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28 LUGLIO 1943,
SAN MARINO VOLTA PAGINA
L'interrogatorio
Dalla loro cella, i prigionieri ascoltano le torture inflitte dai tedeschi a due
partigiani, Renato Parlanti e Mario Galli. Poi vengono interrogati "con due
pistole puntate alla tempia, un fucile al petto", precisa Giuseppe Maiani:
"Volevano sapere se noi conoscevamo i ribelli" della banda Stacciarini, "e
chi aveva ucciso il tedesco. L'interrogatorio veniva di tanto in tanto
interrotto da botte; durò circa un'ora".
La banda prendeva nome da Antonio Stacciarini, un giovane, figlio di un
"gerarca fascista bastonatore", e lui stesso ex sergente della Milizia.
Il governo di San Marino interviene subito presso le SS. Spiega Federico
Bigi: "Trovai sempre un'estrema durezza nelle trattative da parte del
Comando tedesco" che esigeva che almeno dieci persone fossero fucilate per
rappresaglia. "Quel comandante arrivò a prospettarmi una soluzione
veramente terrificante... la consegna da parte mia di dieci italiani scelti a
mio piacimento fra i rifugiati di San Marino", in cambio della libertà per il
gruppo arrestato il 29 agosto.
Bigi riesce ad ottenere la consegna di tutti i prigionieri senza contropartita,
e li fa trasferire nel carcere della Rocca, "per ragioni di sicurezza nel timore
che venissero nuovamente arrestati o prelevati". E' il 4 settembre.
"Cambieremo il ritratto"
Quando la sera del 25 luglio 1943 alle 22.45 la Radio italiana annunciò la
caduta di Mussolini, all'albergo Titano (noto covo dei fascisti sammarinesi),
si svolgeva la solita partita a poker dei capi locali. Il segretario di Stato
Giuliano Gozi "rimase tranquillissimo", mentre suo fratello Manlio
(segretario del pfs) "fu colto da emozione".
Ricorda Federico Bigi che da Roma arrivò una telefonata del console
sammarinese: Badoglio è nostro amico, non c'è nulla da temere. "La serata
si chiuse con questo commento umoristico di Giuliano Gozi: 'Allora vorrà
dire che a Palazzo al posto del duce metteremo il ritratto del maresciallo
Badoglio'.
C'era poco da ridere, per la verità. Anche San Marino stava per cambiare
aria. Ma non senza traumi. Anzi, la Repubblica dovrà vivere momenti assai
dolorosi.
"L'ora della resa dei conti era giunta anche per questi parodianti buffoni, e
vani risultarono gli espedienti posti in atto il giorno 26 luglio, colla
pubblicazione di un manifesto della Reggenza del tempo, in cui alle
suadenti e fraterne raccomandazioni di calma e disciplina, si aggiungevano
minacce di applicare con rigore le leggi contro coloro che intendessero
turbare l'ordine pubblico. Non mancava il pistolotto in elogio al Maresciallo
Badoglio che lo si considerava un caldo amico della Repubblica. Questa
ostentata premessa che mascherava una latente paura, non servì che a
prolungare di poche ore la vita dell'infausto regime": è una testimonianza
del dottor Alvaro Casali.
Gli antifascisti locali si riunirono subito a Rimini, il pomeriggio del 26,
nell'ambulatorio dello stesso dott. Casali, un socialista che nel '40 era stato
costretto ad emigrare in Francia, da dove era tornato dopo l'occupazione
tedesca, aprendo due studi, uno a Borgo ed uno a Rimini.
Da quell'incontro, nasce il progetto di una manifestazione popolare che si
tiene il 28 luglio al Teatro del Borgo, alla presenza di una folla
strabocchevole.
La vedova del dott. Casali, Antonia Amadei, ricorda che da Borgomaggiore
gli antifascisti in corteo salirono al Palazzo della Reggenza, "per chiedere le
dimissioni del Governo e lo scioglimento del Consiglio fascista".
Il giorno prima, 27 luglio, era stato sciolto il partito fascista sammarinese.
Nella riunione del 26 a Rimini, era nato il "Comitato per la libertà" che il 27
tiene una seconda riunione "nella quale si decise di rompere ogni indugio e
di passar la sera stessa all'azione, soprattutto perchè nella stessa mattina i
fascisti di San Marino avevano assunto un atteggiamento di sfida ed
avevano promesso, siccome il loro vecchio sistema, bastonate e piombo ai
loro oppositori", si legge in un numero unico del Comitato stesso, edito il 3
settembre, con il titolo "28 luglio".
"La notte non si dormì", prosegue il foglio: "Giovani vibranti d'entusiasmo e
di fede s'irradiarono per ogni frazione della Repubblica, chiamando a
raccolta il popolo alla riscossa...". All'alba del 28, "una folla, forse non mai
adunata nel nostro paese", invase "le anguste vie del Borgo, raggiante di
sole e di gioia".
Campane a festa
Il comizio di Borgo fu presieduto da Francesco Balsimelli che poi guidò il
corteo assieme all'avv. Teodoro Lonfernini e ad Alvaro Casali.
"Si svolsero lunghe trattative dei dimostranti con i Capitani Reggenti che
infine decretarono lo scioglimento del governo. A mezzogiorno fu costituito
un governo provvisorio di venti membri, che nel pomeriggio fu poi
allargato a trenta. Tra i quali mi ritrovai anch'io, ventitrenne", spiega
Federico Bigi, noto esponente democristiano.
Suonarono a festa tutte le campane. Alla testa del corteo c'erano le bande
musicali, racconta una cronaca del tempo, dove si legge anche che i fascisti
sammarinesi si erano illusi di tenere il potere pure dopo il crollo di
Mussolini.
Chi erano gli uomini del fascio sul Titano? "Praticamente... un unico
personaggio con i suoi famigliari riassumeva tutti i poteri effettivi. Si tratta
di Giuliano Gozi, al quale non si perdona d'esser stato accentratore
assolutista, despota, segretario al Ministero degli Interni; egli assunse
anche quello degli Esteri, vale a dire l'intero Gabinetto sammarinese che si
compone appunto di due soli Ministri", prosegue quella cronaca.
Come un dittatore, "S.E. Gozi nominò vice cancelliere un suo cugino,
Enrichetto Gozi, e Segretario del partito fascista sammarinese il fratello
Manlio".
Il primo agosto, il "Comitato per la libertà" creato dall'assemblea del 28
luglio, esulta: "... E' caduta la tirannia che per oltre un ventennio ha deviato
la Repubblica dal suo millenario cammino". I cittadini sono invitati "a
mantenere quell'attitudine di calma che è lo spettacolo più grande che
possa dare un popolo offeso nelle proprie prerogative ma sicuro del proprio
diritto".
Il 10 agosto, lo stesso Comitato cancella tutti i provvedimenti presi dal
governo sammarinese tra il primo aprile 1923 ed il 27 luglio 1943; ne
destituisce i vecchi componenti; nomina un Sindacato straordinario "che
indaghi sulle responsabilità politiche e amministrative di tutti gli esponenti
del governo e del partito fascista ed applichi le eventuali sanzioni a norma
di legge"; ed invita la repubblica a girare pagina: non più arbitrii, abusi,
privilegi, immunità, connivenze "create da un regime dispotico e
incontrollato".
Il 5 settembre, vengono convocati i Comizi elettorali a lista unica per i
sessanta componenti del Consiglio Grande e Generale che, nella prima
seduta del 16 settembre ascoltano il discorso dell'anziano leader socialista
Gino Giacomini che il fascismo aveva mandato esule a Roma: "Noi non
abbiamo nè vendette da compiere nè collere da sfogare. Esse sarebbero una
meschinità e una degradazione indegna di noi e della nostra Terra".
Ci si affidava ad una "giustizia alta e serena" che accertasse "le
responsabilità del malgoverno, che ha trascinato il Paese a tante funeste
contingenze".
Sembrava che il peggio fosse passato per sempre. Invece doveva ancora
venire. Il 5 ottobre 1943, un reparto di SS con tre autoblinde entra in
territorio sammarinese, guidato dai fascisti del luogo, per arrestare gli
esponenti più rappresentativi del "Comitato per la libertà" e per "abbattere
il Governo Democratico sorto dalla caduta del fascismo", come narrerà
Alvaro Casali in una sua "Memoria storica".
Le SS erano state chiamate dai repubblichini riminesi.
SCHEDE
2. La banda Stacciarini
Aprile 1944. A Montegrimano si forma il primo gruppo di partigiani. Fra i
più attivi ci sono Elio Fabbri e Duilio Paolini. Il nucleo si limita a rimediare
qualche arma. Il comando viene affidato ad Antonio Stacciarini, originario
di Montemaggio, ex sergente della Milizia e figlio di un manganellatore
fascista. Di lui, però, non ci si fida pienamente, per i precedenti personali e
paterni: Paolini dà credito alla sua buona fede, ma lo fa seguire attenta-
mente da Francesco (Popo) Penserini. A Paolini è dato l'incarico di
Commissario politico. Il gruppo compie qualche sparatoria a scopo
intimidatorio, senza mai arrivare ad azioni di qualche rilievo.
A giugno, il nucleo partigiano di Montegrimano deve congiungersi con il
distaccamento "Montefeltro" della quinta brigata Garibaldi "Pesaro". Nella
trasferta verso l'interno, incontra i fascisti, e si sbanda: ognuno vaga fra
monti e fossi fino alla Liberazione.
Nei primi mesi del '44, era giunto nella zona un gruppo di dodici perse-
guitati mantovani, fuggiti di casa. In luglio, i tedeschi li arrestano: di quelle
persone, si perderà ogni traccia: "Chi li ha traditi?... Mistero; non è il primo,
né sarà l'ultimo".
Il 10 luglio, a Montegrimano e a Meleto, su segnalazione dei fascisti, i
tedeschi rastrellano una dozzina di persone, deportandole in Germania:
"non direttamente partigiani, sono antifascisti". Il 12 luglio c'è l'episodio di
Duilio Paolini: i fascisti lo torturano, lui forse muore subito. Il suo corpo non
sarà mai ritrovato. Anche lui è vittima di una spiata dei repubblichini.
In quei momenti, "qualche fascista-di Montegrimano e di San Marino"
prendeva nota di quanto accadeva.
(Da "Per non dimenticare", di Sandro Severi).
Le SS ammisero che nei rapporti dei propri informatori, c'erano anche delle
"deformazioni". Quelle deformazioni volute dalle spie italiane, costarono la
vita a qualche persona. Come nel caso del sarto di Montelicciano, Duilio
Paolini, il cui ruolo era del tutto marginale.
Bibliografia essenziale
Sono tratte dal più volte citato volume di B. Ghigi su "San Marino 1943-1944", le
testimonianze di Guerrino e Giuseppe Maiani (p. 159) e F. Bigi (84). La "Memoria
storica" di A. Casali è nello stesso Ghigi (p. 220). Cfr. poi A. Casali, "Lungo cammino
di un popolo sulla strada della libertà", Bramante ed., Urbino, 1970 (p. 131).
Il giornale "28 luglio" è in Ghigi. Così pure la cronaca giornalistica, ivi riprodotta
senza altre indicazioni. Il discorso di Giacomini è nel cit. Montemaggi, "San Marino
nella bufera", p. 84.
Di S. Bertoldi, cfr. "Salò", Bur, 1978, p. 14.
Dobbiamo all'Anpi di Pesaro le notizie biografiche su Mario Galli (nato a S. Angelo
in Vado il 30.3.1914) e Renato Parlanti (Carpegna, 21.2.22), e la precisazione
sugli arrestati del 29 agosto.
Su quest'ultimo episodio, nella terza puntata abbiamo scritto che gli arrestati
erano dieci secondo Balsimelli, dodici secondo Bigi e quindici secondo Guerrino
Maiani. Ma nell'elenco di Maiani (nel cit. Ghigi), c'è un errore di stampa, per cui
con l'aggiunta di una virgola, si sale a 16 persone. Guerrino Maiani, in una
dichiarazione inviata all'Anpi di Pesaro il 20.6.1982, parla di 18 persone (tra cui
sei italiani). Tra loro, una donna, Maria Giorgi che ricorda però pure una seconda
ragazza italiana arrestata con lei, per cui si arriverebbe ad un totale di 19 persone
(di cui sette italiani). Il nome di questa seconda ragazza non è nell'elenco ri-
cordato. Dove invece sono inseriti Mario Galli e Renato Parlanti che non furono
arrestati a Montegrimano il 29 agosto, ma mentre erano di pattuglia con gli inglesi
nelle campagne di S. Angelo in Vado, per un'imboscata tedesca "che aveva tutto il
sapore di una soffiata abbastanza precisa", scrive Sandro Severi in "Per non dimen-
ticare", opuscolo edito dal Comune di Montegrimano nel settembre 1982.
L'intervista al card. Lustiger è nella "Stampa" del 5.9.1989.