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Italo Rocco ha curato le edizioni poetiche de Nel diario del 1999, durante gli ultimi giorni di vita,
“L’acquario di <<Silarus>>”, come quelle di critica, di Italo Rocco aveva annotato:
storia e di altre discipline. Le sue liriche sono inserite Nessuno muore, finché resta nella memoria dei vivi.
nelle antologie per le scuole secondarie: “Vita”,
“Realtà”, “Esperienza”, “Autunno”, “Il Timone”, non-
ché in un’antologia in lingua turca dal titolo “Ve cabu- _________________
cak aksam”, accanto a quelle di Cecco Angiolieri, di
Ungaretti, Quasimodo, Montale, Gatto, D’Annunzio.
Con Luciano Erba e Margherita Spaziani, Italo Rocco
figura nell’antologia “Canti dell’ombra e della lu- NOTE
ce” (Poeti in mostra nell’oasi di Pian di Spagna), a cura (1) Maria Teresa Epifani Furno, Il linguaggio dei fiori,
di Antonio Di Marchi Gherini. Le sue poesie sono state Silarus, n.208, pag. 80.
tradotte in varie lingue: greco, francese, inglese, rume-
no, tedesco, portoghese, turco, molte sono state musi- (2)Ibidem.
cate. “Il canto dell’umanità” è stato tradotto in lingua
rumena (1976). (3) Italo Rocco, Girasole, da Il canto dell’umanità,
Nella sua poesia Italo Rocco “ha cantato la fragilità vol. I, La Prora, Salerno, 1972.
umana, l’attesa di una grande luce, la fiduciosa speran-
za nell’aldilà, la difesa della donna e della vita, la vani- (4) Italo Rocco, D’oltre oceano giunto, Il canto
tà dei beni terreni, il tutto con un sentimento di grande dell’umanità, Vol. III, Massa Editore, Napoli 1999.
serenità”. (5)
(5) Poeti e scrittori d’Italia 2003, Edizioni Universum,
Su “La fiera letteraria” sin dal ’64 si legge: “Le poesie Trento 2003.
di Italo Rocco, peraltro senza titolo, ci sembrano su un
piano di rara umanità”. (6) Franz Maria D’Asaro, Il cordoglio del Sindacato
In tutta la sua vita Rocco non ha mai smarrito il rappor- Libero Scrittori Italiani, Silarus, n.208
to intimo e profondo con le sue radici, con la sua terra
ricca di tesori di antiche civiltà, che egli conosceva ed
amava.
La sua fede nella parola, nella sua forza evocatrice e
dinamica, trasgressiva e catartica, che può penetrare
nella realtà della storia e trasformarla, elevare l’anima Annalisa Giancarlo è nata a Battipaglia nel 1980.
alla contemplazione del divino e migliorarla, fa di Italo Ha frequentato il Liceo Scientifico, diplomandosi con
Rocco il cavaliere di un humanitas senza confini, il ottimi voti e, lo scorso 27 marzo, si è laureata in Lette-
cittadino esemplare, che svolge fino in fondo la sua re Moderne, presso l’Università degli Studi di Salerno,
missione all’interno della propria comunità. con il punteggio di 110 e lode, discutendo la tesi intito-
La lirica emblematica della sua concezione esistenziale lata: “L’universo poetico di Italo Rocco” (relatore il
ed estetica, titolo di ben tre sillogi, “nomen est omen”, prof. Alberto Granese). Sin da piccola ha maturato un
“Il canto dell’umanità”, altamente profetica nella sua profondo interesse per la scrittura. Nel novembre del
vibrante attualità, incisa in una tavola bronzea, scoperta 1994, all’età di 14 anni, è stata premiata dal Ministro
e benedetta il 23 giugno del 2002, è stata collocata nel- della Pubblica Istruzione, al Teatro San Carlo di Napo-
la basilica “S. Maria della Speranza” di Battipaglia, a li, per la composizione del “Miglior compito scritto”,
cura del Rotary International club di Battipaglia. in un concorso a cui hanno partecipato tutte le scuole
medie del Mezzogiorno d’Italia. Dal 2004 è iscritta
Italo Rocco oggi non è più. Il 18 dicembre 1999 la
all’Ordine Nazionale dei Giornalisti Pubblicisti, e dal
morte lo colse in piena e fervida attività intellettuale:
2002 collabora con diverse testate giornalistiche come:
aveva appena pubblicato il volume III de “Il canto del-
La Città, Cronache del Mezzogiorno, La Graticola,
l’umanità” e attendeva alla pubblicazione del fascicolo
Agorà, La Voce, TargatoSa (giornale on-line).
207 della rivista “Silarus”, diretta con spirito illumina-
to fino alla fine. 18 Attualmente vive ed opera a Battipaglia.
Alfonso Gatto: suo Meridione d’Italia.
un ricordo lungo un sogno.
Per seguire, infatti, i crescenti impulsi culturali, si tra-
di Rossella Oricchio sferisce a Milano ove conosce pittori, scrittori, critici
POESIA d’arte.
“Voglio che la poesia sia la sola a dire chi sono, come Comincia a cantare malinconia e riso, nostalgia e ironia
sono vissuto e perché e con la naturalezza che le è pro- per la sua terra in poesie, racconti, fiabe, dipinti.
pria. Valga lo stesso rifiuto per tutte le immagini che Il sole sembra essersi fermato a Salerno nei suoi versi,
avrebbero potuto illustrarmi. Nessuno saprà mai quan- sembra essersi allontanato per poi far ritorno in canti di
to un poeta speri e disperi della sua bellezza, della sua gioia, colori, fantasia.
vanità, della sua forza, della sua simpatia: quanto gli
si chiuda dentro il gesto col quale vorrebbe correre e Temi d’amore si alternano ai temi della resistenza con-
annunciarsi: quanta invidia egli abbia per la fortuna, tro ogni barbarie.
ma quanta di più per la meditata ironia. Da ragazzo, In “Storia delle vittime”, dice: “Che cosa è stata la
ero io solo a dare un volto ai poeti, a volere che fosse- resistenza?. “Resistere” significa contrastare una for-
ro proprio così, quali io li vedevo. Sarò lieto se cerche- za che agisce contro di noi, che minaccia di superarci
rete di immaginarmi a modo vostro e con l’aiuto delle e che ci invita a cedere. “Resistere” significa durare al
mie sole parole”. limite della nostra tenacia e della nostra pazienza fisi-
E’ ciò che dice di sé il ca. E’ una prova che sce-
nostro grande poeta Al- gliamo nell’atto di essere,
fonso Gatto che, con i suoi un cominciamento interio-
versi, ci offre tutta la li- re per una ragione ulti-
bertà di vederlo, immagi- ma…”.
nandolo ancora e sempre “Nuovo poeta” è il nostro
nella sua Salerno, tanto Alfonso Gatto, ermetico
amata e decantata. Ci pia- quanto basta, se ermetismo
ce, allora, intravederlo vuol dire poesia racchiusa
ancora nei vicoli digra- in se stessa ma anche paro-
danti verso il mare, coa- la come realtà pura, verità
cervo del cuore pulsante assoluta, scrittura evocati-
del centro storico, tra i va.
volti della gente comune,
Alfonso Gatto nasce a Sa-
tra botteghe artigiane e
lerno nel 1908 da una fa-
antichi mestieri.
miglia di marinai e arma-
Lo vediamo nella visita al tori.
barbiere (“Una barba a
Vive l’infanzia nel centro
Salerno”) o nelle stradine
storico che ricorderà spes-
spumeggianti della costie-
so. Non riesce a laurearsi
ra amalfitana (“La costa
per sopravvenute difficoltà
d’Amalfi”) o contemplare
economiche e lavora come
il cielo e le stelle (“Lo
commesso di libreria, cor-
stellato”), o più semplice-
rettore di bozze, precetto-
mente assorto per poi
re, giornalista, insegnante.
amare ogni cosa, ogni uomo, come suo padre, o una
donna. Di quel periodo disagiato per condizioni economiche, è
il suo primo lavoro “Isola” del 1932, un insieme di
Sì, perché, come egli ci suggerisce, la poesia non va
piccoli poemi e versi in prosa tendenti a delineare pre-
solo letta o ascoltata, ma vista, a volte, come strascico
cisi stati d’animo: viene stampato dalla storica tipogra-
di un ricordo di una esistenza in continuo divenire, nei
fia “Pergola” di Avellino.
giorni intrisi di speranza e lotta, nelle umane sofferenze
e nelle umane vittorie e sconfitte delle guerre che si Alcuni critici restano meravigliati dalla maturità del
ripetono. Nostro fin dai suoi primi scritti; secondo altri, ha sapu-
to ben mescolare tradizione poetica con surrealismo e
Ma chi era veramente Alfonso Gatto?
genere fantastico, dove si percepisce una somiglianza
A trent’ anni dalla sua morte, Salerno e dintorni cerca con la poesia di Quasimodo e Montale.
di tenere viva la memoria di un grande poeta, vanto e
Nel 1936 viene arrestato per antifascismo e rinchiuso
onore di una terra, la nostra, che si costruisce ogni
in carcere per alcuni mesi.
giorno, tra contraddizioni e conflitti.
Spostatosi a Firenze, vi fonda nel 1938 insieme a Va-
Erano, dunque, i meravigliosi anni ’50, quelli di un’Ita-
sco Pratolini, la rivista “Campo di Marte” e collabora
lia che cambiava pelle e ritornava a vivere dopo i tragi-
con giornali e riviste.
ci eventi bellici.
Nel 1941 è nominato, per chiara fama, ordinario di
E il Nostro si colloca proprio tra i fermenti di artisti,
Letteratura italiana al Liceo artistico di Bologna: anche
poeti, registi, offrendo altrettanti spicchi succosi del 19
TEATRO
sulla base di nuovi interessi culturali rivolti alle arti William Shakespeare:
figurative, dipinge e scrive come critico d’arte. quando l’insostenibile pathos
si fa commedia.
Sempre nel 1941 scrive “Le nuove poesie” a cui se-
guono “Osteria flegrea” del 1954 e la “Storia delle di Maria Rosaria D’Alfonso
vittime” del 1943. Il tema fantastico in Gatto si avver- Il drammaturgo di Stratford - upon - Avon,
te ne “La sposa bambina”, in “Carlo Magno nella quasi venuto su dal nulla, diventato il grande artista, quale
grotta”; esiste anche traccia di realismo in altri scritti, conoscevano già gli stessi elisabettiani ancor prima di
come “Fummo l’erba”. Ricordiamo i racconti come giungere immortale a noi, si formò grazie al sapere pratico
“Le ore piccole”. Fu anche pittore e dalla sua attività del “learning by doing” più che dal puro sapere (classico)
di artista della tempera, ricavò altre poesie come teorico impartitogli nella Grammar School, dai suoi ottimi
“Le rime di un viaggio in una terra dipinta”. insegnanti provenienti dalle università Oxford e Cambri-
La morte lo coglierà a Capalbio in un incidente stradale dge. William Shakespeare, al pari di un self-made man
nel 1976. come Jack Nicholson, la sapeva davvero lunga sulla reci-
tazione e su come tenere avvinto il pubblico minuto per
Oggi ricordiamo Alfonso Gatto al pari di come è giusto minuto, una scena dopo l’altra, pronto a rispecchiarsi nei
ricordare poeti della sua stregua: Quasimodo, Luzi, suoi vari personaggi di Otello, Romeo e Giulietta,
Sinisgalli, Montale, Ungaretti. Macbeth, Antonio e Cleopatra, e Amleto, fino a vivere la
Ma è alla sua amata Salerno che ne spetta un ricordo straordinaria esperienza catartica finale. Forse oggi lo
imperituro. “scuotiscena” non amato ai suoi tempi dai cosiddetti
“Geni dell’Università” saprebbe cosa fare quando la ten-
Per viverlo, ricordarlo, sognarlo.
sione di uno Psycho e di un Hostel sulla scena cinemato-
grafica diventa insostenibile, servendosi opportunamente
“A mio padre” di quel elisir di vita lunga, sconosciuto persino ad un mae-
stro come Edgar Allan Poe, e alleato delle nostre corona-
rie, che è il riso. La balia di Romeo e Giulietta si inserisce
Se mi tornassi questa sera accanto in vari momenti di “alta tensione”, come quando deve
consegnare a Giulietta le disposizioni di Romeo oppure
lungo la via dove scende l’ombra quando la stessa nella sua “senescente goffaggine” viene
azzurra già che sembra primavera, scanzonata dai Capuleti per strada ancor prima di rivelarsi
per dirti quanto è buio il mondo e come a Romeo. Il portiere brillo è introdotto nella scena comica
in medias res quando Lady Macbeth e Macbeth hanno già
ai nostri sogni in libertà s’accenda eseguito l’orrendo regicidio in casa propria al castello di
di speranze di poveri di cielo, Inverness. Riccardo III, re-attore (player king) è proposto
in chiave comica da Ian Kott che ne vede i tratti buffi in
io troverei un pianto da bambino una recitazione basata non sull’autocommiserazione bensì
e gli occhi aperti di sorriso, neri sull’autocompiacimento del brutto-simpatico-divertente.
Come asserisce Henry Fielding, le strategie della comme-
neri come le rondini del mare. dia sono molto complesse e la commedia è essa stessa
copertura o denotazione di una struttura profonda essen-
Mi basterebbe che tu fossi vivo, zialmente tragica basata sul concetto di pathos. Noi, figli
dei nostri padri di Magna Graecia, duplici eredi della vis
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno. comica di Aristofane e della vis tragica di Sofocle e di
Ora alla terra è un’ombra la memoria Euripide, abbiamo imparato col tempo ad unire l’una
all’altra, fino a maturare la filosofia di Pulcinella che sa
della tua voce che diceva ai figli: ridere ma anche piangere perché conosce la joie de vivre
“Com’è bella la notte e com’è buona accanto all’angoscia di vivere. Antonio e Cleopatra,
Roman play basata sulle “Vite Parallele” di Plutarco, è
ad amarci così con l’aria in piena
una tragedia non avulsa di per sè nell’originale opera sce-
fin dentro al sonno”. Tu vedevi il mondo spiriana dalla presenza comica di clowns, ma quando
nel plenilunio sporgere a quel cielo, Eddie, Simon, Johnny e Francesco del Teatro Palcosceni-
co rappresentano la tragedia di chi si smarrisce perchè “va
gli uomini incamminati verso l’alba. dove ti porta il cuore” trascurando la ragion di stato, si
può ben dire che “risus abundat non in ore stultorum sed
Alfonso Gatto in ore sapientium”. Cleopatra, che si angoscia di meno
nell’apprendere che Octavia è “na racchia”, lo schiavo
(da “La storia delle vittime”, 1945) danzante che si intimidisce davanti ad una Cleopatra furi-
bonda, una Cleopatra sapientemente “travestita”, nell’am-
bigua combinazione di un “manly character” e di un fem-
minile “divine”, fanno sorridere e nello stesso tempo in-
Rossella Oriccchio, giornalista pubblicista, si è laure- ducono a riflettere essenzialmente sulla storia come un
ata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Sa- susseguirsi di tragedie determinate appunto da quella leg-
lerno. Da sempre nutre una profonda passione per la gerezza umana che è, forse, ancor più insostenibile del
poesia e la prosa. 20pathos.
Edgar Allan Poe e l’ “Oriente”: conto sui viaggi di Sinbad, che Poe immagina scoprire
qualche riflessione. le invenzioni e le meraviglie dello stesso XIX secolo,
per il re totalmente incredibili. Come sottolinea il criti-
di Elisabetta Marino
co Moffitt Cecil7, è molto probabile che attraverso il
SAGGISTICA Università “Tor Vergata” - Roma racconto e la sua sfortunata conclusione Poe volesse
Charles Baudelaire, che per primo riconobbe l'indiscu- ritrarre la sua stessa condizione di incompreso da parte
tibile valore dell'Opera di Poe, amava porre in evidenza del pubblico americano dei lettori e pertanto, come già
l'incompatibilità esistente tra lo spirito sottile di questi in “Israfel”, anche in questo caso l'“Oriente” funge da
e l'America, dipinta come una nazione ancora bambina, territorio privilegiato per l'elaborazione di una rifles-
invidiosa della cultura europea, o come, citando le pa- sione sull'arte e sul ruolo del poeta. Il testo in cui la
role del poeta francese, “un grande stato barbaro illu- profondità del rapporto tra Poe e l’“Oriente” si coglie
minato a gas”1 nel quale “l'attività materiale esasperata in modo più evidente è tuttavia il lungo componimento
[...] lascia alle menti pochissimo posto per le cose che intitolato “Tamerlane” (1827), un poemetto di 243 ver-
non sono terrene”2. Forse insistendo un po' troppo sui si suddivisi in ventidue strofe di struttura metrica e
tratti maudit del carattere di Poe, Baudelaire aveva co- lunghezza differente, concentrato sull’ambigua figura
munque messo in luce una componente fondamentale del conquistatore tartaro Timur-I-Lenk, vissuto tra il
dei testi poeschi e degli ideali ad essi sottesi: il loro 1336 e il 1405, e sulla sua irrefrenabile scalata al pote-
collegamento più intimo con la tradizione letteraria e re che lo aveva spinto a sacrificare tutto ciò che gli era
culturale europea piuttosto che con quella americana, più caro, compreso l’amore. Tamerlano, personaggio
constatazione che portava il poeta francese ad afferma- inafferrabile e "perturbante" per eccellenza, ammirato
re che “Edgar Poe e la sua patria non erano allo stesso per la sua fine strategia e temuto per la sua ferocia, è
livello”3. Tale straniamento di Edgar Allan Poe, soste- considerabile l'immagine "ante litteram" dell'"Altro",
nuto da un vissuto familiare e da una formazione intel- inteso come campo di proiezione privilegiato dei lati
lettuale poco convenzionali, sembra pertanto tradursi in oscuri e irrazionali presenti nella coscienza collettiva
una teoria dell'arte che contrasta i caratteri tipici della dell'Occidente, e dunque il primo di una lunga serie di
letteratura americana a lui contemporanea. Nel suo diversi destinati a popolare le pagine degli scritti di
saggio critico intitolato The Poetic Principle, ad esem- Poe. Per quel Poe straniato dalla società cui pure ap-
pio, Poe si scaglia contro la “heresy of The Didactic”, parteneva, Tamerlano sembra divenire una sorta di
“l’eresia del ‘didattico’”, secondo la quale “the ultima- "doppio" nel quale proiettare e sublimare la consapevo-
te object of all Poetry is Truth”4, come era tipico della lezza della propria emarginazione e la parallela volontà
poesia del suo paese (“We Americans especially have di potenza, che si traduce nella ricerca disperata della
patronized this happy idea”5). Dissociandosi da tale fama attraverso la scrittura. Al suo personaggio, pur
assunto, Poe aderisce al principio dell’“art for art's sa- ritratto dall’autore nell’atto di confessare i suoi peccati
ke” (l’arte per l’arte) che, se ampiamente diffuso negli a un frate nei momenti precedenti la sua morte, Poe
ambienti culturali europei, poteva invece essere consi- concede infatti l'eternità, raggiunta con l’erezione di
derato una “eresia” da molti letterati americani. L'inte- Samarcanda, quella città ornata da splendidi monumen-
resse di Poe per l’“Oriente”, in particolare per il mondo ti e palazzi sontuosi che, come l'autore si augurava per
islamico, non prende le mosse dall'eccentricità dell'au- la propria Opera, sarebbe sopravvissuta alla sua danna-
tore ma, al contrario, lo accomuna a molti suoi conna- zione, all’invidia degli uomini, all’oblio del tempo.
zionali, configurandosi come una presenza costante nei L'“Oriente” del "Tamerlane" di Poe non è, pertanto,
suoi scritti. The Tales of the Grotesque and Arabesque, semplice scenografia, paesaggio esotico o ambientazio-
titolo scelto per una delle sue raccolte di racconti, sot- ne suggestiva richiamata da dettagli di architetture o
tolinea la derivazione di “arabesque” dal termine interni, come pure spesso si presenta nella produzione
“arabo”, costituendo un'allusione a un territorio che la dell'autore. Il particolare carattere della poesia (che è,
sua produzione rivisita nelle ambientazioni (si pensi infatti, una confessione) fa sì che il luogo fisico venga
anche agli interni di gusto decadente) e nei riferimenti totalmente interiorizzato e diventi il simbolo di quella
a un “Oriente” che si espande ben oltre i confini geo- dimensione altra in cui si manifesta sia la distanza tra
grafici dell'Arabia. Il rapporto dell’autore con questa Poe/Tamerlano e il mondo che il ruolo dell'arte, vista
realtà non è superficiale e ne è testimonianza la sua come intermediaria tra l'umano e il divino, tra il Cielo e
frequentazione assidua del Corano, come si può osser- l'Inferno.
vare notando le copiose citazioni presenti nei suoi NOTE
scritti. Un esempio di come Poe abbia utilizzato e ri- 1. Charles Baudelaire, Riflessioni sui miei contempora-
plasmato le sue conoscenze in materia è rappresentato nei, Vol. II, Edizioni dell’esame, 1945, p. 221.
dalla poesia “Al Aaraaf”, il cui titolo indica il regno 2. Ibid. p. 222.
ultraterreno tra il Paradiso e l'Inferno per i musulmani. 3. Ibid.
Altro componimento che si deve tener presente è 4. E. A. Poe., Poems and Essays, London, Everyman's
“Israfel”, nel quale si coglie, nella corrispondenza tra Library 1927, p. 95.
l'arcangelo Israfel e il poeta (accomunati dal canto), la 5. Ibid. p. 96.
funzione dell'artista come tramite tra il mondo degli 6. Cristina Giorcelli, "‘Israfel’: il liuto e la lira", in E.
uomini e quello divino, nell'inseparabilità tra i due6. Zolla (a cura di), L'esotismo nella letteratura anglo-
Merita di essere ricordato anche un racconto di Poe americana II, Lucarini Editore, Roma, 1979, p. 6.
ispirato alle Arabian Nights: “The Thousand-and- 7. L. Moffitt Cecil, "Poe's ‘Arabesque’", Comparative
Second Tale of Scheherazade”. In esso la narratrice Literature, University of Oregon, 1966, p. 63.
viene uccisa dal re suo marito, irritato dall'ultimo rac- 21 8. Ibid., p. 70.
Problemi psicologici scrive.
di Dino Campana Il quinto componimento dei “Notturni” è “Il canto del-
la tenebra”, in cui la luce del tramonto, dell’imbrunire
TESI di Mariano Lizzadro si attenua e si dilegua fino all’arrivo della notte. D’im-
provviso arriva un dolce ricordo, un sospiro tenue, un
(seconda parte) sussurro udito di una dolce fanciulla ma guardandosi
intorno il paesaggio ha preso i colori ambigui e sedu-
Notturni centi della notte ed il poeta rinnova vecchi propositi
I “Notturni” sono sette poesie, di cui la prima è “la suicidi.
Chimera” pubblicata precedentemente nel 1912 sul La sesta poesia è “La sera di fiera”, storia di adesca-
foglio goliardico di Bologna “Il Papiro” con il titolo menti di giovani fanciulle, sogni d’amore, ricadute nel-
“La Montagna-Chimera” ai tempi dell’università. “La la notte di una festa e poi ricompaiono nuovamente le
Chimera” è descritta attraverso immagini di regina, prostitute. Pausa, canzoni volgari e Campana che ritor-
divinità e figure artistiche e rappresenta l’amore. Cam- na ad errare, vagabondo, solitario e senza amore, con il
pana parte dall’affermazione : “Non so se ti ho vi- ricordo di Lei e la constatazione di aver “lasciato il
sta…” riferita alla Chimera, metafora dell’eterna illu- cuore di porta in porta”.
sione dell’uomo in cerca dell’amore. Questa visione è
iniziata quando ha visto “La Vergine delle Rocce” di Il passato che è evocato mediante l’elemento uditivo e
Leonardo da Vinci oppure il quadro di Raffaello dedi- al suo farsi largo fra le tenebre, avvolge e ingloba il
cato a S. Cecilia, da quel momento in poi ha conosciu- presente (L’infinito del sogno, op. cit.). E’ la realtà psi-
to l’amore, o meglio l’illusione di un amore reale o chica che incide e legge sulla superficie notturna l’in-
fantasmatico. tricata trama dell’avventura orfica, tutta proiettata in un
affannoso “descensus Averno” ( L’infinito del sogno,
La Chimera per Campana è la stessa immagine della op. cit. ).
notte in cui egli si sente trascinato per i capelli, la notte
del suo stesso inconscio (Campana, Ruggero Jacobbi, Infine i “Notturni” si concludono con “La petite
op. cit.). Questo perché in Campana non c’è distinzione promenade du poete”, che è una poesia dai toni minori
fra l’uomo errante ed il poeta, fra intellettuale e poeta, che apre al verde della salita della “Verna”.
egli è sempre se stesso, fino alle estreme conseguenze
dei ricoveri e della morte in manicomio.
La Verna
La seconda poesia dei “Notturni” è “Giardino autunna-
le” in cui è ancora una presenza femminile ad irrompe-
re sulla scena in un quadro d’alloro e di statue immor-
“La Verna” è l’atto conclusivo dei Canti Orfici, essa è
tali che sono metafore di un luogo irreale, immobile e
formata da una parte in prosa: i componimenti de “La
privo di tempo ed in attesa di una presenza “mitica”
Verna” ossia La Verna (Diario) e Ritorno, Salgo (nello
dell’amore. Dunque i versi di “Giardino autunnale”
spazio, fuori del tempo), alcune poesie ed altri fram-
rimandano da un lato ad un’evocazione, ad una ricerca
menti in prosa.
e dall’altro lato ad una perdita, ad un’assenza dell’amo-
re. L’arco temporale in cui avvengono le cose narrate nella
prima parte de “La Verna” è dal 15 Settembre ad Otto-
Il terzo componimento dei “Notturni” è “La speranza”
bre, diciamo quindi approssimativamente una quindici-
il cui motivo principale è la porta dell’amore e della
na di giorni. Come ne “La Notte” anche ne “La Verna”
morte. Questa porta viene aperta da una donna,
ci troviamo di fronte ad un viaggio. Il viaggio de “La
“principessa dei sogni segreti”, sull’infinito della notte.
Verna” inizia con la miseria e con la fatica del dover
La figura femminile è chiaramente collegata alla donna
salire. Mentre il viaggio de “La Notte” è all’inferno,
della “Chimera”.
nella corruzione, nel peccato, il viaggio ne “La Verna”
Il trittico costituito dai testi che aprono la sezione dei è nel purgatorio, nella purificazione, nell’ascesa alla
“Notturni” (La Chimera, Giardino autunnale e La spe- montagna. E’ una prova che il poeta deve affrontare per
ranza) testimonia appunto la dinamica sottesa all’appa- purificarsi e per fare ciò deve salire sulle montagne più
rizione-sparizione della figura femminile, emblema alte.
dell’inferno paradisiaco che si spalanca oltre le porte,
I primi incontri sono con i paesaggi mistici, dolci fan-
verso l’infinito, nel grembo della notte ( L’infinito del
ciulle e stelle luminose. La cornice è formata dal tempo
sogno, op. cit.).
che scorre invano e dal canto delle dolci fanciulle che
La quarta poesia è “L’invetriata”. In questo componi- ha una cadenza millenaria ed esprime la loro pena. In
mento il linguaggio è articolato in cadenze ritmiche, pratica l’inferno dell’uomo viene trasferito nella natu-
ossessive e le domande, che Campana pone a se stesso ra, che esce dal buio e diventa paesaggio: rocce, valli e
e a noi lettori, sono relative a questa presenza oscura, a case montane. Per Campana tutto ciò indica un’appa-
questa enorme forza che è l’amore. L’enorme forza e la renza brutale, un insieme di elementi caotici, insomma
presenza oscura, vengono palesate anche dall’angolo una condanna da superare. Questo superamento avvie-
visuale, dietro l’invetriata, che per Campana non è mai ne tramite il sorriso della Cerere bionda, ricordo leo-
uno sguardo protetto, come il titolo potrebbe indurre a nardesco.
pensare, ma è sempre uno sguardo partecipativo di chi
D’improvviso appare il contrasto fra le case montane
vive in prima persona, sulla propria pelle quello che 22
ed una luna mitica. La luna rappresenta qualcosa di
familiare, una presenza amichevole in grado di difen- mo della madre o a quello della casa paterna. Insomma
dere gli uomini dagli incantesimi, dall’ombra, dal buio una nostalgia, lo stesso sentimento della partenza e del
della notte, dall’oscurità dell’anima. In questa ascesa ritorno, come è palesato nella parabola cristiana del
Campana incontra una signora che spiegandogli alcuni “Figliol prodigo”.
misteri dell’amore gli dona un po’ di tranquillità. Dunque per Campana sono quasi sinonimi “ritorno”,
Il viaggio continua, sospeso tra ricordi della bellezza “tenebra” e “occhi femminili”. Sinonimi di una ritrova-
intravista in vecchi quadri e la dolce asperità dei pae- ta serenità, seguente alla riconciliazione degli opposti,
saggi montani. A questo punto inizia a trovare la quiete liberazione e dominio sulla realtà. Il dolore è allontana-
poiché egli adesso può scendere a valle e trovare un to e l’animo trionfa. Questo ritornare, questo riunire gli
paese nuovo, una nuova poesia in compagnia di belle opposti per Campana significa ritornare al ricordo della
donne, immagini purificate della donna. Ora la libera- propria fanciullezza, all’età dell’oro, al tempo della
zione, tanto agognata e sospirata, raggiunge un culmine felicità.
di estasi. “La Verna” quindi si configura come un viaggio reale o
La fantasia campaniana eguaglia la purificazione al- immaginario, che solo metaforicamente è una salita
l’immagine di una colomba che vola in alto, nel cielo costante verso l’alto, ma che in realtà è una vera e pro-
blu ed incontaminato. La colomba è un simbolo del- pria discesa agli inferi e poi una risalita verso le vette
l’uomo, del suo spirito che sa congiungere le immensi- più alte dell’animo umano.
tà e donare vita al paesaggio circostante.
Al calar della notte questa volta non ha più paura, anzi
si rispecchia negli occhi di una giovane fanciulla, poi-
ché nella natura seppur violenta ha trovato una purifi- Genova
cazione soffiata da un vento di amore infinito. Per
Campana il rispecchiarsi negli occhi di una donna
equivale al ritrovamento dell’elemento primordiale. I viaggi poetici di Campana sono la rappresentazione
Di fronte ad un nome scritto su un muro, di una pecca- simbolica dell’instabilità, del desiderio di una patria
trice, Campana accusa una leggera ansia. L’amore vie- ideale, del desiderio di una innocenza primitiva, misti-
ne redento nuovamente tramite la forza di semplici ca e selvaggia, del desiderio di dare luce alla tenebra, il
figure. Tutto ciò ossia peccato e redenzione ha l’equi- tutto realmente presente nella sua vita.
valente simbolico nella figura della “Vergine eletta” di “Genova” che è la poesia finale dei Canti Orfici e co-
derivazione cristiana. In ogni caso comunque è un so- stituisce, pertanto, la “summa” e il riassunto di tutti i
gno continuo, accettazione e partecipazione senza quie- viaggi campaniani, rappresenta anche l’ultimo ritorno
te. alla patria, alla natura, alla donna.
Spunta l’altro simbolo della notte, la donna stanca, che “Genova” inizia con la descrizione di un giardino che,
si congiunge alla Vergine eletta per dar corpo a questo simbolicamente è sempre un luogo fantastico, in cui vi
sogno campaniano. Campana, in questo viaggio deve sono belle statue e canti di poeti, mentre nel cielo vola-
giungere a “santificare la natura barbarica”, introdu- no nubi, rappresentazione dell’elemento vitale. Poi fra
cendo una maternità misteriosa, un senso unitario che le alte torri s’innalzano dei sogni mentre s’ode il suono
trova appunto nell’elemento acqua. Attraverso e nel frattempo si è levato il sole di Maggio. C’è la
“l’acqua” tutto il deforme, l’informe, il caos sarà risa- descrizione di una piazza situata sotto una torre e di un
nato, riappacificato. La barbarie, il caos, il deforme palazzo color rosso con un grande porticato, in cui si
della natura corrisponde per Campana ai propri senti- sente una catena di suoni all’interno di una cornice di
menti, al caos interiore, che deve essere rasserenato, entusiasmo. Poi cambia la prospettiva ed ora l’io nar-
nel senso che al suo posto deve subentrare la purifica- rante è dietro un’invetriata da cui la scena cambia e
zione, il sogno, il dolce ed armonioso suono. All’inter- diventa quasi scherzosa, l’ambiente si colora di gente
no della montagna, abita l’animale uomo che insieme affaccendata ma immobile in un sogno eterno. Quindi
alle forze barbariche, che come le prostitute ed i pae- appaiono una serie di persone immobili nel tempo in
saggi de la “Notte”, attende di essere liberato, purifica- uno sfondo di antichità colorato solo dal suono del ma-
to e che gli venga donata nuova vita. re e dalla presenza del canto di alcune prostitute.
Campana utilizza ancora una volta un’immagine fem- Appare d’improvviso un sentimento, stupendamente
minile come salvatrice, infatti Catrina che rappresenta evocato dalle parole di Campana, irreale ma al contem-
la pittura, la poesia, la grazia, la dolcezza, la serenità po gioioso. Tale sentimento è rappresentato dalla gra-
della natura ancorata nei visi femminili interviene a zia, sinesteticamente evocata da un suono, da una risa-
pacificare i contrasti. V’è un forte contrasto fra la bru- ta, ed è un ascolto quasi sovrumano, un’estasi dovuta al
talità della natura e la grazia di queste figure. Con tutto suono udito dentro al vico.
ciò rinasce in forma nuova ed acquista un’altra visuale
anche l’animo del poeta, e ciò ha come equivalente Ma la riflessione sull’inconsapevolezza del futuro por-
semantico la rinascita del paesaggio e la presenza della ta con se logicamente un sentimento di tristezza e le
pioggia che purifica. parole usate sono testimonianza di ciò: vengono atte-
nuati i colori e scompaiono alcune figure, fra cui i va-
Per Campana “l’acqua” è l’elemento principale, motore
gabondi.
di ogni possibile cambiamento e la sua voce è la voce
dell’essere intero. Inoltre “l’acqua” equivale al richia- 23 Ed infine riappare la figura femminile, rappresentata da
un’opulenta matrona, siciliana poiché per Campana la può scendere a patti con l’inconscio. Ma come in ogni
donna che equivale alla notte è sempre mediterranea e viaggio, anche in “Genova” subentra un sentimento di
tutto appare come dilatato, sospeso in un tempo che è paura, di timore poiché è l’ignoto, il non-conosciuto
senza tempo, cornice ideale per ogni trasformazione e che lo generano. Questa paura si accompagna ad una
la materia è nuovamente risanata, gli opposti nuova- demotivazione generale e ad un oblio e quindi dal pun-
mente riconciliati. “Genova” è un viaggio in cui to di vista lessicale si nota una scomparsa della figura
“l’anima partita e reduce da un lungo viaggio iniziati- umana ed un porto addormentato. La figura femminile
co, torna ai luoghi originari” (Teresa Ferri, L’infinito di “Genova” ossia la donna “opulenta e matrona” è
del sogno, op. cit. ). E’ un ritorno dalle buie profondità come una grande piovra che alterna tramite i suoi ten-
alla luce, quindi dall’inconscio al conscio, di cui il co- tacoli lussuria e mercantilità, seduzione e profitto. E’
lore bianco, che è molto presente in questa poesia ne è una donna mediterranea, sicula per la precisione, che
emblema principale poiché colore della luce pura, in- tende a soddisfare le proprie voglie ed esaurisce le
corruttibile da qualsiasi elemento terreno appunto il energie degli uomini con cui ha a che fare e simboleg-
bianco è la rappresentazione della morte intesa come gia la notte con tutte le sue valenze di mistero, di tene-
rinascita e liberazione. Le vele che rappresentano l’ac- bra e di fascino. Inoltre dando voce alle tenebre, al-
qua, nel senso di elemento primordiale, si fondono con l’aspetto diabolico, si configura anche come mistero
il mare che è un chiaro simbolo dell’inconscio e ciò dell’iniziazione poetica ed orfica in particolare.
Porto di Genova
chiaramente può essere collegato con il processo di Dunque la donna di “Genova” che unisce misticismo e
individuazione, che porta il soggetto a scendere a patti sacralità è al contempo una figura che dissolve e che
con l’inconscio. “Genova” tocca ed unisce natura e risveglia l’uomo stesso. “Genova” è una poesia che
cultura, il mare “contiene” l’azione dell’uomo, mentre ricompone tutte le fratture, infatti le sue parole sono
lo sguardo si fa memoria e la sera diventa ambigua e come un collante che unisce gli opposti, come delle
misteriosa come ne “La Notte”. “Il languore è la condi- note che compongono una sinfonia, inoltre essendo la
zione che conduce al non-essere o all’essere altro, è un meta sia del viaggio del poeta errante che dell’emi-
venir meno, una mancanza, il passaggio da uno stato grante, Genova, diventa emblema della condizione
all’altro proprio come l’ombra, si colloca in uno stato esistenziale dell’uomo, in un paesaggio ammantato di
intermedio” (Teresa Ferri, L’infinito del sogno, op. seduzione.
cit.). La salita all’interno del viaggio campaniano assu-
me tutti i connotati che essa ha all’interno del linguag-
gio orfico: Logos che si incarna in poesia e travaglio
della ricerca della risoluzione di un enigma da tradurre
in versi, in poesia. L’armonia cosmica del finale di
“Genova” può essere considerata come il risultato del- (Per le fonti bibliografiche si rimanda all’ultima
l’unione di natura, cultura e donna e grazie a ciò l’io parte)
campaniano può abbracciare la sera e la notte, ossia 24
Voglio piantare un albero a Battipaglia,
Poesie un ulivo,
a Vittorio Foa con il nome di Giovanni Palatucci,
L’Albero di Battipaglia l’angelo di Dachau assassinato,
Voglio parlare una lingua nuova, vivere e creare la terra della pace.
inventata e parlata da tutti i bambini del mondo.
Non moriranno più bambini per fame e per guerra,
Voglio creare una rosa celeste, sulla terra,
sbocciata nelle mani delle madri della terra ma nasceranno stelle di pace e millenni di amore,
e quelle madri non piangeranno più i loro figli, a Battipaglia,
morti per fame e per guerra. vive un albero d’ulivo come gli occhi degli angeli.
Voglio aprire gli occhi e vedere con te
Voglio disegnare le case, un mondo di pace.
le strade e le città più lontane,
con il cuore ed il sole. Battipaglia, 14 luglio 1998/5758
Georges de Canino
Voglio dipingere la pace in ogni finestra, __________
la porta e il muro, di tutte le case del mondo,
tra le rose ed il profumo del grano e del pane. Specchi
Dolce morsa
Voglio accendere le stelle dei sei milioni di bambini, voglia di starci in mezzo
l’arcobaleno della nostra vita. Nel tempo nel tempo nel tempo
…E, cullata dalla cadenza dei leoni 26 Nel campo ov’è adesso il Signore
all’ombra più oscura del giorno
calciando col destro il pallone
in fondo alla rete lucente
riVISTE
uguale nel tiro ai più grandi. “Sìlarus”
Rassegna bimestrale di cultu-
ra fondata da Italo Rocco e
“Appena un minuto bambini” diretta da Maria Paola e
Riesce all’aperto il maestro. Lorenza Rocco (Direttore
Responsabile Pietro Rocco),
Lo segue nel sole la Havel rappresenta uno dei punti di
che ride di cuore. riferimento più longevi ed
importanti dello scenario let-
E vinco rivinco di nuovo terario e culturale, dagli anni
ancora una volta. ‘60 ad oggi… Un periodico
Per l’ultima volta. conosciuto anche all’estero e
che è sovente oggetto di inte-
ressanti tesi universitarie e
Ma Joska cocciuto mi urla studi approfonditi. Per infor-
mazioni: 0828-307039 oppure
“Non vale il rigore. Non vale.” silarus@hotmail.com
Su Joska caparbio rifletti
che c’entra il rigore? che dici?
Pur senza il rigore “L’antifascista”
comunque vinciamo. Mensile degli antifascisti
di ieri e di oggi
S’innalzan le voci le mani.
(Direttore: Stelio Rubeo)
Per l’ultima volta.
Mensile dell’ANPPIA
(Associazione Nazionale dei
“Chi ha cominciato di voi?” Perseguitati Politici Italiani
Antifascisti).
Accorre severo il maestro
Per informazioni:
e sul portone ha lasciato
Redazione: Corsia Agonale,
sdegnosa la vedova Havel. 10 - 00186 Roma
“Tu sempre tu solo Vaclav tel. 06/6869415
va dietro perciò la lavagna e-mail: info@anppia.it;
per tutto il restante del tempo.” antifascista@anppia.it
Ancora di nuovo punito. www.anppia.it
Ancora una volta.
Per l’ultima volta.
“Patria indipendente”
Io sono Vaclav, Periodico della Resistenza e
bambino di Lidice. degli ex combattenti
Il più bravo a giocare il pallone (Direttore:
Wladimiro Settimelli)
di tutti i bambini
È una rivista che si occupa di
di Lidice. Storia ma è sempre attenta ai
fermenti della società attuale
e alle molteplici iniziative
E vedo venire il Signore provenienti dal mondo di chi
nel punto più oscuro del giorno. non vuol dimenticare e non
In mano mi porge un pallone vuol essere dimenticato! Inte-
ressante l’inserto “Le fotosto-
dall’agile cuoio lucente rie” ricco di foto storiche
uguale alle squadre dei grandi. inedite e non…
Rino Malinconico 27 e-mail : anpi.naz@libero.it
Il laboratorio di sillabe per ogni gruppo fonico successivo. Secondo
l’esempio in Cecchi: “Gentile e feroce, / di favolosa
di Vito Cerullo eleganza/ e al tempo stesso con un che di popolare, /
che applausi quando sbucava all’ultima curva, / dinanzi
al disperato manipolo degli inseguitori. /” (Corse al
Anatomia di una prosa trotto…). La misura “regressiva”, viceversa, si snoda
per un percorso di valenza grammaticale e sentimentale
Un componimento poetico è costituito da un insieme di totalmente al contrario del precedente:
versi nella misura in cui una prosa si caratterizza per “Sull’ondeggiamento collinoso della linea d’orizzon-
“unità di sillabe”; concatenazioni sillabiche riscontrabi- te, / vedevo dilatarsi la mattina, / da quella parte ap-
li, dunque, anche in relazione a questa differente espe- punto, / ch’era oriente. /” (N. Lisi, Diario). Nella clas-
rienza, che per sua complessa articolazione evidenzia sica, poiché per un ideale andamento “melodico”, arti-
una certa irregolarità nello snodarsi del ritmo, condi- ficiosità “simmetrica”, (6) il nucleo centrale può essere
zione non riguardante la graficamente delimitata poesia costituito da una unità sillabica limitata con due folti
che anche nei frequenti cambi di marcia a lei congenia- raggruppamenti agli estremi; oppure può disporsi per
li riesce sempre a mantenere il ritmo sotto controllo. un unico corpo di sillabe in mezzo e con due piccoli
Da queste ultime snelle suggestioni può derivare una gruppi fonici d’accanto. Rispettivamente agli esempi:
prosa di tipo “lirica” (ricordato presupposto dei vocia- “Dal portico esteriore del convento a picco su la valle, /
ni, con soluzioni “isometriche” come vedremo più verso sera, /scopro il Teschio tortuoso che biancheggia
avanti) “semilirica”, o assolutamente “illirica”, tuttavia e dilegua nell’ombra. / “ (D’Annunzio, Faville del Ma-
dentro il rigore vitale di un aspetto di “melodia” equi- glio) e quindi a: “Annoiata e acciaccosa,/ una tinca a
vocabile in apparente ed errato senso di suono (1), da macchie verdastre dormicchiava tutto il santo giorno, /
intendersi fondamentalmente come fenomeno di col- seminascosta fra le pietre. / (Cecchi, L’osteria). Alle
lante a sostenere l’intera struttura di una composizione. esperienze “isometriche” (7) con resa in minima ap-
Considerando le numerose variabili linguistiche valuta- prossimazione di unità sillabiche di identiche dimen-
bili in riferimento a un prodotto di scrittura in prosa, ci sioni, si riconosce una calcolata preziosità poetica, ov-
sembra cauto semplificare (2) le differenze storicamen- vero: “Questi discorsi li facevamo sullo stradone, / o
te emerse da autore ad autore, da opera ad opera, su alla sua finestra bevendo un bicchiere, / e sotto aveva-
due elementi principali: l’interpunzione e la musicali- mo la piana del Belbo, / le albere che segnavano quel
tà. Nel procedere attraverso alcune linee, possiamo filo d’acqua, / e davanti la grossa collina di Gaminel-
riconoscere alle origini sino al Manzoni, uno stilema la, /” (Pavese, La luna e i falò).
oratorio e retorico fitto dell’uso della punteggiatura (3); NOTE
espressione di un irrazionale non fissabile, tematica in 1
superficie lungo cave indorate forme. Per il primo ca- Di valenza “eufonica”, per cui vedi R. Wellek –
so, circa la vicenda di Don Abbondio, accennando la A. Warren, Teoria della letteratura e metodologia del-
pseudo - logica trama non psicologica, “Per una di lo studio letterario, Bologna 1956.
quelle stradicciole…” (a conoscerne il seguito) rinve- 2
Su suggerimento del Beccaria, Ritmo e melodia nella
niamo precisi parametri a collocarsi in essere: lo spazio prosa italiana, Firenze 1964.
fisico teatro dell’azione, il muoversi, “l’ora ed il tem- 3
po” (4). Della punteggiatura come “segno grafico” di persona-
le interpretazione tematica ne dimostra A. Pagliaro, Il
Esempio maggiormente chiarificatore lo si riscontra testo della Divina Commedia e l’esegesi, in Studi e
nella complessità sintattica e comunque lineare in sem- problemi di critica testuale, p. 312. Rivelava il Tom-
plificata descrittività del passo (sempre dai Promessi maseo del “ragionamento finissimo” deducibile dal-
Sposi cap. I come il precedente) l’abilità nel dosare in espunzione o in aggiunta una
Quel ramo del lago di Como, che volge semplice “virgola” (Sul numero, Ed. Naz. Opere a cura
di G. Papini, Firenze 1954). Un preciso orientamento
a mezzogiorno, tra due catene non interrotte in relazione alla punteggiatura, avvertita armonica di
suoni in visibilità di esterna musica, non segue Leopar-
di monti, tutto a seni e a golfi, …
di (si veda in proposito l’introduzione di M. Fubini a
Orientando l’analisi in continuità di sequenza del suo- Prosa e poesia nelle “Operette morali” e nei
no dannunziano, isoliamo: “Pensieri” di G. Leopardi, Firenze 1933, p. 42). Nota-
vamo come in Pavese la fitta siepe di segni d’interpun-
… per l’ombra là dove la luce
zione, funzionasse da rilancio della musicalità e non da
si ritraeva come la marea su effetto contrario. Controcorrente rispetto ai tempi, pro-
cede l’Ariosto nella limitazione degli elementi in que-
le spiagge oceaniche quando la sabbia palpita stione come ci dimostra Debenedetti (Frammenti auto-
(dalle Faville del Maglio). grafi dell’Orlando Furioso, in “Giorn. st. d. lett. It.”,
testi inediti e rari, I, Torino 1937, p. 442). A motivo
Delle quattro teorizzate “strutture melodiche”, quella delle esigenze di suono si orienta la scelta ariostesca
“progressiva”(5) (sintetizzando tra varie opzioni, anche messa in luce altresì da N. Cappellani (La sintassi nar-
a visione statica e dinamica delle cose) contempla un rativa dell’Ariosto, Firenze 1952, p. 23). Appare sinto-
crescendo dell’effetto emozionale nel procedere di pari matico che la sinuosità del linguaggio dell’autore del
passo con la lievitazione sempre maggiore del numero 28 Furioso si riconverta nella suggestione foscoliana per
immagini delle “onde dell’Oceano” (Opere, Notizia su 175ss. Una traccia di “isometrie, isoritmie” e riflessi
Didimo Chierico, II, Firenze 1940, p. 636). Per l’ado- fonici, non esente da riflessi di “simmetrie e
zione di virgole, punti, accenti e altro, sempre da parte parallelismi” (Beccaria, ibidem) è rilevabile in
dell’Ariosto, si rimanda a A. Cerlini, Scrittura e pun- d’Annunzio dal citato Faville del Maglio in Il secondo
teggiatura negli autografi dell’Ariosto, in Cultura Neo- amante di Lucrezia Buti. In digressione alla poesia di
latina, IV – V (1944 – 45), pp. 37 ss. Lungi dai stampo lirico, generata da emozionalità, constateremo
“periodi o formicolanti di punti, o frastagliati di virgo- come “l’isometria del verso” acconsentirà a
le, o di parentesi sparsi come di scogli”, si riteneva il quell’ “intrinseco bisogno… dell’intuizione” (Beccaria,
Tommaseo ( vedi M. Puppo, Tommaseo prosatore, cit. , p. 226). In definitiva, per rendere un’idea, le
Roma 1948, p. 72) nella misura in cui il D’Annunzio eguali “isometrie” potremmo scorgerle simili a quei
delle Faville del Maglio riusciva ostile “alle virgole “blocchi di granito tagliati” pronti per l’uso in un
come la Cicogna invisa colubris è nimica delle serpi”, contesto di “parole…stilizzate” come confessava
queste in veste di “bachi” della costruzione poetica. Pavese in Il mestiere di vivere, Torino 1952. Da
Pervenendo all’oggi circa i nuovi studi sull’interpun- valutare poi le differenze che possono scaturire dalle
zione, non si tralascino le note di G. Devoto, Studi di sue “isometrie” in prosa e in poesia a raffronto,
stilistica, Firenze 1950, in proposito del- poniamo ad esempio, con quelle del Verga. (Beccaria,
l’”interpunzione affettiva”, o quanto suggerisce C. Te-
sta in Una questione di stile: la punteggiatura, in L’insonne degustatore
“Convivium”, XXVII (1959). Buon ultimo si ricordi J.
Tornelli, Introduzione all’ ‘Ars punctandi’, in di Erika Dagnino cit.
“Edizioni dell’Ateneo Romano”, Roma 1963. Ma vedi NARRATIVA , p .
diffusamente per questa nota G.L. Beccaria, op. cit., 229).
pp.104, 108s.
4
G.L. Beccaria, op. cit., p. 105.
5
Circa i due sistemi a confronto “progressivo” e
Il silenzio delle nubi diafane, all’alba, mi ha sorpreso
“regressivo”, arbitrariamente il Tommaseo intuisce in
mentre stavo giocando per riempire di immagini e di
riferimento alle “brevi nel principio”, ovvero costituen-
idee il solco di tempo disseminato di steli notturni.
ti parte del primo limitato gruppo di sillabe nello sche-
ma progressivo, la presenza di “un certo impeto”; e per Sulla mia pagina lenta è stata scritta la mia condanna
contro, di quelle contenute nella concatenazione con- alla veglia il giorno e la notte. Per non sorprendermi
clusiva vi avverte “instabilità e fiacchezza”. (Sul nume- essere uomo, provo a ricordare e a inventare alcune
ro, op. cit.) distrazioni sotto l’indefinita oscurità delle configura-
6 zioni astrali che compiono inesorabili il loro giro. Co-
Strutturato per “antitesi”, “comparazioni”, per regola-
stellazioni che, osservate da questa parte di terra che
rità dell’estensione dello spazio del concetto, l’esperi-
calpesto, sembrano esistere senza suoni e senza musi-
mento “simmetrico” classicamente inteso, richiedeva
ca. So che la musica dei pianeti si può percepire nel
secondo Schlocker (Equilibre et symétries dans la
sonno. Io sono dunque costretto, (ma forse la costrizio-
phrase francaise moderne, Parigi 1957) ai fini dell’ela-
ne coincide con un indecifrabile privilegio), ai rumori
borazione del linguaggio di “uno sguardo d’insieme
irreversibili del mondo mortale.
comprensivo di tutta la frase”, per una visione da un
livello superiore ampiamente “panoramica delle cose”. Uomo, donna o divinità che non conosco ha stabilito
Vedi inoltre la recensione di Beccaria allo stesso autore che palmi femminili, affaticati dalle linee del destino,
in “Archivio glottologico italiano”, vol. XLIII, fasc. I, depongano su una pietra piatta e circolare, ogni giorno
(1958), pp. 72ss.; “regolarità e simmetria” ad uso di al crepuscolo, una brocca dal corpo basso, dal collo
prosatori e poeti (Baudelaire) in genere rappresentano largo e dal becco sporgente, decorata nella zona media-
esigenze originali dell’animo (per cui Cfr. C. Gallico, na con motivi geometrici concentrici. Le stesse mani
Baudelaire e la musica, in “Convivium”, 1 (1955), p. sollevando la brocca per il manico di forma ellittica,
70) secondo insopprimibili necessità “di monotonia, di versano il vino contenuto in essa, facendolo risuonare
simmetria” nelle conferme di C. Baudelaire, Oeuvres nella gaiezza di una coppa ampia e poco profonda, im-
complètes, Bibl. De la Pléiade, p. 1363. A cui si ag- postata su un alto piede. Quando le ignote mani femmi-
giungano le considerazioni di L. Martin su di una nili scompaiono, sollevo il calice, toccando la sinuosa
“science des symetries littéraires”, quale “science à la timidezza delle due anse orizzontali. Compiendo que-
fois positive et normative” (Les symetries du francais sto breve gesto, posso osservare il colore del vino:
littéraire, Parigi 1924). bianco, rosso, nero, mogano; la sua vivacità nei riflessi
7 verdino o granato, nel riverbero d’oro o purpureo; il
Per la funzione delle “isometrie melodiche ed enume-
suo essere pallido o denso, scuro o leggero; lo schiu-
rative” (Beccaria, op. cit. p. 156) se ne coglie trattazio-
dersi nitido delle sue sfumature fino al loro indebolirsi
ne nella letteratura del seicento come ad esempio in
o spegnersi.
Padre Giovanni da Locarno, Saggio sullo stile dell’ora-
Posso inoltre comprendere e ricordare, con la tristezza
toria sacra del seicento, Roma 1954; funzione ribadita
dell’intensità, la mia negazione all’istante immortale.
attraverso la recensione di C. Segre in “Giornale di
Mi hanno insegnato che esso accade tra il sonno e la
storia della letteratura italiana”, vol. CXXXII, pp. 46-
veglia.
2ss., e confermata da Bàrberi Squarotti in “Archivio
glottologico italiano”, vol. XVII, fasc. II (1957), pp. 29
Per allontanare la certezza di questo pensiero e questo stanze della mia casa. Sapevo che vi dimoravo insieme
stesso pensiero, che si addice all’essere uomo, annullo all’inesorabile avvicendarsi della gravità del giorno e
ciò che io sono nella percezione sensoriale. della lunghezza delle notti.
Annuso il vino. Sento e vedo i fiori, a volte la violetta a
Fu Plinio a insegnarmi che qualunque amore è destina-
volte la rosa, sento e vedo il miele, le resine, il pino.
to a morire poiché l’uomo è mortale. Forse Kròkos era
Separo. Fortifico l’istinto ma anche la memoria. Annu-
esasperato da questa unica certezza e tentò di rendere
so. Penso per immagini. Se mi capita di concentrare la
l’amore immortale scegliendo di innamorarsi di una
mia attenzione sul miele, vedo il suo colore cereo, am-
ninfa. Provò a dimenticare di essere uomo.
brato, brunastro, poi vedo l’albero, i rami, il favo, le
uova, il polline, le arnie, le ombre, la pietra sulla cui La pietà degli dei trasformò i due amanti in fiori. Ma
superficie scorre il rigagnolo d’acqua lambita dalle api. anche i fiori sono destinati a cadere. E il croco è un
Vedo il loro corpo bruno e peloso, l’addome e il pungi- fiore gracile e fugace.
glione, le brevi antenne.
Penso, (nella mente il disegno si ingrandisce e si rim- Ho anche sentito dire che Calipso spiegò a Odisseo che
picciolisce), alla società delle api, alla loro fatica e ope- immortale è chi accetta l’istante. Ho così deciso di le-
rosità, al loro comunismo dei beni e al loro ordine, alla garmi per sempre alla mia ostinata, caparbia, insensata
loro concordia. tristezza fatta di innumerevoli istanti o dell’unicità di
un lunghissimo istante. Stelo Diafano. Un orefice dalle
Quando sono affaticato dal pensare, (dall’ammassarsi dita bianche e scarne, incise il mio inutile desiderio di
delle immagini), gioco. Con le dita disegno nella terra eternità nell’oro che inclemente stringe il mio effimero
animali addormentati: un cervo, un cane, una lepre, dito; ma vivo nella consapevolezza che un giorno il
alcuni volatili. Nelle notti afose faccio finta di sentire, rimpianto, come questo cerchio dolente, si stringerà
mischiato all’inebriante profumo del vino che sorseg- contro di me…” Ripiego il foglio, lo ripongo nella sca-
gio e trattengo nella bocca, il loro ipnotico odore di tola, riordino le scatole le une nelle altre. Poi cerco la
sonno e il loro respiro regolare e profondo. Nelle notti solitudine. Quando cerco la solitudine vago tra i vigneti
fredde accendo il fuoco e, circondato dai loro occhi per ascoltare i suoni cangianti e incessanti del ciclo
chiusi, gioco da solo a “giorno o notte”: traccio nel della vite: il pianto cristallino delle ferite, il canto palli-
terreno una linea retta oltre la quale getto un sassolino do della linfa sui sibili lenti e tesi della crescita delle
o una conchiglia dopo averne colorato una parte di ne- foglie; lo stridio del gonfiarsi delle gemme e le note
ro. Se il frammento di pietra, o il piccolo guscio, cade metalliche del loro aprirsi; il suono flautato e senza
con la parte scura rivolta verso l’alto mi bendo gli oc- posa della maturazione dei tralci; i tremoli e i pizzicati
chi, sempre aperti, e fingo di essere il dio Eros. Poi dei fiori fecondati e della caduta di alcune infiorescen-
esco e, toccando il fragile fruscio delle foglie, percorro ze; le sonorità religiose dell’ingrossarsi dei grappoli,
i sentieri che si snodano nel bosco, porto con me un dissonanti delle variazioni cromatiche della buccia de-
canestro cilindrico vuoto dalla sommità svasata, allac- gli acini; i caotici scricchiolii della maturazione del
ciato alla spalla e in esso getto la fugacità delle erbe e legno e della caduta delle foglie al giungere del freddo.
dei frutti che raccolgo, riconoscendo la loro dolcezza al Ma sempre sono costretto a rientrare nella mia abita-
tatto. Se la parte di pietra, o del piccolo guscio, rivolta zione, una lunga cavità naturale cosparsa di muschio,
al cielo è quella più chiara, del colore naturale, indosso poiché sono “colui che dimora dentro”. Sono Endi-
gli abiti da cacciatore, mi costruisco un arco, una fare- mione, il diverso-Endimione, l’insonne. Torno nel
tra, alcune frecce e inseguo animali selvatici; non ucci- grembo, veglio e sono vegliato. Attendo le mani della
do però l’animale che riesco a stanare, lo memorizzo, mia padrona, la quale, pur sapendo che non mi è con-
potrò così facilmente riprodurre la sua immagine nella
terra, tracciando le linee e i segni con le mie dita. Erika Dagnino vive a Genova. La sua attività artistica
Questa notte la mia tristezza è impenetrabile come stel- comprende: collaborazioni poetico-musicali con il violi-
le di pietra: perciò ho necessità e desiderio di rinvigori- nista jazz Stefano Pastor; reading poetici organizzati dal-
re le mie labbra con un vino aspro, aggressivo, mor- l’Associazione Libero di Scrivere di Genova; collabora-
dente; (una fraterna fortuna mi concede che quello ver- zione alla Rivista “New Magazine Imperia” con articoli
satomi al crepuscolo non sia piatto, sapido o privo di di viaggio. Inoltre ha ricevuto i seguenti riconoscimenti:
nerbo. Ne trattengo e rimescolo piccole quantità, ora segnalazione al Premio di Scrittura Teatrale Farà Nume -
schiacciandole con la lingua contro il palato ora facen- ed. 2005/06 - con il monologo “Per Voce”; secondo pre-
dole scivolare nella parte posteriore della bocca); per- mio narrativa inedita - ed. 2005 - del concorso “Il vino
ciò ho necessità e desiderio di leggere uno dei fram- nella letteratura, nell’arte, nella musica e nel cinema”
menti dei “Dialoghi degli uomini”, frammenti che ho promosso dal Centro Pavesiano Museo Casa Natale, con
trovato su fogli sparsi di colore bianco brillante, setosi, il racconto “L’insonne degustatore”; terza classificata al
gettati su un mucchio di cenere e di petali. Li custodi- Premio Nazionale di Poesia Cuorediafano - ed. 2005 -
sco in contenitori di vimini di misura decrescente, posti con la poesia “Siedi accanto all’ospite”; primo premio
l’uno dentro l’altro, intrecciati dalle dita della mia concorso “La Città dei Poeti” - ed. 2003 - Genova, con
atemporalità una notte tiepida e priva di raggi o dita la poesia “L’Oggi”. Le sue poesie sono presenti in alcune
lunari. raccolte antologiche delle edizioni Aletti e Liberodiscri-
vere. Ha pubblicato le raccolte di poesie edite “Pizzica il
Leggo alla luce di una candela inserita in una piccola vento le corde della sua arpa” - Centro Editoriale Impe-
ciotola bassa, con l’orlo ripiegato all’interno. riose - (Ottobre 2002) e “Il canto del cuore viandante” -
“…quella notte tardavo ad addormentarmi. Guardai le 30Giuseppe Aletti Editore - (Dicembre 2002).
Dietro la porta indolenza che cozzava con la mia fretta di rientrare,
ma il sospetto cresceva; la zona, già fatiscente, era
di Stefania Pagano stata da poco insediata con stranieri ed emarginati.
NARRATIVA Finalmente Maria è entrata in un portone sconnesso,
tenuto su da assi inchiodate. Grida di bimbi, voci ur-
Ho strappato tutti gli annunci funebri incollati sui muri, lanti da TV ad alto volume, più dolce una nenia islami-
mastico imprecazioni, sconcezze, mentre sono per que- ca...
sta strada sozza che trabocca dei resti di una civiltà del La mia alunna si è attardata davanti ad una porta,
troppo. Tiro calci alle lattine: "Rotolate e rompete il infine ha infilato le chiavi nella toppa: dunque le chia-
silenzio di quest'ora. State ancora tutti a poltrire nei vi le aveva.
vostri letti, tra l’odore dolciastro di umori notturni?"
E’ una ragazza introversa aggressiva, a volte assume
Tiro calci con la violenza del dolore, volendo colpire atteggiamenti equivoci, anche se con me tiene sempre
me stessa e questa mia vita mal riuscita della quale non un comportamento corretto. Adesso mi amareggia que-
so più che fare. Un altro calcio. Voglio veder volare sta bugia: mi ha sempre riservato un rapporto basato
via tutto, tutto ciò che ha a che fare con me. su rispetto e fiducia.
"E tu? Che stai lì a fissarmi? Guarda che posso strap- Ora Maria scompare dietro la porta, ma prima che la
parti l’anima." richiuda m'infilo dentro con lei.
Così all’ignaro passante, con cane al guinzaglio, che ha Mi investe una zaffata di rancido, di sudicio che mi
osato tagliarmi la strada. prende allo stomaco; non riesco a nascondere la nau-
"Perché è successo? Perché doveva morire proprio sea.
lei?" Mi guarda: i suoi grandi occhi esprimono odio.
Parole sconce mi salgono dall'animo, ma a chi rivolger- Avevo accettato l'invito della mia proff, non volevo
le? So soltanto che qualcosa o qualcuno mi ha lasciato troppo presto tornare nella mia lurida realtà.
intravedere una prospettiva di vita migliore e poi me
l'ha strappata. Ero solita tirar tardi tra le vie sozze: meglio queste,
piuttosto che farmi assalire dalla mia famiglia: meglio
Era cominciato un giorno che non me la sentivo di ri- gli effluvi malsani delle discariche a cielo aperto, dalle
tornare nel tugurio che impropriamente chiamavo casa. quali mi sento in un certo modo scorporata, piuttosto
L'aria era pregna di umidità. Sapevo, guardando il cielo che annusare quelli che fanno parte della mia vita.
torbido, che sarebbe venuta giù acqua in quantità, ho Non mi allontano da questi luoghi perché non posso
pensato: "Meglio fuori che dentro; dal soffitto ci piove, percorrere le strade di chi vive una vita altra, quelle che
non me la sento di trasportare il tuo corpo pieno di al- sai esistono, ma non per gente come me. Immagino
col dal letto alla poltrona, mamma." altri mondi, altre realtà.
Mi piacque inzupparmi sotto lo scroscio dei gocciolo- Quando sono entrata in una casa vera, mi sono accorta
ni. Mi ci stavo tuffando quando lei comparve come dal che quel mondo esisteva, per la prima volta lo speri-
niente, mi raccolse e mi portò nella sua casa. mentavo.
Chissà se ho fatto bene a portarla a casa mia. Ma po- Qualcuno me lo aveva concesso.
tevo mai lasciarla sotto la pioggia a infradiciarsi?
Sono rimasta a bocca aperta, quando ho visto come la
Aveva uno sguardo così spaurito, indifeso. Non me la figlia nell'entrare ha abbracciato la proff.
sono sentita di abbandonarla. Mi ha detto che a casa
sua non c'era nessuno e che aveva dimenticato le chia- Ho ascoltato senza fiatare quello strano linguaggio tra
vi. loro: "Hai preparato il pranzo? Grazie piccola mia!"
Poi, la carezza.
Mi è sembrata un'altra quando è stata da me. Ha
chiacchierato con mia figlia e ho scoperto cose che in Le sedie erano sgombre, niente piatti sporchi, la tavola
classe non si vedono: per esempio, che è sensibile al- era apparecchiata, per ciascuno posate e tovagliolo.
l'arte. Quando ha visto i disegni di Giulia è rimasta Poco dopo la Ferrante ha rimproverato Giulia perché
con la bocca aperta, poi ha tentato di misurarsi e così c'erano dei disegni lasciati fuori posto. Ma a me quel
ho notato che con il disegno riesce a esprimersi molto rimprovero è sembrato una sinfonia: nessun astio, sol-
meglio che con le parole. Devo dirlo al collega di arti- tanto un richiamo privo di condanna. E come erano
stica. belle quelle figure di donna tracciate a matita.
Ho dovuto insistere perché Maria accettasse un pas- Hanno litigato anche, ma è stata una discussione con
saggio da me; ha voluto che la lasciassi all'imbocco diritto di replica.
della strada; su questo è stata irremovibile. La libertà di dissentire senza bisogno di alzare la voce,
La cosa mi ha insospettito, ho temuto che mi stesse senza l'odio di chi non ha mai avuto nulla da difendere.
mentendo; per questo sono scesa dall'auto e l'ho segui- L'odore del pulito, il calore della famiglia unita.
ta.
Quando lei mi ha proposto di riaccompagnarmi, ho
Camminava strascicando i piedi così da infangarsi provato a dissuaderla, ma ha insistito e ho avuto paura:
tutta su quella strada sterrata. Mi irritava quella sua 31 mi accorgevo dell'enorme distanza tra lei e me.
L'ho odiata per la sua insistenza. palazzo dal quale ho scorticato l’ultimo annuncio di
Non volevo che sapesse dove vivevo, temevo per la morte.
sua persona: non era difficile che entrando in casa le Ho la testa vuota e mi viene in mente che l’unica possi-
capitasse, come 'benvenuto', qualcosa sulla faccia da bilità che mi resta di incontrare un’altra Ferrante è tor-
parte di mio padre (altro che abbraccio e carezza); non nare in quella scuola di merda. Magari una sua reincar-
volevo che vedesse quel cencio tremante sul letto, che nazione, come dice la mia vicina buddista.
un tempo era stato una donna, mia madre. Una nebbia sottile si va diradando, il cigolio delle ser-
E invece lei è entrata e la rabbia mi è salita alla testa. rande lacera l'aria.
Quella irrazionale, quella che un giorno mi fece sferra- Maria si alza, si muove lenta verso la città brulicante.
re un cazzotto sulla faccia di Antonio (si era permesso
di accennare alle mani malferme di mia madre. Addi-
rittura aveva alluso alla mia verginità, quello stronzo!).
Lo mandai in ospedale con il setto nasale rotto.
Cent’anni di cappelli
Era stata la Ferrante ad aiutarmi facendo da interme-
diaria tra me, la famiglia di Antonio e gli altri inse-
gnanti che volevano punirmi. La Ferrante era una a di Enzo Landolfi
NARRATIVA
posto, ma io ne diffidavo: la diffidenza è la mia estre-
ma difesa.
Il centro storico è quasi metafora del tempo che fu, un
Ora dovevo mandarla via, prima che scoprisse. Nessu- modo attraverso il quale le nostre città fermano il loro
no doveva sapere. Sapere significava essere allontanata passato.
e lei avrebbe potuto abbandonarmi.
Il centro storico di Salerno, per anni abbandonato e
Così le ho agguantato il braccio e, senza temere di farle ritenuto dai benpensanti più pericoloso di una casbah
male, l'ho spinta via dalla porta, l'ho trascinata fuori. algerina ed un mercato turco messi insieme, vive una
Soltanto qui ho mollato la presa e, con tono che non specie di doppia vita. Da una parte i nuovi esercizi
ammette repliche, le ho sibilato uno "Sparisci. Non commerciali e i mille piccoli ritrovi alternativi che ri-
permetterti di raccontare quello che hai visto. Ricordati chiamano il popolo della notte avanzano lenti ed ineso-
che so dove abiti e che conosco tua figlia!". rabili ad occuparne ogni angolo, dall’altra i “vecchi”
negozianti, inquilini storici di Via de’ Mercanti, man-
Questo è ciò che da me tutti si aspettano e io ho rispet- tengono orgogliosamente le loro posizioni, fieri dei
tato il copione. loro nomi che s’intrecciano alla storia cittadina:
Quella minaccia mi ha atterrito. Bignardi, Spirito, Fiore, Tafuri, Pantaleone, Pecoraro,
Mi aspettavo una reazione violenta, ma non avrei mai Rocco, Testa…
pensato che avrebbe usato quel modo abietto, da cri- I Mercanti, come tutti li chiamano a Salerno, sono ta-
minale incallito, per scaricarmi. gliati a metà da una specie di cardo maximus, residuo
E' stato questo che mi ha persuasa a non mollare. Se forse d’una ordinata romanità non stravolta dall’angu-
avessi acconsentito alla sua minaccia e fossi andata sto groviglio della città medievale, che da monte corre
via, sarei vissuta nel terrore per sempre. a mare: Via Duomo.
Pensavo di conoscere Maria, sapevo che dietro quella Stretta, lunga, brulicante di attività, scandisce il suo
scorza si nascondeva ancora un accenno di innocenza. tempo al suono della torre campanaria della cattedrale.
Soltanto un'ora prima era stata a casa mia e non avevo Qui, da più di un secolo, si apre un’altra delle botteghe
scorto in lei ombra di malvagità. Solo quando avevo che hanno fatto la storia, quella dei Russo, anzi, per
chiesto di accompagnarla qualcosa aveva cominciato essere precisi, la “Ditta Russo Giosuè e figli”.
ad agitarsi in lei. Credo che nessuno ignori l’arte dei Russo tuttavia, per
Era stato il silenzio opprimente durante il tragitto che qualche sprovveduto, dirò che i Russo da circa un se-
mi aveva insospettita. colo sono gli indiscussi maestri cappellai di Salerno.
Ora sono lì: l'una di fronte all'altra. Maria ha lo sguar- L’attività fu iniziata da nonno Biagio che la trasmise al
do puntato negli occhi dell'insegnante. In attesa come figlio, che tutti conoscevano come don Giosuè, il quale
belva pronta all'attacco. La professoressa mantiene lo si portava due dei suoi figli, un po’ per compagnia un
sguardo che affonda nella sua anima, legge la dispera- po’ per non gravare troppo sulla mamma. I ragazzini
zione della sua vita, vede il dolore e la sofferenza. Di un po’ giocano in strada con gli altri monelli, un po’
slancio l'abbraccia. Sente i muscoli contratti. La stringe osservano il padre che lavora intento e silenzioso. Ciro,
ancora: l'esile corpo si distende dopo un ultimo, debo- gli occhi penetranti come due proiettili, segue ogni
le tentativo di liberarsi. Infine, il pianto straripa, rompe movimento di quelle mani, studia il volto paterno,
gli argini, disgrega quell'anima sconnessa. guarda i cappelli che si pavoneggiano vanitosi in vetri-
na e un giorno memorabile – era il primo giugno del
Ormai le lattine le ho tutte lanciate lontano. Le bestem- 1957 – annuncia con tutta la serietà dei suoi dieci anni:
mie le ho esaurite. Ai miei piedi le strisce di volantino “Papà, mi voglio imparare il mestiere”.
si agitano al vento. Mi siedo con i muscoli che mi fan-
no male sul bordo del marciapiedi. Guardo il muro del 32 Comincia quindi il suo apprendistato affannandosi in-
torno agli antichi, alti banchi da lavoro col piano di
marmo; accostandosi con rispettoso timore alla vecchia mente Ciro lo fa “a occhio” tagliando con mano sicura
Necchi a pedale che per usarla bisogna aprirne la cu- l’ala del cappello e togliendo esattamente solo e soltan-
stodia con la chiave come se fosse uno scrigno pieno di to il superfluo. La tesa tagliata si smeriglia con carta
gioielli. vetro e tocco leggero, e se l’ala è debole intorno alla
Tuttavia di cappelli non si vive. tesa si cuce un nastrino per darle più corpo.
Ciro deve cercare un lavoro, ma il cuore è sempre lì, in Una bella spazzolata e voilà, il cappello è pronto per
quei due metri di negozio, ed è lì che torna ogniqual- essere esposto in vetrina, per essere indossato o per
volta gli è possibile per affinare viepiù la sua arte, è lì essere adagiato con mille precauzioni e cure in una
il suo porto sicuro quando lo colpisce il fulmine della bellissima cappelliera di cartone rigido da portare in
mobilità a privarlo della sua dignità di lavoratore. giro per le strade dondolandola appena con la mano
con fare da dandy.
Riprende il mestiere con la sorella, Anna; ritorna tra i
feltri e i nastri che le sue mani esperte trasformano in Tutto questo avviene in una bottega minuscola nel cuo-
cappelli eleganti per quanti, in barba alle mode, non re della città vecchia, la bottega di un’antica dinastia di
vogliono rinunciare al tocco di raffinatezza che unico il artigiani che resistono nella trincea della tradizione
cappello sa dare perché, come dice saggiamente Ciro, sventolando la bandiera del lavoro fatto a mano e a
“non è l’abito che fa l’uomo, ma il cappello”. regola d’arte.
Proviamo allora a conoscere un cappello, a seguirlo Quale macchinario sofisticato potrà eguagliare l’abilità
dalla nascita fino alla sua impeccabile compiutezza. della mano di Ciro mentre taglia la tesa d’un cappello?
Quale avveniristico sistema di misurazione potrà calco-
Diciamolo subito: il cappello per eccellenza, quello lare la misura d’un cappello come l’occhio di Ciro?
veramente degno di tal nome è quello di feltro, laddove Quale curatore d’immagine pluridiplomato dai mille e
per feltro s’intende, nella sua accezione più elevata, il più passaggi televisivi potrà individuare, di primo ac-
pelo di lepre, morbidissimo, seguito da altre varietà di chito, quale sia il cappello che meglio s’adatta al clien-
pelo animale, ad esempio coniglio, castoro, vigogna, te come sa fare Ciro?
talpa fino ai meno pregiati, maiale e cinghiale.
Questa, come tutte le arti, non si studia sui libri, ma si
Per ottenere la base “grezza” di un cappello pronto per respira, si succhia, si ruba, si vive giorno per giorno
la lavorazione occorre un lungo procedimento perché il con ogni fibra del corpo, con ogni corda dell’animo ed
pelo deve innanzitutto essere ben lavato, poi asciugato, è per questo che, come tutte le arti, deve continuare,
pressato, seccato e sottoposto, appunto, alla feltratura non perdersi nella banalità del cappellino simil-
che lo rende simile ad una stoffa consentendone il ta- americano che tutti ci omogeneizza trasformandoci in
glio e la messa in forma. Il cencio, che presso la ditta inconsapevoli ed acritici sostenitori di squadre sportive
Russo è disponibile in un assortimento unico di ben d’oltreoceano.
dodici colori nelle varie gamme di grigio, marrone,
nero, beige, bronzo, blu, bordeaux, verde, si pone sulle Le fatiche e le speranze dei cento anni di attività della
forme, rigorosamente di legno, che variano secondo la ditta Russo sono riposte in un nipote decenne al quale
cupola richiesta; ce n’è di basse e di alte fino ad arriva- Ciro, come prima di lui il padre e prima ancora il non-
re a quella per il cilindro. Si rifila il bordo quindi il no, trasmetterà giorno dopo giorno il distillato della sua
cappello viene stirato col ferro – che è proprio quello perizia e della sua esperienza così che anche il mio
d’una volta, un semplice blocco di ferro sagomato e nipotino possa un giorno indossare un bel cappello
con il manico fatto riscaldare – ed un panno umido, fatto a mano come oggi fa suo nonno.
naturalmente bianco, per stendere bene il feltro; quindi
lo si mette ad asciugare, per un tempo che varia dai SPAZI PUBBLICITARI ANNUALI
trenta ai quarantacinque minuti, chiuso nella stufa a rivista “NUGAE - scritti autografi”
carbonella. Una volta “sfornato” si appoggia su di
un’altra forma per stirare bene la tesa, quindi si mette ______________________________
all’interno il marocchino, cioè la striscia di cuoio tut-
Formati disponibili :
t’intorno alla circonferenza e che Ciro definisce “la
salvezza del cappello”, ed infine si rifinisce esterna- • Pagina intera
mente con il nastro, generalmente di gros-grain, e la
nocchetta che va cucita a mano. • 1/4 di pagina
A proposito della nocchetta, prestate bene attenzione al • 1/2 di pagina
lato su cui è posta: se si trova a sinistra il cappello è da
uomo, se invece a destra il cappello è da donna, altri- • Pagine di copertina e interne
menti vi troverete come me che per anni ho inalberato
orgogliosamente un Borsalino verde speranza per poi
Banner e logotipi forniti dai clienti
scoprire, proprio dalla nocchetta, di avere un cappello o realizzazioni personalizzate in
da donna. Potete immaginare che lavata di testa mi sia sede redazionale.
toccato ricevere da Ciro cui, per buon peso, si è ag-
Per informazioni e consulenze:
giunta la moglie Raffaella. Lasciamo perdere, veh!
cell. 333-5297260
Si diceva della nocchetta, dunque. Ebbene, il lavoro
e-mail: scrittiautografi@virgilio.it
non è ancora finito perché va tagliata la tela, e natural- 33
re), i piccoli amici quadrupedi, la vita semplice, il ver-
La recensione de.
di Marcello Fruttini Dietro la casa però, laggiù in fondo, nascosta tra gli
NARRATIVA alberi c’è una piccola casa, poco più di un capanno,
cadente e ricoperta di edera. Sempre chiusa, a volte
Questa storia si inserisce a pieno titolo nel filone della sembra animarsi di strane presenze. Insomma, la casa
narrativa per ragazzi, ma con una diversità rispetto a del mistero. Per Elisabetta, la prova del suo coraggio.
quella oggi dominante: non prodigi di magia o fughe Nessun mostro terrificante né verdognoli marziani, ma
nello spazio, solo realtà quotidiana, quella dei piccoli una ben più dura lezione di vita. Dall’infanzia rubata
accadimenti di ogni giorno e dei brutti imprevisti che alla città caotica, dalla famiglia allargata alla vita di
rompono abitudini e sicurezze. campagna, dai sogni adolescenziali
alle amare delusioni. Elisabetta per
Elisabetta – questo il nome della crescere ha bisogno di capire come
protagonista del romanzo – è la funzionano gli adulti.
ragazzina della porta accanto.
Nel senso che non ha nulla di par- L’autrice, alla sua prima opera,
ticolare che la distingue dalle sue mostra di conoscere bene il mestie-
coetanee. In quel difficile guado re del raccontare e saperlo fare,
tra i dieci e i dodici anni, ci si tro- anche se scrivere per i non-grandi è
va un po’ in una terra di nessuno, più difficile che farlo per i grandi,
non più bambini, non adolescenti, così come notoriamente far ridere è
nemmeno preadolescenti. Un’età più difficile che far piangere. Nella
di indolente dormiveglia. Di inav- storia c’è tutto questo, per piccoli e
vertita esplorazione del mondo. Il per grandi, per piangere e per ride-
bisogno di certezze è ancora tota- re. La tensione narrativa non cono-
le. Il pensiero che qualcuno o sce pause. Capitolo dopo capitolo
qualcosa in quel cerchio di perso- il lettore segue con avidità lo svol-
ne con il quale si è cresciuti – soli- gersi dei fatti. Con una scrittura
tamente la famiglia – possa cam- sempre piana, chiara, ora scanzo-
biare, non esiste. Eppure storie nata ora emotiva, il libro assume di
dolorose possono accanirsi su di volta in volta la misura del thriller,
loro, colpendoli nel primo dei loro del romanzo psicologico, dello
diritti: la sicurezza. Essi si ritrova- studio ambientale, del confronto
no così, da soli, a fare i conti con tra lo ieri, l’oggi, il domani. Se
vicende che li escludono da ogni l’autrice pensava di avere scritto
controllo. Non possono che subire. una storia destinata ai coetanei di
Betty, si è sbagliata. Il romanzo
non può non piacere a tutti. In esso
Elisabetta, detta anche familiarmente Betty, Betta, Bet- c’è di che imparare e di che divertirsi. Le illustrazioni
tina, invece, ha un po’ la natura dell’equilibrista e resta di Nicola Perugini, presenti all’interno del libro, contri-
sempre in piedi. In fondo, i punti di riferimento basta buiscono a rendere indimenticabili personaggi e situa-
trovarseli e, con un po’ d’ironia su chi ha intorno e un zioni.
po’ di autoironia, riesce a cavarsela.
Teresa Castellani, la brava e coraggiosa autrice del
libro, insegnante di scuola media a Roma e conoscitri- “Le scoperte di Elisabetta”
ce acuta dei suoi alunni, si serve di Betty proprio per Illustrazioni di Nicola Perugini
dimostrare che la vita va affrontata sempre, non fug- Edizioni “ERA NUOVA” - Perugia (2004) - € 8,50
gendola ma immergendosi in essa giorno dopo giorno.
La ragazzina ha tutte le caratteristiche della sua età:
come tutte è tenera e insieme aggressiva, indifesa e
spavalda, curiosa e paurosa. La sua vita ruota intorno al
gioco, alla scuola, ai compagni, agli animali, sui quali Teresa Castellani è nata a Città di Castello (Pg) nel
scarica quel di più di affetto che non sa dove riversare. 1947, ma vive e lavora a Roma.
Ha le sue curiosità, sogna l’avventura. Vuole diventare Questo è il suo primo romanzo, scaturito dal bisogno di
grande e nello stesso tempo ha bisogno di coccole co- raccontare storie secondo il punto di vista e la sensibi-
me quando era piccola. lità di un’adolescente.
I suoi giorni sereni li vive dalla nonna, d’estate, nella
grande casa della campagna umbra, alle porte di San-
gemini. Sono quelli nell’anno i giorni della spensiera- Nicola Perugini è nato a Città di Castello (Pg) nel
tezza, del gioco, della sicurezza che le ispira la nonna. 1973, ma vive e lavora a Roma.
Qui riscopre quella dimensione umana che non trova Appassionato disegnatore di fumetti e cartoni animati,
nella grande città, i fedeli compagni di gioco che ha illustrato questo libro contribuendo a rendere indi-
l’aspettano ad ogni ritorno (tra i quali quello del cuo- 34 menticabili i personaggi e le situazioni.
il suo universo fantastico e il midollo della sua poesia.
I poeti non sono mai come i funzionari di banca, o de-
di Georges de Canino gli impiegati ministeriali, i poeti come lo ha dimostrato
POESIA un grande francese sono sempre in contraddizione con
se stessi, Saint-John Perse, il cui nome anagrafico era
Lo sguardo paradossale e antico Alexis de Saint-Léger Léger, diplomatico e viaggiato-
re, un mistico moderno che riuscirà a comporre una
di Oreste Bisazza Terracini
poesia estrema tra spazio mentale e geografico, tra so-
L’editore Vecchiarelli, figlio di un poeta, a Manziana norità del mondo e dialogo con il lui dell’intimo, poeta
stampa libri rari e raffinati e debbo aggiungere che la straordinario per la complessità della sua poesia e per
tenacia dell’editore, unita ad una particolare intuizione, l’originalità del suo destino. E’ nell’unicità del suo
ci permette di scegliere e consultare un catalogo edito- canto interiore forse il più importante poeta del XX
riale ricco di titoli e di pubblicazioni che farebbero secolo della Francia dopo la fine della Seconda Guerra
bella figura in qualsiasi collezione e biblioteca privata Mondiale. Vedo questo filo parallelo con Saint-John
e pubblica. Perse (1887-1975) per diverse ragioni, ma una soprat-
Vecchiarelli è anche un amico fedele, da anni pubblica tutto, perché i due poeti hanno dovuto piegare le loro
le opere poetiche di Oreste Bisazza Terracini. Nell’au- schiene ad una professione che ha le sue regole societa-
tunno del 1998 edita “Accanto alla fonte attendo l’ar- rie e i suoi obblighi dinanzi allo Stato. Eppure i due
sura”, raccolta di poesie che presentai al Castello di poeti hanno saputo trovare un’apertura in quel corri-
Fiano Romano il 24 ottobre di quell’anno. Ho il privi- doio che poi è il grande labirinto della poesia. I due
legio di essere una “cavia” personale di Oreste Bisazza hanno in comune una forte attrazione dell’universo
Terracini, un ascoltatore, un suo lettore e ammiratore interiore, in cui tutte le situazioni esterne diventano
incondizionato. microcosmi e oscillano tra l’infinità di mescolanze, tra
la bellezza della natura, alla crisi, alla sconfitta
Da anni frequento e conosco la sua famiglia permanente degli uomini davanti alle sopraffa-
allargata, governata dal suo senso patriarcale zioni, alla permanenza del male, alle violenze
che non si discosta poi dalla nostalgia di un e alle ingiustizie del mondo.
mondo antico che è andato perduto.
Oreste Bisazza Terracini incarna le correnti
Tra i suoi rapporti e obblighi professionali e il dei mondi diversi da cui proviene, da una real-
governare la sua famiglia c’è un corridoio che tà biblica, le cui viscere sprofondano nel Qoe-
è la sua vocazione e creazione poetica. Non let, nell’Ecclesiaste. Spesso il suo pessimismo
permette il poeta, quasi a nessuno, di entrare è stato frainteso, quella invece è la voce del-
in questo luogo mentale. Intuisco che fin da l’uomo che si appoggia a Dio senza le illusioni
bambino Oreste abbia giocato con le Muse, e le vanità del mondo. Da queste parole esce
sua madre, Maria Laura Gaino Lattes, attrice, l’anima ebraica e interrogativa di Oreste. Nelle
ebrea monferrina, persona dalle grandi qualità sue raccolte di poesia, non esclusa l’ultima
performative, regista di autori angloamericani. “Respiri e apnee”, poesie in due libri, Vec-
Questo mi hanno sempre raccontato coloro chiarelli 2005, i temi della vita e della morte si
che l’anno conosciuta come Giglia Tedesco compenetrano, con la stessa originalità della
Tatò e Bruno Grieco. La madre ha vigilato su sua prima raccolta “Accanto alla fonte attendo
Oreste bambino fin dai primi anni di vita con una mano l’arsura” 1998, e poi “Humus, Fertilità della Memo-
creativa e greca, e con l’altra lo ha educato e spronato ria”, edizioni dell’Associazione Nazionale Reduci dalla
ad una passione per la lotta contro il male e l’ingiusti- Prigionia, dall’Internamento e dalla guerra di Libera-
zia, anche attraverso la ribellione. Successivamente zione, con prefazione di Davide Rondoni. Nel progetta-
Umberto Terracini, suo padre adottivo dopo la Seconda re questo volume di poesie volli inserire alcuni docu-
Guerra Mondiale, antifascista e partigiano combattente, menti che segnano la tragica fuga di un bambino ebreo
condannato dal Tribunale Speciale forgerà Oreste verso la Svizzera. Il destino di un’intera generazione a
all’amore per il diritto e per la giustizia, con un impe- cui fu negato di esistere. Nell’Europa dalle radici cri-
gno che equivale ad una vocazione poetica. I primi stiane, nel cuore dell’Europa civile, figlio di un’Italia
anni di questa sua infanzia sono stati fecondati da un che aveva cancellato le leggi di emancipazione di Car-
sentimento di austerità e di tendenza al sacrificio. Um- lo Alberto di Savoia, nel pieno di un fascismo agoniz-
berto Terracini e Antonio Gramsci sono stati degli in- zante e alleato del Terzo Reich. Quella notte, quell’in-
tellettuali e dei politici dotati di una visione del sociali- cubo fu il suo internamento. E’ una lama che si insinua
smo antitotalitarista e libertario. Inoltre Terracini e nel cuore del bambino, nel massacro di un’Europa che
Gramsci sono stati utopisti autentici e uomini di cultu- ha rubato una parte della sua umanità al mondo e all’u-
ra, oserei dire dei poeti della politica trasformando la manità intera. Da li, nascerà la sua vocazione inesora-
politica in un grande progetto di una umanità progres- bile quasi da profeta e da giovane eroe dell’antico Isra-
sista e riformista. Pur avendo un carattere del tutto pa- ele alla lotta contro l’antisemitismo.
radossale, Oreste è figlio di due isole, la Sicilia paterna
e la Sardegna dell’infanzia, in mezzo il Monferrato Come Umberto Terracini pagherà di persona questo
ebraico materno a cui viene la sua indole intellettuale. suo impegno scontrandosi con una sinistra becera,
Lui stesso si dibatte in queste radici molteplici, ma ne ignorante e stalinista. La poesia di Oreste oscilla e ri-
fa parte, perché queste radici formano la sua esistenza, 35 corda quella poesia dei pittori e dei poeti di una Roma
dei primi decenni del XX secolo, tra Vincenzo Carda-
relli e le ferite profonde delle visioni tragiche di uno
Scipione, il poeta pittore marchigiano romano della di Rocco Sessa
Scuola Romana, amico di Mario Mafai e di Antonietta POESIA
Raphaël. Il paradosso di Oreste Bisazza Terracini è di
scindere il suo mondo interiore con la sua stessa vita,
negando talvolta la forza della sua personalità innovati- Un Oratorio che parte da Lidice e arriva a noi tutti
va. La sua tendenza è di identificarsi con una dimen- “Oratorio per Lidice” di Rino Malinconico (pp. 130,
sione epica di un mondo di cavalieri e di fantasmi del Edizioni Melagrana onlus, € 7.00,
tempo di Federico Il di Svevia. Forse le sue origini con introduzione storica di Guido
siciliane, aggravano i suoi conflitti interiori sul suo D’Agostino) ha l'andamento di un
carattere ombroso. Ripensando all’altro siciliano, Luigi vero e proprio poema. L’autore, noto
Pirandello, rivoluzionario nel suo teatro e conservatore per il romanzo Miserere e per i suoi
nella vita intima e familiare, ripensando al dramma tra scritti sulla filosofia marxista, ci con-
lui e il figlio Fausto, artista di grandissima qualità che segna un’opera intensa, sospesa tra
fu travolto tutta la vita dal carattere violento del padre. storia e preghiera. I quindici ampi
Tra le poesie tragiche di “Humus” vi è una poesia, a testi poetici di cui si compone il libro
pagina 59, tra le più espressive e commoventi che sia- ricostruiscono con straordinaria ener-
no mai state scritte sulla guerra, è dedicata alla pietà gia drammaturgica la tragedia di Li-
per i soldati italiani massacrati a Cefalonia nel 1943. dice, piccolo villaggio a pochi chilometri da Praga, che
Poesia che dovrebbe entrare nelle antologie della poe- nel 1942 i nazisti cancellarono, per rappresaglia, dalla
sia moderna e contemporanea. La poesia d’amore si carta geografica. La narrazione si sviluppa in prima
rinnova di volta in volta nella creazione di Oreste come persona, in forma quasi di sacra rappresentazione, e
nel mistero della vita, è l’amore che si fa linfa in ogni Lidice diventa l'emblema delle vittime, l’esemplifica-
istante, in ogni essere vivente, a pagina 20 di “Respiri e zione delle atrocità e della barbarie della guerra. Ai
Apnee” la poesia: “Come amante / forte passionale / la testi poetici fanno da contrappunto i dialoghi, non me-
vita / tra le braccia spingo / e la posseggo…” A pagina no carichi di emozioni. Parlano soldati tedeschi, abitan-
61 esplode la nostalgia di un sentimento struggente: ti di Praga, giornalisti, persone normali. Sul piano for-
“I fiori che trattengo nella mano/ son fiori che raccol- male i dialoghi si pongono come contesto ambientale e
si / sul prato più lontano / raggiunto dal mio cuore / di storico della strage, ma sono essi stessi momenti di
vecchio viaggiatore…” Il bagliore vive nella stagione autentico lirismo. Poesia civile, dunque, ma anche poe-
che vince la malinconia del poeta, ma il poeta può an- sia tout court. Gli adulti che ci parlano dalla loro condi-
cora dire: “Modula un canto / voce di sirena / e sul zione di sospensione della vita, i bambini che rivelano
passato / luce è di stella / immensamente bella”, dal una straziante inconsapevolezza del destino di morte
libro primo “Respiri e Apnee”, a pagina 96. Nel libro che li aspetta, gli oggetti che restano dolenti a contem-
secondo a pagina 143 è fulminante e immediata la vi- plare uno scenario finale di rovina, sono sì tutti riferiti
sione dell’amore che amplifica i sentimenti del poeta: ad un luogo specifico e ad un determinato tragico tem-
“Questa mattina / ho incontrato un angelo…”. Il pen- po, ma alludono anche, e soprattutto, all’essere profon-
siero, la vita e la morte si susseguono come una partitu- do dell’uomo come “creatura disarmata”. Non erra nel
ra musicale sul foglio bianco dell’emozione potente cosmo nessuno/ più solo di un uomo che vive/ in un
dell’istante, a pagina 196: “Un fremito di pelle / a breve mistero rinchiuso, diranno pietose le nuvole nel
brezza di mattino./ In cielo poche stelle./ Tra quelle/ testo finale. Ad un primo approccio, il lettore rimane
Brilla / La stella del destino.” Oreste Bisazza Terracini fortemente colpito dal dolore impetrato (non ho nessun
è la voce più intima, passionale e stoica della poesia verso che suona/ in questa serata di gelo/ e quale can-
italiana di questo primo sguardo del nuovo millennio, è zone potrebbe/ dal buio distendersi al cielo?), dalle
l’esempio paradossale dei mondi che ha conosciuto, tragedie individuali (e resto/ distesa sospesa/ le palpe-
che convivono in lui e si diffondono nella sua poesia. bre chiuse sul viso/ disteso sospeso nel buio/ e l’unghia
Le stelle di Gerusalemme brillano su di lui, la città che che il cuore mi scava/ consuma il riflesso del giorno)
più ama e che ha amato. A Gerusalemme, Oreste, ha dalle nostalgie già in partenza sconfitte (la veste salita
dedicato le poesie più belle e struggenti della sua opera al ginocchio/ il gruppo gioioso di amici/ l'ombretto
poetica e la poesia più evocativa e originale dell’ebrai- tirato sull’occhio). Ma ad una seconda, più attenta let-
smo italiano con la luminosa parola di Umberto Saba, tura, si scopre agevolmente come Lidice sia semplice-
il poeta di Trieste dell’altro secolo. mente una metafora, la metafora di un destino più am-
pio che concerne la vicenda umana in quanto tale. Un
destino crudelmente segnato dal contrasto insolubile
Oreste Bisazza Terracini è nato nel 1939 a Genova da tra l'apparenza gioiosa del mondo e la fine inesorabile
padre siciliano e madre ligure-monferrina. cui siamo tutti destinati (ma guarda che luce che gior-
Vive a Roma dal 1945 dove esercita la professione di no/ coi capannoni di legno lucente/ e in fondo laggiù/
avvocato ed ha cominciato a scrivere dal 1959 su giorna- ciminiere/ il fumo non vedi che s’alza/ da sopra gli
li e riviste. Ha pubblicato (Vecchiarelli ed.), inoltre, le enormi camini?). Insomma, un'opera sull'universo con-
raccolte di poesie: Accanto alla fonte attendo l‘arsura; centrazionario per eccellenza, i campi di sterminio, ma
Le Haim (Alla vita); Humus (Fertilità della Memoria), anche sulla condizione ontologicamente sospesa degli
Tra le righe. esseri umani. Poesia civile, ma soprattutto vera, strug-
36 gente poesia.
nuove che la poesia dell’Autore gli rende familiari.
Questa è la forza della poesia di Raffaele Rago che
di Angelo Magliano spinge il lettore a meditare con lui quando nei versi
POESIA della poesia “In una casa del borgo” scrive: “Nel chiu-
so del mio studio e lontano dal mio borgo natio, ascolto
del fiume il respiro. Quando tutto tace, al mio paese
“Parole in fila” vol. 2 rivolgo il mio pensiero ed alle persone amate che mi
di Raffaele Rago dan coraggio e le vedo nella mia mente, offro il mio
cuore”.
Pur tra le mille contrapposizioni e contraddizioni fra
contrade e quartieri, Campagna emana, sempre, un E così, chi legge è spinto a distaccarsi per un attimo
fascino che ti avvince, ti avvolge e ti sorprende e lascia dalla freneticità della vita e trovare e gustare il senti-
nell’animo perturbato e commosso un segno indelebile, mento dell’amore, con la filosofia aprire gli occhi a
un richiamo profondo che ti lega indissolubilmente alla nuovi orizzonti e, come dice Rago, in compagnia di
sua storia, ai suoi monumenti, alle tortuose ma incante- Erato, musa della poesia e della danza, dimenticare la
voli vie e vichi, al verde delle sue montagne, alle fre- sensibilità che spesso ci rende infelici… Poi ritorna
sche e pescose acque dei fiumi Atri e Tenza. I palazzi, forte il sentimento nostalgico quasi a voler purificare lo
le chiese, i conventi, le pietre, man mano che attraversi spirito costretto a convivere con una realtà opprimente
la città, ti raccontano di loro, di un passato antico e e inesorabile e, il ricordo dell’eremo di S. Michele,
illustre e richiamano alla mente personaggi come Gior- inerpicato tra la roccia, distante dai rumori della città,
dano Bruno, S. Berardino da Siena, il vescovo Kara- dove il chiassoso vociare degli uccelli, la musica delle
muel, De Nigris, G.C. Capaccio, Melchiorre Guerriero foglie ed un vero silenzio fatto di melodie dolcissime,
e nobili casati come gli Orsini, i Grimaldi, i Pironti, i compagni inseparabili di un tempo, effettua la catarsi
Caracciolo. dello spirito che, rinfrancato e sollevato, riprende a
percorrere con maggior forza e coraggio il duro cam-
Ogni scorcio, ogni angolo di Campagna si configura
mino della vita.
come un quadro naturale che si stampa indissolubil-
mente nella mente del visitatore e del turista occasiona- Il lirismo romantico assume poi una forte capacità
le. Se questo è l’effetto che Campagna produce nella espressiva quando il tutto o la parte non differiscono
mente e nel cuore di chi la visita occasionalmente, la- nel suscitare profondi sentimenti nostalgici. Il poeta, in
scio immaginare quanto sia forte e duraturo il senti- due liriche consecutive, si rivolge prima alla sua
mento di nostalgia di chi, nato e vissuto a Campagna è “amata città” e poi alla “panchina solitaria” allo stesso
costretto ad allontanarsi e andare a vivere altrove. “Or modo, con la stessa veemenza e con il medesimo no-
vivo nel centro desiderato” scrive Rago nella poesia stalgico ricordo “o mia Campagna sei come donna de-
“Epperò”, con tutte le comodità, non mancano gli sva- siderata”, “o panchina solitaria, nascosta là all’ombra
ghi, ma penso ai dì trascorsi quando gustavo l’aria pura di un vecchio albero aspetti la compagnia ch’ogni sera
del mio paesino, alle piccole gioie di un vivere genui- ti diletta e ti rende felice”. L’Autore diventa profondo
no, all’amore rubato dietro l’angolo…” e continua nella semplicità espressiva quando alla mente ritornano
“Ah! Se potessi ritornare, sereno tra i tuoi monti o mio i momenti del poeta-bambino e rivede l’acqua scivola-
borgo…”. re sui bianchi sassi del Tenza che nasce lassù dalla ci-
ma del monte che tocca il cielo infinito, mentre laggiù
È proprio questo il primo forte desiderio che Raffaele
allegri bambini si bagnano giocando felici saltando da
Rago consegna al lettore anche nella prefazione del suo
un sasso all’altro che dal fiume facean capolino. Tutto
volumetto. Soffre e gioisce contemporaneamente nel
resta nella mente e nasce, nella mente del poeta, un
ricordare la sua fanciullezza, i suoi anni della giovinez-
tormentato dilemma: vorrebbe ma non può, potrebbe
za e della sua formazione avvenuta tra i monti, le stra-
ma non lo vuole, la voglia di uscire dal normale è tanta
de, i monumenti della sua città. Nell’analisi testuale
ed intensa, ma la coscienza frena i suoi desideri e si
della prosa e dei versi mi pare di notare quel senso pro-
ritrova con le mani fra i bianchi capelli a pensare e a
fondo di nostalgia e di tristezza che Manzoni coglie in
guardare il tempo che fugge inesorabilmente senza
Lucia, quando costretta ad allontanarsi, saluta i suoi
ritorno. E solo restano nella mente i semplici ricordi
monti, sorgenti dalle acque. Volentieri tornerebbe in-
del tempo che fu.
dietro ma le da forza e coraggio il pensiero che un gior-
no tornerà attraverso la poesia che canta i ricordi, i luo- In questi altalenanti momenti di tristezza e di gioia,
ghi, le sensazioni, i vissuti, Rago ritorna e rivive a pian piano il lettore scopre qua e là se stesso e si accor-
Campagna. Risente lo scorrere dell’acqua del fiume ge che l’Autore suscita quei sentimenti sopiti che
lontano, rivede un cielo sereno e un sole splendente ognuno sente dentro di sé ma che non è capace di tra-
che, attraverso un’armonia divina, gli avvolgono lo scriverli e che solo la forza della poesia riesce a rimuo-
spirito, il corpo e la mente. E il ricordo del passato è vere.
così vivo e presente, così reale e palpitante che le pic- E allora la lettura si fa avida, i versi nella loro sempli-
cole gioie di un tempo, allora banali, oggi tornano più cità si lasciano leggere scorrevolmente e fanno riaffio-
incisive che mai e lacerano lo spirito, tormentano l’ani- rare ansie, gioie, speranze sommesse e sopite dall’im-
mo e spingono l’autore ad esclamare: “Ah! Se potessi perante materialismo utilitaristico, emblema di questa
tornare, sereno sui tuoi monti, o mio borgo!”. E con lui nostra società.
è travolto il lettore che pur non conoscendo luoghi e
fatti, avverte sentimenti nostalgici attraverso immagini 37 L’amore profondo per Campagna tocca l’apice nella
poesia “O brigante” (pubblicata sul n.8 di “Nugae”/
Gennaio 2006 - NdR). Nei versi scorre la lunga storia nifestazione più perfetta, ma anche la più semplice, e i
del brigantaggio, di un “brigante” che, ancora oggi ricordi vengono esposti in maniera quasi priva di archi-
viene calunniato e diffamato per avere desiderato il tettura, appena modulata in una vicenda di esaltazione
rispetto del suo vivere. Viveva tranquillo “il brigante” di immagini che ritornano alla mente e di accorate ri-
a Campagna, fin quando un sovrano straniero e soldati flessioni abilmente simbolizzate nei versi di tutte le
violenti che parlavano un’altra lingua, affamati più dei poesie.
lupi, violentatori di donne e macellai di indifesi, occu- Rago conferma così il concetto condiviso da molti cri-
parono il tuo paese. Ora ti chiamano brigante, ma in- tici e cioè che la lirica è il canto che non conosce rego-
nanzitutto sei un uomo con nell’animo la rabbia di ve- la né ordine all’infuori della sincerità dell’ispirazione.
der calpestato il proprio mondo da fameliche belve Né conosce durata come ci ricorda il grande Foscolo:
senza Dio. In questa poesia che definirei piuttosto “Le pimple fan lieto di lor canto il deserto e l’armonia
un’ode, l’autore, intrecciando storia e leggenda, difen- vince di mille secoli il silenzio”. Conferma altresì che
de appassionatamente l’orgoglio e la dignità della sua la poesia esprime il palpito del cuore e la sensibilità
città, perché ancora oggi il brigante è calunniato e fa dello spirito nella loro immediatezza e momentaneità: è
paura, ma c’è chi lo ricorda come uomo coraggioso e le la voce pura e semplice del sentimento che dice libera-
sue gesta sono ormai leggenda. L’accorato verseggiare mente e schiettamente le sue pene e le sue gioie. La
di questa poesia suona come il riscatto di una città poesia aiuta l’autore ad evadere dalla mera biografia e
sempre civile, spesso definita e conosciuta come “la gli permette di proiettare le sue esperienze su un piano
città dei briganti”. E l’Autore sopisce la rabbia nei di ragioni universali e quindi di tutti. E perciò, di fronte
“Ricordi”, quando invocando la musa, la invita a ispi- a quell’inesorabile panorama di inutili miserie di cui la
rargli versi per cantare sempre più intensamente il suo vita si intesse, la forza di continuare il viaggio di quel
paese, a raccogliergli i ricordi e a fargli rivedere, se viandante di cui parla Rago, offre una via di uscita,
pure nel sogno, le montagne, amiche dolcissime che lo della cui precarietà il poeta è consa-
consolavano quando chiedeva aiuto. pevole, ma della cui realtà non può
Il secondo volumetto di “Parole in dubitare.
fila”, con evidente chiarezza e in
maniera molto esplicita, comunica al I valori cosiddetti assoluti, virtù,
lettore il cammino che l’Autore ha amore, bontà, pur seguitano a vivere
percorso e che intende percorrere e e ad operare nella memoria dell’uo-
ci invita ad accompagnarlo in questo mo e gli spianano e facilitano il viag-
viaggio, pur se talvolta doloroso ed gio della vita.
angoscioso per il flusso delle vicen- Sono come Ulisse, dice l’autore nella
de, può essere reso agevole e meno poesia “…tante parole il fila” come
faticoso dai ricordi che spesso ali- Ulisse il cui percorso della vita fu irto
mentano la speranza. di infinite e travagliate avventure.
L’Autore riesce così a tradurre in Tuttavia carico di anni e di affanni,
versi e a sollecitare nel lettore viva angosciato da atroci ricordi, alla fine
partecipazione intesa come unione e “baciò la sua petrosa Itaca”. E quan-
fusione emotiva con altri esseri e do pensò di coronare le sue avventure
oggetti in quanto la sua attività este- abbracciando Telemaco e Penelope,
tica non è praticata come semplice altro ostacolo gli si parò davanti: i
trastullo ma come profonda proie- Proci avevano invaso la sua reggia.
zione delle emozioni del soggetto Ma non si arrese, li affrontò e li scon-
nell’oggetto. fisse e conquistò quella meritata feli-
cità che il nostro poeta Rago trova tra
E allora si deve considerare la poesia di Rago un atto le braccia del santo Crocifisso; così recitano i suoi ver-
originale, essenzialmente indipendente dall’associazio- si: “il tuo volto o mio Santo Crocifisso che pur essen-
ne delle idee e radicato profondamente nella stessa d’io peccatore m’apri sempre le tue braccia”.
struttura dello spirito, postulato come una facoltà a sé,
alla quale è affidata, con la funzione di animare la bru- L’autore ha saputo cogliere ed isolare, nella vasta tra-
ta materialità del mondo esterno, quella di rendere il ma delle esperienze comuni, le sensazioni e le impres-
mondo familiare e piacevole all’uomo. sioni più fuggevoli e quelle che più facilmente sfuggo-
no ai più. Le ha fissate in parole con una sensibilità
Proprio nei contrasti forti e marcati dei suoi versi, si acuta e fresca. La poesia di Rago, fatta di piccole cose,
evidenzia la sottile capacità del poeta di saper coniuga- esalta la visione del particolare rifiutando sia le vaste e
re due mondi che da sempre hanno tormentato e tor- complesse architetture sia la ricerca di un tono alto e di
mentano l’animo umano: presente e passato, realtà e un linguaggio indeterminato e stilizzato. La forza della
fantasia, vivere il passato per trovare la forza di affron- sua poesia sta tutta nell’intensità con cui è vissuto l’at-
tare il futuro. Il filo conduttore del nostro poeta è quin- timo contemplativo e non nel processo intellettuale per
di viaggiare nella memoria e, con la memoria e l’ispi- cui si ordinano e si compongono le intuizioni origina-
razione, i suoi versi si susseguono in vari modi, più o rie. A costruire il poeta vale infinitamente più il suo
meno complessi. Il canto e la rievocazione nella loro sentimento e la sua visione che il modo col quale agli
stridente purezza, con quel fluire libero che non cono- altri trasmette l’uno e l’altra.
sce regole, né pause o cedenze fisse, hanno la loro ma-
38
Suoni di lettere sacratoria dei cosiddetti clerici vagantes (i precursori
dei futuri bohémiens del XIX secolo) meglio conosciuti
...quando la musica
come goliardi (in riferimento al mitico chierico ribelle
incontra la letteratura chiamato Golia e alla facile assonanza con la “gola”,
di Michele Nigro simbolo di gozzoviglia e di piaceri terreni) i quali, pur
essendo parte integrante dell’ordo clericalis (cioè era-
no chierici con tanto di abito, breviario e tonsura: un
I “Carmina Burana” e Carl Orff po’ come i nostri attuali seminaristi o novizi che vivo-
no nel mondo, senza le tipiche restrizioni del sacerdote
propriamente detto, e studiano in vista di una futura
Con il nome di Carmina Burana (dal latino cărmen - carriera ecclesiastica) non si dimostrarono avidi nel
da cănere “cantare” - nella poesia greca e latina, com- dirigere frecciate sarcastiche, sotto forma di versi can-
ponimento poetico lirico) ci riferiamo all’antologia di tati, nei confronti del sistema politico-religioso del
canti medioevali, composti in latino e medio-alto tede- tempo. La possibilità, raro privilegio a quei tempi, di
sco, contenuta nel codice 4660 della Biblioteca Nazio- studiare e viaggiare, li rese capaci di entrare in contatto
nale di Monaco di Baviera, noto anche come codex con il mondo e di formulare un’analisi critica, seppur
buranus e così chiamato perché fino al 1803 è stato affidata al potere di una poesia tabernaria, di quegli
conservato nella biblioteca dell’abbazia di Benedi- ordini sociali costituiti destinati ormai ad evolvere…
ktbeuren, l’antica Bura Sancti Benedicti fondata da S. I clerici vagantes potrebbero essere paragonati a dei
Bonifacio sulle Alpi bavaresi. moderni “figli di papà”, quasi
Il manoscritto è stato copiato, sempre ricchi o comunque so-
nella terza decade del 1200 in stenuti da qualche tutore nobile
una zona di lingua bavarese, da e potente e frequentatori di
tre amanuensi che riunirono scuole d’alto livello, che critica-
canti risalenti nella grandissima no il sistema temporale e reli-
parte del XII secolo, suddivi- gioso, certo, ma sono anche
dendoli in tre sezioni: la prima ossessionati dal bisogno di far-
(canti 1-55) comprende testi di ne parte… “Vagantes” perché
carattere satirico e morale dedi- questi studenti si spostano da
cati soprattutto, sia direttamen- una città a un’altra per frequen-
te, sia tramite velati riferimenti, tare i maestri più rinomati nelle
alla Chiesa corrotta e materiali- varie branche del sapere (le arti
sta di quei tempi, affetta da liberali del trivio e del quadri-
cupidigia e ben lontana dal- vio erano rispettivamente
l’ideale “imitatio Christi” a cui l’equivalente delle nostre facol-
invece, quasi a voler controbi- tà universitarie umanistiche e
lanciare, si ispireranno gli ordi- scientifiche), alternando il pia-
ni monastici più integralisti cere per lo studio alla frequen-
dell’epoca; la seconda sezione tazione liberatoria di osterie e
(56-186) riguarda i canti postriboli… Dirà di loro Eli-
d’amore: non un amore cortese, nando, abate di Froidmont, al-
come per i poeti provenzali di l’inizio del Duecento:
tradizione cavalleresca e basato “…Percorrono il mondo intero
sull’idealizzazione della donna, e studiano le arti liberali a Pa-
bensì sulla riscoperta (come rigi, gli autori classici ad Orle-
descritto nei rivalutati classici ans, la giurisprudenza a Bolo-
latini di Ovidio, Orazio, Mar- gna, la medicina a Salerno, la
ziale…) di una dimensione magia a Toledo e non imparano
umana e carnale, fatta di giochi i buoni costumi in nessun luo-
piacevoli ed ignoti da sperimentare con l’amata, che go…” Per ciò che riguarda gli obiettivi peculiari della
più di ogni altra cosa avvicina l’uomo mortale e soffe- nostra rubrica “Suoni di lettere”, c’è da dire che tutte le
rente alla divina e naturale forza (ri)generatrice; la ter- liriche conservate nei Carmina Burana sono destinate
za sezione (187-228) comprende canti bacchici e con- ad essere cantate; eppure gli amanuensi ci hanno tra-
viviali che esaltano il vino, il cibo ed il gioco… Da mandato solo la notazione musicale di una trentina di
sempre, questa sezione, viene considerata come il vero canti. Alcune melodie sono state, in seguito, recuperate
cuore goliardico dell’antologia: l’osteria, il tempio del da manoscritti della stessa epoca, cosicché oggi si han-
dio Bacco, non solo è il luogo ideale per concepire e no a disposizione 47 canti accompagnati dalla musica
proporre al pubblico i canti goliardici durante le pause originaria. Nonostante l’innegabile interesse paleogra-
di un’intensa e scalmanata vita studentesca, ma è so- fico e filologico, il codex buranus dovette attendere
prattutto un ritrovo speciale dove viene coltivato un diversi secoli tra gli scaffali dell’abbazia, prima di es-
sano “egualitarismo anarchico”; ed il vino è lo stru- sere adeguatamente valorizzato: nel 1847 Andreas
mento usato per superare le differenze, gli affanni e le Schmeller diede alle stampe la prima edizione, però,
ingiustizie del presente… I Carmina Burana rappresen- ancora incompleta. La pubblicazione del primo volume
tano la voce poetica, colta e al contempo ribelle e dis- 39 della versione definitiva avvenne solo nel 1930 quando
Alfons Hilka e Otto Schumann completarono un enor-
me lavoro di collazione tra il codice burano e altri ma-
noscritti… Il secondo volume apparve undici anni do-
po, nel 1941, in una Germania che aveva trasformato in
apparato iconografico di regime quel mito dei vaganti
cantato pochi anni prima da Carl Orff… Il compositore
di Monaco non musicò le 47 melodie originarie che
accompagnavano il codex, bensì rielaborò i canti, affi-
dandosi ai parametri della musica del Novecento, cer-
cando (ed è appunto questa ricerca che dona valore
artistico all’opera di Orff), come direbbero gli addetti
ai lavori, un “sound medioevale”… Inizialmente, i Car-
mina Burana di Carl Orff - composti nel 1937 -, furono
definiti dalla critica “musica degenerata”, forse proprio
a causa dell’accostamento audace, per l’epoca, tra un
testo medioevale e l’impianto musicale dodecafonico
di Orff. Successivamente, però, vennero acclamati dal
regime nazista soprattutto perché celebravano, asse-
condando il forzato revisionismo storico, a fini eugene-
tici, tipico di quel regime, la primitiva “cultura ariana”.
La lingua tedesca usata in alcuni canti; l’esaltazione di
una gioventù spavalda, godereccia, curiosa e tesa al
recupero di un paganesimo latino da affiancare ai valo-
ri cristiani; la passione nel voler criticare e stravolgere
l’ordine delle cose, fecero dei Carmina Burana un ter-
reno fertile per la propaganda del partito nazional-
socialista di Hitler e compagni... Bisognerà attendere la
fine della seconda guerra mondiale e precisamente fino
agli anni ’60 per ricollocarli in una dignitosa e più veri- La ruota della Fortuna: rappresentata in una
tiera dimensione storica, letteraria e culturale. delle 8 miniature del Codex.
Oggi i Carmina Burana, poco letti ma in compenso
abbastanza ascoltati, sono famosi soprattutto per il pri- secondo il modello antico, come la divinità che presie-
mo brano della versione musicale di Orff - “O Fortu- de alle vicende umane distribuendo gioie e dolori, e
na” - facente parte di un gruppo di due canti intitolato che viene descritta ora come calva e cieca, ora come
“Fortuna imperatrix mundi” (La Dea Fortuna, impe- capricciosa, sempre volubile ed insensibile ai desideri
ratrice del mondo). Il possente coro di “O Fortuna” ha umani. Volgendo continuamente la sua ruota, secondo
suggerito l’uso (e purtroppo l’abuso) del brano in film, un’immagine frequentissima nell’antichità e nel Me-
pubblicità e come suggestiva sigla per i tele- dioevo, essa innalza e prostra gli individui, le città e gli
imbonimenti di qualche sedicente mago e cartomante! imperi… Nel suo agire ciclico essa ridistribuisce i beni,
L’altro brano, forse meno famoso, è offrendoli e togliendoli senza che l’uomo possa inter-
“Fortune plango vulnera”. venire… Pertanto, chi si lascia tentare dall’avidità fini-
Se nell’opera musicale di Orff questi due canti sono sce per anteporre il mondo terreno al cielo, comportan-
collocati all’inizio, nell’ambito del codex buranus cor- dosi in modo anticristiano… Proprio come fece la
rispondono rispettivamente al 17° e al 16° canto della Chiesa del XII secolo! E non solo… Sembra che i cle-
prima sezione rici vagantes, tra una coppa di vino e un tiro di dadi,
dedicata ai canti vogliano rammentarci l’insegnamento evangelico, pur
satirici e morali. riferendosi alla Fortuna e non alla divina Provvidenza,
La necessità di che ammonisce: <<… non siate in ansia per la vostra
un distacco dal vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né
mondo e del di- per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più
sprezzo dei beni del nutrimento, e il corpo più del vestito? Guardate gli
materiali da parte uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non rac-
della Chiesa del colgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre… E
XII secolo, che perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come
non ne vuol pro- crescono i gigli della campagna: essi non faticano e
prio sapere, inve- non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone,
ce, di abbandona- con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro…
re il potere tem- Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte
porale acquisito, queste cose vi saranno date in più…>> (Matteo cap.6,
viene riproposta 25…) Un insegnamento che troverà piena realizzazio-
dall’immagine ne, a dispetto dell’ostentata ricchezza della Chiesa di
della Fortuna che Roma, nell’esperienza umile ma rivoluzionaria di San
è rappresentata, 40 Francesco d’Assisi, il “giullare di Dio”…
Carl Orff: 1895 - 1982
mihi nunc contraria
est affectus
et defectus
semper in angaria.
Hac in hora
sine mora
corde pulsum tangite;
quod per sortem
sternit fortem
mecum omnes plangite!
Il piccolo borgo di Benediktbeuern (3.000 abitanti), nel sud
della Baviera e non lontano da Bad Tölz, è noto per l’omonima (traduzione: O Fortuna, cangi di forma come la luna,
abbazia fondata dai Benedettini nell’anno 739. Questo grande sempre cresci o cali; l'odiosa vita ora abbatte ora
complesso si trova ai piedi della montagna Benediktenwand conforta a turno le brame della mente, dissolve come
(1801 metri) ed è stato uno dei maggiori centri religiosi e cul- ghiaccio miseria e potenza. Sorte possente e vana,
turali della Germania medievale. cangiante ruota, maligna natura, vuota prosperità che
sempre si dissolve, ombrosa e velata sovrasti me pure;
ora al gioco del tuo capriccio io offro la schiena nuda.
Le sorti di salute e di successo ora mi sono avverse,
tormenti e privazioni sempre mi tormentano. In que-
O Fortuna st'ora senza indugio risuonino le vostre corde; come
me piangete tutti: a caso ella abbatte il forte!)