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N. 01588/2011 REG.PROV.COLL.

N. 02345/2010 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2345 del 2010,


proposto da:
Maurizio Acerbo, Salvatore Lagatta, Enrico Perilli e Antonio
Perrotti, rappresentati e difesi dagli avv.ti Isidoro Malandra,
Fausto Corti e Pietro Adami, con domicilio eletto presso lo
studio dell’ultimo in Roma, corso d'Italia, n. 97;
contro
Presidenza del Consiglio dei ministri e Presidente della Regione
Abruzzo, quale Commissario delegato ex o.p.c.m. 3833/09,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato,
presso la cui sede domiciliano in Roma, via dei Portoghesi,
n.12;
Comune di L'Aquila, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico
De Nardis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.
Giancarlo Caporali in Roma, via Valadier, n. 48;
Comune di San Demetrio ne' Vestini, non costituito in giudizio;
per l'annullamento,
previa sospensione,
dell’ordinanza n. 3833 del 22.12.2009 del Presidente del
Consiglio dei ministri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il
24.12.2009 nella parte in cui:
1) attribuisce al Presidente della Regione Abruzzo “le funzioni
di Commissario Delegato per la ricostruzione dei territori colpiti
dal sisma del 06 aprile 2009, a decorrere dal 1° febbraio 2010
per l’intera durata dello stato di emergenza, operando con i
poteri e le deroghe di cui alle ordinanze del Presidente del
Consiglio dei ministri adottate per superare il contesto
emergenziale (comma 1, art. 1);
2) prevede che, ai sensi dell’art. 2, comma 1, “dal 1 febbraio
2010 il Sindaco del Comune de L’Aquila è nominato Vice-
Commissario Vicario del Commissario delegato per la
ricostruzione ed è autorizzato ad aprire un’apposita contabilità
speciale”;
3) prevede che ai sensi dell’art. 2, comma 2, “il Sindaco del
Comune de L’Aquila, avvalendosi anche della Struttura di
Missione di cui all’art. 4, predispone, d’intesa con il Presidente
della Regione Abruzzo – Commissario delegato ai sensi dell’art.
4, comma 2, del decreto legge 28 aprile 2009, n. 39,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009 n. 77,
sentito il Presidente della Provincia e d’intesa con quest’ultimo
nelle materie di sua competenza, la ripianificazione del
territorio comunale, le linee di indirizzo strategico per
assicurarne la ripresa socio-economica, la riqualificazione
dell’abitato nonché l’armonica ricostruzione del tessuto urbano
abitativo e produttivo e la ricostruzione del centro storico, ai
sensi dell’art. 2, comma 12-bis e dell’art. 14, comma 5-bis, del
citato decreto legge”;
4) prevede che ai sensi dell’art. 2, comma 5, “ i Sindaci di cui
all’art. 1, comma 2, del decreto legge 28 aprile 2009 n. 39,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009 n. 77,
assicurano, d’intesa con il Commissario delegato – Presidente
della Regione Abruzzo, sentito il Presidente della Provincia e
d’intesa con quest’ultimo nelle materie di sua competenza, la
ripianificazione del territorio comunale, tenuto conto del
completamento delle attività inerenti la realizzazione dei MAP e
dei MUSP nel proprio territorio a cura del Dipartimento della
Protezione Civile, nell’ambito della ripianificazione del
medesimo territorio, definendo le linee di indirizzo strategico
per assicurarne la ripresa socio-economica, la riqualificazione
dell’abitato e garantendo un’armonica ricostruzione del tessuto
urbano abitativo e produttivo e la ricostruzione del centro
storico, ai sensi dell’art. 2, comma 12-bis e dell’art. 14, comma
5-bis, del sopra citato decreto legge”;
5) prevede che ai sensi dell’art. 3, comma 1, “per assicurare un
adeguato supporto tecnico ed operativo, nonchè di
coordinamento istituzionale per lo svolgimento delle attività
previste dalla presente ordinanza e per le esigenze derivanti
dalla fase di ricostruzione, il Commissario delegato per la
ricostruzione è autorizzato a costruire, con apposito
provvedimento, una Struttura Tecnica di Missione” nonché ai
sensi dell’art. 4, comma 1, “la Struttura Tecnica di Missione
supporta il Commissario delegato nella definizione delle
strategie di ricostruzione e rilancio dell’area colpita dagli eventi
sismici della regione Abruzzo, adiuvandolo per le funzioni di
sintesi e di coordinamento, nonché di garanzia della
trasparenza e della conformità alla normativa vigente delle
attività da svolgere in collaborazione con i diversi soggetti
pubblici e privati che sono coinvolti nei processi propri della
ricostruzione, nonché per fornire il necessario supporto tecnico-
amministrativo ai soggetti istituzionali coinvolti”.

Visti il ricorso;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del
Consiglio dei ministri e del Presidente della Regione Abruzzo;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di L'Aquila;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 10 novembre 2010 il cons.
Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo
verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
Espongono i ricorrenti Maurizio Acerbo, Salvatore Lagatta,
Enrico Perilli e Antonio Perrotti di essere, rispettivamente,
consigliere regionale della Regione Abruzzo, consigliere
comunale di Bussi sul Tirino, consigliere comunale dell’Aquila e
soggetto residente nel comune di L’Aquila.
In dette qualità, espongono i ricorrenti di essere titolari di
legittimazione ad agire e di interesse ad agire avverso
l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 22
dicembre 2009, n. 3833, di cui domandano l’annullamento in
parte qua.
Lamentano al riguardo gli esponenti che l’ordinanza, che ha
fatto seguito al decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, emanato
per far fronte all’emergenza determinatasi nella regione
Abruzzo per effetto degli eventi sismici dell’aprile 2009, poi
convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77,
nelle parti oggetto di impugnativa, è intervenuta anche su
ambiti ultronei rispetto alla gestione dell’emergenza sismica,
ed, in particolare, sulle funzioni di pianificazione del territorio,
che sono state illegittimamente attribuite ad organi
monocratici straordinari (Presidente della Regione, Sindaco di
L’Aquila, sindaci dei comuni ricompresi nel cratere sismico),
così realizzando un nuovo disegno degli assetti istituzionali
della Regione, che esautora le comunità locali e le relative
assemblee elettive, in dispregio all’ordinario regime delle
competenze vigente nell’ordinamento e alle stesse disposizioni
della decretazione d’urgenza.
In particolare, avverso l’art. 2, comma 5 dell’o.p.c.m. 3833/09,
che ha previsto che i sindaci dei comuni ricompresi nel c.d.
cratere sismico assicurano “d’intesa con il Commissario
delegato-Presidente della regione Abruzzo, sentito il Presidente
della Provincia, e d’intesa con quest’ultimo nelle materie di sua
competenza, la ripianificazione del territorio comunale”, i
ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2,
comma 12-bis del d.l. 39/09, convertito dalla l. 77/09, che, in
armonia alla tradizionale attribuzione delle competenze nella
materia, ha, invece, attribuito il compito della ripianificazione
urbanistica ai comuni (primo motivo).
La stessa doglianza è ribadita dai ricorrenti avverso l’art. 2,
comma 2 dell’o.p.c.m. 3833/09, che ha previsto che “il Sindaco
del Comune di L’Aquila, avvalendosi anche della Struttura di
missione di cui all’art. 4, predispone, d’intesa con il Presidente
della Regione Abruzzo-Commissario delegato…sentito il
Presidente della Provincia, e d’intesa con quest’ultimo nelle
materie di sua competenza, la ripianificazione del territorio
comunale…” (secondo motivo).
I ricorrenti lamentano poi la violazione degli artt. 5 e 2 della l.
24 febbraio 1992, n. 225 e l’eccesso di potere per difetto dei
presupposti. In particolare, i ricorrenti sostengono che la l.
225/92 circoscrive il potere di emanazione delle ordinanze del
Presidente del Consiglio dei ministri in materia di protezione
civile, conseguenti a dichiarazioni di stato di emergenza, agli
interventi di prima necessità, ovvero a quelli finalizzati a
rimuovere gli ostacoli per la ripresa delle normali condizioni di
vita. Di talchè, secondo i ricorrenti, tale potere, com’è consono
alla materia delle ordinanze contingibili ed urgenti, astrette dai
limiti oggettivi e temporali ben noti alla giurisprudenza, e
com’è manifesto alla luce dell’art. 5, comma 2 della l. 225/92,
che, nel regolare l’esercizio a mezzo di ordinanze del potere di
deroga, salvaguarda espressamente non solo i principi generali
dell’ordinamento giuridico, ma anche, con il rimando agli artt.
da 12 a 16 della legge stessa, le competenze regionali,
provinciali, prefettizie e comunali per le operazioni di
protezione civile, giammai potrebbe essere utilizzato – anche
considerando che la l. 77/09 ha già compiutamente disciplinato
l’attività di ricostruzione post sisma – per stabilire, per giunta
senza porre alcun limite temporale, le modalità di
ripianificazione del territorio, ossia per assumere provvedimenti
complessi destinati a produrre effetti permanenti nella vita
delle comunità aquilane (terzo motivo).
I ricorrenti espongono inoltre che le impugnate disposizioni
contrastano:
- con l’art. 117 della Costituzione, che affida alle regioni la
materia del governo del territorio, e la relativa potestà
legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato, nonchè con
la legge regionale 189 del 1993, che ha disciplinato per la
Regione Abruzzo le procedure di pianificazione, attribuendone
la competenza ai consigli comunali. Quest’ultima, si sostiene
da parte ricorrente, non potrebbe mai essere derogata da un
provvedimento amministrativo, quale l’ordinanza impugnata,
che è fonte normativa di rango inferiore (quarto motivo);
- con l’art. 42, comma 2, lett. b) del d. lgs. 18 agosto 2000 n.
267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali
(tuel), che attribuisce ai consigli comunali il compito di redigere
i piani territoriali ed urbanistici (quinto motivo).
Parte ricorrente ritiene ancora illegittimo l’art. 1, comma 1
dell’ordinanza impugnata, che attribuisce al Presidente della
regione Abruzzo le funzioni di Commissario delegato per la
ricostruzione dei territori colpiti dal sisma. Al riguardo, rilevato
che l’ordinanza non indica espressamente i compiti affidati al
Commissario, ma che gli stessi sono comunque ricostruibili
sulla base dei compiti affidati alla Struttura di missione di cui il
Commissario è stato autorizzato ad avvalersi dalla stessa
ordinanza, i ricorrenti osservano che il Commissario è stato
sostanzialmente chiamato a svolgere funzioni di stazione
appaltante unica per gli interventi pubblici nell’area del cratere,
di cui cura gli aspetti finanziari, pianificatori e di istruttoria, e
deducono eccesso di potere per difetto dei presupposti, nonchè
violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 4, l. 225/92,
che prevede che pel caso di avvalimento di commissari, il
provvedimento di delega indichi il contenuto dell’incarico e i
tempi e le modalità del suo esercizio. I ricorrenti sostengono
inoltre che tali competenze esorbitano anche i limiti oggettivi
degli interventi emergenziali di cui all’art. 5 della stessa legge
(sesto motivo).
Sempre tenendo conto dei compiti attribuiti dall’ordinanza al
Presidente della regione Abruzzo nelle funzioni di Commissario
delegato, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 118 Cost.,
del tuel nella parte in cui definisce la competenza della
provincia di L’Aquila e dei comuni, e dello statuto regionale. Ciò
in quanto rilevano i ricorrenti che alcuni di tali compiti
(funzione di programmazione delle risorse finanziarie disponibili
per la ricostruzione; pianificazione degli interventi sul territorio;
attività di controllo relativa alla tracciabilità, monitoraggio e
trasparenza degli interventi; monitoraggio dell’attuazione degli
interventi, anche sotto il profilo finanziario e procedurale
nonchè individuazione delle criticità e delle relative soluzioni)
sono sostanzialmente identici a quelli che l’art. 13 dello statuto
riserva al Consiglio regionale, con conseguente sovvertimento
dei rapporti istituzionali sia interni all’Ente regionale (ove, a
regime, al Presidente della Regione è sostanzialmente
attribuita una funzione meramente attuativa delle decisioni del
Consiglio regionale) sia rispetto agli altri enti territoriali
(settimo motivo).
Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei
ministri e il Presidente della regione Abruzzo, nella qualità di
Commissario delegato ex o.p.c.m. 3833/09, rappresentati e
difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domandando il
rigetto del gravame, di cui assumono la infondatezza.
Sostengono i nominati resistenti che l’impianto che permea il
ricorso non tiene conto né del contesto emergenziale che l’atto
impugnato è destinato a fronteggiare, né della circostanza che
è lo stesso decreto legge 39/09 ad attribuire al Presidente della
regione Abruzzo la qualifica di Commissario delegato per la
realizzazione degli interventi di ripristino degli immobili
danneggiati dagli eventi sismici (art. 4, comma 2), nonché a
prevedere l’attuazione degli interventi di ricostruzione
mediante ordinanze ex art. 5, comma 2 della l. 225/92 (art. 1,
comma 1). La gravata ordinanza, pertanto, secondo
l’amministrazione centrale, non contraddirebbe in alcun modo
né con la decretazione d’urgenza, né con l’ordinario sistema di
competenze e di funzioni in materia di pianificazione del
territorio, atteso che tali funzioni sono state attribuite ai
sindaci, quali rappresentanti degli enti territoriali locali.
Sostiene ancora la detta amministrazione che non vi è dubbio
che nella specie soccorrevano tutti i presupposti per l’esercizio
del potere di ordinanza in deroga di cui all’art. 5, comma 2
della l. 225/92, e che il superamento della situazione di
emergenza non può non comportare l’assunzione di
provvedimenti, e in specie di quelli relativi alla ripianificazione
del territorio, senz’altro ad esso fine intimamente connessi, i
quali, ancorchè straordinari, sono destinati ad avere effetti nel
tempo: non sarebbe conseguentemente ravvisabile neanche un
problema di patologica ultrattività degli stessi, tenendo conto
della loro giustificatezza e legittimità all’atto dell’adozione.
Anche il Comune di L’aquila, parimenti costituitosi in
resistenza, ha eccepito l’infondatezza del gravame, sostenendo
che l’impianto ricorsuale difetta nel coordinare la gravata
ordinanza con l’impianto normativo nel quale essa si inserisce.
Applicando tale necessario criterio interpretativo, sostiene il
Comune, non è ravvisabile a favore del sindaco alcuna
spoliazione delle competenze che l’art. 42 del tuel riserva ai
consigli comunali, atteso, sotto il profilo formale, che
l’ordinanza non indica tale articolo tra le norme derogate, e,
sotto il profilo sostanziale, che nel relativo contesto
provvedimentale il richiamo alle competenze ed alle funzioni
del sindaco è riferito all’organo nella precipua qualità di capo
dell’amministrazione locale, ovvero di soggetto tenuto a
promuovere ed ad assicurare la realizzazione dell’attività di
pianificazione del territorio di competenza, e ciò secondo le
vigenti norme di legge, di statuto e di regolamento. Il Comune
resistente spiega infine eccezione di carenza di interesse da
agire dei ricorrenti.
Con ordinanza 15 aprile 2010, n. 1661 la domanda di
sospensione interinale degli effetti degli atti impugnati
formulata in via incidentale dalla parte ricorrente è stata
respinta.
Parte ricorrente ha affidato a memoria lo sviluppo delle proprie
tesi difensive
Il gravame è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica
udienza del 10 novembre 2010.
DIRITTO
1. E’ sottoposta all’esame del Collegio l’ordinanza del
Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 2009, n.
3833, recante interventi urgenti diretti a fronteggiare gli eventi
sismici verificatisi nella regione Abruzzo nell’aprile 2009, di cui
ricorrenti domandano l’annullamento in parte qua, lamentando
che la stessa, nelle parti oggetto di impugnativa, è
illegittimamente intervenuta anche su aspetti estranei alla
gestione dell’emergenza, ed, in particolare, sulle funzioni di
pianificazione territoriale, che sono state attribuiti ad organi
monocratici (Presidente della Regione, Sindaco di l’Aquila,
sindaci dei comuni ricompresi nel cratere sismico), con l’effetto
di realizzare un nuovo disegno degli assetti istituzionali che
esautora le comunità territoriali e le relative assemblee elettive
di funzioni di cui esse sono attributarie per legge, anche di
rango costituzionale, al di fuori degli stretti limiti in cui ciò
permettono la l. 24 febbraio 1992, n. 225 (“Istituzione del
Servizio nazionale della protezione civile), le disposizioni della
decretazione d’urgenza dedicate all’evento sismico (d.l. 28
aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla l. 24
giugno 2009, n. 77), ed i correlati principi generali
dell’ordinamento nazionale.
2. E’ d’uopo affrontare prioritariamente l’eccezione di
inammissibilità del ricorso per carenza di interesse da agire ex
art. 100 c.p.c. dei ricorrenti spiegata dal resistente Comune di
L’Aquila.
2.1. E’ noto che, per costante giurisprudenza, nel processo
amministrativo impugnatorio, l'interesse a ricorrere è
caratterizzato dalla rinvenibilità, ad opera del provvedimento di
cui si assume la illegittimità, di una lesione concreta e attuale
della sfera giuridica del ricorrente, cui consegue l'effettiva
utilità che a quest'ultimo deriva dall'eventuale annullamento
dell'atto impugnato.
E’ noto altresì che, per l’ipotesi di provvedimenti a carattere
generale, non destinati cioè a produrre effetti nell’ambito di
una o più sfere giuridiche ben determinate, la sopra detta
condizione si manifesta quando la posizione soggettiva di cui si
domanda la tutela giudiziale possa essere collegata, con
carattere di stabilità, ad una situazione differenziata rispetto a
quella in cui versa il quisque de populo, che permetta di
identificare l’esatto bene della vita che dall'iniziativa dei
pubblici poteri si assume pregiudicato, e che consenta di
dimostrare che tale bene, non appartenente identicamente ed
indivisibilmente ad una pluralità più o meno vasta di soggetti
(che fa escludere, per definizione, che alcuno di essi ne abbia
totale ed esclusiva disponibilità), possa essere rivendicato uti
singulus, ai fini del ripristino della situazione giuridica
eventualmente lesa.
2.2. Applicando tali principi al caso di specie, deve riconoscersi
che i ricorrenti Maurizio Acerbo, Salvatore Lagatta ed Enrico
Perilli, che hanno rappresentato, senza trovare alcuna
contestazione sul punto da parte delle amministrazioni
resistenti (ed anzi il comune di L’Aquila ha confermato
l’assunto), di rivestire le qualità di consigliere regionale della
Regione Abruzzo, di consigliere comunale di Bussi sul Tirino
(PE) e di consigliere comunale di L’Aquila, vanno riconosciuti
titolari dell’interesse ad agire avverso la gravata ordinanza.
Trattasi, invero, di soggetti elettivamente incardinati in un
munus pubblico, che lamentano la lesione, ad opera
dell’ordinanza impugnata, del jus ad officium, e segnatamente
delle prerogative di partecipazione alla determinazione delle
politiche di ricostruzione facenti capo ai rispettivi organi di
appartenenza, ovvero un bene di loro specifica pertinenza,
nonché pienamente suscettibile di essere ripristinato mediante
l’accertamento giudiziale dell’eventuale illegittimità e
conseguente annullamento dell’atto gravato.
2.3. L’eccezione deve invece essere accolta in relazione al
ricorrente Antonio Perrotti, che dichiara di agire in qualità di
mero residente nel comune di L’Aquila, posizione cui non è
ricollegabile neanche astrattamente, alcuna lesione concreta e
diretta, giuridicamente rilevante, ad opera dell’impugnata
ordinanza.
Non sussiste, pertanto, alcun interesse, normativamente
qualificato e differenziato, idoneo a far condurre in via
giudiziale, nei suoi specifici confronti, la verifica della
conformità a legge dell’assetto regolatorio derivato dall’atto
impugnato, che, in ogni caso, non risulterebbe idonea ad
arrecare al soggetto una qualche utilità..
Né è sostenibile, come pure si sostiene da parte ricorrente
nella memoria difensiva depositata in corso di causa, che la
rilevata carenza possa essere superata invocando l’art. 9
(“Azione popolare e delle associazioni di protezione
ambientale”), del d. lgs. 18 aprile 2000, n. 267 (tuel), che
prevede che ciascun elettore possa far valere in giudizio le
azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia.
L’istituto, invero, come precisato dalla giurisprudenza,
configura un caso di azione popolare in sostituzione dell'ente
locale da parte del cittadino elettorale, riguarda azioni di tipo
sostitutivo, ovvero in cui il comune o la provincia abbiano
omesso di esercitare le azioni ed i ricorsi che gli competevano,
e non correttivo, ovvero in cui gli attori si pongono in contrasto
con l'ente stesso (C. Stato, V, 28-04-2001, n. 2889; da ultimo,
29-04-2010, n. 2457), e determina una grave limitazione
dell'autonomia dell'ente, non configurabile in mancanza di un
serio e fondato motivo (C. Stato, V, 8-10-2003 , n. 5034).
Il ricorso al rimedio, di sì peculiare natura, richiede pertanto un
rigoroso accertamento dei relativi presupposti, che non
risultano al Collegio rinvenibili nello scenario investito dal
presente gravame.
Basti, al riguardo, limitarsi a rilevare che il Perrotti non ha
dichiarato di agire in sostituzione processuale del comune di
appartenenza, né ha provato la qualità di elettore del comune
stesso.
Nei suoi confronti, pertanto, il ricorso va dichiarato
inammissibile per carenza di interesse a ricorrere.
3. Può passarsi quindi all’esame del merito del gravame.
4. A partire dal 6 aprile 2009 il territorio della provincia di
l'Aquila e di altri comuni della regione Abruzzo è stato colpito
da eccezionali eventi sismici.
In relazione a tale evento, con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri del 6 aprile 2009 è stato dichiarato lo
stato d'emergenza, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1
della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Con ordinanza n. 3753 di
pari data del Presidente del Consiglio dei ministri sono stati
deliberati alcuni interventi urgenti.
Per il superamento del contesto emergenziale è poi intervenuto
il decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito dalla legge 24
giugno 2009, n. 77.
Ha fatto seguito, tra altro, l’atto parzialmente impugnato in
questa sede, ovvero l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei
ministri n. 3833 del 22 dicembre 2009, adottata ai sensi
dell’art. 5 della l. 225792, recante ulteriori interventi urgenti
diretti a fronteggiare gli eventi sismici,.
5. Seguendo l’ordine logico delle argomentazioni spese in
ricorso, è il caso di chiarire immediatamente che non è
condivisibile la tesi dei ricorrenti che la normazione d’urgenza
di cui al sopra citato d.l. n. 39 del 2009 ed alla legge di
conversione n. 77 del 2009 abbia disciplinato l’attività di
ricostruzione post sisma mediante un sistema di interventi
organico e compiuto, eppertanto insuscettibile di essere
integrato con un nuovo ricorso al rimedio delle ordinanze in
deroga di cui all’art. 5 della l. n. 225 del 1992.
Se, infatti, è vero, come sostengono i ricorrenti, quale unica
argomentazione a sostegno della tesi, che la predetta
normativa reca direttamente non poche misure ben
determinate per il superamento dell’emergenza, delineandone i
relativi termini e finalità (quali: la progettazione e realizzazione
di moduli abitativi, art. 2; la ricostruzione e riparazione delle
abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo e
indennizzi a favore delle imprese, art. 3; la ricostruzione e
funzionalità degli edifici e dei servizi pubblici, art. 4; la
sospensione dei processi civili, penali e amministrativi, rinvio
delle udienze e sospensione dei termini, comunicazioni e
notifiche di atti, art. 5, ed altre), è parimenti vero che il potere
di adozione delle citate ordinanze, cd. derogatorie o “libere”
(Cass. SS.UU., 7 marzo 2006, n. 4813), è espressamente
richiamato dall’art. 1 dello stesso decreto 39/09, che, prima di
definire le specifiche misure sopra menzionate, richiama
innanzitutto, ai commi 1 e 2, le ordinanze del Presidente del
Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della l.
225/92, “necessarie e per l'attuazione del decreto”.
Di talchè, tenendo conto, da un lato, dell’espresso rimando del
legislatore, e, dall’altro, della portata dell’evento calamitoso in
argomento, è francamente implausibile, e resta comunque
indimostrato nel presente giudizio, che gli interventi disposti
direttamente dal legislatore con la decretazione d’urgenza, pur
abbracciando un vasto raggio di azione, abbiano del tutto
esaurito le misure di emergenza da adottarsi nella fattispecie.
5.1. I ricorrenti affermano comunque che il presupposto che
legittima l’adozione delle ordinanze ex art. 5, l. 225/92, seppur
richiamate dalla normazione d’urgenza, resta la impossibilità di
fronteggiare tempestivamente un evento straordinario se non
con il ricorso – temporaneo – a poteri parimenti straordinari.
L’elemento è senz’altro condivisibile sotto un profilo astratto,
attesa la natura contingibile e straordinaria di siffatte
ordinanze, che fa escludere che il rimedio possa assumere la
funzione di mero strumento attuativo della legge.
Diversamente opinando, si determinerebbe una palese
sproporzione tra la finalità da perseguire ed il mezzo utilizzato,
che l’ordinamento giuridico nazionale confina tra i
provvedimenti a carattere eccezionale, e che mal tollera,
conseguentemente, un utilizzo non giustificato dalla estrema
peculiarità della situazione da fronteggiare.
Essa non appare, però, decisiva a far concludere che, alla data
di adozione dell’atto impugnato, detto presupposto fosse
insussistente, conclusione che, come già sopra accennato, non
è in alcun modo confortata nell’impianto ricorsuale da alcuna
evidenza, tale da poter essere apprezzata nella presente sede.
Ne consegue che deve essere respinto, perché infondato, il
profilo di gravame di cui al terzo motivo di ricorso (violazione
degli artt. 5 e 2 della l. 24 febbraio 1992, n. 225; eccesso di
potere per difetto dei presupposti), nella parte in cui i ricorrenti
escludono in radice che sussistesse in capo allo Stato, dopo il
d.l. 39/09 e la relativa legge di conversione, il potere di
adottare ordinanze ex art. 5, l. 225/92.
Di contro, deve convenirsi con la resistente amministrazione
centrale quando afferma che, sia a termini espressi della citata
decretazione d’urgenza, che lasciano supporre che il legislatore
fosse ben consapevole della insufficienza delle misure
introdotte con legge a governare la straordinarietà della
situazione emergenziale, sia considerata la vastità e la gravità
della situazione stessa, sussistevano nella fattispecie tutti i
presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza in deroga, e
ciò anche successivamente al d.l. 39/09 ed alla relativa legge di
conversione.
5.2. Sempre mediante il terzo motivo, i ricorrenti sostengono
che dalle misure provvedimentali assunte con le ordinanze
derogatorie devono conseguire esclusivamente effetti
transitori. E, nell’ipotesi, l’impugnata ordinanza risulterebbe
viziata in quanto, contrariamente a tale assunto, disciplina
l’adozione, da parte dei sindaci, di atti pianificatori, destinati,
per definizione, ad avere durata nel tempo.
Al riguardo, si osserva che – in disparte ogni questione relativa
all’apprezzamento della legittimità, sotto altro profilo,
dell’affidamento ai sindaci del potere di adozione degli atti
pianificatori, di cui in seguito – la censura non può condurre
agli esiti sperati.
Non è chi non veda, infatti, e anche qui deve convenirsi con la
resistente amministrazione centrale, che il superamento della
situazione di straordinaria emergenza che le ordinanze in
parola sono destinate ad assicurare, soprattutto qualora essa si
presenti, come nella fattispecie, di sì ingenti proporzioni, sia
per la particolare virulenza dell’evento calamitoso che l’ha
determinata, sia per la vastità del territorio colpito, può e, anzi,
talvolta, deve comportare, oltre all’adozione delle misure
contingenti volte a soddisfare bisogni primari, l’urgente avvio
di ogni attività da parte di pubblici poteri utile a favorire a
regime il ripristino delle condizioni indispensabili per il ritorno
allo svolgimento di una normale condizione di vita.
Di talchè la circostanza che l’avvio di siffatte intraprese sia
promosso mediante l’assunzione di provvedimenti straordinari
non può far escludere, in astratto, ovvero di per se, che alcune
di esse, qualora sicuramente al sopra detto stringente fine
connesse, siano suscettibili di avere effetti nel tempo, senza
che, per ciò solo, si versi nel campo di una patologica
ultrattività delle misure disposte in via di emergenza, e sempre
che, naturalmente, queste ultime siano state adottate in
presenza delle condizioni normative e fattuali che ne
legittimano l’adozione.
6. Le tesi ricorsuali non possono nemmeno essere seguite
laddove (sesto motivo: eccesso di potere per difetto dei
presupposti; violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma
4, l. 225/92) avversano l’art. 1, comma 1 dell’ordinanza 3833
impugnata, ritenendo illegittima, coerentemente con
l’impostazione rinveniente dalle censure sopra esaminate, di
cui è stata già acclarata l’infondatezza, l’attribuzione al
Presidente della regione Abruzzo delle funzioni di Commissario
delegato per la ricostruzione dei territori colpiti dal sisma. I
ricorrenti non mancano di dolersi anche della nomina del
Sindaco di L’Aquila quale Vice-commissario vicario (art. 2,
comma 1 dell’ordinanza gravata).
Al riguardo, pur in disparte l’apprezzamento della fondatezza
delle specifiche difese sul punto svolte dall’amministrazione
resistente – secondo cui sarebbe lo stesso decreto legge 39/09
(art. 4, comma 2) ad aver attribuito al Presidente della regione
Abruzzo la qualifica di Commissario delegato per la
ricostruzione, ma di tale argomentazione i ricorrenti hanno
sconfessato la validità – appare utile rammentare che la Corte
Costituzionale (14 luglio 2006, n. 284), in relazione alle
ordinanze ex art. 5, l. 225/92, ha chiarito che “con la legge 24
febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio nazionale della
protezione civile), il legislatore statale «ha rinunciato ad un
modello centralizzato per una organizzazione diffusa a
carattere policentrico» (sentenze n. 129 del 2006 e n. 327 del
2003). In tale prospettiva, le competenze e le relative
responsabilità sono state ripartite tra i diversi livelli istituzionali
di governo in relazione alle seguenti tipologie di eventi che
possono venire in rilievo: eventi da fronteggiare mediante
interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni
competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera a); eventi
che impongono l'intervento coordinato di più enti o
amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1,
lettera b); calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per
intensità o estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari
(art. 2, comma 1, lettera c).”
Con la conseguenza che “lo Stato, sulla base di quanto previsto
dall'art. 5 della legge n. 225 del 1992, ha una specifica
competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di
cui al citato art. 2, comma 1, lettera c). Tale competenza si
sostanzia nel potere del Consiglio dei ministri, su proposta del
Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega,
del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di
deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone
durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla
qualità ed alla natura degli eventi” e “Per l'attuazione dei
predetti interventi di emergenza possono essere adottate
ordinanze - anche da parte di Commissari delegati (art. 5,
comma 4, della legge n. 225 del 1992; sentenza n. 418 del
1992) - in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei
principi generali dell'ordinamento giuridico (art. 5, comma 2,
della stessa legge n. 225 del 1992)”.
Alla luce della indubitabile specifica competenza a disciplinare
gli eventi di natura straordinaria di cui all’art. 2, comma 1,
lettera c) della l. 225 del 1992 riservata allo Stato, la pretesa
ricorsuale in parola, per come formulata, involve in una mera
critica di merito alle scelte discrezionali compiute in sede
centrale, e risulta, per ciò stesso, priva di consistenza.
Può ancora aggiungersi, sul punto:
- che i ricorrenti lamentano, da un lato, che l’ordinanza non
indica espressamente i compiti di ricostruzione affidati al
Commissario, per poi affermare, comunque, che tali compiti
sono agevolmente ricostruibili sulla base delle attività affidate
alla Struttura di missione di cui il Commissario è stato
autorizzato ad avvalersi (art. 4, comma 2);
- che i ricorrenti lamentano che il Commissario è stato
sostanzialmente chiamato a svolgere funzioni di stazione
appaltante unica per gli interventi pubblici nell’area del cratere,
di cui cura gli aspetti finanziari, pianificatori e di istruttoria,
senza la previsione del contenuto dell’incarico e dei tempi e
delle modalità del suo esercizio. Si tratta di una doglianza che
in parte è ripetitiva della precedente, e nel restante non tiene
conto del fatto che la tempistica dell’intervento emergenziale è
espressamente regolata con il riferimento al periodo
intercorrente “dal 1° febbraio 2010 e per l’intera durata dello
stato di emergenza”, regolato prima (fino al 31 dicembre 2010)
dal già citato d.p.c.m. 6 aprile 2009, recante “Dichiarazione
dello stato di emergenza in ordine agli eccezionali eventi
sismici che hanno interessato la provincia di l'Aquila ed altri
comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009”, poi (fino
al 31 dicembre 2011) dal d.p.c.m. 17 dicembre 2010, recante
“Proroga dello stato di emergenza in ordine agli eccezionali
eventi sismici che hanno interessato la provincia di l'Aquila ed
altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009;
- che i ricorrenti sostengono infine che tali competenze
esorbitano comunque anche i limiti oggettivi degli interventi
emergenziali. Sul punto, non può che richiamarsi quanto sopra
già riferito in ordine alla non necessarietà di un carattere
assolutamente impermanente degli interventi considerati.
7. Sempre tenendo conto dei compiti attribuiti dall’ordinanza al
Presidente della Regione Abruzzo nelle funzioni di Commissario
delegato, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 118 Cost.,
del t.u.e.l . nella parte in cui definisce la competenza della
provincia di L’Aquila e dei comuni, e dello Statuto regionale
(settimo motivo).
Ciò in quanto rilevano i ricorrenti che gli amplissimi compiti
nella gestione degli interventi di ricostruzione previsti
dall’impugnata ordinanza sono sostanzialmente identici a quelli
che l’art. 13 dello Statuto riserva al Consiglio regionale, con
conseguente sovvertimento dei rapporti istituzionali sia interni
all’Ente regionale (ove, a regime, al Presidente della Regione è
sostanzialmente attribuita una funzione meramente attuativa
delle decisioni del Consiglio regionale) sia rispetto agli altri enti
territoriali.
La censura, anch’essa concretatesi, come la precedente, nel
tentativo di compiere una valutazione di stretto merito degli
effetti prodotti da ordinanze di necessità che, nel periodo di
vigenza della situazione di emergenza, rinvengono il proprio
fondamento giustificativo nella legge che affida allo Stato, ai
sensi dell'art. 5 della l n. 225 del 1992, una specifica
competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di
cui all'art. 2, comma 1, lett. c) della stessa legge, è infondata in
forza delle argomentazioni già sopra riferite.
8. Le tesi ricorsuali meritano, invece, di essere seguite quando
lamentano, nel primo e nel secondo motivo di doglianza
(violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 12-bis del
d.l. 39/09, convertito dalla l. 77/09), nonché in uno dei profili di
censura del terzo motivo (violazione degli artt. 5 e 2 della l. 24
febbraio 1992, n. 225; eccesso di potere per difetto dei
presupposti), che l’ordinanza impugnata, trattando la materia
della pianificazione del territorio, si discosta illegittimamente
dallo schema di intervento fatto proprio dal d.l. 39/09 e dalla
relativa legge di conversione 77/09.
8.1. L’art. 2, comma 12-bis della decretazione d’urgenza ha
previsto che “I comuni di cui all’ articolo 1, comma 2 (n.d.r.:
ovvero quelli del c.d. cratere) predispongono, d’intesa con il
presidente della regione Abruzzo - Commissario delegato ai
sensi dell’ articolo 4, comma 2, sentito il presidente della
provincia, e d’intesa con quest’ultimo nelle materie di sua
competenza, la ripianificazione del territorio comunale
definendo le linee di indirizzo strategico per assicurarne la
ripresa socio-economica, la riqualificazione dell’abitato e
garantendo un’armonica ricostituzione del tessuto urbano
abitativo e produttivo, tenendo anche conto degli insediamenti
abitativi realizzati ai sensi del comma 1”.
L’ordinanza impugnata ha, invece, affidato i compiti di
predisporre la ripianificazione ai sindaci.
8.2. Sul punto, non può non rilevarsi che la decretazione
d’urgenza dedicata allo stato emergenziale, nel disegnare
alcuni interventi immediati a favore delle popolazioni colpite
dall’evento calamitoso, e nel predisporre il quadro complessivo
nel quale siffatti interventi devono necessariamente trovare
coordinamento e armonizzazione, con la disposizione sopra
riportata dell’art. 2, comma 12-bis non ha obnubilato il compito
di ripianificazione del territorio, normandolo specificamente nei
sensi sopra riportati.
Essi consentono di formulare una prima considerazione,
direttamente ricavabile dal dato normativo testuale.
Che consiste nell’apprezzamento della circostanza che, con
tutta evidenza, il legislatore, richiamando in capo ai pubblici
poteri il dovere di predisporre la ripianificazione del territorio,
nonché ribadendone l’appartenenza in capo all’ente comunale,
nella sua unitarietà (art. 2, comma 12-bis, d.l. 39/09: “I
comuni…predispongono... la ripianificazione del territorio
comunale), ha sottolineato come il considerato adempimento è
compatibile, sia per le modalità dell’esercizio della funzione, sia
per i relativi tempi, con l’ordinario assetto delle competenze
istituzionali, ciò che sottintende il richiamo alle ordinarie
attribuzioni degli organi che lo compongono, ed, in primis,
dell’organo consiliare.
Per contro, ovvero laddove tale compatibilità è stata ritenuta
insussistente, altre attività, pure impattanti a regime sul
territorio, quali la progettazione e la realizzazione di abitazioni
e connesse opere di urbanizzazione e servizi, destinate ad una
durevole utilizzazione, sono state (art. 2 del d.l. 39/09)
direttamente affidate al Commissario delegato, sia per quanto
concerne la loro realizzazione (art. 2, comma 1) sia per quanto
attiene alla loro localizzazione, anche in deroga alle vigenti
previsioni urbanistiche (art. 2, comma 4), residuando poi la
necessità di chiarire che i comuni predispongono la
ripianificazione del territorio comunale “tenendo anche conto
degli insediamenti abitativi realizzati ai sensi del comma 1”
(art. 2, comma 12-bis).
Da quanto sopra può dedursi, in via di interpretazione
sistematica, che, fatti salvi gli interventi destinati
all’apprestamento urgente di abitazioni, le determinazioni
relative alla materia “pianificazione del territorio”, che presenta
notoriamente aspetti di particolare complessità e delicatezza,
atteso che le relative scelte involvono molteplici interessi
pubblici e privati contrapposti, nonché variegati aspetti
problematici, il legislatore non ha inteso far mancare, quanto
meno in sede di predisposizione dei relativi atti, la fase
dialettica tipica della composizione degli stessi, che, all’interno
dell’ente “comune”, solo l’organo consiliare è chiamato ad
realizzare nel procedimento culminante nelle relative
deliberazioni.
Ciò che non consente di far presumere, anche tenendo contro
del breve lasso temporale intercorrente tra la decretazione
d’urgenza e l’adozione dell’impugnata ordinanza, che lo
scostamento della seconda rispetto alla prima possa trovare
una qualche ragione in se, ovvero nella situazione contingente,
già affrontata in sede legislativa.
Né alcuna ragione emerge dagli atti di causa, o è stata
rappresentata dalle amministrazioni resistenti in sede di difesa
in giudizio.
Ne deriva che la impugnata deroga dall’ordinario regime delle
competenze comunali in materia di pianificazione preordinata
dall’impugnata ordinanza si profila illegittima.
8.3. Entrambe le amministrazioni resistenti hanno però insistito
per la legittimità della previsione in parola, ma ciò mediante
argomentazioni che il Collegio non può condividere.
Si afferma che dette funzioni sono state attribuite ai sindaci,
nella qualità di rappresentanti degli enti territoriali locali.
A tale difesa è agevole obiettare, in uno con i ricorrenti, e
senza spendere molte parole, stante la palese inconferenza
dell’assunto, che l’organo sindacale e l’organo consiliare non
sono sovrapponibili né interscambiabili, atteso che, oltre alle
funzioni di rappresentanza dell’ente svolte dal sindaco, lo
stesso né è anche organo monocratico, con proprie specifiche
funzioni e competenze (art. 36, 50, 54 etc. tuel).
Anche il Comune di L’Aquila sostiene che nessuna competenza
consiliare sarebbe derogata, tant’è che, si aggiunge,
l’ordinanza non indica tra le norme derogate il tuel, come pure
avrebbe dovuto fare, nell’opposta ipotesi, ai sensi dell’art. 5,
comma 5 della l. 225 del 1992.
Ma siffatta considerazione (che nella memoria difensiva i
ricorrenti apprezzano, semmai, come sintomo di una diverso
profilo di illegittimità), non consente di superare l’evidenza
lessicale, insuscettibile di far insorgere alcun dubbio
interpretativo, che l’impugnata ordinanza offre quando, al
comma 2 dell’art. 2, per quanto concerne il Comune di L’Aquila,
ed al comma 5 dello stesso art. 2, per quanto concerne gli altri
comuni del cratere, affida espressamente ai sindaci la
ripianificazione del territorio.
9. Delle appena dette norme, come sopra accertate violative
dell’art. 2, comma 12-bis del d.l. 39/09, convertito dalla l.
77/09, nonché dell’art. 5 della l. n. 225 del 1992, deve
conseguentemente essere disposto l’annullamento in parte
qua, nella misura in cui, cioè, affidano le attività di
pianificazione ai sindaci dei comuni anziché ai comuni stessi.
10. L’accoglimento dei predetti motivi di ricorso consente di
assorbire le censure di cui al quarto ed al quinto motivo, pure
attinenti, sotto altri profili, alla questione dell’affidamento ai
sindaci delle attività di pianificazione.
11. La reciproca soccombenza determina la compensazione
delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione
Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe:
- dichiara la inammissibilità del gravame per carenza di
interesse ad agire nei confronti del ricorrente Antonio Perrotti;
- per il restante, lo accoglie parzialmente, disponendo, per
l’effetto, l’annullamento dell’art. 2, commi 2 e 5 dell’ordinanza
n. 3833 del 22.12.2009 del Presidente del Consiglio dei
ministri, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 novembre
2010 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Roberto Politi, Consigliere
Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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