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La logica non trova spazio nella classificazione delle scienze di Aristotele poiché

ha come oggetto la forma comune di tutte le scienze e i tipi di ragionamento


che esse utilizzano. Il termine logica non veniva utilizzato da Aristotele; egli
chiamava la sua dottrina di ragionamento “analitica”, alludendo al metodo di
“risoluzione” del ragionamento nei suoi elementi costitutivi. Anche il termine
Organon non è un termine aristotelico ma bensì venne inserito da Alessandro
di Afrodisia per indicare gli scritti di Aristotele riguardanti la logica: fu utilizzato
questo termine per sottolineare la logica come strumento di cui si avvalgono
tutte le scienze.

Logica e metafisica
Molti studiosi si sono interrogati sui rapporti tra logica e metafisica. Aristotele
creò prima la logica o la metafisica? La logica deve essere considerata una
costruzione formale oppure presuppone uno stretto legare tra pensiero e
realtà?
Per quanto riguarda il primo quesito si ipotizza che logica e metafisica siano
state create e perfezionate parallelamente. Per quanto riguarda il secondo
quesito, invece, si esclude che la logica sia considerata una costruzione solo
formale. Secondo Aristotele esiste un rapporto necessario tra le forme del
pensiero (logica) e le forme della realtà (metafisica): tale rapporto si fonda
sulla verità delle forme del pensiero (realismo gnoseologico) e sulla
precedenza ideale della metafisica rispetto alla logica.

I concetti
L’Organon aristotelico si articola sostanzialmente in: logica del concetto, logica
della proposizione e logica del ragionamento. Per Aristotele i concetti (oggetti
del nostro discorso) possono essere classificati attraverso un rapporto di
genere e specie: ogni concetto è specie di un concetto più universale ed è
contemporaneamente genere di un concetto meno universale. La
comprensione (l’insieme delle note o qualità caratteristiche di un concetto) e
l’estensione (il numero degli esseri cui fa riferimento quel concetto) hanno tra
loro un rapporto inversamente proporzionale: al crescere dell’una l’altra
diminuisce. Partendo dal genere e percorrendo la scala dei concetti dall’alto
verso il basso arriveremo a una specie che non comprende dentro di se
nessun’altra specie detta “specie infima” che presenterà la massima
comprensione possibile e la minima estensione possibile. Aristotele chiama la
specie infima anche “sostanza prima” che distingue dalle “sostanze
seconde”. Dal punto di vista ontologico la sostanza prima è ciò che non può
mai essere usato in altro; dal punto di vista logico è ciò che non può mai essere
usato come predicato di un soggetto ma solo come soggetto di un predicato.
Le sostanze seconde sono i generi e le specie entro le quali rientrano le
sostanze prime. Se percorriamo la scala dei concetti al contrario, dal basso
verso il basso, in cima troveremo i generi sommi: concetti che presentano il
massimo dell’estensione e il minimo di comprensione (corrispondono alle
categorie dell’essere trattate nella metafisica).

Le proposizioni
La logica delle proposizioni prende in esame gli enunciati apofantici ossia le
asserzioni che si identificano con le proposizioni che
Aristotele distingue in vari tipi: universali,
particolari, affermative e negative. Perciò avremo le
frasi universali affermative, le universali negative, le
particolari affermative e le particolari negative. Per lo
studio delle proposizioni ci avvaliamo del quadrato
costruito dai medioevali seguendo la dottrina di
Aristotele.
A= Universale affermativa
E= Universale negativa
I= Particolare affermativa
O= Particolare negativa
Come possiamo notare A ed E sono contrarie cioè possono essere entrambe
false ma non entrambe vere. I ed O sono subcontrarie cioè possono essere
entrambe vere ma non entrambe false. A ed O e E ed I sono contraddittorie
perciò saranno sempre una vera e l’altra falsa. Nelle subalterne (A ed I; E ed
O) dalla verità dell’universale si inferisce la verità della particolare ma non
viceversa così come dalla falsità della particolare si inferisce la falsità
dell’universale ma non il contrario.
Aristotele studia anche il modo in cui avviene l’attribuzione di un predicato ad
un soggetto e distingue tre casi: semplice asserzione, possibilità e necessità.
Dallo studio di questi tre casi arriva ad affermare che la verità è nel pensiero o
nel discorso e non nell’essere o nella cosa e che la misura della verità è
l’essere o la cosa. Inoltre in base ai suoi studi possiamo dire che secondo
Aristotele il linguaggio è convenzionale nel suo dizionario ma non nella sua
sintassi.

Il sillogismo
Il sillogismo è un insieme di proposizioni, per l’esattezza tre: due antecedenti e
una conseguente. Secondo Aristotele questo è il ragionamento per eccellenza
ovvero: un discorso, in cui poste talune cose, segue necessariamente
qualcos’altro per il semplice fatto che quelle sono state poste.
Nel sillogismo si hanno tre termini:
1. Termine maggiore che ha l’estensione maggiore e compare come
predicato nella premessa maggiore e nella conclusione;
2. Termine minore che ha l’estensione minore ed è soggetto nella
premessa minore e nella conclusione;
3. Termine medio che è genere del termine minore e specie di quello
maggiore, compare come soggetto nella premessa maggiore e come
predicato nella premessa minore e non compare nella conclusione, il suo
compito è mediatore ed è per questo il termine che unisce il termine
maggiore e il termine minore.
Aristotele cerca di semplificare tutto questo attraverso una sorta di “algebra
del discorso” ad esempio: ogni B è A, ogni C è B, ogni C è A. Da tutto ciò si
può dire che le caratteristiche principali del sillogismo sono il suo carattere
mediato e la sua necessità.

Il problema delle premesse


La validità di un sillogismo non implica la verità di questo. A questo punto
necessariamente Aristotele dovette porsi un nuovo problema: come identificare
la verità di un sillogismo, cioè come trovare il sillogismo scientifico o
dimostrativo. Per ottenere un sillogismo di questo tipo bisogna partire da
delle premesse vere che inizialmente il filosofo le farà corrispondere con i
cosiddetti assiomi: proposizioni intuitivamente vere, comuni a più scienze
oppure a tutte le scienze. Un esempio di assioma comune a tutte le scienze
sono il principio di non contraddizione, il principio di identità e il
principio del terzo escluso. Ma Aristotele si renderà conto che questi principi
non saranno sufficienti in quanto troppo generali e serviranno allora dei principi
propri alle singole scienze che saranno offerti da una lista di definizioni. La
definizione di un concetto si trova predicando il suo genere prossimo
più la sua differenza specifica. Ogni cosa può essere definita tranne i generi
sommi, o categorie che sono perciò indefinibili. Ma come si possono trovare le
definizioni? Inizialmente Aristotele pensa che un metodo risolutivo di questo
problema possa essere l’induzione (quel procedimento che passa dal
particolare all’universale) ma dato che l’induzione non è necessariamente
valida non ha valore dimostrativo; quindi non riesce ad attingere l’universale
ma solo “l’universale perlopiù” e deve essere scartata dal filosofo. A questo
punto Aristotele si trova al punto di partenza allora elabora un’ipotesi per la
quale le definizione derivano dalla stessa facoltà dalla quale derivano
gli assiomi ossia l’intelletto e dal suo potere di intuizione razionale. A
questo punto risulta chiaro che per Aristotele la scienza si configura come un
sapere delle essenze (definizioni) fondato su un atto di intuizione intellettuale
che opera a contatto con l’esperienza. Tale tipo di conoscenza coincide con la
conoscenza delle cause, con il perché ultimo e necessario degli oggetti (cioè
con la conoscenza della sostanza) e fa tutt’uno con la dimostrazione intesa
come l’esplicitazione ragionata e conseguente della sostanza e delle sue
proprietà.

La dialettica
È studiata nei Topici e si distingue dalla scienza per i suoi principi: i principi
della scienza sono necessari e assolutamente veri mentre quelli della dialettica
sono solamente probabili. Sono fondati sulla dialettica i ragionamenti dell’arte
oratoria forense e politica, oppure quelli formulati allo scopo di esercitarsi
nell’arte di ragionare. Per questo scopo Aristotele studia i luoghi logici cioè gli
schemi argomentativi che sono usati nella discussione. Fanno parte di questa
disciplina anche i problemi poiché quando formulati come domande non sono
esaminabili all’interno della logica delle proposizioni poiché nascono della sfera
del probabile studiata appunto dalla dialettica. Perciò si può dire che la
dialettica per Aristotele è un tipo di ragionamento debole, in antitesi con
Platone che lo reputava la dialettica la scienza più alta. Infine Aristotele si
preoccupa di analizzare anche i ragionamenti eristici dei sofisti, cioè quei
ragionamenti le cui premesse non sono né necessarie né probabili ma solo
apparentemente probabili.

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