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di Eduardo Colombo
Il Voto
"È una grande domanda " diceva Montesquieu nel II libro del
suo De l'Esprit des lois, che, affrontando il problema, si
appoggia su Cicerone. Quest'ultimo scrive nel libro III delle
Leggi: "Il meglio è di dare il il proprio suffragio a voce alta; ma
possiamo fare in modo che così sia la regola?". E aggiunge
alcune righe dopo: di una legge che stabilisce lo "scrutinio
segreto", "mai un popolo libero ne ha sentito il bisogno; lo
reclama con insistenza quando è oppresso sotto la potenza ed il
dominio dei potenti".
Montesquieu approva: "senza dubbio che, quando il popolo dà i
suoi suffragi, essi devono essere pubblici, e questo deve essere
considerato come una legge fondamentale della
democrazia"[1]. Ma né Cicerone né Montesquieu provano una
calda passione per l'eguaglianza e trovano delle circostanze
attenuanti per tutti quelli che fanno appello al segreto. Il voto
segreto - crede Montesquieu- previene gli imbrogli quando, in
un'aristocrazia, il corpo dei nobili deve dare il suo suffragio,
poiché "tutto si fa tramite imbrogli e per accordi presso i
potenti" (Lesage).
Per contro, Machiavelli, spirito avvertito in questi affari, sapeva
che sotto la copertura del segreto si tessono le frazioni
sostenitrici. Nelle sue Storie fiorentine (Libro settimo, II),
leggiamo a proposito di Cosimo dei Medici e Neri Capponi: "Neri
era uno di quelli che avevano conquistato la loro popolarità
attraverso vie legali, in modo tale che aveva molti amici, ma
pochi sostenitori. Cosimo [...], avendo conquistato la sua
popolarità sia con le vie segrete che alla luce del sole, aveva e
degli amici e dei partigiani in gran numero".
Eduardo Colombo
[Traduzione di Ario Libert]
NOTE.
LINK:
Le vote et le suffrage universel