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La Rivoluzione Russa

L’Impero Zarista
Nel febbraio 1917, in Russia delle sommosse operaie e l’insurrezione dell’esercito, portò
all’abdicazione dello zar Nicola II e alla formazione di un governo provvisorio presieduto da
Terenskij. Ciò logicamente non avvenne da un momento all’altro, ma fu causato da vari fattori
economici, sociali e politici. La Russia è uno stato di vaste dimensioni, abitata da vari gruppi etnici,
che fungeva come cerniera tra il continente Europeo e quello Asiatico. Era uno stato in confronto a
quelli europei molto arretrato, ma contemporaneamente più avanzato di quelli asiatici. Infatti grazie
alle varie manovre economiche varate dallo zar Alessandro II, prese avvio uno sviluppo economico
dello stato. Egli rinnovò il sistema giudiziario, dando più autonomia ai tribunali, e migliorò
l’istruzione e attenuò la censura, cosicché iniziarono a circolare idee sino ad allora sconosciute ai
russi, ma già presenti nel continente europeo. Abolì la servitù della gleba, permettendo ai contadini
di affrancarsi se avevano la possibilità di riscattare il territorio in cui lavoravano. Ciò era stato fatto
con l’intento agevolare i contadini poveri, ma cosi non avvenne, poiché la maggior parte dei
contadini, non potendo pagare l’intera somma del terreno, si ritrovarono indebitatissimi, pertanto il
problema non venne risolto, ma anzi continuò ad alimentare le tensioni. La popolazione russa infatti
era suddivisa in classi: i contadini, che vivevano in condizioni miserabili, i grandi proprietari
terrieri ed i kulaki, che possedevano circa l’85% delle terre. Nonostante ciò, si ebbe un
miglioramento nel sistema agricolo, tant’è che aumentarono le esportazioni di cereali. Per quanto
riguarda l’industrializzazione, in questa parte era solo alle sue prime forme. Infatti nella
popolazione mancava di poca mentalità imprenditoriale e le uniche industrie erano situate a Mosca
e a Pietroburgo, le quali erano sorte grazie a capitali stranieri oppure sostenute dallo stato.
PARTITI D’OPPOSIZIONE
Nel XIX secolo infatti la Russia era guidata da un sistema autocratico e assolutistico, con a capo la
figura dello zar, il cui potere era stato mandato da Dio. Non vi era un parlamento e l’attività politica
era sottoposta a un severo controllo poliziesco. Tuttavia questa situazione non impedì la formazione
di partiti d’opposizione:
 Costituzionale – democratico > formato da personaggi appartenenti alla borghesia liberale,
che auspicavano a un parlamento elettivo di stampo occidentale
 Socialrivoluzionario (1901) > ispirato al movimento popularismo russo, il quale sosteneva
una rivoluziona contadina, guardando la comunità del villaggio (mir), come
un’organizzazione sociale ideale, da contrapporre a quella maligna capitalistica.
 Socialdemocratico (1898) > d’ispirazione marxista, si auspicava ad un gran sviluppo
industriale, permettendo così la formazione di una forte classe operaia, che avrebbe dato
origine a una rivoluzione mondiale, ossia all’estensione della lotta di classe, proprio come
teorizzava Marx con la contrapposizione tra proletariato e borghesia. All’interno di questo
partito si creò però una rottura, che generò la creazione di due fazioni:
→ Menscevichi, capeggiati da Martov, i quali desideravano un partito di massa, ossia
senza nessuna restrizione per chi ne volesse far parte, e scacciare lo zar, ma
attraverso un percorso graduale poiché la Russia era uno stato in cui la tradizione
rurale era ancora forte nella mentalità della popolazione e dunque il processo
d’industrializzazione non era in grado di poter tener testa a una rivoluzione.
→ Bolscevichi, capeggiati da Lenin, volevano porre fine al regime zarista con una
rivoluzione popolare, guidata dal proletariato, con la conseguente creazione di una
società comunista. Inoltre ritenevano che il partito dovesse essere formato da
professionisti e tecnici, capaci di guidare i contadini e gli operai verso la rivoluzione.
RIVOLUZIONE DEL 1905
Nel gennaio 1905 a Pietroburgo si originò uno sciopero operaio, seguito da una manifestazione
popolare pacifica, che scese di fronte al Palazzo d’Inverno (residenza dello zar), per chiedere un

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miglioramento delle condizioni di lavoro e la convocazione di un’assemblea costituente. Le forze
militari zariste, però, risposero sparando sulla gente, uccidendo un grandissimo numero di persone,
e per tal ragione viene ricordata come la “domenica di sangue”. Tale evento fece perdere
completamente l’appoggio del popolo allo zar, in aggiunta uscitone perdente anche della guerra
contro il Giappone, dove la marina russa fu completamente sbaragliata. Lo sdegno suscitato
alimentò le manifestazioni del malcontento, cosicchè il partito social rivoluzionario e
socialdemocratico si unirono cercando di guidare la rivoluzione. Nel mentre a Pietrogrado si formò
un nuovo organismo politico rappresentativo, i soviet dei lavoratori, e nelle campagne invece i
contadini poveri cercavano di spossessarsi delle terre dei grandi proprietari terrieri. Ciò non lasciò
altra alternativa allo zar, che quella di cedere l’istituzione della Duma, un parlamento con poteri
solo rappresentativi. I liberali a questo punto ottenendo il loro principale obiettivo si ritirarono,
mentre gli altri (con l’appoggio popolare) richiedevano riforme più sostanziali. Allora lo zar per
provocazione prima limitò i poteri della duma per poi scioglierla, per poi rieleggerla a suffragio più
ristretto nel 1912, in modo che venissero fatti gli interessi dei grandi proprietari terrieri e si
mantenesse una maggioranza conservativa, mentre i liberali furono esiliati. L’elemento più
importante di questa rivoluzione fu la formazione del soviet dei lavoratori, anche se nello stesso
anno furono arrestati i massimi esponenti. Questo organismo diede conferma, secondo i
bolscevischi, come la classe operaia potesse sostenere la rivoluzione, solo che sbagliò nell’allearsi
ai liberali, quando invece deve chiedere l’appoggio a quei contadini poveri.
LE RIFORME DI STOLYPIN
Il nuovo governo capì che l’arma della repressione non avrebbe portato a nulla, ma era necessaria
una riforma che affrontasse il tema delle terre. Così il primo ministro Stolypin varò delle riforme
con l’intenzione di aiutare la formazione del ceto medio agrario e lo sviluppo agrario russo. Egli
abolì le comunità di villaggio (mir), alle quali appartavano gran parte delle terre, qui ogni contadino
poteva lavorare un appezzamento di terra ed essere retribuito dalla stessa comunità. Le terre, invece,
furono cedute ai singoli cittadini, i quali non avendo il denaro necessario per mandare avanti la loro
attività, furono costretti a rivenderle ai kulaki. Quest’ultimi si ritrovarono doppiamente arricchiti,
perché le terre cedute gli vennero retribuite dallo stato e dopo le poterono acquistare a un prezzo
bassissimo. I poveri contadini si ritrovarono ad essere braccianti nelle loro stesse terre e prese avvio
un’immigrazione interna: i contadini si spostarono verso la città cercando condizioni di vita migliori
nell’industria, la quale non ancora sviluppata non poté assorbire tutta questa manodopera,
accrescendo in questo modo la disoccupazione.

La caduta dello zar


In Russia, come negli altri stati, vi era una diffusa ostilità nei confronti della guerra: erano contrarie
tutte le formazioni socialiste e poco convinto l’esercito, reclutato tra i contadini. I tre anni di guerra
furono devastanti per la Russia, la quale dovete far fronte a numerosissime perdite, dovute
soprattutto a dei generali incapaci, che mandavano allo sbaraglio le truppe. Vi erano difficoltà anche
logistiche per l’approvvigionamento dell’esercito nel fronte e per finire la popolazione dovette far
fronte a una forte inflazione, che portò al rincaro vertiginoso dei beni di prima necessità con la
progressiva diminuzione del potere d’acquisto dei salari, generando ondate ricorrenti di scioperi. La
soluzione era un razionalizzazione più energica della produzione in funzione dell’emergenza
bellica, ma lo zar dimostrò di non essere preparato a far fronte a ciò. I disastri militari e la miseria
crebbero le avversità tra popolo e zar, soprattutto con l’eliminazione della Duma nel 1916 per non
essere in linea con la corte.
LA RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO
All’inizio del 1917, la Russia era in preda a una forte tensione sociale. La situazione raggiunse il
suo culmine l’8 marzo 1917, quando scoppiò una rivolta operaia e i soldati, cui invocò lo zar per
riportare l’ordine, presero parte anche loro come protesta per la guerra. Lo zar di fronte a ciò decise
di abdicare a favore del fratello, il quale non accettò. La famiglia dello zar venne catturata e

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arrestata, ponendo fine alla casata dei Romanov. Dal punto di vista politico si ha la creazione di due
organismi distinti e indipendenti:
→ Governo provvisorio > controllato dai liberali moderati, guidati da L’vov e Kerenskij.Il
loro programma consisteva nel presentarsi agli stati dell’Intesa, come gli unici sostenitori
del potere in Russia dopo il crollo dello zarismo, infatti era propensi al continuo della guerra
(decisione che porterà al suo scioglimento) e alla formazione di un’Assemblea costituente,
eletta a suffragio universale.
→ Soviet > consiglio di rappresentanti degli operai e dei soldati, i quali promuovevano la pace
immediata e la distribuzione delle terre.
TESI D’APRILE
I Bolscevichi erano rimasti da parte nella rivoluzione di febbraio, poiché la maggior parte dei suoi
maggiori esponenti, in seguito alla Domenica di Sangue, avevano scelto la strada dell’esilio
volontario oppure vennero deportati in Siberia. La maggioranza era formata dai socialisti
rivoluzionari e dai menscevichi, i quali a differenza degli avversari ritenevano che la rivoluzione di
febbraio fosse il più alto grado rivoluzionario a cui la Russia all’ora potesse raggiungere.
Nonostante questo, vi erano delle divergenze all’interno dei bolscevichi: una minoranza di
“sinistra” desiderava l’attuazione di un governo provvisorio, in modo da realizzare riforme più
radicali; una maggioranza che in poche settimane riuscì ad avere la meglio. Nella prima conferenza
panrussa dei soviet fu approvata la proposta di Stalin nell’appoggiare il governo provvisorio da
soddisfare l’esigenze degli operai e dei contadini. In questa situazione assunse grande importanza la
figura di Lenin, il quale, esiliato, fece rientro in Russia non appena venne a sapere della situazione
sociale che si trovava ad affrontare lo stato. Rientrò grazie all’aiuto dei tedeschi, che speravano in
una presa del potere dei bolscevichi, in modo che la Russia si tirasse uscisse dalla guerra. In una
riunione di partito, egli scrisse un breve testo, conosciute come Tesi d’Aprile, contenenti il pensiero
politico di Lenin. Egli credeva che il governo provvisorio dovesse crollare ed attuare la pace
immediata. Sosteneva che fosse arrivato il momento di superare il dualismo di potere che si venne a
creare nella rivoluzione di febbraio, tra governo e soviet, concedendo gli interi poteri ai soviet. Così
nella conferenza panrussa venne approvata una mozione, cui la condanna del governa era combinata
con la presa del potere dei soviet.

La Rivoluzione d’Ottobre
Il governo provvisorio guidato da Kerenskij scatenò una difensiva militare in Galizia, la quale
risultò un vero e proprio disastro. L’esercitò si disfò e i contadini, che erano convinti ormai che il
governo non avesse affrontato il problema delle terre, intensificarono gli attacchi verso le proprietà
signorili. Così il governo e i menscevichi persero di credibilità nei confronti dell’esercito e dei
contadini. In questo vuoto di potere (Lenin fu costretto all’esilio in Finlandia), il comandate
supremo dell’esercito Kornilov tentò di attuare una dittatura militare, ma fu fermato grazie ai
soldati rivoluzionari di Pietroburgo. Nel frattempo l’inflazione aumentò vertiginosamente, la
circolazione della carta moneta era raddoppiata e i prezzi si moltiplicarono 12 volte. Ciò che
preoccupava il governo non erano le manifestazioni di rivolta contadine, ma quelle militari, che si
rifiutarono di andare nel fronte, segnando cosi inequivocabilmente la mancanza di legittimazione
dei gruppi dirigenti successori del potere zarista. Nell’elezioni della Duma presero la maggioranza
i bolscevichi, capeggiati da Lenin, il quale riassunse in poche parole d’ordine il suo piano politico: il
passaggio dell’intero potere ai soviet, la pace immediata senza annessioni ed indennità, la terra ai
contadini, la liberazioni delle popolazioni oppresse.
LA SCELTA RIVOLUZIONARIA
Su questo programma il 10 ottobre, appena rientrato segretamente Lenin dalla Filandia, si riunì il
comitato del partito che per votazione decise di attuare la soluzione rivoluzionaria: abbattere il
governo provvisorio di Kerenskij e realizzare un’Assemblea costituente, dove potersi riunire. Fu
eletto per la prima volta un politjuro(ufficio politico) al quale erano destinate le massime scelte
politiche ed operative. Ormai i soviet erano l’unico punto politico di riferimento, in cui la
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popolazione si poteva riconoscere, a causa del vuoto di potere del governo provvisorio. Allora i
bolscevichi crearono un comitato militare rivoluzionario e nella notte del 7 settembre del 1917 i
rivoluzionari guidati da Troskij s’impadronirono dei punti strategici della città, così che in poche
ora fu nelle loro mani. Venne preso anche il Palazzo d’inverno, dove aveva sede il governo, i cui
componenti furono arrestati, anche se Kerenskij riuscì a scappare. I rivoluzionari instaurarono il
Consiglio dei commissari del popolo. Il nuovo governo provvisorio era formato da Lenin, Troskij
ministro degli esteri e Stalinin ministro delle nazionalità. La parte pratica del governo ebbe inizio
nel novembre dello stesso anno, quando vennero varati i primi decreti: raggiungere la pace il prima
possibile senza nessuna annessione o indennità; eliminare le grandi proprietà terriere
nazionalizzandole e dividendole tra i vari contadini attraverso i soviet del villaggio; istituire un
organismo di controllo degli operai e degli impiegati nelle fabbriche; di riconoscere l’uguaglianza
alle varie popolazioni della Russia e il diritto di autodecisione. Alla fine di novembre avvennero le
prime elezioni a suffragio universale per l’Assemblea costituente, a cui parteciparono 4 liste
differenti: bolscevichi, menscevichi, partito dei cadetti e partito social rivoluzionario. I risultati
stabilirono il 58% a favore per il partito social rivoluzionario, identificato come quello che eseguiva
i favori dei contadini, e una piccola minoranza per i bolscevichi, che riceverono il 25% dei voti.
Nella prima riunione dell’Assemblea, la maggioranza si rifiutò di riconoscere il governo in carica.
Venne allora sciolta e non più riconvocata. La fonte di sovranità venne riconosciuta soltanto ai
soviet, anche se il vero potere era concentrato nel partito bolscevico, che dal 1918 verrà chiamato
Partito Comunista.
LA PACE DI BREST-LITOVSK
Il compito più complesso che doveva affrontare il governo era quello di affrontare le conseguenze
del’uscita dalla guerra del paese. Le possibilità erano due: proseguire con la guerra, cercando nel
col tempo di esportare la rivoluzione (posizione di maggioranza-Troskij), oppure concentrarsi nella
difesa interna dello stato sovietico, minacciata da un’imminente guerra civile causata dalle forze
controrivoluzionarie. Infatti, le forze reazionarie favorevoli all’instaurazione dello zarismo, con
l’appoggio dei governo europei, spaventati per il dilagarsi della rivoluzione, diedero vita alle
Armata Bianca. Dopo aspre polemiche, Lenin decise di uscire dalla guerra, in quanto era convinto
che solo in questo modo si sarebbe potuto rafforzare il governo provvisorio e affrontare la
ricostruzione del paese e la guerra civile. Firmò così nel 1918 la pace di Brest-Litovsk, la quale fu
davvero dannosa per la Russia, che dovette riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina, l’invasione
tedesca della Bielorussa, la perdita della Polonia e dei Paesi Baltici, e rinunciare a metà degli
impianti industriali.

Il periodo del comunismo di guerra


Negli venti anche nell’Unione Sovietica si trovò ad affrontare forti tensioni, inoltri si ebbe la
trasformazione delle repubblica dei soviet in un governo dittatoriale, guidato da Stalin. Il partito dei
bolscevichi si dovette far fronte a gravi difficoltà sia interne che esterne, ma in seguito a una guerra
civile arrivarono al controllo effettivo del paese. Internamente al governo rivoluzionario si
opponevano i grandi proprietari terrieri e i kulaki, scontenti della nazionalizzazione delle terre e
delle imposte in raccolto che dovevano pagare per alimentare la città. Esternamente, invece, gli stati
europei si allearono con le Armate Bianche, le quali volevano lo zar al potere, che si
contrappongono alle Armate Rosse, sostenitrici del governo rivoluzionario e guidate da Trockij. I
contadini poveri, i quali rappresentavano la maggior parte della popolazione non parteciparono alla
forza controrivoluzionaria, poiché non volevano perdere i vantaggi ottenuti con la nazionalizzazione
delle terre. Nonostante le forze Bianche fossero riuscite ad accerchiare Mosca e Pietroburgo,
l’esercito rivoluzionario uccise lo zar e sbaraglio le armate della controrivoluzione.
IL CORDONE SANITARIO
Allo scopo di evitare il contagio bolscevico, ossia l’espandersi del socialismo in Europa, le potenze
europee costruirono il cordone sanitario, cioè nei paesi confinanti crearono governi anticomunisti
nelle regioni confinanti. Le vicende russe fecero sì che il movimento operaio si mobilitasse e si
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animasse in tentativi insurrezionali, con il moto “fare come in Russia!” cercando di arrivare al
potere. Gli stessi bolscevichi promuovevano l’espansione del movimento rivoluzionario e
l’inaugurazione di una società socialista mondiale, sconfiggendo il capitalismo. Ma la sconfitta
della rivoluzione in occidente, dimostrò come non potesse essere esportata al di fuori della Russia.
Nonostante ciò il partito bolscevico, chiamato poi Partito comunista, diede vita alla Terza
Internazionale (Cominster), organismo internazionali dei partiti comunisti che garantiva una
migliore organizzazione dei movimenti rivoluzionari internazionali. In questi anni si era avviata la
strada verso il totalitarismo: la concentrazione del potere nelle mani del leader del Partito
bolscevico, che divenne partito unico e progressivamente si configurava con lo Stato; il
soffocamento di ogni voce di dissenso e l’annullamento di ogni autonomia delle forze sociali.
I PRIMI PASSI DEL GOVERNO
Durante la guerra civile la popolazione delle città fu colpito da una dura carestia, alla quale il
governo pose rimedio adottando alcuni provvedimenti economici drastici (conosciuti come
Comunismo di guerra), colpendo notevolmente i contadini, a cui viene requisito l’intero raccolto
senza lasciare loro neanche la quantità necessaria per sopravvivere. Con tale azione il governo
comunista voleva colpire i contadini ricchi, tutelando quelli poveri, ma cosi non avvenne. Tutto ciò
no ebbe ripercussioni positive sulla popolazione, anzi causò momenti di malcontento e ribellione. Si
assiste inoltre a un netta contrapposizione tra città e campagne, con la conseguente divisione tra
operai e contadini, la cui unione stava alla base dell’ideale bolscevico.
LA FINE DEL COMUNISMO DI GUERRA
Con la fine della guerra civile, il regime comunista poté aprire una fase di stabilizzazione interna:
abbandonò il comunismo di guerra per creare una nuova economia politica (Nep), nella quale fece
convivere i principi del socialismo con la crescita delle libere forze economiche. Nel 1922 fu
stabilito anche l’assetto istituzionale federale dello stato, chiamato Unione delle Repubbliche
Sovietiche Socialiste (URSS), dove le 15 repubbliche di cui era formata, possedevano i medesimi
diritti della Repubblica Socialista Russa, che costituiva il 50% dell’intero territorio.
LA TERZA INTERNAZIONALE
Tra le formazioni che aderirono alla Terza Internazionale si delinearono due tendenze: una con sede
ad Amsterdam, sostenitrice del sindacalismo rivoluzionario, e un’altra con sede a Berlino, d’idee
simili a quelle di Lenin e Trockij. Nella seconda riunione dell’Internazionale, prevalse la linea di
Lenin, il quale con un opuscolo voleva superare l’estremismo sindacalista ed abbandonare il
sindacalismo rivoluzionario, e aderire a sindacati maggioritari. Vennero in seguito a Mosca stabilite
le 21 condizioni per entrar a far parte dell’Internazionale. I partiti aderenti a tal organismo
dovevano distanziarsi dal socialdemocrazia, conformarsi al partito bolscevico e puntare alla
dittatura del proletariato. Dovevano accattare il “centralismo democratico”, ossia darsi una struttura
fortemente centralizzata e gerarchica, orientata verso la prospettiva rivoluzionaria e garantire la
piena solidarietà all’Urss. Ciò comportò fratture e scissioni nel movimento operaio europeo: in
Francia, la maggioranza del Partito socialista decise di aderire alle condizioni dell’Internazionale,
trasformandosi nel congresso di Tour 1920 in Partito comunista; in Italia il Partito Comunista
nacque da una minoranza che si distaccò dal partito socialista nel congresso di Livorno; in
Germania si formò dall’unione della Lega di Spartaco con i socialisti indipendenti, separatosi dal
Spd.
I CONTRASTI SULLA NEP
Superato il comunismo di guerra, nel 1921 si instaurò la Nep, una nuova economia di mercato: i
contadini erano liberi di vendere i loro prodotti, dopo aver pagato una tassa; venne restaurata
parzialmente la proprietà privata; e la moneta riprese a circolare. Per quanto riguarda il settore
industriale invece: le industrie con venti dipendenti, rimanevano di gestione privata, mentre quelle
di maggiori dimensioni erano di gestione statale. Nel complesso questo piano economico permise di
raggiungere un risanamento finanziario e di poner fine all’inflazione. Fu progettato da Bucharin,
secondo il principio che lo sviluppo industriale sarebbe potuto avvenire, solo qualora i contadini
delle campagne avessero raggiunto una posizione economica agiata, così da richiedere prodotti
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industriali, aumentando la domanda e di conseguenza anche la produzione. Il piano viene riassunto
nello slogan “contadini arricchitevi!”. Contro il programma di Bucharin si schierò la sinistra
capeggiata da Trockij, il quale sosteneva una rapida industrializzazione da realizzare grazie una
pianificazione fortemente centralizzata.
L’ASCESA DI STALIN
Stalin si ritrovò ai vertici del partito proprio quando la malattia e la morte di Lenin portarono a una
ridefinizione degli equilibri all’interno del gruppo dirigente comunista. Questa ridefinizione assunse
varie forme: quella del dibattito politico; quella di lotta personale per il potere; quella
dell’eliminazione degli avversari. I maggiori candidati erano Stalin e Troskij. Troskij, nonostante
godesse di grande fama per aver comandato le Armate Rosse, si trovava in minoranza. Mentre
Stalin nel 1922 aveva comperto la carica di segretario del comitato centrale del partito e non era
molto conosciuto tra le masse, così per vincere si alleò con Bucharin, e poi con Zenov’ev e
Kamenev, ottenendo il pieno controllo nelle sue mani del Partito. La differenza tra i due
contendenti era principalmente riguardante alla politica estera: Troskij sosteneva che la
rivoluzione fosse sopravvissuta grazie alla rivoluzione mondiale dei partiti comunisti e coordinata
all’Urss; mentre, Stalin riteneva possibile edificare i socialismo in un solo paese, concentrandosi sul
consolidarsi dello stato sovietico.
STALIN PADRONE INCONTRASTATO DELLO STATO SOVIETICO
Con la disfatta della rivoluzione socialista in Europa, i sostenitori della rivoluzione mondiale, come
Troskij, si proiettarono verso l’Asia, appoggiando i movimenti nazionalisti cinesi, ma anche qui
avvenne la disfatta. Così Stalin utilizzò questo evento a suo favore per condannare tutti coloro che
sostenevano ancora la rivoluzione mondiale per avventurismo: espulse dal partito anche Zenov’ev e
Kamenev, che si erano avvicinati a Troskij, mentre quest’ultimo fu prima esiliato e poi condannato
a morte. Per scappare alla condanna si spostò in varie località, per poi stabilirsi a Città del Messico,
dove venne ucciso nel 1940 dai sicari di Stalin. Cosicché Stalin rimase l’unico padrone
incontrastato del partito e dello Stato.
PRIMO PIANO QUINQUENNALE
Con l’eliminazione dei propri avversari, il potere nelle mani di Stalin aumentò. Raggiunto il suo
obiettivo, si concentrò sul problema dell’industrializzazione e varò un programma quinquennale
(1928-1932), passato sulla industrializzazione forzata teorizzata da Troskij. Per far ciò occorreva
estrarre tutte le risorse possibili dalle campagne, attraverso il controllo delle aziende collettive che
dovevano poi inviare la produzione agricola agli amassi statali. Le aziende collettive dovevano
costruire lo sbocco dei macchinari agricoli, accelerando la produzione e modernizzando il metodo
agricolo. Stalin era contro la classe dei kulaki, i quali andavano eliminati come classe e gli sottrasse
le terre. Con lo sterminio dei kulaki, le aziende lasciate da questi andarono a formare delle aziende
collettive, sia cooperative sia statali. Nelle prime (cooperative), la produzione e le terra era di
proprietà comune, anche se ogni contadino aveva un piccolo appezzamento privato; nelle seconde
(aziende statali) la produzione era in mano dello Stato. Con questi provvedimenti la produzione
industriale triplicò: venivano fissati per ogni settore e azienda le quantità da produrre annualmente.
Il 1928 rappresenta dunque un anno di rivolta per la società sovietica, ma fin dall’inizio furono
evidenti limiti e contraddizioni che avrebbero influenzato negativamente il sistema sovietico fino
alla sua caduta. Fra questi troviamo: troppa importanza alla quantità anziché alla qualità, l’eccessiva
rigidità del sistema, il disinteresse totale per i bisogni dei consumatori, compresi quelli che
alleviassero i disagi quotidiani del consumatore. Si crearono inoltre zone d’ombra in cui regnavano
le inefficiente, i clientelismi e gli sprechi.

Il mito dell’Urss e l’Internazionale comunista

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Con la salita al potere di Stalin, il quale promosse l’affermazione del socialismo in un solo paese
(necessità di rafforzare e consolidare l’unico stato socialista) e l’accantonamento dei propositi per la
realizzazione di una rivoluzione mondiale, portò l’Internazionale a subordinarsi alla linea politica
instaurata dall’Urss e dal suo leader. Da ciò derivò una drastica riduzione della democrazia interna
negli organismi internazionali e nei singoli partiti comunisti, i quali godevano dell’appoggio
dell’Urss che gli permise di mantenere la loro struttura organizzativa sia in patria che all’estero. La
linea di fondo che adottò il movimento internazionale comunista era del fronte unito, ossia
elaborarono una strategia secondo cui i partiti comunisti potessero far parte in governi di coalizione
con partiti socialdemocratici e democratici.
LA LOTTA CONTRO IL SOCIALFASCISMO

La strategia Staliniana del fronte unito mostrò subito le sue debolezze. Con la crisi del ’29 si
vedevano maggiori prospettive rivoluzionarie in Occidente, così l’Internazionale promulgò lo
slogan “lotta classe contro classe”, che prevedeva lo scontro tra i partiti comunisti con quelli
socialisti e socialdemocratici. Tale azione venne nominata con il nome dispregiativo “social
fascista”, poiché il fronte rivoluzionario non fece altro che rafforzare il fascismo e il nazismo.
L’UNITÀ ANTIFASCISTA

Con l’ascesa di Hitler e il ritiro della Germania dalla Società delle nazioni, insieme al colpo di stato
fallito programmato da forze filofasciste in Francia: l’arrivo della guerra era sempre più vicino e le
forze nazifasciste aggravando le ostilità in Europa minacciavano l’Urss, cosicché il nuovo indirizzo
politico del Partito comunista e dell’Internazionale fu l’unità antifascista. Venne firmata il patto di
unità d’azione tra socialisti e democratici, il cui obiettivo era abbattere il fascismo.

La società sovietica e la dittatura di Stalin


Il mito dell’Urss si realizzò grazie alla pianificazione economica pensata da Stalin, con cui la Russia
ebbe uno sviluppo industriale avanzato in pochissimo tempo (cosa che non era successa neanche
all’Inghilterra). Alla fine del primo piano quinquennale nel 1938 si ebbe un enorme produzione
dell’industria pesante mentre l’agricoltura rimaneva a livelli modesti. La collettivizzazione delle
terre era stata pensata al fine di spostare i capitali verso l’industrializzazione non più
sull’agricoltura. La dekulakizzazione e la collettivizzazione furono applicate come guerra e usate
come strumento per eliminare anche gli oppositori del regime, ma tutto ciò creò malcontento nei
contadini, costringendo Stalin a una pausa. I contadini però cercavano di sfuggire alla
collettivizzazione, allora il programma fu riavviato energicamente con la ripresa di un secondo
piano quinquennale (1933-1937). Nei primi anni, vi fu una carestia che spinse i contadini ad
emigrare dalle campagne alle città industriali, venendo utilizzati tutti come manodopera per
accrescere le industrie.
L’URSS DIVENTA UNA GRANDE POTENZA

In seguito ai piani quinquennali l’industria russa crebbe notevolmente, nel 1938: la produzione del
carbone e del ferro aumentò vertiginosamente, del circa 359%; la produzione siderurgica
quadruplico; ottenne il primato mondiale per la produzione di trattori agricoli e di locomotive
ferroviarie. Il nuovo sistema ferroviario univa tutte le grandi città industriali. L’industria pesante fu
privilegiata rispetto agli altri settori. Poi con la minaccia hitleriana, si sviluppò velocemente un
apparato militare-industriale equiparasse quello tedesco. L’industria leggera e l’agricoltura rimasero
sempre il punto debole dell’intero sistema sovietico.
IL PREZZO DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE

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Nonostante gli squilibri e le carenze della pianificazione economica guidata con ostentazione,
produsse oltre a cambiamenti economici, anche sociali culturali. Infatti l’analfabetismo venne quasi
totalmente eliminato, si migliorò l’istruzione e i servizi sociali, quali ospedali, asili e trasporti
pubblici. Tutto ciò avvenne grazie alla realizzazione di un vasto apparato di controllo. Le
conseguenze della trasformazione sociale furono milioni di vittime, morte a causa della fame,
prigionia, deportazione.
L’EMULAZIONE SOCIALISTA

Gli anni della trasformazione industriale conseguirono varie modificazioni nell’organizzazione del
lavoro e nell’ideologia a esso sottesa. Il salario dei lavoratori fu portato al minimo, e aumenti
retributivi erano possibili solo se con l’incremento della produttività. I dirigenti e i tecnici delle
fabbriche furono i responsabili della produttività degli operai. L’ideologia di lavoro proseguita era
quella della Stakhanovismo, ossia la continua competizione dei singoli nella produzione. Questo
progetto fu promulgato attraverso i vari mezzi di comunicazione. Nonostante ciò, la produttività
rimaneva bassa, in quanto l’unico modo di resistenza era il non lavorare e poi i consumi degli operai
erano limitati a causa del basso salario. Dunque la crescita di produzione russa non avvenne per
l’aumento di produttività del singolo, ma per l’enorme manodopera di cui l’industria russa poteva
contare.
UN REGIME AUTORITARIO FONDATO SUL CULTO DELLA PERSONALITÀ

Dopo aver attuato la pianificazione economica forzata, si volse verso al “rinnovamento” degli
apparati del partito: eliminando tutti i coloro sospettati di infedeltà e oppositori
dell’industrializzazione forzata. Queste azioni repressive presero il nome di “purghe”, ai quali
parteciparono la polizia segreta, Gpu, diffondendo il terrore tra la popolazione. Furono allestiti vari
processi giudiziari falsi: l’ultimo processo realizzato fu quello di Bucharin. Le grandi purghe
eliminarono l’elitè di regime costituitosi negli anni precedenti. La polizia politica rimaneva l’unico
organismo che deteneva potere nel paese, mentre il partito era completamente subordinato al potere
del dittatore. Stalin edificava il mito di se stesso come padre della patria, inaugurando il culto della
personalità. Tutto il motore politico e culturale era subordinato al capo di stato. I diritti universali
degli individui erano resi completamente inerti di fronte a un potere personale.

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Soviet
Soviet significa consiglio ed indica quegli organismi rivoluzionari e di lotta espressi direttamente
dai lavoratori e dagli operai, sorti a Pietroburgo durante la rivoluzione russa del 1905, che
avrebbero poi costituito almeno in teoria la struttura fondamentale dello Stato nato dalla rivoluzione
bolscevica dell'ottobre (novembre) 1917: Stato che avrebbe portato il nome di Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche (o Unione Sovietica). Lo slogan coniato da Lenin che permise ai
comunisti di scalzare il governo Kerenskij fu Tutto il potere ai soviet!. Inizialmente nel 1905 i
soviet assunsero il carattere di consiglio elettivo degli operai, successivamente nel 1917 si
formarono anche quelli dei soldati e dei contadini. Fu un'organizzazione imponente e godette di una
posizione di preminenza incontrastata nel corso della rivoluzione. In genere i soviet nascevano
come strutture di lotta (comitati di sciopero, comitati di occupazione delle terre, organi di
autogestione di truppe ammutinate). Per questo erano di solito legati strettamente ai posti di lavoro e
in particolare alle fabbriche, ma esistevano anche soviet di villaggio (che rappresentavano i
contadini e i braccianti) o cittadini (talvolta costituiti da delegati delle varie fabbriche e
organizzazioni politiche), così come soviet di soldati o marinai costituiti al fronte, nelle caserme o
sulle navi da guerra. Successivamente con l'ascesa di Stalin essi vennero completamente svuotati di
significato e sempre più sottoposto al controllo del Partito Comunista. L’ordinamento “sovietico” è
di tipo piramidale, eleggendo all'istanza superiore delegati soggetti al diritto di revoca immediata da
parte del loro elettorato, qualora avessero perso la sua fiducia: alla base i soviet dei villaggi e delle
città (eletti dai cittadini), per passare poi a quelli delle repubbliche, fino al Soviet Supremo, il
parlamento federale dell’Urss.

Comunismo di guerra
Con la locuzione Comunismo di guerra si intende l'insieme di provvedimenti economici e sociali
presi nella Russia postrivoluzionaria guidata da Vladimir Lenin e dal Partito Comunista Russo
(bolscevico) tra il 1918 e il 1921. L'insieme dei provvedimenti era visto come una necessaria
reazione alla situazione critica in cui versava il paese, dilaniato dalla guerra civile e minacciato
dall'intervento straniero, con un'economia disastrata dalla prima guerra mondiale e dalla recente
rivoluzione. Lo stesso Lenin avrebbe riconosciuto l'errore nel 1921, anno di abbandono del
comunismo di guerra in favore della nuova politica economica (NEP). Lo stato bolscevico era
minacciato dalle truppe bianche sia a ovest (dove agivano di concerto con i cosacchi) che a est. Per
respingere i loro attacchi e far fronte alla carestia era necessario un controllo diretto delle derrate
alimentari e della produzione industriale da parte dello stato. La nazionalizzazione completa delle
industrie, gestite da collettivi operai, fu il primo passo del comunismo di guerra, giustificato dalla
dottrina marxista. Lo stato prendeva inoltre il controllo diretto della produzione agricola,
subordinando le strutture latifondiste preesistenti alle proprie esigenze ed operando ampie
requisizioni di derrate alimentari ai danni dei contadini. Ogni compravendita privata fu vietata e si
introdusse il razionamento e un sistema di tessere per il cibo. Queste misure portarono alla nascita
di un fiorente mercato nero e al sensibile impoverimento della popolazione urbana.

Gulag
Gulag era il ramo della Polizia dell'interno e servizio di sicurezza sovietico che costituì il sistema
penale dei campi di lavoro forzato. Benché questi campi fossero stati pensati per criminali di ogni
tipo, il sistema dei Gulag è noto soprattutto come mezzo di repressione degli oppositori politici
dell'Unione Sovietica.

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