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l’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipu-
lato tra Siae, Aie, Sns e Cna, Confartigianato, Casa, Claai, Confcommercio,
Confesercenti il 18 dicembre 2000.
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numero di pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito di
specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano,
e-mail: segreteria@aidro.org
INDICE
PARtE PRIMA
Serialità televisiva, criminale ed ematologica
VALENtINA VELLUCCI
Ritualità e ammiccamento in Dexter. Autopsia di una opening
sequence epocale 3
VALERIA MACRì
Un serial killer fuoriserie 35
BENEDEttO SANFILIPPO
«Il sangue mi rende nervoso». Dexter ematologo, le ragioni
di una scelta professionale 47
PARtE SECONDA
Polarità personali e impersonali
VI INDICE
ANtONINO LAGANà
L’antinomia della coscienza nella figura di Dexter 95
VINCENzO CICERO
Dexter e i suoi nomi 105
APPENDICE
Guida agli episodi della serie tv e ai romanzi di Jeff Lindsay 127
BIBLIOGRAFIA E INDICI
Bibliografia dexteriana 137
Filmografia 141
telefilmografia 143
Indice dei nomi 145
Introduzione
Si può amare un serial killer, tifare platealmente per lui nella sua partita
maschia contro la polizia, aspettare quasi in trance che metta a segno il
prossimo gol, senza con ciò provare alcun imbarazzo morale?
Risposta a caldo: ammesso che non apparteniamo alla sua stessa ca-
tegoria criminale e che non vogliamo emularlo, sì, questa passione è
possibile, date però certe condizioni. Il serial killer 1) non dev’essere
reale, ma finzionale, 2) non deve compiere atti di efferatezza gratuita o
su innocenti, 3) dev’essere irresistibilmente simpatico come Dexter Mor-
gan – un altro dei grandi personaggi penombrali e solitari lanciati nel-
l’ultimo decennio dalla serialità televisiva americana, accanto a tony
Soprano, Gregory House, Don Draper, Paul Weston, Cal Lightman...
Risposta a freddo: sì, date tali condizioni si può essere, senza scru-
poli morali, fan di un serial killer – purché però si sia già messa in que-
stione la moralità e, quindi, quella che sola può costituirne la fonte: la
libertà del singolo1.
1
In questa sede posso solo richiamare brevemente i termini della questione. Per
‘morale’ si intende in genere un insieme di princìpi – o codice di norme – che re-
golano le azioni umane in riferimento a moventi, mezzi e fini. Qui ne propongo
però un’accezione più ristretta. Con una distinzione terminologica di cui non ci
vorrà molto a riconoscere il gesto costitutivo hegeliano, e che utilizzo per i suoi in-
dubbi vantaggi didascalici, riservo il sostantivo ‘morale’ al corpo di norme relative
alle condotte di un singolo oppure di una microcollettività; e mentre la ‘legalità’ è
la mera adesione formale (che p.es. può essere automatica oppure coatta), ‘moralità’
indicherà invece la libera conformità delle azioni dei singoli a queste norme speciali;
con il sostantivo ‘etica’ designo poi il codice che vige all’interno di una collettività
comunitaria ed è vincolante per le condotte di tutti i suoi membri (e ‘eticità’, distinta
anch’essa dalla legalità, significherà allora la libera conformità a tali leggi gene-
rali). – In un tale contesto, ogni morale che voglia essere comunitariamente valida
deve in generale ispirarsi alle leggi etiche; e ogni codice normativo, a sua volta, può
far capo a una morale eticamente orientata oppure a una morale parziale, microcol-
lettiva – e in questo secondo caso il codice può essere ‘amorale’, cioè indifferente alle
istanze etiche, se non addirittura ‘immorale’, qualora contenga direttive comporta-
mentali contrarie alle norme comunitarie o comunque in conflitto con esse.
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VIII INtRODUzIONE
INtRODUzIONE IX
* * *
Nel licenziare il volume, mi resta il rammarico di non aver potuto de-
dicare uno studio specifico all’evoluzione morale di Dexter. Ma mi con-
sola il pensiero della genesi e realizzazione di questa fatica di gruppo.
L’idea di un libro collettaneo e multidisciplinare sui serial killer mi
fu comunicata nel novembre 2008 da Valeria Macrì, che accolse con fa-
vore la mia proposta di concentrarci monotematicamente sul serial killer
più eccentrico del mondo; e a gennaio 2009 il progetto editoriale era
già pronto. Nella primavera successiva organizzai a Scienze della forma-
zione dell’Università di Messina un laboratorio di 30 ore sul tema: Mr.
Dexter & Dr. House. Un parallelo in prospettiva logica, epistemologica ed etica.
2
L’immagine della bussola morale (moral compass) è impiegata a proposito di tony
Soprano da Nöel CARROLL, Sympathy for the Devil, in R. GREENE - P. VERNEzzE, The
Sopranos and Philosophy. I Kill Therefore I Am, Open Court, Chicago - La Salle (Ill.)
2004, p. 136.
3
Da Simon BROWN e Stacey ABBOtt, citati più avanti, pp. 27 e 51.
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X INtRODUzIONE
Sette dei nove saggi presenti nel volume sono nati nel fervore ludico e
creativo di quel contesto, con il contributo determinante dei sessanta
studenti partecipanti.
Gli scritti che seguono, compresi i due sopraggiunti in un secondo
tempo, esprimono perciò una spiccata coralità, che certo non vuol dire
unanimità di vedute e valutazioni. I loro titoli spigliati e insieme circo-
stanziati sono così eloquenti che mi ritengo esonerato dal farne una
qualsiasi presentazione.
Un grazie di cuore va ad Aurelio Mottola, il direttore di Vita e Pen-
siero, che ha accolto il progetto editoriale dexteriano nella prestigiosa
collana ‘Media Spettacolo e Processi culturali’.
Ringraziamenti speciali indirizzo a due personalità che mi onorano
della loro amicizia e senza le quali questo volume avrebbe avuto altra (o
forse nessuna) forma: Pietro Emanuele e Fabio Cannavò.
NB: I brani citati dai romanzi dexteriani di Lindsay e dalle stagioni del serial Dexter
vengono segnalati come segue:
a) nelle citazioni letterarie, un numero ordinale romano indica il romanzo (secondo
l’ordine cronologico di pubblicazione; v. Appendice, pp. 133-134) ed è seguito da
uno spazio e da una cifra araba relativa al capitolo;
b) nelle citazioni dalla sceneggiatura della serie tv (ed. Fox Channels Italia), il sim-
bolo ‘#’ precede un numero di tre cifre: la prima cifra indica la stagione, le altre
due l’episodio (v. Appendice, pp. 129-132).
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vIncenzo cIcero
1
Il connubio di mostrare e ammonire nella radice etimologica di ‘mostro’ è messo
perspicuamente in rilievo da IsIdoro dI sIvIglIa nelle Etimologie (XI, III 3).
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2
cfr. s. FreUd, Il perturbante (Das Unheimliche, 1919), in Opere di Sigmund Freud, trad.
it. di s. daniele, Bollati Boringhieri, Torino 1989, vol. IX, pp. 77-118. l’opera di
o. rank a cui attinge Freud è Il doppio (Der Doppelgänger, 1914). cfr. il saggio di vil-
lano Barbato, § 1.
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3
su questa sequenza cfr. il saggio di sanfilippo, § 4.
4
cfr. p.es. I 25, dove peraltro il narratore dexter cita di passaggio il fondatore della
psicoanalisi: «Per la prima volta, per quanto potessi ricordare, ebbi paura. non mi
piaceva trovarmi in quel luogo [il porto di Miami], dove si aggiravano entità spa-
ventose. [...] Mi sentivo il testimonial di una raccolta di fondi pro sigmund Freud».
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estetici. nei confronti del killer del camion frigo (alias Brian, il suo dop-
pio reale), dexter comincia col provare sin dall’inizio una connessione
estetica (aesthetic connection). dopo il secondo omicidio, la sola notizia
di un nuovo corpo smembrato e dissanguato gli dà un vago senso di
vertigine: Wonderful! – è il commento alla perfezione dei tagli, e lo spet-
tacolo gli mette appetito: «la mia mente affamata girava intorno a
quelle membra ripulite come un’aquila alla ricerca di un brandello di
carne da lacerare» (I 6). le membra esangui delle prostitute uccise sem-
brano cantargli una rapsodia in bianco. l’assassino finisce col diventare
il suo nuovo amico e artista preferito: «non c’erano mai coincidenze,
con questo serial killer. Tutto era deliberato, tutto era studiato per otte-
nere un preciso effetto estetico, in funzione di una necessità artistica» (I
19). e nello stesso capitolo, commento finale alla scenografia di resti
mozzati con maestria chirurgica: «era di una bellezza terribile. la di-
sposizione era perfetta, coinvolgente, immacolata. dimostrava un
grande spirito e uno straordinario senso della composizione. Qualcuno
si era dato un gran daffare per realizzare una vera opera d’arte. Qual-
cuno dotato di stile, talento e morbosa ironia». Fino al momento del-
l’agnizione (allorché l’artista uscirà dall’ombra mostrando il volto quasi-
identico al suo e ... tutto precipiterà), la direzione emotiva principale
del perturbante in dexter è indiscutibilmente quella estetica. Fruizione
di un’arte macabra, terribile ma bella da togliere il fiato.
In terzo luogo, il perturbante freudiano è sempre legato alla coazione
a ripetere, ossia all’istinto compulsivo alla reiterazione, che nell’incon-
scio ricopre un ruolo così predominante da ridurre spesso alla totale
impotenza il principio di piacere5. Questa compulsione al ritorno del-
l’identico governa naturalmente anche la mente del predatore di uo-
mini, il quale garantisce appunto uno sbocco seriale alla coazione a uc-
cidere. Brian Moser, che condivide con dexter Morgan buona parte di
dna e il medesimo trauma originario, è un serial killer da manuale e
al tempo stesso – ciò che ne fa un personaggio a sua volta intrigante –
coazione a ripetere vivente, cioè il doppio reale, anch’egli ‘artista’, del
fratello minore: un perturbante al quadrato, quindi. dexter no. È un
5
In FreUd il piacere è la sensazione di appagamento di un bisogno, ed equivale alla
diminuzione della libido (quantità di energia) della pulsione corrispondente al bi-
sogno stesso. Il principio di piacere afferma che tutte le pulsioni inconsce tendono
esclusivamente ad appagarsi in maniera immediata; è controbilanciato dal principio
di realtà, mediante il quale l’io controlla le pulsioni differendone il soddisfacimento.
Questi concetti e il loro nesso con la coazione a ripetere sono trattati sistematica-
mente da Freud nel breve Al di là del principio di piacere (1920), coevo al saggio sul
perturbante.
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cogliere l’essenza intima della sacertà nella maniera più radicale e pura
possibile, così da risalire al senso originario dell’esperienza religiosa in
generale e cristiana in particolare, dato il cristianesimo come la reli-
gione salvifica per eccellenza: è l’intento del saggio epocale pubblicato
nel 1917 dal teologo luterano rudolf otto col titolo Il sacro7. Una tale
prospettiva teorica è, manco a dirlo, evidentemente distante dalla cor-
nice tematica di questo mio scritto; tuttavia è in essa che vanno collocati
gli aspetti speculativi che adesso chiamerò in causa per cercare di meglio
intendere il legame tra dexter e il Passeggero oscuro.
l’intuizione feconda del teologo tedesco sta nell’aver colto che, dei tre
lati tradizionali del sacro – morale, razionale, irrazionale –, il più carat-
teristico della sua essenza è il terzo, radicalmente ripensato però secondo
la catena dei momenti strutturali che vi si riferiscono. Per farne risaltare
con maggiore adeguatezza la peculiarità, otto lo ha ribattezzato con un
neologismo ispirato alla lingua latina: das Numinose, da numen, «forza di-
vina, energia sovranaturale». Il numinoso indica allora l’essenza origi-
naria del sacro come arcienergia ‘irrazionale’, precisamente nel senso di
forza pre- e ultra-razionale (come pure pre- e ultra-morale) che risulta
indefinibile, concettualmente inafferrabile e, a rigore, ineffabile; si pos-
sono solo discutere per accenni i momenti categoriali di questa forza,
che in linea fondamentale sono quattro, strettamente interconnessi: su-
perpotens, mysterium tremendum, fascinans, augustum8. li tratteggio in breve.
6
sul profilo eccentrico della criminalità seriale di dexter cfr. il saggio di Macrì.
7
r. oTTo, Il sacro. L’irrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale (1917),
trad. it. di e. Buonaiuti, se, Milano 2009.
8
oTTo elenca in realtà sei momenti categoriali, includendo nella lista anche la
hýmnesis (preghiera con inni), glorificazione numinosa del nome di dio, e il deinós
sofocleo, il portentoso (das Ungeheuere): ma è facile mostrare che la prima può rien-
trare nell’augustum, mentre il secondo va ricondotto al perturbante, cioè al tremen-
dum. lo Unheimliches di otto è di tipo prettamente collettivo e recita il ruolo da pro-
tagonista nell’origine del fatto religioso; gli mancano le sfumature e le ambiguità
del perturbante freudiano, che invece, come s’è visto, è analizzato innanzitutto con
riguardo alla sfera psichica del singolo.
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Immanente lo sperimenta dexter nei primi due romanzi e nelle stagioni tv fin qui
trasmesse. alla luce dell’ulteriore sviluppo letterario del personaggio e del rapporto
con il suo ospite interiore, si può comunque dire che, rispetto a dexter, al Passeggero
oscuro spetti fondamentalmente una trascendenza orizzontale (in virtù della sua
origine ‘terrena’ antichissima), che a un ‘certo’ punto diviene immanenza.
10
In #405, dopo che lo scoppio accidentale di un tubo in cucina ha messo a soq-
quadro l’appartamento e altri l’hanno preceduto sul luogo, le prime parole che dex-
ter pronuncia entrando dalla porta sono: «Il mio santuario. non più privato e non
più sacro» (My sanctuary. It’s private and sacred no more). Per la sua collocazione nella
storia dexteriana, la scena è fortemente simbolica.
11
Fino a Dexter in the Dark, questo mistero non viene avvertito come un problema:
«non ho mai avuto idea di cosa fosse il Passeggero oscuro o da dove venisse, e la
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cosa non è mai sembrata così importante» (III 5). a un certo punto il numen diven-
terà anche inaccessibile, dexter ne perderà le tracce, ne soffrirà l’assenza. cfr. il
saggio di laganà.
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12
Per lungo tempo i conati etimologici dei due nomi hanno seguito correnti diverse:
nomen, insieme al cugino greco ónoma, è stato ricondotto a una radice indoeuropea
(cfr. sanscrito nama, «nome»); invece per numen si è prestata interamente fede a
Festo e varrone, che lo riferiscono al cenno della testa (nutus) come segno di co-
mando (cfr. gli affini neúú, greco, e nauti, sanscrito). cfr. giovanni seMerano, Le ori-
gini della cultura europea. vol. II. Dizionari etimologici, olschki, Firenze 1994 (rist.
2002), s.v.; e inoltre: a. ernoUT - a. MeIlleT, Dictionnaire étymologique de la langue
latine, klincksieck, Paris 20014, e P. cHanTraIne, Dictionnaire étymologique de la langue
grecque, 2 voll., klincksieck, Paris 1968-80.
13
non si tratta di mero gioco di parole: anche per l’etimologia di noûs, e quindi di
nooúmenon, seMerano (Le origini, pp. XIX e 197 s.) chiama in causa il verbo nabûm
attraverso l’ebraico ne’)m (‘parola, voce oracolare’) come anello intermedio. davvero
interessante questa antica comunanza verbale di nome, nume e ‘mente’ – e non si
ferma qui.
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cfr. il saggio di gugliotta.
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15
credo che la metafora sia un omaggio a george roMero e a stephen kIng: «noi
siamo ‘esseri umani’, plurale. In ognuno di noi convivono due entità opposte. l’en-
tità esteriore, che è quella che mostriamo a tutti, inibita, timida, patologicamente
bugiarda. e poi c’è l’entità interiore, quella vera, appassionata, disinibita e libidi-
nosa. Molti di noi tengono questa entità nascosta, soffocata. Ma uno scrittore di nar-
rativa non la deve nascondere, al contrario deve rappresentarla, lasciarla crescere,
portarla allo scoperto, farla vivere, respirare. Dategli le chiavi della macchina, dan-
nazione, lasciatela correre, sì! chiaro? È questo il suo dovere. È essenziale. lo scrit-
tore deve spingere fuori dalla gabbia l’entità interiore. deve lasciare che abbia voce
in capitolo, altrimenti il lavoro stesso sarà inibito, timido, senza passione. sarà ip-
ocrita e falso» (dalla sceneggiatura di The Dark Half [La metà oscura, 1993], che
romero ha tratto dall’omonimo romanzo di king; corsivo mio).
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speciale empatia che fa comunicare la voce non-voce con gli altri Pas-
seggeri oscuri («la cosa dentro lancia il suo richiamo nel vuoto quando
riconosce un esemplare della sua stessa specie», I 19; e in I 22, mentre
dexter è del tutto disorientato, il suo numen è già entrato in contatto
con quello del fratello Brian). Però...
Però c’è un’altra voce che attraversa le ossa di dexter, e che dalla
terza stagione tv assume in maniera regolare i connotati di allucinazione
visiva: è di Henry ‘Harry’ Morgan, il poliziotto della narcotici che aveva
portato il piccolissimo dexter fuori dal container degli orrori, prenden-
dolo in adozione. È giunto il momento di occuparmene.
16
c. scHMITT, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello ‘Jus Publicum Europaeum’
(1950), trad. it. di e. castrucci, adelphi, Milano 20033 (nelle citazioni alla nota se-
guente ho ritoccato la traduzione).
17
cfr. ibidem, I 4, pp. 36, 40, 42: «Nomos è la prima misurazione che fonda ogni suc-
cessivo criterio di misura, la prima occupazione di terra come prima partizione e
spartizione dello spazio: l’originaria divisione e distribuzione. [...] In seguito la parola
è stata usata per statuti, statuizioni, provvedimenti e decreti d’ogni tipo. [...] Nomos
viene da nemein, una parola che significa tanto ‘dividere’ quanto ‘pascolare’. [...]
Nomos è la misura che distribuisce e localizza il terreno e il suolo della terra in un
certo ordinamento, e la forma così risultante dell’ordinamento politico, sociale e re-
ligioso. [...] Il nomos nel suo senso originario è proprio la piena immediatezza di una
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forza giuridica non mediata da leggi; è un evento storico costitutivo, l’unico atto di
legittimità che conferisce significato alla legalità della mera legge in generale».
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Per una definizione di ‘amorale’ cfr. la mia Introduzione.
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l’economia ‘religiosa’ del nomos investe il dex quattordicenne nella notte stellata
di elliott key, e si consolida ulteriormente dopo la morte di Harry (cioè dopo i
vent’anni); l’economia sacra del numen inizia a insediarsi nel dex diciannovenne
con l’uccisione della Perfetta Infermiera (v. saggio di Macrì, § 1), per rafforzarsi e
affinarsi anch’essa progressivamente dopo la scomparsa del padre.
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se vi aggiungiamo il tributo ineliminabile che l’ematologo forense paga – come
tutti noi – alle istanze pressanti della realtà, parrebbe proprio di poterlo assimilare
al ‘povero io’ freudiano servitore di tre padroni severi: il mondo esterno, il super-
io e l’es (cfr. s. FreUd, Introduzione alla psicoanalisi, lez. 31). al di là della suggestione
delle corrispondenze apparenti (io=nomen, Super-io=nomos, Es=numen), i due con-
testi sono molto diversi, ed è soprattutto insostenibile l’equivalenza tra es e Passeg-
gero oscuro (benché quest’ultimo sia un It). resto comunque dell’avviso che un loro
confronto puntuale – impossibile da condurre in questa sede – sarebbe senz’altro
proficuo per una maggiore definizione del mosaico-dexter.
21
Perché dexter decide di confessarsi e di ‘narrarsi in tempo reale’ allo spettatore
al di là dello schermo? cfr. il saggio di gugliotta-Mento.
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vedi #206: «a quanto pare, mio padre adottivo e mia madre biologica avevano
una storia... Ma mi chiedo: si sentiva responsabile della sua morte? È per questo
che mi prese con sé? la amava o la usava soltanto? o usava me? Ho sempre pensato
che il codice di Harry fosse un metodo rapido di risoluzione dei problemi, ma forse
lo aveva inventato per far regolare i conti a me».
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piange i cattivi. credo che Harry lo sapesse fin dall’inizio, ecco perché
mi ha dato un codice. gli è costato la vita, ma mi ha mantenuto vivo in
mezzo a incredibili difficoltà. Il codice è mio adesso, e solo mio. così
come le relazioni che ho coltivato [con la compagna rita e i figli astor
e cody]. non sono più solo dei diversivi. ne ho bisogno, anche se mi
rendono vulnerabile. Mio padre non approverebbe, ma non sono più il
suo discepolo. ora sono il maestro, un’idea trasformata in vita. e quindi
questo è il mio nuovo percorso, che assomiglia molto a quello vecchio,
solo che ora è mio. Per rimanere su questa via devo lavorare molto,
esplorare nuovi rituali, evolvermi» (#212).
sono le parole di un esaltato, ma chiariscono a sufficienza che
l’emancipazione di dexter da Harry è da interpretare come demitizza-
zione (del Buon Padre e Buon Piedipiatti), non come desacralizzazione.
Il legame ‘religioso’ con il nomos resta pressoché intatto, solo che da ora
in poi si tratterà di una religiosità adulta, criticamente vagliata, libera-
mente sposata.
Più spiccato il ridimensionamento del legame sacro con il Passeggero
oscuro, sulla cui energia numinosa sembra essere calata una gabbia a
sbarre strette o rovinata la volta di una grotta23. Mentre urla di star «vo-
lando senza un codice», dexter assapora l’ebbrezza di riuscire final-
mente da solo a controllare il numen («posso scatenare la bestia quando
voglio», #211) e prova un’emozione intensa per l’erompere di una po-
tenza interiore nuova («ucciderò, ma non ne sento più il bisogno: questo
è potere», #206), un’energia non irrorata dal numen, ma proprietà del
nomen che lui è ormai chiamato a essere.
8. Epilogo
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In #401, il Passeggero oscuro è «un minatore intrappolato che non smette di pic-
chiettare, di farmi sapere che è ancora lì, ancora vivo».
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È in senso principiale che cristo è logos, cioè nomos o nomen nominatum, ed è presso
il nominans, il cui nomen autorivelato a Mosè è: JHWH, essere. – Per l’idea (o strut-
tura ideale o eidos) dell’essere, filosofema di chiara derivazione rosminiana ma che
io ripenso secondo la lezione di Filippo Bartolone e in connessione con un perso-
nale approfondimento logico-speculativo dell’analogia, rinvio alla mia Introduzione
al volume: F. BarTolone, Socrate. L’origine dell’intellettualismo dalla crisi della libertà
(1959), a cura di v. cicero, vita e Pensiero, Milano 1999, in particolare pp. XvII-
XXIv.
25
cfr. v. cIcero, Filosofia, matematica e storia in Platone, in k. gaIser, Il discorso delle
Muse sul fondamento dell’ordine e del disordine, vita e Pensiero, Milano 1998, in parti-
colare pp. 11-49, e s. carIaTI - v. cIcero, Tò metaphorikón. Una interpretazione della
definizione aristotelica della metafora, gabriele corbo, Ferrara 1992, pp. 68-78.
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