle altre, posta esattamente al centro del campeggio. Secondo me, invece, una normalissima tenda di un numeroso gruppo di viaggiatori. Tuttavia, mi lascio convincere a percorrere i trenta metri che ci separano dal presunto quartier generale. Avevo ragione io, la piazzola si prenota nel rifugio. Vorrei strozzare il mio amico che mi ha costretto a percorrere ben sessanta metri inutilmente, poich eravamo gi davanti allentrata del rifugio e bastava entrarci. Anche questa poca strada ormai mi insopportabile. Nel momento in cui ho visto apparire davvero il rifugio, le forze mi sono come svanite. La
204

tensione che mi teneva in piedi se n andata e ha trascinato con s le poche energie residue. Arrivo al rifugio tenendo unandatura a dir poco strampalata, butto disordinatamente lo zaino a terra e mi arrampico sulla piattaforma di legno che fa da base per il rifugio. Allinterno ci sono nugoli di persone, sedute attorno a tavoli enormi. Gli stanzoni da letto sono ovviamente comuni, e le brande corrono per tutta la lunghezza dei muri. Sembrano tutte occupate. Non provo nemmeno a chiedere un posto letto al custode: un po sono sicuro di non trovarne, e un po vogliamo usare la tenda, dato che labbiamo portata apposta. Quei quattro chili in pi, tra tenda e accessori per montarla, ce li siamo scarrozzati fin qui, e ora devono fruttare qualcosa. La luce allinterno del rifugio bassissima, assicurata solo da alcune precarie candele. La ragazza che gestisce il rifugio mi parla a voce bassa, tanto bassa che quasi non capisco quello che dice. Il prezzo, per, lo afferro subito. Tento di pagare con la carta di credito, ma non mi possibile: non perch manchi laggeggino apposito (in Islanda ce n uno dappertutto) ma perch la mia carta sprovvista di un qualche genere di firma digitale, o non so quale altra complicazione. Non mi interessa, pago in contanti, basta che mi dica subito come posso fare per piantare la tenda. La risposta che possiamo piantarla dove vogliamo, ma che ci conviene scegliere attentamente un luogo pianeggiante, e che meglio costruirci una barricata, poich il vento in questa conca pu soffiare a velocit devastanti. Come temevo. La ragazza mi d inoltre un contrassegno adesivo da applicare sullesterno della tenda, per testimoniare che abbiamo pagato la piazzola. Spero almeno che sia resistente allacqua, perch non appena esco scopro che sta iniziando a piovere. Non pi la pioggerella fine ed impalpabile creata dal banco di nebbia, ma stavolta una pioggia vera. Ma perch deve piovere proprio adesso che dobbiamo montare la tenda? Sembra proprio la nuvola di Fantozzi! Cerchiamo un punto il pi possibile in piano, ma non facile trovarne uno in questa conca. Il terreno ha sempre una lieve inclinazione. I posti migliori se li sono gi presi gli altri, pi veloci di noi ad arrivare e ad accaparrarseli, ma spostandoci verso la periferia del campeggio riusciamo a trovare uno spiazzo decente. Abbiamo anche la fortuna di poter sfruttare un muro di protezione crollato a
205

met. Evidentemente, qualcuno ha gi piantato la tenda in quel punto, segno che non un cattivo posto. Pur nella generale mancanza di forze, posizioniamo il telo impermeabile e montiamo la tenda velocemente, incalzati dai goccioloni che continuano a scendere e stanno lentamente aumentando di numero ed intensit. I picchetti sono molto sottili e quasi non rimangono conficcati in questo terreno sabbioso e cedevole, ma assicurandoli con alcuni sassi riusciamo perlomeno a farli stare fermi. Non c modo di impedire che linterno della tenda si bagni un po, ma tutto sommato riusciamo a fare un lavoro perfetto per quelle che sono le nostre possibilit. Io monto la tenda, Davide si occupa di rinforzare un po limprobabile muro di cinta. Fortunatamente, le operazioni di montaggio non sono difficili, nonostante la scarsa esperienza. Le poche prove che abbiamo fatto a casa mia, prima di partire, sono state sufficienti. In dieci minuti la tenda montata. La pioggia non ha fatto troppi danni, ma non possiamo evitare di infradiciare anche linterno, in quanto dobbiamo farci stare anche gli zaini, completamente bagnati. Per poter estrarre la tenda e loccorrente, infatti, abbiamo dovuto togliere i coprizaino di tela impermeabile, esponendoli allacqua. Linterno degli zaini salvo, ma tutte le goccioline che si sono depositate sulla superficie esterna ora vanno a bagnare il fondo della tenda. Salviamo almeno un angolino asciutto, il pi interno, e finalmente riusciamo ad entrare anche noi. Manca per ladesivo da attaccare, cos Davide ritorna fuori e in qualche modo lo appiccica sulla tela bagnata, poi rientra in fretta e furia e si schianta come me sul pavimento. Lo spazio angusto, occupato pi dagli zaini che da noi stessi. Districarsi in questo groviglio di oggetti, scomodi come siamo, unimpresa. Oltretutto, i dolori sono forti come non mai: mi basta piegarmi in avanti per sentire delle fitte atroci alle spalle. In qualche modo, comunque, riusciamo a sistemare materassini, sacchi a pelo e a sdraiarci, per riprendere almeno un po di energie. Quasi subito ci togliamo i pantaloni impermeabili, e scopriamo che i jeans sottostanti sono completamente inzuppati di sudore. Sembra che siamo appena entrati in un fiume. Totalmente fradici. Con il tempo che c, non si asciugheranno mai. Fortuna che abbiamo un ricambio. Ci vuole almeno unora per assestarci definitivamente. Il sottile materasso non si pu certamente definire comodo, ma
206

indispensabile per non dormire a diretto contatto con il terreno. Sar in ogni caso una notte difficile, poich non accenna a smettere di piovere, e anche se la tenda impermeabile si forma continuamente della condensa dovuta allevaporazione dellacqua che ha bagnato noi e gli zaini. Le uniche cose che sono rimaste fuori, o meglio nella microscopica anticamera della tenda, sono la mazza per conficcare i picchetti e le scarpe, che purtroppo non possiamo tenere dentro, per non sporcare ovunque. Speriamo che la piccola protuberanza della tenda riesca a deviare sufficiente acqua da risparmiarne almeno linterno, altrimenti domani dovremo calzare delle scarpe completamente bagnate. Nel caso, infileremo i piedi in un sacchetto di plastica prima di indossarle, ma non sarebbe il massimo per la traspirazione. Dopo aver consumato un pasto di una frugalit imbarazzante, scivoliamo infine nel sonno. La nostra prima esperienza di campeggio non andata esattamente come pensavamo, e se penso che sar cos anche per i prossimi tre giorni, decisamente non mi sento rinfrancato. La battaglia riprende Il riposo lava via in parte la stanchezza, ma non i dolori, forti quasi quanto ieri. Ora cosa facciamo? Continuiamo, oppure torniamo indietro? Lidea ci viene perch anche stamattina il tempo pessimo, siamo stanchi e non sappiamo se valga la pena di continuare. Forse abbiamo sottovalutato questo trekking, fuorviati anche dalla guida turistica, che afferma Trekking affrontabile da chiunque sia in buone condizioni fisiche. Sarebbe pi corretto dire che un trekking affrontabile da chiunque sia in ottime condizioni fisiche e sia allenato a percorrere parecchi chilometri al giorno con uno zaino pesante sulle spalle. Il percorso non lascia alternative: o ci si porta la tenda come abbiamo fatto noi, e in questo modo lo zaino inevitabilmente pesa, oppure si prenotano i rifugi con molto anticipo, sborsando non pochi soldi. Forse abbiamo esagerato anche con lacqua: ne abbiamo portati nove litri, ma ne abbiamo bevuti a stento uno e mezzo finora. E la cosa triste che abbiamo scoperto che nei rifugi lacqua cTutte cose che si apprendono con lesperienza, la sola maestra che prima ti fa lesame e poi ti spiega la lezione.
207

Ora, dunque, che fare? Per prendere la decisione migliore interpelliamo anche la custode del rifugio, che per rimane sul vago. Afferma che dobbiamo decidere noi in base alle nostre forze. Se dovessimo decidere solo in base a queste, probabilmente torneremmo indietro, ma altri elementi ci spingono a continuare. Per cominciare, oggi sar quasi tutta discesa. Inoltre, il meteo brutto qui, ma in questa conca potrebbe rimanere uguale per giorni, mentre pi facile che migliori una volta scesi di quota. Guardiamo la cartina altimetrica appesa su una parete del rifugio, cercando di farci unidea del percorso che ci attende. Ci sono un po di saliscendi solo nella parte iniziale, e non sembrano nemmeno ripidi. Il resto tutto in discesa. Inoltre, ad lftavatn, il rifugio che dovremmo raggiungere oggi, passa anche un autobus che potremmo prendere per tornare alla civilt. Lunica cosa che ci trattiene la presenza di numerosi guadi lungo il percorso, da superare a piedi. La ragazza del rifugio, tuttavia, ci assicura che sono molto bassi in questo periodo dellanno, e che si possono agevolmente superare in pochi secondi, a volte perfino saltando da una roccia allaltra. Inoltre, oggi ce n solo uno da superare, tutti gli altri si trovano al terzo e quarto giorno di cammino. Alla luce di tutto ci, decidiamo infine di proseguire. Smontiamo la tenda in fretta e furia, arrotolandola come possibile e infilandola scompostamente nella sua saccoccia, ancora sporca di fango. Lo stesso vale per la mazza, i picchetti e il telo impermeabile, che vengono riposti nel mio zaino in modo a dir poco sbrigativo. Purtroppo sta piovendo a dirotto e non c modo di agire con pi grazia, anche perch fa freddo e la sensibilit delle mani non il massimo. Fortuna che siamo vestiti di tutto punto contro lacqua. Una volta messo via tutto, tra imprecazioni varie, rimettiamo gli zaini sulle spalle rotte e cominciamo ad incamminarci verso lftavatn. Ci aspettano altri dodici chilometri. Ma tutto sommato meglio muoversi, piuttosto che rimanere in questa squallida conca, perennemente avvolta da una cappa nebbiosa. La cartina del rifugio, per, era decisamente ingannevole. Dopo poche centinaia di metri ci rendiamo conto che i saliscendi sono duri da superare, esattamente come quelli di ieri. Sulla cartina sembravano solo dei rilievi insignificanti. Ma forse lo sono davvero, ed la stanchezza a farli sembrare molto pi duri di quanto in realt non siano. Il paesaggio non cambia molto rispetto a ieri, anche
208

perch la nebbia ancora non si diradata e non possiamo vedere molto di quello che abbiamo attorno a noi. Scatto pochissime fotografie, non ho proprio voglia di tirar fuori continuamente la macchina fotografica, come invece ho fatto ieri. Anche oggi ci superano numerosi gruppi di persone, che camminano a velocit supersonica. Ma che senso ha andare cos veloci, anche se si allenati? Si arriva al rifugio successivo in poche ore e poi non si fa pi niente per tutto il resto della giornata. Non ci si gode nemmeno un po il paesaggio, in questo modo. Affari loro, noi terremo il nostro passo, che ormai decisamente lento. Per fortuna, ogni tanto ci sono degli ampi tratti pianeggianti dove far riposare un po gli arti inferiori. In ogni conca tra due collinette c un fiumiciattolo da superare, ma bassissimo e non crea problemi di guadi. I veri fiumi da guadare arriveranno pi avanti. Si scende da una collinetta e si risale su unaltra uguale a quella precedente, e cos via per decine di volte. Una montagnetta pi alta delle altre ci costringe ad una faticaccia assurda per raggiungere la sua cima, e una volta arrivati sulla sommit ci fermiamo per dieci minuti, con il cuore a mille e i polmoni in procinto di scoppiare. Una coppia di ragazzi tedeschi, alti almeno trenta centimetri pi di noi, si unisce alle nostre lamentele per la tabella altimetrica del rifugio. Non si capisce assolutamente che il sentiero cos difficile, leggendola. Loro sostengono che dora in poi sar tutta discesa, ma memore dellesperienza di ieri preferisco non dare loro troppo credito. Pu anche darsi che abbiano ragione, ma non voglio farmi aspettative che poi potrebbero essere deluse. La nebbia ancora molto fitta e la visibilit non supera la decina di metri, appena sufficiente per localizzare i paletti di segnalazione. Comincia ora una discesa molto ripida e fangosa, lungo una strada serpeggiante e senza alcuna protezione. Se si mette un piede in fallo si pu cadere di sotto. Stando attenti, riusciamo a scendere senza farci male, e una volta sul fondo della piccola valle ci troviamo di fronte ad uno spettacolo veramente suggestivo. Accanto a noi corrono dei banchi di neve che formano piccole grotte, le quali vanno poi a perdersi nella nebbia. Il terreno percorso da fiumiciattoli ramificati, ed ricco di colori incredibili. In questo punto crescono solo dei fragili licheni giallastri. Ci viene quasi voglia di rifugiarci sotto queste grotte nevose, che sicuramente tengono
209

caldo come gli igloo, ma raggiungerle significherebbe inzupparsi completamente di fango. Proseguendo ancora lungo lennesimo tratto in saliscendi, troviamo altre fumarole e infine un sentiero completamente fangoso, che ci inzuppa scarpe e calzoni impermeabili. Fortunatamente, le calzature sono robuste e nemmeno una goccia di fango filtra nelle calze. Tuttavia, la poltiglia si appiccica alla suola e ai bordi degli scarponi, e ad ogni passo continua ad aumentare. Alla fine abbiamo le scarpe avvolte da uno spesso strato marrone, che le appesantisce non poco. Una volta raggiunto uno spiazzo asciutto, iniziamo a scalciare e grattare il terreno per liberare le scarpe dallospite sgradito, e poco pi avanti finalmente smette anche di piovigginare. Il riflesso del sole, prima oscurato dalle nubi, ora chiaramente visibile davanti a noi. Laria pi luminosa e meno pesante. Forse stiamo finalmente uscendo da questa mortifera cappa di nebbia. Ed proprio cos: poco dopo le nubi si aprono e lasciano intravedere qualche sprazzo di sereno in lontananza. Dopo pochi minuti, la pioggerella cessa definitivamente e si apre la visuale sullenorme vallata. Allorizzonte c il ghiacciaio dellEyjafjallajkull, attorniato da montagne verdastre ed irregolari. Ma la cosa pi bella da vedere questa valle verdeggiante, ricca di corsi dacqua. Al limite di essa c un grosso lago, e ad un'estremit del medesimo gi visibile il rifugio di lftavatn! La comparsa della nostra meta, seppur appena visibile data la lontananza, ci rinvigorisce anima e corpo, dunque ci concediamo solo un veloce spuntino in mezzo a campi di muschio e poi ripartiamo per la vera discesa. Non tuttavia facile scendere di qui, poich la pendenza discreta e non abbiamo un bastone, che farebbe molto comodo. Come succede sempre, dopo un po di strada le gambe iniziano a tremare e le articolazioni delle caviglie diventano meno stabili, ma le nostre scarpe sono alte e ci proteggono dalla possibilit di prenderci una temibile storta. Purtroppo, i miei scarponcini sono grandi quel tanto che basta per far stare il mio piede, e durante la discesa le dita pestano costantemente contro il bordo anteriore della scarpa, sfracellandosi. Avrei dovuto prenderne un paio di un misura pi lunghi. Inoltre, gli zaini ormai sono insopportabili. Stabiliamo un patto tra noi: se nel rifugio ci saranno posti liberi, li prenderemo, in barba alla tenda. Abbiamo bisogno di un letto vero per riposarci come si deve. Campeggeremo solo se vi saremo costretti.
210

Dopo una discesa distruttiva, raggiungiamo il fiume da guadare. Ovviamente ci siamo preparati molto bene, portandoci dietro le scarpe da scoglio. Giunti finalmente sul fondovalle, lo costeggiamo e cominciamo a cercare il punto migliore per attraversarlo. Lacqua non eccessivamente impetuosa e il fiume non profondo, ma sicuramente freddissimo, essendo un fiume glaciale. Deviamo di qualche metro dal sentiero per cercare il luogo migliore dove guadarlo, ma nessun punto ci soddisfa e decidiamo di percorrere la strada pi lunga, fino al guado ufficiale. Meglio non tentare imprese sconsiderate. Per non avere problemi con i guadi, bisogna tenere a mente alcune regole. Innanzitutto, mai attraversare un fiume a piedi nudi, per non ferirsi sulla roccia viva. Poi, bisogna slacciare le cinghie degli zaini prima di entrare in acqua, in modo da poter sganciare velocemente lo zaino in caso di caduta. Inoltre, bisogna evitare i punti in cui il fiume molto stretto, in quanto sono generalmente i pi profondi, e cercare di scegliere un punto dove lacqua scorra il pi lentamente possibile. Una volta arrivati dove il sentiero finisce, troviamo un punto che sembra soddisfare tutti i requisiti, cos iniziamo a prepararci per lattraversamento. Il fiume sar largo poco pi di cinque metri e profondo quaranta centimetri, non un guado preoccupante. Tuttavia la prima volta per entrambi ed meglio essere prudenti. Mi offro volontario per cominciare. Tolgo scarpe e calze e mi infilo le scarpe da scoglio, dotate di suola antiscivolo. Incastro gli scarponi, sporchissimi di fango e ormai ridotti in condizioni pietose, nello spazio tra lo zaino e il coprizaino impermeabile, sperando che non scivolino fuori. Se mi cadono nel fiume, ho finito di camminare. Ripiego i pantaloni fin sopra il ginocchio, mi slaccio le due cinture dello zaino e dopo qualche tentennamento mi decido a entrare nel fiume. Com fredda lacqua! Mi arriva circa a met polpaccio, anche se a volte raggiunge quasi il ginocchio. Lacqua talmente gelata da procurarmi qualche leggero svarione, e per contrastare questeffetto accelero il passo, contraendo forte i muscoli e spremendo maggiormente il sangue verso il cervello. Fortunatamente, c una piccola isoletta rocciosa in mezzo al fiume, sulla quale posso salire per riprendermi un attimo. Non ci rimango per a lungo: mi ributto quasi subito nel fiume, saltando da una roccia viva allaltra sempre pi velocemente, e infine riesco a raggiungere laltra riva, seppur scompostamente. Non appena esco, i
211

piedi iniziano a farmi male, non pi anestetizzati dalla bassa temperatura dellacqua. Ci mettono per pochissimo ad asciugarsi e ritornare in temperatura. Pensavo che ci avrebbero messo mezzora. Io sono a posto, ma non finita. Ora tocca a Davide. Egli molto pi meticoloso di me e tenta pi volte di trovare un punto migliore, ma infine si deve arrendere e scegliere il punto dove sono passato io. Anche lui, tra barcollamenti vari e rocce instabili, riesce infine a raggiungere la riva giusta. Curiosamente, il guado ci ha impegnato per poco pi di venti secondi ciascuno, ma prima di riorganizzare tutte le nostre cose per ripartire impieghiamo quasi venti minuti. In particolare Davide ad avere problemi, poich ha assicurato le scarpe allo zaino legando i lacci tra loro e poi assicurandoli ad uno spallaccio con un doppio nodo, ma lha stretto troppo ed ora non riesce pi a scioglierlo. Dopo un quarto dora passato a imprecare, finalmente riesce a rimettersi le scarpe e possiamo ripartire. In condizioni di stanchezza ormai devastante, riprendiamo in spalla gli zaini ancora una volta e ci incamminiamo per i pochi chilometri che ci separano da lftavatn. La battaglia volge al termine Nel raggio di un chilometro ci siamo solo noi. La strada ora pianeggiante, ma nessuno dei due tollera pi gli zaini. Sono davvero troppo pesanti per quella che la nostra costituzione fisica. Avremmo dovuto allenarci un po di pi per questo trekking, forse. Sempre pi frequentemente pensiamo di prendere lautobus che parte da lftavatn, lasciando il trekking a met. Dopo un rapido consulto, rimandiamo la decisione a quando saremo arrivati al rifugio, ma in cuor nostro ci siamo gi accorti che non potremo passare altri due giorni cos. Il terzo e il quarto giorno si cammina rispettivamente per sedici e quindici chilometri. Inoltre, nei prossimi giorni ci saranno molti altri fiumi da guadare, pi larghi e profondi di questo. Forse davvero il caso di rinunciare. Nonostante manchino meno di due chilometri, ci fermiamo continuamente per posare a terra gli zaini. Quando per arriviamo su una strada completamente piatta, che conduce dritta al rifugio, non ci fermiamo pi e anzi acceleriamo il passo, per arrivare finalmente alla salvezza. I piedi soffrono, consumati dalla lunga camminata, ma ormai possono anche tagliarsi, non mi interessa. Lunica cosa che
212

voglio arrivare a questo maledetto rifugio e schiantarmici dentro. Allo scoccare delle sei ore di camminata, il rifugio finalmente raggiunto. Fortunatamente non ha pi piovuto, anche se alcune nuvole minacciose non hanno mai smesso di sovrastarci. Ora dobbiamo sperare che il rifugio abbia due posti liberi anche per noi. Non ci interessa quanto costeranno, siamo disposti a pagare qualsiasi cifra. Lunica immagine mentale che riusciamo a formare quella di un comodo letto, munito di lenzuola fresche e pulitissime, termocoperta e massaggio incluso. B, forse non cos esagerato. Basta che ci sia un materasso sufficientemente spesso, il resto non cos indispensabile. La fortuna oggi ci da una mano: dei trentadue posti letto totali che conta il rifugio di lftavatn, ce ne sono ben sei liberi. Il costo alto, come potevamo aspettarci, ma non ci interessa. Non siamo in condizioni di campeggiare, siamo ridotti peggio di ieri sera quando siamo arrivati a Hrafntinnusker. Ormai, quando ci guardiamo in faccia, pensiamo tutti e due alla stessa cosa: basta cos. I paesaggi sono s paradisiaci, ma conciati cos non ce li godiamo nemmeno. Abbiamo gi fatto una cosa eccezionale in questi due giorni, considerando che per tutto lanno non facciamo praticamente alcuna attivit fisica, e possiamo ritenerci pienamente soddisfatti anche di aver completato solo met percorso. Linterno del rifugio molto accogliente: lunica noia che ogni volta che entriamo dobbiamo toglierci le scarpe per evitare di insozzare la camerata, dove tutti camminano scalzi. Il dormitorio molto popolato e vivace: c chi gioca a carte, chi si riposa tranquillamente nel suo sacco a pelo, chi prepara il materiale per il giorno seguente. Qualcuno sta anche cucinando una pastasciutta al sugo di pomodoro, la quale attira irrimediabilmente la nostra attenzione e ci fa soffrire non poco. Da giorni mangiamo solo cibarie fredde e poco invitanti: una pasta ci starebbe bene. Ma pazienza, abbiamo tutto il resto dellanno per mangiarcela a casa nostra, essendo italiani. Prendiamo posto in due brande separate, ma una volta fatto il conto dei posti e considerato la larghezza delle medesime, capiamo che ogni branda vale per due persone. Non tutti rispettano questa regola, ma meglio attenersi a quello che dice il regolamento ufficiale. Chi se ne importa se siamo in due sullo stesso letto. Finalmente possiamo sdraiarci su una superficie morbida. Il locale non molto luminoso, avendo solo poche finestre per giunta molto
213

piccole, ma possiamo comunque vedere un po di panorama. Il rifugio sorge vicinissimo ad un angolo del lago, e sullo sfondo di esso c una stranissima montagna perfettamente triangolare. Attorno, altre montagne verdi e nere, muschio e sabbia vulcanica. Dopo un po che ci stiamo riposando, sempre pi convinti di fermarci qui e tornarcene in citt domani, ricomincia a piovigginare. Meno male che adesso non siamo in tenda, scomodi, bagnati e pieni di dolori atroci. Nessuno dei due aveva mai portato uno zaino cos pesante per cos tanti chilometri, e unaltra notte in tenda in queste condizioni ci avrebbe dato il colpo di grazia. Probabilmente almeno uno dei due si sarebbe ammalato. Ora, invece, osserviamo la pioggia dall'interno, mentre si infrange sui piccoli vetri. Il vento ulula, facendo scricchiolare le travi di legno, ma pu infuriarsi quanto vuole, noi ora siamo ben protetti. Con ancora in mente la vivida immagine del vetro coperto di goccioline dacqua, mi avvolgo completamente nel sacco a pelo e sprofondo nel sonno, non muovendomi pi fino alla mattina successiva. Resa incondizionata La mattina ci svegliamo intorno alle sette. Dopo aver valutato rapidamente le condizioni generali, decidiamo definitivamente di fermarci qui. Non il caso di spingere il corpo eccessivamente oltre i suoi limiti. Gi in questi due giorni labbiamo forzato molto. Rinunciare non ci sembra una cosa disonorevole, n rimpiangiamo amaramente di non poter continuare: semplicemente la cosa giusta da fare in questo momento. Ci concediamo dunque una mattinata di calma assoluta, poich lautobus passa solo una volta al giorno e arriver alle due e mezza di pomeriggio. Per ingannare il tempo, osserviamo curiosamente cosa fanno le altre persone nel rifugio, che si sono svegliate tutte presto e si stanno preparando per un altro giorno di cammino. Dalla nostra branda sopraelevata seguiamo i movimenti di una famiglia inglese, composta dal padre e dai due figli, maschio e femmina, che forse raggiungono a stento i diciotto anni. Sistemano i loro zaini con una cura meticolosa e quasi maniacale, parlando pochissimo fra loro. Tra membri di una stessa famiglia ci si aspetterebbe un certo calore e unatmosfera rilassata, ma sembra quasi che si trovino in una caserma e stiano montando i fucili per un assalto. Proseguono imperterriti a vestirsi ed
214

organizzarsi, rivolgendosi solo poche frasi secche e ridotte al minimo indispensabile. Il loro accento ovviamente fortissimo, e non riusciamo a capire quasi nulla di ci che si dicono, nonostante si tratti inequivocabilmente di lingua inglese. A un certo punto, il fratello tira fuori da una tasca un aggeggio veramente curioso: identico ad una flebo, solo che non serve per uninfusione venosa, bens per bere durante la marcia senza doversi togliere lo zaino. La sacca va messa in una tasca laterale, e il tubo, munito di boccaglio, arrotolato in una posizione facilmente raggiungibile. Se durante il cammino viene sete, basta tirarlo e succhiare. La famiglia inglese una delle prime ad andare via. Uno dopo laltro, tuttavia, abbandonano tutti il rifugio. Verso le dieci di mattina rimaniamo solo noi. Se non altro, non dobbiamo pi preoccuparci di posizionare gli zaini in modo da non disturbare nessuno: ora abbiamo la stanza tutta per noi. Solo alcune persone, che per stanno sempre nellanticamera e non entrano mai nel dormitorio, sembrano aspettare lautobus. Ci sentiamo un po le mosche bianche del gruppo, essendo gli unici che oggi non proseguono, ma non ci pentiamo affatto della nostra decisione. Labbiamo presa con coscienza e, non meno importante, questesperienza ci ha insegnato molte cose. La prossima volta, indubbiamente, non ripeteremo gli stessi errori. Inoltre, Davide inizia a non sentirsi troppo bene e pensa di avere un po di febbre. Non abbiamo un termometro per assicurarcene, ma i vaghi brividi di freddo e il malessere generale sono un sintomo sufficientemente chiaro. Un motivo in pi per il quale abbiamo fatto bene a non rimetterci in cammino. Nel terzo rifugio, tra laltro, non c nemmeno la possibilit di prendere un mezzo per tornare in citt. Lunico collegamento qui ad lftavatn: chi decide di proseguire deve obbligatoriamente arrivare fino a Porsmork, se vuole ritornare alla civilt. A questo proposito, non manchiamo di comunicare al gestore del rifugio che abbiamo deciso di interrompere il trekking. Non il caso di far partire una costosissima spedizione di ricerca. Lui ci assicura che non c nessun problema e che comunicher subito a chi di dovere la nostra decisione. I custodi, infatti, si tengono in costante contatto tramite telefono satellitare. La cosa strana che qui funzionano anche i nostri telefonini. Se hanno messo dei ripetitori nelle vicinanze, li hanno nascosti davvero bene.

215

Le ore di attesa per lautobus passano nella noia, rinchiusi dentro il rifugio per via di un vento fortissimo. Non si pu quasi mettere il naso fuori dalledificio, anche perch ora ha iniziato anche a cadere una pioggia insistente e feroce, che ci rallegra ancora una volta della nostra decisione di non ripartire. Ci saremmo trovati in mezzo alla bufera, in condizioni di salute non proprio ottimali, e chiss se e quando ne saremmo usciti. Purtroppo lIslanda una terra che non perdona e che se ne infischia altamente di tutte le persone che cercano di conquistarla. Per ingannare il tempo, possiamo tentare di riorganizzare un po i nostri zaini, dato che ormai non ci serviranno pi per camminare. Tuttavia, sono ancora pieni di cose bagnate e sporche, come la tenda, che ancora ben lontana dallessersi asciugata. Meglio non toccare niente ed aspettare di essere in un albergo, prima di metterci mano. Dopo cinque ore di sballottante viaggio tra gli sterrati dellIslanda interna, durante il quale attraversiamo innumerevoli fiumi, preleviamo persone in mezzo al nulla e osserviamo un ghiacciaio sinistramente illuminato dai raggi del sole, siamo di nuovo sulla Ring Road, la strada che percorre lintero perimetro islandese. Lautobus si ferma a Hella, cittadina piccola e insignificante, ma che ospita un albergo che ha posto per noi. Sfruttiamo questa camera in modo assoluto, lavando tutti i vestiti, la tenda e gli accessori, asciugando tutto ci che c di bagnato sul calorifero elettrico, ed approfittando delle pulitissime docce, di una pantagruelica colazione gratuita e di un letto comodissimo. Casomai ci annoiassimo, c sempre una copia della Bibbia su uno scaffale a muro, compresa nel prezzo. Se mai poteva esserci un rimpianto per esserci fermati ad lftavatn, ora svanito totalmente. Vik Le tappe come questa servono per riposarsi e utilizzare tutti i servizi disponibili prima di ripartire, e infatti ce ne andiamo la mattina seguente. La destinazione Vik, un tranquillo e microscopico paesino situato in una delle localit pi meridionali dellIslanda, direttamente sullAtlantico. Questo piccolo paese peculiare per la sua posizione: stretto tra una spiaggia di sabbia nera e una catena di montagne, meta molto ambita da tutti i viaggiatori che si dirigono in Islanda. La mattina, il nostro autobus tarda ad arrivare e la piazza
216

di Hella si ormai svuotata da ogni mezzo e persona. Tutti sono saliti su qualche autobus, tranne noi. Un gentile dipendente della societ di trasporti si interessa al nostro caso, vedendoci spaesati, e ci assicura che lautobus non stato soppresso, ma semplicemente in ritardo. Non dobbiamo nemmeno chiedere aiuto a nessuno, qui in Islanda: quando abbiamo bisogno di qualcosa, laiuto viene da noi spontaneamente. Dopo una decina di minuti, arriva finalmente lautobus e troviamo per miracolo gli ultimi due posti liberi sui quali sederci. Ovviamente non sono affiancati, quindi percorriamo la strada ognuno per conto proprio, osservando le brulle collinette del sud attraverso i vetri lievemente oscurati. Lautobus effettua alcune soste prima di arrivare a Vik, tra cui una a Skgar, paese di cinquanta abitanti che sorge ai piedi di una maestosa cascata. Tuttavia, non abbiamo pi qualche minuto per ammirarla, poich lautobus si ferma per pochissimo tempo e dobbiamo praticamente correre per avvicinarci abbastanza da scattare qualche foto, per poi ritornare indietro sempre di corsa. Certo che potrebbero programmare una sosta un po pi lunga, vista lattrattiva del luogo. Anche se non paragonabile a Gullfoss, questa cascata comunque di tutto rispetto. Risaliamo dunque sullautobus, appena in tempo per non rimanere a terra. Ormai mancano meno di venti minuti di strada prima di arrivare a Vik, e sfortunatamente il tempo comincia a farsi piovoso e ventoso. Cambia sempre con grande rapidit, sembra di essere in montagna. Speriamo di trovare subito un alloggio a Vik, senza dover camminare sotto la pioggia per chilometri, anche perch non abbiamo prenotato niente stavolta. Forse sottovalutando i rischi, abbiamo pensato che non fosse necessario prenotare qualcosa in una cittadina che conta trecentocinquanta abitanti e sei sistemazioni, tra ostelli e alberghi. Con tutto questo posto, ci saranno sicuramente due letti anche per noi. Almeno cos supponiamo. Appena superata la collina che ci divide dal mare, ecco che appare Vik. Mi piacerebbe vivere in questa cittadina, cos tranquilla e riparata nonch situata in un luogo davvero bucolico. Purtroppo, le spesse nubi e la pioggia non ci permettono di apprezzarla al meglio, anche se i tre enormi faraglioni della spiaggia sono cos grandi che non vengono nascosti nemmeno dalla nebbia fitta. Lautobus ci lascia nellunico punto di servizio della cittadina, che uguale in praticamente tutte le citt dIslanda: distributore di
217

benzina, autogrill e pensilina, tutto accorpato in un unico luogo. La pioggerella diminuita dintensit, ma rimane sempre insistente. meglio muoverci per trovare un alloggio. Scartiamo lalbergo che vediamo direttamente davanti a noi, dallaltra parte della strada e in mezzo ad un enorme prato. Il suo aspetto moderno tradisce un costo sicuramente elevato. A fianco c un campeggio, dove numerose tende sono piantate in un terreno quasi paludoso. La guida turistica segnala un ostello l, dunque proviamoci. Niente da fare: qui c solo il campeggio. Dobbiamo andare in direzione opposta, verso sud, risalendo la strada che porta di nuovo verso la collina. L ci sono degli alberghi e delle guesthouse. La sistemazione pi economica , guarda caso, nel punto pi alto e isolato del paese. Non capisco proprio perch gli ostelli meno costosi debbano sistematicamente trovarsi in posizioni scomode. Nelle grandi citt spesso cos: si trovano a volte anche a due, tre chilometri dal centro. Sar perch il terreno l costa meno. Ci sorbiamo un quarto dora di salita, con gli zaini pesanti addosso, per scoprire che lostello conta solo sei miseri posti letto, logicamente gi tutti occupati. Reprimendo a fatica le imprecazioni, torniamo indietro e ci dirigiamo nella zona est, sperando di avere pi fortuna. Abbiamo ancora diverse cartucce da sparare. Il secondo albergo anchesso pieno, e anche una guesthouse poco distante non ha posto per noi. La ragazza di un punto informazioni si offre di telefonare agli ultimi due posti rimasti, al costo di cinquanta corone (trenta centesimi), e deve purtroppo informarci che oggi lintera Vik fully booked. Maledizione! Non c dunque alcun posto dove stare per la notte! Ci rimane sempre la possibilit di piantare la tenda nel campeggio, ma memori della brutta esperienza a Hrafntinnusker e considerando che sta piovendo sempre pi forte, decidiamo di rinunciare e di accamparci temporaneamente nellautogrill, in attesa che ci venga qualche buona idea. Proviamo anche con lhotel pi lussuoso del paese, proprio davanti alla nostra base. Siamo disposti a pagare qualunque cifra, ma nisba. pieno anchesso come tutti gli altri. un peccato che percorriamo il paese in questo spiacevole stato danimo, tesi solo a ripararci dalla pioggia e a cercare un posto dove stare, poich questo gioiellino meriterebbe davvero di passarci qualche giorno solo per perdersi nelle sue viuzze. Mi ricorda moltissimo il mio paese di montagna sulle Dolomiti. Ci sono le
218

stesse casette ridenti e dipinte di colori piacevoli, gli stessi steccati con gli orti, le stesse stradine strette e tortuose che non si sa mai a cosa conducano. C perfino un ponticello di legno che divide in due la zona est dalla zona ovest. Purtroppo non si vede molto della spiaggia di sabbia nera, poich un po nascosta dalle montagne che sovrastano la cittadina sui tre lati. Non certamente il momento adatto per andare alla spiaggia, ora meglio trovare un riparo. Giunti allautogrill, posiamo gli zaini sotto una corta tettoia ed iniziamo a vagliare le varie possibilit. Campeggiare praticamente escluso, dormire sotto la tettoia stanotte poco allettante ma fattibile, proseguire con un altro autobus verso Hfn impossibile, poich i mezzi pubblici per oggi sono terminati. Dopo esserci consultati, capiamo che oggi non riusciremo mai a visitare decentemente Vik, con queste condizioni meteorologiche e gli zaini sempre appresso. Sarebbe lideale aspettare lindomani, ma dove passare la notte? Non sappiamo quanto possa far freddo qui di notte, e anche se abbiamo il sacco a pelo non staremmo certamente comodi. Il ricordo della notte di Lule, due anni fa, ancora presente e ci ricorda che potremmo pentirci amaramente di questa eventuale decisione. Una gentile signora italiana, che fa parte di un gruppo turistico organizzato, scopre che siamo in difficolt e prova ad offrirci il suo aiuto, ma purtroppo non pu includere altre due persone nel gruppo, poich i posti sono contati. Inoltre, loro ora vanno a visitare un vicino ghiacciaio, dunque non ci aiuterebbero nel nostro itinerario. Ringraziamo comunque dellinteressamento e li guardiamo sparire su un pulmino. A malincuore, decidiamo di abbandonare Vik. Almeno qualche fotografia siamo riusciti a scattarla e non siamo venuti qua proprio per niente. Ma come fare a proseguire? La mente, pressata dalla necessit, si riattiva e ci ricorda che possiamo anche tornare indietro verso Skgar e cercare una sistemazione l. Non ci sono pi autobus che vanno avanti, ma ce ne sono ancora che tornano indietro. Il prossimo passer tra circa unora. Telefoniamo immediatamente ad un ostello di Skgar. Hanno posto per noi! Siamo a cavallo, prenotiamo subito e ci rallegriamo: non rimarremo a passare unorribile notte qui. Dormiremo in un letto vero a Skgar, e riusciremo anche a vedere meglio la cascata. Lindomani ripartiremo con lo stesso autobus,

219

stavolta per Hfn. Visitare Vik sar difficile: probabilmente saremo costretti a saltarla anche domani. Autostop Per cercare di arrivare il prima possibile a Skgar ed evitare nel contempo di pagare un altro biglietto, tentiamo la fortuna con lautostop. Raggiungiamo un punto riparato, dove le automobili possono accostare in caso di successo della missione, e cominciamo dunque ad alzare il pollice. Ma non c niente da fare. Tanto per cominciare passano poche automobili, e quelle che passano sono gi piene di persone e oggetti, dunque non potrebbero caricarci nemmeno volendo. I pochissimi veicoli semivuoti che passano ci ignorano beatamente. Sono praticamente tutti turisti. Qualche automobilista ci saluta ironicamente, senza smettere di pigiare sullacceleratore. Nessuno vuole due maschi, pieni di borse sporche, ingombranti e bagnate. Se fossimo due ragazze, forse avremmo pi possibilit. Il mondo non ti vuole, quando fai lautostop con la pioggia battente. Ma anche una coppia di fidanzati, che dallaltra parte della strada sta tentando lautostop per Hfn, non ha molta pi fortuna di noi. Evidentemente, anche se c una ragazza in ballo gli automobilisti non la calcolano, poich vedono che gi accompagnata. Scambiamo con loro qualche sguardo di rassegnata complicit: abbiamo capito tutti e quattro che abbiamo ben poche possibilit di cavarcela in questo modo. Il ragazzo prova perfino ad attirare lattenzione degli automobilisti facendo il giocoliere con alcune palline, ma senza il minimo risultato. Dopo aver visto passare almeno trenta automobili, senza che nessuna si sia fermata per tirarci su, torniamo allautogrill e ci arrendiamo allidea di prendere lautobus. Nellattesa, facciamo amicizia con un ragazzone tedesco, dai capelli lunghi e biondi, che parla bene la nostra lingua poich ha vissuto per un anno a Milano. Anche lui ha laria di essere rimasto senza una sistemazione, poich gi da un po che labbiamo notato aggirarsi nei pressi dellautogrill con lo zaino. Secondo lui potremmo anche tentare di campeggiare, poich il meteo non cos proibitivo. Forse ha ragione lui, ma non ne abbiamo proprio voglia. Ci bastata una singola esperienza di campeggio con la pioggia per scoraggiarci a farne altre. Lo spiazzo dove dovremmo mettere la tenda ora composto pi da acqua che
220

da terra, meglio non provarci nemmeno se non vogliamo nuotare nella melma anche stavolta. Skgar Dopo una mezzoretta di sonnolenta attesa, giunge infine un autobus da est. Il controllore lo stesso che poche ore fa abbiamo salutato prima di scendere qui a Vik, ma sembra non riconoscerci. Probabilmente non fa nemmeno caso a noi, abituato com a vedere centinaia di persone diverse ogni giorno. Meglio cos, ci risparmiamo una figuraccia. Ci schiantiamo sui sedili, finalmente al caldo e allasciutto, e in pochi minuti di viaggio raggiungiamo Skgar. Lostello non difficile da trovare, essendo una delle poche costruzioni che si reggono in piedi nel raggio di centinaia di metri. Accanto c un nutrito campeggio, popolato da decine di tende. Riecco la cascata, che raggiungiamo dopo esserci velocemente sistemati nella camera. Gli spruzzi e il forte vento ci fanno respirare aria satura dacqua e ci infreddoliscono le parti del corpo rimaste scoperte, lasciandoci solo il tempo di scattare qualche fotografia. Avendo tutta la seconda parte della giornata a disposizione, possiamo permetterci di visitare approfonditamente questo borgo sperduto. Abbiamo mancato Vik, ma anche Skgar non sfigura affatto. Inoltre, casualmente ci rendiamo conto che se avessimo completato tutti e quattro i giorni di trekking saremmo arrivati a Vik questa sera, stanchi morti, con la pioggia e nessun posto dove dormire. E nessun autobus per portarci n avanti n indietro. Sembra che abbiamo fatto proprio bene a fermarci a met! Rinfrancati da questo pensiero, ci tuffiamo nella natura che circonda Skgar. Una lunga scalinata di metallo e legno ci conduce fin sopra la collina che domina lintero paese, e dalla cima possiamo godere di un ottimo spettacolo: da una parte il fiume, che si getta a perpendicolo sulla limacciosa spiaggia, dallaltra le montagne che nascondono il temibile Eyjafjallajkull, dallaltra ancora un vastissimo campo nel quale pecore e montoni brucano lerba con proverbiale tranquillit. Sullo sfondo, una sottile striscia dacqua appartenente allAtlantico separa la terra dal mare. Alcuni piccoli sentieri si abbarbicano sul fianco della collina, finendo in piccole sporgenze che danno sul nulla. Addentrandovisi, si pu ammirare la cascata da altre angolazioni, conciliandola con sporgenze di roccia
221

ed erba che assumono le forme pi disparate. Basta avere un po di fantasia e si trasformano subito in un volto, in un animale o un oggetto. Una di queste sembra una grossa testa che osserva direttamente la cascata. Chiss da quanti anni ferma l a guardare, senza mai stancarsi dello spettacolo di tutta questa possente acqua che si getta consapevolmente nel vuoto, senza alcun timore di sfracellarsi. Osservare tutta questacqua cadere incessantemente fa pensare ad un infinito gregge di pecore. Una pecora impazzisce e decide di saltare, e tutte le altre la seguono, in un suicidio di massa senza fine. Anche la Skgar serale non manca di stupire, grazie a un infuocato tramonto che si staglia sui monti e sulla cascata. Ricordo un tramonto che vidi da casa mia questa primavera, talmente infuocato e spettacolare da far sembrare che il cielo fosse realmente in fiamme. Non ne avevo mai visto uno cos intenso. Era dovuto alla grande quantit di polveri eruttate dallEyjafjallajkull, che hanno raggiunto anche i cieli italiani e hanno tinto latmosfera in maniera spettacolare. Senza polveri in sospensione nellaria, infatti, i tramonti non avrebbero alcun colore. Ora, questammasso di ghiaccio ribollente di lava proprio dietro la montagna che ho davanti agli occhi, e in questo momento non posso fare altro che ringraziarlo per il tramonto che mi ha regalato tempo fa. Certo, pochi mesi fa nessuno ringraziava quest'impietoso vulcano, risvegliatosi dalla quiescenza dopo un tempo lunghissimo. Noi per primi avevamo paura che non avremmo pi potuto partire per lIslanda, e centinaia di migliaia di viaggiatori sono rimasti a piedi nelle zone pi disparate dEuropa, costretti a tornare a casa con gli autobus, i treni, lautostop. Questa primavera, tutti hanno maledetto il vulcano, me incluso. Ma pur nella sua crudezza, ci ha dato una lezione importante. La natura lha sempre e comunque vinta su di noi, qualunque cosa pensiamo e facciamo. Basta che si svegli un vulcano in una remota isola del nord Atlantico ed ecco che met Europa paralizzata, non sa pi come cavarsela. E che dire dellinquinamento atmosferico, che si ridotto sensibilmente in pochi giorni, proprio grazie alla sospensione dei voli? Durante la serata, riceviamo una telefonata inaspettata da un numero islandese. Una donna parla in modo incomprensibile, ridendo, e chiude la comunicazione quasi subito. Dopo un attimo di disorientamento, capiamo che devono per forza essere i gestori del
222

rifugio di Porsmork, che ci chiamano per sapere se va tutto bene. Sentendoci rispondere tranquillamente, avranno pensato che tutto a posto. In effetti, questo il giorno in cui saremmo dovuti arrivare l, dunque non c altra spiegazione. Nessun altro islandese ha il nostro numero di cellulare. Una comitiva poco altruista Lindomani il tempo splendido. Il cielo solo in minima parte sporcato da cumuli bianchi, mentre per il resto mostra tutto il suo bel colore azzurro. Un vero peccato che non siamo capitati a Vik in un giorno simile, ma tutto sommato anche la visita di Skgar non stata affatto minoritaria. Oggi non riusciremo a visitare degnamente Vik, a meno che non escogitiamo un piccolo espediente. Se aspettassimo lautobus come da programma, avremmo mezzora di sosta nel paese, assolutamente insufficiente per vederlo bene. Ma se ci portassimo avanti e tentassimo nuovamente lautostop, potremmo raggiungere Vik con diverse ore di anticipo, visitarla con calma e poi prendere lautobus proprio da l. Animati da buone speranze, ci armiamo di zaini e cominciamo a percorrere la strada che dal paese porta alla Ring Road. Oggi il tempo perfetto e potremmo addirittura riuscire a far impietosire qualcuno. Purtroppo, la strada talmente lontana da scoraggiarci a proseguire: percorrendola con lautobus sembra una traversa di poche centinaia di metri, ma in realt la strada principale lontanissima dal paese. Arrivati a met, decidiamo di lasciar perdere. Se anche arrivassimo alla strada, e per disgrazia non si fermasse nessuno entro pochi minuti, avremmo a malapena il tempo di tornare al piazzale di Skgar per prendere lautobus. Torniamo dunque indietro e ci rassegniamo nuovamente a prendere lennesimo autobus. Come autostoppisti facciamo decisamente pena. Molte persone ci fanno compagnia ad aspettare il bus. La cosa preoccupante per lappunto il loro numero elevato. Non ci preoccuperemmo troppo se non fosse presente anche una comitiva di ben ventisette ragazzi francesi, probabilmente una scolaresca in gita. Essendo cos numerosi, creano automaticamente un problema. Quando arriver, lautobus sar gi piuttosto carico di persone, in quanto parte da lontano, e se hanno intenzione di salire tutti con noi temo che qualcuno rimarr a terra. E quel qualcuno potremmo
223

essere noi. Confidiamo per che abbiano avuto laccortezza di prenotarsi un autobus privato. I bus islandesi, infatti, contano circa quaranta posti a sedere, e loro ne riempirebbero da soli i tre quarti. Diversi autobus di altre compagnie turistiche continuano ad andare e venire da Skgar, ma nessuno si ferma per far salire la comitiva. Lautobus in forte ritardo e anche loro se ne lamentano, facendoci preoccupare ancora di pi. Le probabilit che debbano salire proprio sul nostro bus stanno aumentando. A peggiorare le cose ci pensa lanimatore del gruppo, il quale, armato di cappellino vietnamita e minuscola chitarrina a tre corde, si diverte a strimpellare dei motivetti assurdi. Gi irritante stare qui ad aspettare, ci mancava anche lui. Tra una strimpellata e laltra, dopo ben mezzora di ritardo arriva finalmente il nostro autobus. Ecco la sorpresa: i francesi non hanno prenotato un bel niente ed ora lautista si trova nella difficile situazione di dover far salire almeno cinquanta persone sullautobus, tra noi e loro. Complimenti per la previdenza! Cerchiamo almeno di capire se possiamo salire subito oppure no, ma la confusione tanta e nessuno ci d retta. Lautista e il bigliettaio trafficano col telefonino per qualche minuto, e dopo pochissimo tempo arriva un altro autobus, del tutto identico al primo, chiamato appositamente per farci stare la comitiva di francesi. Padroni del mondo, proprio. Non si capisce come abbia fatto ad arrivare cos velocemente lautobus supplementare, dato che la fermata precedente ben lontana, ma forse si tenevano in contatto radio gi da prima, o chiss cosaltro. Anche adesso che sono arrivati i rinforzi, tuttavia, non sappiamo nemmeno dove dobbiamo salire. Chiedendo un po a tutti, capiamo che dobbiamo prendere posto sul secondo autobus, ma c anche il problema di dove mettere lo zaino. I vani, infatti, sono divisi per destinazione. Forse ci serve ad evitare che qualcuno tenti di rubare dei bagagli, come effettivamente mi successe lanno scorso in Francia, poich il vano era comune. Allultimo minuto capiamo dove dobbiamo metterli, cio in un vano microscopico che ha giusto lo spazio per accogliere i nostri due. Finalmente riusciamo a salire, ma che fatica! Come se non bastasse, siamo pure seduti in due punti opposti dellautobus, in mezzo ai membri della comitiva. Presumibilmente, questi ventisette marmocchi dallet media di quindici anni dovranno percorrere una strada molto lunga, dato che un autobus venuto apposta per
224

prelevare loro. Invece no: scendono tutti a Vik. Tutto questo disastro per fare dieci chilometri di strada. Meglio non fare troppi commenti. Ovviamente non vediamo nulla di Vik, a parte i suoi faraglioni ora del tutto sgombri da nebbia: compriamo solo due hot dog per calmare la fame, ritornando sullautobus appena possibile e stravaccandosi finalmente su due posti affiancati. Questa citt per noi tab. La nostra tappa finale Hfn, ma non lunica che ci aspetta lungo la strada. Lattrattiva principale del percorso la laguna glaciale di Jkulsrln, un grosso lago pullulante di iceberg che si staccano dal Vatnajkull. Questultimo il ghiacciaio pi grande della nazione, ed uno dei maggiori al mondo, escludendo quelli polari e groenlandesi. Siamo arrivati sufficientemente ad est lungo la Ring Road, e cominciamo ora a vedere i primi sprazzi di questo gigante di ghiaccio. Dopo aver attraversato altri campi di lava che costeggiano a breve distanza il mare, alcune lingue di ghiaccio dalla forma sinuosa iniziano ad apparire sulle pendici delle colline. Queste colate dacqua solida sembrano voler proseguire nella loro corsa, come fossero valanghe, ma sono intrappolate da s stesse. incredibile: siamo passati da spiagge e colline verdi direttamente ad un ghiacciaio, e non uno qualunque, ma uno veramente enorme. Ha la stessa estensione dellUmbria. La strada si avvicina sempre di pi al ghiaccio, a tratti quasi costeggiandolo. Lautista guida senza quasi alzare lo sguardo dalla linea di mezzeria della strada, abituato a percorrerla tutti i giorni, ma noi non possiamo fare a meno di ipnotizzarci osservando il ghiacciaio prendere una forma differente ad ogni curva. Ci distrae solo qualche pecora impavida, che attraversa di corsa la strada proprio nel momento in cui sta arrivando lautobus, costringendo il conducente a rallentare bruscamente per non investirla. Queste intrusioni non sono rare sulle strade islandesi: gli animali sono lasciati liberi per intere stagioni e non esistono guard rail ai margini. Un altro elemento che suggerisce la primordialit dellIslanda, quando luomo ancora non esisteva, e gli animali erano i veri padroni del globo. Ad un certo punto ci troviamo a percorrere un tratto completamente diritto e pianeggiante, a velocit sostenuta, e ormai lorizzonte riempito quasi completamente da una striscia di ghiaccio. Mi piacerebbe che il pullman tirasse dritto fino a salirci sopra e superare il crinale, per vedere cosa c dallaltra partecertamente
225

unimmensa distesa di altro ghiaccio, intervallata da poche montagnette rocciose. Ma solo le jeep superattrezzate e le motoslitte sono in grado di avventurarsi nel cuore del Vatnajkull. Se penso che sotto questacqua gelata dimorano le montagne pi alte e i vulcani pi terribili dIslanda, provo quasi un timore reverenziale nellavvicinarmici. In qualsiasi momento potrebbe aver luogo unesplosione spettacolare, che fonderebbe fuoco e ghiaccio in un tuttuno e ci regalerebbe qualche attimo di beatitudine, prima di essere spazzati via dalla micidiale Jokulhaups che ne seguirebbe. Nessuno sopravvivrebbe alla mistura di lava e ghiaccio istantaneamente vaporizzato, che assieme creerebbero una colata esplosiva e devastante. Laguna glaciale Ormai siamo vicini a Jkulsrln, ma la laguna non ancora visibile. Siamo entrambi in trepidazione, sapendo che cos prossima ad apparire. Continuiamo a tenere gli occhi fissi sul ghiacciaio, alla nostra sinistra, ma ancora niente. Saranno iceberg che vagano liberamente in mare, oppure in un bacino chiuso? Quanti saranno, e quali saranno le loro dimensioni? Lottimismo comunque alle stelle, dato che il tempo splendido e qualunque cosa vedremo sar nel pieno del suo splendore. Ed ecco che allimprovviso appaiono i primi scorci della laguna. Non mi capita spesso, ma nel momento in cui realizzo che la laguna quella, la mandibola mi cade a peso morto e rimango letteralmente a bocca aperta. Quando finalmente lautobus si ferma per venti minuti al parcheggio di Jkulsrln, la visuale che si apre incredibile. Sullo sfondo c lenorme Vatnajkull, il cui ghiaccio frammisto a nuvole arricciolate, che si fondono con esso creando forme strabilianti. Poi inizia lacqua, popolata da un numero enorme di lastroni e statue di ghiaccio, che si staccano incessantemente dal gigantesco ghiacciaio e vanno alla deriva in questo specchio di acque pure e cristalline. Gli iceberg hanno dei riflessi azzurri spettacolari, rinforzati dalla luce del sole. Come ciliegina sulla torta, centinaia se non migliaia di uccelli cantano e volano da un iceberg allaltro, senza tregua. A volte, qualche pezzo di ghiaccio si rovescia e si stacca, precipitando in acqua con un tonfo e spaventando i gabbiani, che scappano di gran carriera. Ma a parte questo, lacqua perfettamente calma ed
226

immobile. In preda allesaltazione pi pura, non facciamo che balbettare frasi sconnesse, del tipo Che meraviglia o Che posto. Scattiamo fotografie e giriamo dei video in modo compulsivo, aumentando il pi possibile la risoluzione della macchina fotografica per cercare di portare a casa dei ricordi meravigliosi di questi pochi minuti. Scendendo dalle basse collinette terrose che circondano la laguna ed arrivando fin sui bordi del lago, la temperatura scende notevolmente: il vento che spira dal Vatnajkull porta con s le gelate molecole degli iceberg. Negli ultimi minuti percorriamo il bordo della laguna, evitando di toccare lacqua gelida, ed assistiamo perfino alla scena di quattro bambinetti biondi che fanno pip tutti e quattro insieme nellacqua. Fossi loro padre non mancherei di tirargli le orecchie. quasi un delitto lordare questa meraviglia, anche in minima parte. Mi piacerebbe starmene qui ad osservare gli iceberg, dando un senso ed una connotazione a tutti questi speroni di ghiaccio apparentemente informi, ma il tempo ancora una volta tiranno. Lautobus deve ripartire e nelle vicinanze non ci sono punti di ristoro n tantomeno sistemazioni per dormire, cos siamo costretti ad andarcene. Risaliamo dunque ai nostri posti, ma per minuti e minuti non facciamo che tenere la testa girata in direzione della laguna, ancora ben visibile, finch non sparisce del tutto dalla nostra vista. Penso che passer molto tempo prima di rivedere un altro luogo che la superi in bellezza. E pensare che fino a venti minuti fa non sapevo nemmeno cosa fosse questa laguna glaciale, ed ora ho arricchito la mia memoria con unesperienza fantastica. Sono la stessa persona di poco fa, ma sono anche diverso. Questo il vero senso del viaggiare, il suo significato pi nascosto ed importante. Dopo qualche altra ora giungiamo ad Hfn, luogo privo di attrattiva ma tappa indispensabile per chi si sposta in autobus. Chiunque non abbia un mezzo di trasporto proprio, infatti, costretto a pernottare in questa piccola e insignificante cittadina, poich non ci sono altri modi per proseguire prima della mattina successiva. Alloggiamo in un simpatico bungalow di legno, molto accogliente e ricco di accessori, ma privo di servizi igienici. Fuori dalla finestra vediamo perfino alcuni abeti, sempre bassi ma perlomeno in piedi. Ci mancano gli onnipresenti alberi italiani. Tentiamo di farci un giro per il paese, ma non c proprio nulla di interessante. Le case sono spesso scrostate, poco appariscenti. Lunica parvenza di vivacit la
227

marmaglia di alieni di cartapesta che un eccentrico abitante tiene nel suo cortile, ma per il resto sembra quasi un paese fantasma. Oltretutto una cittadina portuale, quindi ricca di capannoni e strutture orrende, sporche e maleodoranti. Meglio invertire la rotta e tornarcene a dormire presto. Myvatn Oggi viriamo verso nord est, in direzione del grande lago Myvatn. Attorno ad esso sorgono due paesini molto piccoli, e uno di questi, Reykjahlid, la nostra prossima destinazione. Il paese dominato dai moscerini, creaturine parecchio irritanti. Attratti dallanidride carbonica espirata, sono presenti ovunque attorno al lago e cercano come dei kamikaze di infilarsi in occhi, orecchie, naso e bocca. Non c un modo per liberarsene, bisogna solo ignorarli e tenere la bocca chiusa. Fortunatamente, non sembra che mordano. Se fossero cos pericolosi, vedremmo gente in giro sempre con la zanzariera da testa, ma non la porta praticamente nessuno. Abbiamo prenotato una camerata, che si trova come previsto da tuttaltra parte rispetto alla stazione degli autobus. Per raggiungerla passiamo in mezzo a un campo di pietre spaccate a met, le quali a volte protrudono dal terreno come per imitare le faglie oceaniche. Non difficile che questi enormi lastroni di roccia divisi a met siano stati modellati da qualche terremoto. Una volta superati, con qualche difficolt, scopriamo che cera una strada dalla parte opposta, che ci avrebbe permesso di arrivare nello stesso punto senza alcuna fatica. Pazienza, sbagliando si impara. La nostra camerata ospitata in un edificio simile ad un container per terremotati. Tuttavia, nonostante abbia cinque posti letto, vuota. La cosa strana che rimarremo a Reykjahlid per tre giorni, e che al momento della prenotazione ci hanno detto che avevano posto per noi solo per le prime due notti. Alla terza dovremo smammare. Com possibile, se ora praticamente tutto lostello vuoto? Non si sente volare una mosca. Probabilmente il terzo giorno arriver una comitiva di cento persone che lo occuper da cima a fondo, non c altra spiegazione. In ogni caso, per la terza notte dovremo cambiare sistemazione. Ogni anno proviamo ad evitare questa noiosa necessit, ma non c modo di sfuggire, capita almeno una volta per viaggio. Passiamo la

228

giornata a riposarci, poich siamo arrivati piuttosto tardi e i prossimi giorni ci aspettano due escursioni molto impegnative. Askja Oggi il turno di un piatto forte: lescursione guidata di dodici ore al cratere dellAskja. Con un autobus molto robusto, alto almeno cinquanta centimetri da terra e dalle gomme ben larghe e scolpite, affronteremo gli impervi percorsi dellIslanda interna, per addentrarci nella caldera di questo vulcano ancora attivo, ma momentaneamente quiescente. Linterno dellIslanda quanto di pi selvaggio e desolato si possa immaginare: non vi cresce quasi nulla, gli insediamenti umani sono praticamente assenti, le poche piste esistenti sono accidentate e distruttive per un veicolo non ben attrezzato. LIslanda interna veniva usata anticamente come rifugio dai criminali perseguiti dalla legge, i quali, sapendo che ben pochi avrebbero osato seguirli in quel territorio cos inospitale, vi trovavano la salvezza. Ma una salvezza che costava molto cara: non cerano servizi, n animali da cacciare, n ripari dove dormire. Molte leggende circolano sulle zone pi interne dellIslanda, ed ora che stiamo per partire verso di esse, in questa giornata di sole, sappiamo gi che andremo a vedere qualcosa di veramente unico. Per fare un esempio, alcune di queste zone sono state utilizzate per le esercitazioni degli astronauti dellApollo. Prima di partire per la vera Luna, infatti, bisognava testare la strumentazione in un ambiente quanto pi simile possibile a quello del nostro satellite, e la scena caduta proprio sullentroterra islandese. Al ritorno, gli astronauti hanno dichiarato che non hanno notato grandi differenze tra qui e la Luna. Viaggiare nello spazio un privilegio di pochissimi fortunati, ma tutti possono avere la possibilit di camminare sulla Luna. Basta recarsi in Islanda. Lautobus procede abbastanza speditamente, considerando le condizioni della strada. A volte dobbiamo superare dei fiumi, ma linarrestabile mezzo non si fa intimorire da nulla. C da dire, per, che qualche anno fa un autobus turistico stato sorpreso da una corrente troppo forte ed stato trascinato via da uno di questi fiumi. Non si mai certi di essere al sicuro in un luogo come questo, dunque meglio tenere sempre gli occhi ben aperti e non dare troppe cose per scontate. C sempre la possibilit di un guasto
229

meccanico o di un incidente, anche se i soldi che abbiamo pagato per lescursione sono cos tanti che sicuramente c inclusa anche una mostruosa assicurazione per ogni eventualit. Nella maggior parte delle zone che attraversiamo crescono solo alcuni licheni, raramente qualche filo derba, ancora pi raramente qualche tenace mazzo di fiori, che si abbarbica disperatamente alle poche zolle di terra fertile che trova. Ad un certo punto, notiamo sulla sinistra uno spiazzo completamente pianeggiante e punteggiato da tanti piccoli sassi verniciati di rosso vivo, posti ad intervalli regolari luno dallaltro. Si tratta di un aeroporto d'emergenza. Non so se potrebbe atterrarci un Jumbo, ma di sicuro lo spazio non manca, siamo circondati dal nulla. La nostra biondissima guida si dilunga a spiegarci, con voce grave e penetrante, le differenze di composizione della lava che attraversiamo. La prima pi densa, la seconda meno, la prima si formata pi anticamente, la seconda pi recentee cos via. Ma non mancano anche informazioni pi divertenti, come le numerose leggende che circolano su questo terribile luogo. Ora che siamo arrivati ad un piccolo rifugio, lautobus si ferma e la ragazza ha modo di illustrarci una di queste storie. Ci conduce, infatti, lungo un breve percorso attraverso le rocce, ad un certo punto del quale si trova un singolare alloggio. Questo minuscolo e seminascosto buco nel terreno, circondato da un rudimentale parapetto di sassi, stato la dimora di un noto brigante islandese, che ci ha vissuto per anni nascondendosi dalla giustizia. Per difendersi dal freddo durante linverno, copriva lantro con la pelle di un cavallo scuoiato. Il brigante, inoltre, non era certo uno stupido: ha costruito il suo rifugio, chiamiamolo cos, proprio nel punto in cui scorre un piccolo ruscello. Una volta chiuso dentro, da un angolo del suo loculo poteva bere tutta lacqua che voleva. Per il resto si nutriva di radici, piante e quello che riusciva a trovare. Sopravvivere in queste condizioni non era certo facile. Per questo motivo, i briganti che scappavano nellentroterra e sopravvivevano venivano considerati demoni o stregoni. Io che dinverno ho freddo anche in casa mia, quanto sarei durato al posto loro? Quasi quasi, avrei preferito consegnarmi allascia della giustizia. Dopo una breve sosta, appena sufficiente per mettere qualcosa nello stomaco, lautobus ci accoglie nuovamente. Ogni volta che risaliamo, la guida ci conta sistematicamente uno per uno, raccontando un simpatico aneddoto che ci fa capire come mai la conta sia tanto importante.
230

Anni fa, un turista dimentic la moglie a terra in una delle fermate, e se ne accorse solo dopo parecchi chilometri. Dovettero tornare indietro a prenderla. Per evitare che succeda di nuovo, adesso c lobbligo di contare i passeggeri ad ogni sosta. Dopo aver appurato che ci siamo tutti, ci prepariamo a percorrere un campo di lava di ben cinquemila chilometri quadrati, un vero incubo per gomme e sospensioni nonch per i passeggeri, che subiscono forti vibrazioni e traballamenti. Ma ne vale sicuramente la pena. Davanti a noi c la montagna pi cara agli islandesi, un ammasso roccioso a forma di panettone. Lentamente, le poche nuvole riunite sulla sua cima iniziano a diradarsi. Il cielo ormai definitivamente sgombro e la probabilit di precipitazioni appare davvero infima. La strada che si inoltra nelle zone pi inospitali dIslanda tortuosa allestremo, molto stretta e ben poco levigata, ma lautobus la percorre sempre senza esitazioni. Queste piste erano usate anche in passato come scorciatoia dagli abitanti islandesi, come ad esempio quella che collega Akureyri, nel nord dellisola, alla capitale Reykjavk. Alcune di queste vie sono utilizzate anche oggi da alcuni temerari viaggiatori, che vi si avventurano in automobile, ma anche in bicicletta o perfino a piedi. A parte le enormi difficolt, sicuramente questi itinerari donano molte soddisfazioni se percorsi senza un mezzo a motore. In lontananza sono visibili perfino le pendici pi settentrionali del Vatnajkull: due montagne di ghiaccio abbastanza alte sullorizzonte, unica variazione cromatica del grigiastro che ci circonda a 360. Luna Proprio in uno dei punti in cui il Vatnajkull meglio visibile, dobbiamo scendere e proseguire per un breve tratto a piedi, ricongiungendoci con lautobus solo qualche centinaio di metri pi avanti. La guida ci invita a fare ci per permetterci di vedere quanto un fiume pu diventare impetuoso. La piccola ed innocua cascatina che abbiamo visto fugacemente nelle primissime parti dellescursione era soltanto il punto di arrivo di quest'impetuoso torrente, che ora vediamo scorrere con tutta la sua forza. La corrente estremamente veloce. Nonostante siamo in mezzo al niente, non accenna mai a diminuire. Sembra proprio che questacqua abbia una gran fretta di andarsene da queste zone
231

desolate. Attorno al fiume ci sono soltanto rocce: i fili derba che crescono nelle vicinanze si possono contare sulle dita di una mano. Raggiungiamo lautobus in pochi minuti e vi risaliamo subito, pronti a ripartire. Il nostro punto di riferimento sempre quella scatola di metallo verniciata di bianco e rosso, che in questo momento per noi rappresenta tutto. Pi di una casa. La regina delle montagne islandesi, usando una metafora, ora nuda: non c nemmeno un brandello di nubi a coprirla. Eppure non si vergogna di mostrarsi, enorme e ben panciuta com. C perfino un sentiero per salirvi in cima, percorribile in tre ore, anche se trovo difficile che un simile mostro di roccia si possa scalare in cos poco tempo. Giunti in un altro punto particolarmente spoglio, dove non cresce nemmeno un lichene, la guida ferma lautobus e ci invita a scendere, affermando che ora possiamo goderci la nostra passeggiata sulla Luna. proprio questo il luogo delle esercitazioni lunari, infatti. Il paesaggio non lascia dubbi: sembra veramente di non essere pi sulla Terra. Luoghi come questo sono ignorati da quasi tutto il mondo, di giorno e di notte. Nessuno, a casa propria, si ricorda dellesistenza di questi suoli ultraterreni. Essi rimangono dimenticati finch non li si raggiunge con unescursione, come noi stiamo facendo oggi, e solo allora ci si rende conto di quanto vasto il globo e quanto terribile pu essere la natura. Solo il colore del cielo, che di un azzurro intensissimo, tradisce la natura terrestre di questa sconfinata distesa di sabbia e pietre: di notte, con un cielo completamente nero e punteggiato da miriadi di stelle brillantissime, qui ci si deve sentire proprio sulla Luna. Ma chi mai avr il coraggio di transitare qui di notte? Caldera Dopo la passeggiata lunare (senza tute da astronauta), riprendiamo la strada verso un complesso di rifugi di legno, ai piedi dellAskja. Da qui si imbocca unaltra stradina per un quarto dora, poi si scende e si comincia a camminare. Ora indispensabile dire due parole sulla natura di questo luogo: lAskja infatti un vulcano tremendo, che ha eruttato molte volte nella sua storia, spesso in modo catastrofico. Tecnicamente, lAskja uno stratovulcano, che ha eruttato per lultima volta nel 1961. Ma la pi tremenda fu leruzione del 1875, che sollev in aria ben due chilometri cubici e
232

mezzo di lava nel giro di poche ore. Lenorme camera magmatica, completamente svuotata, lasci ledificio vulcanico praticamente senza pi sostegno. Il tetto dellex camera magmatica quindi croll, generando un immenso cratere che oggi ampio ben cinquanta chilometri quadrati. Lequivalente di un quadrato di sette chilometri di lato. Le montagne che ora possiamo vedere in lontananza, camminando in mezzo a questimpressionante cratere, sono i bordi del medesimo, e superano i mille metri di altezza sopra il livello del mare. Il terreno uniforme, punteggiato da pochi sassi e in gran parte coperto di cenere. Alcuni ben visibili paletti conducono in mezzora fino al grande lago skjuvatn, il pi profondo di tutta lIslanda, situato nel mezzo del cratere. Questo seriamente uno dei luoghi pi belli, terribili ed inospitali del pianeta. Superato un leggero crinale, appare improvvisamente quest'enorme massa dacqua gelida, circondata da muraglie montagnose e ricca di riflessi creati da un sole potentissimo. Lacqua perfettamente calma, nonostante il fortissimo vento che soffia e spazza i bordi di questo gigantesca voragine. Un palco talmente grande che non si riesce nemmeno a vedere la commedia. Inferno In preda allestasi contemplativa, ci avviciniamo al lago e scopriamo nelle immediate vicinanze il cratere Viti, separato dal suo fratello maggiore tramite una parete rocciosa. Questo piccolo laghetto, che al contrario dellskjuvatn ha una temperatura media di circa trenta gradi, una sorgente termale naturale dalle acque biancastre e opache, per via dellenorme quantit di zolfo e sali minerali che v' disciolta. La parola Viti, in islandese, significa Inferno: in effetti, il laghetto si raggiunge solo tramite un sentiero molto ripido, ed potenzialmente pericoloso, vista linstabilit del sito vulcanico e le continue frane che si staccano dalle sue pareti, quasi verticali. La nostra guida ci ha ammonito, prima di lasciarci liberi di esplorarlo, che farci il bagno possibile, ma a nostro completo rischio e pericolo. Io non amo lacqua e preferisco non entrare, ma Davide non pu resistere e si mette subito in costume, entrando in acqua insieme ad alcuni ragazzi spagnoli che invece entrano nudi, come vuole la tradizione. Anche se lacqua ha un colore azzurrino apparentemente celestiale, il fondo molto fangoso e quando una
233

persona vi entra crea attorno a s un costante alone marrone, che potrebbe dare luogo ad equivoci. davvero incredibile la presenza di questo piccolo specchio dacqua caldo a fianco di un mostro gelido come lskjuvatn, nelle cui acque molto tempo fa annegarono due geologi tedeschi, i quali tentarono imprudentemente di percorrerlo da parte a parte con una barchetta leggera. Dei due uomini non si sono pi trovate le tracce, e ora solo un cumulo di pietre li commemora. Scendere fino alle rive del grande lago impossibile: le pareti sono ripide, non vi sono sentieri n spazi, le frane sono molto frequenti. Si pu invece camminare lungo i crinali delle montagne che lo circondano, ma una passeggiata che richiede almeno otto ore, e noi ne abbiamo a disposizione solo due. Quando Davide si stanca di sguazzare nelle torbide acque dellinferno, esce per asciugarsi e si ritrova coperto di zolfo dalla testa ai piedi. Per molto tempo, lirritante odore sulfureo lo seguir ovunque egli vada. La salvietta che usa per asciugarsi ora conciata da buttare via: completamente ingiallita, risulter impossibile da lavare. Ma questo un problema di poco conto ora. Risaliamo dallo stretto sentiero per avvicinarci maggiormente al lago skjuvatn e fotografarlo meglio. Le montagne che lo attorniano assumono forme bizzarre: in alcune sono chiaramente visibili dei vecchi crateri ormai completamente compattati, mentre in alcuni punti sopravvivono ancora alcune grosse lingue di ghiaccio, nonostante il sole cocente. Lacqua ha un aspetto invitante, cos pura e cristallina, ma nasconde pericoli mortali. Per questo cos affascinante. A rendere il luogo cos incredibile anche lassenza totale di qualsiasi forma di vita, a parte i turisti che ci camminano sopra. Niente cresce su questo suolo arido e pietroso. Miracolosamente, nonostante il tempo qui vari molto in fretta, il cielo continua a rimanere sgombro da qualsiasi nube. Sembra che una forza invisibile le tenga lontane, per permetterci di godere al meglio di questa splendida giornata. Entrambi ci aspettavamo uno spettacolo particolare, ma nessuno pensava che sarebbe stato cos estremo. Prima di tutto c da chiedersi come abbia potuto formarsi un luogo simile: la camera magmatica doveva essere enorme, il crollo devastante, leruzione terrificante. Un evento catastrofico dalla portata tale che non riusciamo nemmeno ad immaginarlo.
234

Musica delle sfere Ripercorriamo la strada a ritroso, con il sole alle spalle che non abbaglia pi, e la vista della muraglia montuosa che spazia lungo tutto il campo visivo. A completare il quadro, gi magnificente di per s, ci pensano i russi Ea, gruppo musicale totalmente avvolto nel mistero, e che scelgo per accompagnarmi nel ritorno allautobus. Nessuno conosce i nomi dei componenti, i libretti degli album sono vuoti, gli incomprensibili testi sono scritti in unantica lingua morta, ricreata sulla base di ricerche archeologiche. Parla solo la musica, che epica, enorme, maestosa. Il rumore del vento introduce la prima composizione, confondendosi con il vento vero che soffia lungo la caldera. Si aggiunge poi un pianoforte che suona note basse e marziali, accompagnato dai celestiali violoncelli e da potentissime pennate di chitarra che paiono riempire lintera caldera con la potenza del loro suono riverberante. Le parti di batteria, lente eppure intricate, simulano i botti di uneruzione vulcanica; la solennit di un organo ecclesiale fa quasi tremare il terreno. Sembra che la musica provenga direttamente dal cielo, non pi dalle cuffie. Pi volte mi sono trovato a conciliare la musica con paesaggi che si sposavano perfettamente con essa, ma non avevo mai trovato unassociazione cos perfetta, per giunta in un luogo cos unico. Cammino lentamente per riuscire a terminare lalbum, che suona le sue ultime prolungate note d'organo proprio nel momento in cui salgo nuovamente sullautobus. Ritorniamo dunque al campo base poco distante, dove ci concessa una mezzora per mangiare un panino, circondati da nullaltro che spoglie distese di niente. Nel momento in cui mi reco al bagno, mi accorgo di un particolare divertente. La toilette gratuita, ma un grosso cartello posto proprio davanti alla tazza recita Com arrivata qua questa toilette? E questa morbida carta? Non dimenticarti di lasciare unofferta. Dovrei lasciare quattrocento corone, ma non ho cos tante monetine, e le banconote che ho sono da mille. Lascio comunque tutte le monetine che ho nel portafogli. Forse non raggiungo nemmeno le duecento corone, ma pur sempre meglio di niente. Inoltre, sono riuscito finalmente a svuotare il mio straripante portamonete. Come fare del bene a s e contemporaneamente anche agli altri. In effetti, mandare avanti un rifugio cos isolato deve essere particolarmente costoso. Anche se
235

ho utilizzato solo un singolo quadratino di carta igienica, giusto pagarlo. Acqua ammutinata Mentre aspettiamo di ripartire, facciamo amicizia con una coppia di coniugi italiani. Come tutti i viaggiatori che si avventurano qui, anche loro parlano di questisola in modo entusiastico e reverenziale. Loro per sono pi attrezzati di noi: si possono permettere di esplorare lIslanda in automobile (nello specifico, un vaporoso fuoristrada fucsia). Per visitare lAskja, tuttavia, hanno saggiamente scelto lautobus. Stanno percorrendo lisola nel verso opposto al nostro, cosicch ognuno pu dare informazioni utili allaltro, in quanto ha visto tutte le zone che mancano da vedere allaltro. Purtroppo i loro consigli si rivelano difficilmente attuabili per chi non ha un mezzo privato con il quale spostarsi, ma li ringraziamo comunque della chiacchierata, e una volta risaliti sul pullman ci perdiamo di vista, essendo seduti lontani. La simpatica guida afferma che per unoretta non parler pi al microfono, poich sa per esperienza che questa lora della siesta. Fa in effetti molto caldo, siamo stanchi e il sole che batte esattamente sul mio finestrino mi fa quasi addormentare. La strada del ritorno una tortura, tra il caldo infernale e la spossatezza, ma la fervida immagine del meraviglioso Askja sufficiente a spazzare via le sensazioni negative e a ricordarmi che quello che sto pagando ora solo un piccolissimo prezzo, in confronto a quello che la giornata oggi mi ha offerto. Nelle ultime ore di viaggio, la guida si risveglia e ci spiega un po di leggende sugli spiriti islandesi, tra elfi, troll e popoli nascosti, fino ad arrivare ad unesauriente spiegazione sul sistema dei nomi in Islanda. Questo infatti lultimo paese europeo che utilizza ancora il patronimico, come fanno i russi. Tutti gli islandesi si chiamano direttamente per nome, il cognome non esiste. Perfino lultimo dei facchini pu rivolgersi al primo ministro chiamandolo per nome, senza suscitare alcun imbarazzo. Magari fosse cos anche da noi, dove basta nominare il cognome del politico sbagliato per essere automaticamente accusati di diffamazione. Smetto di ascoltare la guida nel momento in cui vedo alla mia destra uno spettacolo davvero curioso. Un fiume molto ampio pare
236

dividersi a met lungo una linea immaginaria. Al di qua della linea lacqua ferma, mentre al di l in movimento. Non c niente in mezzo che divida il fiume, e probabilmente questo singolare fenomeno dovuto alla presenza di zone fangose non visibili. Fantastico! Dopo essere stati via per le dodici ore previste, rientriamo infine a Reykjahlid. Il tempo ancora ottimo, anche se leggermente pi nuvoloso. Probabilmente pagheremo in seguito lo scotto di questa giornata splendida. Considerando per che stiamo vivendo qui e adesso, non possiamo che ringraziare la natura ancora una volta. Qualcuno afferma che la caldera dellAskja affascinante con qualunque condizione climatica, ma avendola vista al sole sono ben convinto che sia molto meglio cos che con la pioggia. Torniamo in ostello con la sola forza di volont, poich il corpo ormai non molto collaborante. Inizialmente pensiamo di puntare la sveglia a met notte per cercare di vedere unaurora boreale, data la giornata adatta, ma in tarda sera guardiamo fuori dalla finestra e vediamo dense nubi a perdita docchio. Meglio rinunciare. Dimmuborgir Una lunga dormita ci rimette in sesto, ed lultima che passiamo nel container terremotati. Se non altro smetteremo di dormire dentro il sacco a pelo, caldo ma scomodo, dato che per risparmiare abbiamo scelto dei letti senza lenzuola. Ora dobbiamo cambiare posto e stabilirci in una guesthouse, posta esattamente dallaltra parte del paese, ma vicinissima alla stazione degli autobus. Il problema che la reception apre con notevole ritardo, costringendoci a perdere ore preziose per depositarvi i bagagli. Ma non abbiamo altra scelta, oggi ci aspetta una lunga escursione a piedi e non possiamo certo portarceli dietro. Dopo qualche ora di attesa, in piedi ed esposti ad un vento piuttosto freddo, finalmente qualcuno ci apre e possiamo mollare gli zaini nel deposito, liberi di cominciare la camminata. Oggi tocca alla formazione lavica del Dimmuborgir. Questo nome ha significato molto per me, negli ultimi dieci anni di vita: una delle mie band musicali preferite ha preso il nome proprio da questo complesso di sculture e edifici lavici, posto a breve distanza da Reykjahlid. Per raggiungerla ci inoltriamo in qualche boschetto di cespugli e alberi nani, situato come un'isola felice in mezzo ad un
237

campo roccioso, per arrivare infine nei pressi di un altro vulcano, lHverfjall. Si tratta di un grosso cratere di tefrite, dal diametro di un chilometro e dalla tinta assolutamente monocromatica. Lungo il bordo del medesimo, passa il sentiero per il Dimmuborgir. Non ho mai sperimentato un vento cos forte come quello che c in cima a questa bocca vulcanica spenta. Fortunatamente le raffiche sono laterali, perch superano sicuramente i cento chilometri orari e sbilanciano non poco il passo. Se fosse vento contrario, probabilmente non riusciremmo ad avanzare o lo faremmo con molta difficolt. Per un attimo mi salta in mente di posizionarmi controvento e con la bocca aperta, per testare la forza del vento: devo richiuderla immediatamente, poich mi si riempie subito di polvere. Ci divertiamo per un po a calciare il terreno e ad osservare come il vento disperde violentemente la sabbia, creando nubi dalle varie forme, poi ridiscendiamo dal versante opposto lungo un sentiero a zig zag, chiuso tra paletti simili a quelli dei percorsi sciistici. Il sentiero talmente ripiegato su se stesso che dobbiamo invertire direzione almeno trenta volte, prima di arrivare ai piedi del monte, il tutto per fare solo poche centinaia di metri. Ora, davanti a noi si estende un campo punteggiato di eriche, muschio e arbusti, nel quale il sentiero si inoltra sinuosamente. Presto ci troviamo circondati dalla vegetazione, sempre molto bassa, ma finalmente non pi solo erbosa. Il sentiero molto suggestivo e d quasi un senso di protezione. Vi sono molte reti di cinta, superabili solo grazie ad alcune scalette. I fiori formano inoltre delle combinazioni di colore che non siamo pi abituati a vedere da almeno dieci giorni. Ed ecco che cominciano ad apparire le prime grotte e le prime sculture laviche: siamo finalmente arrivati nel cuore del Dimmuborgir. Molti sentieri ben segnalati, classificati in base alla durata e al grado di difficolt, si dipanano dal punto iniziale. Scegliamo di evitare lunico sentiero difficile, cos da goderci una piacevole scampagnata senza faticare eccessivamente. Oggi siamo un po pigri. Ma meglio fare cos, anche perch il cielo oggi completamente coperto da nubi, e anche se ora non piove potrebbe cominciare da un momento allaltro. Ovviamente, mentre cammino per i sentieri non posso esimermi dallaccendere il lettore e scegliere proprio i migliori brani dei Dimmu Borgir. Devo dire che si adattano perfettamente al luogo. I sei norvegesi non hanno scelto
238

questo nome a caso: esso evoca oscurit, potenza, durezza, unite per ad una vena poetica non indifferente. Pur interessanti che siano questi campi di lava, mi aspettavo un po pi di variet. I sentieri non portano in nessun posto particolare, e ci sono poche sculture e grotte interessanti da vedere. Colpisce invece la fragilit della lava: pur non essendo leggera come la pietra pomice, tende a disgregarsi e polverizzarsi con estrema facilit. Solo raccogliendo un sasso da terra, senza manipolarlo in alcun modo, ci si ritrova gi con le dita piene di polvere vulcanica. Lintero Dimmuborgir infatti una riserva naturale molto fragile e precaria, che stata sul punto di essere distrutta pi volte, e che oggi sopravvive solo agli sforzi di alcune associazioni che hanno lavorato duro per preservarla. Per via di questa precariet del materiale, bene non abbandonare mai i sentieri segnati: si rischia di sprofondare in un crepaccio senza nemmeno accorgersene. Percorrendo i diversi sentieri, non troviamo mai un punto in cui il paesaggio sia differente. Una visita interessante, ma piuttosto monotona. Nel momento in cui ci fermiamo per fare un breve spuntino, inizia a piovere. Dopo una decina di minuti per smette, quasi in contemporanea con la fine del pasto. Sembra che la pioggia abbia unintelligenza diabolica. Inoltre, per poco non ci sfugge un sacchetto di plastica, che rischia di volare via per una raffica di vento. Ci affanniamo precipitosamente per recuperarlo, e ci riusciamo in extremis. Sporcare la natura un qualcosa che provoca sempre disagio, almeno in chi ha una coscienza ecologica, ma sporcare la natura islandese molto peggio. Dopo lo spuntino, ora di incamminarci per tornare a Reykjahlid, poich dobbiamo tornare indietro a piedi lungo un bel tratto di Ring Road e ci metteremo almeno un paio dore. Il ritorno, lungo questa lunghissima lingua asfaltata sempre uguale a s stessa, allo stesso tempo bucolico e snervante, rilassante e distruttivo. Bucolico perch si attraversano zone agricole a due passi dal lago Myvatn, tutti paesini quasi identici tra loro che ospitano enormi fattorie e campi con centinaia di balle di fieno impermeabilizzate. Snervante per via dei moscerini, poich gli sciami sono veramente fastidiosi e non c alcun modo di liberarsene, a meno di smettere di respirare. Rilassante, perch percorrere questa strada deserta con la musica nelle orecchie unesperienza che si vorrebbe non finisse mai. Distruttiva, perch sono ormai molti giorni che maciniamo
239

chilometri a piedi e ormai iniziano a far male le gambe e a formarsi le vesciche sugli alluci. Tuttavia, questo il minore dei problemi. Non tentiamo nemmeno lautostop, nonostante stavolta non siamo muniti di borse enormi e bagnate: mille volte pi interessante camminare, piuttosto che arrivare in paese dopo pochi minuti e senza fatica. Quando ormai siamo prossimi a Reykjahlid, incontriamo una ragazza che abbiamo gi visto pi volte lungo il nostro itinerario. La prima volta lavevamo incrociata sul trekking del Landmannalaugar, ma era apparsa anche a Vik. Non siamo sicuri della sua nazionalit, ma probabilmente francese. LIslanda pullula di francesi in un modo incredibile. Questa inarrestabile giovanotta sta percorrendo la strada in senso opposto al nostro, con ben due zaini sulle spalle, uno dietro e uno davanti. Sono enormi e sicuramente pesantissimi. Deve avere un bel coraggio ad andare in giro da sola, cos carica. Inoltre il paese successivo lontanissimo, come abbiamo avuto modo di vedere. Che energia! Si merita tutti i nostri complimenti. Prendi due, paghi uno e mezzo Dopo le previste due ore, raggiungiamo il nostro nuovo alloggio. Non siamo ancora entrati fisicamente in camera, ma sappiamo che ci aspetta una sistemazione piuttosto scomoda. A causa di una penuria di stanze, infatti, abbiamo dovuto accontentarci di prenotare una camera singola. Tecnicamente non potremmo soggiornare in due in questa stanza, poich a livello di normative di sicurezza e regolamenti vari non ci pu stare pi di una persona, ma il personale ha gentilmente chiuso un occhio e ci ha prenotato ugualmente due posti. Per il prezzo, hanno fatto una media tra una singola e una doppia. Sono stati anche gentili, ma considerando che stamattina ci hanno fatto aspettare due ore al freddo senza alcun apparente motivo, prima di farci entrare a depositare i bagagli, hanno perso qualche punto. Lo riguadagnano per fornendoci un materasso da stendere a terra, per dormire pi comodi stanotte. Avremmo comunque i nostri, che abbiamo usato in campeggio, ma non c paragone con un materasso vero. Tra laltro, questa non sar lunica volta che dormiremo in una camera singola: anche domani, a Hsavk, ci aspetta una sistemazione analoga. Purtroppo, anche questanno ci siamo svegliati tardi a prenotare, sottovalutando
240

laffluenza turistica in un paese come lIslanda, e anche se siamo riusciti ad accaparrarci un posto per dormire in ogni citt, un po labbiamo dovuta pagare. La camera cos minuscola che a malapena riusciamo a sgombrare i letti dagli zaini, ma in qualche modo alla fine riusciamo a far stare tutto al proprio posto. Non c nemmeno pi il tavolino: labbiamo dovuto togliere per far stare il secondo letto. Io dormo sul letto vero, poich Davide si subito offerto di dormire per terra. Probabilmente, anzi sicuramente, lha fatto perch ha visto che oggi c un materasso comodo, e quindi gli conviene offrirsi adesso perch non sa se domani ce ne daranno uno o invece dovremo usare i nostri. Che opportunista! Ma probabilmente, anzi sicuramente, avrei fatto la stessa cosa anchio se solo ci avessi pensato per primo. Dunque nessun problema, siamo pari. Lunico vero problemino la porta, che si apre verso linterno ed quindi bloccata dal materasso. Fortunatamente siamo entrambi magri, e la porta si apre quel tanto che basta per farci passare senza stritolarci. Mi sono dimenticato, per, di un particolare importante. Oggi Davide ha deciso di superare se stesso imbarcandosi in unimpresa musicale dalle tinte epiche. da quando abbiamo cominciato a percorrere il sentiero per il Dimmuborgir, infatti, che ascolta ininterrottamente la stessa canzone. Il brano Deja Vu, degli Iron Maiden. Ormai ha totalizzato quasi sette ore di ascolto continuato, il che significa che ha sentito la canzone per ottanta volte. Non si mai tolto gli auricolari, n per mangiare, n per conversare con me, n per prenotare la stanza (e infatti mi sono occupato io di pagare e di ricevere le informazioni della guesthouse, mentre la ragazza della reception lo guardava male). Quando ritorna da una delle sortite al bagno, finalmente lo vedo senza pi auricolari. Ha raggiunto le sette ore tonde e ha detto basta, ma a detta sua avrebbe potuto continuare ancora per un tempo indefinito, senza alcun problema. Se lo dice lui Krafla Lindomani si riparte, ancora una volta. Non stiamo davvero mai fermi. Per raggiungere Hsavk dobbiamo spezzare il viaggio in varie tappe: solo cos, infatti, potremo passeggiare sulle pendici del Krafla, monte che ospita un vulcano attivo, ed osservare la
241

potentissima cascata di Dettifoss. Il primo autobus parte alle nove del mattino, e come potevamo aspettarci la giornata uggiosa e fredda. C una lieve pioggerella insistente che non cessa mai, e ormai siamo cos affezionati ai nostri vestiti impermeabili che stiamo quasi per dargli un nome. Lautista che arriva a prenderci molto gentile, ma parla un inglese stentato. il primo islandese che incontriamo che non parla linglese allo stesso livello della sua lingua madre. Non c problema, tuttavia, poich si premura molto di farci capire dove andremo, quanto ci metteremo e per quanto tempo ci fermeremo, e riesce a farsi capire ugualmente. Dopo un quarto dora ci lascia infatti nel parcheggio sotto il Krafla e ci d istruzioni di tornare qui fra tre ore per continuare il viaggio. Stranamente, non ci sono altri autobus disponibili prima. Tre ore sono fin troppe per camminare sul vulcano. Inoltre, la giornata sempre pi piovosa e ci rende la visita piuttosto scialba e spiacevole. Il terreno fangoso, il vento ci raggela. A malapena guardiamo avanti, preferendo fissare direttamente il terreno per evitare di scivolare. Anche stavolta, le scarpe si coprono di fango e continuano a raccoglierne, appesantendosi sempre di pi. Inoltre, abbiamo addosso gli zainoni. Dopo aver oltrepassato un lago e una fumarola dai mille colori, raggiungiamo un complesso di strani edifici ottagonali, dai quali partono numerosi tubi paralleli al terreno. una centrale geotermica. Infreddoliti e stufi di prendere acqua e vento, ci stabiliamo contro la parete di uno di essi e decidiamo di aspettare l fino a quando non sar giunta lora di tornare al parcheggio. La variet del paesaggio non molta, non il caso di correre troppo in giro. Nonostante ci, la distesa di sabbia rossa che abbiamo davanti qualcosa che ancora non avevamo visto. Inoltre, dopo pochi minuti scopriamo che il gabbiotto aperto, e che al suo interno c un marchingegno per convogliare il vapore. Il rumore assordante, ma in compenso dentro fa molto caldo, cos continuiamo ad entrare e uscire ad intervalli regolari, per scaldarci un po senza danneggiare troppo ludito. Questa proprio una di quelle situazioni in cui si preferirebbe entrare in un coma temporaneo e risvegliarsi qualche ora dopo, senza ricordare pi nulla. Non possiamo nemmeno lamentarci pi di tanto, avendo a disposizione un calorifero gratis, ma la situazione non certo stimolante.

242

Trascorriamo due ore e mezza nella noia pi totale, passeggiando svogliatamente attorno al gabbiotto e avendo cura di non esporci al vento saturo di goccioline dacqua. Finalmente arriva lora di andarcene. Siamo zuppi dacqua e le nostre scarpe sono putrescenti, conciate da buttare via. Del vulcano abbiamo visto ben poco. Giunti di nuovo sul piazzale, tentiamo di eliminare gli ammassi di fango sbattendo i piedi nelle pozzanghere, e solo dopo numerose scalciate riusciamo a pulire le scarpe in modo decente. Nessun autista ci farebbe salire in quelle condizioni. Speriamo che le cose migliorino nelle prossime ore, e che almeno Dettifoss salvi questo pessimo esordio. Dettifoss Lautista arriva con soli cinque minuti di ritardo, che a noi paiono uneternit. Vogliamo solo abbandonare questo posto e portarci ancora un po pi vicini alla meta ultima, Hsavk. Inoltre, non mi sento nemmeno tanto bene: dai sintomi che ho, molto probabilmente ho preso lennesimo raffreddore. Non mi viene per tutto lanno, ma puntualmente riesco a prendermene uno in ogni viaggio. Forse semplicemente un segnale del corpo, che mi dice Rallenta!, stufo di essere strapazzato. Pazienza, mi beccher anche il raffreddore se necessario. Per adesso, lambiente caldo dellautobus e il pranzo consumato durante la strada per Dettifoss sono sufficienti per rimettermi un po in sesto. Dal punto in cui lautobus ci lascia, visibile chiaramente la nube di spruzzi che la cascata solleva, e abbiamo meno di unora per raggiungerla e tornare, quindi ci muoviamo in fretta. Cominciamo a camminare lungo un sentiero, ma presto ci rendiamo conto che non ci sta portando da nessuna parte e che gli spruzzi sono sempre pi lontani. Stiamo andando in direzione opposta, maledizione! Ritorniamo subito indietro, ma ora mi sta salendo un po di febbre e non riesco a star dietro al passo del mio compare, che in preda alla furia sta camminando a velocit supersonica. Certo che potrebbero mettere un cartello chiaro che indichi dov il sentiero per la cascata. Anche una coppia di italiani si sbagliata come noi, e insieme a loro cerchiamo di capire dove sia il sentiero. Infine lo troviamo, a brevissima distanza dallautobus ma seminascosto da una roccia e da alcune automobili parcheggiate. Non lasciamo gli zaini
243

nellautobus, per evitare che qualcuno possa abilmente arraffarli in un momento di disattenzione generale, e ci inoltriamo nel sentiero roccioso con una certa fretta. Sulla destra appare la cascata di Selfoss, larghissima, ma troppo lontana per raggiungerla in cos poco tempo. La vicina Dettifoss invece molto pi stretta, ed anche bassa: raggiunge a malapena i quaranta metri di altezza. In compenso la cascata con la maggior portata dacqua in tutta lEuropa. Il suo muro dacqua agghiacciante. Pur non producendo un rumore molto forte, rovescia a valle ogni secondo unincredibile massa dacqua, che turbinando e scivolando crea forme ipnotiche. Sembra che ci siano dei fronti dacqua ribelli che, in contrasto con la corrente principale, tentano di risalire fino in cima, ma non ci riescono mai. Si assottigliano sempre di pi, fino a scomparire. Come a Gullfoss, anche qui lacqua ha poco spazio per fluire una volta caduta in basso: la gola molto stretta e ci fa s che gli spruzzi si innalzino altissimi. Sono visibili fin da un chilometro di distanza. Potrei rimanere ad osservare questa mostruosit per ore, incantato dai suoi turbini, che fanno quasi impazzire la vista dopo nemmeno dieci secondi di osservazione continuativa. Purtroppo, il sole non trova nemmeno un piccolo spazio per insinuarsi tra le nubi, altrimenti vedremmo anche la luce rifrangersi sulle goccioline sospese e creare dei colori fantastici. Hsavk Abbiamo giusto il tempo di tornare indietro allautobus, e ora ho la certezza che mi venuta la febbre. Lautista per mi fa recuperare un po di buon umore quando annuncia che la strada fino a Hsavk molto accidentata, e per questo motivo dovr percorrerla velocemente, cos da renderla pi confortevole per i passeggeri. Davvero un annuncio insolito. Ma non una battuta: lautista appesantisce effettivamente il piede destro, conducendo il mezzo per le tortuose strade senza alcuna esitazione, nemmeno nei punti pi difficili. Effettivamente, andare veloci aiuta gli ammortizzatori ad assorbire meglio gli urti, evitando sballottamenti eccessivi. Facciamo solo un paio di soste prima di fermarci a Hsavk, entrambe in zone dove esiste solo un parcheggio e una minuscola toilette. Nella prima, appaiono colonne basaltiche esagonali che paiono replicarsi allinfinito. Nellaltra, invece, c un tranquillo
244

stagno circondato da muschio e sassi nerastri, che riflettendosi nellacqua paiono intersecarsi con essa. LIslanda non smette mai di stupire: anche dopo aver visto la composizione di paesaggi pi eterogenea possibile, riesce sempre a mostrare qualcosa di nuovo. Allarrivo a Hsavk sono stanchissimo, e se penso che dovremo stare in una camera singola gi mi sento peggio. Ma non tutto sta per andare come ci aspettiamo. Innanzitutto, il luogo splendido. Nonostante sia una citt portuale, ha un aspetto ridente, ordinato e variopinto. Le orribili strutture di Hfn sono lontane anni luce. La chiesetta di legno, verniciata di bianco e rosso, dona quel tocco di classe in pi. Inoltre, diverse persone sconosciute ci sorridono proprio come faceva la gente a Reykjavk. Non ci era mai successo di suscitare tutta questa simpatia. La guesthouse dove alloggiamo un posto delizioso: una casa di legno bianco a pi piani, che reca come decorazioni alcuni vecchi strumenti musicali e proiettili di varie armi. La proprietaria, poi, di una gentilezza abissale. una tranquilla signora che ormai avr superato la cinquantina, e che si prodiga ad illustrarci per filo e per segno la nostra stanza, una doppia. Ma come? Non dovremmo stare in una singola? Fortuna che, prima di entrare, abbiamo deciso di dire Abbiamo prenotato una stanza e non Abbiamo prenotato una stanza singola. Forse la donna se n accorta, ma ha voluto darci lo stesso una camera doppia per non crearci disagi. Ma come ha fatto, ammesso che sia cos? Al telefono ci ha proposto la singola perch non cerano altre possibilit. Che se ne sia liberata una nel frattempo? Oppure tutto un enorme disguido? Francamente, ormai ci interessa poco: facciamo gli gnorri, e una volta ricevute le chiavi ci chiudiamo dentro e ci godiamo a tutti gli effetti la nostra camera doppia. In questa cameretta dal gusto classico ci sono alcuni oggetti esilaranti: un bicchiere Ikea, che reca per scritto Made in China, e una ridicola scaletta di corda, da calare dalla finestra in caso di incendio. Non ha laria molto robusta, speriamo proprio di non doverla usare. Quando scendiamo per fare la spesa e ritorniamo con due pizzette imbustate, la proprietaria si offre addirittura di andare a casa sua in macchina e prenderci della carta da forno per farcele scaldare, dato che nella guesthouse terminata. Non abita certamente lontano, ma non una cosa da tutti essere cos servizievoli. Giusto per il fatto che deve muovere apposta la macchina, strano. La cucina ampia e spaziosa, e appesa al muro c unenorme carta geografica
245

dellIslanda. Osservandola bene, ci rendiamo conto di aver percorso davvero molta strada in questo poco tempo, se gi siamo affacciati sul Mar di Groenlandia. La caccia, le ossa, il Siamo a Hsavk per tre motivi. Il primo, che stiamo per andare ad intraprendere, lescursione di whale watching. Per chi non mastica linglese, significa andare ad osservare le balene. Questa, infatti, una delle localit migliori per avvistarle: la baia di Hsavk luogo dove numerosissime specie di cetacei vengono ad approvvigionarsi di cibo. Si possono osservare delfini, balene franche, balene comuni, megattere. A volte perfino balenottere azzurre, gli esseri viventi pi grandi del pianeta. inconcepibile come mai un popolo cos civile e socialmente avanzato come lIslanda abbia recentemente riaperto la caccia alle balene, che gi rischiano lestinzione. Gli islandesi sostengono che nel loro territorio possono fare ci che vogliono, ma i dati parlano chiaro: i profitti che frutta una balena morta sono circa un quinto di quelli che frutta una balena viva. Le escursioni di whale watching, infatti, sono infinitamente pi redditizie. In questa mattinata ventosa e nuvolosa, ma non piovosa, ci apprestiamo a salire su un piccolo peschereccio, che due esperti uomini conducono fino alle zone che sanno essere le pi popolate da cetacei. La barca spartana, ma dispone di servizi igienici. Inoltre, durante le tre ore di escursione prevista un'offerta di cioccolata calda e pasticcini. La bevanda calda sar sicuramente molto gradita, poich al largo pu fare molto freddo, indipendentemente dalla temperatura della costa. Per questo motivo ci copriamo con tutti i vestiti che abbiamo a disposizione, guanti e berretto pesante inclusi, anche se sappiamo che sul peschereccio ci sono alcune tute termiche demergenza. Ma sarebbe imbarazzante essere gli unici passeggeri a chiederne una. Per la prima mezzora, il mare piatto come una tavola e non c traccia di alcunch di marino. Si vede solo qualche pulcinella di mare, tipico uccello islandese grazioso e goffo, un tempo ritenuto frutto di un incrocio tra un pesce e un volatile. Ma di pesci veri e propri, nemmeno lombra. Scrutiamo tutti lorizzonte, incalzati dalla guida, che armata di megafono ci incita a non mollare, poich il successo di questa missione di caccia dipende anche da noi.
246

Sappiamo che, se non riusciremo a vedere niente, ci omaggeranno con unaltra escursione gratuita, ma cos facendo perderemmo la giornata e non potremmo dedicarci alle altre due attrazioni di Hsavk. Continuiamo dunque a cercare, muovendo gli occhi di qua e di l sperando di vedere un geyser vivente apparire allorizzonte. Se ci trovassimo sul Pequod, la nave capitanata da Achab, dovremmo urlare L! Soffia!, casomai vedessimo una balena. Ma non prepareremmo arpioni e lance, bens binocoli e macchine fotografiche. Anzi, i binocoli li lascio agli altri, poich intelligentemente ho lasciato il mio in albergo. Ci avviciniamo sempre di pi alla parte opposta della baia, ma ancora niente. La guida ci aveva avvertito che la probabilit di avvistare una balena si aggira intorno al 98% in ogni escursione, ma che c pur sempre quel 2% di probabilit che tutte le balene siano temporaneamente migrate altrove e non se ne veda nemmeno una. Tuttavia, quando ormai sono piuttosto infreddolito e scoraggiato dal continuare ad osservare il nulla, la barca vira decisa e la guida annuncia C qualcosa a ore due. Ci ha spiegato, infatti, che dobbiamo considerare la barca come un orologio, facendo corrispondere la prua alle ore dodici di un quadrante, e la poppa alle ore sei. In questo modo sapremo sempre tutti da che parte guardare. Il macchinista spegne il motore per non disturbare le creature che stanno affiorando in lontananza, ancora non riconoscibili. Ma dopo poco capiamo che sono delfini. Stanno viaggiando in un gruppo numeroso, e ogni tanto spunta fuori la pinna dorsale. Fanno perfino qualcuno dei loro proverbiali salti, e purtroppo riusciamo a vederli solo da lontano. Nonostante siano animali molto curiosi, oggi non sembrano interessati a conoscere la nostra imbarcazione. Presto li perdiamo di vista e ritorniamo ad accendere il motore, aguzzando la vista, sia per cercare di ritrovarli sia per avvistare qualcosaltro. La prima balena non si fa attendere: sembra che gli animali si siano svegliati tutti adesso. una balena comune, che ha la particolarit di emergere dallacqua per tre volte, due brevi e una lunga, e poi immergersi nuovamente per almeno una decina di minuti. Le emersioni coincidono con i respiri. Si comporta proprio in questo modo: la sua forma sinuosa emerge dallacqua con molta grazia, poi ritorna sotto, poi esce ancora e poi ritorna ancora sotto, e infine emerge pi prepotentemente per inspirare a fondo. Poi sparisce.
247

A fianco a noi, a circa cinquanta metri di distanza, c unaltra barca da whale watching. Ci seguono e fanno esattamente quello che facciamo noi, vedendo che siamo pi vicini di loro alla balena. Tuttavia, dopo pochi minuti siamo noi che seguiamo loro, perch ne hanno trovata unaltra poco distante. Ecco unaltra balena comune. La guida spiega che questo mammifero pu raggiungere i dieci metri di lunghezza. Anche se la balenottera azzurra ne misura circa trenta, dieci metri sono una lunghezza di tutto rispetto, considerando anche che la pi piccola delle balene ne misura circa due. Le balene, purtroppo, non sembrano interessate alla nostra barca. Preferiscono continuare a nuotare ed immergersi nelle acque fredde, a volte dando limpressione di avvicinarsi, ma poi eclissandosi definitivamente. Sono ben lontane le scene che si vedono in fotografia, vale a dire balene enormi che si rizzano sulla coda e fanno salti altissimi a brevissima distanza dalla barca, davanti a decine di persone attonite ed estasiate. La realt che queste situazioni capitano raramente. Tuttavia, anche vedere una di queste creature per pochi secondi e da lontano emozionante. Lultima balena, immergendosi dopo il terzo respiro, ci d il saluto definitivo. ora di tornare indietro, poich il tempo a disposizione sta per scadere. Una lieve febbricola mi tormenta, ma non ho tempo per pensarci. Mentre torniamo indietro, infatti, altri delfini si divertono a nuotare esattamente sotto la prua della nostra nave. Non emergono mai, ma ci stanno evidentemente salutando. Quando spariscono definitivamente, arrivano le tazze di cioccolata bollente. Le beviamo tutti avidamente, per recuperare un po di calorie, e infine con una lentezza esasperante ritorniamo al molo. Ora tocca al secondo motivo per il quale siamo qui a Hsavk: il museo delle balene, unico in Europa dedicato esclusivamente ad esse. Al suo interno si trovano scheletri, fanoni, varie parti del corpo degli enormi mammiferi. Anche se la terza volta che visito un museo che ne ha una in esposizione, la vertebra di balenottera azzurra riesce sempre ad impressionarmi. Ma mi impressiona ancora di pi vedere quanto latte beve quotidianamente un cucciolo di balena appena nato: per rendere lidea, i gestori hanno ammassato 250 bottiglie da un litro. Sapere che sono 250 litri gi straordinario, ma vedere a quanto effettivamente corrispondono fa quasi spavento. E che dire a proposito di alcuni numeri da record
248

delle balenottere azzurre? Un bambino potrebbe strisciare agevolmente nelle loro arterie pi ampie, e il loro cuore grande come unutilitaria. I loro reni riempiono la pala di unescavatrice. La sola lingua pesa come un elefante africano. E pensare che il loro occhio grande poco pi del nostro, e il loro orecchio praticamente un foro di spillo. Con quale coraggio si uccidono questi meravigliosi animali, che oltre ad essere incredibilmente affascinanti sono anche molto intelligenti? Il terzo motivo per il quale siamo a Hsavk molto diverso dai primi due. In un certo senso centrano ancora le balene, ma solo marginalmente. Hsavk famosa anche perch ospita il Museo Fallologico Islandese, unico al mondo nel suo genere. Come si intuisce dal nome, questo museo ospita ben 210 falli di animali, tutti imbalsamati e conservati in formalina. Gi linsegna, dalla particolare forma, ci fa scoppiare a ridere. Non possiamo certo perderci questa bizzarria, cos entriamo ad osservare con cosa si riproducono gli animali. Curiosamente, lunico campione che manca quello umano, ma sono gi stati trovati ben quattro donatori, disposti a completare la collezione. Nel museo sono appesi perfino gli atti di donazione, debitamente firmati. Si spera per loro che lo faranno dopo morti, almeno. La scelta molto vasta: si va dai trichechi alle balenottere azzurre, dai maiali ai cavalli, fino ai criceti. Questultimo cos minuscolo che per vederlo necessaria unenorme lente d'ingrandimento. Non mancano le bizzarrie: quello di numerosi maiali a forma di cavatappi. La sezione dei gadget, poi fenomenale. Dalle caramelle Dick Tac fino alle mazze da golf dallambigua forma. Meglio che non mi dilungo oltre a descrivere Con il museo fallologico, abbiamo dunque visto tutto quello che c da vedere a Hsavk. Il nostro autobus passa alle quattro di pomeriggio ed ora sono solo le undici di mattina, ma improvvisamente ci accorgiamo che c un pullman che passa tra mezzora. Torniamo alla guesthouse per recuperare i bagagli, ma il problema che prima di uscire li abbiamo consegnati alla signora, la quale li ha stoccati nella reception per evitare che ce li rubassero. Il problema che ora la donna non c, come spesso accade, e non abbiamo la chiave per recuperarli. Se non li prendiamo adesso, dovremo aspettare che la signora ritorni, e in ogni caso avremo davanti alcune ore di attesa inutile. Provvidenzialmente, per, fuori dalla porta stampato un numero di cellulare da chiamare in caso di
249

necessit. La donna ci risponde subito, e non appena comprende che abbiamo bisogno dei bagagli entro pochi minuti, monta immediatamente in macchina per venire ad aprirci. Tempo due minuti dorologio e siamo nuovamente in possesso degli zaini. La gentilissima signora, della quale curiosamente non ricordiamo nemmeno il nome, si offre perfino di portarci in macchina fino alla fermata, per non farci rischiare di perdere lautobus. Potremmo accettare, ma abbiamo un quarto dora di tempo e per arrivare servono poco pi di cinque minuti. Non vogliamo abusare della sua gentilezza, cos rifiutiamo e ci limitiamo a ringraziarla pi volte per averci salvato. Akureyri Il pulmino per Akureyri, la quarta citt dellIslanda, conta solo dieci posti a sedere. Riusciamo a salire un attimo prima di essere investiti da un acquazzone colossale, e in poche ore di viaggio raggiungiamo la citt, elegantemente posata su un fiordo. Raggiungere lalbergo ci impegna non poco, poich bisogna arrivare in cima ad una collina, tra sentieri sterrati che sembrano quasi un piccolo trekking, ma finalmente abbiamo a disposizione una spaziosissima camera doppia. I cassetti e i vani si sprecano in questa stanza: ce ne sono appesi al muro, sotto il letto, davanti e dietro i comodini, praticamente ovunque. Per una volta non abbiamo problemi di spazio. Una curiosit: tutte le stanze dalbergo, inclusa la nostra, oltre al numero recano anche un nome di persona, sempre diverso. Forse per renderle meno anonime? E casualmente anche stavolta non ci ricordiamo quale fosse il nome della nostra. Stanchi fino alleccesso, dormiamo qualche ora e poi ci tuffiamo nelle vie, per vedere com la quarta citt pi grande dellIslanda (diciassettemila abitanti). Appare subito molto vivace e cosmopolita, nonch estremamente colorata. Ma gli edifici non danno mai il classico pugno nellocchio: i colori, seppur vivaci, sono sempre armoniosi e in accordo con lambiente circostante. Ci sono alcune simpatiche varianti alla monotonia delle citt, come ad esempio i semafori rossi a forma di cuore. Nel centro c una piazza dove, ogni tanto, alcuni ragazzi noleggiano ciascuno unautomobile e si mettono a girare in tondo, alla velocit di non pi di cinque chilometri orari, urlando e ridendo fino alle ore piccole. una
250

versione alternativa del runtur di Reykjavk, ma senza alcool. Oggi venerd, dunque stanotte potrebbero esserci rumori di clacson. Fortuna che alloggiamo piuttosto lontani dalla zona nevralgica. Anche labbigliamento degli islandesi di Akureyri, in particolare delle ragazze pi giovani, a dir poco eccentrico. Scarpe verde acido, calze blu elettrico, meches nere sui capelli biondi. Sembra che qui sia Carnevale tutto lanno. Passeggiando per le strade possiamo incontrare orsi bianchi impagliati e due grossi troll, maschio e femmina. Il tutto con la vista sul fiordo a poche centinaia di metri, reso perfettamente visibile dalla posizione sopraelevata. Questo il classico esempio di cittadina in cui metterei la firma per abitare, anche se deve essere un po pesante viverci tutto lanno. Ora ci sono venti ore di luce al giorno, ma siamo molto vicini al Circolo Polare Artico, e dinverno le ore di sole scendono a tre, quattro al giorno. Le notti polari portano alla pazzia diverse persone. Ridendo e scherzando si fatta sera, e ormai arrivato il momento di provare qualche piatto tipico islandese. Almeno una volta bisogna farlo, anche se costa. Lhotel offre unottima cena a buffet, ad un prezzo modico. Finalmente, dopo quasi due settimane passate a mangiare scatolette di tonno e panini insipidi, possiamo gustare del cibo vero. Le specialit sono lo skyr, yogurt tradizionale islandese dal sapore un po aspro e cagliato, poi le carni di pulcinella di mare e perfino di balena. Queste ultime vengono servite in fettine microscopiche, che proviamo giusto per curiosit. In particolare, provo la carne di balena per vedere se sia davvero cos irrinunciabile. Il sapore non male, a met tra un pesce e un roastbeef, ma non niente di eccezionale. Se poi le porzioni sono queste, tanto vale lasciarle vivere. Lo stesso vale per la carne di pulcinella di mare: nonostante Davide sostenga che sia ottima, io la trovo veramente disgustosa. Ha un orribile retrogusto, chiaramente dovuto allaffumicamento, ma altri cibi che hanno subito lo stesso trattamento non ne conservano la minima traccia. Il salmone affumicato, ad esempio, ha un sapore squisito. Con questa carne, invece, mi sembra di mangiare ci che esce dal tubo di scappamento di unautomobile. Mi lancio dunque su tutto quel che c attorno: pastasciutta fredda e speziata, salsine, insalate, patate alla senape, creme di riso, salmone affumicato, verdure miste. Unammucchiata generale di cibo, quasi completamente vegetariana. La carne oggi non mi attira. Durante il pasto non beviamo quasi
251

nulla, per lasciare spazio alle vivande. Il pezzo forte, cio il dessert, deve ancora arrivare. Gelato alla vaniglia, mousse al cioccolato, skyr, biscotti vari. Mangiamo decisamente troppo, e infatti dopo qualche minuto comincio a sentire una lieve nausea che aumenta sempre pi. Ad un certo punto lascio a Davide il compito di pagare e scappo letteralmente dal tavolo in cerca del bagno, convinto di dover rimettere tutto, ma fortunatamente si tratta solo di un malessere passeggero che passa nel giro di trenta secondi. Quel che certo che nessuno dei due beve il tradizionale caff finale, poich adesso anche Davide inizia a non sentirsi troppo bene. Per due ore, infatti, continua ad andare avanti e indietro per la stanza, cercando di farsi passare i dolori alla pancia. Sembra un malato di Alzheimer, continua a vagare senza meta. Era tutto talmente buono che abbiamo esagerato senza nemmeno rendercene conto. Ma anche se ora un po paghiamo la nostra golosit, una cena decente ci voleva. Ci decidiamo ad infilarci a letto solo in piena notte, per non rischiare di addormentarci con la digestione ancora in corso. I risultati potrebbero essere devastanti. Giornata strana La mattina ci concediamo una colazione molto frugale. Meglio non esagerare, dopo i bagordi di ieri. Oggi ci aspetta una giornata di viaggio, durante la quale praticamente non vedremo nulla. Dobbiamo prendere un autobus fino a Borgarnes, nel sud ovest del paese, aspettare per sei ore e poi prendere un altro autobus fino ad lafsvk, sulla penisola dello Snfells. Abbiamo scelto questa lingua di terra come ultima destinazione del viaggio, poich ospita il ghiacciaio vulcano Snfellsjkull, luogo dove Giulio Verne ha ambientato il suo celebre romanzo Viaggio al centro della Terra. La cittadina di lafsvk, pur non essendo particolarmente attraente, un ottimo punto di partenza per lescursione attorno alla penisola. Cos ridiscendiamo la collinetta di Akureyri e saliamo sullautobus delle otto e trenta, salutati da un simpatico gatto che si lascia tranquillamente accarezzare da chiunque si avvicini. Forse spera di ricevere avanzi di cibo, ma pi probabilmente solo un animale molto socievole. Non ho tuttavia il tempo di giocare col felino, poich lautobus sta per partire e contemporaneamente sta cominciando a diluviare. Abbiamo appena il tempo di gettare gli
252

zaini nel vano bagagli e salire, evitando per un soffio una lavata colossale. Ma tanto ormai giriamo con le giacche da velista saldate addosso, siamo invulnerabili. La cosa sorprendente che sullautobus incontriamo ancora una volta la ragazza solitaria, quella che a Reykjahlid camminava lungo la Ring Road da sola e con due zaini. E non solo lei: riconosciamo distintamente anche altre persone che abbiamo gi visto a Landmannalaugar e a Skgar. Sembra che ci siamo dati tutti appuntamento, ma la cosa non deve sorprendere pi di tanto: essendoci praticamente ununica strada in tutta la nazione, facile che il giro sia lo stesso per tutti e che ci si continui a ritrovare ad ogni tappa. Oggi una giornata noiosa. Il paesaggio non offre molto di interessante, e men che meno offre la stazione di servizio di Borgarnes. Dobbiamo rimanerci per sei ore, a guardarci in faccia. Inspiegabilmente, non ci sono altri autobus disponibili prima delle sette e mezza di sera. Ci sediamo in un luogo appartato, una specie di veranda esterna circondata da pareti di vetro. Speriamo che non ci caccino fuori, vedendo che non abbiamo ordinato nulla da mangiare n da bere. Alla fine, per, la fame ci spinge a comprare qualcosa al fast food adiacente alla nostra postazione. Davide non ha fame e ha ancora la pancia in subbuglio, quindi mi servo solo io. Almeno avremo una scusa plausibile per stare seduti qui tutte queste ore. Fuori imperversa una tormenta che spazza strade e marciapiedi con forza brutale, meglio non mettere il naso fuori. Lentamente ingurgito lhamburger e le patatine fritte, cibo poco sano ma pratico ed economico. Davide si irrita notevolmente, poich ogni tanto da un altoparlante si sente una voce potente che declama qualcosa in islandese. Quando infine si decide a comprare da mangiare anche lui, scopre che semplicemente la voce della ragazza del fast food, che chiama i clienti quando il pasto pronto. A parte questo tormentone sparato direttamente nelle orecchie, dato che laltoparlante proprio sopra il nostro tavolino, non c molto altro per distrarsi. Fortunatamente, Davide ha un giornaletto di enigmi e cruciverba che ci aiuta a passare un po le ore. Un altro aiuto nel trascorrere meglio il tempo c' dato da un signore francese sulla quarantina, allampanato e sciatto, che rimasto come noi bloccato a Borgarnes. Chiacchieriamo un po con lui ad ore alterne, finch finalmente passano queste interminabili ore ed arriva il pulmino. Dobbiamo
253

stipare i bagagli in un rimorchio metallico agganciato al paraurti, poich il mezzo non dispone di vano bagagli. Per raggiungere lafsvk servono poco meno di due ore, ma c la sorpresa: pi o meno a met strada, un altro pulmino ci affianca in mezzo al nulla, ed entrambi i mezzi si fermano in corrispondenza di una piccola piazzola. Il conducente dellaltro mezzo sale sul nostro e ci informa che tutti i passeggeri diretti a lafsvk devono cambiare pulmino. E che diamine! Siamo qui con gli zaini aperti e i vestiti sparsi sui sedili, e dobbiamo raccattare tutto in fretta e furia, scendere dal pulmino, sfidare il vento e una pioggia fortissima per aprire il rimorchio e recuperare lo zaino, poi caricarlo sullaltro bus e infine risalire. In particolare Davide a soffrire per questo improvviso cambio di programma, poich la sua pancia non sta per niente bene e quel minimo di stabilit che aveva conquistato ora distrutto dai trenta secondi di vento e freddo presi scendendo. Anche il nostro amico francese, salito con noi sul pulmino, si lamenta. Quando arriviamo finalmente a lafsvk, il mio compare si dirige allalbergo quasi correndo, mezzo piegato dagli spasmi. Ma stavolta non cos semplice: la ragazza che ci riceve per prima, una probabile ritardata mentale, non sa bene da dove cominciare per fare un check in, e quando finalmente riesce ad accedere al modulo ci dice che non c nessuna prenotazione per noi. Ma perch le cose devono complicarsi proprio nei momenti in cui si ha fretta? Fortunatamente arriva una collega a salvare la situazione, ma la prenotazione non esiste proprio. Hanno sicuramente sbagliato a segnarla. Per un attimo scende il gelo, poich questo lunico albergo del paese, ma fortunatamente hanno ancora posti liberi. Paghiamo il dovuto, trafficando con carta di credito e ricevute, ma ci accorgiamo che inferiore a quanto dovrebbe essere. Per forza, non hanno capito che dobbiamo stare qui due notti e ci hanno fatto pagare solo la prima. E via allora con unaltra trafila di pagamenti e firme, mentre i dolori del mio compare aumentano. Finalmente ci danno le chiavi e prendiamo lascensore per il nostro piano, lultimo. Curiosamente, non ci sono scale, o se esistono sono nascoste davvero bene. Se per disgrazia si guastasse lascensore, che fine faremmo? La serata non passa molto bene per nessuno dei due: io ho contratto un forte raffreddore e consumo pacchi di fazzoletti uno dopo laltro, mentre Davide passa almeno unora sdraiato a pancia in gi, lamentandosi per il dolore. Non pensava certo che avrebbe
254

pagato cos caro leccesso di gola nel ristorante di Akureyri. Come se non bastasse, la geometria della stanza a dir poco bizzarra. Pi volte, tentando di sederci sul letto, prendiamo delle solenni craniate contro il soffitto obliquo. Inoltre, quasi tutti i muri sono lisci, ma non quelli a fianco dei letti, che invece sono bozzuti e rugosi. Cos non si pu nemmeno sedersi sul letto ed appoggiarsi con la schiena al muro. Quando Davide ci prova, riceve subito una gentile stilettata proprio tra la quinta e la sesta vertebra dorsale. un ammonimento sufficiente per non volerci riprovare una seconda volta. Piccola delusione La mattina mi sveglio col naso rosso, infiammato e dolorante. Non passa un minuto senza che mi debba soffiare il naso, ma per fortuna ho una buona scorta di fazzoletti. Lapparato respiratorio il mio punto debole da sempre, ma possibile che debba risvegliarsi e creare problemi sempre nel momento meno opportuno? Se stessi bene mi godrei certamente di pi la giornata di oggi. Invece, sono costretto ad intervallare la bellezza della natura con un fastidioso malessere. Girando lungo la penisola, con un tempo soleggiato e piacevole, abbiamo modo di vedere falesie nere erose dallacqua, grotte naturali dove nidificano centinaia di uccelli, spiagge di sabbia nera, faraglioni e strane forme rocciose. Alcune di queste scogliere e spiagge, con altre catene montuose che corrono lungo quasi tutto lorizzonte marino, ci ricordano molto le splendide isole Lofoten che visitammo due anni prima. Del resto, sempre di Nord Europa si tratta. Il grande ghiacciaio dello Snfellsjkull, contrariamente a ci che afferma la guida turistica, rimane sempre ben lontano. Lautobus non si avvicina n tantomeno vi sale sopra, essendo un mezzo da strada normale. La montagna che ospita il ghiacciaio comunque imponente e maestosa. Una grossa nuvola che lo sovrasta d quasi limpressione che stia eruttando. Peccato che il ghiacciaio si stia visibilmente ritirando, effetto collaterale del riscaldamento globale. La gita certamente piacevole, ma dovrebbero smetterla di chiamarla Glacier Tour e chiamarla semplicemente Giro delle coste della penisola. Lescursione, seppur piacevolissima, ha ben poco a che fare con il ghiacciaio. Questa piccola delusione, tuttavia, non muta il sentimento che proviamo verso la natura islandese, ovunque splendida.
255

Il cerchio si chiude Ed ecco che, il giorno seguente, ci troviamo gi a prendere lautobus per Reykjavk. Il viaggio sta volgendo al termine e ormai abbiamo visto quasi tutto quello che cera da vedere, anche se le sorprese non sono terminate. Inaspettatamente, ritroviamo sul pulmino il francese che avevamo conosciuto a Borgarnes. In teoria non dovrebbe essere qui, stando a quello che ci aveva detto. Parlando, scopriamo che sta ritornando a Reykjavk piuttosto scornato, poich si era fermato vicino a lafsvk per effettuare unescursione di whale watching, ma poi per vari motivi non riuscito a prendervi parte. Ora tenter di farne una a Reykjavk, poich anche lui sta per terminare le vacanze. Chiacchieriamo un po durante il viaggio, ma una volta giunti nella capitale ci separiamo. Ognuno va per la sua strada, come sempre. Ci non toglie che dopo aver camminato per mezzora in citt, cercando la nostra guesthouse, lo ritroviamo in una delle vie principali. Ma lultima volta che lo vediamo. Abbiamo provato a prenotare un posto nella stessa guesthouse dove abbiamo alloggiato al nostro arrivo in Islanda, ma purtroppo era piena. Un vero peccato, poich ci sarebbe piaciuto salutare la bionda folletta che ci aveva accolti cos bene due settimane fa. Lalloggio che ci tocca adesso, invece, una guesthouse di stampo cristiano, anzi cristianissimo. Prendono la religione cos sul serio che la mattina, dopo lora colazione, c lora di preghiera collettiva. La prima regola del decalogo, appeso in ogni camera, : Vietato il consumo di alcool e droghe. Ma la pi comica la seconda: Vietato fumare, anche davanti alla guesthouse. Passi che non si pu fumare in camera, ma non posso nemmeno camminare davanti alledificio con una sigaretta accesa? Che razza di divieto questo, temono forse che diamo un cattivo esempio agli occupanti? Nessuno di noi due fuma e quindi ci interessa relativamente, ma troviamo che sia un annuncio come minimo arrogante. In ogni caso rimarremo qui solo per stanotte. Lunica cosa che facciamo prenotare il biglietto per la Laguna Blu, famosa attrazione islandese situata a met tra la capitale e laeroporto di Keflavik. Il pacchetto turistico include un biglietto che vale sia per il trasporto alla Laguna, sia per il successivo trasferimento in aeroporto. Per questo motivo labbiamo lasciata per ultima.
256

Laguna Blu Il giorno seguente, non senza una punta di malinconia, lasciamo Reykjavk e ci inoltriamo nei campi di lava che avevo visto solo di sfuggita allandata, quando cascavo dal sonno per via della devastante notte in aeroporto. Abbiamo dovuto penare non poco per farci prelevare davanti alla guesthouse, poich per un disguido il pullman stava partendo senza di noi. Fortunatamente, intuendo che doveva esserci stato un errore, abbiamo chiamato il centro turistico e, tra le dovute scuse, lautobus tornato indietro a prenderci. Ora in vista la Laguna Blu, una piscina naturale a cielo aperto situata in mezzo ad una colata lavica. Anche se stata trasformata in una struttura con tutti i comfort, inclusi bar, saune e bagni turchi, attraverso lacqua calda spuntano fumarole sulfuree e le pareti delle piscine sono costituite da ammassi lavici. La natura incontra la tecnologia. La temperatura dellacqua sempre tra i 37 e i 40 gradi centigradi, rendendo lesperienza fantastica anche per chi, come me, mal tollera lacqua. Allentrata ci danno dei braccialetti che, tramite un ingegnoso sistema di riconoscimento elettronico, si legano allarmadietto scelto e rendono impossibili i furti. Prima di entrare in piscina, per, attenzione: bisogna spogliarsi e lavarsi completamente, per evitare di contaminare lacqua. Le piscine islandesi, infatti, non contengono disinfettanti chimici. Un modo sicuro per far arrabbiare gli islandesi violare questa ferrea regola. Una volta fatta lobbligatoria doccia, entriamo il pi velocemente possibile in acqua, per evitare di subire le raffiche di vento. Per poco non perdo il braccialetto in acqua, poich non lavevo stretto bene, ma allultimo lo recupero, per fortuna. Rimaniamo per qualche ora a sguazzare in queste acque, dal colore azzurro chiarissimo, opache e ricche di minerali. Il fondo sabbioso, ma ogni tanto fa capolino qualche sasso ed meglio stare attenti a non posarci il piede sopra con troppa convinzione. Alcuni dei bagnanti si spalmano la faccia con una crema esfoliante al silicio, dal colore azzurrino, mentre altri preferiscono farsi frustare la schiena dallidromassaggio a cascata, talmente potente da far sembrare che ci sia un troll a massaggiare invece che lacqua. La sauna di tipo secco, cio senza vapore, e raggiunge la ragguardevole temperatura di 115 gradi centigradi. In compenso,
257

lacqua spruzzata dai nebulizzatori esterni gelida e garantisce un sicuro shock termico. Accanto c unaltra sauna, molto pi suggestiva, poich il calore sale direttamente da una piccola pozza dacqua circondata da rocce. Purtroppo al momento chiusa, poich non agibile. Il cielo terso, ma basta uscire un attimo dallacqua per sentirsi gelare, poich il vento fortissimo. Rimaniamo quindi immersi fino al collo, cercando le correnti calde che cambiano costantemente direzione. Anche se stare in questa piscina surreale piacevole, non so nuotare e presto mi stanco di sguazzare nellacqua. Esco unora prima di Davide e mi metto tranquillamente seduto ad aspettarlo su una panca esterna, ripensando a tutto ci che ho avuto la fortuna di vedere. In Islanda ho visto solo cose meravigliose. Poche ore dopo, aspettando di imbarcarci sullaereo per Malpensa, incontriamo nuovamente la famiglia che avevamo trovato sullAskja. Riusciamo a scambiare due parole con loro, pur nella confusione dellimbarco, e scopriamo che anche loro hanno lasciato la Laguna Blu come ultima tappa. Ma non ne sono rimasti particolarmente entusiasti: affermano che si aspettavano qualcosa di molto diverso e che la suddetta laguna s carina, ma non molto diversa da una piscina comunale. Alla fine ci sono sempre le solite cose: docce, saune, bagni turchi. Se lo dicono loromeglio lasciarli convinti di aver ragione. Pochi minuti dopo ci imbarchiamo sullaereo, ormai tempo di abbandonare questisola fatata e tornare alla vita di sempre. FINE

258

Tabelle di marcia di ciascun viaggio Estate 2008


28/07 Milano - Londra 28/07 Londra - Oslo 30/07 Oslo - Stavanger 31/07 Preikestolen 01/08 Stavanger - Bergen 03/08 Bergen - Myrdal 03/08 Myrdal - Flm 03/08 Flm - Bergen 04/08 Bergen - Oslo 04/08 Oslo - Trondheim 05/08 Trondheim - Bod 06/08 Bod - Moskenes 06/08 Moskenes - 07/08 Reine - Hamnoy 08/08 - Svolvr 08/08 Kabelvg 09/08 Skrova 10/08 Svolvr - Narvik 10/08 Narvik - Lule 11/08 Lule - Haparanda 11/08 Haparanda - Tornio 11/08 Tornio - Kemi 11/08 Kemi Kuopio 12/08 Jtknkmpp 13/08 Kuopio Helsinki 14/08 Suomenlinna 15/08 Helsinki - Stoccolma 19/08 Stoccolma - Arlanda 19/08 Arlanda - Vienna 19/08 Vienna - Milano

Estate 2009
01/08 Mendrisio - Zurigo 01/08 Zurigo - Basilea 01/08 Basilea - Parigi 05/08 Parigi - Versailles 05/08 Versailles - Chartres 06/08 Chartres - Tours 07/08 Castelli di Chenonceau e Amboise 08/08 Castelli di Blois, Chambord e Cheverny 09/08 Tours - Le Mans 09/08 Le Mans - Rennes 09/08 Rennes - St.Malo 11/08 St.Malo - Pontorson 11/08 Mont St. Michel 11/08 Pontorson - Bayeux 13/08 Bayeux - Caen 13/08 Caen - Rouen 14/08 Etretat 15/08 Rouen - Parigi 15/08 Parigi - Bruxelles 16/08 Bruges 17/08 Bruxelles Hertogenbosch 17/08 Hertogenbosch Amsterdam 20/08 Diga di Afsluitdijk 21/08 Koog Zaandijk 22/08 Amsterdam Karlsruhe 22/08 Karlsruhe - Basilea 22/08 Basilea - Chiasso

Estate 2010
02/08 Milano - Keflavik 03/08 Keflavik - Reykjavk 04/08 Circolo dOro 05/08 Reykjavk Landmannalaugar 05/08 Landmannlaugar Hrafntinnusker 06/08 Hrafntinnusker lftavatn 07/08 lftavatn - Hella 08/08 Hella - Vik 08/08 Vik - Skgar 09/08 Skgar - Jkulsrln 09/08 Jkulsrln - Hfn 10/08 Hfn - Egilsstadir 10/08 Egilsstadir Reykjahlid 11/08 Askja 12/08 Dimmuborgir 13/08 Reykjahlid - Krafla 13/08 Krafla - Dettifoss 13/08 Dettifoss - Hsavk 14/08 Hsavk - Akureyri 15/08 Akureyri - Borgarnes 15/08 Borgarnes - lafsvk 16/08 Penisola Snfells 17/08 lafsvk - Reykjavk 18/08 Reykjavk - Laguna Blu 18/08 Laguna Blu - Keflavik 18/08 Keflavik Milano

259

Visita la mia vetrina autore allindirizzo http://www.lulu.com/spotlight/Micio per conoscere tutti i miei libri Se vuoi contattarmi scrivimi a micio@email.it

260

You might also like