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1° CIRCOLO DIDATTICO

VICO EQUENSE
CLASSI IV

UNITA’
UNITA’ D’ITALIA …
I ANNI
10 MARZO 2011
HOTEL ORIENTE
L’educazione alla legalità da sempre, nella nostra Scuola,
ha rivestito un ruolo di primaria importanza. I percorsi
educativo-didattici realizzati hanno condotto gli alunni a
scoprire il valore delle regole e la necessità di rispettarle.
Quest’anno attraverso le attività svolte nel laboratorio
“A scuola di Costituzione…regoliamoci!” noi alunni
delle classi quarte A B C D abbiamo focalizzato la
nostra attenzione sui simboli della nostra Patria: lo
Stemma, l’Emblema, l’Inno, il Tricolore, le Istituzioni, la
Costituzione!
Per l’anniversario dell’Unità d’Italia, in particolare,
abbiamo voluto scoprire come sono nati l’Inno Nazionale
e la nostra bandiera.
La testimonianza più nota è quella resa da
Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico
e biografo di Mameli.
Siamo a Torino:
"Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e
scrittore, si faceva musica e politica insieme. Infatti si leggevano al pianoforte
parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia.
In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, voltosi al Novaro, con un foglietto
che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. –
Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove.
Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il
maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio…
In seguito dirà: io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, ...
Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo,…mettendo giù
frasi melodiche, l'un sull'altra,… presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure
levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo
strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne
alle mani:… fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia."
L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne
fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo
durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni
successivi.
Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni
del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non
alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra
Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla
Marsigliese.
Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno
di Mameli divenisse l'inno nazionale
Genova 5 settembre 23 ottobre 1818 - 21 ottobre 1885
1827 Genova
Roma 6 luglio 1849
Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre
1827. Studente e poeta a 15 anni, di sentimenti liberali e
repubblicani, aderisce al Mazzinianesimo nel 1847, l'anno in cui
partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le
riforme e compone Il Canto degli Italiani. La vita del poeta-
soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo
del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per
poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei
bersaglieri.
Dopo l'armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con
Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio
1849, viene proclamata la Repubblica. Busto di Goffredo Mameli
Nonostante la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della al Gianicolo.
città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba
sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena.
Muore d'infezione il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino, a soli
ventidue anni.
Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.
Michele Novaro nacque il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studiò
composizione e canto.
Convinto liberale, offrì alla causa dell'indipendenza il suo talento
compositivo, musicando decine di canti patriottici e organizzando spettacoli
per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine.
Di indole modesta, non trasse alcun vantaggio dal suo inno più famoso,
neanche dopo l'Unità. Tornato a Genova, fra il 1864 e il 1865 fondò una
Scuola Corale Popolare, alla quale avrebbe dedicato tutto il suo impegno.
Morì povero, il 21 ottobre 1885.
Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli venne eretto un monumento funebre nel
cimitero di Staglieno, dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini.
Fratelli d'Italia, Stringiamoci a coorte,
l'Italia s'è desta, siam pronti alla morte.
dell'elmo di Scipio Siam pronti alla morte,
s'è cinta la testa. l'Italia chiamò.
Dov'è la Vittoria? Stringiamci a coorte,
Le porga la chioma, siam pronti alla morte.
che schiava di Siam pronti alla morte,
Roma l'Italia chiamò, sì!
Iddio la creò.
In molti criticano questo testo: troppo retorico, si dice, pomposo, parole
arcaiche, dell'Ottocento...
Be', che le parole siano molto "Ottocentesche" non c'è dubbio, ma che altro
poteva fare uno che scriveva nel 1847?
E poi retorico... Sarebbe retorico quel "Siam pronti alla morte"? Be', però se
pensiamo che il testo è stato scritto da uno che poi è morto a 22 anni
combattendo per le sue idee, non è poi così retorico.
La Vittoria si offre
Fratelli alla nuova Italia e
Dov'è la Vittoria?
d'Italia a Roma, di cui la
Le porga la chioma,
L'Italia s'è dea fu schiava per
Ché schiava di
desta, volere divino. La
Roma
Dell'elmo Patria chiama alle
Iddio la creò.
di Scipio È di Scipione armi: la coorte,
Stringiamci a
S'è cinta l'Africano, il infatti, era la
coorte
la testa. vincitore di decima parte della
Siam pronti alla
Zama, l'elmo legione romana
morte
che indossa L'Italia chiamò.
l'Italia pronta
alla guerra
Noi siamo da secoli Uniamoci, amiamoci,
Calpesti, derisi,
Una bandiera
l'Unione, e l'amore
Perché non siam e una Rivelano ai Popoli
popolo, speranza Le vie del Signore;
Perché siam divisi. (speme) Giuriamo far libero
Raccolgaci un'unica Il suolo natìo:
Bandiera, una speme: comuni per
Uniti per Dio
Di fonderci insieme l'Italia, nel Chi vincer ci può?
Già l'ora suonò. 1848 ancora Stringiamci a coorte
Stringiamci a coorte Siam pronti alla morte
Siam pronti alla
divisa in
L'Italia chiamò.
morte sette Stati
L'Italia chiamò.
Mazziniano e
repubblicano, Mameli
traduce qui il disegno
politico del creatore
della Giovine Italia e
della Giovine Europa.
"Per Dio" è un
francesismo, che vale
come "attraverso Dio",
"da Dio"
In questa strofa,
Dall'Alpi Mameli ripercorre
a Sicilia sette secoli di lotta I bimbi la figura di
Dovunque contro il dominio d'Italia Balilla
è Legnano, Si rappresenta il
Ogn'uom
straniero. chiaman
Anzitutto,la simbolo della
di Balilla,
Ferruccio battaglia di rivolta
Ha il core, Legnano del 1176, popolare di
ha la Genova
mano, in cui la Lega
Lombarda contro la
sconfisse coalizione
Barbarossa. Poi, austro-
l'estrema difesa piemontese.
della Repubblica di
Firenze, assediata
dall'esercito
imperiale di Carlo
V nel 1530, di cui
fu simbolo il
capitano Francesco
Ferrucci.
Ogni squilla significa Son giunchi che
Il suon d'ogni "ogni campana". E la piegano
squilla sera del 30 marzo Le spade vendute:
I Vespri suonò. Già l'Aquila
Stringiamci a
1282, tutte le campane d'Austria
coorte chiamarono il popolo Le penne ha
Siam pronti di Palermo perdute.
alla morte Il sangue d'Italia,
all'insurrezione contro i
L'Italia Il sangue Polacco,
chiamò. Francesi di Carlo Bevé, col cosacco,
d'Angiò, i Vespri Ma il cor le bruciò.
Siciliani. Stringiamci a coorte
Siam pronti alla
morte
L'Italia chiamò

L'Austria era in declino (le spade vendute sono le


truppe mercenarie, deboli come giunchi) e Mameli lo
sottolinea fortemente: questa strofa, infatti, fu in
origine censurata dal governo piemontese. Insieme
con la Russia (il cosacco), l'Austria aveva
crudelmente smembrato la Polonia. Ma il sangue dei
due popoli oppressi si fa veleno, che dilania il cuore
della nera aquila d'Asburgo.
“Tutti gli uomini di una nazione sono chiamati, per la legge di Dio e
dell’umanità, ad essere uguali e fratelli” (Giuseppe Mazzini).

Ed è appunto chiamandoli “fratelli” che Mameli (convinto e coerente mazziniano)


rivolge agli Italiani il Canto a loro dedicato.
Oggi l’Italia, non più “calpesta e derisa”, è unita, indipendente, democratica,
repubblicana, come garantito dalla nostra Costituzione!
Per questo, per noi può risultare difficile comprendere fino in fondo l’emozione e
la speranza che quel “fratelli” era in grado di suscitare nei patrioti risorgimentali.
Ma nel 1847, quando il ventenne Goffredo Mameli scrisse il Canto degli Italiani
era ancora un sogno, un’utopia. La Penisola era politicamente frammentata in
stati e staterelli.
“L’Italia” era solo “un’espressione geografica”.

Il Canto degli Italiani, invece, con quel “fratelli” iniziale, dichiarava che l’Italia
aveva il dovere morale di essere unita e che per i suoi figli era giunta l’ora di
tornare ad essere popolo.
E ancora oggi,a centocinquant’anni dalla sua nascita,l’Inno di Mameli continua a
toccare quella corda dentro di noi che ci fa sentire ovunque siamo:
fratelli d’Italia.

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