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Pino Blasone

Morgantina, le dee ricomponibili

1 Teste delle statue acrolitiche di Morgantina, raffiguranti Demetra e Persefone, attualmente nel Museo Archelogico di Aidone in provincia di Enna

Uneterna primavera, nellombelico della Sicilia Bench altre regioni o citt mediterranee si contendessero tale privilegio nellantichit greco-romana, alcune fonti letterarie concordano nellambientare il mito del rapimento di Persefone in Sicilia, non lontano da Enna, dove il culto della dea era particolarmente sviluppato. Fra esse, lo storico greco Diodoro Siculo e i poeti latini Ovidio e Claudiano. Nel primo libro del poema Le metamorfosi, versi 385-391, leggiamo questa bella descrizione paesaggistica di Ovidio: Haud procul Hennaeis lacus est a moenibus altae,/
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nomine Pergus, aquae. Non illo plura Caystros/ carmina cycnorum labentibus audit in undis./ Silva coronat aquas cingens latus omne, suisque/ frondibus ut velo Phoebeos submovet ictus./ Frigora dant rami, tyrios humus umida flores:/ perpetuum ver est; Non distante dalle mura di Enna, un lago dalle acque profonde/ si chiama Pergusa: neanche il fiume Caistro, lungo/ il suo corso, risuona del canto di tanti cigni./ Tuttintorno un bosco ne circonda le onde, a mo di corona./ Le sue foglie filtrano lardore del sole, come un velario./ Refrigerio donano i rami e lumida terra vi accende i suoi fiori,/ in uneterna primavera. Secondo il mito nella versione di Ovidio, il ratto di Persefone Proserpina per i latini , da parte di Ade/Plutone dio degli inferi, avvenne proprio sulle rive del lago di Pergusa presso Enna. Nel poema I Fasti, libro IV, vv. 459-462, cos il poeta evoca il dolore della madre di lei, la dea Demetra/Cerere: Ut vitulo mugit sua mater ab ubere rapto/ et quaerit fetus per nemus omne suos,/ sic dea nec retinet gemitus, et concita cursu/ fertur, et e campis incipit, Henna, tuis; Come la madre muggisce a causa del vitello strappato alle sue mammelle/ e lo va cercando nei boschi dappertutto,/ cos la dea non trattiene i lamenti ma con affanno/ corre in cerca della figlia, o Enna, a partire dai tuoi campi. La presenza di Demetra e Persefone nei paraggi di Enna non era fortuita. ancora Ovidio a ricordarlo, nel quarto libro dei Fasti, vv. 419-422: Terra tribus scopulis vastum procurrit in aequor/ Trinacris, a positu nomen adepta loci,/ grata domus Cereri: multas ibi possidet urbes,/ in quibus est culto fertilis Henna solo; Una terra con tre angoli si protende nel vasto mare./ Il suo nome, Trinacria, le fu conferito in ragione della forma dellisola./ Questa dimora gradita a Cerere, dovella patrona di molte citt,/ fra le quali vi Enna dal fertile suolo. Vissuto dal 90 al 27 a. C. circa e di quasi cinquantanni maggiore di Ovidio, Diodoro Siculo scrisse una storia universale in greco, la Biblioteca storica. La descrizione dei luoghi che egli ci ha lasciato nel libro quinto, sezione terza, perfino pi poetica di quella del poeta romano: Del rapimento della Kore, si racconta che esso avvenne nei prati vicini a Enna. Tale sito non lontano dalla citt degno della dea, delizioso per le viole e altri fiori di ogni genere che vi crescono. Si riferisce che il loro profumo confonda lodorato dei cani da caccia, impedendo loro di seguire le tracce. Pianeggiante e ricco di acque in basso, il terreno cresce e diventa scosceso tuttintorno. Da ogni lato si ergono dirupi. In quel luogo che certi chiamano ombelico della Sicilia, davvero si ha limpressione di trovarsi al centro dellintera isola. Nei dintorni ci sono boschi sacri, stagni, e una caverna di notevole
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ampiezza. Attraverso un varco sotterraneo aperto verso nord, narrano che Plutone, l giunto allimprovviso col suo carro, rap la Kore. Allincanto della scena floreale, contribuisce il fatto straordinario che le viole e gli altri fiori odorosi resistono o sbocciano tutto lanno. Va da s che la kr, in greco ragazza, altri non era che la fanciulla per antonomasia, vale a dire Persefone o Proserpina. Il resto del mito noto: la ricerca e il travaglio di Demetra hanno termine quando ella scopre che la figlia stata rapita dal re dei morti, e da lui trascinata nel suo regno per farne la sua sposa-regina. Con le sue accorate preghiere e minacce catastrofiche, ci che la dea madre riesce a ottenere da Zeus, re degli dei, che Persefone debba permanere nellaldil per parte dellanno ma possa tornare sulla terra per la parte restante. Lalternarsi ciclico delle stagioni chiaramente adombrato in questa dinamica, con eminenti riferimenti allagricoltura e alla rinascita primaverile della vegetazione, ma anche con risvolti escatologici e misterici. Gli iniziati al culto delle due dee potevano infatti sperare in una sopravvivenza-rinascita delle proprie anime dopo la morte, a imitazione di quanto accade in natura e nella narrazione del mito. Specialmente nella Magna Grecia e in Sicilia, sovente tali credenze e riti si conciliarono con quella nella metempsicosi, promossa dalla religiosit orfica congiuntamente con la speculazione pitagorica. Non senza una punta di sciovinismo, il siculo Diodoro ipotizza che i famosi Misteri di Eleusi furono importati dalla Sicilia, anzich viceversa come pi plausibile. 1 La leggenda di Persefone/Kore fu ambientata nellisola pure da Claudio Claudiano (370-408 d. C.), nel poema Il ratto di Proserpina. Nel libro secondo, versi 70 e 112-117, di nuovo levento favoloso associato alla citt di Enna e al lago vicino: Enna, madre di boccioli: [...] da qui non lungi un lago, che i Sicani [antico popolo siciliano] chiamano Pergusa,/ in riva alla tersa distesa cinto da boschi frondosi./ L in profondit pu vedere locchio di chi lo desideri./ Ovunque lacqua lascia lo sguardo/ libero di sondare il fondo melmoso,/ svelando gli intimi segreti dei suoi limpidi abissi. In epoca moderna, il poeta inglese Alfred Tennyson (18091892) a riprendere lambientazione siciliana del mito, nel componimento Demetra e
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Interessante, la giustificazione generale addotta dallo storico: In primo luogo tratteremo qui della Sicilia, perch essa la pi feconda tra le le isole e vi si tramandano le tradizioni pi antiche. [...] I Sicilioti, abitanti [greci] della regione, hanno saputo dagli avi ci che fu trasmesso ai discendenti fin dai tempi dei tempi, che lisola sacra a Demetra e Kore. Vi sono stati poeti i quali hanno narrato che, in occasione dello sposalizio fra Plutone e Persefone, Zeus fece dono dellisola stessa alla sposa. Pure celebri scrittori riferiscono che i Sicani, i quali la abitavano in antico, erano autoctoni, e che le dee su nominate per la prima volta apparvero in questisola; per prima essa produsse il frumento, grazie alla fertilit del territorio (V, 2). 3

Persefone: Una volta ancora eccoci in questamena valle/ della campagna di Enna, risplendente di fiori/ che spiccano come le orme dei tuoi passi,/ dappertutto tranne che in una macchia scura/ lasciata sul terreno dal baratro che si richiuse dietro il carro/ del tetro Aidoneo [altro sinonimo di Ade, qui per la morte stessa] emerso a rapirti a questo mondo.

2 Gli acroliti di Morgantina, quando ancora nello University of Virginia Art Museum, U.S.A.

Un duplice simulacro al femminile Attendibilmente, gi allepoca leterna primavera era un fragile mito allinterno del mito. Al giorno doggi, forse le acque del lago di Pergusa non sono cos limpide come in passato. Certo, intorno a esso non corre pi il carro di Plutone, Ade o Aidoneo che fosse, bens il circuito di un autodromo per bolidi da competizione. Lo scandalo naturale di una morte estemporanea ha ceduto il posto al rischio calcolato di un agonismo tecnologico. In compenso, il paesaggio ancora suggestivo, meritevole di essere visitato e preservato. E la favola locale di Demetra e Persefone sarebbe ormai roba da eruditi, se non fosse per le scoperte degli archeologi o di scavatori clandestini e le contese internazionali in merito alla destinazione dei reperti. Almeno in archeologia, ogni rappresentazione allo stesso
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tempo una ri-presentazione, a volte tale da poter suscitare limpressione paradossale di una nostalgia del futuro piuttosto che del passato, in una sorta di nicciano eterno ritorno che non mai dellidentico, ma insieme selettiva ripetizione e sintetica differenza. Inoltre, il mito qui in questione tratta di una divinit al femminile, concezione cui noi non siamo abituati da lungo tempo, e che pu quindi destare curiosit, interesse o perfino sconcerto. Sia pure in via eterogenea e contingente, di recente tutte queste circostanze hanno concorso a motivare il successo di unoperazione di recupero di reperti archeologici rinvenuti a Morgantina, vicino ad Aidone e non lontano da Enna, nel cuore della Sicilia. Trafugati e illecitamente esportati allestero, successivamente essi erano finiti in noti musei degli Stati Uniti dAmerica, dove per la verit erano ben esposti al pubblico, trattati e studiati con la massima cura. In particolare sono stati restituiti al paese e alla localit di origine, ed esibiti nel Museo Archelogico di Aidone a partire dal 13 dicembre 2009, i componenti di due grandi statue cosiddette acrolitiche. Gli acroliti erano simulacri cultuali compositi, per lo pi con teste, mani e piedi talora anche braccia , in pietra ovvero in marmo, e col resto del corpo in altro materiale meno durevole o pregiato, in quanto destinato a essere ricoperto da vestiario. Accessori e ornamenti in metallo, pi o meno prezioso, potevano essere aggiunti. Degli acroliti di Morgantina, ci sono rimaste le nude teste con mani e piedi in marmo. Databili al periodo della statuaria arcaica, con ogni probabilit essi raffigurano frontalmente Demetra e Persefone, affiancate e sedute in trono. Nellarte ellenica, tale modalit rappresentativa era gi molto antica. Il primo esempio conosciuto, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Atene, risale al XV secolo a. C. e proviene dagli scavi di Micene. Piccola scultura in avorio e in stile cretese-miceneo, esso rappresenta due dame sedute luna a fianco allaltra, fra loro abbracciate in atteggiamento confidenziale quasi come tra madre e figlia. Di una delle due, manca purtroppo il capo, per cui difficile stabilire et e relazione precisa tra le due figure. Le attenzioni di entrambe sono per rivolte a un bambino in mezzo a loro, che si potuto interpretare quale divino fanciullo. In realt, non possiamo essere sicuri che lartefatto e la scenetta raffigurata competano alla sfera del sacro. Il tempo trascorso fra queste presunte dee e quelle di Morgantina databili al VI secolo a. C. troppo lungo, per poter fare riferimento a un comune contesto mitico definito. Tuttavia nello stesso museo abbiamo una scena alquanto simile assai pi tarda, del V secolo a. C., in un rilievo marmoreo da Delfi che
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rappresenta in piedi Demetra, Persefone e il ragazzo Trittolemo. Questultimo eroe del mito non era divino, bens umano e in un certo senso adottato dalle due dee, perch elargisse agli uomini i loro doni relativi allagricoltura e insegnasse a coltivarli, a iniziare dalle messi. Volendo operare dei confronti, conviene orientarsi verso artefatti minori ma non per questo meno significativi sul piano icononografico, dove le due figure femminili compaiano sedute e affiancate ma isolate, in una posa affine a quella della diade di statue ricomponibili da Morgantina. Qui infatti lassenza di personaggi terzi nella rappresentazione fa s che la posizione delle dee sia interamente e ieraticamente frontale, rivolta verso lelemento umano costituito da virtuali devoti o offerenti. Tale il caso anche di una statuetta votiva in terracotta dipinta, raffigurante due dee sedute su un unico scanno, intuibilmente Demetra e Persefone. Risalente agli inizi del V secolo a. C., essa proviene da Atene o genericamente dallAttica. Nel 2005, stata ceduta da un archeologo e collezionista tedesco al Princeton University Art Museum, U.S.A., dove attualmente si trova. In una gentile replica a chi qui scrive un curatore del museo, Prof. J. Michael Padgett, ribadisce che il reperto nulla ha direttamente a che vedere con quelli originari dal sito di Morgantina. La notevole somigianza formale tra esso e gli acroliti in questione, quali congetturalmente ricomposti, sta comunque ad attestare unampia diffusione delliconema relativo nel mondo ellenico. Altri esempi, rappresentanti coppie di figure femminili facilmente identificabili con Demetra e Persefone, competono alla coroplastica ellenistica. Ivi, leleganza delle forme e un maggiore realismo subentrano alla severa rigidit delle dee acrolitiche di Morgantina, anche se si pu rimpiangere lenigmatica suggestione del cosiddetto sorriso arcaico sulle loro labbra. In special modo, vanno segnalate statuette fittili dipinte del IV secolo a. C. da Apollonia Pontica, al Museo Storico Nazionale di Sofia, in Bulgaria, o del 100 a. C. da Mirina, in Asia Minore. Questultima, al British Museum di Londra, un piccolo capolavoro del genere e mostra una particolare vivacit. Madre e figlia sono ritratte mentre intente in intimo colloqio, quasi ritrovatesi dopo un periodo di lunga separazione. In ogni caso, la circostanza comune che tali reperti siano stati trovati in antiche necropoli conferma il legame mitico e religioso che levocazione o raffigurazione delle due dee intratteneva col regno dei morti, e con una speranza di sopravvivenza o rinascita delle anime dei defunti.

3 Le statue acrolitiche di Morgantina, nellallestimento curato da Marella Ferrera nel Museo Archeologico di Aidone

Molteplicit e componibilit La raffigurazione scultorea di Demetra e Persefone, ricongiunte e insieme assise, raggiunse il suo apice espressivo in epoca classica, nel frontone orientale del Partenone di Atene, ammesso tuttavia che la identificazione con le due dee sia esatta. Oggi al British Museum di Londra, infatti il grandioso gruppo marmoreo sfortunatamente mutilo delle teste e delle mani, tranne che per parte di una mano della figlia affettuosamente appoggiata su una spalla della madre. In effetti, lintervenuta incompletezza poco toglie alla maest dellopera di scuola fidiaca, datata al 438-432 a. C. In epoca romana, senza dubbio di Demetra e Persefone sedute in trono o su uno scanno ovvero di Cerere e Proserpina, alluso latino sono tre pregevoli statue in terracotta rinvenute in un santuario dedicato alle dee, ad Ariccia vicino Roma. Risalenti al III secolo a. C. circa, esse si trovano attualmente nel Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano. Particolarmente Persefone, la Kore, distinguibile per lattributo di un grazioso maialino, disteso su un avambraccio e una mano. Frequente oggetto di sacrifici, questanimale era a lei sacro. anche probabile che un paio di tali statue fossero fatte per essere affiancate, cos come quelle delle dee di Morgantina. Quanto a queste ultime, comunque da rilevare che loro caratteristica non solo la
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duplicit, bens pure la componibilit derivante dalla tecnica acrolitica. Nel caso in questione e in altri analoghi come quello della statuetta nel Princeton University Art Museum, la duplicit della rappresentazione talmemente spinta, che a stento una figura pu distinguersi dallaltra e la seconda risulta quasi un doppio della prima. anche vero che la duplicit la dimensione minima e paradigmatica della molteplicit. In margine, non si pu fare a meno di notare che questo dato coinvolge la percezione stessa della divinit, in un contesto religioso politeistico. Ad Atene, Demetra e Persefone erano appellate con una formula duale, duplice deit. Specificamente nellambito di un politeismo al femminile e sia pure in unottica naturale ciclica, le due dee madre e figlia appaiono aspetti dinamici e intercambiabili di un processo vitale, che implica generazione e riproduzione, ripetizione e differenza. Anche quando la rappresentazione diviene intuibilmente pi differenziata e per cos dire personalizzata, ad esempio nel gruppo scultoreo dal Partenone, il braccio filiale sulla spalla materna resta a simboleggiare un legame e unintesa cos stretti, da segnalare un prevalere della continuit generazionale su ogni emergenza ma limitazione individuale. Va altres notata una strana coincidenza: nella classica raffigurazione del Partenone, si ripete pressoch identico il gesto antichissimo che abbiamo intravisto nella statuetta eburnea cretese-micenea al Museo Archeologico Nazionale di Atene, quello appunto di un braccio della presunta figlia levato e appoggiato sulle spalle della presumibile madre. Pertanto, la duplicit della rappresentazione non mai davvero statica. Nel caso delle dee acrolitiche di Morgantina, contribuisce perfino il fattore di una potenziale ricomponibilit degli elementi strutturali che le compongono. La loro apparente rigidit ieratica dovuta pi che altro a un impaccio tecnico nellesecuzione, in unet ancora arcaica. Detto in termini teologici, questa divinit trascendente cos articolata pur sempre il riflesso rappresentativo di una realt immanente in movimento. Per inciso, tutto ci sembra accordarsi abbastanza con la riflessione filosofica greca, fin dai tempi pi antichi incentrata su una dialettica astratta fra essere e divenire, tanto da meritarsi la definizione di teo-ontologia per quanto concerne gli sviluppi parmenidei della speculazione pitagorica. Anche quando intervenivano fratture o separazioni traumatiche, come quella mitica fra Demetra e Persefone, la visione del mondo tendeva a ricomporsi nella prospettiva di una superiore armonia o equilibrio. Applicata alla statuaria cultuale, la tecnica acrolitica facilitava la costruzione di opere di grandi dimensioni e consentiva una resa pi realistica. Inoltre, essa poteva fungere un po
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da compromesso fra tradizione e mutamento in rapporto alla cultura circostante. Nelle estremit in marmo o in pietra, venivano privilegiate le creazioni pi durature ed espressive degli artisti. Le parti meramente corporee e accessorie o ornamentali, oppure semplicemente nascoste, erano per lo pi confezionate con materiali deperibili o rinnovabili. In queste, si lasciava spazio al lavoro degli artigiani, che segivano il gusto contemporaneo. Sebbene in maniera ingenua e popolare, gi nasceva la non facile distinzione fra ci che noi reputiamo arte, e quanto ha poi assunto la denominazione di moda. In occasione del loro ritorno in patria, considerazioni simili devono aver suggerito di affidare il montaggio e specialmente la vestizione degli acroliti di Morgantina a una nota stilista siciliana, Marella Ferrera. Nel rispetto filologico dellimpostazione originaria, il risultato depone a favore di tale decisione, che si sforzata di sintonizzare i simulacri del passato col nostro presente. Daltronde, la tecnica acrolitica si diffuse nel resto della Magna Grecia e dintorni, e nemmeno pu dirsi del tutto scomparsa nellarea dellItalia meridionale oggi corrispondente.2 Una testa monumentale femminile in stile severo del V secolo a. C., il cosiddetto Acrolito Ludovisi, si trova nel Museo Nazionale Romano, Palazzo Altemps, e molto probabilmente proviene dallantica Locri in Calabria oppure da Erice in Sicilia. N mancavano raffigurazioni di divinit maschili. Una testa acrolitica altrettanto monumentale, proveniente dal tempio di Apollo Aleo a Cremisa odierna Cir Marina, in Calabria e databile al 450 circa a. C., si trova invece nel Museo Archeologico della Magna Grecia a Reggio Calabria, insieme ai piedi in marmo e a frammenti di una parrucca in bronzo pertinenti alla stessa statua. In alcuni paesi, ancora attualmente pi modeste statue pseudoacrolitiche con teste e arti in cartapesta dipinta vengono portate a spalla nelle processioni religiose. Assai tipici sono i Santoni di Aidone, raffiguranti i Dodici Apostoli. Durante la
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Per la verit la tecnica acrolitica, gi descritta dal geografo greco Pausania nel sec. II d. C., si diffuse ben oltre Grecia e Magna Grecia: cfr. Osmund Bopearachchi, Acroliths from Bactria and Gandhra, in On the Cusp of an Era: Art in the Pre-Kua World a cura di Doris Srinivasan; Leida e Boston: Brill, 2007. Specificamente sugli acroliti di Morgantina disseppelliti nel 1979, a grandezza umana e in origine montati su supporti di legno, si leggano possibilmente gli atti dellincontro internazionale The Goddesses Return: A Symposium Celebrating the Repatriation to Italy of Acrolithic Sculptures from Morgantina, tenutosi presso lUniversit della Virginia il 2-2-2008. Aggiornato al 1995, uno sguardo dinsieme sullarea archeologica di provenienza di Barbara Tsakirgis, Morgantina: A Greek Town in Central Sicily, reperibile allindirizzo Web http://www.utexas.edu/courses/citylife/readings/morgantinasmall.pdf. Pi recente e in italiano, Morgantina: a cinquantanni dallinizio delle ricerche sistematiche; Caltanissetta: Sciascia Editore, 2009, a cura di Giuseppe Guzzetta. 9

festivit della Domenica delle Palme, i portatori si infilano in strutture cave portanti, integrandosi cos con le statue, che possono raggiungere laltezza di tre metri.

4 Teste di statua composita di dea da Chio, nel Museum of Fine Arts di Boston; e della cosiddetta Afrodite di Morgantina, ricongiunta al torso e agli arti della statua pseudo-acrolitica

Il bricolage del sacro Nella civilt e religiosit greco-romana, da noi definita pagana e politeista, il sacro presentava molteplici e mobili aspetti. Essi andavano spesso ricomposti, e non di rado nuovamente scomposti, per poter mantenere una visione dinsieme o recuperare un quadro unitario. Non pare solo una coincidenza, o una contingenza di comodo, il fatto che la tecnica acrolitica venisse applicata in larga misura alla statuaria cultuale. A un certo punto, questa statuaria relativamente minore dovette ispirare o influenzare quella maggiore, cio aulica e pi convenzionalmente artistica. Ci diede luogo a produzioni pseudo-acrolitiche, vale a dire sculture composite fatte di pi elementi fra loro congiunti, e di vari materiali non necessariamente di diverso pregio o durata. In tali casi, le uniche giustificazione pratiche rimangono quelle che in genere le statue erano di grandi dimensioni, o che uno dei materiali impiegati fosse di difficile reperimento locale. Non pervenutoci se non attraverso copie ridotte e grazie ad ammirate descrizioni, lesemplare pi celebre la statua criso-elefantina
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in oro e avorio della dea Atena eseguita da Fidia per il tempio ateniese del Paternone. Scolpito nel 438 a. C., il capolavoro pot presto diventare un modello per opere analoghe. Fra queste ultime, piuttosto che tra gli acroliti veri e propri, andrebbe considerata la cosiddetta Afrodite o Venere di Morgantina, restituita anchessa da un noto museo privato americano ed esposta nel Museo Archelogico di Aidone a partire dal 17 maggio 2011. La testa, un braccio e un piede sono in marmo pario. Avvolto in una lunga veste, il rimanente in calcare estratto da una cava siciliana. Permangono tracce di colori. Malgrado ci contrasti con unidea moderna di classicit, lo stile classico e fidiaco, anche se una mossa drammaticit anticipa la maniera di Scopa. Fatto sta che non si tratta, attendibilmente, di Afrodite. Troppo vestita, matronale e maestosa. Chi , allora, la bella dea effigiata? Sono state proposte sia Demetra sia Persefone. 3 Intuitivamente, un paio di dettagli lascia propendere per la prima ipotesi. La donna ritratta mentre incede, con lo sguardo diretto lontano, come una madre in cerca della figlia dispersa. lallegoria di una divinit alla ricerca di un aspetto essenziale di se stessa o, difficile prescinderne, il riflesso di un mito in cui unimmortale sfida la morte ed costretta a scendere a patti con essa. Priva delle dita, la mano superstite potrebbe aver retto una fiaccola, attributo di Demetra in cerca della Kore. Forse, la percezione del sacro da parte degli antichi ha ancora qualcosa di rilevante da dire, che ormai ci sfugge perch stato a suo tempo accantonato troppo in fretta. Ma torniamo su un terreno di confronti e riscontri oggettivi. Se ci si riferisce al movimento simulato e alla tecnica pseudo-acrolitica, la dea misteriosa originaria di Morgantina paragonabile con una statua composita denominata Menade Farnese, nel Museo Archeologico Regionale di Palermo. Essa una tarda copia romana, da un originale greco presumibilmente del II secolo a. C., e proviene dalle Terme di Caracalla a Roma. Il capo e un piede sporgente dalla lunga veste sono in marmo bianco. Cos pure dovevano esserlo il
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Nel 1988 il Paul Getty Museum di Malibu, California, acquist lopera darte scoperta anni prima in uno scavo clandestino e databile fra il V e il IV secolo a. C. Una volta montata con le sue componenti, la statua supera i due metri daltezza. In essa fu identificata limmagine di Afrodite, ma nei documenti museali veniva solo indicata come statua di culto di una dea; cfr. Cult Statue of a Goddess: Summary of Proceedings from a Workshop Held at the Getty Villa, May 9, 2007, allindirizzo Web http://www.getty.edu/museum/pdfs/workshop_goddess.pdf. Gi nel 1993, larcheologo italiano Antonio Giuliano vi individu una raffigurazione di Cerere ovvero Demetra. La stessa tesi stata efficacemente sostenuta da Caterina Greco, negli articoli Afrodite o Demetra? e Una dea per Morgantina, su Kals nn. 2 e 4, 2007 e 2010 (altrimenti, facilmente reperibili nel W.W.W.). Tuttavia sulla stessa rivista, n. 2, un altro studioso, il Prof. Clemente Marconi dellUniversit di New York, ha piuttosto optato per Persefone. 11

piede e le braccia mancanti. Il resto in marmo scuro. Ci che la fa somigliare alquanto alla Venere di Morgantina il movimento di un incedere maestoso, in particolare delle gambe, quasi trasparenti attraverso il panneggo di un chitone aderente con mantello. Ci che invece la distingue in quanto baccante o officiante dionisiaca una pardals, indumento consistente in una pelle di pantera, qui indossata obliquamente sul busto della donna effigiata. Meno vincolati, altri confronti si possono stabilire con la statuaria convenzionale: ad esempio con una mutila statua ellenistica di Musa da Morgantina, nello stesso Museo di Aidone, o con la romana Demetra/Afrodite nel Palazzo Altemps a Roma, bench alterata da un restauro moderno. Ma qui ne preferiamo uno pi inusuale, con una statua in terracotta con tracce di doratura, raffigurante una donna assisa in trono che stata molto approssimativamente identificata con la dea Fortuna o Tyche. Rinvenuta negli scavi di Ostia Antica, Caseggiato del Sacello, e risalente agli inizi del II secolo d. C., essa custodita nel Museo Archeologico Ostiense. Similmente a quella della dea di Morgantina, la testa accidentalmente priva della nuca. Almeno nel primo caso, la sommit del capo doveva essere coperta da un himtion, lungo velo con funzione di mantello. A ogni modo una somiglianza fra le due teste, compresa lespressione enigmatica dei volti, specialmente percepibile: tanto, da lasciar immaginare che un artista si sia potuto rifare allaltro o che entrambi, pur distanziati nel tempo, si siano rifatti a un modello comune a noi ignoto.4 Cos come le statue acrolitiche, quelle composite non sono interamente scomparse nella Sicilia moderna, mantenendo peraltro un legame stretto con la sfera del sacro. Basta spostarsi dai dintorni di Enna a Siracusa, per scoprirne un esemplare venerato fino ai giorni nostri. Nella religiosit cristiana, varie sante patrone e martiri si contesero il posto lasciato vacante dalla Kore pagana. Tra esse la siracusana Lucia, la devozione alla quale si estesa allEuropa e oltre, meglio ne conserv alcuni attributi e ne svilupp valenze simboliche. Anzitutto, quelle dellimmersione nella tenebra e del ritorno alla luce, sia ci inteso in senso
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Per incontrare unaffinit altrettanto suggestiva, occorre spingersi un po pi lontano, nel Museo di Leptis Magna in Libia. L sono conservati il capo e un avambraccio in marmo di una statua romana acrolitica della dea Iside. In parte ancora dipinti allinterno, gli occhi creano un effetto di sicuro realismo. La somiglianza con la dea di Morgantina riguarda in particolare la testa, mentre il braccio regge con la mano un sistro, strumento musicale caro alla dea di origine egiziana. Unaltra testa di giovane donna assai somiglianteapparteneva a una grande statua composita in marmo e bronzo, del 300 circa a. C. Proveniente dallisola greca di Chio, essa custodita attualmente nel Museum of Fine Arts di Boston. La sommit tronca del capo in marmo doveva essere coperta dal lembo di un himtion in altro materiale, cos come per la dea di Morgantina. 12

agricolo-stagionale o metaforico-escatologico. Eseguita dal palermitano Pietro Rizzo nel 1600, la sua statua nella Cattedrale di Siracusa regge in una mano una patera contenente fra laltro una fiammella, che rischiari un cammino di ricerca spirituale. Il simulacro processionale in argento con dorature; mani, piedi e testa sono rivestiti di ceramica policroma. Ritratta nellatto di incedere, con lunga veste e il braccio destro proteso in avanti, questa nuova Kore pu sorprendentemente ricordarci la Demetra di Morgantina. In quanto archetipo dellinconscio collettivo, abbiamo a che fare con un ricordo tanto del passato quanto del futuro, auspicabilmente orientato al futuro ancor pi che al passato.

5 LAfrodite o Venere di Morgantina (o, piuttosto, Demetra), nella ricomposizione attuale e in una ricostruzione grafica dellaspetto originario

Occultamento e svelamento Sia nei casi degli acroliti e della statua pseudo-acrolitica di Morgantina, sia perfino in quello della statua barocca di Santa Lucia nella Cattedrale di Siracusa, siamo in presenza di artefatti componibili e scomponibili, o quantomeno compositi, tutti riguardanti declinazioni diverse del sacro al femminile. In un certo senso, tali bambole sacre rappresentano una
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tendenza alla ricomposizione di questa fenomenologia del divino, anche quando la stessa sembra attraversare un periodo di minorit nella religiosit, mentalit e cultura correnti. Se la raffigurazione non scultorea bens pittorica, abbastanza ovviamente la modalit delloccultamento-svelamento pu essere prevalente. E, nella tradizione cristiana del sacro, una raffigurazione pittorica per eccellenza quella dellicona. Questa volta restiamo nei paraggi di Enna, ma spingiamoci un po pi a sud e raggiungiamo la bella cittadina nonch zona archeologica di Piazza Armerina. Nel duomo ci attende una delle icone bizantine pi antiche e venerate della Sicilia centrale, la cos denominata Madonna delle Vittorie. Il restauro del 2009 ha riportato in vista ci che la stessa devozione popolare aveva contribuito a occultare durante secoli. In buona parte, loggetto di culto aveva eclissato unopera darte di rara bellezza, risalente a prima del 1348 stando a una leggenda locale e pressoch unica nel suo genere. Nel 1632, una rizza realizzata da Camillo Barbavara in oro, argento e pietre preziose, aveva assai ristretto larea visibile del quadro, una tela montata su tavola. Successivamente, vi si erano aggiunti gioielli pi piccoli, offerte votive da parte dei fedeli. Il tipo di icona , in greco, una Kykkotssa, nome derivato da un prototipo custodito nel monastero di Kykkos a Cipro. In questa tipologia, diffusasi nel resto del Mediterraneo cristiano con numerose varianti, rappresentata una Madonna con Bambino in braccio, in atteggiamento reciproco estremamente affettuoso. Nel nostro esemplare gli sguardi intensi di entrambi, non privi di una certa malinconia, sono per diretti verso il potenziale osservatore, quasi a volerne alleviare le eventuali pene o magari in previsione delle proprie sofferenze da condividere con quelle di unumanit da riscattare. Ci si chieder se questimmagine abbia qualcosa da spartire con quella di Demetra in cerca di Persefone, di cui sopra, e quali siano le possibili differenze. Se nel primo caso abbiamo una Theotkos, Madre di Dio, nel secondo abbiamo una dea madre. In entrambi i casi assistiamo al dramma, perlomeno in prospettiva, di una maternit dolente. Nel primo caso abbiamo un figlio divino mentre nel secondo una figlia pure divina, ma entrambi sono in qualche modo soggetti ad attraversare lincognita umana della mortalit. Per tutte due, rinascita o resurrezione non sono traguardi gratuiti, e le madri mortali o immortali che siano, a loro volta appaiono consapevoli e partecipi di questintima angoscia, che in ogni caso le accomuna ai comuni mortali. Sotto tale aspetto, fra il mito pagano e il messaggio cristiano c continuit e discontinuit a un tempo. Certo, cambiano il contesto religioso e le
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forme della sublimazione artistica. Resta una sensibilit mediterranea condivisa, che fa da sfondo e orizzonte a una serie di immagini femminili in sequenza, straordinariamente simili tra loro nonostante mutamenti e cesure intervenuti nellevoluzione storica delle civilt. Di tali immagini femminili, in quanto regina dei morti sebbene temporanea, nondimeno Persefone ovvero la Kore rimane la pi suscettibile di rappresentare un momento luttuoso intrinseco in ogni ciclo vitale, che nessuna eterna primavera per dirla di nuovo con Ovidio sia in grado di neutralizzare. Per rendercene meglio conto, attraversiamo mentalmente il mar Mediterraneo, dalla Sicilia allantica colonia greca di Cirene nel Nord-Africa, dove il culto di Demetra e Persefone era pure sviluppato. Nei Musei di Cirene e di Tripoli in Libia, non mancano busti della Kore, databili dal IV al II secolo a. C. Provenienti da necropoli e con funzioni funerarie, alcuni di essi sono particolarmente impressionanti, col volto quasi integralmente velato o addirittura senza volto. Qui non c scomponibilit e ricomponibilit dellimmagine, come negli acroliti o pseudo-acroliti di Morgantina. N loccultamento fortuito o parziale, come nellicona della Madonna di Piazza Armerina. Lartefatto un blocco unico in pietra. Leffetto straniante dovuto al volto celato o cancellato voluto. Pi che mai, siamo di fronte a un aspetto occulto della dea. Tuttavia, altre statue provenienti da Cirene mostrano la stessa dea svelata, nel suo primaverile splendore. Il facile accostamento fra immagini contrastanti sta a significare che non c vita senza morte n morte senza vita, in un incessante processo di decomposizione e ricomposizione. Allinterno della complessa immagine divina nel mito di Demetra e Persefone, non c solo la duplicit fra madre e figlia, simboleggiante la continuit della generazione. Ce n unaltra che investe la seconda, in quanto dea occulta e svelata, mortale e vitale a secondo dei tempi, comunque allusiva alla periodica incrinatura della mortalit. E quei tempi possono essere riferiti non solo alle stagioni, ma anche alle esistenze umane o perch no? alle fasi lunari. Nel poema Sulla Natura di Parmenide, filosofo vissuto fra il VI e il V secolo a Elea nella Magna Grecia, la dea non meglio identificata. per lei a spiegare come in realt lessere e non pu non essere n cessare di essere, e come esso somigli alla ben rotonda verit, chiara metafora lunare. Ci che ella suggerisce che in natura perfino la morte un fenomeno illusorio, se si bada allessenza del tutto piuttosto che allesistenza dellindividuo: un pensiero consolatorio, non privo di retorica efficacia...

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6 LAfrodite o Venere di Morgantina (o, piuttosto, Demetra), e la presunta Fortuna assisa, nel Museo Archeologico Ostiense a Ostia Antica vicino Roma

Restituzione e ricomposizione Riepiloghiamo. Dietro richiesta italiana e dopo lunga vertenza, gli Stati Uniti dAmerica restituiscono allItalia e al luogo di origine Morgantina/Aidone in Sicilia, in provincia di Enna importanti reperti archeologici pertinenti allantica civilt greca siciliota, a loro tempo trafugati e illegalmente espatriati da parte di terzi, successivamente acquistati e preservati da musei americani. Si tratta degli elementi costitutivi di acroliti dellepoca arcaica, raffiguranti due dee, attendibilmente Demetra e Persefone, e di una statua composita o pseudo-acrolitica di et classica, rappresentante una dea che in un primo tempo si riteneva Afrodite e poi stata meglio identificata con Demetra. Altri oggetti di restituzione sono stati i cosiddetti argenti di Eupolemo, ma questi esulano dalla presente ricognizione. Va da s, il problema non solo quello di una ricomposizione e ricollocazione materiale delle opere darte recuperate, ma anche della restituzione a un ambiente culturale
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consono, che ha subito grandi mutamenti non tanto dal momento della loro riscoperta quanto da quello ben pi remoto e forse traumatico della loro primitiva uscita di scena. Se le dee riscoperte e restituite possono essere e sono state identificate e ricomposte con relativa facilit, non altrettanto si pu affermare del contesto destinato ad accoglierle. Non sono mancate polemiche relative al dilemma, se la loro precedente collocazione in musei americani fosse migliore se non altro, pi accessibile a un ampio afflusso di visitatori di quella attuale.5 Daltro canto, ormai in varia misura entrambi gli ambienti sono loro estranei, per ragioni spaziali o temporali. Ed pur vero che non si pu del tutto prescindere da una volont di rappresentazione degli antichi artefici, divenuta in qualche modo intrinseca nei loro artefatti. In quanto raffigurazioni del sacro, o del divino specificamente al femminile, essi sono per cos dire predisposti ad attraversare e affrontare lestraneit, anche quando siano decaduti dalloriginario rango di oggetti di culto. Si pu anzi insinuare che tale permanga la principale missione e sfida, loro affidata dagli antichi. La loro forza sta nel rievocare punti di riferimento familiari, dimenticati da lungo tempo. Presumibilmente, larcheologo sar incline a operare confronti con la Menade Farnese, la Fortuna assisa di Ostia o lacrolito di Iside di Leptis Magna e quantaltro del genere. Lagnizione da parte degli studi accademici rientra nei protocolli di riconoscimento e nei rituali di accoglienza delle dee, tornate a misurarsi con questo mondo in perenne ovidiana metamorfosi. Ma il filosofo non sar meno interessato a pi recenti termini di paragone, quali il simulacro di Santa Lucia a Siracusa o licona della Madonna delle Vittorie a Piazza Armerina. Nella storia del costume e in una fenomenologia del sacro, questi punti di riferimento e relative coordinate lasciano preferire unambientazione siciliana dei reperti archeologici in questione, al di l di ogni pur necessario criterio pratico o compatibile sciovinismo. Le dee ricomponibili di Morgantina possono contribuire a ricostituire a oltranza una storia della cultura consapevole, al centro del Mediterraneo e in uno dei centri propulsori della civilt occidentale, quale larea dellantica Magna Grecia e Sicilia. Una cultura, che diversi apporti hanno concorso ad arricchire, ma profonde cesure hanno reso
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In particolare, si legga Flavia Zisa, Presidente CdL Archeologia del Mediterraneo, Universit Kore di Enna, Venere Morgantina: se gli Americani sono kitsch, noi siamo naf, al sito Web http://www.vivienna.it/2010/11/29/venere-morgantina-se-gli-americani-sono-kitsch-noi-siamonaif/. E, anche: Progetto strategico per il rientro della Venere di Morgantina, a cura di M. Oddo e F. Naselli, Universit degli Studi KORE di Enna, Facolt di Ingegneria e Architettura, 2010. Sulla questione delle restituzioni di oggetti darte dal punto di vista americano, cfr. J. Felch e R. Frammolino, Chasing Aphrodite; Orlando, Florida: Houghton Mifflin Harcourt, 2011. 17

disorganica e contraddittoria, al punto da far perdere sovente di vista le proprie radici. Qui sopra si parlato di duplicit della rappresentazione, che caratterizza in particolare gli acroliti di Morgantina, statue gemelle di Demetra e Persefone. Una ulteriore duplicit accomuna queste ultime a quella pseudo-acrolitica dellAfrodite, che possiamo a questo punto tranquillamente chiamare Demetra di Morgantina (la possibile identificazione alternativa con Persefone non incide molto nel senso della presente conclusione). Entrambi i compositi artefatti sono stati protagonisti non solo di una ricomparsa epocale, ma anche di un pi contingente rapimento e ritorno al loro habitat originario, il che doppiamente sancisce il loro diritto di cittadinanza nella modernit dopo un bando decretato nella tarda antichit. Ci pu peraltro rafforzare limpressione di un loro apporto dinamico alla ridefinizione di una identit culturale. Per quanto riguarda la statuaria antica, in un elenco di beni inamovibili della Regione Siciliana compilato dallAssessorato dei Beni Culturali e dellIdentit siciliana nel 2007, figurano lEfebo di Agrigento, il Satiro danzante di Trapani, lAuriga da Mozia, la Venere Landolina nel Museo Archeologico Regionale di Siracusa. Tutti questi straordinari reperti anticamente dispersi o occultati sono stati riscoperti e sono riapparsi sulla scena locale dalla fine dellOttocento in poi, con la parziale eccezione della cosiddetta Venere Landolina, che originale non bens una copia romana del II secolo d. C. da esemplare ellenistico della prima met del II sec. a. C. In un tale elenco con finalit protezionistiche, evidente che a maggior titolo andrebbe oggi inclusa la Demetra di Morgantina. Il suo una specie di nstos verso Itaca, ad affrontare non meno dellUlisse omerico le problematiche insorte durante una lunga e forzosa assenza, a ricomporre la tela di Penelope di una coscienza culturale identitaria tante volte fatta e disfatta dagli eventi storici. Ma sul concetto di inamovibilit, sia pure giustificabile in base ai precedenti e mitigata da eccezioni, che sussistono perplessit. Almeno nella versione dantesca, lo stesso Ulisse non fu poi sedotto dalla nostalgia del mare aperto e dallimpresa del superamento delle Colonne dErcole? Forse, nella direttiva assessorale qui in questione sarebbe stato meglio rimarcare una legittima inaleniabilit, piuttosto che inamovibilit degli artefatti. 6 Si obietter che specialmente la figura di Demetra appare pi domestica di quella dellirrequieto e umano, troppo umano Ulisse. Eppure, la dea madre resta unimmagine
http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/dirbenicult/info/beniinamovibili/DirettivaInamovibili.p df 18

universale.7 Similitudini letterarie a parte, non sarebbe niente male ipotizzare un ritorno temporaneo della sua statua a Malib o altrove nel Nuovo Mondo, questa volta quale testimonial di una civilt non solo locale ma della Magna Grecia e dellintero Mediterraneo, con cui lo stesso Nuovo Mondo ha un vecchio debito formativo. Se nella natura di certi archetipi lessere imprevedibili e itineranti, a maggior ragione questo pu dirsi del mito di Demetra e Persefone, le quali erano impegnate in un percorso tanto anagogico quanto catagogico. Trattando di antiche festivit dedicate alle due dee, in greco Anagog e Katagog, Diodoro Siculo a suggerirci questultima duplicit. Possiamo tradurla e aggiornarla simbolicamente, da un lato come funzionalit dei loro simulacri allelevazione religiosa; dallaltro, come una loro ricorrente vocazione alla discesa nelle profondit dellinconscio, sia esso individuale e collettivo, o magari perch no? perfino naturale.

7 Menade Farnese, statua pseudo-acrolitica nel Museo Archeologico


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Circa larchetipo della dea si rammenta quanto riferito a Iside da Plutarco, in Iside e Osiride, cap. 53: Principio naturale femminile, raccoglie in seno i semi vitali delluniverso. Platone ad acclamarla nutrice e grembo che tutto riceve. Altri mille nomi popolari derivano poi dal suo diversificarsi nelle varie forme materiali e spirituali, in virt di un criterio generale informatore. 19

Regionale di Palermo, e statua composita di Santa Lucia nella Cattedrale di Siracusa, opera di Pietro Rizzo

Altri saggi dello stesso autore, in italiano, agli indirizzi Web: http://www.scribd.com/doc/2078222/Tempo-spazio-e-narrazione http://www.scribd.com/doc/2181646/Il-Labirinto-e-il-Mandala http://www.scribd.com/doc/2257952/Sillogistica-figurata http://www.scribd.com/doc/2297024/I-cigni-e-la-luna-Archeologia-dellEssere http://www.scribd.com/doc/2531989/Nonostante-Raffaello-Altre-Annunciazioni http://www.scribd.com/doc/2533685/Zoom-su-Ernst-Bloch http://www.scribd.com/doc/3458860/Il-canto-delle-Sirene-o-le-voci-di-dentro http://www.scribd.com/doc/3461604/Alcesti-la-donna-che-visse-due-volte http://www.scribd.com/doc/38852748/Immagini-del-pensiero http://www.scribd.com/doc/43856778/Stupor-Mundi-la-meraviglia-filosofica http://www.scribd.com/doc/48276061/Orientalismo-stereotipi-e-archetipi http://www.scribd.com/doc/54208474/Cinque-ritratti-di-donne-a-Palermo http://www.scribd.com/doc/54997194/Locri-divinita-al-femminile

8 Anonimo, icona bizantina della Madonna delle Vittorie nel Duomo di Piazza Armerina, prima e dopo un restauro nel 2009. Nella coroplastica greca, non mancano piccole immagini simili, 20

presumibilmente di Demetra con Persefone bambina in braccio

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