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I fioretti di San Francesco
I fioretti di San Francesco
I fioretti di San Francesco
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I fioretti di San Francesco

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Traduzione realizzata da un anonimo del trecento in volgare toscano del libro latino Actus "beati Francisci et sociorum eius", i fioretti di San francesco contengono aneddoti della vita del Santo tra i quali i famosi episodi della predica agli uccelli, l'incontro con il lupo di Gubbio e la conversione del sultano di Babilonia.
LanguageItaliano
PublisherAnonimo
Release dateMay 8, 2013
ISBN9788867559169
Author

Anonimo

Soy Anónimo.

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    3/5
    I didn't really know what to do with this as I have no real understanding of saints and how to read about St. Francis. I appreciated the stories, but kind of left wanting a more objective look of St. Francis. This definitely piqued my interest significantly.
  • Rating: 3 out of 5 stars
    3/5
    St. Francis walked the earth at the turn of the twelfth century. In the later half of the fourteenth century, this book of stories about his life was published.The stories are (literally) the stuff of legends. This is where we hear that St. Francis preached to the birds (although I think his evangelism and discipleship of a wolf was much more exciting). This is where we learn of the stigmata St. Francis was blessed with. Here we learn how St. Clare blessed a loaf of bread only to see the sign of the cross on every slice.What I found most interesting about these stories was not that their creation or collection, but what they reveal about the mindset of the Christians of those centuries. While I found some elements inspiring, I was also saddened by misguided theology. I want to end with the positive, so let's start with the bad.The BadSt. Francis and his followers were gripped with the idea of penance and mortification in a very physical way. Chapter 3 provides a good example. One day St. Francis lamented that his companion, Friar Bernard, didn't answer him when he called three times. God proceeded to tell St. Francis that Friar Bernard was busy in Divine communion, so he could not answer anyone on the creaturely plane. Overwhelmingly upset with himself for his frustration with Friar Bernard, St. Francis found his companion, threw himself down before him, and said,"I command you in the name of holy obedience that, to punish my presumption and the arrogance of my heart, when now I shall cast myself down on my back on the earth, you shall set one foot on my throat and the other on my mouth and so pass over me three times, from one side to the other, crying shame and infamy upon me, and especially say to me: 'Lie there, you churl, son of Peter Bernardone, whence have you so much pride, you who are a most abject creature" (9)?The Christians of this era seemed to take a perverse joy in being abused. This attitude is miles removed from Jesus' words to sinner caught in the act: "I don't condemn you ... Go home, and from now on don't sin any more" (John 8:11 NIV). Instead of hearing Jesus' words of forgiveness, they chose their own self-punishment.The GoodThe inspiring part of this collection of stories can be seen in the same story: they took their sin seriously. If there was a tendency in their culture to overemphasize the most minute attitude of the heart and take matters into their own hands, there is a tendency in ours to ignore all sin and continue living like nothing is wrong. St. Francis and his followers recognized the diverse ways that pride can infect a community and did everything they could to resist it.While I firmly believe that every Christ-follower should be rightly called, "saint," it's clear why the Roman church set some Christians apart as shining examples.
  • Rating: 3 out of 5 stars
    3/5
    I'm not really sure if I approach this classic the right way - with the necessary prayerful devotion. First of all, this is not a reliable biography of Assisi. These are collected legends - the stuff of folklore - when the miracles, dreams and visions just gets more and more fantastical when they are told and retold and eventually one jots them down. I read it with a smile on my face - a lot of them are quite humorous, inspiring in a childish kind of way - the devotion so extreme it becomes, well, oddly funny.No doubt, Assisi was a very humble man, serving Christ and others with much devotion. When I read about this man who can tell the destiny of other monks, quiet the birds when he preach to them, calm the fierce wolf of Gubbio, have dreamlike visions of Christ, St. Paul etc. etc. well - I smile. It's just a lot of wonderful stories - we want them to be true…..and some of them no doubt are true, and some of it did happen. Some of it.

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I fioretti di San Francesco - Anonimo

I FIORETTI DI SAN FRANCESCO

Anonimo

Prima edizione: 1476 a Vicenza per Lunardo Longo rector de la giesia de sancto Paulo de Vicenza.

Arcadia ebook 2013

BREVE BIOGRAFIA DI

SAN FRANCESCO

L'infanzia

Francesco nacque nel 1182 da Pietro Bernardone dei Moriconi e dalla nobile Pica Bourlemont, di origine francese, in una famiglia della borghesia emergente della città di Assisi, che, grazie all'attività di commercio in Provenza (Francia), aveva raggiunto ricchezza e benessere. Sua madre lo fece battezzare con il nome di Giovanni (dal nome dell'apostolo Giovanni) nella chiesa costruita in onore del patrono della città, il vescovo e martire Rufino, cattedrale dal 1036. Tuttavia il padre decise di cambiargli il nome in Francesco, insolito per quel tempo, in onore della Francia che aveva fatto la sua fortuna.

La sua casa, situata al centro della città, era provvista di un fondaco utilizzato come negozio e magazzino per lo stoccaggio e l'esposizione di quelle stoffe che il mercante si procurava con i suoi frequenti viaggi in Provenza. Pietro vendeva la sua pregiata merce in tutto il territorio del Ducato di Spoleto in cui all'epoca rientrava anche la città di Assisi.

Le varie agiografie del santo non parlano molto della sua infanzia e della sua giovinezza: è comunque ragionevole ritenere che egli fosse stato indirizzato dal padre a prendere il suo posto negli affari della famiglia.

Dopo la scuola presso i canonici della cattedrale, che si teneva nella chiesa di San Giorgio (dove, a partire dal 1257, venne costruita l'attuale basilica di Santa Chiara), a 14 anni Francesco si dedicò a pieno titolo all'attività del commercio. Egli trascorreva la sua giovinezza tra le liete brigate degli aristocratici assisani e la cura degli affari paterni.

La guerra

Si ha memoria di una guerra che nel 1154 contrappose Assisi a Perugia. Tra le due città esisteva una rivalità irriducibile, che si protrasse per secoli. L'odio aumentò con il fatto che Perugia si schierò con i guelfi, mentre Assisi parteggiò per la fazione ghibellina. Non fu una scelta felice quella degli assisani in quanto nel 1202 subirono una cocente sconfitta a Collestrada, vicino Perugia. Anche Francesco, come gli altri giovani, partecipò al conflitto; venne catturato e rinchiuso in carcere. L'esperienza della guerra e della prigionia lo sconvolse a tal punto da indurlo ad un totale ripensamento della sua vita: da lì iniziò un cammino di conversione, che col tempo lo portò «a vivere nella gioia di poter custodire Gesù Cristo nell'intimità del cuore».

La guerra terminò nel 1203 e Francesco, gravemente malato, dopo un anno di prigionia ottenne la libertà dietro il pagamento di un riscatto, a cui provvide il padre. Tornato a casa, recuperò gradatamente la salute trascorrendo molte ore tra i possedimenti del padre. Secondo Tommaso da Celano furono questi luoghi appartati che contribuirono a risvegliare in lui un assoluto e totale amore per la natura, che vedeva come opera mirabile di Dio.

La conversione

« Alto e Glorioso Dio,

illumina le tenebre del cuore mio... »

(Preghiera di san Francesco davanti al Crocifisso di san Damiano)

Da un punto di vista storico le circostanze della conversione di san Francesco non sono state chiarite e si hanno notizie solo attraverso le agiografie. Pare che abbia giocato un ruolo la sua volontà frustrata di farsi cavaliere e di partire per la crociata, ma soprattutto un crescente senso di compassione che gli ispiravano i deboli, i reietti, gli ammalati, gli emarginati: questa compassione si sarebbe trasformata poi in una vera e propria febbre d'amore verso il prossimo.

Nel 1203-1204 Francesco pensò di partecipare alla Crociata e quindi provò a raggiungere a Lecce la corte di Gualtieri III di Brienne, per poi muovere con gli altri cavalieri alla volta di Gerusalemme. Partecipare come cavaliere ad una crociata era a quel tempo considerato uno dei massimi onori per i cristiani d'Occidente. Tuttavia, giunto a Spoleto, si ammalò nuovamente ed ebbe un profondo ravvedimento. Avrebbe raccontato in seguito di essere stato persuaso da due rivelazioni notturne: nella prima egli scorse un castello pieno d'armi ed udì una voce promettergli che tutto quello sarebbe stato suo. Nella seconda sentì nuovamente la stessa voce chiedergli se gli fosse stato «più utile seguire il servo o il padrone»: alla risposta: «Il padrone», la voce rispose:

« Allora perché hai abbandonato il padrone, per seguire il servo? »

Francesco rinunciò al proprio progetto e tornò ad Assisi. Da allora egli non fu più lo stesso uomo. Si ritirava molto spesso in luoghi solitari a pregare.

Un giorno a Roma, dove venne mandato dal padre a vendere una partita di merce, non solo distribuì il denaro ricavato ai poveri, ma scambiò le sue vesti con un mendicante e si mise a chiedere l'elemosina davanti alla porta di San Pietro.

Anche il suo atteggiamento nei confronti delle altre persone mutò radicalmente: un giorno incontrò un lebbroso e, oltre a dargli l'elemosina, lo abbracciò e lo baciò. Come racconterà lo stesso Francesco, prima di quel giorno non poteva sopportare nemmeno la vista di un lebbroso: dopo questo episodio, scrisse che

« ciò che mi sembrava amaro, mi fu cambiato in dolcezza d'anima e di corpo »

(dal Testamento di san Francesco, 1226)

Ma è nel 1205 che avvenne l'episodio più importante della sua conversione: mentre pregava nella chiesa di San Damiano, raccontò di aver sentito parlare il Crocifisso, che per tre volte gli disse: «Francesco, va' e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».

Dopo quell'episodio, le stranezze del giovane si fecero ancora più frequenti: Francesco fece incetta di stoffe nel negozio del padre e andò a Foligno a venderle, vendette anche il cavallo, tornò a casa a piedi e offrì il denaro ricavato al sacerdote di San Damiano perché riparasse quella chiesina. Pietro di Bernardone diventò furente; molti ad Assisi furono solidali con quel padre che vedeva tradite le proprie aspettative: Francesco nella sua eccessiva generosità poteva essere interpretato come uno che dava sintomi di squilibrio mentale e così sicuramente lo intese il padre.

Il processo davanti al vescovo

Il padre cercò, all'inizio, di allontanare Francesco per nasconderlo alla gente. Poi, vista la sua incapacità di fronte all'irriducibile testardaggine del figlio, decise di denunciarlo ai consoli per vietarlo e privarlo, non tanto per il danno poco costoso subito, quanto piuttosto con la segreta speranza che, sotto la pressione della punizione della condanna dalla città, il ragazzo cambiasse atteggiamento.

Il giovane, però, si appellò ad un'altra autorità: fece ricorso al vescovo. Il processo si svolse così nel mese di gennaio (o febbraio) del 1206, nel palazzo del vescovo; «tutta Assisi» fu presente al giudizio.

Francesco, non appena il padre finì di parlare,

« non sopportò indugi o esitazioni, non aspettò né fece parole; ma immediatamente, depose tutti i vestiti e li restituì al padre [...] e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza. »

Francesco diede così inizio ad un nuovo percorso di vita. Il vescovo Guido lo coprì pudicamente agli sguardi della folla (pur non comprendendo a pieno quel gesto plateale). Con quest'atto di manifesta protezione si volle leggere l'accoglienza di Francesco nella Chiesa.

Il soggiorno a Gubbio

Da uomo nuovo Francesco cominciò il suo viaggio: nell'inverno 1206 partì per Gubbio, dove il giovane aveva da sempre diversi amici, tra cui Federico Spadalonga che aveva condiviso con Francesco anche la prigionia nelle carceri di Perugia; Federico lo accolse benevolmente nella sua casa, lo sfamò e lo rivestì. Ospite degli Spadalonga, Francesco «amante di ogni forma di umiltà, si trasferì dopo pochi mesi presso i lebbrosi restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura.» Si trattava del lebbrosario di Gubbio che era intitolato a san Lazzaro di Betania, e nel suo Testamento Francesco disse chiaramente che la vera svolta verso la piena conversione ebbe inizio per lui a Gubbio, quando si era accostato a queste persone bisognose. Francesco non vi ebbe mai una fissa dimora: solo sette anni più tardi (nel 1213) il beato Villano, Vescovo di Gubbio, già Abate benedettino dell'Abbazia di San Pietro, concesse ai frati di stabilire una loro sede nell'antica Santa Maria della Vittoria, che la tradizione indica come il luogo in cui Francesco ammansì il famoso lupo.

I primi compagni e la predicazione

Arrivata l'estate e placatosi lo scandalo sollevato dalla rinuncia dei beni paterni, Francesco ritornò ad Assisi. Per un certo periodo se ne stette solo, impegnato a riparare alcune chiese in rovina, come quella di San Pietro (al tempo, fuori le mura), la Porziuncola a Santa Maria degli Angeli e San Damiano.

I primi anni della conversione furono caratterizzati dalla preghiera, dal servizio ai lebbrosi, dal lavoro manuale e dall'elemosina. Francesco scelse di vivere nella povertà volontaria, ispirandosi all'esempio di Cristo, lanciando un messaggio opposto alla società duecentesca dalle facili ricchezze. Francesco rinunciò alle attrattive mondane, vivendo gioiosamente come un ignorante, un pazzo ovvero un giullare, dimostrando come la sua obiezione ai valori fondanti della società di allora potesse generare una perfetta letizia. In questo senso il suo esempio aveva un che di sovversivo rispetto alla mentalità del tempo.

Il 24 febbraio 1208, giorno di san Mattia, dopo aver ascoltato il passo del Vangelo secondo Matteo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, Francesco sentì fermamente di dover portare la Parola di Dio per le strade del mondo. Iniziò così la sua predicazione, dapprima nei dintorni di Assisi. Ben presto altre persone si aggregarono a lui e, con le prime adesioni, si formò il primo nucleo della comunità di frati. Il primo di essi fu Bernardo di Quintavalle, suo amico d'infanzia. Tra gli altri si ricordano Pietro Cattani, Filippo Longo di Atri, frate Egidio, frate Leone, frate Masseo, frate Elia Bombarone, frate Ginepro. Insieme ai suoi compagni, Francesco iniziò a portare le sue predicazioni fuori dall'Umbria.

Secondo le fonti del tempo, le sue sono prediche semplici e di grande presa: quando Francesco parla, riesce a conquistare gli ascoltatori. Nei Fioretti di San Francesco si narra ad esempio che a Cannaia ovvero Cannara (in alcune trascrizioni Carnano), gli abitanti rimangono affascinati dalle sue parole, a tal punto da suscitare una sorta di conversione di massa. È in questa circostanza che Francesco pensa alla creazione del Terz'Ordine oggi denominato Ordine Francescano Secolare. In alcune versioni più tardive dei Fioretti al posto di Carnano o Cannaia (ovvero Cannara) si legge Savurniano ma si tratta molto probabilmente di una trascrizione errata dettata da forme campanilistiche del tempo. Secondo un'interpretazione che associa la nascita del Terz'Ordine Francescano al miracolo del silenzio delle rondini si può desumere dagli scritti del primo biografo francescano, frate Tommaso da Celano, che la fondazione (o almeno la promessa) da parte di San Francesco di istituire il Terz’Ordine Francescano è stata fatta nel 1212 ad Alviano, un borgo tra Orte ed Orvieto, poco distante da Todi. La stessa esegesi è possibile farla nella Legenda Maior di San Bonaventura.

L'approvazione del Papa

Nel 1209, quando Francesco ebbe raccolto intorno a sé dodici compagni, si recò a Roma per ottenere l'autorizzazione della regola di vita, per sé e per i suoi frati, da parte di papa Innocenzo III. Dopo alcune esitazioni iniziali, il Pontefice concesse a Francesco la propria approvazione orale per il suo «Ordo fratum minorum»: a differenza degli altri ordini pauperistici, Francesco non contestava l'autorità della Chiesa, e la considerava come madre, e le offriva sincera obbedienza. Francesco era la personalità ideale per Innocenzo, che poteva finalmente incanalare le inquietudini e il bisogno di partecipazione dei ceti più umili nel seno della Chiesa, senza porsi come antagonista ad essa scivolando nell'eresia.

Del testo presentato al Papa non ci è rimasta traccia. Gli studiosi pensano, tuttavia, che esso consistesse principalmente in brani tratti dal Vangelo, che col passare degli anni, insieme ad alcune aggiunte, confluirono a formare la «Regola non bollata», che Francesco scrisse alla Porziuncola nel 1221.

Fondazione dei primi Conventi

Di ritorno da Roma, i frati si installarono in un tugurio presso Rivotorto, sulla strada verso Foligno, luogo scelto perché vicino ad un ospedale di lebbrosi. Tale posto tuttavia era umido e malsano, e i frati dovettero abbandonarlo l'anno successivo, stabilendosi presso la piccola badia di Santa Maria degli Angeli, sulla pianura del Tescio, in località Porziuncola. Abbandonata in mezzo al bosco di cerri, venne concessa a Francesco e ai suoi frati dall'Abate di San Benedetto del Subasio.

Vocazione di Chiara e fondazione dell'Ordine femminile

Questa nuova «forma di vita» attirò anche le donne: la prima fu Chiara Scifi, figlia del nobile assisiate Favarone di Offreduccio. Nella notte

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