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Primo capitolo
Sulla base della pianta della città pubblicata nel volume Rimini di Gobbi-Sica (Roma-Bari 1982, p. 42),
con le chiese cittadine nel XIII secolo (indicate con numeri arabi), abbiamo inserito con le lettere
dell’alfabeto i richiami alle strade legate alla storia ebraica locale:
A. Contrada di Sant’Andrea, poi dal 1615 via Sant’Onofrio (omonimo oratorio, n. 37) e quindi via dei
Bottari, attuale via Bonsi.
B. Contrada di San Giovanni Evangelista o degli Hebrei (via Cairoli).
C. Strada del «Rivolo della Fontana» (o «del Corso»), dalla piazza del Castello (nel lato di Levante) sino
alla piazza della fontana (Cavour). La via dalla piazza Cavour alla piazza Tre Martiri, era la strada
Maestra od anche via Regia.
D. Contrada di Santa Colomba, dalla piazza Cavour verso Sant’Agostino (n. 32), detta anche contrada di
San Gregorio da Rimini (via Sigismondo).
E. Contrada di San Silvestro (chiesa omonima, n. 20), dall’angolo della contrada di Santa Colomba, lato
pescheria in piazza Cavour sino all’angolo della strada Maestra.
Elaborazione grafica di Nadia Magnani per “il Ponte” (2006).
Presenza degli Ebrei a Rimini, p. 3
beneficio» della città (AP 869, c. 153v, ACR, ASR). Infine nel
1693 alcuni commercianti ebrei «soliti a venire a servire con le
loro mercanzie» a Rimini, con un memoriale letto in Consiglio il
17 febbraio ottengono l’autorizzazione ad inoltrare al pontefice
la supplica per poter rientrare in città. Come sia andata a finire
la faccenda, la Storia non lo dice. Essi ritornano ad apparire
(improvvisamente) nei documenti un secolo dopo.
Torniamo alla via del ghetto. Contrada Sant’Andrea era
chiamata nel secolo XVI la strada che oggi conosciamo come via
Bonsi. Nel 1615 essa cambia denominazione (racconta Villani),
quando il 15 giugno è ordinato agli Ebrei di andarsene da Rimini,
ed il loro «vicum» diventa di Sant’Onofrio, come l’oratorio che vi
sorge. Successivamente muta ancora, ed è via dei Bottari. A
parlare di contrada di Sant’Andrea sono gli atti pubblici della
Municipalità del 20 agosto 1555 (AP 859, Archivio di Stato di
Rimini, Archivio storico comunale, c. 282v).
La storia della contrada è legata alla vicenda delle due porte che
in epoche successive chiudono l’uscita meridionale della città.
Quella «antica», l’arco di porta Montanara ora collocato verso
piazza Mazzini, è della metà del XIII secolo (1240-1248, quando
si costruiscono le mura federiciane, scrive Luigi Tonini, I, pp.
196-197). Essa sorgeva aderente all’oratorio di San Nicola fra le
vie Bonsi e Venerucci.
Nel XIV secolo è posta sui Bastioni la porta «nuova», demolita nel
1890. Secondo monsignor Villani essa era detta anche
«Aquarola» perché attraversata dall’acquedotto (Ravara, p. 19).
Nello spazio che vi intercorreva (chiamato «fra le due porte» dal
Medioevo sino all’Ottocento) esistettero due ospedali, uno dei
quali era definito di Sant’Andrea.
Presenza degli Ebrei a Rimini, p. 6
Secondo capitolo
Terzo capitolo
NOTA BIBLIOGRAFICA
Quarto capitolo
Da Venezia a Pesaro
Il cognome Foligno si trova attestato a Pesaro: un Elia Foligno
nel 1787 figura fra i sindaci ed amministratori della Scuola
spagnola del ghetto (p. 24). Due anni dopo, nel 1789, con la
stessa carica a Pesaro troviamo indicato Moisé Aron Costantini
(ib.). Nei documenti riminesi appaiono Samuel ed Elcana
Costantini. La forma corretta per il secondo nome è Elcanà,
come ricaviamo sempre da Bonazzoli, nel cui saggio si legge che
nel 1716 «Sara Mazor vedova di Moisé di Elcanà Costantini
costituisce suo procuratore il suocero», per «poter vendere et
Presenza degli Ebrei a Rimini, p. 15
Nota bibliografica
Amici romani
Il primo documento inedito che presentiamo è del 28 dicembre
1670 [AP 453].
In una lettera dei consoli di Rimini al loro procuratore romano
Ceccarelli leggiamo che al papa era stata inviata la richiesta di
concedere la «facoltà di poter eriggere in questa Città un nuovo
Ghetto d’Hebrei».
A Ceccarelli si suggerisce di richiedere agli organi competenti
che la pratica sia affidata ai due monsignori indicati nel testo,
«con i quali habbiamo noi per riparare in ogni caso le difficoltà
che si potessero incontrare».
Con Ceccarelli infine i consoli lamentano il ritardo
nell’istruzione di quella pratica da parte dell’agente romano,
Baldassare Papei.
Due altre missive inviate al procuratore Ceccarelli [19 marzo e
9 aprile 1671, AP 453] indicano i motivi che spingevano la
nostra comunità a richiedere la riapertura del ghetto: occorreva
portare «sollievo» economico a Rimini introducendo un «qualche
poco» di commercio, fondamentale per una ripresa nelle
«presenti contingenze della nuova fiera» per la quale gli Ebrei
erano «necessarissimi».
Presenza degli Ebrei a Rimini, p. 20
Perniciosi ma utili
In un altro documento inedito, il «Bando contro gli Hebrei»
emanato dal cardinal legato di Ravenna il 9 aprile 1624 si
richiama una «bolla» di Clemente VIII (1592-1605) che aveva
proibito agli Ebrei di aver domicilio e stanziare nello Stato
ecclesiastico se non a Roma, Ancona e Ferrara.
La «bolla» dovrebbe essere del 1593. Ma il richiamo a Ferrara
rimanda al 1598, quando avvenne l’annessione dei domini
estensi.
Ciò premesso il legato ravennate nel 1624 scrive: «per
combattere le pernizie che suol apportare a Christiani la
frequenza, e la continua pratica di queste genti», si ordina agli
Ebrei ancora presenti nelle sue terre di partirsene entro due
giorni.
Con la proibizione del domicilio, conclude il bando del 1624, non
s’intende di proibire agli Ebrei pure «che per occasione di
mercantie da comprare o vendere non possano andare e
capitare in tutte le città, e luoghi». E ciò in virtù di quanto
concesso, poco dopo la ricordata «bolla» di Clemente VIII, da un
«motu proprio» pontificio che permetteva «tre o quattro giorni
per ogni soggiorno per dimorare in una città».
Appendice.
Fiera 1671, lessico merci
Tipi di prodotto
Presenza degli Ebrei a Rimini, p. 24
tre anni. Sui dati precedenti manca ogni altra precisazione circa
l’età. Nel 1524 le anime registrate sono 5.500, ma dai cinque
anni in avanti. L’alta mortalità infantile faceva prendere queste
precauzioni statistiche.
Nel 1656 la città ottiene dal legato una nuova fiera sul porto in
onore di sant’Antonio da Padova dal 6 all’11 luglio inclusi.
All’inizio del secolo la crisi economica aveva unificato ad ottobre
in una «fiera generale» i tre appuntamenti tradizionali: la fiera
delle pelli per sant’Antonio (12-20 giugno), la fiera di san
Giuliano (presente dal 1351) tra 21 giugno e 22 luglio e la fiera
di san Gaudenzio (nata nel 1509) ad ottobre. Era l’effetto di un
declino commerciale ed economico a cui non si sapeva reagire.
Già nel 1613, narra Adimari, cinquanta mercanti tra forestieri e
cittadini, avevano chiesto una nuova fiera in primavera, «mossi
dalla bona commodità del vivere et negotiare, et conversare et
fare esito delle loro mercantie in questa città». Finalmente nel
1656 c’è questa iniziativa che si ripete nel 1659, ma è sospesa
nel 1665 quando il governatore di Rimini rifiuta di prorogarla.
Riprende il 22 maggio 1671 per undici giorni (cioè sino al primo
giugno), con l’autorizzazione di papa Clemente X del 13 agosto
1670.
9. Le carte raccontano
Torniamo ad esempio alla storia della chiesa della Colonnella che
abbiamo ricordato a proposito del terremoto del 1672. Un passo
indietro. La chiesa è affidata nel 1517 alla «Congregazione di S.
Maria degli Angeli di Venezia» degli eremiti di san Girolamo di
Fiesole, fondata nel 1360 da Carlo dei conti di Montegranelli,
sacerdote e terziario francescano. Essi sono presenti in laguna
dal 1412. Da noi giungono nel 1504 (durante la dominazione
veneziana, 1503-1509), ottenendo il convento e la chiesa di
Santa Maria degli Angeli «alla Patarina» (zona dell’anfiteatro).
Al priore di tale chiesa, Salomone da Treviso, è concessa la
Colonnella nel 1517. I Girolomini «fiesolani» non vanno confusi
con quelli di Pisa, nati nel 1380 per volere del beato Pietro
Gambacorta (1355-1435), ed attivi a Rimini nel 1494 quando
comprano l’oratorio di sant’Onofrio. I «fiesolani» sono soppressi
nel 1668: perché, scrive nel 1773 papa Ganganelli («Dominus ac
Redemptor»), «non portavano nessun utile o vantaggio al popolo
cristiano».
Nel 1669 la Colonnella è affidata ai padri Angiolo e Filippo
dell’ordine dei Filippini. Nel 1671 è istituita una commissione
comunale per trattare l’investitura della chiesa ad altro ordine.
Nel 1676 il cardinal Gasparo Carpegna, prefetto della Curia
romana, raccomanda un don Carlo Ricci. Nello stesso anno in
Consiglio a Rimini sono ballottati gli Osservanti di san
Bernardino e i Riformati del Terzo ordine che prevalgo con 46
voti contro 36. Nel 1678 i Riformati non hanno ancora
accettato, poi il 16 ottobre 1680 avviene la loro investitura resa
legale il 7 settembre 1682. Pare che tra 1676 e 1682 abbiano
officiato cappellani locali.
Il 4 maggio 1682 il Padre provinciale di Bologna Ippolito Rosini
assicura ai sei religiosi destinati alla Colonnella un sostegno
economico che però arriverà soltanto in parte. Nel 1726 il debito
sarà di 2.480 scudi sui 2.772 dovuti, pari all’89,47%. Padre
Rosini è subentrato come provinciale nello stesso 1682 a
Giacomo Guidotti che era stato nominato nel 1681. Guidotti,
priore a Santa Maria della Carità di Bologna, il 16 ottobre 1680
era stato scelto a Roma dal Ministro generale quale responsabile
della costruzione e del restauro della Colonnella. Nel 1681
Guidotti come provinciale ha nominato i titolari di San Rocco di
Presenza degli Ebrei a Rimini, p. 32
Nota bibliografica
Sulla storia della chiesa della Colonnella, cfr. A. MONTANARI, I Padri
"della Becca" alla chiesa della Colonnella di Rimini. Documenti (1680-
1726) dell'Archivio storico comunale di Rimini conservati
nell'Archivio di Stato di Rimini, copia pro manuscripto, 2007, BGR,
segn. M.0700.01085, passim.
Sulle pagine di Angelo Ranuzzi si confronti supra la parte contenuta
nel testo destinato alla pubblicazione «L’heretico non entri in fiera», e
precisamente in passo in cui osservo che «Ranuzzi nello scrivere quel
ritrattino al curaro era forse guidato soltanto da un suo privato livore
verso quanti reggevano la cosa pubblica, piuttosto che dal desiderio di
recare un contributo alla comprensione di una società in crisi
tremenda anche per colpa della politica romana».
Presenza degli Ebrei a Rimini, p. 33
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Edizione informatica 2011, 7 gennaio