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Claudio Martinelli

Rachitismo
Regolazione endocrina del metabolismo del calcio e del fosfato
Nell'organismo di un individuo di peso medio è presente circa 1,3 Kg di calcio. Questo è per il
99% presente nello scheletro (prevalentemente in forma cristallina), mentre negli altri tessuti è
presente l'1% residuo. Di questo parte è intracellulare e parte extracellulare.
Il Ca++ intracellulare ha una concentrazione dell'ordine di 10-7 M (da 5×10-8 a 3×10-7), mentre il
Ca++ extracellulare è 10.000 volte più elevata (ordine di 10 -3 M). Questa differenza viene
determinata dalla scarsa permeabilità della membrana cellulare allo ione e dall'esistenza di
trasporti attivi primari (Ca++ ATPasi) o secondari (antiporto Na+/Ca++). La bassa concentrazione
intracellulare di calcio libero è anche determinata dal fatto che una grande quantità dello ione è
legato a varie proteine e membrane, al reticolo endoplasmatico e nei mitocondri.
La concetrazione di calcio libero nel citosol può essere modificata per ingresso dall'esterno
(attraverso diversi canali ionici) o per release interno (ad es. dal reticolo endoplasmatico). Il
calcio intracellulare svolge numerose importantissime funzioni.
Il calcio extracellulare subisce scarse fluttuazioni. Variazioni consistenti della concentrazione
plasmatica ed extraccelulare di calcio determinano ripercussioni importanti sulle funzioni
intracellulari.
La concentrazione plasmatica del calcio ([Ca ++]) varia da 8.5 a 10.5 mg/dl -o anche da 2,15 a
2.65 mmol/L (10-3 M) ovvero da 4,3 a 5,3 mEq/L-. Di questo circa il 50% è ionizzato.

Calcio totale 2.5 mmol/L


Diffusibile 1,34
Ionizzato 1,18
Complessato (citrato, HCO3-) 0,16
Non diffusibile 1,16
Legato all'albumina 0,92
Legato ad altre proteine 0,24

La concentrazione plasmatica totale di calcio varia con il variare della concentrazione di

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albumina e la concentrazione dello ione libero con il variare del pH (l'alcalosi aumenta la
frazione di calcio legata alla proteine e diminuisce quella ionizzata, l'acidosi ha effetto
opposto).
Il calcio è immesso nel plasma tramite l'assorbimento intestinale ed il riassorbimento osseo e
lascia l'organismo con la secrezione gastroenterica (quindi in ultimo con le feci), l'escrezione
urinaria, la deposizione ossea e, in misura minore, con la sudorazione.
Il rene ultrafiltra una gran quantità del calcio plasmatico. Questo viene poi riassorbito a livello
tubulare per circa il 98%. Per tale ragione, alterazioni del trasporto tubulare dello ione ne
possono modificare notevolmente la concentrazione plasmatica.

L'osso è un tessuto dinamico che si rimodella continuamente. Le componenti extracellulari


sono rappresentate da una matrice organica e da una fase solida minerale. La matrice organica
contiene collagene di tipo I (90-95%) e altre componenti proteiche (albumina, osteocalcina,

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osteonectina, sialoproteine, osteopontina, trombospondina). La fase minerale è costituita da


calcio e fosfato che vanno a costituire cristalli di idrossiapatite (Ca 10[PO4]6[OH]2). La sintesi e
la secrezione della matrice organica è opera degli osteoblasti che presentano recettori per PTH
e 1,25(OH)2D. La fase di riassorbimento osseo viene svolta principalmente dagli osteoclasti,
cellule della linea monocito-macrofagica. Queste cellule presentano recettori per la calcitonina
e mancano di recettori per il PTH.
Il terzo tipo di cellule presenti a livello osseo, le più rappresentate (circa il 90%), sono gli
osteociti. Essi derivano dalla differenziazione degli osteoblasti che dopo aver eleborato la
matrice osteoide, una volta che questa si calcifica, rimangono imprigionati all'interno di lacune
ossee.

Il tessuto osseo può derivare dal processo di ossificazione endocondrale; questo ha luogo in un
tessuto che ha già subito metamorfosi cartilaginea oppure da ossificazione intramembranosa,
consistente nella trasformazione diretta in tessuto osseo per evoluzione diretta in osteoblasti di
cellule mesenchimali osteoprogenitrici. Quest'ultimo tipo di ossificazione trova la sua più tipica
esemplificazione nelle ossa della volta cranica, mentre l'ossificazione encondrale è tipica delle
ossa lunghe. Lo scheletro maturo si compone essenzialmente di osso compatto corticale e di
osso spugnoso o trabecolare.
L'osso trabecolare è ricoperto da osso compatto ed è costituito da trabecole ossee che
circoscrivono il tessuto midollare. L'osso compatto corticale si compone per circa la metà di
osteoni o sistemi Haversiani addossati gli uni agli altri e di osso interstiziale interposto tra i
sistemi Haversiani oltre ad osso costituito da lamelle circonferenziali esterne. In alcune specie,
l'osso è povero di osteoni e prevalgono i sistemi lamellari circonferenziali.
Gli osteoni sono strutture complesse di tessuto osseo costituite da lamelle concentriche attorno
ad un lume centrale, lamelle che contengono lacune osteocitiche con i relativi osteociti.
Nell'ambito della corticale, i canali Haversiani formano una rete il cui orientamento é in parte
dettato da esigenze strutturali di resistenza del tessuto al carico a cui si trova sottoposto.
Alcuni di essi terminano nell'endostio, altri a fondo cieco. Dai canali Haversiani partono
canalini più sottili detti di Volkmann. Nei canali sono alloggiati vasi sanguigni e linfatici e
nervi, provenienti dalle superfìci periostee.

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Con l'avanzare dell'età il sistema di lamelle circonferenziali esterne a genesi subperiostea


lentamente si ispessisce mentre procede il processo di erosione endostale. Le ossa lunghe
tendono ad allargarsi di diametro e ad ampliare la cavità midollare. Lo spessore della corticale
però si assottiglia con il tempo per il prevalere dell'erosione endostale. L'osso trabecolare o
spugnoso è costituito da trabecole che si dispongono tridimensionalmente secondo linee di
resistenza al carico.

L'accrescimento dell'osso avviene in senso trasversale per apposizione di nuovo osso in sede
subperiostea, e longitudinalmente per un processo di espansione interna endocondrale che ha
sede nelle cartilagini di coniugazione. La parte principale del processo di crescita e dello
sviluppo scheletrico ha una dipendenza genetica e non ormonale. Ed infatti i pigmei hanno
bassa statura non dipendente da fattori ormonali. Alcuni determinanti della statura sono legati
ai cromosomi sessuali come risulta evidente da alcune malattie associate ad anomalie di questi
cromosomi. Raggiunta la maturità scheletrica l'accrescimento in lunghezza cessa per
ossificazione dei dischi epifisari.
L'accrescimento diafisario in spessore si svolge per apposizione subperiostea di osso corticale.
In sede subperiostea si formano anche canali Haversiani per inglobamento di vasi superficiali
da parte del tessuto osseo neoformato, tuttavia le pareti di osso corticale diafìsario non si
ispessiscono perché contemporaneamente ha luogo un processo di riassorbimento endostale.
Raggiunta la maturità, continua per tutta la vita il processo bilanciato di distruzione e di
ricostruzione dell'osso, detto processo di rimaneggiamento.
Il rimaneggiamento è prevalentemente regolato da fattori meccanici di carico e dall'azione di
ormoni quali il paratormone e gli ormoni tiroidei.
Il rimodellamento dell'osso ha luogo su tre diverse superfici ossee anatomicamente distinte: la
superficie endostale sia dell'osso corticale che trabecolare nella quale il processo di
riassorbimento finisce con il prevalere su quello di costruzione per cui la cavità midollare tende
ad espandersi; le superfici dei canali haversiani; la superficie subperiostea con lieve eccesso di
formazione rispetto al riassorbimento. Nel giovane adulto circa il 10% dello scheletro si
rinnova annualmente. Il rimodellamento dell'osso corticale consiste nel lento processo di
distruzione di osteoni già depositati; la cavità che si forma costituisce lo spazio per la

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deposizione di un nuovo osteone. Il processo di formazione di un nuovo canale haversiano


avviene per l'azione di un gruppo di osteoclasti che avanzano scavandosi una galleria in senso
generalmente longitudinale. L'avanzamento avviene attraverso osteoni vecchi e recenti senza
tener conto delle delimitazioni esistenti tra i vari osteoni; seguono gli osteoclasti, cellule
mesenchimali, cellule osteprogenitrici e vasi sanguigni. La galleria si ricopre di osteoblasti in
fase di attività che depositano concentricamente lamelle di tessuto calcificato che danno luogo
ad un nuovo osteone. Si valuta a circa 8 mesi il tempo necessario per il completamento di un
nuovo osteone nell'uomo.
Il processo di rimodellamento dell'osso è un processo dinamico sostanzialmente in equilibrio
nelle sue componenti di distruzione e ricostruzione che mantengono costante la massa
scheletrica entro certi limiti. In realtà con l'invecchiamento i processi di riassorbimento
scheletrico finiscono con il prevalere. II meccanismo che tuttavia permette il mantenimento
omeostatico scheletrico non è del tutto noto. Di fondamentale importanza sono alcuni ormoni
tra cui il paratormone (PTH). Importanti sono inoltre i metaboliti attivi della vitamina D,
necessari per l'azione del PTH sull'osso, e gli ormoni tiroidei. Certamente di grande importanza
sono gli stress meccanici che sicuramente favoriscono il processo di formazione scheletrica.
È noto infatti che l'immobilizzazione dell'organismo conduce rapidamente ad osteoporosi cosi
come é ormai accertato che la condizione di assenza di gravità conduce ad una rapida perdita di
calcio scheletrico e quindi di densità ossea.

Il fosforo è uno dei costituenti più importanti dell'osso. E' presente in gran quantità in tutti i
tessuti ed è coinvolto in quasi tutti i processi metabolici. La maggior parte del fosforo
plasmatico si trova sotto forma di ortofosfato inorganico di cui solo il 12% è legato a proteine.
Gli ioni liberi sono rappresentati da HPO42- (forma predominante), NaHPO4-, H2PO4-.
L'assorbimento di fosforo a livello intestinale è assai efficiente. Il fosforo viene filtrato a livello
glomerulare ed in larga parte riassorbito nel tubulo prossimale, così che generalmente la sua
escrezione non supera il 10-15% del carico filtrato.

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Il paratormone (PTH)
Ormone proteico prodotto dalle ghiandole paratiroidi. Viene secreto con ritmo circadiano con
un picco intorno alle ore 24:00 e altri picchi più modesti che si susseguono con intervallo di
circa un'ora. La principale funzione del PTH è di mantenere stabile la concentrazione di calcio
agendo a livello dell'osso, del rene e dell'intestino.
A livello osseo il PTH è coinvolto nei processi di rimodellamento e gli effetti sono
sostanzialmente due:
• Effetto a breve termine (osteolisi osteocitica): il PTH raggiunge gli osteobasti egli
osteociti (entrambi presentail PTHr) nelle unità di rimodellamento e determina la
liberazione, da parte di queste cellule, di mediatori in grado di stimolare l'attività
osteoclastica (RANK-L, IL-6, GM-CSF e forse altri fattori).
• Effetto a lungo termine (osteolisi osteoclastica): il PTH agisce sui precursori degli
osteoclasti (presentano il PTHr) che vengono indotti a differenziarsi (perdono il PTHr).
In questa maniera aumenta il numero di cellule responsabili del riassorbimento osseo.
Un effetto a lungo termine si osserva in caso di tumori secernenti delle paratiroidi.
Vengono solubilizzate grandi quantità di calcio e viene degradata la matrice proteica con
conseguente formazione di lacune ossee.
• Effetto anabolico: diversi studi hanno dimostrato che la somministrazione intermittente
da luogo ad una stimolazione della neoformazione ossea più che del riassorbimento
(indotto invece dalla somministrazione continua).
A livello renale il PTH:
• Favorisce il riassorbimento di calcio a livello del tubulo distale
• Riduce il riassorbimento di fosfato a livello del tubulo prossimale (simporto
sodio/fosfato).
• Riduce il riassorbimento di sodio e bicarbonato a livello del tubulo prossimale
(previene il rischio di una alcalosi metabolica per liberazione di bicarbonato dalla
dissoluzione ossea).
• Stimola la sintesi di 1,25(OH)2 D3 (sia tramite attivazione, via PkA, di una fosfatasi in
grado di defosforilare la renoredoxina, componente della 1-α-idrossilasi, sia inducendo il
gene per quest'ultima)

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A livello intestinale il PTH non ha un effetto diretto. Esso promuove però l'assorbimento di
calcio in maniera indiretta, stimolando la sintesi dell' 1.25(OH)2 D3.

Osteoblasts express factors that induce differentiation of osteoclasts from cells of the monocyte/macrophage lineage and
then fully activate osteoclast function. Osteoblasts release monocyte colony-stimulating factor (M-CSF), which induces the
earliest differentiating processes that lead to osteoclast precursors. M-CSF also acts in concert with another factor, RANKL
(named for receptor activator of NF-kB ligand), to promote osteoclastogenesis. RANKL—also named osteoprotegerin
ligand (OPGL), osteoclast-differentiating factor (ODF), and TRANCE—is a membrane-bound member of the tumor necrosis
factor (TNF) family. RANKL binds to its receptor RANK on osteoclast precursor membranes and induces osteoclastogenesis.
This process involves the clustering and fusion of several osteoclast precursors and gives rise to a fused, polykaryonic
osteoclast. The perimeter of the osteoclast membrane facing the bone adheres tightly to the bone and essentially seals off
the area of osteoclast-bone contact. The osteoclast cell membrane facing the bone secretes hydrolytic enzymes and HCl.
The acidic enzyme-rich microenvironment dissolves the calcified crystals, thereby releasing Ca++ and Pi into blood. After
about 2 weeks, osteoclasts receive a different signal from neighboring osteoblasts. This signal is osteoprotegerin (OPG),
which acts as a soluble decoy receptor for RANKL. Consequently, the proosteoclastic signal from osteoblasts is terminated.

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Lo stimolo principale alla secrezione di PTH è l'ipocalcemia. Sulle cellule paratiroidee ci sono
speciali recettori (a sette domini transmembrana) sensibili al Ca ++ ionizzato. In presenza di
adeguate concentrazioni extracellulari dello ione si attivano una protina G inibitoria -che
determina una diminuzione della concentrazione intracellulare di cAMP- ed una proteina Gq
-con aumento della concentrazione intracellulare di DAG ed IP3-. Queste modificazioni
intracellulari si associano ad una riduzione della secrezione di PTH e ad una diminuita
trascrizione del suo gene.

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Il PTH lega il suo recettore, a sette domini transmembrana, il quale genera cascate di secondi
messaggeri come il cAMP, il DAG e l'IP3, con attivazione della PkA, della PkC e
determinando un aumento del calcio intracellulare.

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La vitamina D: 1,25(OH)2 D3
In natura si ritrovano due forme attive di vitamina D:
• la vitamina D2 (ergocalcifcrolo), presente nel regno vegetale;
• la vitamina D3, (colecalciferolo), presente nel regno animale, uomo compreso.

Si tratta di due vitamine liposolubili, termostabili, che differiscono soltanto per un doppio
legame fra il carbonio 22 e 23 e per un gruppo metilico al carbonio 24: esse vengono
considerate oggi come dei protormoni; cioè come prodotti che richiedono poche modificazioni
per passare da vitamine a sostanze che hanno tutte le caratteristiche degli ormoni (25-idrossi-
colecalciferolo e 1-25 diidrossi-colecalciferolo).
Sia la vitamina D2, che la vitamina D3, richiedono le stesse modificazioni per passare a ormoni
e posseggono nell'uomo la stessa attività, per cui spesso vengono globalmente indicate sotto la
denominazione di vitamina D, senza specificare di quale tipo di vitamina in effetti si tratti.
Un mcg di vitamina D è uguale a 40 UI, per cui 1 mg è uguale a 40.000 UI. Il fabbisogno di
vitamina D negli Stati Uniti, di recente, è stato abbassato da 400 a 200 UI al giorno; la
supplementazione va iniziata nei primi 2 mesi di vita, anche nei soggetti alimentati
esclusivamente con latte umano.
La vitamina D3, oltre a essere assorbita dall'intestino, viene sintetizzata nella cute per azione
della luce solare ultravioletta su uno steroide precursore, il 7-deidrocolesterolo.
Sia il colecalciferolo introdotto con la dieta che quello prodotto dalla sintesi endogena vengono
trasportati nel plasma da un'alfa globulina (VDBP, Vitamin D Bindign Protein) e idrossilati nel
fegato a 25-idrossicolecalciferolo (o 25-OHD, o calcidiolo); questa sostanza viene trasportata al
rene e ulteriormente idrossilata in posizione 1 nel rene per passare all' 1-25-diidrossi-
colecalciferolo (o l-25-(OH)2D3 o calcitriolo). L'idrossilazione renale, catalizzata dalla 1-alfa-
idrossilasi (enzima regolatore) è sotto il controllo positivo del PTH, dell'ipocalcemia e
dell'ipofosfatemia.
Il 25-idrossi-colecalciferolo è la forma di vitamina D circolante a livelli più elevati (25 ng/mL),
con un'emivita di 15 giorni, quindi molto lunga.

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La 1,25(OH)2D3, legata alla binding protein, viene trasportata a livello dell'intestino dove la
forma libera viene captata dalle cellule intestinali. L'1,25(OH)2D3 riconosce, come gli altri
steroidi, un recettore citosolico, il VDR, al quale si lega. Il complesso ormone-recettore
interagisce a sua volta con un fattore recettoriale accessorio (RAF) per formare un nuovo
complesso in grado di migrare nel nucleo e legarsi all'elemento di risposta alla vitamina D
(VDRE) presente sul DNA. Il legame determina una modificazione dell'espressione genica.
A livello intestinale viene stimolata la produzione degli mRNA per proteine canale per il Ca++
(aumento del trasporto di calcio attraverso la membrana dell'orletto a spazzola), calbindina
(proteina intracellulare legante il calcio che ne diminuisce la concentrazione libera citosolica e
ne consente il trasporto al versante basocellulare) e Ca++ATPasi (che consente l'estrusione
dello ione dal versate basocellulare). Sempre sul versante basocellulare opera uno scambiatore
(antiporto) sodio/calcio che contribuisce al release del Ca++ nel liquido extracellulare. Viene
pertanto stimolato l'assorbimento intestinale di calcio. Sempre a livello intestinale viene

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stimolato l'assorbimento di fosfato grazie al controllo positivo sul trasportatore (simporto)


sodio/fosfato.

A livello osseo gli effetti sono numerosi. La 1,25(OH)2D3 sopprime la sintesi del collagene di
tipo 1 ed induce la sintesi dell'osteocalcina (la maggior proteina ossea non collagenica, che si
ritiene intervenga nella mineralizzazione, nei processi di maturazione degli osteoblasti e nel
reclutamento degli osteoclasti). La 1,25(OH)2D3 promuove la differenziazione dei precursori
ostecolastici in osteoclasti (che non presentano, una volta differenziati,recettori né er il PTH, né
per la vitamina D) e la produzione di RANK-L da parte degli osteoblasti favorendo, pertanto il
riassorbimento osseo. Questo effetto sul riassorbimento dell'osso sembra in contrasto con
l'azione principale di mineralizzazione dell'osso, caratteristica della vitamina D: i due effetti in
sostanza concorrono a determinare il rimodellamento secondo le linee di forza, muscolari e
statiche.
A livello renale la 1,25(OH)2D3 favorisce il riassorbimento di fosfato stimolando l'espressione
del trasportatore sodio/fosfato (simporto NPT2a). Favorisce inoltre, anche se in misura minima,
il riassorbimento di calcio.
A livello delle paratioridi la 1,25(OH)2D3 riduce la trascrizione del gene per il PTH.
Anche altre cellule e tessuti che non sono classicamente riconosciuti come organi bersaglio per
la vitamina D, presentano recettori. Il ruolo della vitamina D per alcune di queste cellule non è
stato ancora chiarito perfettamente. Per quanto concerne le cellule del sistema immunitario, la
1,25(OH)2D3 promuove la differenziazione dei precursori dei monociti a monociti e
macrofagi. Monociti e macrofagi esposti a un lipopolisaccaride o al Mycobacterium

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tuberculosis attivano il gene del recettore della vitamina D e il gene della 25-(OH)D-1a-
idrossilasi. L'aumentata produzione dell'1-25-(OH)2D3 porta alla sintesi della catelicidina, un
peptide capace di distruggere il Mycobacterium tuberculosis come altri agenti infettivi.

Quando i livelli sierici di 25-(OH)D scendono al di sotto dei 20 ng per millilitro (50 nmoli per
litro) monociti e macrofagi sono inibiti a iniziare la risposta immune innata: questa
constatazione può spiegare perché i neri americani, che sono spesso vitamina D deficienti, sono
più soggetti a contrarre la tubercolosi in confronto ai bianchi, e tendono ad avere forme più
aggressive della malattia. E' facile che l'1,25(OH)2D, prodotta nei monociti e nei macrofagi, sia
liberata per agire localmente regolando i linfociti T, i linfociti B, il release delle citochine, la
produzione di anticorpi. II calcitriolo inibisce la citotossicità delle cellule natural killer, la
proliferazione delle cellule T, diminuisce la sintesi di interferoni γ e la sintesi di IL-2 da parte
dei linfociti Th1, diminuisce la sintesi di IL-12 da parte delle APC (monociti e cellule B)
necessaria per lo sviluppo dei Th1, inibisce la risposta anticorpale indotta dai Th1 (IgG2a).
La vitamina D è un regolatore risposta immunitaria e sia un suo eccesso che un suo difetto
possono associarsi ad alterazioni della risposta immune. La vita a elevate altitudini aumenta il
rischio di diabete tipo 1, sclerosi multipla e malattia di Crohn. Vivendo al di sotto dei 35 gradi

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di latitudine, per i primi 10 anni di vita, si riduce il rischio di sclerosi multipla di circa il 50%.
Molti studi suggeriscono che la somministrazioni di un supplemento di vitamina D ai bambini
riduce il rischio del diabete tipo 1. Aumentando gli introiti di vitamina D durante la gravidanza,
si riduce lo sviluppo degli anticorpi anti-insule nei figli.

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Direttamente o indirettamente l'1,25-(OH)2D3 controlla più di 200 geni, inclusi i geni


responsabili della regolazione della proliferazione cellulare, della differenziazione,
dell'apoptosi e della angiogenesi. Essa diminuisce la proliferazione cellulare sia delle cellule
normali che delle cellule cancerose e induce la loro differenziazione terminale. Un'applicazione
pratica è l'uso dell'1,25-(OH)2D3 e dei suoi analoghi attivi per il trattamento della psoriasi.
Studi prospettici e retrospettivi indicano che i livelli di 25-(OH)D al di sotto dei 20 ng per
millilitro (50 nmole per litro) si associano a un aumento del 30-50% di rischio d'incidenza di
cancro del colon, della prostata, del seno, insieme a un'alta mortalità per questi cancri.

La calcitonina
E' un ormone peptidico sintetizzato dalle cellule parafollicolari (cellule C) della tiroide dai
potenti effetti ipocalcemici ed ipofosfatemici che in molti aspetti si comporta come il
fisiologico antagonista del PTH. Sono stati descritti due geni per la calcitonina, alfa e beta,
localizzati sul cromosoma 11. La trascrizione genica è complessa. Dal gene alfa si possono
generare due mRNA, per il precursore della calcitonina e per il CGRP (peptide correlato al
gene pr la calcitonina); la gene beta si genera l'mRNA per il solo CGRP (nel SNC).
Il CGRP regola le resitenze periferiche (induce vasodilatazione), è implicato nei sistemi di
modulazione del dolore (analgesia) e svolge funzioni a livello dell'apparato gastroenterico e del
sistema immunitario.
La calcitonina esercita un effetto ipocalcemizzante inibendo il riassorbimento osseo operato
dagli osteoclasti (hanno il recettore per la calcitonina) e stimolando la clearance renale del
calcio e del fosfato (recettori sulle cellule tubulari renali). Il release di calcitonina da parte delle
cellule C è indotto dall'ipercalcemia.
L'importanza della calcitonina nella regolazione della calcemia non è molto chiara. La
mancanza dell'ormone non provoca ipercalcemia (probabilmente per effetto di compenso
operato dalle azioni di PTH e vitamina D).

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Carenza di vitamina D: il rachitismo carenziale


Quando la carenza vitaminica si verifica prima della saldatura delle epifisi ossee, cioè durante
l'età evolutiva, la conseguenza diretta è rappresentata dal rachitismo; se la carenza si verifica
invece nell'adulto (accrescimento scheletrico già raggiunto), si manifesta un altro quadro
clinico, molto diverso, chiamato osteomalacia.

La carenza di vitamina D non sempre si associa alla presenza di manifestazioni cliniche di


rachitismo o di osteomalacia: talvolta, come può capitare nell'adolescente, essa è visibile
soltanto dagli esami di laboratorio, caratterizzati da bassi livelli di 25-OH-D e da alti livelli di
paratormone. Da un punto di vista patogenetico generale è necessario premettere che nella
genesi delle deformazioni ossee, tipiche del rachitismo, vanno considerati due meccanismi
basilari:
• le alterazioni a carico di un osso sono tanto più frequenti quanto maggiore è la sua
velocità di crescita;
• le alterazioni inoltre sono soprattutto a carico di quelle ossa sottoposte ai maggiori
gradienti di forza.

Ne deriva che le alterazioni ossee del rachitismo saranno diverse nel loro comparire, a seconda
dell'età del soggetto e quindi delle ossa, in quel momento sottoposte alla maggiore velocità di
crescita e ai maggiori gradienti di forza (dinamica e statica).
Le alterazioni ossee determinate dal rachitismo hanno, inoltre, la tendenza a permanere come
tali o comunque a modificarsi scarsamente, anche dopo che il rachitismo sia stato trattato
opportunamente e sia in effetti guarito.
La causa predominante del rachitismo è rappresentata da due condizioni:
• l'insufficiente introduzione della vitamina D con la dieta, al di sotto del fabbisogno
giornaliero. La dieta del lattante contiene scarse quantità di vitamina D: il latte di mucca
ne contiene 0,5-4 UI/dL e il latte di donna una quantità idonea solo se la madre si espone
sufficientemente alla luce del sole. La maggior parte dei latti in polvere o liquidi del
commercio sono fortificati con la vitamina D;
• la scarsa esposizione alla luce del sole, che per mezzo dei raggi ultravioletti ne condiziona la

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sintesi nella cute. Questi raggi non passano attraverso il vetro delle finestre, né superano le
barriere di plastica, che fanno parte delle moderne carrozzine.

Nei Paesi industrializzati è oggi eccezionale il riscontro del rachitismo clinico, sia perché tutti i
bambini ricevono precocemente un supplemento vitaminico, sia perché è stata rivalutata
l'esposizione al sole. Fra i fattori di rischio vanno ricordati il basso peso alla nascita e il
colorito molto scuro della cute, che impedisce ai raggi ultravioletti di penetrare attraverso gli
strati superficiali.

A carico dell'osso si verifica un arresto o un rallentamento della crescita normale della


cartilagine metafisaria e della fisiologica deposizione di calcio. Si ha come conseguenza una
sovrabbondanza di tessuto osteoide e una profonda irregolarità della metafisi. Il tessuto
osteoide, sollecitato dalle linee di forza, si distribuisce lateralmente portando a un
ingrossamento e a una deformazione delle estremità delle ossa e al famoso rosario rachitico.
Il mancato riconoscimento di questa situazione di scarsa rigidità delle ossa, porta, se non
trattato, alle deformazioni rachitiche tipiche.
Le manifestazioni cliniche del rachitismo compaiono dopo mesi di deficienza di vitamina D. Il
primo segno di rachitismo (dal 3° al 5° mese di vita) è rappresentato dalla craniotabe,
caratterizzata dalla comparsa di una marcata cedevolezza, quando con un dito si prema in
corrispondenza della squama dell'occipite o sulla parte posteriore dei parietali; il segno si
apprezza sia in seno alla squama ossea, lontano dalle suture, che lungo le suture stesse. Il
veloce accrescimento del cranio nei primi mesi di vita (la circonferenza aumenta di 3 cm al
mese nei primi 2 mesi e complessivamente 9 cm nel 1° semestre, mentre nel restante della vita
aumenta solo di 11 cm) contribuisce alla comparsa di questo primo segno di rachitismo.
Quando il pediatra inizi il trattamento con vitamina D, dalla mancanza di consistenza si passa
alla consistenza membranacea e a quella pergamenacea, che, nell'arco di settimane, porta a una
consistenza maggiore, che si accompagna alla sensazione che si prova premendo una pallina da
ping-pong. La craniotabe e la posizione sdraiata del lattante dei primi mesi portano a una
deformazione della rotondità del cranio, che appare schiacciato posteriormente (caput
quadratum), ma può anche determinare, talvolta, un'evidente asimmetria (plagiocefalia).

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La posizione supina, consigliata oggi per la prevenzione della SLDS, accentua le deformità del
cranio. La fontanella anteriore è ampia e non ossificata, anche fino al 2° anno. Le ossa
frontali sono ispessite e sporgenti (bozze frontali prominenti). La circonferenza cranica tende
a essere maggiore del normale e tale rimane, nonostante le cure, per tutta la vita. L'eruzione
dei denti è a volte ritardata. Lo smalto è ipoplasico con colorito giallastro dei denti che può
permanere anche dopo guarigione. Nel lattante di 6 mesi e per tutto il 1° anno i segni da
ricercare accuratamente sono quelli a carico del torace: il rosario rachitico e il solco di
Harrison. Il nome "rosario rachitico" (per distinguerlo dal rosario dello scorbuto) deriva da un
ingrossamento delle giunzioni condro-costali, che si distribuiscono sulla parte anteriore del
torace, come un rosario. Questi ingrossamenti possono essere soltanto palpabili, ma nelle forme
più gravi anche visibili. Mentre la parte superiore del torace viene spinta in avanti (petto
carenato, a pollo), la parte inferiore rimane medialmente infossata (torace a calzolaio): il
diametro antero-posteriore del torace a questo livello è molto ridotto. Il solco di Harrison, ben
evidente talvolta anche nei soggetti adulti come esito di rachitismo, corrisponde all'inserzione
del diaframma sulle coste: esso si manifesta in corrispondenza della 6° costa, con un profondo
infossamento, mentre la parte inferiore del torace viene spinta in fuori (torace a campana o a
violino).
Il solco di Harrison insorge per la continua trazione del diaframma a livello dell'inserzione sulle
coste, in occasione di ogni atto respiratorio. L'ipotonia muscolare è responsabile dell'addome
globoso e della compromissione della dinamica respiratoria con conseguente facilità ad
infezioni broncopolmonari. Coesistono anemia ipocromica, splenomegalia, alterazioni
dell'immunità specifica (sistema T) ed aspecifica (fagocitosi).
Col proseguire del processo rachitico, nel 2° semestre, cominciano a comparire gli
ingrossamenti a carico delle metafisi delle ossa lunghe (soprattutto evidenti al polso -
braccialetti rachitici - e alle caviglie), visibili a occhio nudo e dimostrabili con la palpazione. Il
costituente principale di queste tumefazioni è il tessuto osteoide, che proprio perché privo di
depositi di calcio non è visibile alla radiografia delle ossa, che d'altra parte mostrano
un'immagine "a coppa" delle metafisi delle ossa lunghe.
Quando dopo l'anno il bambino comincia a camminare e quindi a esercitare sollecitazioni
statiche e dinamiche sugli arti inferiori, si notano sempre di più le gravi deformazioni della

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Claudio Martinelli

dialisi del femore, della tibia e della fibula con la comparsa, progressivamente sempre più
evidente, delle gambe vare. Sono osservabili a volte fratture a legno verde, completamente
asintomatiche. A tutto questo si associano deformità della colonna (cifosi, scoliosi ), del
bacino e riduzione della velocità di crescita ( fino al “nanismo rachitico”).

La diagnosi si basa sulla storia clinica (mancata somministrazione di supplementi di vitamina D


e scarsa esposizione ai raggi del sole) e sui dati clinici, che vanno ricercati, come abbiamo
detto, in sedi diverse a seconda dell'età.
Gli esami di laboratorio e la radiografia delle ossa confermeranno il sospetto diagnostico.
La conferma del sospetto clinico-diagnostico di rachitismo si ha con il quadro radiologico:
nella regione metafìsaria delle ossa lunghe, la linea di calcificazione diviene sfumata e
irregolare (segno della frangia); la zona radiotrasparente corrispondente alla cartilagine di
accrescimento si ispessisce; l'estremità metafisaria appare slargata a "tromba"; la comparsa dei
nuclei epifisari mal delimitati e decalcificati; il nucleo epifisario della spalla e anca appare
slittato verso l'interno.

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Claudio Martinelli

Il livello di calcio nel sangue non si discosta molto dalla norma (intorno a 9 mg/dL contro i 9-
10 di norma), mentre è notevolmente abbassato il livello di fosforo, che dai normali 4-6 mg/dL,
passa nel rachitico a 1,5-2,5 mg/dL. Sia la normalità del livello di calcio che i bassi livelli di
fosforo sono legati all' iperparatiroidismo secondario, che si viene a verificare nel soggetto
rachitico. Il paratormone, per mantenere il calcio entro i livelli normali, lo mobilita dai depositi
ossei, ma inibisce anche, a livello tubulare, il riassorbimento del fosforo, per cui si ha
un'iperfosfaturia e un'ipofosfatemia. L'attività della fosfatasi alcalina ossea è notevolmente
aumentata e raggiunge livelli di 2-3 volte superiori alla norma, per l'età. Essa ritorna alla norma
in seguito al trattamento con vitamina D e alla guarigione del rachitismo.
Le deficienze di vitamina D si accompagnano sempre ad aminoaciduria e ad un'aumentata
escrezione di citrato nelle urine, insieme a una diminuita capacità da parte del rene di
acidificare le urine.
Le infezioni delle vie aeree superiori e inferiori sono più frequenti nei bambini con rachitismo.
Con dosi adeguate di vitamina D il rachitismo guarisce nell'arco di molti giorni o di poche
settimane, fino alla ricostituzione di una struttura ossea normale. Come è stato accennato in
precedenza, questo non significa che le deformazioni ossee scompaiano nello stesso arco di
tempo: l'osso per riprendere la forma normale richiede mesi o anni, anche se qualche stigmata
di rachitismo rimane per la vita.

Il rachitismo può essere prevenuto con la somministrazione di vitamina D (il fabbisogno è di


200-400 UI al giorno in neonati a termine, 800 UI nel pretermine) e con l'esposizione al sole.
La vitamina D va somministrata alle donne in stato di gravidanza e alle madri che allattano. Per
la cura sono sufficienti le somministrazioni giornaliere di 2.000-6.000 unità di vitamina D per
4-6 settimane, o 0,5-2,0 mcg di 1,25-diidrossicolecalciferolo per un uguale periodo di tempo.
Purtroppo in Italia non esiste un preparato in gocce di sola vitamina D che permetta di
raggiungere le dosi indicate; tutti i preparati orali a basso dosaggio di vitamina D sono associati
alla vitamina A in una proporzione di 1:4: il pediatra deve stare attento quindi, nel
somministrare la vitamina D, di non superare le dosi tossiche di vitamina A. L'uso delle
cosiddette dosi urto (da 400.000 a 600.000 UI in una sola dose) può essere utile quando la
madre non dia sufficienti garanzie di accettazione delle indicazioni del pediatra o quando il loro

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Claudio Martinelli

uso serva per differenziare un rachitismo legato a deficienza di vitamina D o di raggi solari dai
rari rachitismi D-resistenti, da avviare a un centro pediatrico specializzato.

Rachitismo intestinale o da malassorbimento intestinale cronico


Diverse patologie quali la malattia celiaca, la fibrosi cistica e le resezioni intestinali possono
comportare un malassorbimento sia di calcio che di vitamina D con conseguente comparsa di
rachitismo. In particolare nella fibrosi cistica, la stasi biliare può determinare un danno
epatocellulare con ridotta conversione della vitamina D in 25 OH-D. Le manifestazioni
cliniche ed il quadro radiologico e biochimico sono sovrapponibili a quelli del rachitismo
carenziale. La profilassi prevede somministrazione di vitamina D alla dose di 2000-4000 UI/die
o Calcifediolo (25 OH-D3) alla dose di 10-20 mg/die per via orale. Il trattamento consiste nella
somministrazione di calcio per via orale alla dose di 0,5-1 g al giorno in relazione all'età e
Calcifediolo (25 OH-D3) 20-100 mg/die o Calcitriolo (1-25 OH2-D3) 0.05-0.06 mcg/kg/die per
via orale.

Rachitismo da alterato metabolismo epatico della vitamina D


Osteodistrofia epatica (rachitismo nella malattia epatica). Alcune patologie epatiche quali la
cirrosi biliare primitiva e l'atresia delle vie biliari frequentemente determinano rachitismo.
La patogenesi delle lesioni ossee è multifattoriale e può dipendere da un danno epatocellulare
con conseguente ridotta sintesi del 25 OH-D, da alterato assorbimento del calcio e della
vitamina D, da alterazione del circolo enteroepatico della 25 OH-D, dalla terapia cortisonica
e/o immunosoppressiva a cui questi pazienti sono sottoposti per la patologia di base o infine da
una ridotta sintesi (da parte del fegato) delle proteine di trasporto della vitamina D. Il quadro
clinico, radiologico e i parametri biochimici sono sovrapponibili a quelli del rachitismo
carenziale ad esclusione della fosfatasi alcalina totale che comunque può risultare elevata anche
in assenza di lesioni ossee. La profilassi prevede la somministrazione di vitamina D alla dose di
2000-5000 UI/die oppure 200.000 UI ogni tre mesi o, ancora, Calcifediolo (25 OH-D3) alla
dose di 10 mcg/kg/die per via orale. Il trattamento consiste nella somministrazione di calcio
alla dose 0,5-1 g al giorno (in relazione all'età del paziente) e di vitamina D alla dose di 3000
UI/settimana per via intramuscolare oppure 200.000UI ogni due mesi.

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Rachitismi ereditari D-resistenti


Rachitismo ipofosfatemico familiare X-Linked
L'XLH (X-linked hypophosphatemic rickets o XHR o XLHR) ha un'incidenza di 1:20.000 e
una trasmissione dominante (affette oltre ai maschi anche le femmine). Il gene difettivo è il
PHEX ( PHosphate-regulating gene with homology to Endopeptidases on the X chromosome).
Il prodotto di questo gene (una endopeptidasi) sembra avere un ruolo diretto o indiretto
nell'inattivazione di una o più fosfatonine (molto probabilmente il target è la fosfatonina
FGF23). In assenza di PHEX si determina una diminutia degradazione della fosfatonina; dato
che quest'ultima è in grado di inibire il riassorbimento di fosfato a livello del tubulo prossimale
(favorisce l'internalizzazione del trasportatore sodio fosfato e la sua distruzione lisosomiale) e
di inibire la 1α-idrossilasi renale, il risultato è una perdita urinaria di fosfati (fosfaturia e
conseguente ipofosfatemia) ed una diminuita produzione renale di 1,25(OH)2D3 (calcitriolo).
Inoltre si osserva una ridotta attività osteoblastica con deficit minerale perilacunare.
Il periodo tipico di comparsa della malattia avviene nel secondo o terzo anno di vita.
Clinicamente si osserva deformità degli arti inferiori con curvatura o con ginocchio valgo. Le
estremità inferiori sono più gravemente colpite rispetto a bacino, coste o pelvi. Il femore può
sviluppare difetti di curvatura sia in direzione anteroposteriore sia in senso laterale e i pazienti
tendono ad assumere una postura in lordosi per compensare l'inarcamento anteroposteriore. I
riscontri radiologici delle ossa lunghe evidenziano slargamenti metafisari con margini
sfrangiati. L'espansione della cartilagine della placca di crescita può assumere l'aspetto di una
"tazza" o di una "ciotola". La craniosinostosi (fusione prematura di una o più suture craniche) è
una evenienza rara nell'infanzia mentre un riscontro più frequente può essere dato dalla
configurazione scafocefalica del cranio. La bassa statura rappresenta un grosso problema nella
gestione di questi pazienti. La penalizzazione della crescita è variabile e riguarda
maggiormente le estremità inferiori. In conseguenza del basso contenuto di fosforo nella
dentina e nella ridotta mineralizzazione è frequente la comparsa di ascessi dentari.
I pazienti non rispondo alla somministrazione di vitamina D (rachitismo vitaminaD-resistente)
ma ad una combinazione orale di fosforo e calcitriolo. Per il fosforo la dose giornaliera è di 1-2
grammi divisi in 4-5 dosi (le dosi frequenti prevengono i periodi di iposfatemia e permettono di
prevenire la diarrea da eccesso di fosforo orale).

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La dose di calcitriolo è di 30-70 ng/kg/die diviso in due dosi. E' importante che il bilancio tra
fosforo e calcitriolo sia adeguato: un eccesso di fosforo determina un diminuito assorbimento
intestinale di calcio e l'insorgenza di un iperparatiroidismo secondario, un eccesso di calcitriolo
determina ipercalcemia, ipercalciuria e nefrocalcinosi. E' pertanto necessario un monitoraggio
della terapia (calcio, fosforo, fosfatasi alcalina, PTH, calciuria, eco renale per valutare la
nefrocalcinosi). Per i bambini di bassa statura un'opzione può essere rappresentata dalla
somministrazione contemporanea di GH. La risposta alla terapia è solitamente buona.

Rachitismo ipofosfatemico familiare autosomico dominante


L'ADHR (autosomal dominant hypophosphatemic rickets) è meno comune del precedente. E'
determinato da una mutazione nel gene che codifica la fosfatonina FGF23. La mutazione ne
previene la degradazione da parte delle proteasi. Clinica e terapia sono identici alla forma X-
linked.

Rachitismo vitamino D-dipendente


Sinonimi: R. carenziale precoce, R. ipocalcemico, Rachitismo pseudo-carenziale familiare, R. pseudo-vitamino D
deficiente, R. da pseudodeficienza, R. vitamino resistente tipo Prader.

Rara affezione morbosa, ad esordio precoce, caratterizzata clinicamente da turbe


dell'accrescimento e deformità del tronco e degli arti, radiologicamente da grave rachitismo
osteopenico e biologicamente da ipocalcemia (deve il suo nome alla necessità di una continua
supplementazione vitaminica). Si distinguono due forme: il rachitismo vitamino-D-dipendente
tipo l (da difetto di sintesi di 1,25-diidrossicolecalciferolo) e il rachitismo vitamino-D-
dipendente tipo II (da difetto di utilizzazione periferica di 1,25-diidrossicolecalciferolo),
distinto a sua volta in tipo HA (senza alopecia) e tipo IIB (con alopecia).
Eredità autosomica recessiva; in alcune famiglie ipotizzata anche una eredità autosomica
dominante. Il meccanismo patogenetico viene attribuito ad una riduzione dell'assorbimento
intestinale del calcio per deficiente conversione di 25-(OH)D3 in 1.25-(OH)2-D3 da difetto di
1α-idrossilasi (rachitismo vitamino-D-dipendcnte tipo I); ritenute possibili anche forme in cui
l'enzima è presente, ma esiste un difetto di utilizzazione periferica di 1,25-(OH)2-D3 (gene per
il recettore assente o alterato, rachitismo vitamino-D-dipendente tipo II).

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Frequenza: Molto bassa. Descritti 40 casi (1982). Epoca di riscontro: Primi 2 anni (anche 1°
trimestre). Sintomi principali: Condizioni generali compromesse, astenia, ipotonia muscolare,
convulsioni e tetania (positività dei segni di Trousseau e di Chvostek). Deambulazione
ritardata. Capo: Testa grande con fronte olimpica; mollezza della squama occipitale e dei
parietali; fontanelle craniche ampie. Dentizione ritardata (smalto dentario ipoplasico). Alopecia
nel tipo HA. Tronco: Cifo-scoliosi. Torace carenato. Rosario condro-costale. Arti:
Ingrossamento delle regioni epifiso-metafisarie delle ossa lunghe. Deformità angolari degli arti.
Fratture patologiche. Sviluppo psico-fisico: Nelle forme non trattate, ritardo psico-motorio ed
accrescitivo. Nelle forme trattate, sviluppo staturale soddisfacente; talvolta modico ritardo
mentale nelle convulsioni ipocalcemiche recidivanti. Quadro radiologico: Osteoporosi di grado
elevato diffusa a tutto lo scheletro e complicata da fratture multiple. Cranio-faccia: Ossa della
volta cranica particolarmente sottili, interrotte talvolta da aree di radiotrasparenza (craniotabe).
Scissure e fontanelle più ampie della norma con chiusura ritardata. Rachide: Osteoporosi
diffusa. Gabbia toracica: Allargamento e sfrangiamelo delle estremità costali anteriori. Bacino:
Pelvi deformata «a cuore di carta da giuoco». Arti: Ritardo di comparsa ed ipoplasia dei nuclei
epifisari. Melatisi allargate, deformate a calice, con spongiosa sporgente a guisa di frangia nello
spazio coniugale abnorme-nente allargato. Diafisi decalcificate, incurvate, con corticali sottili e
fratture da durata nei punti di maggiore sollecitazione funzionale. Età scheletrica: Ritardata.
La terapia del rachitismo vitamino-D-dipendcnte tipo 1 prevede la somministrazione di 1-25
(OH)2 D3 1-2 mcg/die; nel rachitismo vitamino-D-dipendente tipo II 1,25(OH)2D3 a dosi
elevate (15-30 mcg/die).

Sindrome di Fanconi.
Si tratta di una disfunzione genralizzata del tubulo prossimale che comporta perdite renali di
fosfato, aminoacidi, bicarbonato, glucosio, urati ed altre molecole che sono normalemente
riassorbite. Le caratteristiche clinico-diagnostiche più rilevanti sono iperfosfaturia con
ipofosfatemia, acidosi tubulare renale prossimale, glicosuria, aminoaciduria e bassi livelli di
uricemia. La sindrome di Fanconi è quasi sempre associata a disordini genetici come la
cistinosi, la malattia di Wilson, la sindrome di Lowe e la tirosinemia. Può essere secondaria
all'esposizione a metalli pesanti o a particolari farmaci (ifosfamide, valproato, aminoglicosidi).

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La forma primaria di sindrome di Fanconi è estremamente rara.


Il rachitismo è secondario all'ipofosfatemia ed il quadro clinico risente della acidosi metabolica
(che facilita la dissoluzione ossea).
Nei casi determinati da intossicazione da metalli pesanti o da farmaci la rimozione della causa
rivolve il quadro clinico. Negli altri casi l'alterata funzione di riassorbimento tubulare tende a
rimanere stabile. E' pertanto necessaria la somministrazione di fosforo e bicarbonati per
correggere l'acidosi e l'ipofosfatemia. E' inoltre molto spesso necessaria la somministrazione
orale di calcitriolo (quando i livelli sono ridotti e per aumentare l'assorbimento intestinale di
calcio soppresso dall'eccesso di fosforo orale).

Acidosi tubulare renale


Per acidosi tubulare s'intende una sindrome, caratterizzata da acidosi metabolica ipercloremica,
dovuta a un difetto dell'acidificazione del tubulo: ne consegue l'incapacità a formare urina che
abbia un pH inferiore a 5,4 in un soggetto con filtrazione glomerulare normale.

Ne esistono tre tipi:


• acidosi tubulare distale (tipo I);
• acidosi tubulare prossimale (tipo Il);
• deficit di mineraloconicoidi (definita tipo IV, perché il tipo III è risultato essere una
variante del tipo I).

Acidosi tubulare distale (tipo I)


Si ritiene che essa sia dovuta essenzialmente all'incapacità del tubulo distale e del tubo
collettore di secernere ioni idrogeno, ma sono stati invocati altri meccanismi, fra i quali una
deficienza cellulare di anidrasi carbonica.
La mancata secrezione di ioni idrogeno riduce la formazione di acido carbonico e
successivamente di anidride carbonica nel lume tubulare. Questo difetto nella secrezione di
idrogenioni comporta un minor riassorbimento di bicarbonati, che vengono perduti in
percentuali che raggiungono il 10-15% del carico filtrato. La perdita di bicarbonato è all'origine
dell'ipercloremia e dell'ipopotassiemia.

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Come diretta conseguenza dell'acidosi sistemica è presente una mobilitazione di calcio dalle
ossa, con aumento della quantità di calcio filtrato a livello glomerulare e possibilità di
deposizione di calcio e conseguente nefroca1cinosi e nefrolitiasi.
L'acidosi tubulare distale può essere primitiva, come situazione isolata, e in questo caso può
essere sporadica o ereditata come carattere autosomico dominante. Esistono forme secondarie a
nefrite interstiziale o a tossici (amfotericina B, litio).
Ogni volta che troviamo un paziente con acidosi metabolica. ipopotassiemia e ipercloremia,
con bassi livelli di bicarbonatemia, va sospettata un'acidosi tubulare distale.

Acidosi tubulare prossimale (tipo Il)


Questa forma non si presenta quasi mai isolata, ma associata ad altre disfunzioni dei processi di
trasporto del tubulo prossimale, quali il riassorbimento di glucosio, di fosfati e di aminoacidi. Il
processo di acidificazione a livello distale risulta integro.
La situazione patologica è dovuta a un ridotto riassorbimento di bicarbonati a livello del tubulo
prossimale, probabilmente per un'insufficiente sintesi di anidrasi carbonica: invece del normale
livello dell'85% nel riassorbimento dei bicarbonati, in questi pazienti il riassorbimento non
supera il 60%: il tal modo ai tubuli distali non arriva il 15% dei bicarbonati filtrati a livello
glomerulare, ma ben il 40%: poiché i tubuli distali non riescono a riassorbire più del 15%, se ne
conclude che il 25% dei bicarbonati filtrati passa nelle urine. La ipobicarbonatemia che ne
consegue riduce di conseguenza le perdite. Poiché il processo di acidificazione è normale, è
possibile che in questi casi il pH delle urine scenda al di sotto di 5.5.
Come conseguenza dello scarso riassorbimento dei bicarbonati a livello del tubulo prossimale,
è presente un incremento del riassorbimento dei bicarbonati a livello del tubulo distale, con
conseguente ipopotassiemia, ipercloremia e aumento della secrezione di aldosterone.
L'acidosi tubulare prossimale può essere primitiva, come situazione isolata, e in questo caso
può essere sporadica o ereditata come carattere autosomico dominante, transitoria o
permanente. Esistono inoltre forme nelle quali l'acidosi tubulare non è una manifestazione
isolata, ma fa parte di un difetto generalizzato del trasporto del tubulo prossimale (sindrome di
Fanconi-De Toni-Debré), con aminoaciduria, fosfaturia, glicosuria e perdita di carnitina.
Questa sindrome può essere primitiva o secondaria a malattie genetiche (cistinosi, sindrome di

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Lowe, e altre situazioni) o acquisita (tetracicline scadute, intossicazioni da metalli pesanti e


altro).

Deficit di mineral-corticoidi
Questa forma può essere dovuta a un difetto nella secrezione di mineralocorticoidi
(aldosterone) o a un'insensibilità delle cellule deltubulo all'aldosterone. Ne consegue un'acidosi
iperpotassiemica e ipercloremica. L'acidosi sistemica può portare all'eliminazione di urine
acide.

Rachitismo da terapia anticonvulsivante


La terapia cronica con anticonvulsivanti nel 10-30% dei casi si associa a rachitismo; in
conseguenza della induzione microsomiale delle 25-idrossilasi epatica e conseguente ridotta
sintesi delle 25 OH-D. Inoltre questi farmaci inibiscono direttamente l'assorbimento intestinale
del calcio oltre ad alterare il turnover osseo. I segni biochimici e clinici sono sovrapponibili a
quelli del rachitismo carenziale. La profilassi viene effettuata somministrando vitamina D alla
dose di 800-1200 Ul/die oppure 1000-3000 UI ogni settimana (1); il trattamento prevede la
somministrazione di calcio pervia orale alla dose di 0,5-1 g al giorno e vitamina D alla dose di
4000-15000 Ul/settimana o in alternativa Calcifediolo (25 OH-D3) alla dose di 50-100 mcg/die
per via orale.

Iperproduzione di fosfatonine

L'osteomalacia indotta dalla neoplasie è più comune negli adulti che nei bambini. Quando si
verifica nei bambini può determinare rachitismo. Si tratta solitamente di neoplasie
mesenchimali benigne, localizzate a livello osseo capaci di secernere diversi tipi di fosfatonine.
Queste sostanze possono determinare un rachitismo simile all'XLH e all' ADHR.
Anche nella sindrome di McCune-Albright e nella neurofibromatosi si verifica una
overproduzione di fosfatonine.

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