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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI

Abilitata con il Decreto Ministeriale dell’Istruzione,


dell’Università e della Ricerca del 31/07/03

TESI DI DIPLOMA
DI
MEDIATORE LINGUISTICO
(Curriculum Interprete e Traduttore)

Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei corsi

Afferenti alla classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE
IN
SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

L’Evoluzione della condizione della donna


RELATORI: CORRELATORI:
Prof.ssa Bisirri Adriana Prof.ssa Maria Nocito
Prof. Aurélien Trainaud
Prof.ssa Claudia Piemonte
CANDIDATO :
Murgia Beatrice

Matr.N. 1178

ANNO ACCADEMICO 2009-2010


Introduzione:
Fin dal Medioevo la donna è sempre stata considerata, in qualsiasi società sia

orientale sia occidentale, inferiore rispetto all’uomo. Nonostante oggigiorno la sua

condizione sia cambiata, e notevolmente migliorata, rispetto alle epoche precedenti,

tuttavia ancora non gode degli stessi diritti dell’uomo.

Partendo dal Medioevo, la donna era presa in considerazione non come un

essere umano, che ha diritto di esistere e scegliere per se stessa, ma come un qualcosa

che potesse essere utile al fine di mandare avanti le generazioni. Anche se nel tardo

Medioevo le donne, dei ceti più elevati, venivano idolatrate e riportate in poesia come

figure angeliche, non avevano alcun potere decisionale ed erano, anzi, legate al padre

prima ed al marito una volta sposate, per il resto della loro vita. Sempre durante il

Medioevo, con la “creazione”, da parte della Chiesa, dei conventi, molte donne

trovarono in parte un rifugio o una scappatoia ai matrimoni coatti. Infatti, molte

donne all’epoca preferivano la vita di clausura ad un matrimonio imposto, nonostante

nei conventi facessero una vita di restrizioni. Nei conventi, le donne ricevevano

un’istruzione, anche se provenivano dai ranghi più bassi. Per quanto riguarda le

donne che non appartenevano alla nobiltà, queste vivevano in una condizione di

degrado, costrette ad aiutare la famiglia e a badare a questa, senza mai ricevere alcun

salario o alcuna gratifica. Con l’avvento dell’ Illuminismo, epoca in cui vi è una

rinascita delle società, anche le donne iniziano ad acquisire maggiore considerazione.

Infatti,come nel Medioevo, le donne dell’alta borghesia e dell’aristocrazia ricevevano

un’educazione. Ma, mentre nel Medioevo non potevano esporre il loro sapere, con l’
Illuminismo, la donna ha la possibilità di mettere in mostra, sempre in maniera

ridotta, le sue conoscenze. Questo grazie ai salotti, dove si riunivano gli aristocratici

ed i borghesi insieme agli intellettuali per discutere delle diverse opinioni che erano

in voga all’epoca. Purtroppo per quanto riguarda le donne dei ceti più bassi la

situazione non era cambiata di molto.

Nonostante tutto, fu proprio in questo periodo, con la Rivoluzione Francese ed

in seguito grazie alla rivoluzione industriale, che alcune donne iniziarono a riflettere

sulla loro condizione e a domandare per maggiori diritti, anche se inutilmente poiché

non vennero ascoltate. Anche se la società negava l’aiuto indispensabile da parte

della donna, durante la prima e la seconda guerra mondiale, queste furono richiamate

nelle industrie belliche, poiché gli uomini erano impegnati sul fronte di guerra. Gli

anni delle due guerre mondiali furono veramente difficili per le donne, poiché queste

dovevano lavorare in fabbrica, pensare alla famiglia (benché questa fosse una delle

sue mansioni principali, divenne un compito arduo durante questo periodo, data la

scarsità degli alimenti disponibili) ed inoltre, spesso, era lasciata a se stessa e non

aveva più la protezione del marito.

Ma fu proprio durante questi due secoli, dalla rivoluzione francese fino agli

inizi della seconda metà del novecento, che prese forma un movimento che iniziò a

chiedere che le donne godessero degli stessi diritti degli uomini. Questo movimento,

così chiamato per la prima volta dal giornale Daily Mail, le “Suffragette”. Questo

movimento chiese come primo diritto, che anche le donne avessero diritto al voto,

poiché facevano parte di un sistema e di questo ne dovevano rispettare le leggi. Da


questo movimento si sviluppò il fenomeno del femminismo, che nel corso degli anni

si è sviluppato insieme ai movimenti politici e di protesta razziale,come ad esempio il

femminismo socialista o il femminismo afroamericano, chiamato anche Womanism.

Grazie alle proteste ed alle richieste da parte di questi movimenti, le donne del mondo

occidentalizzato, possono godere di molti diritti, che fino alla prima metà del

novecento per le donne non esistevano.

Tuttavia, anche se le donne nei Paesi industrializzati, hanno il diritto di

scegliere per loro stesse e in molti settori, come ad esempio quello lavorativo, e la

loro situazione ha compiuto enormi progressi, vi sono ancora delle discriminazioni

che vengono fatte fra i due sessi. Un esempio di questo è il fatto che in quasi tutti i

Paesi, sia che questi siano industrializzati o meno, le donne percepiscono un salario

nettamente inferiore a quello degli uomini per lo stesso lavoro svolto e per le stesse

ore di lavoro. Come ad esempio in Australia, in ogni Stato, dallo quello del Victoria

al Western Australia, dal Queensland alla Tasmania, il salario medio di una donna è

inferiore a quello di un uomo. Per di più, col fatto che le donne, possono decidere di

rimanere incinta poiché vogliono crearsi una famiglia e grazie a questo mandare

avanti l’umanità, vengono spesso discriminate nel mondo del lavoro. Infatti, i datori

di lavoro tendono sempre di più a scegliere lavoratori di sesso maschile in quanto

questi non hanno bisogno di un periodo di maternità, poiché le donne devono essere

pagate anche durante questo periodo che non consente loro di lavorare. Ma, anche se

con qualche discriminazione, il mondo del lavoro offre, oggigiorno, alle donne

innumerevoli possibilità in qualsiasi settore esse scelgano di lavorare.


Nonostante tutto, le donne sono ancora oggi vittime di violenze, sia che queste

siano psicologiche o fisiche. In molti paesi non industrializzati, le donne sono vittime

di abusi e, in certi casi, queste vengono considerate alla stessa strenua di un oggetto

utile al lavoro e alla procreazione. Inoltre, nei paesi del Terzo Mondo, le donne non

godono dei diritti fondamentali che “spettano” a qualsiasi essere umano, di entrambi i

sessi. In paesi come l’Afghanistan, ad esempio, con il regime Talebano, le donne

hanno perso qualsiasi diritto, persino quello fondamentale alla vita. Con l’entrata di

questo regime, infatti, le donne hanno passato dei veri e propri anni di oppressione e

violenza. In India, le donne non hanno diritto a vivere da sole, o per meglio dire,

senza un marito, e nel caso in cui questo dovesse morire, si ricorre alla pratica del

Sati. Questa pratica prevede che, nel caso in cui il marito dovesse morire, la moglie è

costretta a buttarsi viva sulla pira in fiamme e se dovesse decidere di non farlo,

verrebbe allontanata da tutta la comunità e costretta a morire di fame e stenti insieme

ai suoi figli. In Pakistan e Bangladesh, le donne non possono scegliere il proprio

marito e quando cercano di ribellarsi a questa costrizione vengono sfigurate in volto

con l’acido e poi bruciate. In Africa, una pratica che trova le sue origini nella penisola

arabica e che poi si è diffusa fra i Paesi dell’Africa sud sahariana, ma soprattutto nel

corno d’Africa, è la pratica dell’infibulazione. Questo “rito” è vietato in Europa,

poiché viene considerata come una tortura e in quanto tale non può essere praticata,

anche se sono stati registrati molti casi di madri immigrate africane che chiedevano

negli ospedali europei che le loro figlie venissero infibulate. Purtroppo,

l’infibulazione, non è considerata una violenza nei Paesi in cui viene fatta e pertanto
continua ad essere praticata e di conseguenza porta alla morte di innumerevoli

ragazze a causa di infezioni. L’ennesimo tipo di violenza praticata da molti paesi

arabi e africani contro le donne è la lapidazione. Questo tipo di pena di morte, che

una volta era estesa a tutta la popolazione, viene effettuata soprattutto nel caso in cui

una donna tradisca il proprio marito (anche se, molto spesso, le donne sono le vittime

poiché l’uomo è molto spesso il loro stupratore).

A causa del fatto che, molte delle violenze contro donne vengono fatte nei

Paesi in cui la religione più praticata è quella Mussulmana, l’occidente, molto spesso

tende a credere che sia la religione la causa di tutto ciò. In realtà, il mondo

occidentalizzato, dimentica che in passato anche gli uomini di religione cristiana sono

stati gli autori di atroci atti contro l’umanità in generale e la donna in particolare.

Inoltre, una questione che infervora fra i media del mondo occidentale è quella del

velo indossato dalle donne mussulmane e che viene spesso associato alla repressione

di queste ultime. Anche se in alcuni Paesi mussulmani, alcuni tipi di velo sono stati

imposti per “negare” l’esistenza delle donne, come ad esempio il burqa in

Afghanistan, il velo non è tuttavia un sinonimo di repressione. Infatti, i media

dovrebbero interrogarsi se la violenza contro le donne sia realmente legata ad un

fenomeno religioso o, piuttosto, ad un fenomeno puramente culturale. Pertanto, nel

mondo d’oggi, le donne vengono considerate al pari degli uomini, oppure vengono

ancora discriminate?
Capitolo I: L’evoluzione della condizione della donna dal Medioevo fino

all’Illuminismo.

Durante tutto il periodo Medievale, le società europee, hanno vissuto in anni

bui, in cui la popolazione era vittima della superstizione e delle credenze popolari che

molto spesso portavano alla negazione dell’individuo senza una ragione specifica.

L’immagine della donna nel Medioevo non è certo positiva, anzi, viene dipinta

come un essere che deve essere protetto anche da se stesso. Questa idea venne diffusa

dagli uomini di chiesa, per i quali le uniche donne che potevano salvarsi da questa

reputazione erano le suore, le donne sposate e le vedove, almeno in parte, poiché in

tutti e tre i casi rinunciavano alla loro sessualità o, nel caso delle donne sposate,

questa era utile al fine della procreazione.

Secondo gli uomini dell’epoca, la donna non doveva essere ne troppo truccata

ne troppo vestita poiché questo avrebbe simboleggiato che privilegiava l’aspetto

esteriore alla cura dell’anima, i cibi troppo caldi e il vino potevano eccitarla e per

questo andavano limitati, i gesti dovevano essere estremamente controllati in maniera

tale che questa non attirasse l’attenzione a tal punto che non era permesso loro di

ridere ma solo di sorridere e di piangere in silenzio. Inoltre, i predicatori dell’epoca

dicevano che, le donne, erano abili nel mentire e che si scambiavano maldicenze e

parlavano inutilmente. A prova di questo, dicevano che Cristo fosse apparso alla

Maddalena poiché questa, essendo una donna, lo avrebbe riferito subito agli apostoli.
Durante questo periodo, le donne erano sottomesse all’uomo e non potevano

ribellarsi, poiché se lo avessero fatto sarebbero state escluse dalla società. Non

godevano di alcun diritto e non potevano prendere alcuna decisione. Le donne che

vivevano nella nobiltà erano assoggettate alle decisioni del padre e, una volta

sposate, a quelle del marito. Inoltre, per un padre nel Medioevo, la nascita di una

figlia non era certo lieta, poiché tutti i suoi beni una volta sposata sarebbero andati al

suo sposo. Quando questa nasceva, il padre, prendeva accordi matrimoniali a cui lei

doveva sottostare. Ad esempio, se per lei il padre sceglieva un marito, questa doveva

trasferirsi da lui una volta sposata e tutto ciò che lei aveva ereditato dalla sua

famiglia, diventava proprietà del marito. Un altro modo adottato dal padre,

soprattutto dai nobili spagnoli dell’epoca, per riuscire a “sistemare” le proprie figlie,

era quello di farle diventare suore. Sin da quando erano bambine, venivano mostrate

loro immagini di sante e di martiri. Veniva promesso loro che una volta entrate in

convento, sarebbero diventate madri badesse e, all’interno del convento, avrebbero

potuto fare il buono e il cattivo tempo. Questa violenza psicologica veniva fatta loro

sin da bambine e in caso queste rifiutassero, venivano segregate e allontanate da tutta

la famiglia fino a che non avessero cambiato idea. Ma la strada del convento non

veniva intrapresa solo dalle ragazze delle famiglie nobili, bensì anche dalle ragazze

dei ceti inferiori che, grazie ai conventi, potevano ricevere un’istruzione (anche se

basata sulla religione) ed essere protette dal mondo esterno, che invece le esponeva a

violenze da parte dei mariti e della società in genere.1

1
http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/d/d089.htm
Per quanto riguarda le donne borghesi o delle classi inferiori, queste erano

soprattutto donne di casa. La loro istruzione consisteva nel cucire, fare il pane,

occuparsi del bucato, tutte attività casalinghe, in maniera tale che non si dicesse che

“venivano dal bosco” (secondo un detto popolare dell’epoca). Inoltre, essendo

costrette alla sottomissione maschile, non erano autorizzate ad uscire da sole se non

nei giorni di festa o quando dovevano andare in chiesa e anche in questo caso

dovevano essere accompagnate da una donna più anziana.2

Purtroppo le donne furono anche vittime, fin da quest’epoca, a discriminazioni

misogine. Infatti, a causa della superstizione e delle opprimenti paure che questa

portava fra le popolazioni del Medioevo, molte donne venivano ritenute streghe. Ciò

che faceva decidere se queste fossero streghe o meno, non era un simbolo o una

caratteristica in particolare, poiché cambiava da un giorno all’altro. Le donne

venivano considerate streghe a volte a causa del colore dei capelli, a causa di nei o

macchie della pelle o, semplicemente, perché non conoscevano perfettamente la

bibbia o il vangelo e persino il fatto che queste avessero cambiato villaggio, in quanto

poteva essere considerato come un segno per scappare all’inquisizione. In seguito, fu

scritta una sorta di guida per riuscire a scovare le cosiddette streghe. Questa specie di

guida fu scritta dai teologi domenicani Krämer e Sprenger, che furono autorizzati dal

pontefice Massimiliano I d’Austria, intitolata “Malleus Maleficarum” (nota anche

come “Il Martello delle Streghe”). In questo libro, articolato in tre parti, si spiegava

come trovare e far confessare una strega. Inoltre descriveva i diversi tipi di streghe: le

2
http://www.letteraturaalfemminile.it/donnenelmedioevo.htm
streghe giovani erano “addette” al controllo della fertilità ed agli aborti mentre quelle

più anziane si occupavano della malvagità e dell’invidia. Ma cosa fece credere agli

uomini dell’epoca che potessero esistere delle streghe?

Molte spesso si tendeva a pensare che le streghe fossero in grado di creare

pozioni che potessero controllare le nascite e la fertilità( in netto contrasto con la

dottrina Cristiana, che invece promulgava l’idea della procreazione). In parte è vero

che queste riuscivano a creare delle bevande in grado di aiutare le donne per quanto

riguarda la gravidanza, ma ciò era dettato dal fatto che la maggior parte di queste

erano levatrici e , in quanto tali, avessero osservato nel corso del tempo, quello che

poteva aiutare una partorente ad alleviare il dolore, come ad esempio la bella donna,

usata tuttora come omeopatico antispastico. Un’altra cosa, sempre in contrasto con la

dottrina cattolica del Medioevo, è il fatto che queste donne si basassero sulla prova

empirica delle loro pozioni, cosa assolutamente vietata a quel tempo, in quanto ci si

doveva basare solo sulla fede.

Quando una donna veniva considerata una strega, questa veniva processata e

durante il suo processo, più simile ad un calvario, veniva torturata nei modi più

orribili affinché “confessasse” di essere una strega e di avere avuto, di conseguenza,

delle relazioni con il diavolo. Una volta che la sentenza veniva decisa, questa veniva

messa su una pira in fiamme e bruciata viva oppure veniva impiccata, a seconda della

pena di morte vigente nel paese delle condannate. Era comune all’epoca credere che,

mentre le “colpevoli” venivano torturate e bruciate, gridassero per invocare il

diavolo, e non perché stessero soffrendo. Molti uomini di chiesa fra il 1400 e il 1600,
riportano di aver fatto bruciare un quantitativo enorme di donne ritenute streghe,

come ad esempio l’inquisitore domenicano spagnolo Paramo, che nel 1404 asseriva

soddisfatto di aver mandato al rogo 30.000 streghe o, in Francia, nel vescovato di

Trier, in ben due paesi era rimasta solo una donna ed infine in Germania dove il

vescovo di Wuerzburg ne aveva condannato novecento. Queste persecuzioni contro le

streghe vennero fatte durante tutto il Medioevo, causando così la morte di migliaia di

donne senza una ragione precisa. Nel tardo Medioevo e anche - in Italia - nel primo

Rinascimento, fu rilanciata la questione della natura umana. Nel suo scritto

pionieristico De dignitate hominis (1486) Giovanni Pico della Mirandola parlava

degli uomini: Dio aveva rivolto solo ad Adamo le parole in base alle quali l'uomo è

libero di seguire la propria natura e di scegliere la propria vita. La tesi della dignità

umana era rivolta contro la più vecchia dottrina della miseria humanae conditionis,

formulata da papa Innocenzo III. La miseria riguardava soprattutto le donne. I Padri

della Chiesa avevano attribuito ad Eva la colpa del peccato originale e identificato

con le donne la sessualità e il peccato. Per Tertulliano la donna era la «porta di

ingresso del diavolo» (ianua diaboli) e per Agostino la sessualità, anche coniugale,

era un peccato. Secondo Girolamo, era possibile evitare il peccato solo vivendo in

assoluta castità, poiché l'amore dell'uomo per la donna, personificazione del male e

della tentazione, non poteva essere compatibile con l'amore di Dio e quindi costituiva

una minaccia per la salvezza dell'anima dell'uomo. Gli uomini che desideravano la

salvezza dovevano guardarsi dalle donne, le donne da se stesse. Tertulliano e

Crisostomo si chiesero «cos'è la donna?» e risposero a questa domanda con un lungo


elenco di difetti: «nemica dell'amicizia, male necessario, tentazione naturale,

minaccia della casa, danno dilettevole, natura del male».

Grazie all’Illuminismo, le società rinacquero dal Medioevo. Mentre nei salotti,

tipici dell’epoca illuminista, la nobiltà e l’alta borghesia si ritrovava con gli

intellettuali dell’epoca per discutere sulle dinamiche più disparate e dimenticava i

cosiddetti “secoli bui” del Medioevo, anche le donne iniziavano una “ rinascita”, per

così dire, dal punto di vista sociale ma soprattutto umano. Infatti, non erano più

vittime di soprusi e maldicenze da parte degli uomini, ma anzi iniziavano, in qualche

modo, a poter esporre anche loro, parte del loro sapere, sempre con garbo e

riservatezza, poiché non erano considerate ancora del tutto al pari degli uomini e, di

conseguenza, non potevano mettere in mostra al meglio le loro conoscenze.

Quando si parla del secolo dei lumi, vi è un’abbondanza di figure femminili nei

salotti, come ad esempio Madame d’Epinay, la quale riuniva nel suo salotto le menti

più illustri del tempo, la Marchesa di Pompadour, protettrice delle arti e delle lettere.

Inoltre, la donna è al centro di scritti medici, filosofici e uno degli argomenti

principali degli scrittori, i quali si interrogano sulla sua fisiologia, la sua mente, la sua

educazione ed il suo ruolo sociale. La donna è dunque, nel secolo dei Lumi,

onnipresente, sia che questa sia reale, immaginaria o oggetto di studio. Ma nonostante

tutto, durante l’Illuminismo, la donna rimane subordinata all’uomo, senza personalità

civile, rimane esclusa dai centri di potere ed è rappresentata giuridicamente solo

dall’uomo. Bisogna aggiungere inoltre che non le veniva riconosciuto alcun diritto
professionale, civile o politico e che, nonostante i salotti brulicassero di figure

femminili e che gli intellettuali dell’epoca non disdegnassero scambiare le loro idee

con le donne, non vi è tuttavia traccia di una collaborazione femminile all’

Encyclopédie.

Inoltre, nonostante gli intellettuali dell’Illuminismo, credevano che lo sviluppo

morale fosse necessario alla cooperazione della società e che per arrivare a questo,

fosse necessario che la maggior parte della popolazione fosse istruita; perciò, durante

questo periodo, l’istruzione non si limitava più soltanto ad alcune donne ma si estese

per tutte coloro che facessero parte della classe medio alta. Benché l’istruzione si

estese ad una fascia più ampia di donne,tuttavia vi erano solo alcune discipline che

potevano studiare, perché si riteneva che queste non fossero in grado o non fossero

portate per studiare alcune scienze o filosofie. Alle donne veniva riservato lo studio

della musica, del disegno e delle arti in genere, poiché queste materie avrebbero

perfezionato la loro natura gentile e la loro posizione di mogli una volta sposate.

Per quanto riguardava i ceti più bassi, le donne non ebbero l’opportunità di

ricevere un’istruzione. Queste facevano parte della famiglia ed iniziavano a

collaborare all’età di sei o sette anni. A volte lasciavano la famiglia per andare a

lavorare in un’altra “casa” e quando si sposavano dovevano avere una “dote” che

diventava proprietà del marito. Molto spesso, quando i mariti lavoravano nelle

campagne, erano le donne che andavano per i mercati a vendere i prodotti. Vi erano

tuttavia delle specie di guardie, che cercavano di intralciare il lavoro delle donne

poiché questo era considerato immorale. Inoltre, quando i mariti partivano, anche in
altri stati, per dei lavori che duravano anche un’intera stagione, erano le donne che si

prendevano cura dei raccolti o del bestiame.3

Economicamente, con la crescita del capitalismo, vennero fatte molte leggi che

impedivano o che comunque limitavano le donne dall’avere delle proprietà o un

proprio business. Infatti, mentre gli uomini dell’Illuminismo in Europa, si

impegnavano a far espandere le proprie economie, le donne venivano fatte dimettere

da molti settori lavorativi.

Fu proprio in questo secolo che, con la rivoluzione francese, le donne

iniziarono a prendere coscienza della loro condizione e a formulare i primi pensieri

sul fatto che anche loro, in quanto individui ed esseri umani, dovevano godere di

alcuni diritti fondamentali e di essere considerate al pari degli uomini. Grazie alla

filosofia, che pur non essendo materia di studio delle donne era riuscita a filtrare

anche fra queste, si ebbero i primi scritti che rivendicavano in un certo senso

l’indipendenza, come ad esempio in Francia Olympe de Gouges scrisse la

Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne ( dichiarazione dei diritti della

donna e della cittadina) e in Inghilterra Mary Wollstonecraft con Vindication of rights

of women (rivendicazione dei diritti delle donne).4

Capitolo II: L’aiuto delle donne nella rivoluzione industriale e la loro

condizione nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale


3
(Duby, 1995)
4
http://www.wsu.edu/~dee/ENLIGHT/WOMEN.HTM
Negli anni antecedenti alla rivoluzione francese, alcune donne iniziarono a

volersi riscattare dalla loro posizione. Durante questo secolo infatti troviamo un

primo esempio, da parte di alcune donne che si basavano sul principio della

rivoluzione francese, uguaglianza,libertà e fraternità, di pensiero diverso da quello del

Medioevo, in cui la donna doveva necessariamente sottostare al marito.

Con la rivoluzione industriale, poi, le donne iniziarono ancor più a prendere

coscienza del fatto che potevano essere utili alla società, non solo stando a casa e

prendendosi cura della famiglia, bensì lavorando anche fuori casa al pari degli

uomini. Durante la rivoluzione industriale vi fu un enorme impiego nelle industrie, a

partire da quella tessile, di donne. Grazie alle tradizioni tramandate nei secoli, le

donne erano in grado di cucire e rammendare e ciò diede loro l’opportunità di poter

lavorare anche fuori casa, prima in piccoli laboratori artigiani ed in seguito nelle

industrie tessili.

Con la rivoluzione industriale vi fu un vero e proprio esodo dalla campagna

alla città, poiché la manodopera in qualsiasi tipo di industria era necessaria e il

contributo prettamente maschile era diventato ormai insufficiente. Le donne vennero

dapprima impiegate nell’industria tessile fino ad arrivare a quella mineraria. Infatti si

registrano cifre altissime di donne impiegate nelle miniere. Questo era dovuto anche

al fatto che le donne, costavano innanzitutto meno degli uomini ed essendo di

corporatura inferiore a questi, venivano mandate nei meandri più nascosti delle

miniere. Inoltre dovevano trasportare quantità di minerali enormi, perché arrivarono

anche a sostituire i cavalli visto che era molto meno caro pagare una donna, che un
uomo per l’utilizzo del suo cavallo. Ma nonostante il loro contributo, la loro

condizione non era cambiata di molto, dato che avevano il diritto di lavorare nelle

industrie, ma non quello di dirigerle. Erano spesso soggette alle ingiurie da parte dei

datori di lavoro, i quali potevano permettersi anche di non pagarle o addirittura di non

richiamarle, lasciandole così in un continuo stato di incertezza. Inoltre, il lavoro delle

donne non si limitava al lavoro in fabbrica, infatti era sempre compito loro badare

alla casa e alla famiglia. Inoltre gli orari della fabbrica impiegavano la maggior parte

del loro tempo,poiché queste lavoravano solitamente dalle sei del mattino fino alle

dieci di sera ininterrottamente d’inverno e dall’alba fino a mezzanotte d’estate. Ma

ciò, per le comunità dell’epoca, non sembrava un peso così grande. Le donne, prima

di migrare dalla campagna, lavoravano al fianco degli uomini facendo orari

estenuanti, che le portavano molto spesso a dover lavorare dall’alba al tramonto e a

volte anche oltre, e non veniva riconosciuto loro alcun merito o diritto. A ciò si

aggiungeva il fatto che dovessero occuparsi dei figli e del marito, creando così una

sorta di doppio lavoro. Questo però non era abbastanza; la reazione da parte

dell’opinione pubblica maschile, non era certo incline alla presenza delle donne nelle

fabbriche, poiché questo veniva visto come una sovversione naturale, se non un vero

e proprio “attentato alla moralità”. Le nuove assunte venivano paragonate agli

“imboscati” e considerate oggetto di favoritismi interessati da parte dei dirigenti

maschi. Nelle lettere di protesta indirizzate dal personale ai dirigenti delle fabbriche,

si parlava spesso delle donne come di “sgualdrine” che vivevano nel lusso,
approfittando della loro nuova condizione sociale ed economica, quando, in realtà

erano le uniche ad essere sfruttate.

Quando inizialmente i mariti iniziarono a migrare verso le città, toccava alle

donne prendersi cura dei raccolti. Inoltre, nelle campagne erano le donne che si

occupavano del commercio che veniva affidato loro dal marito, poiché questo era

occupato nel raccolto o con i capi di bestiame. Nell'ultima fase

dell'industrializzazione, quando divenne sempre più oggetto di discussione la visione

economica e culturale del marito come «sostentatore» e della moglie come «operaia

dell'amore» (nel senso letterale del termine era comunque lei a «sostentare» la

famiglia), in tedesco fu creata l'ironica allitterazione Kinder, Küche, Kirche (bambini,

cucina e chiesa).5

Durante la prima guerra mondiale, le donne, in Europa, si ritrovarono sole,

senza la protezione del marito e senza alcun diritto. Molte di loro vennero impiegate

nell’industria bellica per la produzione di armi. Purtroppo, anche in questo caso,

dovettero lavorare duramente nelle industrie senza godere appieno dei benefici che

tale posizione portava, almeno per gli uomini. Molte delle giovani ragazze che si

videro costrette a lavorare nelle fabbriche si ammalarono a causa del contatto con

pericolosissime sostanze chimiche. In Inghilterra queste venivano chiamate Canaries

(canarini) per il colore della pelle che tendeva verso il giallo dato dal fatto che il loro

sangue fosse ormai avvelenato.

5
http://www.pbmstoria.it/dizionari/storia_mod/d/d089.htm
Per le donne il trauma bellico ha creato lutto, sofferenza e ansia materna, ma ha

anche portato una frattura nell’ordine familiare e sociale.

Inoltre, come in tutti gli altri secoli, vi era una differenza dalla condizione in

cui vivevano le donne delle classi sociali meno abbienti, costrette a sopportare

ristrettezze economiche e alimentari, il peso di nuove responsabilità e il superlavoro

derivante dall’accumulo di compiti per l’assenza maschile, rispetto a quelle della

classe medio alta, che trovavano, semplicemente, per la prima volta il modo di uscire

dall'ambito familiare, di sentirsi valorizzate in compiti socialmente utili e

pubblicamente riconosciuti.

Ma vi fu anche il caso estremo di quelle donne che dovettero subire le violenze

sessuali degli eserciti occupanti.

Da un certo punto di vista si può dire che, molte donne iniziarono a liberarsi da

una condizione che le costringeva alla subordinazione di padri e mariti; ma non tutte

le donne, vissero il tempo di guerra allo stesso modo, ma almeno per alcune la

memoria di quel tempo “felice” appare oggi comprensibile, perché rinvia al senso di

liberazione da un mondo chiuso nell'ambito privato e domestico, nel ruolo di madri e

spose, nel quale si trovavano comunque “prigioniere” ancora in quel tragico agosto

del 1914.

Visto che la donna stava iniziando, almeno nel settore lavorativo, ad ottenere

maggiore libertà, per alcuni la guerra sembrò ristabilire la distinzione fra i sessi;

infatti abbiamo da un lato la figura dell’uomo, protettore della famiglia impegnato al


fronte, mentre dall’altra parte la donna relegata a casa al focolare domestico. Invece

fu proprio la guerra la causa di un estensione, in tutti i campi, della donna, poiché

l'enorme consumo di energie umane innescato dalla guerra, il bisogno crescente di

manodopera in tutti i settori (specialmente nella produzione bellica), provocarono

chiaramente una specie di invasione di campo femminile nelle più diverse realtà

professionali. Le donne si scoprirono tranviere, ferroviere, portalettere, impiegate di

banca e dell'amministrazione pubblica, operaie nelle fabbriche di munizioni. Si arrivò

pertanto alla rimozione di tabù e confini tra compiti e ruoli canonici, con una nuova

confusione e mescolanza dei sessi.6

Durante la Prima Guerra Mondiale la manodopera femminile aumentò infatti in

maniera sorprendente soprattutto nelle banche (dove passò dal 3,5% all’11,4%) e nel

settore dell’amministrazione (dal 4,7% al 12,9%). Il risultato di tale drastica

rimozione della “repressione” sociale femminile, fu dunque un inedito anelito di

libertà: vivere sole, uscire da sole, assumersi da sole certe responsabilità erano cose

che ora divenivano per molte finalmente possibili, anche se non sempre accettate

senza riserve dagli altri.

Dal 1915, i salari aumentarono in modo irrisorio rispetto agli alimenti, al punto

che, in tutta Europa, molti generi di prima necessità, come scarpe ed indumenti, erano

inaccessibili. Così molte donne si videro costrette a raccogliere l’erba dai giardini

pubblici, per sfamare la propria famiglia, e ad utilizzare la buccia degli alimenti,

senza considerare che il prezzo della carne, del pane e del latte non solo erano

6
http://www.lagrandeguerra.net/gggrandeguerradonne.html
quadruplicati, ma molto spesso erano quasi impossibili da trovare. Le donne, più

“fortunate”, erano quelle che lavoravano nelle fabbriche, cosa che gli permetteva di

percepire uno stipendio e, dunque, maggiore “sicurezza economica”, ma che di fatto

non era comunque sufficiente a sostentare la famiglia in maniera adeguata.

Durante la guerra, il ruolo della donna fu comunque utile anche sul campo di

battaglia, dove, non solo rischiavano di morire a causa della guerra stessa, ma il

lavoro le esponeva a turni massacranti, stress psicologico e infezioni mortali. Molte

furono le donne che divennero infermiere o che entrarono a far parte della Croce

Rossa, le cosiddette crocerossine. Gli sforzi compiuti dalle donne in questa direzione,

prendono spunto da Florence Nightingale, la prima crocerossina inglese che diede il

suo sostegno durante la guerra di Crimea. Durante la Prima Guerra Mondiale, si conta

che circa 10.000 donne entrarono a far parte della Croce Rossa per dare il loro aiuto e

che altrettante fossero impegnate in associazioni di soccorso.

Al fine della Prima Guerra Mondiale, le donne si ritrovarono in un certo qual

modo sole; molte di loro erano rimaste vedove con una famiglia a carico e tante

vedevano tornare a casa mariti e figli, che non potevano più essere d’aiuto dal punto

di vista lavorativo. Ma anche per coloro che lavoravano fuori casa non fu facile. Al

termine della guerra, molti Stati si ritrovarono con una sovrapproduzione di materiale

bellico e l’economie dei Paesi si erano quasi arrestate.

Fu in questo clima che, in Italia, il Fascismo trovò terreno fertile su cui far

attecchire i propri ideali. Infatti, esaltava le folle che, trovandosi in questa situazione,
venivano “rincuorate” e per certi versi dava loro coraggio. Anche per le donne fu lo

stesso.

Durante il fascismo, le donne venivano in parte esaltate dal regime in maniera

tale che questo potesse ottenere anche il loro consenso. Frasi del tipo “Madri nuove

per figli nuovi” erano comuni durante questo periodo. La donna doveva ricoprire i

ruoli di madre, moglie e massaia, fino a farsi portavoce della missione patriottica. In

quegli anni fu istituita l’ O.M.N.I, l’opera nazionale per la protezione della maternità

e dell’infanzia, e molte donne vennero istruite nell’economia domestica,

nell’educazione all’infanzia e nell’assistenza sociale. Le donne, nonostante fossero

esaltate nel loro ruolo tradizionale, erano escluse dalla vita politica; infatti il governo

fascista esaltava la virilità e la supremazia da parte dell’uomo. Perciò, anche se la

donna era per certi versi tutelata, si ritrovava nuovamente costretta a casa, senza

alcuna scelta dato che l’ideologia fascista dava alla donna l’illusione di sostenere le

sue aspirazioni ma, di fatto, la relegava nei suoi ruoli tradizionali, varando misure

contrarie al lavoro femminile. Con la guerra in Etiopia del 1935, le leggi razziste e

antifemministe si fecero ancor più forti. Alcune riviste femministe vennero censurate

e fatte sparire dalla pubblica piazza, come ad esempio “Donna Italiana”. Furono

eliminate molte attività che potevano allontanare le donne dal ruolo che prevedeva

per loro il governo fascista, cioè sposarsi ed incrementare le nascite, al punto che lo

Stato vietò l’uso di anticoncezionali e il ricorso all’aborto. Inoltre, un decreto legge

del 1938 impose la riduzione del 5% delle donne dall’amministrazione pubblica e le


bambine dovevano pagare una tassa doppia, rispetto ai bambini, per poter andare a

scuola.7

Così come in Italia si sviluppò il Fascismo, contemporaneamente in Germania

si insediò al potere un altro regime totalitario, il Nazismo, che si basava sulle stesse

idee politiche per quanto riguarda la condizione della donna. Nel Nazismo, che

incentrava la sua idea politica sulla supremazia della razza ariana, anche le donne

furono discriminate. Infatti venivano considerate si superiori agli ebrei, ma sempre un

gradino sotto gli uomini. Anche Hitler durante il regime nazista, così come Mussolini

in quello fascista, pensava alla donna solo come un oggetto utile alla procreazione e

costretto a casa ad obbedire al marito. Infatti, per quanto riguarda l’ideologia nazista,

la parola nazismo e donna tendevano a formare quasi un ossimoro. Ma la società

tedesca non disposta ad abbandonare del tutto gli usi della Repubblica di Weimar,

infatti, se pur con molti sforzi, le donne continuarono a studiare, lavorare e cercarono

di partecipare alla vita politica, anche se si trovavano in un regime che le respingeva

come tali. Per quanto possa sembrare paradossale, vi furono alcune donne naziste al

di fuori dagli schemi previsti dall’ideologia. Molte di loro utilizzarono la maschera

del matrimonio per poter prendere parte alla vita politica ed altre cercarono di

confermare la loro posizione ottenuta durante la Repubblica di Weimar, in maniera

tale da poter entrare a far parte di quel regime totalitario che le respingeva. Come

sottolinea la storica Claudia Koonz, il regime misogino nazista non era riuscito a

ridurre al silenzio le donne, le quali avevano trovato un’infinità di sbocchi al loro

7
http://www.storiain.net/arret/num107/artic5.asp
attivismo, ad esempio il Frauenwerk (Opera Femminile), un organizzazione nazista

femminile.

Si possono distinguere due periodi, ben distinti fra loro, per poter capire il

ruolo della donna nell’epoca nazista. La prima fase corrisponde al Kampfzeit (il

tempo della lotta), quando i dirigenti nazisti ignoravano completamente il ruolo delle

donne. Senza alcun controllo, le donne organizzarono la loro idea di donna e del

nazismo. La seconda fase inizia con la Gleichschaltung (l’adeguamento coatto ai

principi nazisti) dove Hitler modificò bruscamente le sue priorità. Infatti dopo essere

state ignorate per decenni dai dirigenti nazisti, le donne iniziarono ad essere prese in

considerazione, poiché senza di loro non era possibile perseguire il loro obbiettivo di

“purificazione razziale”. Perciò, per quanto potessero essere disprezzate dagli

ufficiali e dall’ideologia stessa, le donne entrarono a far parte di quella società

tedesca che distrusse la vita di molte altre donne, considerate “inumane”. Infatti, non

solo il nazismo opprimeva le donne, ma anche i non ariani con le leggi razziali, e

soprattutto antisemite.8

Purtroppo, durante gli anni in cui il nazismo dominava in Germania, e quando

anche in Italia arrivarono le leggi antisemite, moltissime donne persero la vita nei

campi di concentramento di tutta Europa. Le donne ebree in particolare, seguite dalle

zingare e da quelle che venivano considerate “diverse” per razza o religione,

venivano deportate nei campi di concentramento dove erano costrette a morire di

fame e stenti e a dover veder morire le proprie figlie, quando non venivano separate

8
http://www.storiain.net/arret/num105/artic1.asp
da queste ultime. Le madri che partorivano nei lager erano costrette a loro volte a

veder morire i loro neonati per la fame, la mancanza di cure o per gli esperimenti che

i medici delle SS facevano sui loro bambini. Tutto ciò ha portato le donne vittime dei

nazisti a cercare in ogni modo e con ogni strumento, alla sopravvivenza, cercando di

affermare con ogni strumento culturale la propria identità di esseri umani.

Per cercare di distruggere la loro identità, le donne deportate venivano

spaventate, venivano tagliati loro i capelli in segno di umiliazione e venivano

raggruppate e costrette in docce buie e fredde per essere spaventate. Vivevano con la

costante angoscia di non sapere se sarebbero sopravvissute e se, un giorno, avrebbero

potuto rivedere i loro cari. Sono innumerevoli le donne deportate che persero la vita

nelle camere a gas, dove venivano raggruppate e poi veniva spruzzato su di loro un

gas che faceva reazione con l’acido cianidrico che si trovava sulle mura e le

asfissiava fino alla morte. Molte di loro subirono interventi chirurgici orribili, che

servivano alla sperimentazione dei medici nazisti. Inoltre era prevista la

sterilizzazione delle donne ebree, perché secondo l’ideologia nazista la razza ebrea

era inferiore a quella ariana e in quanto tale doveva essere eliminata. Durante la

sterilizzazione, le donne non ricevevano alcuna anestesia e venivano lasciate soffrire.

A causa delle infezioni, molte di loro morivano il giorno stesso e venivano

immediatamente cremate. Avevano, inoltre, l’ordine di non raccontare niente e di

soffrire in silenzio una volta uscite dai laboratori. La maggior parte delle donne che

erano prigioniere nei lager avevano infezioni alla bocca date dai componenti chimici

che venivano messi nelle esimie razioni di cibo. Quando erano in vita, quelle
considerate migliori, erano costrette a “prostituirsi” con le guardie dei campi di

concentramento e inoltre erano soggette ogni giorno ad estenuanti appelli, che

potevano durare ore, al freddo senza alcun vestito. Inoltre venivano schernite

continuamente e potevano essere picchiate, torturate, violentate e uccise da un

momento all’altro.9

Purtroppo sono pochissime le testimonianze scritte rilasciate da donne che

hanno vissuto l’Olocausto, anche se sufficienti a raccontare l’orrore vissuto nei lager.

All’inizio di questo secolo in cui la donna ebbe maggiormente rispetto al

passato l’opportunità di emanciparsi e di poter richiedere i propri diritti, anche se

meno sotto alcuni regimi, in Russia si impose al governo il regime Comunista, che, in

teoria, proclamava l’uguaglianza fra gli esseri umani a prescindere dalla loro classe

sociale e, di conseguenza, anche fra gli uomini e le donne.

Purtroppo non fu propriamente così. Infatti, anche se il regime comunista sotto

Lenin incitava la donna a prendere parte sia alla vita politica che a quella lavorativa,

la società non era ancora pronta ad un cambiamento così radicale, poiché per molti

secoli, anche in questo Paese, la donna si occupava quasi esclusivamente della

famiglia e della casa. Ma questo non fu il solo motivo. Nonostante il regime avesse

cercato di creare nuove riforme, come ad esempio il diritto al divorzio e la

legalizzazione dell’aborto nel Novembre 1920, e aveva creato delle strutture per

aiutare le donne con bambini, l’impiego della donna nel modo del lavoro fu molto

9
(Lifton, 1988)
difficile. In primo luogo, gli uomini non erano disposti a prendere il ruolo delle donne

a casa o ad aiutarle, dato che il regime prevedeva si che la donna lavorasse in fabbrica

o nelle campagne, ma che non rinunciasse al suo ruolo di madre e moglie. Secondo

poi, molte donne non venivano pagate allo stesso modo degli uomini ed infine

moltissime, provenienti soprattutto dalle classi meno abbienti erano alfabete e di

conseguenza era molto difficile coinvolgerle nella politica. Solo poche riuscirono ad

entrare in questo mondo e ad esporre le loro idee che non vennero ascoltate.10

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la condizione in cui si trovò a vivere la

donna, non era così diversa rispetto alla Prima Guerra Mondiale, anche se alcune cose

cambiarono. Così come nella Prima Guerra Mondiale, anche durante il Secondo

conflitto mondiale, le donne si videro, soprattutto nei Paesi che non erano stati

“colpiti” dai regimi totalitari fascisti, richiamare nelle fabbriche e dovettero sostituire

nuovamente gli uomini andati in guerra, nei ruoli tradizionalmente maschili.11

In Inghilterra furono create nell’aviazione militare, nell’esercito e nella marina

diversi gruppi per le donne, come ad esempio l’ATS (Auxiliary Territorial Services)

dove le donne aiutavano a dirigere i militari contro le incursioni aeree, la WRENS

(The Women’s Royal Naval Service) dove lavoravano come operatori radiofonici e

guidavano le ambulanze. In Germania e Italia, le donne si vedevano nuovamente

costrette allo stesso ruolo delle loro “antenate” prima della rivoluzione industriale.

Inoltre in Germania, le donne ebree erano costrette alle peggiori torture da parte del

10
http://www.zum.de/whkmla/sp/0910/lse/lse1.html
11
http://www.secondaguerramondiale.net/il-ruolo-delle-donne.htm
regime nazista. Molte donne in Italia, una volte entrate in guerra decisero di

combattere al fianco dei partigiani. Queste portavano messaggi cuciti addosso per

conto degli uomini, poiché queste destavano molti meno sospetti. Molte di loro

aiutarono le famiglie ebree e i giovani partigiani che si nascondevano dai soldati

fascisti.

Capitolo III: Le Suffragette e il Femminismo


Fu proprio durante questi due secoli, 1800 e 1900, che alcune donne iniziarono

a pensare a loro stesse non più come un essere esclusivamente utile alla riproduzione

e subordinato all’uomo, ma come un essere umano che ha dei diritti.

Già nella seconda metà del XVIII secolo, durante la rivoluzione francese,

alcune donne, in Francia, iniziarono ad esporre le loro idee; ad esempio Madame B.B

de Cadeau scrisse il Cahier de Doleance, in cui scriveva che le donne dovevano

iniziare a riscattare la loro posizione, come stavano facendo i neri, ed essere

considerate come cittadine. Sempre durante gli anni della rivoluzione francese,la

scrittrice Olympe de Gouges iniziò a domandare per i diritti della donna come

cittadina, nel 1791 davanti all’Assemblea Costituente di Parigi, presentando una

Dichiarazione dei diritti della Donna e della Cittadina,ma fu arrestata e condannata a

morte da Robespierre.

Nel secolo successivo, in Inghilterra alcune donne ebbero gli stessi ideali ma il

loro movimento, con il tempo venne ascoltato. Questo gruppo, fu chiamato per la

prima volta dal quotidiano Daily Mail con il nome di Suffragette, poiché le donne

appartenenti a questo movimento chiedevano il suffragio universale 12. La “madre”

ispiratrice di questo movimento fu Mary Wollstonecraft, che nel 1792 scrisse

Rivendicazione dei diritti della donna, dove ridicolizzava la figura della donna per

come veniva vista da parte della società e parlava dell’uguaglianza fra i sessi.

12
http://www.historylearningsite.co.uk/suffragettes.htm
Inizialmente, le militanti di questo gruppo si chiesero perché la donna non

potesse avere il diritto al voto, ma dovesse sottostare alle leggi del governo che le

promulgava? e inoltre, perché le donne non potesse avere alcun diritto quando erano

in grado di compiere lo stesso lavoro di un uomo e in più dovessero occuparsi anche

di tutto il resto? La risposta data dal governo, composto unicamente da uomini

(tranne la regina) fu che le donne, a causa della loro natura troppo sensibile non

sarebbero state in grado di pensare logicamente come gli uomini e per questo non

sarebbero state nemmeno in grado di votare obbiettivamente.

Questo movimento fu creato dalle donne della media borghesia, ormai stanche

di essere considerate un oggetto della società appartenente al sesso maschile e che

intravedevano nel suffragio universale, un modo che avrebbe permesso loro di uscire

da quella condizione di inferiorità che le opprimeva da secoli. Questa ideologia prese

piede in Inghilterra, seguita da Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda per poi

svilupparsi, nel secolo successivo, anche in molti altri Paesi d’Europa. Iniziarono a

manifestare in maniera pacifica per le strade, chiedendo il diritto al voto. Nel 1869

riuscirono ad ottenere il diritto al voto municipale, ma fu solo nel 1893 che, la prima

nazione, la Nuova Zelanda, diede il diritto di voto a tutte le cittadine di età superiore

ai ventuno anni. Seguita poi da quasi tutti gli altri paesi europei e da Stati Uniti,

Canada e Australia.

Una delle più importanti attiviste fu Millicent Fawcett, che discusse con

argomenti di indubbia intelligenza davanti agli uomini il perché le donne avessero il

diritto al voto. Inizialmente spiegò che se le donne facevano parte di una società che
imponeva delle leggi e loro dovevano sottostare a queste e seguirle, di conseguenza

avevano anche il diritto di scegliere quali di queste dovessero essere approvate o

meno. Inoltre chiedeva alle donne appartenenti a questo movimento di agire sempre

in maniera pacifica, poiché, se queste avessero utilizzato la violenza per ottenere il

loro obbiettivo, ciò avrebbe dato adito all’idea che le donne si facevano prendere

troppo dai loro sentimenti e di conseguenza sarebbero state considerate troppo

sensibili per votare in maniera riflessiva.

Un’altra donna, sempre in Inghilterra, che protestò a causa di questo

atteggiamento misogino da parte della società fu Emmeline Punkhurst insieme a sua

figlia Christabel. Insieme fondarono la Women’s Social and Political Union nel 1903.

Questo fu praticamente il primo “partito” creato dalle donne. Questo partito nacque

come un movimento pacifico, ma purtroppo, come in tutti i movimenti, c’erano delle

esponenti che erano disposte a tutto e che avrebbero usato poi la violenza per ottenere

ciò che volevano.

Nel 1905, Christabel Punkhurst e un’altra esponete del gruppo, davanti ad

un’assemblea a Manchester, chiesero a Wiston Churchill e a Sir Edward Grey se le

donne avessero il diritto di votare. Non vi fu alcuna risposta. Le due donne iniziarono

a gridare contro questi due membri dell’assemblea di rispondere alla loro domanda

intervallandolo con lo slogan “Votes for women” ( il voto alle donne). Vennero

arrestate per questo motivo, ma il fatto di andare in prigione non le rendeva tristi.
Tutt’altro, erano contente, perché così avrebbero potuto praticare lo sciopero della

fame in segno di protesta per le loro richieste.13

Durante quegli anni alcune donne appartenenti a questo movimento

vandalizzarono molti monumenti di Londra, bruciarono molte chiese anglicane

(perché la chiesa d’Inghilterra era contro il diritto di voto alle donne), vandalizzarono

Oxford Street, si incatenarono a Buckingham Palace, perché la dinastia era

sfavorevole nel dare il voto alle donne, danneggiarono campi da golf e attaccarono i

politici quando questi andavano a lavorare. Prendevano delle barche e navigando il

Tamigi, gridavano a favore del voto alle donne. Alcune di queste toccarono il

culmine tanto da farsi martirizzare. La prima di loro fu Emily Wilding Davison, che a

Derby nel 1913 si buttò sotto un cavallo del re, dando così origine al primo “martire”

si questo movimento. Purtroppo, questo gesto fece ricredere gli uomini, i quali si

interrogarono sul fatto che una donna colta fosse arrivata a tanto e cosa sarebbe

successo se questa non avesse avuto un educazione. Di conseguenza ribatterono sul

fatto che le donne hanno una natura troppo sensibile per poter votare. Alcune di loro

smisero persino di pagare le tasse. Tutto ciò fu aspramente criticato dagli uomini e

non solo. Infatti anche i maggiori esponenti delle Suffragette condannarono questi

atteggiamenti.

Dal movimento delle Suffragette, prese forma il fenomeno del Femminismo.

13
(Punkhurst, 1911)
Questo fenomeno, non è come credono in molti, un movimento che vuole la

supremazia da parte delle donne sugli uomini, ma chiese e chiede soltanto che le

donne vengano considerate al pari di questi e che possano godere di qualsiasi diritto

gli spetti, di non essere discriminate per il loro sesso e di essere emancipate senza per

questo essere giudicate.14

È un movimento che si è sviluppato in maniera diversa, poiché ogni gruppo di

donne apparteneva ad una cultura, un Paese o una religione diversa e pertanto aveva

necessità diverse, ma di base rispettava la prima ideologia femminista, ossia, quella

da cui prende origine questo termine coniato da Hubertine Auclert nel 1880 sulla

rivista La Citoyenne(ancor prima che il movimento si formasse), l’emancipazione e il

rispetto per i diritti delle donne.

Molti si chiedono se il femminismo esistesse già prima che si diffondesse

questo termine, alla fine dell'Ottocento? Se con il termine si intende (come di

consueto oggi nei paesi di lingua inglese) un grido di rivolta, sommesso o acuto,

pubblico o privato, contro la condizione femminile, allora il femminismo esiste già da

secoli, se non da sempre. Se invece con il termine «femminismo» si intende un

movimento sociale di donne animate da una concezione femministica del mondo,

allora si tratta di un fenomeno specifico del XIX e del XX secolo. In questo caso,

trattando delle voci precedenti, sarebbe preferibile usare i termini che esse stesse

usavano, per esempio «libertà», che anche in passato era un termine tanto noto quanto

amato.

14
http://plato.stanford.edu/entries/feminism-topics/
Col passare del tempo, il femminismo si è sviluppato in moltissimi Stati.

Principalmente in Europa e negli 60 e 70 in maniera molto forte negli Stati Uniti.

Al giorno d’oggi, grazie ad altri movimenti che si sono ispirati al femminismo

europeo e americano, diversi gruppi di femministe hanno preso forma in Africa, in

Medio Oriente e in parte in Asia.

Inizialmente le donne, con le Suffragette, chiedevano soltanto il diritto di voto.

In seguito si resero conto che la donna, così come l’uomo, ha diritto ad orari di lavoro

“umani” ed un salario adeguato. Chiesero anche il diritto ad un periodo di distacco

dal lavoro durante la maternità e che questo periodo venisse comunque stipendiato;

chiesero il diritto ad avere il controllo sulle nascite (come ad esempio la questione dei

contraccettivi e il diritto ad abortire) poiché erano soprattutto le donne a farsi carico

di tutto ciò che comporta la gravidanza e scegliere per la loro carriera. A proposito di

questo, il sociologo Arlie Russell Hochschild, aveva dibattuto sul fatto che in una

famiglia dove entrambi i membri hanno una carriera, la donna avrebbe avuto in ogni

caso, una sorta di doppio lavoro, poiché oltre alla carriera, doveva anche occuparsi

dei figli e della casa. Per tutta risposta, la giornalista americana Cathy Young, i cui

scritti spesso si sposano con l’ideologia femminista, aveva risposto che una donna

non può farsi carico di entrambe le cose o che debba di conseguenza rinunciare alla

carriera lavorativa(poiché rinunciare all’idea che questa potesse non prendersi cura
della casa sarebbe stato impensabile), ma che le mansioni di casa e la gestione dei

figli va divisa equamente fra i due coniugi.15

Un diritto molto difficile da ottenere da parte delle femministe, fu la protezione

legale contro gli stupri e le violenze in genere contro le donne. Questo a causa del

fatto che in molte culture il maltrattamento delle donne veniva fatto entro le mura

domestiche e molto spesso da un parente stretto. Perciò risultava difficile alle donne

denunciare un loro caro, anche se questo era stato il loro aguzzino. In seguito sono

state create delle leggi che tutelano la donna non solo dalle violenze fisiche, ma anche

da quelle psicologiche, come le leggi antistalking. Tutti questi diritti, che furono,

parzialmente conquistati col tempo, sono quelli di cui molte donne dell’Europa

Occidentale, dell’America del Nord e dell’Australia e della Nuova Zelanda possono

usufruire quasi pienamente.

Negli anni 60 e 70, vi è stata un’evoluzione del femminismo in moltissimi

paesi d’Europa e soprattutto negli Stati Uniti. In quegli anni, i movimenti femministi

si svilupparono in diverse correnti, anche se queste erano tutte accomunate dallo

stesso ideale, ossia che la società sciovinista andava cambiata poiché non poteva

essere governata solo da uomini. Ma la grande rivoluzione del femminismo degli

anni 60 e 70, fu nel fatto che se fino ad allora le donne avevano creduto

nell’emancipazione per raggiungere l’uguaglianza, adesso invece si basavano sulla

diversità e su tutte quelle caratteristiche che differenziano l’uomo dalla donna. Infatti,

se i primi movimenti femministi avevano concentrato le loro energie per cercare di

15
(Hochschild, 2001)
ottenere l’uguaglianza ed avevano creduto fermamente nella democrazia

parlamentare, in quegli anni si sviluppò una sorta di avversione contro lo Stato.16

Certo negli anni questo non era stato in grado di realizzare riforme reali e il

movimento femminista aveva spesso diffidato di quelle leggi. Una delle critiche

principali che le femministe degli anni 70 facevano alla società erano i valori

patriarcali; il movimento femminista di allora infatti, denunciava non solo il fatto che

la donna potesse diventare indipendente tramite il lavoro, ma che la sua educazione

non dovesse basarsi su principi maschilisti (una famiglia in cui l’uomo è a capo di

tutto). Vi era dunque una critica molto forte verso la famiglia “tradizionale”, ma non

solo. Criticarono l’organizzazione gerarchica che si basava su modelli prettamente

maschili e su come la donna, a causa di ciò, venisse rappresentata dalla cultura e dai

media. Molto spesso il femminismo si è sviluppato come un movimento da parte

delle donne su base politica o razziale, come ad esempio negli anni 70, si

svilupparono diversi gruppi di femministe, che pur partendo dallo stesso sfondo

culturale e dalla stessa ideologia (quella che le donne, se pur diverse biologicamente

dagli uomini, devono avere comunque gli stessi diritti) erano indipendenti l’uno

dall’altro. Sempre in quegli anni, in contemporanea con le leggi relative al divorzio,

le donne dei movimenti femministi chiedevano l’accesso ai contraccettivi e la

legalizzazione dell’aborto, poiché questo avrebbe portato ad un “riappropriarsi del

proprio corpo e la liberazione della sessualità femminile dall’uomo”.17

16
(Taramundi, 2004)
17
http://www.ecu.edu/wost/Types.html
Col tempo i movimenti femministi si sono basati su delle ideologie politiche

oppure sono nati per difendere il ruolo della donna non solo nella società, ma anche

dalle discriminazioni razziali.

Un esempio del primo tipo è il femminismo socialista che prevede la

protezione e l’uguaglianza dei diritti della donna sulla base dell’ideologia socialista,

il femminismo liberale, che chiede l’uguaglianza in tutti i diversi settori lavorativi

attraverso un cambiamento del sistema e un’autrice femminista liberale americana,

Betty Friedan, ha scritto molti libri a riguardo fra cui Feminine Mystique, che al

momento in cui fu pubblicato, nel 1963, suscitò sgomento fra la popolazione

americana che aveva una visione conservatrice della donna, poiché questo dibatteva

sul fatto che la donna non poteva “realizzarsi” soltanto tramite il matrimonio e i figli,

ma anche attraverso il mondo del lavoro. Altri esempi di femminismo che hanno le

loro fondamenta nei movimenti politici sono il femminismo radicale, che vede la

donna oppressa dalla società patriarcale e pertanto costretta a chiedere l’uguaglianza

fra i due sessi per annullare l’idea che l’uomo possa comandare sulla donna e, a

proposito di questo, la scrittrice femminista Kate Millett ha scritto nel 1970 il libro

Sexual Politics, dove denuncia che la società patriarcale condanna il sesso femminile

e lo opprime, facendo riferimento ad autori sessisti come H.D.Lawrence o Henry

Miller; il femminismo ecologico, che crede che la distruzione della natura sia legata

alla distruzione della donna; il femminismo marxista che vede come causa

dell’oppressione della donna la struttura sociale e che per questo va cambiata.


Il femminismo che si basa su un principio che prevede l’uguaglianza delle

razze è il femminismo afroamericano o Womanism. Infatti, questo movimento

nacque in risposta al femminismo che era nato dalle donne bianche della classe

media. Il femminismo afroamericano, non solo difende i diritti delle donne

afroamericane, ma chiede anche che vengano abolite tutte le differenze razziali. Il

termine Womanism fu utilizzato per la prima volta dalla scrittrice afroamericana,

vincitrice del premio Pulitzer, Alice Walker nel suo libro In Search of Our Mother’s

Gardens, con la frase :<<Lo Womanism sta al Femminismo, così come il viola sta

alla lavanda>>. 18 Lo Womanism ha origine con le teologie di Jacquelin Grant e

Dolores Williams. Infatti femminismo afroamericano prende origine dalle

oppressioni di Cristo descritte nella Bibbia e viene rivisitato e paragonato, in chiave

femminile, a quelle sofferte dalle donne, soprattutto afroamericane. Negli anni della

discriminazione, molto spesso violenta,contro l’etnia afroamericana, James Hall

Cone, disse che Gesù era nero, poiché aveva sofferto così come stavano soffrendo gli

afroamericani in quel tempo. Ma Jacquelin Grant ribatté, dicendo che Gesù non

rappresentava la sofferenza degli uomini neri, ma delle donne nere, dato che

l’oppressione delle donne era molto diversa rispetto a quella degli uomini. Molti libri

riguardo lo Womanism sono stati scritti dopo la sua nascita, di tipo storico,

autobiografico, politico e letterario.

Questo movimento è stato d’ispirazione per tutte le donne che facevano e che

fanno parte di alcune minoranze; ad esempio un gruppo chiamato Chicana, che

18
(BRADLEY, 1984)
difende i diritti delle donne messicane, chicane e ispaniche in generale soprattutto

negli Stati Uniti. Chicana è un movimento nato negli anni 70, che combatte contro le

differenze razziali. Come scrisse una delle esponenti di questo movimento, Ana

Nieto-Gomez, dicendo che l’unica cosa che poteva accomunare una donna americana

di origini anglosassoni e una donna americana di origini ispaniche era solo il fatto che

entrambe fossero donne, poiché la prima doveva combattere solo per ottenere

l’uguaglianza dei diritti in base al sesso, mentre l’altra doveva combattere non solo

per il fatto che fosse una donna, ma anche per il colore della sua pelle, per la lingua

che parlava e per il suo stato socio-economico(che all’epoca era fra meno abbienti

negli Stati Uniti). Questo gruppo non nasce solo dal femminismo, ma anche da un

gruppo che chiedeva l’uguaglianza fra le razze. Questo movimento era formato da

soli uomini che vedevano nella donna uno strumento per combattere l’ineguaglianza

fra le razze ma all’interno del quale le donne venivano discriminate poiché la visione

della donna da parte degli esponenti di questo gruppo misogino può essere

paragonata a quella medioevale, ossia la donna deve stare a casa e badare ai figli

senza poter esporre alcun opposizione a riguardo.19

In seguito allo Womanism, molte donne in Africa hanno scritto a proposito

dell’indipendenza e dell’uguaglianza per le donne africane. Le donne africane sono

rimaste a lungo “senza una voce”, senza qualcuno che potesse difenderle dagli abusi

e dalle discriminazioni da parte degli uomini, fino al 1978 Awa Thiam scrisse il suo

classico “Speak Out, Black Sister”. Da quel momento in poi le scrittrici africane

19
http://www.chicanas.com/
risposero alla sfida, come le attiviste della Sierra Leone Daphne Williams-Ntiri e

Molara Ogundipe-Leslie e altre donne africane come Bolanie Awe, Helen

Kuzwayo,Irene Assiba o Abena Busia, che pur appartenendo a ideologie diverse

incentrano tutte il loro pensiero sul dar voce alla donna africana e liberarla

dall’oppressione. Infatti, questo è ciò su cui si basa il cosiddetto femminismo nero o

africano, sul fatto di dare importanza alle donne africane, di combattere lo stereotipo

che vede la donna africana come una donna relegata in casa senza un istruzione.20

Un femminismo che si basa sulla religione è il fenomeno emergente,

sviluppatosi soprattutto negli anni 90 e dopo il 2000, del femminismo islamico, che,

come gli altri movimenti femministi, si basa sul rispetto della donna, ma, in questo

caso, lo fa attraverso la lettura del Corano con una visione da parte delle donne e non

degli uomini. Le femministe islamiche rivendicano l’uguaglianza fra gli uomini e le

donne sia nella vita pubblica che nella sfera privata. Fanno parte di questo

movimento le donne islamiche, arabe e non, come ad esempio la marocchina Fatima

Mernissi o la teologa afroamericana Amina Wadud. Le femministe islamiche

spiegano, tramite alcuni versetti del Corano, come le donne siano state sempre

presenti al fianco di Maometto e di come queste abbiano sempre avuto un ruolo

importante nella società mussulmana, a partire Khadjia e Aisha, che erano sue mogli

fino a Umm Salama, la sua consigliera. Attraverso queste letture, queste donne

vogliono spiegare al mondo che non è l’Islam a mettere da parte i diritti della donna o

20
(Kolawole, 1997)
a rinnegare la sua posizione nella società, ma l’uomo con la sua visione

conservatrice.21

Ma cosa significa veramente essere una femminista al giorno d’oggi e in che

modo tutte le battaglie portate avanti da queste donne hanno cambiato la vita delle

donne, specialmente in Occidente, nel XXI secolo? Molti potrebbero pensare che il

movimento femminista sia scomparso e che le donne ormai abbiano ottenuto tutto ciò

che volevano, cioè un lavoro o una carriera indipendente, il fatto di non essere più

costrette a doversi sposare per potersi realizzare e di trovare nella famiglia l’unico

modo per riuscire nella loro vita, il diritto al voto, il fatto che qualsiasi settore

lavorativo sia aperto anche alle donne. Purtroppo tutto questo non è sufficiente, dato

che molti Occidentali in particolare dimenticano che le donne ancora oggi non

vengono pagate quanto gli uomini, che non vengono prese in considerazione come gli

uomini e che molto spesso sono ancora costrette a scegliere se avere una carriera o se

restare a casa con i figli. Perciò, a prescindere da quale “gruppo” di femministe una

donna femminista appartenga, sia che abbia basi politiche o religiose o etniche, deve

ancora lottare per essere rispettata dalla società, sul lavoro così come fra le mura

domestiche, deve lottare per ottenere i suoi diritti, che anche se in parte sono stati

concessi, restano comunque incompleti, e soprattutto deve lottare in qualsiasi

continente, sia Occidentale che Orientale, per affermare il fatto che è un individuo e

come tale va rispettato.

21
(CAFERRI, 2010)
Capitolo IV: Cosa è cambiato per le donne?

Partendo dal Medioevo, sicuramente le condizioni della vita delle donne sono

di gran lunga migliorate. Al giorno d’oggi in molti Paesi le donne non sono più

vittime della superstizione e hanno molte libertà in più. Dalla vita privata fino al

mondo del lavoro, almeno nei Paesi industrializzati, le donne possono dire di aver

raggiunto quasi a pieno molte delle libertà che fino a pochi decenni fa, non erano

nemmeno immaginabili. Per molte donne, rispetto al passato, quello che è cambiato è

il fatto di aver preso coscienza che anche loro sono degli individui e che grazie alla

cooperazione con gli uomini sono in grado di migliorare la società e di contribuire a

questa, non solo attraverso la procreazione, ma anche grazie al fatto che possono

esporre le loro idee, giuste o sbagliate che siano, nel mondo del lavoro e della

politica. Inoltre nel “mondo” delle donne è cambiato il fatto che queste sono più

sicure di loro stesse, grazie ai diritti ottenuti in passato, e questo gli permette di vivere

meglio e con più tranquillità e, di conseguenza, contribuiscono in generale in maniera

più proficua.

Se si analizza la situazione nel mondo del lavoro, oggigiorno vediamo che le

donne non hanno quasi più ostacoli. Molte di loro ottengono anche incarichi

importanti e occupano posizioni elevate. Possono decidere di avere una famiglia e di

conciliare quest’ultima con il lavoro. Hanno diritto a studiare e possono scegliere

qualsiasi percorso di studi.


Molte leggi inoltre sono state fatte per poter permettere alle donne di vivere

serene e in caso di abusi di denunciare il loro molestatore. Ma la situazione è davvero

cambiata oppure vengono fatte ancora delle discriminazioni nel mondo del lavoro?

Purtroppo, nonostante tutte le proteste del passato le donne ancora oggi non

sono considerate o non vengono date loro le stesse possibilità che agli uomini per

quanto riguarda il lavoro. Sorge spontaneo il dubbio sul perché di tutto ciò. Vi sono

molteplici risposte a riguardo, poiché per quanto le donne abbiano potuto lottare ed

ottenere quei diritti fondamentali di cui godono oggi, è l’idea in generale che ha la

società della donna, che questa non sia all’altezza di svolgere un lavoro e di far

conciliare a questo il fatto di poter mandare avanti una famiglia, del fatto che in una

coppia sia per forza la donna a dover sacrificare il suo lavoro se vuole dei figli e

infine che le donne vengono ancora viste come “gli angeli del focolare”. Infatti, per

quanto queste abbiano potuto lottare contro l’idea di una società patriarcale e

misogina e per quanto questa non sia più così “forte” nelle società moderne, è rimasta

comunque di fondo.

Molto spesso i datori di lavoro preferiscono, ancora oggi, prendere un uomo

rispetto ad una donna. Secondo i dati forniti dall’Unione Europea, il tasso di

occupazione è in aumento, ma resta tuttavia nettamente inferiore rispetto a quello

degli uomini, nonostante il tasso di studenti e laureati sia costituito in gran parte da

donne. Questo perché nel momento in cui questa decida di rimanere incinta avrebbe

diritto ad un periodo di maternità e di conseguenza sarebbe costretto a pagarla anche

se lei non può essere presente. Inoltre, senza un motivo preciso, le donne vengono
pagate meno degli uomini, per lo stesso lavoro e per le stesse ore di lavoro. Un

esempio eclatante di ciò è l’Australia, uno dei Paesi più civilizzati ed industrializzati

al mondo. In qualsiasi stato di questo Paese, le donne hanno sempre uno stipendio

inferiore rispetto a quello di un uomo, che può variare a seconda dello Stato. Secondo

i dati dell’Unione Europea, in tutti i Paesi appartenenti all’unione, in media una

donna guadagna il 17,8% in meno per ogni ora di lavoro rispetto ad un uomo. Tutto

ciò rappresenta un maggiore rischio di povertà per le donne.

“Tranne” questo le donne ormai rivestono anche ruoli molto importanti o

intraprendere carriere che, secondo l’opinione pubblica, non si addicono

propriamente alle donne. Ad esempio, molte donne possono decidere di prendere la

carriera delle armi e lavorare nell’esercito, nella marina o nella polizia. Inoltre

possono anche partecipare alle cosiddette missioni di pace nei Paesi che sono teatro

di conflitti, come l’Afghanistan o l’Iraq. Anche se il numero di coloro che scelgono

di andare ad aiutare nei territori di guerra è ancora minimo, rispetto agli uomini, sta

tuttavia crescendo negli ultimi tempi.

Inoltre in qualsiasi settore è possibile vedere come le donne siano riuscite a

dimostrare che possono valere quanto gli uomini. Se si prende come esempio il

mondo della scienza, le donne avevano accesso limitato a questo mondo. In

Inghilterra fino alla prima metà del 900’ le donne potevano assistere alle classi di

scienze ma non partecipare ai club dove gli scienziati esponevano le loro idee. Dopo

essere riuscite a dimostrare che anche loro erano in grado di poter far fronte a questo

mondo “riservato” agli uomini, alcune donne sono anche riuscite a ottenere dei premi
nobel per la scienza, come Rita Levi Montalcini, che ha vinto il premio Nobel per la

medicina nel 1986 e Marie Curie nel 1903 per la fisica.

Nel mondo della politica anche le donne hanno preso posizioni di rilievo, come

ad esempio la cancelliera Angela Merkel in Germania, che si trova a capo del

governo ormai da diversi anni, o il primo ministro islandese dal Gennaio 2009,

Johanna Sigurdardottir, che, al momento della sua elezione, ha ricevuto il 73% dei

voti. Nell’amministrazione Obama, ultimo presidente eletto negli Stati Uniti, il

segretario di stato è una donna, che per di più era anche in corsa per la presidenza alla

Casa Bianca, Hillary Clinton. Ma non solo;anche nelle precedenti amministrazioni

degli Stati Uniti due donne sono state segretario di stato, Madeleine Albright e

Condoleezza Rice. All’Unione Europea, la baronessa Catherine Ashton, già membro

della Camera dei Lord in Gran Bretagna, è dal 2009 Alto rappresentante per gli Affari

Esteri e per la Politica di Sicurezza dell’Unione europea. Nella politica italiana il

numero di ministre è molto alto, all’incirca in qualsiasi partito.

Le donne nel Medioevo così come in tutti gli altri secoli, compreso quello

attuale, sono sempre state vittima di qualsiasi tipo di violenza. Oggi, in Europa, Nord

America, Australia e Nuova Zelanda le donne sono protette legalmente da ogni tipo

di abuso. Infatti, molte leggi sono state fatte a riguardo, per proteggere le donne dagli

stupri, dalla violenza in generale e da quella psicologica, grazie alle leggi

antistalking. Nonostante tutto queste leggi non sempre vengono eseguite in maniera

corretta oppure a causa di cavilli legali non possono essere applicate e molto spesso i

fautori di questi orribili gesti non pagano per quello hanno fatto. Un chiaro esempio
di tutto ciò è accaduto in Italia. Negli anni 90 una ragazza venne stuprata ed il suo

stupratore non fu condannato perché lei portava un paio di jeans. Secondo la difesa

era impossibile che l’uomo fosse riuscito da solo a levarglieli e pertanto doveva

essere stato aiutato. Probabilmente questa ipotesi sembrò sensata ai giudici, i quali

non lo condannarono e non solo. Poiché la donna dopo l’accaduto aveva guidato per

30 kilometri, secondo i giudici era capace di intendere e di volere e di conseguenza

lucida a causa del misfatto. Un esempio simile accadde a Milano, quando i giudici

non condannarono uno stupratore, poiché la donna portava un paio di collant.

Secondo quanto dichiarato dai giudici, se la donna fosse stata “realmente” stuprata i

collant si sarebbero rotti, o perlomeno scuciti, invece in questo caso rimasero intatti,

portando alla conclusione che non vi erano prove sufficienti per condannare

l’aggressore. Un altro esempio, sempre in Italia, in un piccolo paese una ragazza è

stata stuprata e il suo stupratore è stato condannato. Sfortunatamente, dopo poco

tempo il ragazzo è stato rilasciato in libertà vigilata per buona condotta. Questi sono

solo alcuni esempi, ma ve ne sono molti altri simili, dove le uniche a pagare, in un

certo senso, sono le donne, alle quali nessuna condanna potrà mai cancellare il

ricordo di quello che hanno subito.22

Capitolo V: La violenza contro le donne

22
http://www.un.org/womenwatch/daw/egm/IndicatorsVAW/IndicatorsVAW_EGM_report.pdf
In qualsiasi epoca storica, compresa quella attuale, le donne sono sempre state

vittime di violenza, sia fra le mura domestiche sia a causa della società. Nel

Medioevo moltissime donne furono accusate di essere streghe e per questo motivo

venivano torturate o bruciate. Si potrebbe pensare che grazie all’evoluzione della

specie umana ormai molte credenze siano svanite e che l’uomo si sia reso conto che

le donne vanno rispettate e non uccise o torturate. Questo concetto è ancora poco

diffuso nel mondo Occidentale, poiché nonostante le proteste e l’evoluzione dal

punto di vista giuridico le donne sono in un certo senso protette. Ma se è poco

concreto in Occidente, in Oriente e nei Paesi del Terzo Mondo non lo è praticamente

per niente.

Molto spesso in televisione si sente parlare di veri e propri assassinii in Europa

da parte di padri del Pakistan o del Bangladesh contro le proprie figlie. È proprio in

questa regione, dove le donne subiscono un grandissimo numero di abusi a causa di

un’idea medievale, che impone alle figlie di sposare il marito scelto per loro alla

nascita. Molte di queste tentano di ribellarsi, poiché grazie all’istruzione hanno capito

di essere libere e che non devono necessariamente sottostare a questa regola. I casi di

ragazze uccise da parte dei padri provenienti da questa parte del mondo è molto alto,

soprattutto in Inghilterra, dove vi è un alto tasso di immigrati del Pakistan e del

Bangladesh, che importano le loro tradizioni. Ma se la situazione è orribile per queste

ragazze che vivono in Europa, è ancora peggio per coloro che vivono in questi due

Paesi. Una pratica abominevole è quella di sfregiare le ragazze con degli acidi. A

causa di questo molte di loro perdono totalmente la vista. Molto spesso accade che
l’acido entri all’interno del corpo, bruciando così anche parte degli organi che fanno

parte dell’apparato respiratorio, dando loro un senso di soffocamento o di non riuscire

a respirare bene, anche per diverso tempo. Alcune di loro raccontano che

preferirebbero essere morte piuttosto che soffrire quelle atroci pene. Per non parlare

poi della pelle che viene totalmente ustionata e a volte non riesce nemmeno a

ricrescere. La causa di tutto ciò?il fatto che lacune di queste ragazze si ribellino a

questo tipo di tradizione è solo una parte;infatti, molte di loro vengono bruciate solo

perché decidono di studiare e mentre vanno a scuola vengono prese d’assalto. Vi

sono molteplici testimonianze di donne sopravvissute a queste ustioni. Una donna è

finita in tribunale, dopo aver denunciato il marito che l’aveva prima legata e poi

tagliata con un coltello per poi infine bruciarla. L’uomo si è giustificato davanti alla

corte dicendo che era stata la moglie a provocarlo e che lui pensava che lo avesse

tradito. Ma negli ultimi anni, i tribunali del Pakistan hanno imparato a non dar retta a

queste scuse e così hanno condannato l’uomo. In Italia un padre pakistano aveva

ucciso la figlia perché questa aveva deciso di vivere come un occidentale e , secondo

lui, così facendo disonorava la famiglia. In Inghilterra, un periodo molte ragazze nei

quartieri affollati da immigrati pakistani molte ragazze venivano investite, fino a che

si scoprì che erano stati dei veri e propri omicidi sempre da parte dei padri o dei

fratelli. Molti di loro facevano venire i “futuri sposi” dal Paese natio e quando queste

si rifiutavano di sposarli venivano uccise. Ovviamente, visto che le leggi in

Inghilterra, come nel resto d’Europa, vietano le torture, il modo più semplice e meno
evidente per “rivendicare” il loro onore era quello di ucciderle in un modo che

potesse destare meno sospetti possibile.23

Un altro Paese in cui una pratica orribile viene imposta alle donne è l’antica

pratica del Sati. Questa prevede che nel caso in cui il marito dovesse morire, al

momento del funerale in cui la salma vien arsa la vedova debba gettarsi sulla pira in

fiamme ancora viva. Nel caso in cui questa decidesse di non farlo, verrebbe

allontanata insieme ai suoi figli da tutta la comunità, costringendola così a veder

morire di fame e stenti se stessa e la sua famiglia. La pratica del Sati era molto

diffusa in tutta l’India prima della colonizzazione della Gran Bretagna. Quando i

coloni inglesi arrivarono e videro ciò succedeva a queste donne, decisero di abolirla.

Durante gli anni della colonizzazione inglese il numero di donne che venivano

costrette a bruciare insieme al marito è diminuito, ma una volta ottenuta

l’indipendenza, il numero di vittime causate da questa orribile pratica è aumentato

nuovamente. Inoltre in India il numero di donne che subisce una violenza domestica

da parte del marito è molto alta, quasi una tradizione, poiché per molti uomini indiani

questo rappresenta la normalità. Alcune associazioni formate da donne, ex vittime di

violenza domestica, sono state create per aiutare queste donne a ribellarsi e per far

capire agli uomini che così facendo distruggono l’equilibrio familiare. La cosa più

sorprendente è che queste donne utilizzano come unica arma il dialogo. Grazie a

questo, vanno nelle case dei villaggi dove sanno che ci sono delle vittime e parlano

sia con il marito e con la moglie per far capire loro che tutto ciò non può continuare.

23
http://dweb.repubblica.it/dweb/1998/06/30/attualita/dalmondo/014dha10714.html
Pur sapendo che rischiano di essere picchiate o cacciate, continuano la loro battaglia

e convincono anche i loro mariti a parlare con gli altri, dato che la parola di un uomo,

soprattutto in questa parte del mondo, è molto più influente rispetto a quella di una

donna.24

Uno dei principali Paesi che è teatro di atrocità contro le donne, è

l’Afghanistan. Da quando si è insediato il regime talebano, il termine misoginia

risuona come un eufemismo in paragone a quanto è stato fatto contro le donne. Il

regime talebano si ispira ad alcune antiche leggi che vigevano in passato nelle

campagne afghane (e non al Corano). Quando questi uomini salirono al potere,

instaurarono un regime di terrore per gli uomini, ma soprattutto per le donne.

Inizialmente imposero che tutte le scuole per le bambine venissero chiuse e che le

insegnanti non potessero più lavorare. Proseguirono poi con le infermiere e i medici

donne, cacciandole dagli ospedali. In questo modo le donne furono costrette a

partorire in casa, assistite solamente dalle donne della famiglia, dato che un uomo

anche medico non poteva vedere una donna a meno che questa non fosse sua moglie.

Così,nel caso in cui fossero sorte delle complicazioni questa sarebbe morta poiché

nessuno poteva aiutarla. Senza considerare gli strumenti che venivano usati sia per

aiutare la partoriente, sia per aiutarla a guarire, e dello stato d’igiene in cui questa era

costretta a dar luce a suo figlio. In seguito arrivò la legge che imponeva alle donne di

indossare il burqa (un vestito fatto con stoffe pesanti che copre la donna da capo a

piedi e che ha una retina sugli occhi come unico foro). Poiché nel Corano c’è scritto

24
http://www.indianchild.com/sati_in_india.htm
che le donne in segno di rispetto dovrebbero, quindi non devono, indossare il velo, i

talebani utilizzarono questa regola come un pretesto per imporre il burqa, poiché a

loro dire, la loro ideologia governativa si basava sulle leggi coraniche. In realtà il

burqa non era una legge coranica ma un modo come un altro per abolire l’identità

della donna. In seguito fu ordinato che le finestre delle case venissero verniciate di

nero, in maniera tale che le donne non potessero essere viste. Un’altra legge fu quella

che le donne dovevano essere accompagnate da un uomo della famiglia se volevano

uscire di casa e che nessuna parte del loro corpo poteva rimanere scoperta in

pubblico, nemmeno le mani, poiché questo poteva tentare gli uomini, e dovevano

indossare dei calzari che non facessero rumore in maniera tale da non essere notate.

Ma questo fu solo l’inizio dei soprusi che vennero fatti contro le donne.25

Il primo caso in cui una donna venne uccisa senza un motivo dai talebani, fu a

Kabul quando una donna, senza una ragione specifica ma che secondo loro aveva

violato la legge, fu portata in uno stadio e,davanti ad una folla immensa, fu fatta

inginocchiare. Uno dei soldati talebani le sparò alla nuca senza colpo ferire davanti a

tutti. Il corpo della donna rimase lì a terra tutto insanguinato senza che nessuno lo

potesse toccare, perché questo serviva da esempio per la popolazione per dimostrare

che quello che succedeva a chi non rispettava la loro legge. Probabilmente da questo

momento in poi iniziarono le violenze che portarono alla morte moltissime donne

afghane senza alcun motivo. Purtroppo non vi sono moltissimi casi registrati, ma

alcune testimonianze raccontano che una donna che si trovava con i suoi bambini al

25
(Rampoldi, 1997)
supermercato fu brutalmente picchiata a sangue fino a morire perché il suo burqa si

era spostato leggermente ed aveva fatto intravedere la mano. Il corpo della donna fu

lasciato li per terra in una pozza di sangue davanti ai suoi figli. All’inizio del regime,

racconta una donna del campo profughi di Peshavar in Pakistan, una coppia marito e

moglie sui vent’anni andava in bicicletta a Kabul quando li vide un soldato talebano

più giovane di loro. I due vennero fermati e il soldato chiese loro come mai la donna

mostrasse le caviglie, dato che era severamente proibito dalla legge. La donna,

giustamente indignata, chiese al ragazzo chi fosse questi per poterle dire una cosa del

genere. Arrivò un altro soldato talebano più anziano che sparò al piede del marito e al

petto della donna uccidendola. La donna testimone racconta che, nonostante avesse

deciso di indossare il burqa perché pensava che tutto ciò non sarebbe durato a lungo,

dopo questa orribile scena decise di scappare dal suo Paese. Molte donne come lei

decisero di emigrare nei campi profughi di Peshavar, una zona che si trova in una

conca desertica senza acqua ne riparo dal caldo, ma che ai loro occhi è un paradiso a

confronto con la Kabul governata dai talebani. Inoltre molte donne raccontano di

essere scappate dalle città dell’Afghanistan perché stanche di essere prese d’assalto,

picchiate con delle “verghe sacre” e umiliate davanti a tutti dalla polizia coranica. Un

altro caso invece è quello di una ragazzina di sedici anni che fu presa dai soldati

talebani perché era stata accusata da un vicino di avere una relazione, una cosa

inammissibile secondo questo governo. Lo zio provò a difenderla, ma fu picchiato

brutalmente dai soldati che portarono via la ragazza. Questa fu stuprata e picchiata e

delle donne, infine uccisa, senza che vi fosse alcuna prova che avesse una relazione
con qualcuno. Moltissime donne, inoltre, furono lapidate durante questo regime

sanguinario per diversi motivi. La causa principale era il tradimento da parte della

moglie, anche se molto spesso questa non aveva tradito il marito ma era stata

violentata e la maggior parte delle volte era stato un parente. Tutta questa violenza da

parte del regime è proseguita per diversi anni, costringendo le donne a vivere in un

regime di terrore, a non sapere se una volta uscite di casa vi avrebbero mai fatto

ritorno, a rinnegare la loro esistenza, poiché il “compito” del burqa non era quello di

non tentare gli uomini, bensì di annullare l’esistenza delle donne, di ridurle a non

esistere per la società afghana e di cancellare tutto ciò che queste rappresentavano. A

volte, sempre a causa del regime talebano, alcune donne hanno visto morire i propri

figli senza poter fare niente. Come racconta una testimonianza, a Kabul una donna si

trovava al mercato con i suoi bambini e uno di questi si avvicinò ad un soldato

talebano. Il bambino, che doveva avere all’incirca quattro anni, venne sparato ed il

soldato si giustificò dicendo che con quel gesto, quel bambino aveva voluto sfidarlo e

per questo gli aveva sparato. La madre non poté fare niente per impedirlo e rimase a

piangere sulla salma del figlio.

L’Africa è uno dei Paesi al mondo in cui le donne ricevono il maggior numero

di violenza. Essendo un Paese molto grande molte di queste variano a seconda dello

stato. A causa delle numerose guerre civili, le donne africane molto spesso sono

soggette a maltrattamenti da parte dei soldati e vengono così stuprate, picchiate e

uccise. Moltissime di loro, a causa degli stupri vengono contagiate o addirittura

muoiono di Aids. Uno degli stati africani, teatro di uno dei peggiori genocidi della
storia è il Ruanda. Questo piccolo stato è stato vittima della guerra civile negli anni

90’ fra Hutu e Tutsi, dove l’etnia Hutu, quella prevalente, ha ucciso moltissimi fra

uomini, donne e bambini Tutsu. Questo genocidio ha colpito soprattutto le donne,

poiché venivano considerate dal governo Hutu come le infiltrate da parte del governo

Tutsi per tentare gli uomini Hutu. Ma cosa ha scatenato tutto questo odio contro le

donne Tutsi? La regioni risalgono all’epoca del colonialismo, quando i coloni

esaltavano la razza dei Tutsi, soprattutto le donne, poiché somigliavano di più

fisicamente agli standard europei. Così,si scatenò una sorta di odio fra le due etnie.

Durante il genocidio le donne Tutsi vissero anni con il terrore dello stupro. Le milizie

Hutu andavano per le case cercando le donne Tutsi. Queste venivano prese e

violentate davanti ai mariti e ai figli, i quali venivano in seguito uccisi. Inizialmente

gli Hutu accettavano che le donne Tutsi sposassero uomini Hutu, perché pensavano

che fosse il padre il garante della specie. Ma quando l’odio per l’altra etnia arrivò al

culmine, venne impedito agli uomini Hutu di sposare donne dell’etnia opposta e

durante il genocidio, anche se gli uomini che avevano deciso di sposare una Tutsi

venivano risparmiati, le loro mogli venivano stuprate e a volte uccise. Poiché è

risaputo che lo stupro compiuto su un essere umano lascia un segno indelebile nella

vita di una persona, queste venivano a volte lasciate vivere in maniera tale che

durante la loro vita potessero soffrire a causa di questo tremendo ricordo. Molto

spesso gli stupri si riducevano a stupri di gruppo. Le donne venivano radunate e

stuprate ripetutamente. Quelle che erano in cinta o che avevano partorito da poco,

frequentemente morivano di emorragia. Molte donne sono state prigioniere per anni,
visto che i soldati le tenevano segregate nelle loro case spacciandole per le loro

compagne davanti agli occhi del governo, quando in realtà erano solo delle schiave

sessuali. La cosa peggiore di tutto ciò è che questi stupri non risparmiavano alcun

essere di sesso femminile che appartenesse all’etnia Tutsi. Infatti le milizie Hutu non

risparmiarono nemmeno le bambine, alcune delle quali avevano solo due anni. Inoltre

dopo essere state stuprate, alle donne venivano mutilati i genitali in maniera tale che

non avrebbero più potuto avere figli. Molto spesso le donne venivano anche spogliate

e picchiate in pubblica piazza, in maniera tale che l’umiliazione fosse ancora più

grande. Le tracce lasciate da questo orribile massacro sono evidenti ancora oggi.

Moltissime donne Tutsi pagano ancora oggi il prezzo di far parte di una minoranza in

uno stato come il Ruanda. A causa dell’odio che si è venuto a creare fra le due etnie

molte donne Tutsi sono ancora oggi vittime di stupri da parte sia dei soldati sia dei

ribelli che si trovano nelle foreste adiacenti ai villaggi. Queste donne prese

d’assalto,non solo sono costrette a sopportare il peso dello stupro durante tutta la loro

vita, ma vengono anche allontanate dalla comunità e costrette a vivere

nell’anonimato. Dopo uno stupro molte donne vengono cacciate di casa dai mariti, a

causa della diffusione dell’Aids, i quali hanno paura di poter essere contagiati. 26

Dopo questo raccapricciante genocidio, il governo negli ultimi anni, precisamente dal

2003 ha deciso che se il Ruanda, nonostante sia ancora costernato da violenze, voleva

andare avanti, doveva permettere anche alle donne di entrare al parlamento. Infatti al

giorno d’oggi al parlamento ruandese il 56% dei parlamentari sono donne. Il governo

26
http://academic.udayton.edu/race/06hrights/georegions/africa/Rwanda01.htm
aveva deciso che almeno il 30% dovevano essere donne, ma il restante 26% fu votato

spontaneamente.27

In Africa, un’antica pratica legata a molti popoli, soprattutto a quelli che si

trovano nel Corno d’Africa, in modo particolare in Somalia, Eritrea, Etiopia e Sudan,

è l’infibulazione. Questa prevede la rimozione parziale dei genitali femminili, nelle

ragazze prima della pubertà. Inizialmente era diffusa nella penisola araba e poi è

andata diffondendosi anche in Africa. Il termine infibulazione deriva dal latino

“fibula” che significa chiusura. Questo perché, quando questa viene praticata, alle

donne non vengono rimossi solo parte degli organi genitali, ma le due estremità

vengono cucite insieme e viene lasciato solo un piccolo foro. Tutto ciò viene fatto per

essere sicuri che la donna arrivi vergine al matrimonio. Molto spesso viene detto a

queste ragazze che l’infibulazione ha origini religiose e in quanto tale va rispettata,

ma in realtà non vi è traccia di tutto ciò né nel Corano né nella Bibbia. Questa

“operazione”, non viene compiuta negli ospedali, bensì nelle case di solito da una

donna anziana. A causa di questa moltissime ragazze muoiono di emorragie o al

momento del parto. Inoltre le condizioni igieniche in cui viene effettuata sono

degradanti, poiché non viene utilizzato un bisturi disinfettato, ma un qualsiasi oggetto

tagliente, come ad esempio pezzi di vetro o anche un semplice coltello. Un Paese che

in Africa ha deciso di abolire tutto ciò è stato l’Egitto nel 2005, in seguito alla morte

di due ragazzine, a poca distanza l’una dall’altra. Dato che vi è stata una

contestazione molto forte da parte dell’opposizione in Egitto e che, tramite cavilli

27
(McCrummen, 2008)
legali molti potrebbero riuscire a praticarla lo stesso, il governo egiziano a disposto

come pena un pagamento che va dalle 1000 alle 5000 lire egiziane e in più la

reclusione che può andare dai tre mesi ai due anni. Si stima che in Egitto, prima che

venisse promulgata questa legge, il 96% delle donne in età compresa fra i 15 e i 49

anni sia stata vittima di questa abominevole tradizione. Questa usanza non viene

considerata una barbaria nei confronti delle donne, di conseguenza molti Stati in

Africa decidono di non abolirla; inoltre, dato che viene vista come un qualcosa che va

fatto, sono stati registrati anche in Italia molti casi di madri immigrate africane che si

presentavano in ospedale chiedendo ai medici che le figlie venissero infibulate.

Fortunatamente in Italia tali pratiche, che risultano essere torture inutili, sono vietate

e la legge punisce qualsiasi medico con delle multe e la reclusione per diversi mesi. A

testimoniare come tutto ciò sia orribile per le ragazze che devono subire questa sorta

di “intervento”, ci ha pensato un medico italiano che ha scritto un libro per bambini

dove racconta più o meno una storia del genere. In un'intervista ha raccontato la sua

esperienza personale, quando si è trovata a dover assistere una ragazza che doveva

partorire e che era stata precedentemente infibulata. Oltre alla descrizione delle

condizioni in cui si è vista costretta a dover far nascere il bambino, ha spiegato anche

quanto sia stato difficile riuscire salvare la madre che, probabilmente, senza di lei e

senza le sue nozioni di medico non sarebbe riuscita a sopravvivere ad un emorragia

tale. L’africa non è l’unico Paese in cui l’infibulazione viene praticata. Infatti, anche

in alcuni stati del Medio Oriente è diffusa questa pratica. Grazie all’opera dei medici
compiuta in questi Paesi, sono nate delle associazioni che assistono le donne che

hanno subito l’infibulazione, come l’AIDOS.28

Un altro crimine contro le donne di cui si macchia l’Africa è la lapidazione.

Questa è una punizione che prevede la condanna a morte delle donne a causa

dell’adulterio. Così come in Afghanistan, anche in Africa molto speso le vittime di

tale condanna sono proprio le donne, le quali sono vittime di stupro da parte di un

parente e ciò viene visto come un tradimento agli occhi della “legge” africana. Questa

punizione, prevede la sepoltura del corpo della donna fino al busto e la parte che resta

scoperta viene presa a sassate fino alla morte. Di questa pena di morte si parla

parecchio, poiché la comunità internazionale molto spesso si è mobilitata per fermare

gli stati che avevano condannato le donne a morire in questo modo atroce. Alcune

volte sono riuscite a fermare gli Stati, prima che questi le giustiziassero, come nel

caso di Safiya Husseini, la donna nigeriana condannata alla lapidazione nel suo Paese

e per cui il mondo intero si è mobilitato per salvarla. A processo finito, quando ormai

era stata risparmiata ha dichiarato:<< Altri hanno commesso crimini peggiori ma

siccome sono persone influenti non vengono punite. Questo succede a me che sono

una donna povera di un povero villaggio.>> dopo che la Nigeria aveva sospeso la

pena per Safiya, a breve un’altra donna, Amina, è stata condannata e uccisa nello

stesso modo e per lo stesso motivo. La Nigeria si è giustificata dicendo che la donna

aveva tradito il marito e che secondo la Sharia, la legge islamica introdotta alla fine

degli anni 90’, la donna doveva pagare. Infatti questa è la riprova che il caso di Safiya

28
(Caferri, 2008)
è stato solo uno fra tanti, poiché il numero di donne che sono costrette a subire tutto

questo è sconosciuto, anche se si stima che sia molto alto.29

Ma la violenza non colpisce solo le donne dei Paesi del Terzo Mondo, bensì

anche quelli “democraticamente” sviluppati. Infatti, anche se le donne in Europa non

vengono lapidate, infibulate o pestate dalla polizia solo perché non sono vestite nel

modo giusto, ciò non esclude che queste non siano vittime di violenza. Nel 2008 in

Australia una donna su tre era stata vittima di violenza domestica e in Europa nel

2006, un sondaggio condotto su 25 Paesi di cui 17 erano Stati membri ha riportato

che in tutti i rapporti il 90% di questi ha riportato che le donne subiscono violenze

fisiche e l’80% sono vittime di abusi psicologici. Inoltre, la prima causa di mortalità

delle donne è dovuta alle violenze subite dal partner, che portano all’alcolismo,

all’uso di droghe o a problemi psicologici come la depressione.

La violenza psicologica è stata trattata ultimamente in maniera molto più seria

rispetto al passato. Molte leggi contro lo stalking sono state promulgate per

proteggere le donne che si vedevano costrette a rimanere chiuse in casa per paura di

essere perseguitate. Nel 1993 durante un incontro delle Nazioni Unite sono stati

stabiliti i diritti per le donne, che a quanto sembra, non vengono tuttavia rispettati,

poiché se l’opinione del mondo riguardo il rispetto per le donne non cambia, non vi

sarà mai una legge in grado di proteggerle dalle tradizioni che fanno di lei una vittima

di violenze.30

29
http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/1879506.stm
30
http://www.bbc.co.uk/radio4/womanshour/03/2008_33_mon.shtml
Capitolo VI: È la religione la causa della violenza contro le donne oppure

un fatto culturale?

Negli ultimi anni si parla molto della violenza contro le donne, soprattutto di

quella nel mondo islamico. A partire dall’undici settembre 2001, dopo l’attacco alle
torri gemelle da parte di terroristi islamici, i media si sono accaniti sulle condizioni in

cui vivevano le donne in Afghanistan. Ma la cosa a cui hanno prestato più attenzione

è che queste indossassero il burqa e non il motivo per il quale queste fossero costrette

ad indossarlo. Infatti i media si sono incentrati sul fatto che fosse il “costume” del

velo di per sé a rappresentare tutte le violenze subite dalle donne afghane e non il

fatto che questo particolare tipo di velo fosse stato imposto per annullare la figura

della donna; infatti il regime talebano non solo ha imposto che le donne mettessero il

velo per poterle nascondere, ma ha anche imposto che queste indossassero delle

scarpe che non facessero rumore e ha ordinato che le finestre delle case venissero

pitturate di nero in maniera tale che le donne non potessero essere viste anche quando

si trovavano a casa. Purtroppo i media non hanno riportato anche questi fatti e il che

ha fatto credere alla maggior parte degli occidentali che i maltrattamenti subite dalle

donne nei Paesi islamici si riducessero all’uso del velo. A causa della religione,

quella islamica, che professavano i terroristi, e di una particolare disinformazione

fornita dai mass media per far ricadere le colpe di ciò che avevano fatto è stata data al

loro credo. Purtroppo, non solo i media hanno fatto la loro parte nel far credere

questo alle persone che vivono in Occidente, poiché la scusa della religione per

purificare la popolazione viene usata di continuo e molto spesso sono gli stessi

mussulmani che costringono le donne a mettere il velo più come per sminuirle che

per un fattore religioso. A causa di tutto ciò, da dieci anni a questa parte, sembra che

le donne islamiche che decidono, anche se in alcuni Stati sono costrette, di indossare

il velo siano tutte fruttate.


Molto spesso l’Occidente dimentica che il velo non è un costume religioso

prettamente islamico, ma che si trova, innanzitutto, nella religione cristiana, che per

coincidenza proviene dalla Palestina come l’islamismo, e che anche in altri Paesi le

donne portano il velo.

Partendo dalla religione cristiana, molto spesso si dimentica che l’ordine

cristiano, fra i più cari al cattolicesimo e anche l’unico concesso alle donne, delle

suore prevede che queste portino un velo che permette di scoprire solo il viso,

esattamente come quello islamico. Inoltre, l’immagine di Maria non è mai

rappresentata senza un velo sopra la testa, per dimostrare che probabilmente il velo

sulle donne è un’usanza della regione palestinese, dove appunto hanno preso origine

le tre grandi religioni monoteiste. In India l’abito delle donne, il sari, prevede che

queste indossino un velo che copra la testa e parte del corpo. Senza dimenticare che

anche in Italia le donne fino agli anni 50’ e 60’ portavano un velo sopra la testa in

segno di rispetto.

Molti argomentano che il velo rappresenti l’oppressione e la negazione delle

donne da parte della religione islamica e che questa imponga una “schiavitù” della

donna. Inoltre non aiuta ad avere una visione più chiara il fatto che in molti Paesi

musulmani, che spesso utilizzano la Sharia come legge, le donne vengono torturate o

uccise più degli uomini.

Ma è davvero un fattore religioso che impone tutto ciò? Se così fosse, allora

anche la religione cristiana sarebbe colpevole, visto che durante il Medioevo


moltissime donne sono state condannate alle peggiori pene di morte dalla chiesa

cristiana e non solo, poiché durante le crociate, giustificate con ossimoro guerra

santa, i cristiani hanno ucciso moltissimi mussulmani in nome della religione. In

questo caso neanche le religioni orientali si salverebbero, visto che nonostante queste

tentino di diffondere l’idea di uguaglianza e di rispetto per qualsiasi essere vivente,

moltissime donne in India, dove parte della popolazione professa la religione

induista, e in Cina hanno subito e subiscono maltrattamenti. Infatti, vi sono delle

prove che non è la religione la causa dei maltrattamenti contro le persone in genere, e

le donne nello specifico, ma la cultura ed antiche tradizioni che, al giorno d’oggi in

occidente, sono considerate barbariche. Ad esempio in Cina prima che si instaurasse

il confucianesimo, la famiglia si basava quasi su un modello matriarcale e la donna

godeva di grande importanza. In seguito al confucianesimo, per un’idea diversa che si

era diffusa fra la popolazione, le donne persero completamente importanza nella

famiglia e come nel resto del mondo iniziarono ad essere maltrattate e la loro figura

ad essere annullata, al punto che nelle famiglie avere una figlia era considerata quasi

una disgrazia e per questo motivo molte furono uccise appena nate. In India la

religione prevede che tutti gli esseri siano uguali, ma poiché la tradizione indiana

prevede che la società sia divisa in caste, le persone dei ceti più alti non hanno alcun

tipo di relazione con quelli dei ceti più bassi e viceversa; inoltre questa non condanna

le donne a morire ma la pratica del Sati è diffusissima in alcune regioni. In

Sudamerica le donne non vengono praticamente rispettate, ma la religione professata

dalla maggior parte delle persone è quella cristiana, così come in Europa dove le
donne sono molto spesso vittime di violenza e vengono sfruttate per la prostituzione,

nonostante la maggior parte degli Stati sia di religione cristiana. In realtà nessuna

religione impone che le donne vengano picchiate, né nella Bibbia né nel Corano, né

nei testi sacri indiani. La causa delle violenze contro le donne, e la società in genere,

sono dovuti ad un fatto culturale e poiché ogni Paese ha una cultura a sé, per giusta o

sbagliata che essa sia, che non può essere spiegata alle altre, viene utilizzata la scusa

della religione.

Purtroppo i concetti religiosi e il modo in cui questi vengono applicati sono due

cose differenti e finché le persone non impareranno a rispettare gli altri la scusa della

religione verrà spesso usata per giustificare i crimini commessi.

Capitolo VII: Le donne che hanno fatto la differenza nella storia

Nel corso della storia, dal Medioevo fino ad oggi, molte donne hanno deciso di

non soffrire in silenzio ma di fare qualcosa di concreto per denunciare la condizione

nella quale vivevano, sia che questa riguardasse la donna sia la popolazione di cui
faceva parte attraverso la letteratura o agendo in maniera vera e propria. Inoltre molte

donne hanno contribuito moltissimo ad aiutare l’evoluzione della società.

Per quanto riguarda coloro che hanno deciso di operare attivamente nella

storia, durante la guerra dei cent’anni Giovanna d’Arco riunificò il proprio Paese

contribuendo a risollevarne le sorti, guidando vittoriosamente le armate francesi

contro quelle inglesi; Dolores Ibárruri Gómez detta la Pasionaria, fu una donna

politica, attivista e antifascista spagnola, già segretaria generale e poi presidente del

PCE (1944-1960), e membro del parlamento spagnolo prima della dittatura franchista

(1936) e dopo il ritorno della Spagna alla democrazia; la guatemalteca Rigoberta

Menchù, che ha combattuto per difendere i diritti degli indigeni in Guatemala e

ambasciatrice dell’UNESCO; le maggiori esponenti delle Suffragette come

Emmeline Punkhurst e sua figlia Christabell; Rosa Parks, una delle eroine

afroamericane nella lotta contro l’apartheid; Aung San Suu Chi, una politica

birmana, attiva da molti anni nella difesa dei diritti umani sulla scena nazionale del

suo Paese, devastato da una pesante dittatura militare, imponendosi come leader del

movimento non-violento.

Queste sono solo alcune delle donne che hanno contribuito ad aiutare la

condizione della donna o della loro popolazione con la protesta. Ma poiché la natura

della donna si è basata soprattutto nel passato su una critica letteraria, la maggior

parte delle rivoluzioni da parte delle donne si trova negli scritti. Una delle “eroine

letterarie” che con i sui scritti ha condannato la società misogina basata su un

modello patriarcale è Jane Austen, autrice di Orgoglio e Pregiudizio ,e molti altri


scritti, dove parla di una donna che rifiuta la tradizione, ossia sposare un uomo che

fosse di buona famiglia anche se non per suo volere, e preferisce aspettare qualcuno

scelto da lei anche se già grande per sposarsi; una scrittrice che tramite i suoi libri

condannava la società dell’800 è Virginia Woolf, oltre ad essere una delle più

importanti autrici della sua epoca è stata anche un’attivista che ha combattuto per

l’uguaglianza fra i sessi; la poetessa contemporanea Carol Ann Duffy, che soprattutto

con la sua raccolta di poesie “La Moglie del Mondo” parla di come le donne siano

state sempre subordinate rispetto agli uomini, ma in realtà erano le donne stesse,

grazie alla loro intelligenza, a sottomettere gli uomini; le autrici femministe degli

anni 70’ e dei movimenti femministi appartenenti alle minoranze, che tramite i loro

scritti hanno saputo lottare contro le discriminazioni, partendo da Olympe de Gouges

e Mary Wollstonecraft fino ad arrivare ad autrici come Alice Walker (vincitrice del

premio Pulitzer), Kate Millet e Betty Friedan.

Infine alcune donne hanno cambiato la società in cui vivevano né tramite la

protesta né tramite la letteratura, ma con opere e azioni benevole verso gli altri che, a

volte, hanno cambiato la storia dell’umanità. Un caso in particolare è quello di Madre

Teresa. Questa donna era una religiosa albanese, che ha operato fra i poveri di

Calcutta per moltissimi anni ed ha vinto il premio Nobel per la Pace nel 1979. Una

donna invece meno famosa, ma che ha operato in Italia per aiutare le persone e

soprattutto le bambine nelle scuole italiana, è Bianca Milesi che dopo i suoi studi in

Svizzera decise di introdurre un nuovo metodo di studio; negli anni 70’ Raffaella

Lamberti decise di creare l’Associazione Orlando, un’associazione dedicata


principalmente alle femministe italiane. Per quanto riguarda la scienza, le donne

hanno dimostrato di poter essere all’altezza degli uomini vincendo anche dei premi

Nobel. Un esempio eclatante è Rita Levi Montalcini, che vinse il premio Nobel per la

Medicina nel 1986 oppure Maria Sklodowska, meglio nota come Marie Curie che ha

vinto due premi Nobel di cui uno per la fisica nel 1903 e uno per la chimica nel 1911

grazie ai suoi studi sul radio.

Queste sono solo alcune delle centinaia di donne che in qualche modo hanno

contribuito ad aiutare la società. Nonostante il loro aiuto sia stato prezioso per

l’umanità, molti purtroppo tendono a sottovalutare il loro lavoro.

Conclusioni:

Partendo dal Medioevo, le condizioni delle donne sono migliorate soprattutto

in Occidente. Mentre in passato le donne non solo venivano considerate come degli

esseri umani di una classe inferiore, ma subivano anche ogni tipo di violenza, oggi le

donne sono protette dalla legge.


Durante il Medioevo le donne hanno subito torture, sono state perseguitate e

anche coloro che vivevano nei ceti più agiati non godevano, tuttavia di alcun diritto.

Per molto tempo, fino alla fine dell’illuminismo, le donne hanno vissuto nel terrore,

poiché con un qualsiasi pretesto queste potevano essere condannate al rogo dopo

essere state torturate. Oggi le donne in Occidente vedono tutto ciò come una realtà

molto lontana da loro, quando, in realtà questa è ancora presente in molti Paesi

orientali. Infatti le donne che vivono soprattutto negli Stati più poveri del pianeta,

sono tuttora vittime della superstizione e delle credenze popolari. Sfortunatamente

non solo la superstizione è la causa di molte torture che vengono fatte alle donne,

poiché molte tradizioni portano le donne fino alla morte. Ad esempio l’infibulazione,

che viene praticata su delle bambine in condizioni poco igieniche e viene effettuata

da una donna di un villaggio e non da un medico. Questo però non causa solo gravi

infezioni, ma addirittura la morte. Infatti, quando queste riescono a sopravvivere a

questa usanza barbarica, spesso rischiano in seguito di morire di parto e di far morire

anche il loro bambino.

Tutto ciò sembra molto lontano alle donne che vivono in Europa, negli Stati

Uniti, in Canada, in Australia, in Nuova Zelanda, ma persino negli Stati più poveri

come in Sudamerica o in alcuni Stati dell’Europa dell’est.

Molto spesso la disinformazione porta a pensare che uno dei più grandi torti

che si possa fare ad una donna sia quello di imporle di mettere un velo. In realtà per

quanto le donne abbiano potuto lottare per ottenere l’indipendenza dagli uomini, per

ottenere dei diritti che, secondo una logica morale, dovrebbero essere concessi a
qualsiasi essere umano, per essere rispettate come individui, tutto ciò non è stato

sufficiente. Infatti ancora oggi le donne sono vittime di discriminazioni a partire

proprio dal mondo del lavoro, dove una donna molto spesso deve lottare il doppio di

un uomo per poter raggiungere una posizione di rilievo. Una cosa che dimostra che la

società ancora non considera le donne sullo stesso livello degli uomini è il fatto che

molte donne vengano costrette a prostituirsi e che l’opinione pubblica trovi tutto ciò

inammissibile, ma in realtà non fa niente per fermare lo sfruttamento di queste donne.

Ma ciò che è ancor più degradante per la donna è il modo in cui le ragazze

costrette a prostituirsi vengano considerate dalla società, poiché la maggior parte

delle persone non penserebbe mai di aiutare una ragazza costretta a prostituirsi o a

parlarle, se non per “lavoro”.

Perciò, nonostante le donne abbiano ottenuto dei diritti, siano state varate delle

leggi che le proteggono, sia dalle violenze, sia nel mondo del lavoro, la loro lotta non

è ancora finita e non finirà fino al momento in cui la società mondiale sarà

pienamente cosciente che le donne così come gli uomini sono esseri umani e in

quanto tali vanno rispettati.

Di conseguenza anche se rispetto ai secoli precedenti in molti Stati condizione

della donna si è evoluta, c’è ancora molto da fare.


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Introduction

Throughout the years, the living conditions of women have changed in many ways.

During the Middle Ages, women weren’t taken into consideration as they were

considered the property of men; when they were young they belonged to their family,

particularly to their father and once they got married to were the property of their

husbands.
After the Enlightenment, women obtained a relevant role in high society. They could

go to literary salons, express their opinion and take part in discussions.

After two centuries, women played a key role during the Industrial Revolution,

because they started to work in factories. Even if they had a job, which gave them the

opportunity to earn wages and, consequently, to be more self-sufficient, they weren’t

considered men's equals. In fact men’s wages were higher compared to those that

women earned for the same amount of working hours. Moreover, men had complete

control of the industries while women could only work there; they had a sort of

double job, because they didn’t only work in factories but they also had to run the

family. Since then, things started to change, because society understood that women

played a very important role. In fact, during the First and the Second World War, the

work women carried out was of fundamental importance because they helped out in

the army industry while men couldn’t because they were fighting in the war.

Afterwards women got involved more and more in the world of work and due to this

and because of their knowledge, they started to demand for more rights. Between

1800 and 1900, a movement of women, who understood the importance of women as

human beings, started to take place in the United Kingdom. This movement was

called Suffragette by the Daily Mail newspaper,. They first demanded the right to

vote for women and they then requested all the rights that a human being deserves, in

particular the right to be considered men's equals. This “group” helped society to

better understand that the idea that “women belonged home” was wrong. Moreover

society came to realize that women could give an extraordinary contribution to the
world. Unfortunately, even if this movement inspired thousands of groups which in

turn offered their support to women, today, the world doesn’t consider them clever,

strong or able to work like men. In particular, in some areas of the world, such as

some countries in Africa, the Middle East and Asia in general, women are still

considered as useful as animals. For example, in some regions of Africa and Asia,

women are condemned to death because they are accused of having cheated on their

husbands (while in most cases they have been raped by the man considered their

lover), while men can marry more than a woman or chase away their wives without a

specific reason. In India women are tied to their husband and if he dies they are

forced to die with him. This practice is called Sati and it was abolished during the

British colonisation, but after India got its independence, Sati was practiced once

again. Luckily in countries which are economically more developed, the situation is a

lot different. In Europe, Canada, the United States, Australia and New Zealand,

women are free to live their life as they chose but they are still not completely

considered men's equals. For example, in Australia, women earn a lot less than men

for the same job.

If we read a newspaper or listen to the news, it is often reported that women are not

considered in countries where they have to wear a headscarf, such as the Hijab and

Niquab; but they don’t report that, in countries, where women are more independent

the registered rate of domestic violence is higher So, has the condition of women

really changed or are women still not respected like men by society?
Chapter I: The condition of women from the Middle Ages until the

Enlightenment

During the Middle Ages women didn’t have the fundamental rights that most of the

women have in developed countries nowadays, that is the choice to decide their

future. In high society, for kings as well as for rich or noble men having a daughter

wasn’t considered a good thing because they had to help their daughter find a place in

society. If she was a princess her father could choose the king she had to marry,

whether she liked it or not. If she was the daughter of a noble man, for example a

duke, her father made arrangements for a forced marriage with another noble man.

After the marriage, everything that belonged to her was given to her husband and this
was a loss for her father. This was one of the many ways to “arrange” the future of

their daughters. In Spain, a common way to sort out this problem was to send the

girls to a convent. At a very young age they were subjected to psychological

violence and their fathers started to give them pictures of saints or martyrs. They used

to tell them that if they became nuns, they would have been remembered just like the

women in those pictures. The situation was different for boys, who could become

kings, dukes or knights and once they got married, they could inherit all the fortune

of their wives.

In the lower classes the situation was even worse. Not only did they have to marry a

man they didn’t like, but they underwent all kinds of abuse. They were raped and

beaten by their husbands and if they refused to obey they could be chased away. The

highest inspiration was to become the charwoman of an upper class family. In this

way, they had a place to sleep and they were sure that they wouldn’t starve. Thanks

to Enlightenment, a period in history where European countries were “reborn”after

the “dark period” of the Middle Ages, women started to express their opinion in the

so-called coffeehouses. In this period women could display all their knowledge and

this was probably the biggest change for women in comparison to the Middle Ages.

As a matter of fact upper class women received an education during the Middle Ages,

but they couldn’t express themselves, whereas during the Enlightenment women

could take part in discussions. Even the physical aspect of women changed. In both

ages women wore jewelry and clothes decorated with precious stones, but in the the

Middle Ages only upper class women could dress in this manner provided that they
had a “pious aspect”. During the Enlightenment they started to put a lot of white

powder on their faces as well as wear wings, this to symbolise their rebirth.

Therefore, the Enlightenment, started to give societies the idea that women could

mentally interact with men and not only be good wives and housewives, that is they

started to believe that women could think and express their opinions.

During the 18th century, in some ways, the French Revolution gave more importance

to women’s figure, in lower-middle class society. As a matter of fact, women fought

alongside men for their freedom. Furthermore, some historians reported that during

this period women, tired of their condition, started to demand for their rights. They

wanted to be considered citizens just like the men. But their effort was vain.

Chapter II: The help provided by women in the Industrial Revolution and

the two World Wars

During the Industrial Revolution, women held a relevant role in society.

The first factories were established in England, followed by the rest of Europe and

North America. Because the help of men wasn’t sufficient, women were employed in

all types of factories, especially in textile factories, because of their attitude to sew

clothes for the family. At the beginning they worked in small laboratories and later in

bigger firms. They didn’t earn proper wages compared to the work that they did and

they were mistreated by their employers. They had to work for an inhuman amount of

hours (usually it was from eight o’clock in the morning until eleven o’clock at night
during the winter and from six o’clock until midnight in summer) and they didn’t

know if their employers would call them to go back to work. They worked in mines

and they replaced horses because it was cheaper. They had to carry huge amounts of

coal out of mines and go in the darkest and smallest part of the caves. Moreover,

they earned a lot less than men, but at that time, all this didn’t seem very strange. As

a matter of fact, with the industrialisation, women started to leave the countryside and

move to the cities, but the amount of work didn’t change. In the countryside women

worked just as hard as men; they ploughed fields and they tended flocks and stocks

with men. Afterwards, they had to run the house and look after the family.

Women continued to work under these circumstances until and after the Second

World War.

In both the First and Second World War women worked in the army factory because

of the lack of men. They weren’t considered able to go to war and fight in the war

fields, so they had to stay home and look after the family, meanwhile they had to

work in firms. In Britain, between 1914 and 1918, an estimated two million women

replaced men at work. The rate of women employed increased from 24% in July 1914

to 37% in November 1918.

Because they were alone and not protected by men, they were often raped by soldiers.

They had to take care of their families and, because of the war, they struggled to find

food to feed their children.


It is in these two centuries, the19th and 20th century, that the movement called

“Suffragette”, started to take shape.

Chapter III: The Suffragette and the phenomenon of Feminism

The Suffragette is the first movement created in the second half of the 19th century

by women, to give all women the right to vote. This name was given to the

movement for the first time by the Daily Mail newspaper and it included the militant

suffrage movement in the United Kingdom. In the 18th century, in France and

England, some groups of women requested the right to vote but they didn’t create a

specific group that could fight for them and help them obtain this right.

It was created by women from the middle class who were frustrated because of this

situation and saw, through the suffrage, an outlet to change their condition.
This movement started in the United Kingdom, followed by the United States,

Canada, Australia and New Zealand.

At the beginning the main issue was: why can’t women vote if they can do the same

job as men and if they can think? The answer given by society, that at the time was

governed only by men (with the exception of the queen), was that women had were

too sensitive to vote therefore they couldn’t think as logically as men. They took to

the streets and finally, in 1869 they received the “municipal” right to vote, but it was

only in 1893 that New Zealand granted the right to vote to all women over the age of

21for parliamentary elections. In 1897 they “gave birth” to the National Union of

Women’s Suffrage Societies. From that point onwards things changed a great deal.

Women from the suffragette took to the streets to demand for more human rights

such as the right for women to work in every field and the right to be independent

from men.

One the most important women of the Suffragette, Millicent Fawcett, believed that a

peaceful protest was the only way of achieving the aim to give women the right to

vote because a violent protest could made men think that women could not be trusted

to have this right. She made clever and logical arguments. She argued that if men

could make laws and women were obliged to follow them, then they should be part of

this process. With this clever argument she proved to be as intelligent as men.

Later two other women, Emmeline Punkhurst and her daughter Christabel, create a

group named Women’s Social and Political Union in 1903. This last movement
started as a peaceful one but some of the members were ready to use violence to get

their way. In 1905 Christabell and another woman belonging to the same movement

asked Wiston Churchill and Sir Edward Grey at a political assembly in Manchester if

women deserved the right to vote but they didn't reply. They then started to shout

“Votes for Women” at the two politicians. For this reason, they were arrested but

they were happy to go to prison, because there they could start a hunger strike to

protest for their rights. Unfortunately, as occurs in every movement, some members

decided to vandalise churches and some parts of London, even if this was against the

principles of the movement.

“These groups of women, didn’t just inspire the future generations of women to

demand the rights they deserve, but they also set the example to fight for what is

right.”(personal quotation)

These movements are considered the basis of modern feminism. This term is often

misunderstood. A lot of people think that feminism only refers to a group of women

who want to exalt women into a privileged world. It is actually a lot more than this. It

involves different groups of women who demand their rights, who understand that

they are human beings as much as men and, because of this, they deserve to be

treated with the same respect as men. It is a movement seeking for equal rights and

this includes legal protection and the recognition for women’s power and culture;

sure enough they wanted to eliminate the domination of one sex by the other. Thanks

to feminism, women of developed countries can benefit from some rights which were

inexistent until 1900. These rights include the right to initiate divorce proceedings,
reproductive rights concerning pregnancy (including access to contraceptives and

abortion). In this way women could have a say in their career. They had a sort of

double job, because they had a professional career (which required the same amount

of working hours for both genders) and they also had to look after their family once

they got home. A sociologist, Arlie Russell Hochschild, stated that in two-career

couples, a man and a woman spend the same amount of hours working, but the

woman still spends more time working at home, and, the Russian-American writer

and journalist, Cathy Young, whose article espouses the equality feminism theory,

responded that men and women should equally share parenting and housework.

They advocated for the right of maternity leave and protested against gender

discrimination because most employers would not have employed a woman. This

was due to the fact that women could get pregnant, consequently the employer would

be obliged to pay them, even if they couldn’t work.

They struggled to legally protect women from domestic violence and sexual assault.

Several feminism movements that are often related to other movements of protest

developed over the years. They can be divided into two groups; the first one is

associated with political movements and is constituted by Social, Marxist, Anarchy,

Cultural and Radical feminists. The second group started after the phenomenon of

feminism took place. It is called Womanism and it is associated with racial bases. In

fact, the women who belonged to the feminism movement, were white middle class

women. Moreover, in response to this, women from minorities created a group


similar to that of feminism. It started with the Afro-American women, followed by

women of other minorities. An example is a group called Chicana feminism which

includes Mexican and Hispanic women. The term Womanism was used, for the first

time, by Pulitzer Prize winning author Alice Walker in her book entitled In Search of

Our Mother’s Gardens. Womanism found its roots in the theology of Jacquelyn Grant

and Delores Williams.

Between 1980 and 2000, many books, concerning biography, politics, literature,

aesthetics and history, have been written about Afro-American feminism by

Afro-American writers. This to symbolise how strong this movement has become

after its birth.


Chapter IV: What has changed for women?

If we compare today's condition of women with that of the past, we can surely notice

that a lot of things have changed, at least in Europe and North America.

Until the mid 20th century women had restricted freedom. Men believed women had

to look after their family and perhaps have a job. Today, women are free to choose if

they want to study, have a professional career and whether or not they want a family.

But has the situation really changed? It is clear that it has improved, even if this

situation is not the same worldwide, and a lot more still has to be done to obtain equal

opportunities for both sexes.

If we analyze, the condition of women in developed countries, women practically

have the same rights as men, but they are still discriminated because of their sex. In

the world of work, women encounter more difficulties than men. This is because

women can decide to have a baby at any given time, and will therefore have to stay at
home for a brief period of time and go on maternity leave. For this reason employers

would rather hire a man than a woman. Therefore, for women it is always a challenge

to obtain a high position at work. For no particular reason,, women often earn less

than men. In Australia, one of the most democratic and developed countries, women

receive lower wages in every state compared to those of men. In spite of this, women

continue to hold more relevant positions.

A great example of the previous statement is that women can join the army. As we

know from history, until the Second World War, the only thing that women could do

during the war, was work in army factories or in hospitals. Today, women are free to

join the army and go to war just like men, even if furthering their career is still a bit

more difficult. Moreover, they play a key role in politics. In the current American

government administration Hillary Clinton, a woman, is the Secretary of State and

even in the previous administrations there were two women, Condoleezza Rice and

Madeleine Albright holding the same position. Moreover, in Germany the position of

chancellor is held by Angela Merkel, also a woman, In Italy there are many women

in parliament as well.

As for legal protection from sexual assault and abuse, a number of laws have been

implemented, but are they always exercised in the proper way? Unfortunately, these

laws have some flaws and sometimes they don’t work properly. But what is more

absurd is the fact that sometimes judges are not able to exercise them. Proof of this is

a legal case which took place in Italy. A young girl was raped and her persecutor was

arrested; but in the end he was found innocent, because she was wearing a pair of
tight jeans, which were impossible to take off without any help from the victim, this,

according to the judges. In the end he was a free man. Another similar case took

place in Italy. A girl was raped, in a small town and her persecutor was arrested, but,

after a couple of months, he was released on parole. Unfortunately, there are many

more cases just like these.

Despite the dire facts, laws to protect women from verbal abuse and psychological

violence have been implemented.

Chapter V: Violence against women

One of the worst aspects concerning the condition of women worldwide both in the

past and today is the violence against them. In every century and culture, women

have been victims of physical and psychological violence. “This is something that the

entire society should be ashamed of”( personal quotation). Even if laws have been

made to protect them, they are still victims of abuse and cruelty. This is common

worldwide. In the Middle Ages thousands of hundreds of women were killed

because they were reckoned witches. They were accused of having ties with the devil

and representing the devil itself on earth. There wasn’t a particular characteristic that

could prove this. In fact, they could be accused because of the colour of their skin or

hair, or because they had a strange mole or a birthmark. Sometimes they were even

accused because they didn’t have any knowledge regarding something in particular

in the Bible. They were burnt alive and while this was happening it was common for

people to think that they were screaming to call upon Satan for help. Sometimes, they
were tried to admit that they were witches. During the trial they were tortured. In the

end to stop the horrible pain and suffering women would falsely claim to be witches.

In China the life of women changed with the advent of Confucianism, which was

based on a patriarchal society. Since then, Chinese women have experienced a life of

subjection. They had no rights and if a family had too many daughters, they were

killed. Today, in Europe, this kind of torture is abolished, but unfortunately, this isn't

the case all over the world. Currently, the worst abuses against women are reported in

Asia and Africa. In Afghanistan, with the establishment of the Taliban regime,

Afghan women experienced years of terror, and continue to do so still today. The

Taliban believe that women don’t have the right to exist. When their regime started to

govern Afghanistan, women could no longer work, study or receive medical

assistance. Once this regime was established all girl schools around the country were

closed. The Taliban chased away female doctors from hospitals and teachers from

schools. They obliged women to wear a burqa (a dress, made of heavy fabric, that

covers the entire body and comes in different colours according to who is going to

wear it). When they started governing the country women were not allowed to go out

alone. They had to be accompanied by a male relative whether it was their father,

husband or a brother. If they decided to go out alone, they needed to be accompanied

at least by their son, but they weren’t totally safe. A number of cases have been

reported where the Taliban have abused women. One of the first cases to be reported

was that of a woman in Kabul, who, in the opinion of the Taliban, didn’t abide by

law; she was taken to the stadium and, in front of a crowd, was shot in the back of her
neck. Another case is that of a woman who was at the market with her children.

While shopping, her burqa unfortunately moved and uncovered her hand. Two

“soldiers” of the Taliban regime saw her and beat her to death in front of her children,

leaving her covered in blood. Then there's the story of a sixteen-year old girl, who

was accused by a neighbour of being sexually involved with a man who wasn’t her

husband. Her uncle tried to protect her and explained that this wasn’t true. He was

beaten savagely. The Taliban took her from her house, raped and beat her and later

killed her. These are only a few of the many cases in which women have been

abused. The number of women who have been stoned, for no reason at all, is

countless. Psychologically women were also abused because they were forced to live

like “ghosts”. After imposing women to wear a burqa, the Taliban regime wanted all

windows to be painted black, because women weren't allowed to be seen from inside

their houses. In addition to this, women couldn’t go to hospital, because there were

only male doctors and a woman couldn’t be seen by a man who wasn’t a relative.

Therefore they had to give birth at home and if there were any complications they

were very likely to die. The Taliban regime used the pretext of religion to commit

these horrible crimes against women, while spreading the idea that Islamism imposes

the subjection of women to men. No verse in the Koran states that people are allowed

to perpetrate such atrocities against human beings, no matter what their sex is.

In India, there is a practice called Sati. This was abolished in 1829, under British

colonialism. Nevertheless Sati still takes place in some parts of India. It is an old

tradition, in which widows have to burn alive on the pyre of their dead husband. If
they don’t do so, they are marginalized by the community and they live a life of

hardship with their children, until they die of hunger. In Pakistan and Bangladesh,

girls still cannot choose who to marry and, if they refuse to marry the man chosen for

them, they are often burnt with acids.

This practice is used by Pakistanis and Bangladeshis in England, where there is a

high concentration of Pakistani and Bangladeshi immigrants. They bring men from

their native countries to marry their daughters. Pakistani and Bangladeshi girls, who

have grown up in Britain, refuse forced marriages, so their fathers first burn their

faces with acids and then set them on fire. These crimes are committed to vindicate

their honour. This is the excuse that men use before the court in Pakistan, but in the

last few years a lot of them have been condemned.

Africa has one of the highest rates of violence against women and this includes rape,

murder and torture. In Rwanda, the war between Hutus and Tutsis has left the region

in a state of misery. Now, the war might be over but violence against women still

continues. In this African region the highest rate of rape committed by soldiers or

rebels is reported. Therefore there is no protection for women, who can only trust

themselves and no one else. It is still dangerous for those who live in small villages

and decide to go to church and pray. Sometimes churches are located close to forests

where rebels live. Thus when women are on their way home they risk being raped

repeatedly. A member of the International Medical Corps, who has been documenting

rapes said that the number has risen drastically.


Another type of violence, that is very common in the south Saharan regions, above all

in Somalia, Nigeria and Eritrea, but even in Egypt, Indonesia and some Arabic

countries, is female infibulation. This term takes its origin from the Latin word

“fibula”, which means pin or clasp. Apparently, it is associated with culture and

religion, although nor the Bible nor the Koran mention it. Moreover it does not

prevent infections, as it is believed in some cultures, but on the contrary it is

associated with the death of a great number of young girls. This ancient practice

consists in the partial mutilation and removal of the external female genital organs

and the partial closure of the vulva. It found its roots in southern Arabia and then

spread all over the Horn of Africa. Because of this practice, a lot of women have died

due to infection and haemorrhage while giving childbirth. It is practiced on young

girls, before they reach puberty, so as to prevent them from having premarital sexual

intercourse. Luckily, some associations like Aidos are fighting to put an end to this

practice. In Egypt infibulation was abolished in 2008 after two girls died due to this

horrible practice. What might seem strange is the fact that for these people this is

considered normal, therefore they don’t see it as a barbaric act against women, but as

a tradition that has to take place. Cases of African women who demanded to be

infibulated in Italy have been reported in some hospitals. Figures show that, in Italy,

between thirty and fifty thousand girls, who are the daughters of African immigrants,

are victims of this savage practice. A law, approved in 2005, abolished infibulations,

in Italy, with strict punishments. Doctors performing this practice will be struck off

the professional register for ten years.


An old tradition, used in ancient societies and that has spread in some Arabic and

African countries, is stoning. In some countries, like Iran and Nigeria, stoning is used

to punish women for cheating. In the past it was used for both women and men, but

today it is “reserved” only for women. In recent years some cases have mobilised

public support worldwide. A clear example is the case of Safiya Husaini, who won

her trial in Nigeria, because of a global mobilization. Unfortunately, because this type

of death penalty is the result of a wrong interpretation of Sharia (the Islamic law),

another woman was not so fortunate and was stoned in the same country. Proof that

this capital punishment in particular is only an abuse against women, is the statement

released by Safiya Husaini during her trial: “Others have committed worse crimes,

but because they are men and because they have influence in high places, they are not

punished”.

Violence against women might be associated with culture, traditions or customs, but

it still remains a cruel action.(personal quotation)


Chapter VI: Is religion or culture the reason behind violence against

women?

In all monotheistic religions, no prophet or holy book states that women have to be

subjected to men. But what religion is and how people perceive it, is totally different.

The position of women in religion is quite controversial. For example, in the

Christian religion we have the image of Mary, who is respected and taken into great

consideration. But were and are all women treated or respected like Mary? Not

always. In fact, Christianity applied its beliefs in a contradictory way. It rejected

women as historical figures and denied the importance of women, but it put both

sexes on the same level when it came to sin, forgiveness and grace. So basically the

spirit was considered the same for men and women, but, on earth women were

considered inferior to men. Therefore, religion was adapted to culture and not the

other way around. Therefore, the Holy Scriptures were based on the thought of that

time. If we look at the past, we notice that Christians did, more or less, the same

thing that Muslims do today.


During the Middle Ages, the Christian church condemned thousands of women

because they were considered witches. Only common women were treated this way

because the order of nuns, created by the Christian church, that still exists today, was

excluded from the sin of “having ties” to the devil. Even if the creation of this order

gave some women, at that time, the opportunity to study and to learn, they were

forced to stay in convents and they could not make any decisions on their own.

Today, the West judges Muslim countries because they stone women, even though

they basically did the same thing in the past, if not even worse.

Today one of the most debated issues, upon which the media speculates by

associating women to religion, is the headscarf worn by Muslim women.

This matter increased people's awareness in society when the news on television and

in newspapers reported that women in Afghanistan wore burqas. But, are the societies

of western Europe and the US sure that the veil is an imposition and not a choice?

And, furthermore, is the headscarf only worn and “imposed” in the Muslim religion?

First of all, people should remember that both religions, Christianity and Islamism,

come from the same region of the world. In fact, as I previously stated , religion is

adapted to culture. If we think of the image of Mary, we can surely say that she is

constantly represented wearing a veil on her head. Nuns, considered the brides of

Jesus, must wear a veil that only shows their face. Moreover until the 1960s the

majority of women, mainly in the southern regions of Italy, wore a veil that covered

their head. Thus the veil isn’t typical of Muslim religion, but of the area where the

most common monotheistic religions were born. What should really raise awareness
in society is if Muslim women can chose whether or not they want to wear the veil

and if they choose not to then what consequences do they face in some countries. For

example, in Saudi Arabia, the law obliges women to wear the headscarf and if they

don’t do so they undergo several punishments. In Afghanistan, the Taliban regime,

imposed women to wear a burqa, which covers their entire body as a sign of rejection

of their existence. In Iran, with the 1979 Islamic revolution, women were imposed to

wear the headscarf. But in Turkey, an Islamic country, women aren't obliged to wear

the headscarf, although many of them choose to wear it. Thus, the headscarf is linked

to religion, but only in some cases is it associated with freedom and individuality.

There are two other types of headscarves used in Arabic countries; these are the Hijab

(a veil that it is similar to the one worn by nuns), which is the most common among

Muslim women all over the world, and the Niqab (which covers the entire face and

only shows the eyes) mostly used by women of the Arab Emirates.

In addition, the typical dress of Indians, the Sari, covers the head of women. Thus it

can be considered a veil. But why is this type of veil not judged by society and the

media? The point is that the issue of the veil is misunderstood because, in the end, the

use of the veil is only an old tradition that is still followed in some countries. When it

comes to Muslims, it is associated with repression and not to a religious matter.


Chapter VII: Women who made the difference

In every century and society, there were women, who understood that they were

bound to suffer in silence and thus decided to denounce what was happening through

literature or by taking action. In the Middle Ages, Joan of Arc, the French heroine,

led the French army against the English invasion, during the Hundred Years’ War. At

the time of the French revolution madame B.B del Caux wrote Le Cahier de

Doleance, where she denounced the position held by women, who were believed to

be unable to look after themselves. She stated that they had to stand together to atone

their social position and to ask for equal treatment. In the “world” of Feminists there

are many women, who protested against how they were thought of at the time. Only

to cite a few: the Guatemalan UNESCO Goodwill Ambassador Rigoberta Menchù,

who fought for the rights of the indigenous in Guatemala; Bianca Milesi, who, after

her studies in Switzerland and Austria, decided to go back to Italy to introduce an

innovative way of studying for women; in Italy, in the 70s, Raffaella Lamberti

created, a small group called Associazione Orlando,a small association dedicated to

Italian feminists. In the world of literature, a lot of women “made a difference”

through their poetry and novels. A writer who during the 1800s refused and

denounced, the idea of women as objects that had to obey men, through her books,
was Jane Austen. She wrote a few novels about this matter, such as Pride and

Prejudice, a book that can be considered a sort of autobiography. Carol Ann Duffy,

wrote a lot of books about women and the most impressive is the collection of poems

entitled The World’s Wife. Mary Wollstonecraft, a British writer and philosopher,

who fought through her book, A Vindication of the Rights of Women, for the

promulgation of the rights for British women. The same was done for French women

by Olympe de Gouges in 1792 with the Declaration of the rights of women and

female citizens. In 1963, through her book The Feminine Mystique the American

writer Betty Friedan denounced the frustrating lives of countless American women,

who were expected to find fulfilment primarily through the achievements of husbands

and children, All these women are only a few examples of those who contributed to

help “improve” the condition of women; thanks to their work in the past now at least

women living in developed countries can benefit from the rights they deserve.
Conclusions

After years and years of fighting to achieve independence from men, women can

finally enjoy the freedom and the respect they deserve not only in everyday life, but

in the work field as well since they can cover relevant positions. Unfortunately, they

are still not considered men's equal and, in some cases, they are still victims of abuse.

Despite this great leaps forward have been made. They have legal protection if they

are abused and, even if in developing countries they are not fully protected, the

world’s organisations which are centred on the tutelary of women, mobilises the

global population to help them. Even so, has the woman’s condition changed? I can

finally state that the world population has become aware that women have to be

treated like human beings, therefore they have to be respected just like men.

Women’s living conditions have improved in many parts of the world, they have

changed in the legal field and in the world of work in many ways, even though much

more still needs to be done.


Chapitre I : La condition de la femme à partir du Moyen Âge jusqu’au

siècle des lumières

Pendant toute la période médiévale, les sociétés européennes ont vécu des années

sombres pendant lesquels les populations étaient victimes de la superstition. L’image

de la femme pendant le Moyen Âge n’était pas positive, au contraire, les sociétés

gouvernées par des hommes misogynes et superstitieux croyaient qu’elles devaient

être protégées aussi par eux-mêmes. Cette idée, qui était diffusée par l’église, disait

que les seules femmes qui pouvaient se sauver étaient les religieuses et les femmes

mariées ou veuves.

Mais la vie pour les femmes du Moyen Âge n’était pas facile dans toutes les

catégories. Elles ne pouvaient pas trop se maquiller, parce que cela montrait qu’elles

donnaient plus importance à l’aspect extérieur plutôt qu’à l’âme ; elles ne pouvaient

pas manger de choses trop chaudes ou boire du vin parce que ça aurait altéré leur état

d’âme. Mais c’est là juste une petite partie de ce qu’elles n’étaient pas autorisées à

faire. De plus, elles pouvaient juste sourire mais non rire et elles devaient pleurer en

silence. Enfin, les prêcheurs disaient que les femmes étaient des habiles menteuses et

qu’elles aimaient souvent parler hors de propos. Pour prouver cela, ils avaient diffusé

l’idée que si le Christ était apparu à la Madeleine, c’était juste parce qu’elle, étant une
femme, l’aurait dit à tout le monde. Dans la noblesse, les femmes avaient deux choix

: elles pouvaient devenir religieuses ou se marier avec un homme noble. Mais ce

choix ne leur appartenait pas, en effet c’était leurs pères qui décidaient pour eux. Pour

la plupart, ils décidaient de les faire devenir religieuses, parce que de cette façon ils

pouvaient sauver une partie de leur richesse, puisque quand une fille se mariait, elle

devait donner à son époux une partie des biens de son père. Enfin, le choix de

l’épouse appartenait aussi au père. Dans la noblesse européenne, en particulier en

Espagne, quand un homme avait une fille, dès qu’elle était petite, il lui donnait des

images pieuses et lui disait que si elle devenait religieuse, après sa mort tout le monde

l’aurait connue. Si elle refusait, toute sa famille l’ignorait et elle était éloignée par

tous. C’était une pratique très diffusée dans la noblesse. C’était les pères qui

choisissaient un mari pour elles, c’était hors de question qu’elles refusent. Pour les

femmes qui vivaient à la campagne ou qui appartenaient aux classes sociales les plus

basses, la situation était presque la même. Quand elles se mariaient, elles devaient

donner une dote à leur mari que leur père avait mis de côté. Parfois, quand elles

étaient heureuses, des filles allaient travailler comme serveuses pour des familles

riches. Certaines décidaient de devenir religieuses, parce que, de cette façon, elles

pouvaient recevoir une instruction, qui se basait sur la religion, qui à l’époque était

réservée juste aux filles des nobles.

Comme les hommes d’église étaient superstitieux, ils croyaient que beaucoup de

femmes étaient des sorcières. À cause de cela, beaucoup des femmes ont perdu la vie

pendant cette époque. Il n’y avait pas une raison spécifique qui expliquait qu’une
femme était une sorcière ou non. Parfois c’était à cause de la couleur de ses cheveux

ou parce qu’elles avaient un nævus étrange ou seulement parce qu’elles ne

connaissaient pas très bien la Bible ou l’Evangile. Quand elles étaient accusées, au

début elles étaient torturées jusqu’à qu’elles admettaient qu’elles étaient des

sorcières. A partir de ce moment-là, un long processus commençait pendant lequel les

femmes étaient forcées d’admettre qu’elles avaient eu des relations avec le diable.

Après, elles étaient condamnées à mort et elles étaient brûlées devant tout le village et

quand elles criaient, le gens pensait que ce n’était pas pour la souffrance mais pour

invoquer le diable. Pendant tout le Moyen Âge, beaucoup des femmes qui étaient

considérées comme sorcières ont été torturées et tuées des façons les plus horribles et

tout ça a continué jusqu’au siècle des Lumières.

Le siècle des Lumières a été comme une Renaissance pour toutes les sociétés

européennes qui avaient vécu dans le Moyen Âge. Pendant cette période, les salons

littéraires ont été créés et les intellectuels de ce siècle discutaient de la science et de la

philosophie. Les femmes aussi participaient à ces salons. Elles pouvaient écouter les

idées et exprimer leur opinion, mais avec grâce et sans se mettre trop en vue. Bien

que l’instruction ait été concédée aussi aux femmes de la haute bourgeoise, elles

n’avaient pas l’opportunité d’étudier les sciences parce qu’elles n’étaient pas

considérées comme étant en mesure de les comprendre. Ainsi les femmes étudiaient

juste la musique, le dessin et les arts en général parce que cela devait améliorer leur

nature gentille et elles seraient devenues des meilleures épouses. De toute façon la

femme était encore subordonnée à l’homme. Elle n’avait pas de personnalité civile et
elle était exclue des centres du pouvoir. De plus, elle n’avaient pas de droit

professionnel et si elles participaient aux discussions des intellectuels, il n’y avait pas

de collaboration féminine dans l’Encyclopédie. Dans les classes aisées, la condition

des femmes n’était pas meilleure qu’au Moyen Âge. Elles ne recevaient pas

d’instruction et elles devaient travailler dans leur famille pour créer une dot, qu’elle

aurait donnée à son époux. Quand le mari travaillait dans la campagne, la femme

devait aller à la ville pour vendre les produits et, en plus, elle devait s’occuper de la

famille et de la campagne quand le mari partait pour travailler dans une autre ville.

Mais tout cela était considéré immoral et il y avait des gardes qui surveillaient surtout

les femmes qui vendaient des produits dans les marchés dans le centre-ville. Pendant

ce siècle, avec la Révolution Française qui se fondait sur les principes de fraternité,

de liberté et surtout d’égalité et grâce à la philosophie que les femmes avaient écouté

dans les salons littéraires, elles commençaient à prendre conscience d’être des êtres

humains et, par conséquent, à demander pour le droit d’être considérées comme des

citoyennes. La première a été Madame B.B de Cadeaux en écrivant le Cahier de

Doléance, où elle disait que la femme devait se racheter et demander à être

considérée comme une citoyenne de « deuxième classe », comme on le faisait avec

les Noirs à l’époque. Après la Révolution, Olympe de Gouges avait présenté à

l’Assemblée de Paris un écrit pour les Droits des femmes, qui s’intitulait «

Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne ». En Angleterre aussi une autre

femme, Mary Wollstonecraft écrivait des droits des femmes, une revendication pour

les femmes anglaises qui s’intitulait « Vindication of rights of women »


(revendication des droits des femmes). Grâce à ces femmes, dans le siècle suivant, un

mouvement féministe qui a protesté pour leurs droits s’est formé en Angleterre et il

s’appelait « Suffragette ».

Chapitre III : Les Suffragettes et le mouvement féministe


Entre le 18ème et 19ème siècle, quelques femmes ont commencé à penser à elles-mêmes

comme des êtres humains et qui, par conséquent, avaient des droits. Au début, en

France, Olympe de Gouges et, en Angleterre, Mary Wollstonecraft avaient essayé de

dénoncer la condition de la femme, mais sans aucun résultat. En 1800, un groupe des

femmes de la classe sociale anglaise moyenne commençait à penser que la femme

devait avoir au moins le droit de voter. Ce mouvement de protestation a commencé

en Angleterre et après s’est diffusé aux États-Unis, au Canada, en Australie, en

Nouvelle-Zélande et dans les États de l’Europe Occidentale. Le premier État qui a

concédé le droit de voter à toutes les femmes à partir de vingt-un ans a été la

Nouvelle-Zélande en 1893. Ce groupe de femmes était défini pour la première fois

par le journal anglais Daily Mail avec le nom de « Suffragettes », parce qu’elles

demandaient le suffrage universel. Elles s’inspiraient au livre de Mary

Wollstonecraft, Vindication of Rights of Women et la première de ces femmes était

Millicent Fawcett, laquelle utilisait des arguments très intelligents pour soutenir ses

idées. Elle se demandait la raison qui interdisait aux femmes de voter et elle disait

que si les femmes devaient suivre les lois et elles devaient faire partie du système, par

conséquent, elles devaient avoir l’opportunité de choisir les personnes qui faisaient

les lois. Puisque pendant ce siècle les femmes étaient retenues très sensibles pour
voter, Millicent Fawcett demandait à son groupe de ne pas agir avec violence, mais

au contraire de démontrer qu’elles pouvaient discuter de manière logique comme les

hommes, avec calme et tranquillité. Malheureusement, il y avait des femmes qui

utilisaient la violence pour atteindre leurs objectifs. Une autre représentante des

Suffragettes était Emmeline Punkhurst qui, avec sa fille Christabel, fondait un parti

politique, qui était composé uniquement de femmes, le Women’s Social and Political

Union, en 1903. Quelques années plus tard, Christabel et une autre représentante du

parti allèrent à l’assemblée de Manchester pour demander à Wiston Churchill et à Sir

Edward Grey les raisons qui empêchait les femmes de voter. Les deux hommes ne

répondirent pas et les deux femmes commencèrent à crier à tue-tête contre

l’assemblée de permettre aux femmes de voter. Après cet épisode, les deux femmes

furent arrêtées, mais elles étaient contentes d’aller en prison parce que, de cette façon,

elles pouvaient commencer une grève de la faim pour protester. Beaucoup d’autres

représentantes brûlaient les églises anglicanes, parce que celles-ci était contre le droit

de vote des femmes, et s’enchaînaient à Buckingham Palace parce que la monarchie

aussi était contraire au droit de vote pour les femmes. Tout ça avait affirmé l’idée que

la nature des femmes était trop sensible pour leur permettre de voter.

Le mouvement des « Suffragettes » à inspiré beaucoup de femmes à protester pour

leurs droits qui ont créé le mouvement féministe. Le mouvement féministe est un

mouvement mondial créé par des femmes qui demandent pour l’égalité entre les

hommes et les femmes. Ce mouvement s’est développé de manière différente au

cours du 20ème siècle. Au début, les femmes demandaient juste le droit de vote. Les
femmes qui appartenaient au mouvement féministe à leur tour ont inspiré les femmes

qui appartenaient à des minorités ethniques pour réclamer leurs droits. Elles étaient

différentes par rapport aux femmes de la bourgeoise moyenne.

Au début, les féministes demandaient de faire partie intégrante du système et d’avoir

de droits, comme le droit à la maternité, le droit de travailler dans tous les secteurs, le

droit d’avorter et le droit de divorcer. Elles ont obtenu tous ces droits. En plus, elles

ont demandé la protection contre la violence, mais cela était plus difficile à obtenir

parce que beaucoup de femmes étaient battues ou violées par un membre de leur

famille et par conséquent elles ne voulaient pas le dénoncer. Mais surtout elles

demandaient à la société d’être considérées comme des êtres humains. Dans les

années 60 et 70, les féministes se sont divisées selon leurs idées politiques et elles ont

changé leur point de vue ; en effet si les premières féministes soulignaient l’égalité

entre les hommes et les femmes, les féministes de la deuxième moitié du siècle

exaltaient les différences. En outre, elles accusaient la société d’être trop patriarcale

et d’éduquer les femmes selon des modèles machistes. Deux représentantes

importantes du féminisme des années 70 sont Betty Friedan et Kate Millet. Même si

les féministes se basent toutes sur la même idée, elles se sont divisées selon leurs

idées politiques, en créant différents groupes. Par exemple, il y a le féminisme

socialiste qui se base sur la protection et l’égalité de la femme sur la base de

l’idéologie socialiste, le féminisme marxiste qui accuse la structure sociale de

l’oppression de la femme, le féminisme écologiste qui pense que la destruction de la

nature est liée à la destruction de la femme.


Puisque les femmes qui appartenaient aux mouvements féministes étaient des

femmes blanches de la classe moyenne, les femmes des minorités ethniques

décidèrent de former leurs groupes féministes. La première a été le Womanism, un

groupe féministe américain composé seulement de femmes afro-américaines. Le mot

« Womanism » a été utilisé pour la première fois par la lauréate du prix Pulitzer,

Alice Walker. Le Womanism, ou féminisme afro-américain, est un mouvement qui

proteste pour les droits des femmes afro-américaines et il trouve ses origines dans les

persécutions raciales contre les Noirs. Les fondatrices de ce mouvement sont

Jacqueline Grant et Dolores Williams. James Cone Hall disait que Jésus était noir

parce qu’il avait souffert comme les Noirs, mais Jacqueline Grant avait insisté sur le

fait que Jésus devait représenter les Noirs qui souffraient, il représentait les femmes

noires et pas les hommes noirs. Après le Womanism, les femmes africaines se sont

mobilisées pour leur indépendance. Pendant beaucoup de temps, les femmes

africaines sont restées « sans voix », c’est-à-dire que personne ne protestait pour elles

et contre les abus qu’elles subissaient. En 1978, Awa Thiam a écrit le livre Speak

Out, Black Sister dans lequel elle dénonçait la condition de la femme africaine. À

partir de ce moment-là, les femmes de différents pays africains ont commencé à

répandre le défi, comme les activistes de la Sierra Léone Daphne Williams-Ntiri et

Molara Ogundipe-Leslie et des femmes d’autres nations comme Bolanie Awe, Helen

Kuzwayo, Irene Assiba ou Abena Busia, lesquelles, bien qu’elles aient des idéologies

différentes, voulaient aider les femmes africaines à devenir libres. Aux États-Unis, les

femmes de la minorité hispanique, dans les années 70, protestaient pour leurs
conditions parce qu’elles étaient discriminées par les américains pour la couleur de

leur peau et pour leur sexe par les hommes hispaniques. Ce mouvement féministe

s’appelle Chicana et il proteste pour la condition des femmes mexicaines, hispaniques

et chicanes. Une des représentantes, Ana Nieto-Gomez a dit que la seule chose que

peut avoir en commun une femme américaine d’origine anglo-saxonne et une femme

américaine d’origine hispanique est leur sexe, puisque les américaines d’origine

anglo-saxonne ne subissent pas de discrimination raciale.

Un groupe féministe qui base son idéologie sur la religion est le féminisme islamique.

Ce mouvement-là se base sur le respect de la femme et il fait cela par la lecture du

Coran avec un point de vue féminin. Les femmes de ce mouvement expliquent que la

position de la femme a toujours été importante dans la vie des musulmans, comme

Umm Salama, la conseillère de Mahomet, et que la façon dont elles sont traitées est

due à l’évolution d’une société misogyne et non à cause de la religion. Le féminisme

islamique s’est développé dans les années 90 et après l’an 2000. Les représentantes

les plus importantes sont la théologienne afro-américaine Amina Wadud et la

marocaine Fatima Mernissi.

Tous les mouvements féministes, même si ils se basent sur des idéologies différentes,

ont en commun la lutte pour la condition et le respect de la femme dans le monde

entier.
Chapitre IV : Comment a changé la condition de la femme aujourd’hui ?

Beaucoup de choses ont changé aujourd’hui pour les femmes qui vivent dans le

monde occidental, elles sont libres de choisir comment vivre et elles ne sont plus

obligées de choisir entre la carrière et la famille. Les femmes sont protégées par la loi

contre les abus et les violences dans beaucoup de pays. Grâce aux protestations des

mouvements féministes, les femmes ont obtenu beaucoup de droits qu’elles n’avaient

pas jusqu’à la fin des années 70. Par exemple, maintenant, elles ont l’opportunité de

choisir si elles veulent étudier ou non et, de plus, elles peuvent choisir l’orientation

dans leurs études. Elles ont le droit de choisir si elles veulent avorter ou non ou si

elles veulent divorcer, des droits qu’elles n’avaient pas jusqu’aux années 70, quand la

révolution féministe se basait sur le concept de « s’approprier de nouveau » de leur

corps et de la lutte contre la société patriarcale qui imposait aux femmes de garder

leur enfant une fois qu’elles tombaient enceintes et de se soumettre à leur mari.

Beaucoup de femmes ont compris que, grâce à leur coopération avec les hommes,

elles pouvaient aider la société.

Dans le monde du travail, les femmes ont beaucoup d’opportunités. Elles ont aussi la

possibilité d’occuper des postes importants. Malheureusement, les femmes sont

encore discriminées par rapport aux hommes. Souvent les employeurs préfèrent les

hommes, parce que si un couple choisit d’avoir un fils, il ne devra pas quitter son
travail pendant long temps. En effet, les femmes ont obtenu le droit d’avoir un congé

de maternité, mais cela représente une perte pour l’employeur. C’est-à-dire que quand

une femme tombe enceinte, elle a besoin d’une période libre de son travail, mais

l’employeur doit la payer. Au contraire, un homme n’a pas besoin de quitter son

travail et, comme conséquence, il a plus d’opportunités de trouver un emploi. En

plus, sans aucune raison, les femmes sont moins payées que les hommes. En

Australie, par exemple, un des pays les plus civilisés au monde, dans tous les États,

les salaires des femmes sont plus bas que ceux des hommes. Selon l’Union

Européenne, une femme gagne 17,8% de moins par heure par rapport à un homme et

cela augmente le taux de pauvreté chez les femmes. Mais, ce « détail » mis à part, les

femmes ont beaucoup amélioré leur situation en ce qui concerne le travail. Par

exemple, jusqu’aux premières années du 20ème siècle en Angleterre les femmes

titulaires d’un doctorat en chimie n’avaient pas la possibilité de participer aux clubs

de sciences, mais avec le temps elles ont prouvé qu’elles pouvaient faire aussi bien

que les hommes et elles ont gagné des prix Nobel, comme Rita Levi Montalcini en

1986. Dans le monde de la politique, elles ont commencé leur ascension avec les

suffragettes, qui avaient crée le parti politique Women’s Social and Political Union

en 1903, et maintenant elles occupent des postes très importants, comme en Islande

où le chef de l’État est une femme, Johanna Sigurdardottir, qui a obtenu 73% de

votes. Aux États-Unis, dans l’administration Obama, le secrétaire d’État est une

femme, Hillary Clinton, et dans les administrations précédentes il y avait deux

femmes, Condoleezza Rice et Madeleine Albright. En Allemagne, le chancelier est


une femme, Angela Merkel, et dans l’Union Européenne la baronne anglaise

Catherine Ashton est la haute représentante des Affaires Etrangères et la Politique de

Sécurité.

Pendant les deux conflits mondiaux, les femmes ont occupé des postes secondaires,

mais aujourd’hui elles peuvent devenir militaires et elles peuvent aussi prendre part

dans les champs de bataille, comme en Afghanistan et en Irak. En plus, elles peuvent

avoir une véritable carrière militaire, dans la police ou dans les autres secteurs

militaires.

Malheureusement, les femmes sont toujours victimes d’abus et de violences

physiques et psychologiques, même si elles sont protégées par la loi. Maintenant, la

loi condamne les violeurs mais parfois elle n’est pas utilisée correctement à cause des

erreurs des avocats. Par exemple, en Italie une femme a été violée et son violeur a été

condamné mais, après quelques mois, il a été libéré de prison pour bonne conduite. Il

y a un autre cas qui a bouleversé l’Italie dans les années 90 ; une femme a été violée,

mais son violeur n’a pas été condamné parce que la femme portait un jeans et par

conséquent il était impossible que l’homme l’ait violée sans son aide. Selon les juges,

cette théorie était acceptable et ils ont décidé de ne pas condamner le violeur. Ce sont

juste des cas qui montrent que pour la société, malgré les progrès, la femme est

encore subordonnée et elle est aussi considérée inférieure à l’homme. Donc, bien que

les protestations effectuées par les femmes et les organisations internationales aient

crée des lois pour l’égalité des chances, le problème est l’idée de la société sur la
position de la femme et jusqu’à ce qu’elle change, les femmes seront toujours

discriminées.
Chapitre V : La violence contre les femmes

À partir du Moyen Âge jusqu’à la moitié du 20 ème siècle, les femmes n’étaient pas

protégées par la loi. Aujourd’hui, dans le monde occidental, les femmes sont

protégées par des lois contre le viol, le harcèlement et les abus en général.

Malheureusement, dans le Pays du Tiers-Monde, les violences contre les femmes sont

toujours courantes et cela contraint les femmes à vivre dans une situation de terreur

dans de nombreux pays.

En commençant par l’Asie, au Pakistan et au Bangladesh, les jeunes filles subissent

des violences horribles. Il y a plusieurs raisons à cela : une des raisons est que les

filles sont obligées d’accepter les mariages forcés et quand celles-ci refusent, elles

sont brûlées au visage avec de l’acide par leur père ou un des frères. L’acide ne brûle

pas seulement leur visage, mais aussi les organes intérieurs et surtout ceux de

l’appareil respiratoire. Tous cela provoque des élancement, qui les mènent à vouloir

mourir. Parfois, elles sont tuées par des membres de la famille. Une autre raison est

que les filles décident d’étudier et leur famille n’est pas d’accord. Des cas de violence

ou de meurtre des filles du Pakistan ou du Bangladesh sont arrivés en Angleterre, où

il y a une grosse concentration d’immigrés qui viennent de ces pays. En effet,

beaucoup de cas des filles victimes de la collision ont été enregistrés dans les

quartiers où habitent des personnes d’ethnie pakistanaise ou du Bangladesh. Grâce à

la police, qui a suspecté et qui a enquêté sur ces cas, on a découvert que les filles

étaient tuées parce qu’elles refusaient le mariage forcé ou parce qu’elles décidaient de

vivre comme les filles occidentales. De plus, ce ne sont pas les seules violences
contre les femmes du Pakistan ou du Bangladesh, puisqu’il a été enregistré un taux

élevé de violences domestiques. En Inde aussi, le taux de violence domestique est très

élevé. Beaucoup de femmes indiennes subissent des abus et un groupe de femmes a

décidé de les combattre en utilisant la parole comme seule arme. Ces femmes vont

dans les villages et elles cherchent à faire raisonner les hommes concernant la

violence contre les femmes et elles cherchent aussi à expliquer que frapper leur

épouse n’est pas juste, bien- qu’en Inde battre une femme est comme une tradition.

Une autre pratique qui force les femmes à se donner la mort est le rite de la Sati. Ce

rite prévoit qu’au moment de la mort du mari, la veuve, encore vivante, doit se jeter

sur un bûcher en flammes. Si elle choisit de vivre, elle et sa famille sont éloignées par

tout le village et, par conséquent, elle meurt de faim. Ce rite a été aboli en 1829 par

les colonisateurs anglais, mais il est encore effectué. Un des pays asiatiques où les

femmes sont victimes de tous les types de violence est l’Afghanistan. Dans cette

nation, avant le régime taliban, les femmes vivaient comme dans toutes les autres

parties du monde, mais après elles ont vécu des années de terreur. Au début, le

régime voulait imposer à la population afghane des lois de l’époque du Coran, qui

étaient utilisées dans la campagne afghane, pour « purifier » les gens. Ils ont

commencé à imposer la fermeture des écoles pour les enfants et que les femmes ne

devaient plus travailler dans les hôpitaux. C’était juste le début. Après, ils ont imposé

aux femmes de mettre la burqa et des chaussures qui ne faisaient pas de bruit. Cet

habillement n’était pas une imposition religieuse mais une façon d’annuler

l’existence de la femme. En plus, les femmes étaient obligées de peindre les fenêtres
de leur maison en noir parce que, de cette façon, les hommes ne pouvaient pas les

voir. L’excuse des talibans était que de cette manière les hommes ne pouvaient pas

être tentés par les femmes. De plus, les femmes ne pouvaient pas sortir toutes seules

mais elles devaient être accompagnées par un homme, qui pouvait être leur père ou

leur mari. Malheureusement, les talibans ont perpétré des crimes horribles contre la

population afghane et surtout contre les femmes afghanes. Un des premiers cas de

violence contre une femme afghane a été quand une femme a été amenée dans un

stade pour être tuée. Des soldats talibans l’ont accusée de ne pas avoir respecté la loi

islamique et donc elle devait payer. Elle a été amenée dans le stade de Kaboul et les

soldats l’ont forcée à s’agenouiller ils lui ont tiré une balle dans la tête. La foule, qui

avait assisté à cette scène horrible, se sauva terrorisée. A partir de ce moment-là, une

véritable période de terreur a commencé pour les afghans. Des témoignages des

femmes qui vivaient en Afghanistan au moment des abus de pouvoir par les talibans

racontent que la situation était ainsi terrible qu’elles ont préféré vivre dans un camp

de réfugiés au Pakistan dans une vallée aride où il n’y a pas d’eau courante et la

température est très élevée plus tôt que dans leur pays. Une des femmes raconte

qu’elle a vu à Kaboul deux soldats qui avaient arrêté un couple et un des soldats avait

demandé à la fille pourquoi elle se déplaçait en vélo. Elle avait répondu que n’était

pas leur problème et après un des soldats avait tué le jeune couple. La femme qui a

raconté cela a dit qu’elle était si choquée qu’elle a décidé d’abandonner son pays.

Une autre femme raconte qu’une fois une jeune fille de seize ans a été accusée par un

voisin d’avoir une relation avec un homme sans être mariée. La fille a été enlevée de
sa maison par les talibans, elle a été frappée, violée et enfin tuée. Son oncle, qui avait

cherché à arrêter les soldats et à défendre sa nièce, a été battu. Un autre cas d’une

femme qui se trouvait au marché avec ses enfants qui a été battue à mort parce que sa

burqa s’était déplacée et sa main était découverte. Mais ce sont des cas spécifiques,

parce que le nombre des femmes qui ont été tuées par lapidation ou qui ont été

condamnées à la peine de mort, la pendaison, sans aucune raison est impossible à

chiffrer.

L’Afrique est une autre partie du monde où les femmes sont victimes des pires

violences. Un des rites les plus horribles qui est effectué sur les femmes est

l’infibulation. Cette ancienne pratique trouve ses origines dans la péninsule arabique

et, au fil du temps, s’est étendue dans beaucoup des pays de l’Afrique subsaharienne

mais surtout dans ceux de la Corne de l’Afrique. Le mot infibulation dérive du latin

« fibule », qui signifie fermeture. Ce rite prévoit l’ablation des organes génitaux

féminins et après la fermeture avec un fil. Tout ceci est fait sans aucune anesthésie ou

désinfectant dans des conditions d’hygiène précaires qui, parfois, portent à la mort de

la femme. Cette opération est effectuée par une femme ancienne sur les filles avant

qu’elles commencent la puberté, de sorte que les filles soient vierges au moment du

mariage. Le premier État qui a interdit l’infibulation a été l’Égypte en 2005 après la

mort de deux jeunes filles. La peine imposée par l’État égyptien, pour ceux qui

continuent à effectuer l’infibulation, prévoit une période de détention en prison ou le

paiement d’une contravention. Puisque l’infibulation n’est pas vue par les populations

africaines comme un rite barbare mais comme une tradition, beaucoup de cas ont été
enregistrés en Europe sur des femmes immigrées qui demandaient que leurs filles

soient infibulées. En Italie, des lois ont été promulguées qui punissent les docteurs

qui acceptent d’infibuler les filles. Il y a des associations qui aident les filles et les

femmes des nations où il y a l’infibulation comme l’AIDOS. Comme en Afghanistan,

en Afrique aussi la peine de mort la plus utilisée sur les femmes en particulier est la

lapidation. Celle-ci prévoit la couverture de la femme jusqu'au cou et après elle vient

pris à coups de pierres jusqu’à la mort. Dans la majorité des cas, les femmes sont

accusées d’avoir trompé leurs maris, mais en réalité ce sont souvent les femmes les

véritables victimes, puisqu’elles sont violées par leur « amant ». Un des cas qui a

suscité l’intérêt de la population mondiale est le cas de Safiya Husseini, une femme

nigériane condamnée à la lapidation. Ce cas a suscité l’intérêt mondial non seulement

sur la peine de mort mais aussi sur les violences toujours subies par les femmes

africaines. Safiya, à la fin de son procès a déclaré : « d’autres personnes ont fait des

choses pires. Mais parce que ce sont des hommes et ils connaissent beaucoup de

monde, ils ne sont pas condamnés ». Après quelques temps, une autre femme a été

condamnée pour la même raison au Nigéria. Les autorités nigérianes se sont justifiées

en disant que selon la Sharia, la loi islamique en vigueur dans ce pays depuis 2000,

elle avait enfreint la loi. Ce cas a prouvé que les autorités nigérianes avaient supprimé

la lapidation de Safiya seulement grâce à la pression exercée par les autres chefs

d’État et qu’en réalité ils n’avaient pas compris la gravité de la situation, c’est-à-dire

une situation dont les femmes sont les victimes de viol et les hommes ne sont pas

condamnés.
Le pays africain où les femmes subissent la majorité des abus est le Rwanda. Entre

1990 et 1995, au Rwanda, il y avait une guerre qui a provoqué beaucoup de morts à

cause de la haine raciale entre les deux ethnies, les Hutu et les Tutsi. Les européens

sont à la base de la cause de cette guerre, parce que pendant la période coloniale ils

préféraient l’ethnie Tutsi, parce que cette ethnie ressemble beaucoup plus aux

européens que celle des Hutu. Pendant les années de la guerre, l’ethnie Hutu a

diffusé, dans tout le pays, une propagande contre les Tutsi. Pendant cette propagande,

le gouvernement cherchait à amoindrir surtout les femmes Tutsi, parce qu’elles

étaient considérées comme des tentatrices pour les hommes. Pendant la guerre, les

femmes Tutsi ont été violées par des viols collectifs, elles étaient frappées et devant

tout le monde elles étaient humiliées. Aujourd’hui, la condition des femmes

rwandaises n’a pas beaucoup changé. Malheureusement, les femmes sont toujours

victimes de viol par les soldats et les rebelles. Beaucoup de celles qui ont été violées

sont éloignées par leurs maris à cause du SIDA. Par conséquent, les femmes se

retrouvent sans maison et sont exposées à tous types de violence, parce qu’elles n’ont

plus la protection de leurs maris. Mais les pays du Tiers Monde ne sont pas les seuls

où les femmes sont victimes de violence. En effet, dans le monde occidental, les

femmes sont protégées par la loi contre les abus, mais cela ne signifie pas qu’on

n’abuse pas d’elles. Selon un ballon d’essai lancé en Australie en 2008 une femme

sur trois avait subi des abus. En Europe, en 2006, une enquête menée dans 25 pays

européens, dont 17 Pays étaient des pays membres, a indiqué que dans une relation

90% des cas la femme avait subi des violences physiques, 80% des femmes étaient
victimes de violence psychologique. En plus, la première cause de mort chez les

femmes est la violence qu’elles subissent par leur petit-ami et quand elles ne meurent

pas, cela peut les porter à l’alcoolisme, à la dépression et à l’abus de drogues. En

1993, l’Organisation des Nations Unies a établi les droits pour les femmes, mais si les

idées de la société et les traditions ne changent pas concernant la violence contre les

femmes, il n’y aura jamais de loi qui pourra les protéger.


Chapitre VI : La violence sur les femmes est alliée à la religion ou plutôt à

la culture ?

Dans les dernières années, les medias se sont concentrés sur la violence contre les

femmes dans le monde islamique, en accusant la religion pour tous les abus subis par

les femmes. Cette attention spéciale a commencé après les attaques terroristes contre

les tours jumelles par des terroristes de religion musulmane. Les terroristes étaient

afghans et les médias se sont concentrés sur les conditions dans lesquelles vivent les

femmes afghanes. Puisque l’Afghanistan est un pays islamique, la population

mondiale pense que les abus subis sur les femmes afghanes sont liés à la religion à

cause de la désinformation et que la violence contre les femmes musulmanes est

alliée au port du voile, au point que le voile porté par les musulmanes est devenu le

synonyme de répression et de maltraitance. En analysant la question du voile, il faut

dire tout d’abord qu’il y a différents types de voile : l’hijab, le niquab et la burqa et

ceux-ci sont utilisés dans des pays différents selon la tradition. Le problème est que

les femmes qui portent le voile habitent dans des nations où les femmes ne sont pas

respectées, mais ce n’est pas à cause de la religion. En effet, dans le Coran, il n’y a

pas l’imposition pour les femmes de porter le voile, au contraire c’est un choix que

les femmes peuvent faire. Malheureusement, en Afghanistan, le régime taliban a

utilisé l’excuse de la religion pour forcer les femmes à mettre la burqa et ça a

augmenté l’idée en occident que le voile est imposé pour soumettre les femmes. Mais

la religion islamique n’est pas la seule qui impose aux femmes de mettre un voile sur

la tête. Dans la religion Chrétienne, les religieuses sont forcées de porter un voile qui
est très similaire à celui des femmes musulmanes et en plus, pour les religieuses, c’est

une imposition et non un choix comme pour les musulmanes, mais personne ne pense

que les religieuses sont maltraitées ; en Italie, jusqu’aux années 50 et 60, les femmes

portaient un voile sur la tête mais ça n’était pas vu comme un démonstration de

soumission ou de maltraitance mais de respect. Enfin, dans la religion Catholique, la

figure de la Vierge est toujours représentée avec une voile. En Inde, la robe des

femmes indiennes prévoit qu’un voile couvre leur tête, mais la population occidentale

ne pense pas que c’est lié à des violences. Si l’on pense à la violence et à la torture

subies par les femmes, il faut se rappeler que pendant le Moyen Âge jusqu’au siècle

des Lumières à cause de la religion Chrétienne, le nombre des femmes qui ont été

brûlées, torturées, tuées et maltraitées est indéchiffrable parce que elles étaient

considérées comme des sorcières. Depuis le confucianisme, les femmes chinoises ont

vécu dans l’anonymat et dans le passé elles n’avaient aucun rôle dans la famille et, en

Chine, les femmes ne sont pas forcées de mettre le voile mais elles subissent toujours

des maltraitances. En Amérique du sud, les femmes ne sont pas respectées mais la

majorité de la population professe la religion Chrétienne. En Europe, la religion

Chrétienne est en vigueur mais le taux de violence contre les femmes est très élevé.

Si l’on réfléchit sur l’Islam et le Catholicisme, on peut noter que les deux sont nées

en Palestine et que dans les deux religions, le port du voile est juste une ancienne

tradition que les musulmans ont décidé de préserver. Les medias devraient plutôt

s’interroger si les femmes sont libres de choisir de porter le voile ou non, comme en

Arabie Saoudite où la loi impose à toutes les femmes de mettre un voile qui couvre la
tête ; il faudrait réfléchir si les femmes sont libres de choisir pour leur vie ou si elles

sont obligées de suivre des lois qui imposent l’ « annulation de l’individu ».

Malheureusement, les personnes utilisent l’excuse de la religion pour se justifier des

maltraitances, comme les talibans en Afghanistan, les pères pakistanais qui tuent

leurs filles parce que celles-ci choisissent de vivre comme les occidentaux et ne

respectent pas la religion musulmane. En Chine, le confucianisme abolit la figure de

la femme et où, dans le passé, les enfants étaient tués sans aucune raison. Jusqu’à ce

que les personnes n’apprennent à respecter les autres, l’excuse de la religion, comme

d’autres excuses, seront utilisées pour se justifier. En effet, les concepts religieux et la

façon dont ceux-ci sont utilisés par les hommes sont des choses différentes.

Je pense que si les medias cherchent à enquêter un peu plus sur la question des

violences dans le monde musulman, cela pourrait aider les pays occidentaux à mieux

comprendre la culture islamique et à améliorer les relations entre les populations

occidentales et orientales.

Chapitre VII : Les femmes qui ont fait la différence


Du Moyen Âge à aujourd’hui, il y a toujours eu des femmes qui ont lutté et qui ont

aidé la société. Beaucoup d’entre elles ont décidé de faire entendre leur voix par la

protestation et d’autres par la littérature. D’autres femmes ont décidé de marquer

l’histoire de l’humanité en faisant du bien dans la société.

En partant des « révolutionnaires », il y a Jeanne d’Arc, qui a dirigé les soldats

français contre l’armée anglaise pendant la Guerre de Cent Ans ; l’activiste espagnole

Dolores Ibarruri Gomez, qui a lutté contre la dictature franquiste ; la guatémaltèque

Rigoberta Menchù, qui a lutté pour les indigènes du Guatemala et qui est devenue

ambassadeur de l’UNESCO ; l’activiste Rosa Parks qui a été une des combattantes

pendant la période de l’apartheid ; les activistes des Suffragette, comme Emmeline

Punkhurst et sa fille Christabel ; Aung San Suu Chi, une politicienne birmane, qui

lutte pour les droits de l’Homme dans son pays.

Dans le monde littéraire, on trouve beaucoup de femmes qui ont protesté par leurs

écrits. Une femme qui a refusé la tradition patriarcale, c’est Jane Austen qui, avec son

livre, Orgueil et Préjugés, racontait comment les femmes n’avaient pas l’opportunité

de choisir leur mari et comment la protagoniste décide d’aller contre-courant en

attendant l’homme de sa vie ; une autre écrivaine est Virginia Woolf, qui dénonçait la

condition de soumission des femmes dans ses écrits ; la poète Carol Ann Duffy qui

dans ses poésies raconte que, bien que les femmes étaient soumises, dans la réalité

elles contrôlaient leurs maris ; pendant la Révolution Française Olympe de Gouges

avait écrit Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne et Mary

Wollstonecraft en Angleterre avait écrit, en même temps, Revendication des droits


des femmes. Toujours dans le monde du féminisme, l’écrivaine afro-américaine Alice

Walker qui a gagné le prix Pulitzer grâce à son livre In search of our mother’s garden

qui traite du féminisme afro-américain.

Il y a aussi eu des femmes qui ont contribué à aider la société avec des découvertes

scientifiques comme Marie Curie, qui a gagné deux prix Nobel, un pour la physique

et l’autre pour la chimie, ou Rita Levi Montalcini en Italie qui a gagné le prix Nobel

pour la médicine en 1986. D’autres femmes ont aidé la société, comme Mère Teresa

de Calcutta, qui a travaillé toute sa vie avec les pauvres de Calcutta et, en Italie,

Bianca Milesi qui après ses études en Suisse, a apporté une nouvelle méthode

d’enseignement pour les enfants dans les écoles italiennes.

Ces femmes sont juste une petite partie des femmes qui ont contribué à aider la

société, chacune de façon différente, mais leur aide a été précieuse pour le monde

entier et surtout pour les nouvelles générations qui pourront en bénéficier.


Conclusion :

Pendant tous les siècles, les femmes ont été considérées inférieures aux hommes.

Grâce à la Révolution Française et à ses principes de fraternité, de liberté et surtout

d’égalité, les femmes ont commencé à comprendre leur importance et qu’elles aussi

avaient des droits, comme tous les êtres humains. Par la suite, avec le mouvement

féministe, les femmes ont lutté pour de nombreuses années pour obtenir des droits

spécifiques pour les femmes et aujourd’hui beaucoup de femmes sont libres de

choisir. Mais est-ce que la condition de la femme a changé ? Bien sûr, dans le monde

occidental, les femmes sont protégées par la loi si elles subissent des violences et

elles ont l’opportunité de travailler. Dans les pays du Tiers Monde, les femmes ont

moins de droits que femmes des pays développés. Malheureusement, ce qui n’a pas

changé dans le monde occidental, c’est l’idée de la femme, laquelle est encore vue

comme soumise à l’homme. Donc, je pense que la condition de la femme s’est

beaucoup améliorée mais qu’il y a encore beaucoup à faire.

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